Policastro radio e tv in streaming per l'auto(in)formazione linguistica

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Radio e tv in streaming per l'auto(in)formazione linguistica Luca Policastro Università degli Studi di Genova, Piazza S. Sabina 2, 16124 Genova lucapolik@gmail.com

Caratterizzata dalla trasmissione unidirezionale via etere, la didattica a distanza attraverso il mezzo radiotelevisivo è già superata da parecchi anni. Radio e televisione furono sostituite prima da audio e videocassette (spesso in abbinamento a giornali e riviste), poi da CD e software fruiti in locale, e infine dalle tecnologie legate alla rete (web based learning). Ora che il digitale e lo streaming stanno modificando sensibilmente il linguaggio radiotelevisivo, si sono create le basi per il recupero di questi due mezzi in chiave didattica? Questo articolo vuole esaminare brevemente alcune delle nuove possibilità comunicative delle emittenti radiotelevisive e, in previsione di una sperimentazione, ne ipotizza le possibilità di sfruttamento per lo sviluppo delle abilità ricettive per studenti di inglese, francese e spagnolo L2.

1. Introduzione In questi anni internet e le tecnologie DTT stanno rinnovando radicalmente la fruizione di radio e televisione: l'utente può vedere in streaming i canali televisivi di tutto il mondo, e può addirittura creare una propria webradio con pochi click. L'informazione giornalistica sta mutando di conseguenza, adattando i propri contenuti alle nuove disponibilità tecnologiche del pubblico. Rimangono in buona parte ancora da indagare le potenziali ricadute didattiche positive del mezzo radiotelevisivo alla luce di queste novità: per i docenti e gli studenti di lingue straniere, infatti, la rete rappresenta un enorme – e gratuito – repository di materiali autentici inimmaginabile fino a qualche anno fa. Dopo aver richiamato brevemente lo stato dell'arte, con riferimenti a precedenti esperienze di sfruttamento didattico del mezzo radiotelevisivo e agli studi che hanno esaminato le caratteristiche della lingua utilizzata in tale contesto, questo contributo si propone di delineare questo rinnovato quadro, con particolare attenzione ai contenuti delle emittenti all news, nell'ottica di una futura sperimentazione che si orienti sullo sfruttamento didattico di testi radiofonici e televisivi.

T. Roselli, A. Andronico, F. Berni, P. Di Bitonto, V. Rossano (Eds.): DIDAMATICA 2012, ISBN: 978-88-905406-7-7


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2. Convergenza, personalizzazione, glocalizzazione L'avvento di internet e la generale disponibilità di connessioni flat e a banda larga hanno cambiato radicalmente il lavoro delle redazioni giornalistiche delle emittenti radiotelevisive, chiamate ora anche a modificare in tempo reale, ventiquattr'ore su ventiquattro, la homepage del proprio sito internet. È stato un cambiamento necessario: sono sempre di meno, infatti, coloro che riescono a trovare il tempo di leggere un quotidiano nella sua interezza. Alcuni recenti rapporti [Demos & PI, 2010 e 2011] confermano questa tendenza: nel nostro paese sono soprattutto gli anziani a leggere solamente i quotidiani cartacei, mentre due utenti internet su tre (il 39,8% del totale degli intervistati) dichiarano di informarsi anche (o soltanto) attraverso la rete. Tuttavia internet non contiene solo un duplicato in rete dell'offerta informativa delle emittenti: ogni redazione ha creato un vitale e aggiornato sito internet in cui coesistono canali di diffusione diversi. Il portale Repubblica.it, in rete da quindici anni, propone articoli, tracce audio da ascoltare in streaming, immagini ad alta qualità e il collegamento al canale tv del gruppo. I siti di emittenti televisive e radiofoniche offrono i contenuti sotto forma di articoli, audio (podcast) oppure video: internet ha quindi avvicinato i mass media tra di loro, ponendo le basi per un unico linguaggio multimediale, quello della rete. A questo metamedium [Mazzei, 2001] i giornalisti partecipano preparando pezzi polivalenti che, opportunamente modificati, possano essere fruiti su canali diversi. A questo proposito appare particolarmente utile l'introduzione di una certificazione di competenze nei programmi di grafica, audio e video editing (come la neonata ECDL Multimedia), che sempre più caratterizzano il lavoro delle redazioni e di chi, più in generale, lavora nel campo della comunicazione. Abituato a muoversi in ambienti ipertestuali, l'internauta difficilmente guarderà in streaming un'edizione intera dell'ultimo telegiornale: più probabilmente cercherà nella homepage dell'emittente i link ai vari servizi andati in onda nel tg (che saranno solo una minima parte di quelli disponibili sul sito, peraltro in continuo aggiornamento), e cliccherà solo quelli che gli interessano. Il risultato è una forte personalizzazione dei contenuti che, da elementi di un flusso televisivo incontrollabile dagli spettatori, diventano così on demand, collegabili manualmente oppure con feed rss alle pagine personali di social network e aggregatori. È evidente come questa modalità di fruizione delle informazioni sia completamente diversa da quella tipica dei “mezzi caldi” teorizzati da McLuhan, in cui il fruitore si lascia coinvolgere e in un certo senso ipnotizzare dal medium, senza che vi sia da parte sua uno sforzo di rielaborazione né una scelta dei contenuti: nei gr e nei tg tradizionali l'utente, non avendo alcun controllo sul flusso delle informazioni, è in un certo senso obbligato alla fruizione passiva delle notizie che non gli interessano (l'unica sua arma è lo zapping, che però non dà garanzie molto maggiori). Con internet, e in particolare con il web 2.0, l'utente acquista invece un ruolo attivo [Castello et al, 2008], sostituendosi in parte al giornalista, che perde il suo ruolo di mediatore e selezionatore (“gatekeeper”) delle informazioni, chiamato semplicemente a confezionarle e a inserirle nella homepage per permetterne una fruizione diretta al pubblico. Mazzei [2005] si interroga sui rischi insiti in questo processo: una personalizzazione esasperata non porterà ad un'autorestrizione degli orizzonti? 2


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“C'è il rischio di tagliare fuori la funzione sociale della stampa, che invece il tgonline dovrebbe preservare e anzi rafforzare” [Mazzei, 2002]. D'altra parte tutto questo non sta portando all'estinzione i gr e i tg tradizionali, che continuano e continueranno ad avere un'audience che decide di demandare la selezione delle notizie a un'emittente di fiducia o non possiede una sufficiente alfabetizzazione informatica. Infine non bisogna dimenticare che l'utente ha comunque un ventaglio di scelte limitato, perché ristretto alle notizie preselezionate dalla redazione – che peraltro le confeziona con un taglio legato alle scelte politiche e culturali dell'editore. Internet permette quindi di scegliere, più o meno guidati, i contenuti: per averne una visione imparziale, tuttavia, bisognerebbe rivolgersi a testate di differenti estrazioni politiche. Un altro aspetto significativo è quello della community, particolarmente evidente per i siti web delle radio: grazie alla vitalità di internet, ogni emittente diventa un luogo virtuale in cui “l’audience anonyme de jadis est devenue une vibrante et créative communauté électronique” [Bellanger, 2009]. Oggi le redazioni hanno vita facile nello scoprire quali sono i servizi che interessano maggiormente il pubblico (che saranno ovviamente quelli più cliccati, più commentati o più citati da siti esterni) e quindi prevedere, eventualmente, degli approfondimenti sullo stesso argomento. Al contrario, gli strumenti tradizionali di misurazione dell'audience per tg e gr, rispettivamente Auditel e Audiradio, non possono stabilire con precisione l'effettivo gradimento dei singoli servizi. La crescente diffusione di internet estende l'audience dei mass media a livello globale: ogni emittente presente anche in rete, indipendentemente dalla sua grandezza ed importanza, può essere ascoltata (e vista) da qualsiasi punto del globo. Le emittenti si rivolgono quindi ad un doppio target: da un lato un pubblico locale, principale target della pubblicità, che fruisce i contenuti principalmente grazie ai mezzi tradizionali (televisione, radio in FM o AM), e che si può collegare anche al sito internet dell'emittente per i motivi prima elencati; dall'altro, un variegatissimo pubblico di internauti che si collega all'emittente tramite il sito o perché lontano geograficamente, oppure perché alla ricerca di contenuti molto specifici assenti nelle emittenti broadcast tradizionali (www.live365.com permette ad esempio la creazione di radio musicali “casalinghe” dove trasmettere i propri dischi), magari per ricollegarsi alla propria comunità di appartenenza. Moltissime emittenti, anche di piccole dimensioni, si dividono quindi un mercato mondiale: questa glocalizzazione, per usare l'efficace termine baumaniano, ha ricadute interessanti nel campo dell'apprendimento linguistico.

3. Una scelta di campo: le emittenti all news Questo contributo vuole esaminare le possibilità di riuso in chiave (auto)didattica dei contenuti giornalistici delle emittenti radiotelevisive: si è scelto quindi di limitare l'esame a quelle particolari emittenti che più di altre si occupano della trasmissione di detti contenuti, ovvero radio e televisioni all news, ed evidenziarne l'importanza che possono avere come fonte di materiali autentici per gli apprendenti di L2. 3


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La programmazione di queste emittenti è composta da “notiziari suddivisi in segmenti che vanno, solitamente, dai 20 ai 32 minuti, per 24 ore giornaliere. Un palinsesto concepito in tal guisa (con la ripetizione ciclica delle notizie) tende ad attirare molti ascoltatori che restano sintonizzati per il tempo necessario per avere una panoramica delle più importanti news giornaliere” [Ortoleva e Scaramucci, 2003]. Questa descrizione, pensata per la radio, è applicabile in toto anche all'emittenza televisiva: è curioso notare come i tg dei canali generalisti abbiano una grafica piuttosto spoglia, mentre quelli delle emittenti all news affianchino alle immagini una o più righe di news ticker, per dare al pubblico il maggior numero possibile di notizie nello stesso tempo. I primi esempi di format all news risalgono alle radio americane degli anni Sessanta: il boom arriva però solo negli anni Novanta, sulla scia del successo ottenuto dalla CNN durante la Guerra del Golfo [Mazzei, 2005].

4. Linguaggio giornalistico e foreigner talk Qual è il linguaggio dell'informazione radiotelevisiva? Tg e gr sono in massima parte la lettura di un testo scritto: si tratta perciò di un linguaggio orale o scritto? Alcuni linguisti rispondono a questa domanda introducendo una terza categoria, il trasmesso, con caratteristiche intermedie tra le prime due [Atzori 2002, Diadori, 2000 e 2002]: l’enunciazione è pianificata, certo, ma lo speaker al momento della lettura crea sfumature e intonazioni del tutto imprevedibili. Nonostante gli sforzi degli intervistati, il divario linguistico tra essi e i giornalisti è evidente, perché il registro dell’informazione radiotelevisiva mantiene certe affinità con il giornalismo scritto. Ciò è evidente ad esempio per l’uso delle frasi nominali in apertura, che fungono così da corrispettivo orale dei titoli dei quotidiani [Policastro, 2011]. “Il linguaggio giornalistico, dunque, non è uno dei tanti linguaggi in cui ci si imbatte nella comunicazione sociale […]. I più recenti dizionari della lingua italiana hanno inglobato nel lessico parole di nuovo conio che sono diventate di uso frequente soprattutto perché gli organi di informazione ne hanno fatto uso abituale” [Mazzei, 2001]. La lingua dei mass media, per il suo alto indice di diffusione, in un paese come l'Italia è stata ed è tuttora un forte elemento unificatore, grazie alla sua capacità di condizionare “le nostre scelte linguistiche, finendo spesso per imporre stili espressivi e comunicativi”: Mazzei [2001] investe del titolo di “scuola di lingua per le masse” la radio che, al contrario della televisione, impegna solo uno dei cinque sensi e quindi permette una maggiore attenzione all'uso della lingua, e che dovrebbe “correggere gli errori e gli usi sbagliati delle parole e dei modi di dire anziché consolidare pessime abitudini e mode”. Dal punto di vista delle scelte linguistiche il giornalismo radiotelevisivo è contraddistinto da una colta semplicità [Piccone Stella 1948, Gadda 1973, Petrone 2004, Mazzei 2005]. Qui entrano in gioco le specificità del mezzo: chi legge un articolo di giornale può sempre interrompersi, ricominciare, saltare un paragrafo, rileggere una frase che non ha capito; in radio e televisione, al contrario, ciò che non viene compreso subito è perso per sempre. Questa estrema volatilità dell'informazione è in parte mitigata, in rete, dalle nuove possibilità di fruizione on demand, che permettono all'utente di spostare a 4


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piacimento la barra di scorrimento del servizio; i podcast, inoltre, sono facilmente modificabili con i software di audio editing e quindi possono essere rallentati, tagliati, ripetuti, suddivisi in parti: d'altra parte i contenuti devono essere sempre erogati in maniera semplice e accattivante, per mantenere vivo l'interesse dell'utente durante i (pochi) secondi di picco della sua curva di attenzione. Le caratteristiche del linguaggio radiotelevisivo sembrano corrispondere, in buona parte, a quelle del foreigner talk (FT): da qui l'ipotesi principale di questo contributo, secondo la quale il linguaggio giornalistico radiotelevisivo sarebbe utile per l'apprendimento di L2. Secondo Bettoni [2001] il FT si realizza in seguito a modifiche della realizzazione verbale ai livelli: • fonologico: il volume della voce è più alto del normale, le parole (specie quelle più importanti per la comprensione) sono iperarticolate, con pause più lunghe e frequenti rispetto ad una normale comunicazione tra nativi: questi sono esattamente gli accorgimenti che ogni giornalista radiotelevisivo deve adottare al momento di realizzare un servizio, e in quanto tali ricordati da tutti i manuali citati in precedenza; alla fine di questo contributo saranno prese in esame solo alcune grandi emittenti pubbliche europee, i cui speaker sono di solito dotati di dizione perfetta, depurata da cadenze e accenti regionalistici; • lessicale: sono ammesse solo le parole più comuni; privilegiati gli iperonimi rispetto agli iponimi; bandite le espressioni figurate, colloquiali, idiomatiche. I manuali di giornalismo consigliano di evitare l'uso di termini comprensibili solo da un'élite di ascoltatori: “si dovrà evitare in ogni modo che nel radioascoltatore si manifesti il cosiddetto 'complesso di inferiorità culturale', cioè quello stato di ansia, di irritazione, di dispetto che coglie chiunque si senta condannare come ignorante dalla consapevolezza, dalla finezza, dalla sapienza altrui” [Gadda, 1973]. Villarini [2000] mette tuttavia in guardia dai rischi di una semplificazione eccessiva: “ridurre all'estremo la realtà lessicale può portare dei privilegi nell'immediato, ma nasconde la concreta insidia di non far progredire la competenza di chi si trova ad apprendere in maniera spontanea una L2”. Il linguaggio giornalistico sembra poter rispondere a questa critica prevedendo un uso nel complesso colto della lingua e trattando temi variegati. Il registro è prevalentemente medio-alto, ma non mancano – specie nelle interviste – colloquialismi ed altri elementi legati all'oralità: la varietà dei registri dell'input a cui è sottoposto l'apprendente è fondamentale, anche se, come avverte Calvi [1995], “la glottodidattica deve puntare innanzitutto al dominio di una lingua media, equidistante dalla purezza formale scarsamente praticata e dalle trasgressioni del substandard”; • morfosintattico: gli enunciati sono più corti e meno complessi, le relazioni grammaticali maggiormente esplicitate. Per quanto riguarda il linguaggio radiofonico, Gadda [1973] insiste sulla necessità di evitare l'ipotassi e i costrutti troppo complicati, così come gli incisi e le parentesi, che sono invece accettati nel linguaggio scritto grazie in quanto espedienti grafici. Inoltre, dal punto di vista dell'organizzazione del discorso, i giornalisti rispondono alle 5W già nel lead: questa immediata contestualizzazione dell'informazione rende più facile la comprensione del servizio.

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5. Autoapprendimento e apprendimento misto Rispetto al FT descritto da Bettoni [2001], il linguaggio giornalistico radiotelevisivo ovviamente è privo di interazione verbale e quindi non possono attivarsi i meccanismi di negoziazione del significato tanto importanti per l'apprendimento linguistico. Ciononostante questi contenuti possono essere utilmente usati per l'autoapprendimento, con una avvertenza: è opportuno limitare questo tipo di strategia ad apprendenti a livelli di competenza già medio-alti (B1-B2 e superiori), in modo tale da ridurre al minimo il rischio di transfer negativi ed evitare un calo della motivazione di uno studente principiante, che sarebbe a disagio alle prese con un input per lui ancora in larga misura incomprensibile. I vantaggi sembrano invece manifesti: la rete agevola il reperimento di materiali già di per sé semplificati, autentici, fruibili in streaming o in podcast al computer o sui dispositivi portatili, con tutti i vantaggi che ne derivano. Sono anche materiali interessanti, perché selezionati in prima persona dall'utente: l'obiettivo (cioè la comprensione) diventa quindi più facilmente raggiungibile, vengono stimolate la motivazione e l'attivazione di strategie cognitive e metacognitive [Kaunzner e Nobili, 2006], e facilitato il self monitoring: tutte caratteristiche fondamentali per lo sviluppo di strategie di autoapprendimento, a loro volta legate all'alto rendimento degli studenti [Torrano e González, 2004]. L'input della lingua target, per contenuti di questo tipo, “non è formulato in funzione dello sviluppo linguistico dell'apprendimento, ma coinvolge l'aspetto comunicativo del linguaggio […]. L'elaborazione linguistica avviene tramite analisi induttiva di dati lessicali, fonologici e morfosintattici” [De Marco e Wetter, 2000]. Nel suo tentativo di comprensione dell'input, l'apprendente parte già con un importante vantaggio: avendo selezionato in prima persona i contenuti su internet, ha già ben chiaro l'argomento centrale di quello che sta per ascoltare o vedere, ed è quindi incitato ad attivare le sue conoscenze previe [Torrano e González, 2004]. Ulteriore aiuto sta nel fatto che molti servizi sono presentati a supporto o complemento di un articolo scritto, che in molti casi può rappresentare un appiglio decisivo per la comprensione. Questi materiali possono essere fruiti anche in contesti di apprendimento misto: l'utilità di esperienze di questo tipo, tuttora spesso trascurate dall'insegnamento scolastico, è evidenziata anche dal Common European Framework, che esplicita il rapporto tra listening skills e le trasmissioni broadcast: per il sistema di self-assessment DIALANG un livello B2 dev'essere in grado di “understand most radio documentaries and most other recorded or broadcast audio material delivered in standard language”. Un B1 invece “in tv and radio current-affairs programmes or programmes of personal or professional interest, they can understand the main points provided the speech is relatively slow and clear” [Council of Europe, 2002]. Una sezione del sito della BBC (bbc.co.uk/worldservice/learningenglish/teach/) presenta numerosi esempi di lesson plan per lo sfruttamento didattico di servizi video e audio, dei quali è fornita anche la trascrizione. Una prima fase ha lo scopo di attivare le preconoscenze degli studenti e stimolare l'interesse sull'argomento; la fase di fruizione, individuale o di gruppo, può essere frazionata e ripetuta; dopo alcuni esercizi di comprensione, gli studenti sono chiamati alla redazione di un servizio 6


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(scritto e/o orale) sulla falsariga di quello ascoltato, su un tema a loro congeniale. L'attuazione su larga scala di questo tipo di attività didattiche, “in cui la lingua da imparare diventa lingua veicolare indispensabile per la comunicazione” [De Marco e Wetter, 2000], non solo è un utile esercizio per lo sviluppo delle abilità linguistiche passive, ma può incitare gli studenti a ricercare essi stessi in rete servizi su argomenti di loro interesse, da proporre in classe o da fruire autonomamente.

6. Radio e dintorni Si è parlato di testi autentici, quindi slegati da un intento glottodidattico esplicito: in realtà la radio aveva già sperimentato anche contenuti espressamente glottodidattici fin dagli esordi della programmazione regolare. La radio fascista fu una delle prime a proporre trasmissioni di questo tipo, con programmi dedicati all'apprendimento a distanza di tedesco, inglese e francese (dal 1938 solo in tedesco, in concomitanza con il progressivo rafforzamento dell'alleanza con Hitler). Nel secondo dopoguerra le trasmissioni ripresero anche per francese ed inglese, ma progressivamente vennero soppresse [Ortoleva e Scaramucci, 2003], mentre per la FAD si cominciavano ad usare altri mezzi: la televisione (il celebre programma “Non è mai troppo tardi” fu condotto da Alberto Manzi dal 1960 al 1968), ma anche audiocassette e registratori audio (nel metodo audio-orale) e videocassette (caratteristici del metodo Credif). Oggi per gli studenti di francese L2, eccellente fonte di materiali è l'emittente all news France Info. La homepage (www.franceinfo.fr) è semplice ed intuitiva: gli articoli ed i podcast sono divisi per sezioni tematiche, con un'attenzione particolare all'attualità (la voce “en ce moment” permette di visualizzare le notizie più importanti e più recenti, che sono del resto quelle trattate dall'emittente in quel momento nella diretta). Il player, oltre a trasmettere in streaming la programmazione FM (“direct”) e ad avere una sezione video, permette di riascoltare una selezione di servizi andati in onda il giorno stesso o nei dieci giorni precedenti. Registrandosi al sito è possibile creare una radio personalizzata (“Ma radio”), permettendo al player di selezionare solo le rubriche di interesse e di ascoltarne le edizioni con comodo. La corrispettiva stazione radio spagnola, Radio 5 Todo Noticias (www.rtve.es/programas/radiocinco), ha un sito internet più gradevole dal punto di vista grafico, ma è più scomoda la creazione di playlist personalizzate, comunque possibili nella sezione “A la carta”. Per quanto riguarda l'inglese, garanzia di qualità è BBC Radio 5 (www.bbc.co.uk/radio/), “the UK's home of live news and live sport”, di cui esiste anche una versione interamente dedicata allo sport, BBC Radio 5 Sport Extra. Il caso della BBC è emblematico: cosciente della sua importanza come elemento catalizzatore di pubblici differenti, anche stranieri o non anglofoni, la BBC ha creato “Languages” (bbc.co.uk/languages/), un seguìto portale e-learning per l'apprendimento linguistico in cui vengono presentati materiali autentici e forniti vari aiuti alla comprensione (come la trascrizione dei servizi, un minidizionario delle parole più difficili, ecc.). Le lingue disponibili, a diversi livelli di approfondimento, sono più di quaranta: c'è 7


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l'italiano, e ci sono anche l'irlandese, il gaelico scozzese e il gallese. Del resto la BBC, ancor più della Rai e delle altre emittenti appena citate, dimostra una grande attenzione al pubblico di madrelingua straniera all'interno dei propri confini: la homepage di BBC Radio mette infatti in evidenza una sezione “languages” nella quale i servizi sono presentati in 27 lingue, nepalese e birmano compresi (non c'è l'italiano).

7. Televisione: streaming e digitale Per le emittenti televisive il discorso è un po' più complesso: anch'esse, come le radio, sfruttano la rete per l'erogazione di contenuti personalizzabili ad un pubblico globale. D'altra parte, la proliferazione di siti pirata che trasmettono in streaming film ed eventi sportivi rappresenta un grave danno economico per le televisioni. Ultimamente, con il passaggio al digitale, le emittenti hanno a disposizione più frequenze: molte ne hanno approfittato per estendere l'offerta, affiancando al canale principale generalista altri canali di flusso, sul modello radiofonico. Il digitale permette nuove funzionalità che minano la staticità della televisione. Due esempi spagnoli: Antena 3 trasmette i cartoni animati dei “Simpson” in spagnolo ed inglese, mentre gli spettatori di Tv3 possono vedere “Dragon Ball” addirittura in giapponese! Non è una funzione da sottovalutare: molti ragazzi rumeni nati negli anni Ottanta imputano la loro buona conoscenza dell'inglese al fatto che i cartoni animati fino ad anni recenti non venissero doppiati, mentre è fuor di dubbio che i maltesi capiscono bene l'italiano non solo per la presenza di numerosi elementi di origine latina (in particolare del dialetto siciliano) nella loro lingua, ma anche perché i loro televisori riescono a captare il segnale Rai. Per quanto riguarda le emittenti all news, è d'obbligo citare la CNN (www.cnn.com), i cui video in streaming sono spesso di ottima qualità. Le notizie sono divise per macroregioni geografiche e per temi. La barra orizzontale permette di passare dall'edizione internazionale a quella statunitense, messicana e araba. Poco è lo spazio dedicato alla interazione con il pubblico, che può comunque agevolmente segnalare ogni articolo letto su una decina di social network. Diversa è la situazione di France 24: il sito internet (www.france24.com) di questa emittente, visibile sul digitale in diverse regioni d'Italia, è diviso in tre colonne. La colonna di destra è quasi interamente consacrata ai social network, in quanto mette in evidenza non solo i fan di Facebook e Twitter dell'emittente, dei programmi e addirittura dei singoli giornalisti, ma anche i servizi più commentati e condivisi delle ultime ore, e i “France 24 News quiz” di Facebook. La colonna di sinistra presenta le notizie, quella centrale approfondimenti, infografiche, fotografie. Nata nel 2006, l'emittente trasmette anche in inglese e arabo e dipende direttamente dal Ministero degli Affari Esteri francese. Per lo spagnolo, infine, l'emittente all news di riferimento è 24 horas, appartenente alla gruppo RTVE. Non ha un vero e proprio sito internet di riferimento: per scegliere autonomamente i contenuti bisogna quindi dirigersi alla homepage della televisione pubblica spagnola, www.rtve.es. 8


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8. Conclusioni Si è cercato di dare qualche coordinata per orientare le sperimentazioni sull'efficacia dei servizi giornalistici radiotelevisivi per il mantenimento e il consolidamento della competenza linguistica di inglese, francese e spagnolo L2. L'esame del linguaggio usato e le specificità del metamedium internet orientano portano a considerare due target di apprendenti L2: • gli informal learners [Conner, 2009] e coloro che vogliono, secondo le parole che Diadori [2007] riferisce alla visione dei DVD in lingua originale, “mantenere ed affinare la conoscenza di una lingua già conosciuta almeno a livello di sopravvivenza secondo le caratteristiche tipiche dell'apprendimento in immersione e dell'uso veicolare della seconda lingua”, riservandole uno spazio ben maggiore rispetto alle poche ore settimanali di un eventuale corso di lingua; • gli studenti che seguono un percorso di apprendimento guidato, che possono beneficiare di questi materiali autentici avendo, in più, il supporto del docente e quindi un feedback sulla loro comprensione, come mostrano ad esempio Cotroneo e Oddone [2011] e, riferendosi specificamente a contenuti di carattere giornalistico, Ballarin [2007]. È comunque consigliabile selezionare i servizi solo all'interno di grandi emittenti radiotelevisive (meglio se pubbliche), per non esporre gli studenti ad input troppo diversi da quelli della lingua standard. La radio, infine, sembra più adatta della televisione alla fruizione di contenuti in lingua straniera da parte di apprendenti più esperti (e con maggiori capacità di analisi metalinguistica delle strutture che ascoltano), mentre chi guarda un video in lingua straniera è aiutato, nella comprensione e nella successiva memorizzazione, da altri linguaggi oltre quello verbale [Pozzo e Zorzi, 2006]. D'altra parte, avverte Celentin [2007], “se anche uno di questi elementi non fa parte del suo mondo di conoscenze scattano immediatamente dei rallentamenti nella comprensione”. Una distinzione doverosa, quella tra audio e video, radio e televisione, anche se le novità tecnologiche fanno pensare ad una convergenza verso un linguaggio unico, quello dell'informazione multimediale.

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[8] Conner M., Informal Learning, 2009 (http://marciaconner.com/resources/informallearning/). [9] Cotroneo E., Oddone C., Lo sfruttamento didattico del podcasting radiofonico per l’italiano e l’inglese come L2, in AA.VV. (eds) Didamatica 2011, Atti del Convegno, Politecnico di Torino, 2011. [10] Council of Europe, Common European Framework of Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment, Cambridge University Press, Cambridge, 2002. [11] De Marco A., Wetter M., L'apprendimento di una prima e di una seconda lingua. De Marco A. (eds), Manuale di glottodidattica, Carocci, Roma, 2000. [12] Demos & PI, XXVII Osservatorio sul Capitale Sociale degli Italiani: Gli italiani e l'informazione. Rapporto Ottobre 2010, 2010 (http://demos.it/a00511.php). [13] Demos & PI, XXXII Osservatorio sul Capitale Sociale degli Italiani. Gli italiani e l'informazione. Rapporto dicembre 2011, 2011 (http://demos.it/a00662.php). [14] Diadori P., Bisogni, mete, obiettivi. De Marco A. (eds), Manuale di glottodidattica, Carocci, Roma, 2000. [15] Diadori P., Plurilinguismo alla radio. Menduni E. (eds), La radio. Percorsi e territori di un medium mobile e interattivo, Baskerville, Bologna, 2002. [16] Diadori P., Le lingue in DVD: sottotitoli, doppiaggio e apprendimento della lingua straniera. Cardona M. (eds), Vedere per capire e parlare, Utet Università, Novara, 2007. [17] Gadda C. E., Norme per la redazione di un testo radiofonico, Eri – Edizioni Rai Radiotelevisione italiana, Torino, 1973. [18] Kaunzner U. A., Nobili P., Ascoltare, guardare, capire. Nobili P. (eds), Oltre il libro di testo, Carocci, Roma, 2006. [19] Mazzei G., Notizie radio@ttive, Rai Eri, Roma, 2001. [20] Mazzei G., Verso il Tigitale, Rai Eri, Roma, 2002. [21] Mazzei G., Giornalismo radio televisivo, Rai Eri, Roma, 2005. [22] Ortoleva P., Scaramucci B. (eds), Enciclopedia della radio, Le Garzantine, Garzanti Libri, Milano, 2003. [23] Petrone S., Il linguaggio delle news, Etas, Milano, 2004. [24] Piccone Stella A., Il giornale radio. Guida pratica per quelli che parlano alla radio e per quelli che l’ascoltano, Società Editrice Torinese, Torino, 1948. [25] Policastro L., I segreti dell'etere. Storia e stile del giornalismo della radio, Prospettiva Editrice, Civitavecchia (Roma), 2011. [26] Pozzo G., Zorzi D., Apprendimento delle lingue e nuove tecnologie. Prospettiva teorica e didattica del volume. Nobili P. (eds), Oltre il libro di testo, Carocci, Roma, 2006. [27] Torrano Montalvo F., González Torres M. C., El aprendizaje autorregulado. Revista Electrónica de Investigación Psicoeducativa, 2, 1, 2004 (www.investigacionpsicopedagogica.org/revista/articulos/3/espannol/Art_3_27.pdf). [28] Villarini A., Le caratteristiche dell'apprendente. De Marco A. (eds), Manuale di glottodidattica, Carocci, Roma, 2000. 10


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