Quaderno Bianco per Reggio Emilia

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QUADERNO BIANCO

PER REGGIO EMILIA


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INDICE

Prefazione Di Beppe Pagani

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Introduzione A cura del gruppo di lavoro del Quaderno Bianco

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Cultura

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Lavoro

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MobilitĂ e pianificazione

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Welfare

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Autori e ringraziamenti

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Postfazione Estratto del discorso di apertura dei lavori del Quaderno Bianco di Graziano Delrio

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PREFAZIONE QUADERNO BIANCO PER REGGIO EMILIA

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Il Quaderno Bianco è il frutto di un percorso iniziato dall’associazione Campo Samarotto alcuni anni fa. Un lavoro sulla formazione politica che ha portato alla maturazione di un impegno e ha generato una proposta, un invito alla partecipazione svincolato dai vincoli delle appartenenze e che ha coinvolto anche altre associazioni come l’Associazione “ La Pira” e tanti altri giovani ancora. Per questi giovani il Quaderno Bianco è (anche) il simbolo di un appuntamento che non hanno voluto mancare: le amministrative del 2014, per la scelta dei nuovi Sindaci e dei nuovi amministratori di numerosi comuni della Nostra comunità reggiana. Nelle pagine che seguono, frutto di un lavoro fatto di incontri, ricerche, confronti, è descritta una comunità che per certi aspetti non c’è ancora. Queste pagine semplici, aiutano chi fa politica ad interrogarsi sul senso attuale dell’azione amministrativa, sulle sue debolezze e le sue virtù. Quando la politica è fatta bene, chi la fa è chiamato a confrontarsi sui problemi della propria città e sulle possibili soluzioni con cittadini, esperti, professionisti e amici. “E’ impossibile formare alla politica se non si ha un’dea quantomeno attendibile della città che si intende costruire”, se non si ha cioè un’idea del futuro, una meta cui finalizzare il lavoro, questo era l’ammonimento di Platone già nel quinto secolo avanti Cristo. In tempi in cui si pensa più ai contenitori che ai contenuti, in cui si preferisce l’antipolitica alla politica, in cui tutto il dibattito politico è caratterizzato solo da tattiche e ricerche di posizionamento, mi pare che questo lavoro, nel metodo, nel contenuto e nella passione all’idea dell’amministrare sia una grande risorsa e una significativa http://quadernobianco.wordpress.com/

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innovazione. La politica è tenuta a compiere scelte che coinvolgono tutti i cittadini, ha il dovere di farsi capire, ma allo stesso tempo deve avere il coraggio di comprendere il presente per guidare il futuro. La buona politica deve avere una capacità di visione e di innovazione, per questo occorre imparare a scommettere nelle idee migliori e con coraggio. Per impegnarsi in politica e per occuparsi della cosa pubblica con serietà e sobrietà occorre informarsi, approfondire, studiare, interrogarsi e soprattutto alzare lo sguardo oltre il proprio particolare. L'associazione Campo Samarotto è nata per questo, per essere uno spazio libero, un luogo aperto di confronto di riflessione; una palestra di educazione alla passione civile. Grazie dunque a questo gruppo di giovani che nonostante il clima politico nel quale siamo immersi, mentre aumenta la rabbia dei cittadini verso i partiti, i politici e le istituzioni, si sono ritrovati ad elaborare contenuti e ad affrontare temi diversi legati alla città. Con la speranza che questo Quaderno non segni la fine di un percorso ma possa diventare traccia per tanti amminstratori e continui a vivere con gli appunti, le note e i contributi di chi lo userà. Beppe Pagani

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INTRODUZIONE QUADERNO BIANCO PER REGGIO EMILIA

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“Non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato” (A. Einstein) Ai candidati sindaci delle elezioni amministrative 2014, agli amministratori dei nostri comuni, a tutti gli interessati al “bene comune”.

Cos’è? E soprattutto, perché un “Quaderno Bianco” per Reggio Emilia? Dopo alcuni anni di esperienze di ascolto e di occasioni di condivisione, Camposamarotto ha deciso di percorrere, insieme a tanti compagni di viaggio, una nuova strada più “operativa”, intenta ad elaborare proposte originali accanto alla formazione politica che ci caratterizza. L’appuntamento delle amministrative, decisivo per le nostre città, per le comunità nelle quali siamo nati e cresciuti, ha fatto nascere l’idea di produrre una pubblicazione che potesse essere rivolta a chi si troverà ad essere amministratore nei prossimi anni: il risultato è questo libretto. Nel nostro piccolo, abbiamo voluto creare un insieme di idee, di riflessioni, che possano aiutare e perché no, ispirare, le nuove politiche del territorio reggiano in un tempo di cambiamenti importanti e, a tratti, ingovernabili, volendo impostare oggi stesso un futuro, solido nelle radici profonde del nostro territorio, che non abbia paura di innovare e tracciare nuove strade. Troverete quattro sezioni: Welfare, Lavoro, Cultura e Pianificazione Territoriale. Quattro pilastri della Pubblica Amministrazione sui quali abbiamo deciso di concentrarci, cercando di mettere in pratica un percorso partecipato, di ascolto e coinvolgimento. Partendo da interviste ed incontri con esperti e operatori del settore, abbiamo riflettuto insieme aggiungendo le nostre idee e le nostre esperienze, http://quadernobianco.wordpress.com/

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per sintetizzare infine, con l’aiuto dei numerosi Advisor, le nostre proposte nei documenti che seguono: abbiamo cercato idee nuove, adatte a tempi nuovi. Il filo rosso che attraversa il nostro elaborato è costituito dalla visione strategica di Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva: per poter trasformare la crisi economica e sociale da gravissimo problema finanziario ad occasione per un ripensamento, verso società aperte, generatrici di opportunità e capaci di nuova solidarietà. Sono spunti che offriamo e sui quali vi chiediamo di riflettere a vostra volta, per creare una politica che senza annunci eclatanti, senza frasi ad effetto, ma con lavoro costante, onesto e competente riesca davvero a disegnare il nostro tempo: come primo passo, noi ci siamo messi insieme e abbiamo investito tempo, passione ed energia per condividere un progetto, un’idea, una sfida. Tra le altre, una ispirazione: quel “Libro bianco su Bologna” di Giuseppe Dossetti che nel dopoguerra contribuì a ricostruire uno Stato ed una Pubblica Amministrazione che nonostante tutto è stata ed è modello per le altre democrazie; vorremmo porre nuovamente al centro della costruzione dell’oggi e del domani del nostro Paese il rapporto tra i cittadini e quella Pubblica Amministrazione: cercare nuovi equilibri basati sulla trasparenza e la collaborazione, sulla costruzione di un sistema nel quale il cittadino si senta responsabile delle scelte della collettività e la qualità dell’azione pubblica si riconosca dal trattamento riservato agli ultimi, perché nessuno possa essere lasciato solo. Il Quaderno Bianco inizia proprio qui, il lavoro è aperto e lo proseguiremo con il contributo di tutti: vogliamo continuare a organizzare incontri, produrre pensiero e idee da condividere; la politica è aggiornamento e approfondimento continuo e continuo movimento, altrimenti rischia di rimanere bloccata nella palude http://quadernobianco.wordpress.com/

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delle difficoltĂ dei tempi che viviamo. Buona lettura e soprattutto buon lavoro!

La Cabina di Regia di Camposamarotto

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CULTURA QUADERNO BIANCO PER REGGIO EMILIA

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INTRODUZIONE Il tema della Cultura è ampio e strutturato. Dal latino "coltivare", questa parola si declina come insieme di conoscenze pratiche, processo di condivisione e deposito di esperienze di una comunità di persone, luogo privilegiato di determinati saperi, strumento di formazione di base. Come affrontarla nell'ottica di politiche culturali che un'amministrazione è chiamata a definire insieme alla e per la città? Come alimentare l'economia della creatività? In questa sezione si proverà ad offrire qualche spunto su prospettive e pratiche che raccolgano i frutti e i disagi degli anni passati e portino a realizzare l'innovazione che chiama a rinnovare la sfida del fare. In tal senso, il territorio reggiano presenta una serie di elementi che scardinano la sua identità storica, in termini di nuovi luoghi simbolici e di valorizzazione della conoscenza del settore terziario, a partire dall'area Nord sino alle eccellenze raggiunte in ambito educativo. Con la crisi e lo spettro dei tagli, è opportuno ripensare l'alleanza tra cultura, territorio ed economia. Vogliamo intendere la Cultura come flusso bidirezionale: si crea Cultura per poterla fruire, il che presuppone un coordinamento delle attività, una valorizzazione dell'esistente in rete (anche tramite meccanismi di esternalizzazione e sussidiarietà coordinata) e una visione salda di progetto culturale che non determini scarti elitari, ma sia popolare nel senso di condivisa e inclusiva della popolazione, rispettosa del genius loci di un territorio e del suo potenziale sviluppo. A proposito, mantenere una classe creativa inserita e visibile nel panorama culturale della città è prioritaria. Alla voce costi si vada ad affiancare la voce investimento. Investire in Cultura può significare rendere disponibili servizi culturali e, al tempo stesso, ricercare soluzioni per renderne sostenibili le spese e http://quadernobianco.wordpress.com/

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intercettare il settore economico. Vista la sua natura trasversale e poliedrica, ragionare su cosa sia Cultura per i Comuni significa andare oltre confini geografici o di settore. Questo ci invita a pensare queste città sempre più interconnesse e legate, un sistema aperto in cui le amministrazioni dei diversi comuni lavorano insieme. Ricostruire un patto forte con la classe dirigente. Dalle istituzioni pubbliche alle imprese e alle organizzazioni di categoria, è importante tornare a concepire la Cultura come strategica e inclusiva per il modello di sviluppo della comunità. La scommessa che il "fare cultura" pone è lavorare di più con i legami sociali, creare nuove relazioni produttive che riescano sia a contribuire al bene comune sia a generare legittimità necessari al funzionamento e alla competitività del processo creativo e dell'offerta culturale di un territorio e delle persone che lo rendono unico.

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COS'È LA CULTURA? Nuove visioni: da discipline e strutture a processi Fino ad ora sotto la parola Cultura hanno trovato asilo aspetti anche diversissimi dello sviluppo sociale e artistico del territorio: dall'ambito prettamente educativo concernente le scuole (da quelle dell'infanzia fino all'università) fino alle espressioni artistiche, dai musei ai festival estemporanei passando per il dialogo interculturale, i piani di riqualificazione del territorio, la grandi opere. L'incrociarsi di diverse competenze può essere indicativo di uno sviluppo coerente e continuativo, sfruttato come possibilità di diversificazione di ambiti, capacità e responsabilità – dal Comune, alla Provincia (o chi per essa), alle città vicine, alla Regione – e come possibilità di fare Cultura a partire non dalle strutture culturali, ma dai processi culturali in atto o da attivare. La crisi e gli assetti istituzionali mutevoli suggeriscono il bisogno di un'ottimizzazione sia dal punto di vista logistico-economico sia da quello più propriamente tematico. Nella costruzione di politiche culturali riteniamo utile, quindi, una variazione di metodo, in cui dal focus su discipline o strutture segmentate (teatri, musei, biblioteche, scuole, cinema, patrimonio culturale e ambientale, etc.) si arrivi a ragionare su processi organici, in cui i vari ambiti si pensano tra loro, si richiamano e progettano insieme, in modo tale da valorizzarsi reciprocamente. L'Europa creativa: innovazione e inclusione per la Cultura L'Europa rappresenta nella maggior parte dei casi l'interlocutore principale per reperire fondi per la Cultura. Su questo piano si è http://quadernobianco.wordpress.com/

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valutato come l'Unione Europea veda il ruolo della Cultura nella crescita sociale ed economica nel documento Europa 2020 che fissa le linee guida e le priorità del Continente per il prossimo decennio, per i segmenti Horizon 2020, Erasmus Plus ed Europa Creativa. E' significativo l'impatto economico che ha il settore culturale, in continua crescita anche in un periodo dove la maggior parte degli indicatori vira al ribasso. La Cultura continua ad attrarre interesse, investimenti e occupazione, ma non solo; genera anche cittadinanza attiva e partecipe, informata e consapevole del proprio ruolo e della propria attività nel contesto sociale in cui è inserita. La Cultura è un mezzo di inclusione sociale a tutti i livelli, capace di permeare e rinnovare le realtà in cui viene valorizzata con criterio, uno dei cardini della cosiddetta economia intelligente e solidale. Nello specifico, il programma Europa Creativa supporta i settori della Cultura, industrie creative e reti sociali europee su questi criteri principali: a) carattere transnazionale delle azioni e delle attività culturali e creative; b) promozione degli scambi e del dialogo interculturale; c) creazione di un'economia di scala. Tali settori sono quelli, si legge sul sito della Commissione Europea, “le cui attività sono basate su valori culturali e/o sull’espressione artistica e creativa, market-oriented e non”, che includono creazione, produzione, disseminazione e conservazione di “beni e servizi che comportino l’espressione culturale artistica o creativa e le relative funzioni educative e di management”. In sintesi, le indicazioni di politica culturale dell'Unione Europea vertono sul fatto che le industrie culturali e creative contribuiscono allo sviluppo di nuove forme di innovazione non solo tecnologica, a partire dall'investimento sul capitale intellettuale, oltre ad avere un modello di business a basso impatto ambientale. Inoltre, in un mondo sempre più globalizzato, lo scambio e il dialogo tra culture http://quadernobianco.wordpress.com/

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diverse diventa imprescindibile per una crescita solidale che sappia cogliere il contributo della diversità. La Cultura, quindi, non è (soltanto) un settore economico che contribuisce all’occupazione e alla crescita in Europa (circa 6 milioni di posti di lavoro e quasi il 3% del Pil), ma anche fonte di tutta un’altra serie di effetti che contribuiscono indirettamente a processi di rinnovamento dell’immagine e dell'economia dei territori.

STATO DELL'ARTE: COSTRUIRE UN DISTRETTO CULTURALE Reggio Città Creativa? Tra il 2007 e il 2008 è stata realizzata una ricerca dedicata alla visione di Reggio Emilia come “distretto creativo”, i cui risultati meritano di essere ripresi: “Reggio Emilia città creativa” intendeva “valutare se esiste interesse e vantaggio competitivo per il territorio, al fine di innovare la struttura produttiva locale aggiornando l'immagine con la quale la città è conosciuta in Italia e all'estero”. Come fare in modo che creatività e attività culturale abbiano ricadute positive sul tessuto sociale ed economico? Il progetto nasce da un'alleanza che unisce enti espressione della conoscenza (Università), dell'amministrazione (Comune) e della produzione (Camera di Commercio). La ricerca offre indicazioni pratiche per superare gli ostacoli che frenano gli investimenti in Cultura e l'attrazione di talenti creativi. Il tema di fondo non è solo che idonee politiche “favoriscano lo sviluppo di movimenti di idee per aziende e in termine di innovazione”, ma che tali idee, con i risultati che hanno maturato e che sono state assurte a eccellenze (culturali, industriali, nei servizi) http://quadernobianco.wordpress.com/

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siano collegate e riconosciute dalla collettività. Tra i problemi sollevati dagli operatori culturali ci sono:  la mancanza di continuità di eventi ritenuti strategici e la scarsa visibilità delle realtà eccellenti;  lo sviluppo di reti coese, ma chiuse in ambienti privati con elevato di densità relazionale, che non si coordinano e non sono inseriti in reti relazionali più ampie;  una scarsa capacità percepita di influenzare le scelte dell'amministrazione;  una situazione frammentata e caratterizzata da un certo isolamento;  una bassa visibilità sia della scena creativa sia dei processi creativi, nascosti alla dimensione popolare della città;  un freno ai processi di diffusione di nuove idee e quindi al completo sviluppo del loro potenziale innovativo. Ne risente così la possibilità di attrarre persone e competenze da fuori, oltre che trattenerle, visto che chi non è del luogo fatica a “inserirsi nelle reti già esistenti” e presenta “un basso grado di identificazione con la città”. Ne risulta una consapevolezza marginale del valore sociale ed economico della produzione culturale: “La mancata percezione di un humus creativo diffuso impatta negativamente sulla sua legittimazione e sulla capacità della città di funzionare da magnete di attrazione verso soggetti esterni”. Se la creatività può generare ricadute positive sul tessuto sociale ed economico, per farlo è necessario non decantare una retorica della creatività, ma praticare azioni che la rendano funzionale. Dalle interviste della ricerca è emersa, quale possibile soluzione, la costruzione di un humus culturale e creativo che vada ad impattare con la vita delle persone attraverso luoghi di ritrovo e http://quadernobianco.wordpress.com/

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socializzazione spontanei, diffusi e aperti, primi tra tutti spazi pubblici in cui potersi scambiare opinioni e idee. Una conclusione centrale della ricerca è che “la classe creativa arrivi ad animare i luoghi pubblici della città”. Sussidiarietà culturale e genius loci L'investimento su una classe creativa passa per un suo diretto coinvolgimento nella produzione, promozione e valorizzazione della Cultura e del patrimonio culturale. Chi fa Cultura può operare intorno all'idea di genius loci, che intende individuare l'insieme delle caratteristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, di abitudini che caratterizzano un luogo, un ambiente, una città, a partire proprio dalle persone che la vivono. Si può pensare a un genius loci immutato e immutabile, esterno ai fattori umani; si può pensare, invece, a un genius loci mutevole, su cui i fattori umani agiscono, in relazione con le trasformazioni sociali e geografiche legate alla storia che avanza. Fatto tesoro di questa seconda opzione, diciamo che vorremmo una città/territorio che favorisce la partecipazione di chi produce e di chi usufruisce di Cultura. Vorremmo allora incentrare le proposte del fare Cultura alla luce di un principio, quello della sussidiarietà, che favorisce la reciproca collaborazione tra Amministratore, Enti Locali e Privati. La sussidiarietà, nella nostra analisi, può essere definita come quel principio regolatore per cui se un ente che sta "più in basso" è capace di fare qualcosa, l'ente che sta "più in alto" deve lasciargli questo compito, sostenendone anche l'azione  in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più prossimi http://quadernobianco.wordpress.com/

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al cittadino e, pertanto, più vicini ai bisogni del territorio;  in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo sia attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più prossime. L'applicazione del principio di sussidiarietà all'ambito culturale, nel doppio senso, permette di liberare forze creative e sociali degli attori coinvolti e valorizzare le reciproche competenze: l'Amministrazione potrà agire pienamente come editore, garante, fundraiser, coordinatore, mentre le figure creative, siano esse persone fisiche o giuridiche, come creatori e produttori, laddove l'interesse pubblico condivide con privati valori e obiettivi d'azione. Dare fiducia all'iniziativa relazionale, nella metafora dell'AmministrazioneEditore, permette sia un ordinamento verticale delle competenze e delle professionalità, sia in senso orizzontale una condivisione di una progettualità operativa, laddove la collaborazione, visto che il risultato finale sarà condiviso e co-creato in una situazione di corresponsabilità, può lasciare spazio anche a mediazioni, competenze e professionalità trasversali (per esempio, la ricerca di sponsorizzazione può essere in campo all'Amministrazione, ma godere anche della rete e dei contatti del creativo, ecc.). L'idea progettuale si potrà tradurre e realizzare grazie a persone fisiche o giuridiche, associate o meno in strutture, opportunamente coordinate e monitorate, grazie alle quali si possano esternalizzare i lavori per la produzione di tale idea con ponderate, precise e trasparenti forme di affidamento delle attività. Il processo di costruzione di un distretto creativo e l'implementazione di sistemi di sussidiarietà nella filiera creativa e culturale devono tenere conto di strumenti, contenuti e reti.

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IL RAPPORTO COSTO INVESTIMENTO Uno dei perni della visione di Europa 2020 è il tema Risorse che, oltre a potersi intendere come “fonti”, possono anche essere interpretate, soprattutto nello specifico dell’Italia, come risorse di tipo culturale. La Cultura è qualcosa di vivo, meglio ancora, da vivere, qualcosa di dinamico ed in evoluzione. Quanto, però, questo qualcosa di vivo e dinamico si può davvero associare ad un’idea di economia? Per un ciclo virtuoso della Cultura: gli strumenti e le forme Trattare di politiche culturali in tempi di crisi può apparire come una dispersione di forze e risorse. Sembra difficile scommettere sul fatto che il rapporto costo-investimento nel settore culturale sia veramente un dato positivo. Tuttavia, l’Amministratore non può esimersi dal mettersi in gioco in questo ambito. In audizione congiunta alle Commissioni parlamentari competenti, il Ministro Bray ha detto: “La Cultura non è soltanto uno degli interessi pubblici essenziali tutelato dalla Costituzione e dai trattati internazionali, ma rappresenta anche l’oggetto di un insieme di diritti fondamentali del cittadino, della persona e delle formazioni sociali: il diritto di accesso al sistema della produzione; il diritto alla più ampia fruizione di tutti i beni, dei prodotti delle attività culturali”. Quali sono i meccanismi grazie ai quali la Cultura possa rivelarsi uno dei volani della ripresa economica? Due possono essere gli strumenti di cui l’Amministratore può avvalersi, entrambi già strumenti della pianificazione cui le Amministrazioni ricorrono, da declinarsi con nuove accezioni e nuovi intenti. 1. l’elaborazione di un Piano Strategico Culturale; http://quadernobianco.wordpress.com/

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2. la definizione di forme di collaborazione tra Pubblico e Privato. Il Piano Strategico Culturale non può più essere un semplice tavolo di pianificazione in cui vari attori, ciascuno per le proprie competenze, siano chiamati a sedere per ratificare scelte già politicamente intraprese. Serve che questo diventi un momento in cui quegli stessi attori del settore Cultura siano chiamati a giocare un ruolo preventivamente identificato e, proprio per questo, si pongano in dialogo con gli altri e, in ultima istanza, con l’Amministratore: da un lato offre la corretta valorizzazione delle competenze convocate e, dall’altro, pone le condizioni per una interlocuzione funzionale con l’Amministrazione. Quanto alla cooperazione Pubblico-Privato, sembra ormai superata la formula in cui l’Ente organizza e il Privato co-finanzia. È giunto il momento di intraprendere cammini nuovi e, rispetto a prima, quasi antitetici. Occorre aprire una nuova stagione del dialogo nella quale il Pubblico si metta in ascolto dei privati per definire percorsi comuni di investimento sulla Cultura, con un’inversione di ruoli: si rende oggi necessaria una nuova prospettiva in cui il Pubblico non sia più l’attore primario e indispensabile del Fare Cultura, ma ne sia un catalizzatore o il garante e, in ultima istanza, un mediatore tra vari soggetti del Privato. Per un ciclo virtuoso della Cultura: i contenuti L'efficacia degli strumenti identificati è subordinata al contenuto su cui l’Amministratore vuole lavorare. Occorre, quindi, che l’Amministratore abbia un’idea, quanto più chiara possibile, della progettualità che vorrà mettere in campo: solo un punto di partenza ben definito può realmente attrarre il Privato e indurlo a essere http://quadernobianco.wordpress.com/

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attore comprimario della scena. Questo perché la partecipazione del Privato agli investimenti deve essere stimolante e, al tempo stesso, dare una traccia di quale possa essere, nel breve o nel lungo periodo, il riscontro anche per il Privato stesso. Un possibile modello da applicare potrebbe essere quello del modello piramidale: l’Amministratore definisca un numero limitato di “grandi eventi o iniziative” a carattere culturale e su di esse concentri quanto più possibile le proprie risorse, e si erga a “catalizzatore” di queste stesse iniziative. Con una vera e propria “linea editoriale” dovrà definire tutte le altre che, in un certo senso, andranno a corollario delle prime, fino alla base della piramide, aperta alle iniziative dei cittadini e della classe creativa. Al tempo stesso, questa impostazione consentirebbe all’Ente Locale di declinare in maniera differente (e decrescente) il proprio ruolo di protagonista degli eventi messi in atto. Questa impostazione potrà essere di stimolo al Privato per decidere come contribuire economicamente e/o con quale ruolo partecipare alle scelte dell’Amministratore. Per un ciclo virtuoso della Cultura: le reti Per rendere più efficace strumenti e contenuti del fare Cultura, è opportuno considerare l'esigenza, per l’Amministratore, di porsi in rete con altre realtà vicine per territorialità o per similarità di visione. Ciò avrebbe varie ricadute positive:  una migliore partecipazione ai bandi europei o regionali, in termini di minori costi da sostenere e maggiore probabilità di riuscita;  un ampliamento del bacino d’utenza degli eventi, con conseguente impatto positivo sulla società in termini di http://quadernobianco.wordpress.com/

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un maggiore coinvolgimento della cittadinanza;  più coesione territoriale che, alla lunga, si traduce nella identificazione ed esaltazione delle peculiarità dell’area vasta. L’idea, quindi, sarebbe di proiettare Reggio Emilia nella rete delle città europee, puntando sull’idea di “città della conoscenza”. È un’idea concettuale che sta alla base, ad esempio, del progetto inerente la cosiddetta “Area Nord”: l’investimento è stato sul “pensiero” e sul “potenziale di conoscenza”, ma la creazione di nuovi simulacri non ha dato seguito ad un accompagnamento della città nella medesima direzione. Pare che sia mancato, in un certo senso, un investimento popolare diffuso, radicato e, soprattutto, compreso: il che ha in sé l’insidia di un progetto elitario, con un conseguente scarto tra il sogno e la concretezza del fare. In ultima analisi, dunque, occorre che la messa in rete del sistema culturale coinvolga, innanzitutto, il mondo dell’economia cittadina e tutto il territorio. Un primo passaggio in rete del sistema culturale è quello insito nel rapporto tra Reggio città e l’intero territorio provinciale, un rapporto che, da questo punto di vista, va ripensato con l’obiettivo di colmare un senso di scarto tra centro e periferia che, se da un lato ha una sua innegabile logica e ragion d’essere, dall’altro pare, nella visione moderna di “area vasta”, un approccio superato e deleterio. FARE CULTURA La relazione al tempo stesso è causa e conseguenza della produzione di Cultura. In altri termini, “fare Cultura” non può prescindere dal coinvolgimento di organismi sociali – siano essi individuali o collettivi – in un'ottica di reciproca attenzione e http://quadernobianco.wordpress.com/

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disponibilità. L’obiettivo amministrativo nel fare Cultura è suggerire proposte concrete che possano contribuire a una maggiore relazione tra persone, a partire sia dall'incentivazione dell'esistente, sia dalla elaborazione di nuove attività. Se i nodi di relazione portano conoscenze su cui e da cui mediare e comunicare, focus delle politiche culturali è fare in modo che dall’esigenza di nuove forme di collaborazione derivi un circuito di partecipazione organico, capace di mettere a sistema storie, esperienze e competenze differenti. In altre parole, un obiettivo fondamentale deve essere quello di non limitare il potenziale “bacino d’utenza” di tali politiche (cioè di non produrre “Cultura d’elite”), ma di mantenere e consolidare la vocazione “popolare” (in senso diffusivo) che la Cultura ha in sé. Alcune questioni, tuttavia, potrebbero rimanere insolute (o almeno, apparentemente):  Quali attività culturali ha senso che un Comune proponga, in termini di selezione delle fonti di spesa?  Quale ruolo è, oggi, realmente sostenibile per l’Ente Locale nelle iniziative proposte?  Quali sono realmente, oggi, le priorità anche in ambito culturale e quali criteri applicare per definirle? Reti culturali: coordinamento, esternalizzazione, orientamento Fare rete è facilitare soprattutto lo svolgimento di attività culturali attraverso l'individuazione e distribuzione di ruoli specifici per i vari attori del settore, rispetto ai quali l’Ente Locale si porrà come coordinatore e catalizzatore. All'interno di un piano strategico culturale, il Comune è chiamato a rivestire il ruolo di garante, selezionatore e valutatore. In termini metodologici, due paiono http://quadernobianco.wordpress.com/

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essere i cardini operativi. 1. Definire un circuito culturale, ovvero di una visione d’insieme degli eventi. Se da un lato è opportuno impostare un modello piramidale come prima illustrato, dall’altro avere uno sguardo ampio consente di evitare quel carattere di episodicità che la produzione culturale di un Ente sempre più spesso pare avere. In altri termini, una volta che l’Amministratore abbia individuato le caratteristiche identitarie della Comunità, occorre che crei su di esse un insieme di eventi e proposte tra loro coordinate e riconducibili. Ovviamente, ciò consentirebbe anche di evitare il rischio di duplicazione (o sovrapposizione) tra le proposte messe in campo. 2. Aumentare il confronto con i territori vicini – sia da un punto di vista meramente geografico sia in termini di analogie valoriali o identitarie. Questo confronto dovrebbe avvenire, innanzitutto, rispetto alle singole proposte, poi in termini di metodologie applicate. Ne può scaturire l’opportunità di creare rete tra territori, sia nella condivisione di esperienze sia, soprattutto, nelle collaborazioni a livello operativo. Al momento, ciascun territorio (nell’accezione di territorio provinciale) fa praticamente tutto e questo, a ben vedere, comporta una proliferazione di proposte e attività, con conseguente aumento della spesa degli Enti Locali. La possibilità di creare rete tra territori avrebbe, dunque, un’ulteriore valenza positiva nella possibile diversificazione di ognuno di essi. Spazi culturali: ibridazione dei luoghi

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Nell’individuazione dei caratteri identitari di una Comunità, certamente un elemento fondamentale è costituito dai luoghi e dagli spazi e, indirettamente, dai significati (valoriali e non) che essi hanno. In questo senso, una sfida di grande portata è, oggi, quella di un'ibridazione degli spazi esistenti, ovvero di un loro ripensamento e di ri-valorizzazione per portarli nuovamente ad essere crocevia della produzione culturale. 1. Affidare spazi abbandonati o isolati e, in particolare, i negozi sfitti dei centri cittadini ad associazioni culturali. Preso questo come dato di partenza, coniugato al fatto che, comprensibilmente, nessun proprietario oggi si accollerebbe il rischio di affittare “alla cieca” i propri luoghi ad una qualunque associazione, specie se non particolarmente strutturata, il ruolo decisivo (e vincente) che un Comune potrebbe giocare può essere quello di garante tra le parti. L’Ente sarebbe, cioè, chiamato ad indossare le vesti di una terza parte (tra proprietari e associazioni), con funzioni di garanzia e controllo sul reale esito degli eventuali connubi. Prima ancora, però, dovrebbe mettersi nelle condizioni di fare da volano dell’iniziativa, di essere il latore della spinta iniziale: saranno, poi, il controllo in itinere e la supervisione alla buona riuscita degli eventi e delle produzioni a garantire che questo si muova in autonomia e, in ultima analisi, riscuota il successo desiderato. Senza, però, queste garanzie è evidente che verrebbero a mancare, dal lato del proprietario, la voglia di scommettere su una certa progettualità; da quello dell’associazione culturale, la stabilità e la determinazione al portare a termine il percorso. Imprescindibile è dunque l'attenzione che l’Ente dovrebbe mettere in campo: quella di una iniziale scrematura dei potenziali beneficiari di tale politica, che rientra nel solco già delineato della definizione di una macrohttp://quadernobianco.wordpress.com/

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progettualità della produzione culturale cittadina. 2. Le aziende come spazio di una nuova offerta culturale. Nel coinvolgimento delle aziende del territorio, in particolare quelle che già da sé mostrano interesse e propensione alla produzione di creatività, ancora una volta l’Ente dovrebbe rivestire i panni di intermediario verso di esse, non tanto (o non solo) in qualità di sponsor e patrocinatori di iniziative, quanto di proprietario di spazi da mettere a disposizione per nuove proposte culturali cittadine. Luoghi, come già nella precedente proposta, in cui creare dei “laboratori di produzione culturale” o, addirittura, ambientare e ospitare eventi culturali che solitamente si insediano altrove (musei, teatri, biblioteche, ecc.). 3. Mettere in rete i luoghi tradizionali della Cultura (musei, biblioteche, teatri) oggi esistenti, sia su scala cittadina che su scala provinciale. L’isolamento di cui spesso essi sono oggi vittime deve lasciare spazio a una stretta correlazione e collaborazione. Questo consentirebbe al cittadino una maggiore e migliore fruizione, sia in termini di proposte e iniziative sia in termini spaziali. Inoltre, tali luoghi tradizionali della Cultura meritano di essere ancor più valorizzati e resi vitali nell'ospitare iniziative culturali di altri Enti presenti in città (per esempio le scuole superiori, che al di là delle attività curriculari, producono ogni anno riflessioni e materiali meritevoli di uscire dal contesto scolastico). 4. Non prescindere dalla dimensione relazionale tra le persone. L’Amministratore che voglia mettere in atto qualsiasi proposta culturale dovrà giocare la sfida di rendere spazi e strutture il luogo ideale delle relazioni interpersonali della cittadinanza, sia quelle da http://quadernobianco.wordpress.com/

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costruire da nuovo sia quelle da consolidare e reinventare, altrimenti, incapperebbe in un risultato doppiamente deludente: quello di creare un “mito spaziale” (cioè la mitizzazione di un luogo, quale che esso sia), destinandolo a ricadere presto in una perdente marginalità; e quello di approcciare il cittadino solo come utente e non come protagonista della vita cittadina. 5. Aggiornare e rinnovare l'integrazione di alcune realtà con il contesto cittadino, sia in termini di persone sia di flussi economici e di iniziative. La programmazione di un Piano Strategico Culturale e le possibili nuove forme di interazione con il Privato dovrebbero dar luogo ad un circuito virtuoso. Prendiamo il caso della presenza dell'Università a Reggio.  Potenziare e migliorare il rapporto tra città e Università: la presenza dell'ateneo è un'opportunità concepita al servizio del territorio e del tessuto economico cittadino da integrare sempre di più con le realtà cittadine, per esempio aumentando spazi dedicati agli studenti come sale, mense o librerie universitarie, rapporti “convenzionati” con aziende ed esercizi commerciali; il livello di progettazione strategica grazie all'alleanza tra gli attori del tessuto imprenditoriale, educativo, culturale e delle associazioni di categoria del territorio.  Trovare fondi per finanziare corsi, summer school o altro in lingua inglese che attirano studenti internazionali e sono occasione di promozione e scoperta del tessuto produttivo e dell'offerta culturale di Reggio Emilia e provincia.  Ripensare alcuni spazi cittadini anche come spazi didattici e contesti dell’attività universitaria – ad esempio, l’Officina delle Arti, lo Spazio Gerra, Palazzo Casotti, i Chiostri di S. Domenico (fino agli altri luoghi di centri del territorio provinciale). Una http://quadernobianco.wordpress.com/

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possibile nuova interazione di questo tipo, oltre a consentire una maggiore integrazione (e conoscenza) tra Università e realtà cittadine, consentirebbe a questi ambienti anche di avere maggiori occasioni di fruizione e una maggiore visibilità e vivibilità. Inoltre, potrebbe essere occasione di incontro e interazione dell'Università con le Scuole presenti sul territorio (sia di Reggio città sia della Provincia). Valori culturali: mantenere la creatività Cultura fa rima con creatività, intesa non solo come originalità artistica, ma anche come fecondità d’idee che si radicano in un territorio. Le varie possibilità di godere di una città sono fondamentali per alimentare in essa una corrente di incontri, scambi e conoscenze sempre più globale. Non si può pensare a nessuna azione culturale che non prenda il via dal tessuto sociale e comunitario in cui va ad inserirsi, che non cerchi in esso le sue radici; qualsiasi proposta pubblica o privata che non si ponga in ruolo di continuità con la realtà con cui vuole dialogare difficilmente riesce a innescare in essa quel circolo virtuoso che è la prima conseguenza del fare e offrire Cultura. Occorre, quindi non lavorare solo sull’offerta esistente, ma proporre elementi nuovi e pensare soprattutto come sostenerli; non limitarsi a importare progetti e iniziative da parte delle istituzioni, ma far nascere Cultura nel territorio reggiano puntando sulle sue possibilità. Prendiamo il caso del Festival: indica un legame con il territorio e il coinvolgimento dello stesso in tutte le sue realtà. A Reggio c'è un’attenzione storica per l’architettura e l’urbanistica; questa attenzione è un unicum in regione e si snoda nella storia tra passato http://quadernobianco.wordpress.com/

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e futuro, dalla stazione Mediopadana all'edilizia popolare di pregio e l’urbanistica sociale, e può essere valorizzata in tanti modi diversi. Questo è solo un esempio di come l’attività culturale debba partire da un’analisi del territorio e delle sue specificità, non solo come eccellenze ma anche e soprattutto come unicità. In quest’ottica gli sforzi per mantenere la creatività possono partire da una base solida e raggiungere una dimensione realmente diffusa.  Promuovere e incentivare le produzioni originali e proprie: queste non solo rappresentano una possibilità concreta di portare la Cultura nata a Reggio al di fuori del territorio provinciale, ma anche una formidabile occasione di far germogliare idee, personaggi e progetti che siano una reale espressione di questa realtà. In questo senso, il ruolo dei privati assume un peso considerevole: esistono realtà produttive che attirano menti e originalità a Reggio, ma che poi necessitano di essere mantenute con un’offerta culturale adeguata e stimolante. Così, con una progettualità controllata e seria non sarebbe difficile trovare il sostegno di realtà private interessate alle ricadute ambientali di questo sforzo creativo.  Organizzare un calendario di iniziative non concentrate in periodi limitati dell'anno, ma nell'arco di ogni mese. Questo aiuta a: diversificare le proposte, innescare più opportunità di collaborazioni e partnership, sostenere la visibilità e la continuità della produzione di una classe creativa locale.  Valutare la semplificazione delle regole, della burocrazia e dell'accesso ai documenti per chi vuole fare Cultura, oltre che l’istituzione di benefit connessi al supporto di progetti culturali specifici del territorio: aziende ed esercizi che investono in attività culturali e ricreative possono godere di http://quadernobianco.wordpress.com/

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agevolazioni fiscali, previa valutazione, attraverso gli strumenti di cui gode un'amministrazione comunale. Potenziare attività di promozione e comunicazione dell'offerta culturale e turistica in modo organico e integrato, con aumento di visibilità e utenza, a partire da web, social media e app. A livello turistico, non è possibile reperire informazioni che siano complete e circostanziate su strutture ricettive, progetti, iniziative sparse sull’intero territorio provinciale. In linea con l'indicazione di fare rete, contaminare gli interessi e uscire dall'autoreferenzialità della proposta, proponiamo di individuare pacchetti, abbonamenti o biglietti integrati (sia su Reggio città sia sul territorio provinciale) che permettano di accedere a diverse strutture, proposte e/o eventi. Definizione di una banca dati in cui siano integrate tutte le possibili informazioni legate alle produzioni culturali del territorio. Al tempo stesso, però, presuppone che le gestioni di tali eventi siano quanto più possibile uniformate in termini di programmazione e di informatizzazione e, al tempo stesso, diversificate nei contenuti (la duplicazione di eventi teatrali nel territorio, ad esempio, vanificherebbe, in un certo senso, l’utilità di questa proposta).

Diversità culturali: diversity advantage come strategia globale Nel 2020 un quarto dei cittadini italiani sarà di origine non italiana, nel 2050 un terzo. Continueranno a crescere anche le relazione tra le città europee. Il tessuto sociale reggiano e italiano progressivamente diviene sempre più diverso, innervato da più http://quadernobianco.wordpress.com/

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culture, più lingue, più capitale umano. Come leggere questa variazione ormai strutturale in chiave di vantaggio e risorsa di carattere culturale per la società? Negli anni passati il tema dell'immigrazione è stato trattato strumentalmente come una questione di sicurezza o di emergenza sociale, senza cogliere la reale esigenza che in un mondo globale si manifestava: quella di un'integrazione di carattere culturale in cui le persone di origine straniera, in particolare quelli nati in Italia e i più giovani, sono da considerare alla luce del loro contributo potenziale (traducibile in investimento sociale). Prendiamo l'esempio delle rivolte giovanili in Europa: il rischio dell'effetto banlieue si previene con azioni culturali inclusive capaci di valorizzare il capitale narrativo ed espressivo delle giovani generazioni, la loro necessità di partecipazione e protagonismo, la loro capacità di mediazione tra famiglia e contesti sociali, non con approcci e processi che li categorizzano e li relegano alla marginalità. Tale shift cognitivo nell'affrontare il rapporto con la diversità può avere ripercussioni positive a caduta sul tessuto sociale ed economico di un intero territorio, sfruttando il vantaggio della diversità e della dimensione europea con azioni rivolte alla filiera creativa e alla valorizzazione della diversità nell'offerta culturale.  Creare i presupposti per investire sull'attrazione di un maggior numero di creativi dall'estero e, di conseguenza, investimenti per attività transnazionali, come auspicano le linee guida europee in materia.  Una Cultura inclusiva è anche solidale: portare altre culture e altre arti per esempio nei cinema, nelle biblioteche e nei musei della città favorisce la fruizione di questi spazi da parte di minoranze, da loro visibilità culturale, amplia l'offerta della città, aumenta e migliora la coesione. http://quadernobianco.wordpress.com/

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Nei settori culturali e artistici, favorire la partecipazione alla produzione creativa di persone di origine straniera, in particolare di seconde generazioni, contribuisce a far crescere una classe creativa locale diversa, aperta al mondo, in linea con altre città europee. Continuare l'attività di sensibilizzazione e pressione per la riforma della legge sulla cittadinanza, che al momento costringe le persone nate in Italia da genitori stranieri a essere considerate immigrate fino ai 18 anni secondo il principio dello ius sanguinis.

BIBLIOGRAFIA

European Commission. 2013, Creative Europe. Support programme for Europe's cultural and creative sectors from 2014, http://ec.europa.eu/culture/creative-europe/ Fondazione Symbola. 2013, Io sono cultura. Rapporto 2013, Quaderni Symbola. KEA. 2006, The Economy of Culture http://www.keanet.eu/ecoculture/studynew.pdf

in

Europe,

Montanari F. 2011, Territori creativi. L'organizzazione delle politiche a supporto della creatività, Milano: Egea.

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LAVORO QUADERNO BIANCO PER REGGIO EMILIA

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INTRODUZIONE Il Lavoro, a livello nazionale, è tema estremamente ricorrente nel dibattito pubblico degli ultimi anni, datane la drammatica mancanza: vogliamo dedicarci all’analisi ed alla proposta in tale ambito proprio perché le persone cercano e percepiscono il lavoro come tema a livello locale, all’interno delle realtà economiche del proprio territorio. Non è semplice intervenire sul lavoro a livello territoriale, poiché tali tematiche sono regolamentate in gran parte da leggi dello Stato: con gli spunti ricevuti dagli interlocutori e dalle ricerche attuate vogliamo cercare di creare alcune linee guida e proposte per la nostra città che siano finalizzate alla conservazione ed alla creazione di posti di lavoro utili e richiesti dal nostro territorio. L’idea principale è quella di far parlare tra loro tali attori locali, poiché crediamo che la concertazione tra questi sia la strada principale da percorrere per arrivare a soluzioni condivise che abbiano ricadute positive per i singoli cittadini e per le realtà economiche che contraddistinguono il nostro tessuto economicosociale. Nel fare questo ci siamo basati sulla nuova strategia promossa dalla Commissione Europea “Europa 2020: Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva”  intelligente, attraverso lo sviluppo delle conoscenze e dell'innovazione;  sostenibile, basata su un'economia più verde, più efficiente nella gestione delle risorse e più competitiva;  inclusiva, volta a promuovere l'occupazione, la coesione sociale e territoriale. http://quadernobianco.wordpress.com/

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La Commissione propone la nuova strategia “Europa 2020” a sostegno dell'occupazione, della produttività e della coesione sociale in Europa. Stiamo vivendo una fase di trasformazione, soprattutto a causa della globalizzazione, del cambiamento climatico e dell'invecchiamento della popolazione. Inoltre, la crisi finanziaria del 2008 ha rimesso in discussione i progressi sociali ed economici compiuti dai Paesi dell'UE. La ripresa economica che ancora oggi stenta a decollare (soprattutto in Italia) deve quindi accompagnarsi ad una serie di riforme per assicurare lo sviluppo sostenibile dell'UE nel prossimo decennio. Grazie a queste linee guida promosse dalla Commissione Europea ci siamo posti l’obiettivo di dover coniugare innovazione e coesione sociale, in modo da poter raccogliere sostanziali benefici in virtù degli effetti moltiplicatori derivanti dagli investimenti. La nostra analisi, resa possibile in gran parte grazie ai dati del Rapporto sulla Coesione Sociale 2012 nella provincia di Reggio Emilia promosso dalla locale Camera di Commercio, parte da alcune considerazioni sulla rapida evoluzione che sta coinvolgendo il nostro tessuto economico e sociale. Di seguito alcuni dei fenomeni più rilevanti:  il solo sistema delle grandi cooperative edili segnala 3.000 lavoratori a rischio, con ricadute sull'indotto di 1.500 imprese artigiane con 10.000 lavoratori.  56.903 lavoratori, il 23% della forza lavoro, l'11% della popolazione, 9.400 in più rispetto all’anno precedente, sono in “zona vulnerabilità”, cioè cassa integrazione o iscrizione alle liste di disoccupazione.  16.774 lavoratori in cassa integrazione, 363 aziende coinvolte dalle diverse forme di ammortizzatori sociali. http://quadernobianco.wordpress.com/

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Il mercato del lavoro risulta fortemente polarizzato: da un lato alte qualifiche, contratti di lavoro di lungo periodo, alta remunerazione e apertura al mercato internazionale; dall'altro lato prevalenza di donne nel polo che concentra basse qualifiche, precarietà, bassa remunerazione e chiusura nel mercato locale. Analizzando questo fenomeno, riteniamo essenziale sottolineare anche un radicale cambiamento in atto all’interno di questa fotografia: la nuova generazione di lavoratori si trova, infatti, davanti ad una realtà nella quale il titolo di studio sta diventando inversamente proporzionale all’occupabilità, e spesso viene riconosciuto meno anche rispetto al livello di retribuzione del lavoro non qualificato; insieme alla precarietà che caratterizza il nuovo mercato del lavoro, il valore reale dell’investimento formativo ed educativo per i giovani è fortemente messo in discussione, quando non costituisce un ostacolo vero e proprio al nuovo impiego. Calano le imprese registrate (-1.611 negli ultimi 6 anni); rispetto alla struttura societaria, calano soprattutto le ditte individuali (-3,3% dal 2002 ad oggi). Nella classifica delle aziende leader regionali, tra le prime 25 non c'è nemmeno un'impresa reggiana. La perdita di occupati è avvenuta soprattutto tra gli autonomi: -10.000 persone in 3 anni (2008-2010).

In questo quadro, l’impatto della crisi non è più esclusivamente a carico di quella fetta di occupazione definita “precaria”, ma comincia ad erodersi anche l’occupazione più ‘’stabile’’, da sempre essenziale per garantire coesione sociale e tenuta dei consumi. Pur nella consapevolezza di affrontare un tema estremamente vasto http://quadernobianco.wordpress.com/

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e legato indissolubilmente ad un contesto macroeconomico non controllabile, abbiamo tuttavia cercato di sviluppare alcune idee concrete in grado dal nostro punto di vista di indirizzare la città verso la creazione di posti di lavoro. Grazie a questi ed altri dati siamo giunti ad alcune considerazioni necessarie per affrontare la tematica del lavoro. Essendo un tema molto vasto e avente conseguenze in quasi tutti i settori economici e sociali, abbiamo deciso di sviluppare maggiormente solo alcuni aspetti, per i quali ci sentivamo di dare un contributo concreto. Prima di proseguire con l’esplicitazione delle tematiche selezionate, vogliamo riportare alcune definizioni di base:  Start-Up: non esiste una definizione univoca di startup, una delle più utilizzate è: un’istituzione umana creata per realizzare un nuovo prodotto o servizio in condizioni di incertezza; in generale, un processo di startup può durare da pochi mesi a qualche anno.  Coworking: modalità lavorativa che prevede la condivisione di spazi e servizi in apposite strutture nate allo scopo di fornire un’alternativa a tanti professionisti e piccoli imprenditori; mira a favorire lo sviluppo della dimensione sociale tra coloro che condividono gli spazi e il lavoro collaborativo.  Equity Crowdfunding: investimento on-line attraverso il quale più persone conferiscono somme di denaro, anche di modesta entità, per finanziare un progetto di Start-Up Innovativa, ricevendo in cambio un vero e proprio titolo di partecipazione nella società. PROMOZIONE DELLE STARTUP: come favorire la nascita di start up e più in generale come rendere più conosciute ed appetibili le nuove http://quadernobianco.wordpress.com/

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idee giovanili che possono dare vita ad un’attività economica e quindi a reddito/lavoro per gli ideatori e in futuro per il tessuto locale grazie ad un effetto indotto NUOVE FORME DI FINANZIAMENTO: FONDI/CROWDFUNDING/VENTURE CAPITAL: sensibilizzare gli attori finanziari locali a modelli alternativi di concessione del credito e proporre nuove forme di accesso al credito agli attori economico-produttivi locali (attraverso piattaforme di crowdfunding, venture capital e altro). RISPOSTA ALLA DISOCCUPAZIONE/DIMINUZIONE DEL REDDITO: creare cantieri di lavoro o attività di formazione ad hoc per persone senza lavoro o percettori di ammortizzatori sociali, per la loro riqualificazione professionale e per contrastare il disagio psicosociologico dovuto all’inattività, per attività di pubblica utilità attualmente non in essere (onde evitare di tagliare posti di lavoro attualmente esistenti) Un altro tema centrale, quello dell'internazionalizzazione, crediamo non abbia necessità di essere affrontato in questo ambito dal momento che i risultati in campo internazionale delle aziende del nostro territorio da diversi anni posizionano la nostra provincia ai vertici delle classifiche per percentuale di export sul fatturato; ci limitiamo qui a sottolineare come si debba tendere ad aumentare il numero di imprese esportatrici ed il fatturato di quelle che già esportano: in ottica virtuosa, va diminuita la forte concentrazione del valore dell’export all’interno di poche imprese (oltre la metà dell’export provinciale è concentrato in una trentina di imprese), favorendo lo sviluppo delle minori. Auspichiamo un supporto degli enti locali in grado di accompagnare le imprese in questo percorso, potenziando decisamente i percorsi http://quadernobianco.wordpress.com/

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formativi legati alla conoscenza delle lingue, ancora marginale nelle nostre scuole e nella nostra Università. START UP – TECNOPOLO – SISTEMA DELL’INNOVAZIONE Lo sviluppo del Tecnopolo a Reggio Emilia è un passo determinante per la creazione di un sistema complesso che vede l’innovazione sorretta dalle sue due gambe complementari, una tecnologica e l’altra sociale, come chiave dello sviluppo prossimo, sia rispetto alla creazione di impresa che all’evoluzione del sistema produttivo già esistente. La serie di servizi e la “comunità di rete”, che la logica del Tecnopolo intende favorire e coltivare, devono arrivare a costituire un “sistema dell’innovazione reggiano” al quale poter fare riferimento; in quest’ottica, la creazione di percorsi di formazione ed accelerazione, in collaborazione fra tutti i soggetti coinvolti, può costituire un valore aggiunto per coloro che seguano il percorso proposto. Per questo, approfondiamo di seguito la proposta di creazione di un sistema dell’innovazione reggiano attraverso COWORKING, INCUBATORE, MARCHIO “POLO NORD – MAKE IN RE”. Principio generale: Creazione di un’area di coworking sostenuta da servizi e “Business Unit”. Parallelamente, strutturazione di un percorso di “incubazioneaccelerazione” a sostegno delle nuove attività imprenditoriali e dell’innovazione del tessuto produttivo e dei servizi. Creazione, sviluppo e promozione di un marchio territoriale che rappresenti la certificazione di un percorso di formazione e sviluppo http://quadernobianco.wordpress.com/

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di aziende innovative, caratterizzate da modelli di business sostenibili, cresciute all’interno di “sistema dell’innovazione reggiano” che si va formando a partire dal Tecnopolo in Area Nord. L’impulso alla creazione di Start-Up, estremamente forte a livello nazionale, europeo ed internazionale, vede anche in Italia alcuni importanti interventi normativi, il principale dei quali è la L. 221/2012 (e modifiche successive), conversione in legge del Decreto Crescita 2.0 (Dl 179/2012): a parte l’effettiva efficacia del provvedimento, ancora da verificare nonostante i primi risultati appaiano molto incoraggianti, è essenziale seguire l’andamento delle normative per valorizzarne la spinta e comprendere l’attenzione sempre maggiore sul settore innovativo, sottolineando l’ottica di riguardo particolare verso le startup a vocazione sociale. Soggetti attuatori:  Comune  Provincia  ASTER (ente per l’innovazione in Emilia Romagna)  Reggio Emilia Innovazione  FabLab Reggio Emilia  Camera di Commercio  Associazioni datoriali  Centrali cooperative  Rappresentanze sociali  Università  Enti di formazione Le modalità di attuazione del sistema di innovazione possono essere di diverso tipo, prevedendo o meno il coinvolgimento diretto dei

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soggetti sopra elencati: dalla possibilità di una gestione pubblica alla impresa privata che investa nella realizzazione del progetto, anche in forma cooperativa; dall’inserimento nelle strutture del Tecnopolo all’individuazione di un altro spazio adatto eventualmente in centro storico. Gli aspetti essenziali devono però sempre rimanere la flessibilità e l’apertura a tutta la cittadinanza sia del percorso di costruzione, che della “comunità di rete” affiancata al suo sviluppo, che degli spazi veri e propri: è assolutamente indispensabile il coinvolgimento e la possibilità di interagire e collaborare in modo del tutto trasparente e partecipativo con chiunque possa essere interessato all’innovazione, in un’ottica di contaminazione fra tutti gli attori, pubblici e privati, favorendo la costruzione di una rete fra tutti i soggetti che porti alla creazione di un vero sistema. Proprio per questo, la struttura gestionale deve garantire la massima reattività e leggerezza di struttura per poter rispondere alle esigenze estremamente rapide e mutevoli dell’universo innovativo che si vuole coltivare. Destinatari:  Giovani professionisti, imprenditori, start-up innovative  Startup / Spinoff che stiano seguendo o abbiano seguito un percorso di formazione e accelerazione attraverso le opportunità offerte dal “sistema dell’innovazione reggiano”  Aziende interessate ad innovare i propri processi ed il proprio mercato di riferimento attraverso le opportunità offerte dal “sistema dell’innovazione reggiano” Individuazione: La selezione delle idee da coltivare in quest’ottica può avvenire http://quadernobianco.wordpress.com/

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secondo diverse modalità:  accesso diretto all’area di coworking del tecnopolo;  bandi pubblici tesi a far conoscere e valorizzare le opportunità offerte dall’area  attraverso l’attivazione di percorsi per coloro che abiteranno l’area di coworking del tecnopolo;  eventi aperti a livello anche internazionale, che si potrebbero configurare come “Fiera delle Idee”, riprendendo e personalizzando vari esempi già sviluppati per la promozione di nuove idee e lo sviluppo di business (o importando alcuni di questi format, in collaborazione con altri enti di forte richiamo). Tipologia di attività: La nostra proposta si concretizza in una serie di iniziative che si configurano scalabili nelle singole azioni e complementari fra i diversi piani di azione proposti. La costituzione di un coworking corrisponde a creare un "luogo" fisico nel quale offrire l'opportunità, a chi ne avesse la necessità, di insediare i propri uffici. Lo sviluppo di una “Business Unit” interna al coworking permetterebbe la disponibilità di una serie di servizi di base a tariffe calmierate: non solo scrivanie e allacciamenti alle utenze quindi, ma la regia di uno sportello di "coordinamento", che non solo funga da punto di riferimento per la nuova imprenditoria innovativa, ma coinvolga anche giovani professionisti in grado di fornire consulenze giuridiche, tributarie, notarili e di altra natura; doppia la ricaduta positiva per coloro che aderissero al servizio: da un lato tariffe facilitate per business nascenti, dall’altro la possibilità di costruirsi una nuova clientela per giovani professionisti, che potrebbero http://quadernobianco.wordpress.com/

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anche vedersi riconosciuta una partecipazione azionaria all’interno delle startup in cambio della consulenza fornita. Al fianco dei giovani professionisti potrebbero trovare posto come consulenti anche ex imprenditori, provenienti da esperienze conclusesi negativamente (spesso non per incapacità, ma per insolvenze a loro non imputabili): in questo modo, la valorizzazione della loro esperienza corrisponderebbe all’opportunità di rientrare in gioco scommettendosi su nuove possibilità. Per le imprese ospitate, il primo e indubbio beneficio sarebbe quello di potersi orientare completamente al proprio core business senza dover dedicare tempo ai servizi accessori; non solo, la contiguità ad altre nuove realtà imprenditoriali faciliterebbe la contaminazione delle competenze e l'open innovation, moltiplicando le idee e i progetti. La costituzione di una simile fucina di idee, la si voglia declinare come hub, incubatore o semplice spazio per il coworking, sarebbe facilmente in grado di creare un'immediata curiosità verso le neo imprese ospitate, facilitando l'attrazione di nuovi investitori e di capitali, avviando un effetto volano. La creazione di un percorso di incubazione, formazione ed accelerazione costituisce un elemento sempre più indispensabile per favorire lo sviluppo di un tessuto prima di tutto sociale, che possa sostenere e rendere grandi le idee imprenditoriali innovative delle startup ospitate all’interno dell’area di lavoro; possiamo prevedere diverse azioni di sostegno, senza pretesa di completezza, ma tentando di dare una idea precisa delle possibili direzioni di accompagnamento:  uffici all’interno dell’area di coworking del Tecnopolo, favorendo l’interscambio fra tutti coloro che lì lavorano e http://quadernobianco.wordpress.com/

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sviluppano le proprie idee; affiancamento da parte di consulenti; eventi di incontro ed interscambio con realtà innovative già affermate; partecipazione ad eventi nazionali ed internazionali; step di verifica del percorso svolto e di programmazione dei passi successivi svolti con il team di supporto e di riferimento per tutto il percorso; eventi aperti alla cittadinanza, per allargare la partecipazione e l’interesse e favorire lo scambio costruttivo con tutto il territorio.

Il rilascio del marchio territoriale “Polo Nord – Make in RE” avverrebbe dopo aver seguito il percorso di formazione ed accelerazione o dopo aver sviluppato un processo di innovazione attraverso le opportunità offerte dal “sistema dell’innovazione reggiano” che vogliamo sviluppare. Aspetti economici: E’ essenziale pensare allo sviluppo del sistema complesso che proponiamo in complementarietà con la costituzione di un Fondo partecipato dai vari attori coinvolti e da tutte le realtà interessate (aziendali ed altro), che possa finanziare e sostenere i percorsi formativi ed innovativi nella loro evoluzione; approfondiamo in particolare questo aspetto all’interno di un’altra proposta contenuta nel presente Quaderno Bianco, alla quale rinviamo. Esempi esistenti: Coworking: http://quadernobianco.wordpress.com/

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Cowo (www.coworkingproject.com) è una proposta, un programma di affiliazione per chiunque abbia uno spazio professionale già attivo, e sia interessato ad affittare postazioni di lavoro all’interno della propria sede. Talent Garden (www.talentgarden.it) è un network di campus locali, un luogo che può ospitare competenze diverse ma contigue, in cui le persone che risiedono all’interno sono selezionate dalla stessa comunità che vive il luogo e che sceglie con chi condividere gli spazi. coworking focalizzati sull’innovazione sociale: kilowatt (www.kilowatt.bo.it) è un’organizzazione che raccoglie professionisti, terzo settore e microimprese attivi nei campi della comunicazione, dello sviluppo sostenibile, della progettazione e dell’industria creativa; l’obiettivo è rafforzare ed incubare idee, progetti e microimprese per arrivare ad una forte densità di contenuti con una leggerezza delle strutture. Impact Hub (www.impacthub.net) è una rete internazionale di bellissimi spazi fisici dove imprenditori, creativi e professionisti possono accedere a risorse, avere idee innovative e sviluppare relazioni: è un centro dedicato all’innovazione e all'imprenditoria sociale e alle persone che la promuovono, accomunati dal desiderio di avere un impatto positivo sul mondo. Avanzi (www.avanzi.org) La sostenibilità non si dice, si fa. Realizzando ricerche ed analisi per comprendere e diffondere l’innovazione. Partendo da un’idea e costruendoci attorno un’impresa. Favorendo lo sviluppo di progetti e dando loro forma concreta. Per dimostrare con i fatti che innovazione e sostenibilità sono prospettive e opportunità strategiche. Fabriq (fabriq.eu) FabriQ è l’incubatore di innovazione sociale del Comune di Milano: è gestito operativamente da un’ATI http://quadernobianco.wordpress.com/

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(Associazione temporanea d’Impresa) composta da Fondazione Giacomo Brodolini e Impact Hub Milano. Incubatori: Working Capital (www.workingcapital.telecomitalia.it) è il programma di Telecom Italia che aiuta l’innovazione, le idee e il talento a trasformarsi in impresa, supportando in modo diretto la nascita e lo sviluppo delle startup: quest’anno ha aperto un nuovo acceleratore a Bologna. H-Farm (www.h-farmventures.com) H-FARM è un Venture Incubator: investe in piccole imprese innovative in grado di supportare la trasformazione delle aziende italiane in un’ottica digitale; la sede principale è situata tra le provincie di Treviso e di Venezia Eventi: MindTheBridge (www.mindthebridge.org) La fondazione si propone di costruire un ponte tra i talenti italiani e le competenze della Silicon Valley attraverso programmi di diverse durate e studiati su misura per le necessità dell’attuale mondo imprenditoriale italiano; Startup Weekend (startupweekend.org) è una iniziativa di startup competition, che sta divenendo il punto d’incontro per coloro che sognano di realizzare una propria idea d’impresa e condividere idee innovative nell’ambito digitale (web e mobile). No talk. All action. INNOVAZIONE NEI FINANZIAMENTI ALLE ATTIVITÀ ECONOMICHE Principio generale Vista la congiuntura economica e la grave emorragia di perdita di posti di lavoro che sta colpendo anche l'industriosa Emilia, l'accento http://quadernobianco.wordpress.com/

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sulla nascita di nuove imprese, e dunque sulla creazione di valore (economico ma anche sociale), non deve assolutamente essere tralasciato dalla prossima amministrazione comunale. Da sempre il nostro territorio si è caratterizzato per una forte propensione all’imprenditorialità diffusa, distinguendosi per l’alta qualità delle proprie produzioni. Fino ad oggi va riconosciuto alle nostre imprese un indubbio attaccamento al territorio, ma non possiamo dare per scontato che sia così anche per il futuro. Per mantenere la coesione sociale e la tenuta economica del nostro territorio, vanno dunque poste le basi per creare un rinnovato legame tra nuova imprenditorialità e città. L'obiettivo di continuare quella che negli ultimi decenni può considerarsi una storia di successo internazionale, deve ripartire da un forte impegno della città ad attrarre i talenti e i generatori di idee, che troppo spesso cercano e trovano fortune altrove. In un contesto attuale nel quale assistiamo ad una forte difficoltà nell’accesso al credito, è importante poter offrire la possibilità a nuove iniziative imprenditoriali (soprattutto se presentate da giovani qualificati) di formarsi e crescere, sostenendole nell’ottenere fiducia dagli intermediari finanziari tradizionali. Che iniziative quindi intraprendere per porre le basi per fare di Reggio Emilia un polo di attrazione per chi ha un'idea di impresa? La nostra proposta è estremamente concreta, e riguarda la costituzione di un fondo di garanzia per gli investimenti utili alla costituzione di nuove imprese, che potrebbe anche configurarsi come un fondo rotativo promosso da svariati stakeholders istituzionali e privati. Soggetti attuatori Questa è un’opportunità per le neo imprese che il Comune http://quadernobianco.wordpress.com/

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potrebbe avviare a costi contenuti, coinvolgendo stakeholders istituzionali e non (Camera di Commercio, Università, Associazioni di categoria, imprese locali, banche, confidi e altri investitori non istituzionali) per il reperimento delle risorse economiche e per la formazione di una commissione in grado di valutare le idee imprenditoriali. Questa iniziativa, se sommata alle ulteriori politiche messe in campo da Ministeri, Regione e Commissione Europea, aiuterebbe certamente a facilitare la nascita di numerose imprese con un ritorno economico e occupazionale già nel breve periodo. Destinatari Le nuove imprese beneficiarie potranno appartenere al mondo manifatturiero, dei servizi o dell'agricoltura, con particolare attenzione alle startup innovative. Individuazione L’attenzione è forte verso le nuove attività intese come portatrici di innovazione, non solo dal punto di vista tecnologico ma anche nelle modalità di relazione interne. Le nuove imprese sono infatti particolarmente ricettive alle nuove necessità che si delineano all’interno del mercato nel quale si inseriscono: questa loro specificità legata alla necessità intrinseca di crescita, le rende particolarmente interessanti nel ridisegnare un tessuto produttivo che possa rispondere all’evolversi dei bisogni dell’universo lavorativo. Tipologie di attività  Selezione delle attività che possono usufruire del fondo  Garantire prestiti agevolati alle aziende selezionate http://quadernobianco.wordpress.com/

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Sostenere nuove attività virtuose senza disponibilità economiche immediate La costituzione di un fondo con queste caratteristiche agevolerebbe l’accesso al credito da parte di attività di nuova costituzione che presentassero modelli di business promettenti e sostenibili, ma che senza le dovute garanzie non potrebbero ricevere i finanziamenti necessari all’avvio dell’attività. Aspetti Economici specifici Con riferimento particolare alla creazione di alcuni strumenti essenziali ad un “ecosistema dell’innovazione reggiano”, proposta che approfondiamo diffusamente in altro punto all’interno di questo Quaderno Bianco ed alla quale rinviamo, è essenziale la costituzione di un Fondo partecipato dagli attori coinvolti e da tutte le realtà interessate (aziendali e non solo), che possa finanziare e sostenere i percorsi formativi ed innovativi nella loro evoluzione; questo fondo, che deve costituire un volano per attirare a sua volta in ottica complementare l’attenzione di investitori istituzionali già presenti sul territorio italiano ed estero (Business Angels, Venture Capital…), potrà prevedere la propria partecipazione in varie forme al capitale delle startup in accelerazione. Se quindi in taluni casi prima esplicitati l'intervento potrebbe concretizzarsi in agevolazioni sui prestiti, comportandosi come un fondo di garanzia, un secondo ramo del fondo dovrebbe essere destinato a vere e proprie operazioni da “investitore istituzionale”; in quest’ultima ottica, particolarmente interessante potrebbe essere la previsione di poter fornire la garanzia di capitale prevista dal recente regolamento per l’accesso all’Equity Crowdfunding per le startup innovative (v. regolamento Consob del 26/06/2013), forma di finanziamento che potrebbe così costituire una risposta http://quadernobianco.wordpress.com/

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realistica al bisogno di finanziamento delle startup “con marchio” al termine del proprio percorso di accelerazione. UN’IDEA PER L’INCLUSIONE SOCIALE Di seguito abbiamo cercato di strutturare un’idea che possa dare vita all’INCLUSIONE nel mercato del lavoro, volta a promuovere l'occupazione, la coesione sociale e territoriale: la nostra ottica guarda alla valorizzazione di un sistema di welfare non come costo, ma come risorsa. Esistono moltissime soluzioni a livello nazionale per i lavoratori soggetti a politiche di ammortizzatori sociali; un Disegno di Legge (Disegno di Legge n. 1221 presentato alla Presidenza del Senato il 23 dicembre 2013) molto interessante che ci ha dato spunto per la nostra attività è quello promosso a livello bipartisan “Lavoro per la Città”: un modo per consentire ai lavoratori cassintegrati di attivare le loro energie e competenze al servizio della collettività). Da questo principio ci siamo mossi per cercare soluzioni valide anche per quei cittadini non coinvolti da tali procedure e spesso esclusi dal mercato del lavoro, che di seguito andiamo ad esporre per punti. Principio Generale: Al fine di intervenire nelle situazioni di disagio e difficoltà, è necessario che gli Enti Locali attivino l’utilizzo di “Cantieri Lavoro di Pubblica Utilità” per persone prive di occupazione, non solo per creare opportunità di sostegno al reddito ma anche per contrastare il disagio psico - sociologico dell’inattività della persona, prevedendo interventi economici atti a sviluppare strategie inclusive di crescita per il territorio. http://quadernobianco.wordpress.com/

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Gli Enti locali sono i principali soggetti atti ad individuare le attività e/o esigenze oggetto del cantiere. Soggetti Attuatori: Costituire una rete che operi in modo strutturato ed organico tra:  Comune (Assessorato WelfareLavoro)  Provincia  INPS  Centro per l’Impiego  Direzione Provinciale del Lavoro  Organizzazioni Sindacali  Associazioni datoriali  Terzo settore  Centrali cooperative Destinatari:  Persone prive di occupazione  Lavoratori che hanno usufruito degli ammortizzatori sociali  Donne con carichi di famiglia Individuazione: I soggetti da avviare ai Cantieri autorizzati sono individuati mediante procedure pubbliche di selezione attivate dai Centri per l’Impiego territorialmente competenti, con la collaborazione degli Enti Locali e delle parti sociali. Saranno individuate persone facendo particolare riferimento a:  Carichi di famiglia  Mancanza di titoli di studio, qualifiche professionali  Età – a partire dai 40 anni http://quadernobianco.wordpress.com/

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  

Assenza di reddito da almeno 12 mesi Rispetto dei requisiti di legge (es. permessi di soggiorno, pendenze penali, ecc.) Minimo di esperienza professionale assimilabile alla mansione del cantiere

Tipologia di attività: I Cantieri sono utilizzati dagli Enti Locali solo per l’espletamento di attività non aventi esclusivo carattere istituzionale e per le quali negli ultimi 18 mesi non si sono attivati appalti/gare o avvisi/affidamenti. Le OO.SS. assieme ai soggetti attuatori devono garantire che le attività individuate non vadano a generare perdite di posti di lavoro già in essere, ma siano destinate a sviluppare servizi non ancora attivati o disattivati da troppo tempo. Importante: Rimane da capire come evitare che gli Enti Locali possano attivare Cantieri per le attività che fino a poco tempo prima prevedevano l’impiego di personale regolarmente inquadrato e retribuito (direttamente dipendente dell’Ente Locale o per appalti di servizi). Onde evitare situazioni di conflittualità tra le parti sociali, è necessario attivare un processo di coinvolgimento multistakeholders per l’attivazione di tali cantieri, a partire dalle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative. Oltre alla dinamica relativa ai posti di lavoro, vanno analizzati altri aspetti critici che potrebbero creare tali Cantieri, al fine di non creare meccanismi di concorrenza sleale a discapito delle aziende (e dei lavoratori) che fino a poco tempo prima svolgevano servizi regolarmente pagati e retribuiti (o “tagliati” dagli Enti Locali tramite http://quadernobianco.wordpress.com/

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la cessazione dei servizi appaltati/riduzione dei capitolati d’appalto). Aspetti economici: Gli oneri finanziari sono a carico degli Enti Locali utilizzatori. Ai lavoratori avviati ai Cantieri è corrisposta da parte dell’Ente o di qualsiasi altro soggetto giuridico utilizzatore, un’indennità nella misura stabilita da apposita Ordinanza Comunale. La fruizione di tale indennità non costituisce reddito prodotto da attività lavorativa. L’Ente utilizzatore e l’INPS provvedono al trattamento assicurativo che spetta a tutti i lavoratori avviati ai Cantieri. La copertura dei costi deve essere realizzata soprattutto grazie a bandi di finanziamento locali, regionali, nazionali ed europei. Formazione: Subito dopo l’individuazione del cantiere e dei soggetti che saranno coinvolti, si organizzano momenti di formazione con la gestione totale e la responsabilità del coordinamento da parte dei Centri per l’impiego, che si possono avvalere di collaborazioni da parte dei soggetti attuatori. La formazione deve assolutamente essere svolta prima di accedere al cantiere: i soggetti dovranno ricevere adeguata formazione sulla base di quello che prevede il cantiere di lavoro. Verifica: I soggetti attuatori e i cittadini coinvolti dovranno confrontarsi in merito alle attività del cantiere per analizzarne l’andamento e ipotizzare proposte migliorative. In base alla durata del cantiere, prevedere verifiche periodiche, affinché si affrontino le criticità in modo immediato e risolutivo. http://quadernobianco.wordpress.com/

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I soggetti attuatori hanno la responsabilità di monitorare, gestire e rendere pubblico le verifiche ai fini di rendere trasparente il processo di miglioramento ed evoluzione dei Cantieri di pubblica utilità. Riassumiamo per punti la Logica Virtuosa che a nostro avviso innesca tale progetto:  L’Ente Locale non ha mai fornito il servizio (o comunque negli ultimi anni non ha attivato appalti/gare) per insufficienza fondi (necessario confronto sindacale)  Il Cantiere che si attiva ha costi decisamente inferiori rispetto ad un servizio similare (logica economica)  Si decide di realizzare tale servizio con l’attivazione del “Cantiere Lavoro di Pubblica Utilità”  Generazione di reddito per persone in difficoltà  Riqualificazione professionale  Erogazione di un servizio pubblico che aumenta la qualità di vita per la collettività Esempi attività:  cura e assistenza agli anziani; riabilitazione e recupero di tossicodipendenti, di portatori di handicap e di persone detenute, nonché interventi mirati nei confronti di soggetti in condizioni di particolare disagio ed emarginazione sociale;  raccolta differenziata, gestione di discariche e di impianti per il trattamento di rifiuti solidi urbani, tutela della salute e della sicurezza nei luoghi pubblici e di lavoro, tutela delle aree protette e dei parchi naturali e bonifica delle aree

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industriali dismesse; miglioramento della rete idrica, tutela degli assetti idrogeologici e incentivazione dell'agricoltura biologica, realizzazione delle opere necessarie allo sviluppo e alla modernizzazione dell'agricoltura anche delle zone di montagna, della silvicoltura, dell'acquacoltura e dell'agriturismo; piani di recupero, conservazione e riqualificazione (ivi compresa la messa in sicurezza degli edifici a rischio) di aree urbane, quartieri nelle cittĂ ed in centri minori, in particolare di montagna; adeguamento e perfezionamento del sistema dei trasporti; interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio culturale; iniziative dirette al miglioramento delle condizioni per lo sviluppo del turismo.

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MOBILITA’ E PIANIFICAZIONE QUADERNO BIANCO PER REGGIO EMILIA

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INTRODUZIONE Il seguente documento è stato stilato in seguito ad una serie incontri con alcuni esperti nel campo della mobilità e della pianificazione (Paolo Gandolfi, ex assessore alla mobilità di Reggio, attualmente Parlamentare per il Partito Democratico; Federico Cassani, senior partner a MIC-Mobility in Chain di Milano, e Ugo Baldini, urbanista, presidente di CAIRE). I principali argomenti di discussione e analisi sono riconducibili ai temi specifici seguenti, utili ad individuare le maggiori problematiche dello scenario cittadino (ma estendibili ad un più ampio spettro nazionale) in materia di Mobilità e Urbanistica e loro pianificazione. La difficoltà a livello politico di fare una buona pianificazione a lungo termine di ampio consenso e larghe vedute, raggiungendo al contempo obiettivi concreti e immediati, lavorando sia a microscala che a macroscala, superando i limiti politici e territoriali. Approccio alla "Mobilità" come disciplina: ieri e oggi, in che direzione occorre andare. “Mobilità nuova”: il ruolo della pianificazione oggi fra i flussi e la (de)crescita urbana, nel momento in cui occorre chiedersi se continuare a investire nell'infrastruttura o meno. L'Authority di controllo del Trasporto Pubblico fra gestione e finanziamenti: come sviluppare un Trasporto Pubblico Locale sostenibile anche dal punto di vista finanziario. L'introduzione di una gestione tariffaria della sosta, per quanto riguarda i parcheggi, può essere un ostacolo al mantenimento del consenso, eppure la sua buona gestione è un elemento cardine della pianificazione del Trasporto Pubblico e del processo di http://quadernobianco.wordpress.com/

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miglioramento dell’accessibilità nei centri storici. Riflessioni sul rapporto tra densità e mobilità ai tempi dello sprawl: aree su cui si può intervenire per densificare ulteriormente il territorio e aree da riqualificare, partendo dallo scenario della crisi del mercato immobiliare. Come migliorare l'efficienza del servizio pubblico e come condizionare l'utilizzo del mezzo privato: il “privilegio” dei mezzi alternativi nella città densa. PROBLEMATICHE

Pianificazione e Politica - bene comune ed elettorato Premessa Ottenere risultati rapidi nella pianificazione è difficile e le scelte più efficaci sono notoriamente le più impopolari. Un esempio è sicuramente il piano della sosta: modificare le tariffazioni o metterle dove prima c’era sosta libera sono le leve che funzionano meglio per avere riscontri immediati (economici o strategici), ma meno apprezzate dalla cittadinanza. Dal punto di vista della popolarità delle risoluzioni adottate a volte occorre dare visibilità a temi più conosciuti e maggiormente graditi dall’opinione pubblica, che permettono di affrontare nel frattempo anche quelli che hanno un impatto più forte (esempio “zone 30” nella scorsa amministrazione, un intervento molto apprezzato da stampa e cittadini, che ha permesso di ottenere maggiore consenso su provvedimenti più difficoltosi). Infrastrutture, Pianificazione e Politica Molto spesso, in periodo di crisi, si identifica lo sviluppo delle infrastrutture come motore trainante della crescita. Ma è proprio http://quadernobianco.wordpress.com/

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vero, e soprattutto, nel nostro paese funziona? Il sistema infrastrutturale italiano è sicuramente un sistema maturo, evoluto, che con il sistema dell’alta velocità ferroviaria ha raggiunto la sua completezza. La prima domanda da porsi è se le grandi infrastrutture sono un bene o un male per il paese. Nella presente congiuntura politica ed economica, l’effetto non è sempre positivo, e questo da diversi punti di vista:  Strategico; continuare ad investire in opere a supporto della mobilità privata non solo non è utile (aprire nuove direttrici viabilistiche non ha un impatto diretto sulla riduzione della congestione, vedi "Traffic Congestion: Is There a Way Out?" di John Whitelegg, 1992) ma anzi deleterio. Nuove Tangenziali, nuove autostrade e viabilità primarie servono esclusivamente a supportare una politica aggressiva di speculazione del territorio e una visione di sviluppo incentrata sull’uso dell’automobile.  Pianificatorio; le grandi opere hanno tempi di realizzazione lunghissimi, soprattutto in Italia. Spesso e volentieri opere pianificate in determinati periodi storici vengono realizzate quando ormai sono obsolete e il motivo per cui sono state pianificate non è più strategico. Un esempio tra i centinaia sparsi per l’Italia, il tunnel “Gattamelata” a Milano, finito pochi mesi fa alla ribalta della stampa, pianificato in un’ottica di fluidificazione del traffico e di alleggerimento del traffico diretto in Fiera. Nonché costruito e lasciato a metà in quanto la Fiera (e i soldi, e la visione di accedere velocemente in città) non c’è più: 100 Milioni di Euro buttati e uno scempio cittadino che non serve a nessuno.  Economico; sì, le grandi opere fanno sicuramente girare http://quadernobianco.wordpress.com/

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l’economia, ma a che prezzi e soprattutto l’economia di chi? Le risorse pubbliche per le infrastrutture in Italia sono gestite in modo pessimo, gli appalti finiscono sempre alle “solite” grandi imprese, i prezzi lievitano in maniera spaventosa prima della fine dei lavori. Non è necessario infrastrutturare il territorio (anzi in alcuni casi è necessario de-infrastrutturare o utilizzare in modo diverso le infrastrutture esistenti) è necessario avere una visione strategica di contenimento della mobilità privata e di sviluppo di una mobilità sostenibile. In questo senso Reggio è avvantaggiata, le grandi infrastrutture sono pronte e la fermata Mediopadana operativa, ora tutti i fondi e tutti gli sforzi devono essere incentrati sulla città. Idiosincrasie pianificatorie Pianificare la mobilità in Italia, sia per gli addetti ai lavori che per gli amministratori non è un mestiere facile. Esiste il problema politico. La gestione del traffico e della circolazione richiede scelte difficili e impopolari, soprattutto se si intende attuare una politica di restrizione della mobilità privata. È la classica tecnica del bastone e della carota, ma purtroppo il bastone è molto difficile da attuare: scelte impopolari, quale la chiusura di determinate strade, la priorità al trasporto pubblico, la tariffazione della sosta, sono difficili da portare avanti dagli amministratori, soprattutto in realtà di piccole dimensioni. Il caso dell’introduzione dell’Area C a Milano è l’esempio di un evento congiunturale straordinario (plebiscito popolare del Referendum cittadino legato ai referendum nazionali) che ha portato a risultati altrettanto straordinari (60.000 spostamenti giorno in ingresso al centro dell’area C sono letteralmente scomparsi senza http://quadernobianco.wordpress.com/

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aggravare la situazione al contorno). Esiste un problema gestionale La privatizzazione dei gestori di sistemi di mobilità (TPL, parcheggi) e la suddivisione degli enti (Regioni, provincie e comuni) rende molto difficile, se non impossibile, avere una visione pianificatoria di lungo periodo. Risulta chiaro dall’intervista con l’ex assessore che un grande limite delle scelte pianificatorie effettuate è la mancanza di interazione con i diversi sistemi. Si punta sul potenziamento del sistema ferroviario, ma non si ha alcun controllo su di esso. Quale può essere allora la chiave, la visione della città che ci permette di trovare un'azione concreta e univoca? Forse iniziare a delineare le importanti differenze esistenti fra i politici e i tecnici: la politica non deve pensare solamente al mero mantenimento del consenso elettorale (come purtroppo accaduto troppo spesso nel recente passato), ma deve esser capace di coniugare una visione più lungimirante, focalizzata sul raggiungimento del bene comune, evitando al tempo stesso di colonizzare le posizioni dirigenziali di Enti che dovrebbero esser lasciate in mano, queste sì, ai tecnici.

"MOBILITÀ" COME DISCIPLINA - QUESTIONI DI TRAFFICO? Spesso l’assessorato alla Mobilità viene visto come il settore tecnico della gestione del territorio. Fino agli anni ’90 Reggio non aveva un assessorato dedicato a questo ambito e la redazione dei PUM (Piani Urbani della Mobilità) ha sempre messo fra i propri obiettivi 3 principali punti:  L’inquinamento  L’efficienza http://quadernobianco.wordpress.com/

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 La sicurezza Ma i tempi e le dinamiche del mondo contemporaneo esigono un approccio differente alla materia, che coinvolga le persone, che la renda una “disciplina sociale”. Lavorare sulle città di oggi implica avere a che fare con realtà sempre più complesse, che non supportano più gli strumenti pianificatori ormai obsoleti utilizzati fino a oggi. "Responsive City” Occorre rendersi conto che la città non è più un sistema statico a cui se ne sovrappone uno dinamico nel momento in cui si va ad investigare la mobilità...si tratta di un unico organismo vivo, in continua evoluzione, gravitante attorno al cittadino e ai suoi servizi: una città che risponde alle necessità di chi la vive. "Scelte" L'offerta fra i diversi sistemi di mobilità deve essere paritaria (tutti devono avere la possibilità di scegliere). Come spostarsi deve diventare una scelta consapevole e non forzata, e questo deve voler dire superare la classica dicotomia trasporto pubblico/automobile in favore dei mezzi alternativi. E una città di piccole dimensioni, caratterizzata da una ampia diffusione sul territorio, si presta sicuramente a ospitare un sistema flessibile di questo tipo. La pianificazione dei trasporti di un tempo si è sempre basata "sull'ora di punta" (pensiamo all'idea della fabbrica, degli orari di lavoro molto più standardizzati, che generavano flussi compatti e prevedibili). Oggi la vita, i suoi ritmi e i suoi orari sono notevolmente cambiati e l'ora di punta si è allargata, spalmandosi sulla giornata lavorativa e non solo: la necessità di spostarsi è cambiata, ci si sposta di più e in http://quadernobianco.wordpress.com/

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modo meno sistematico. Questo comporta la necessità di investire in un sistema flessibile. Come si può pianificare e creare un sistema del genere oggi, in piena crisi e con pochi investimenti a disposizione? L'idea che viene, leggendo i fenomeni attuali legati ai trend e alle scelte dei cittadini, è quella che sia necessario il "coinvolgimento sociale" nelle scelte delle amministrazioni. Veicolare le scelte che apparentemente vengono dal basso, dovrebbe essere uno dei primi obiettivi della pianificazione. Pensiamo al fenomeno delle biciclette a scatto fisso: non è altro che una moda, che ha riportato la bicicletta al centro della scena della mobilità di oggi, nelle città. La bici è di nuovo un mezzo che piace, fa tendenza, viene "scelta" dagli utenti, preferita alle auto in molte situazioni. Questo è un segnale importante e delinea la figura di un utente molto attento e attivo, "connesso", proprio come la città che si cerca di creare oggi quando si parla di "Smart city". Andando ad analizzare il tessuto sociale che compone l’organismocittà, scopriremo come la crisi e il cambiamento degli stili di vita vadano a modificare anche le categorie con cui si è sempre fatto i conti in passato. In sociologia ad esempio, per le grandi città, si era arrivati a definire le “Car-deprivate communities”, ovvero tutto quel substrato sociale che non aveva accesso all’automobile (per questioni economiche) e spesso nemmeno a un utilizzo pratico dei mezzi pubblici poiché residente in aree periferiche non sempre connesse efficientemente con il resto dell’urbanizzato. Oggi vediamo un lento ritorno a questa situazione, sia per via del costo delle automobili sia per l’abbassamento progressivo del reddito medio. Ma nella città contemporanea questo può diventare un fattore positivo, nonché una scelta anziché una necessità. In un http://quadernobianco.wordpress.com/

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sistema che non ruota più attorno all’automobile, non avere la macchina può essere una scelta consapevole e conveniente, poiché esistono alternative valide ed efficienti. Per puntare alla realizzazione di una visione di questo tipo occorre indubbiamente dare incentivi in questa direzione, verso una mobilità diversa e per la sensibilizzazione dei cittadini; coadiuvati da una campagna di disincentivazione invece dell’uso dell’automobile, o meglio, della concezione dell’automobile come unico mezzo possibile. A Reggio è già stato fatto molto per quanto riguarda le reti ciclopedonali che collegano il centro con la periferia, permettendo alla nostra città di divenire un fiore all'occhiello a livello nazionale. Quello che può essere tuttavia ancora migliorato è la sicurezza degli attraversamenti, delle piste ciclabili e delle fermate dei mezzi pubblici. I fatti di cronaca purtroppo ci obbligano a una riflessione sul mondo del pendolarismo studentesco e sull’infrastruttura che lo sostiene.

TRASPORTO PUBBLICO - DOVE MANCA L'AUTHORITY. La gestione del Trasporto Pubblico coinvolge enti differenti, e sempre da enti differenti vengono redatti i diversi piani di riferimento. Un esempio: il Trasporto Pubblico Locale (urbano) fa riferimento al PUM e viene gestito dal Comune mediante l’Agenzia della Mobilità di Reggio; il Trasporto Pubblico extraurbano invece è sempre gestito dall’Agenzia ma fa riferimento al Piano di Bacino (non esiste un Piano specifico extraurbano), redatto dalla Provincia. Per quanto riguarda invece le linee del ferro del TPL, vengono http://quadernobianco.wordpress.com/

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gestite tutte dalla Regione. La centralità amministrativa di questo sistema genera non pochi problemi, legati soprattutto al fatto che Bologna, essendo lo snodo principale di Italia, catalizza l’attenzione e gli sforzi in questo settore. Queste anche le problematiche dietro ai ritardi al momento dell’inaugurazione della stazione Mediopadana: i collegamenti su ferro previsti dalla Stazione FS alla nuova fermata non erano e non sono ancora pronti e sono stati rimpiazzati da un servizio navetta sperimentale, e la deviazione del percorso della linea 5 del TPL di Reggio. Il problema del TPL a Reggio risiede principalmente nella difficoltà di pianificare una rete efficiente su un territorio diffuso e a bassa densità. Quello che viene chiesto al TPL oggi è di fatto di “inseguire la domanda presunta”. Attualmente la gestione è affidata a Seta, che gestisce anche Piacenza e Modena (la prossima gara d’appalto per Reggio sarà nel 2014). A Parma c’è TEP (ma la gara è in questo periodo); a Ferrara e Bologna c’è TPER(ATC+Servizi di Fer, cioè gomma e ferro assieme). In Romagna invece c’è Start. L’autonomia delle società/aziende private che gestiscono il servizio consiste nella mancanza di un passaggio intermedio fra loro e l’ente pubblico, ovvero l’Authority di controllo, che ha sempre esercitato un ruolo di mediazione e, appunto, controllo, che permetteva all’ente pubblico di esercitare attivamente il proprio potere decisionale, anziché, come avviene ora, sobbarcarsi unicamente le responsabilità e metterci la propria immagine. Le richieste che la Pubblica Amministrazione NON deve fare al TPL se tiene al suo buon funzionamento sono:  no deficit  no scioperi degli autisti http://quadernobianco.wordpress.com/

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risposte positive ai comitati locali (deviazioni linee, aggiunte di fermate ecc…) poiché si tratterebbe di richieste che mirano alla quiete delle coscienza ma non necessariamente all’efficienza del sistema. E, come intuibile, si tratta di politiche riconducibili più facilmente a una gestione aziendale privata che a un servizio pubblico. Ad oggi il TPL reggiano (urbano) su gomma copre 5 mln di km all’anno, con una flotta di 9 linee di autobus e 3 di minibus. Costa 10 mln di euro di cui solamente 2 vengono dai biglietti (l’ideale sarebbe raggiungere almeno il 30% di copertura con la tariffazione), 1,5-2 vengono dal Comune e il 60-70% arriva dalla Regione. Le linee più costose sono le più frequenti e le più lunghe. Dal punto di vista della ramificazione del servizio, la rete predisposta è già rilevante, raggiungendo tutti i comuni della provincia e fornendo servizio in molte frazioni. L’aspetto di maggiore problematicità per l’utente sembra invece essere quello della fruibilità: come già detto, nelle province di Modena, Parma e Reggio Emilia non vi è possibilità di utilizzare un solo titolo di viaggio per muoversi mediante i diversi mezzi di trasporto (su gomma e su ferro). Proprio a tal fine dal 2008 la Regione Emilia – Romagna ha creato lo strumento “Mi Muovo”: un Biglietto unico integrato con tariffazioni omogenee e abbonamenti utilizzabili per fruire dei diversi mezzi esistenti. Mentre nelle province di Bologna e Ferrara esso è attivo in maniera integrata (tariffazione omogenea mediante suddivisione in zone e spostamenti consentiti con un unico biglietto), nelle province di Parma, Reggio Emilia e Modena è stata adeguata solo la tariffazione ’a zone’, peraltro solo all’interno delle singole province senza integrazione tra le stesse. http://quadernobianco.wordpress.com/

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PARCHEGGI - I PIANI DELLA SOSTA: PARCHEGGI SCAMBIATORI, MINIBUS E CAPOLINEA

L'introduzione di una gestione tariffaria della sosta può essere un ostacolo al mantenimento del consenso. Eppure la sua buona gestione è un elemento cardine della pianificazione del Trasporto Pubblico e del processo di miglioramento dell’accessibilità nei centri storici. Reggio ha una delle tariffazioni della sosta più basse della regione. Il piano della sosta prevede un lento aumento delle tariffe e l’estensione della sosta a pagamento alle zone fuori dai viali (come appena fatto dietro Porta Castello-zona Ospedale). I minibus come servizio navetta nei parcheggi scambiatori per ora sembrano funzionare bene perché gratuiti. Questo però potrebbe col tempo andare a discapito del servizio di TPL e della circolazione urbana (esempio di chi vive in zona Canalina: per non parcheggiare in centro l’utente potrebbe prendere la macchina, andare a parcheggiare allo scambiatore più vicino e prendere il minibus, gratis, e non prendere invece l’autobus per non pagare il biglietto). La città è piccola ed è difficile individuare un’area esterna in cui sia plausibile lasciare l’auto. Per adesso, dati i bassi costi della sosta lungo i viali o nei principali parcheggi a raso attorno alla circonvallazione, è difficile non pensare subito all’auto se si deve arrivare in centro storico (salvo casi eccezionali di congestione per eventi particolari-o in orario aperitivo ndr). Per questo stesso motivo non sta avendo molto successo la prova con tariffazione decisamente più alta presso l’ex caserma Zucchi (l’azienda che ha in gestione il parcheggio è la stessa che gestirà il nuovo parcheggio sotterraneo di Piazza della Vittoria – le cui tariffe si dice saranno molto alte). http://quadernobianco.wordpress.com/

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DENSITÀ E MOBILITÀ - SPOSTARSI AI TEMPI DELLO SPRAWL Come per la mobilità, anche nell’ambito della pianificazione del territorio occorre smettere di incentivare gli interventi sull’infrastruttura pesante e privilegiare e incentivare provvedimenti differenti, innanzitutto determinando chiare linee di crescita da perseguire. Gli esempi che possiamo fare sono principalmente due: il caso di una città già densa, come può essere Milano, in cui il mercato immobiliare è bloccato a standard molto alti, propri ormai di un periodo differente, con li conseguente e progressivo allontanamento dei nuclei familiari dal centro verso i comuni limitrofi dai costi più bassi. Questo non fa che abbassare la qualità delle residenze del centro, sdoganando affitti alti per immobili di poco pregio su cui non viene fatta manutenzione, e peggiorare la situazione degli spostamenti casa-lavoro, creando ulteriore congestione di traffico e bypassando il servizio della rete di trasporto pubblico comunale. Oppure il caso di una città diffusa, come Reggio, in cui è difficile creare connessioni a causa della dispersione del costruito e dei servizi. Nel primo caso gli incentivi devono essere volti a riattivare la vita in centro, con affitti/mutui agevolati e iniziative di finanziamento per il recupero dei vuoti urbani e degli immobili obsoleti. Nel secondo, dove possibile, occorre densificare e creare centralità, per riconfigurare una maglia urbana che lavori secondo un sistema policentrico anziché di dispersione. http://quadernobianco.wordpress.com/

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Nel creare nuove centralità occorre anche non dimenticare il centro primario, quello storico. Obiettivo della futura amministrazione deve essere il proseguimento della riqualificazione del centro storico al fine di garantire una maggiore omogeneità del quartiere; questo avrebbe conseguenze anche sulla fruibilità dell’intera area, gli spazi aperti del centro, naturalmente portati ad essere luogo di socialità, devono sempre più divenire spazi di incontro per giovani e famiglie. In questo scenario non dimentichiamo due problematiche fondamentali:  la mancata fruizione del Parco del Popolo da parte della quasi totalità dei residenti su suolo comunale;  la concentrazione in poche mani della gran parte delle proprietà immobiliari del tessuto storico, con conseguente squilibrio gestionale e mancata manutenzione e svalutazione delle stesse.

LA PIANIFICAZIONE SOSTENIBILE - PROPOSTE PER IL CAMBIAMENTO ALCUNI SPUNTI PER TEMI, PER (RI)PARTIRE CONCRETAMENTE Pianificazione e Politica  CAMPAGNE DI SENSIBILIZZAZIONE - Il cambiamento E' possibile. Occorre lavorare sulla comunicazione e il coinvolgimento (convincimento?) dei cittadini sul significato di BENE COMUNE per la crescita delle città. Una Smart City non è solamente la città tecnologica, è la città a misura di uomo, donna, bambino e anziano; è la città dei servizi e della possibilità di scelta, sia sulla tipologia di vita che sui mezzi di spostamento.  CONTINUITA' DI OBIETTIVI - Svincolamento dagli obiettivi http://quadernobianco.wordpress.com/

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politici in favore di obiettivi comuni,per garantire la continuità di operato fra le diverse amministrazioni. Mobilità  SICUREZZA: nonostante lo scenario dell'accessibilità ciclopedonale sia tutt'altro che tragico, occorre focalizzare l'attenzione sulla sicurezza degli attraversamenti pedonali, delle ciclovie e delle fermate e dei capolinea dei mezzi pubblici, permettendo scambi fluidi e sicuri per ogni tipo di utente. Trasporto Pubblico  STUDIO DI SISTEMI DI GESTIONE ALTERNATIVI E COMPETITIVI che, mediante l'integrazione di servizi, garantiscano equilibrio fra un TPL assistenziale e un sistema che genera reddito.  COORDINAMENTO GESTIONALE E AMMINISTRATIVO all'interno delle aziende del gruppo di trasporto locale, per ottenere univocità nei titoli di viaggio e potenziamento della rete (e piena realizzazione del progetto MiMuovo anche per le province di Reggio Parma e Modena).  RIATTIVAZIONE E POTENZIAMENTO DELLE RETI FERROVIARIE LOCALI per integrarle all'interno dell'attuale sistema.  POTENZIAMENTO DELLE CONNESSIONI FRA STAZIONE CENTRALE E STAZIONE AV, in forte e necessario coordinamento con il TPL.  STUDIO MIRATO DI FATTIBILITA' per la creazione di sedi separate per le corsie dei mezzi pubblici.  STUDIO DI FATTIBILITA' per un servizio di bus navette On-

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Demand per determinate aree decentrate,. Parcheggi e piani della sosta  PIANO DELLA SOSTA: sviluppo di un piano della sosta in stretto coordinamento con il miglioramento della rete di TPL, incentivando i parcheggi scambiatori  STUDIO DI UN SISTEMA di “DEMAND-RESPONSIVE PARKING” che possa gestire in modo intelligente la domanda e l'offerta della sosta in città (in allegato l'esempio di San Francisco Parking http://sfpark.org/ *). Densità e mobilità  DENSIFICAZIONE DELLE AREE SATURABILI (esempio AREA NORD) per la creazione di un tessuto sempre più urbano e meno suburbano (con conseguente dispersione dei servizi rispetto alla residenze) e successiva e fondamentale campagna di preservazione delle aree di interesse naturalistico, e loro integrazione nel tessuto urbano.  CREAZIONE DI UNA CAMPAGNA EFFICACE PER IL RECUPERO DEL CENTRO STORICO: incentivi per le ristrutturazioni, promulgazione di specifiche norme per l'affitto degli immobili e conseguenti sanzioni per i proprietari dei beni la cui gestione verrà considerata “inadeguata” allo standard e /o non conforme alle suddette norme (per combattere il fenomeno degli affitti incontrollati in centro in condizioni precarie e pericolose per gli affittuari in cambio di rate mensili al ribasso). Incentivi per gli affitti.

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RIFERIMENTI E APPROFONDIMENTI Area Reggiana Sul parcheggio interrato e sulla risistemazione della Zucchi: http://www.municipio.re.it/retecivica/urp/retecivi.nsf/PESDocumen tID/5F14A18D6B1F5B00C125798C003D8742?opendocument&FRO M=29sttmbrGrntdllmbltnnvtv I parcheggi scambiatori attualmente esistenti: http://www.reggioparcheggi.it/index.php?option=com_content&vie w=article&id=54&Itemid=53 BUONE PRATICHE “Amburgo ha deciso di liberarsi dalle automobili. Nel giro di 20 anni l'amministrazione della seconda città di Germania vuole costruire una rete di strade per pedoni e ciclisti. “ http://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/amburgo-senza-auto “Il modo migliore per convincere la gente a non usare la macchina è ridurre i parcheggi: a Groninga (nel nord dei Paesi Bassi, 190mila abitanti) il 50 per cento degli spostamenti in città avviene in bicicletta. “ http://www.internazionale.it/superblog/la-stanza-deigrafici/2014/01/14/il-modo-migliore-per-spingere-le-persone-anon-usare-la-macchina-e-ridurre-i-parcheggi/ Parigi ha chiuso un'itera arteria di traffico sul lungo Senna per farlo diventare un parco lineare, un parco giochi, una spiaggia, una distesa all'aperto... http://quadernobianco.wordpress.com/

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http://lesberges.paris.fr/en/ *San Francisco Parking (SF Park) un sistema demand-responsive per gestire la sosta in reale coordinamento con la domanda. http://sfpark.org/

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“Come senators, congressmen Please heed the call Don't stand in the doorway Don't block up the hall For he that gets hurt Will be he who has stalled There’s a battle outside And it is ragin'. It'll soon shake your windows And rattle your walls” (B. Dylan)

I TEMPI STANNO CAMBIANDO Negli ultimi vent’anni Reggio Emilia ha vissuto un cambiamento strutturale e irreversibile dell’assetto demografico e sociale che ha contribuito all’indebolimento della coesione sociale, aggravatosi, in anni più recenti, dalla crisi economica. Reggio Emilia, lungo tutto il “secolo breve”, ha potuto contare su forti identità collettive capaci di veicolare sistemi valoriali e visioni del mondo per lo più stabili e coerenti, connotate da una radicata cultura della solidarietà e della partecipazione civica; inoltre la forza di un tessuto produttivo in grado di generare “piena occupazione”, affiancata ad un sistema di servizi diffuso ed efficiente, ha consentito di far fronte al meglio a circoscritte forme di disagio. Oggi ci troviamo davanti ad un quadro ben più complesso dalla cornice instabile. L’economia attraversa un periodo di forte difficoltà anche nella nostra provincia: aziende che chiudono, cassa integrazione e forti cali nei tassi di occupazione (il tasso di disoccupazione è aumentato dall’1,9% del 2007 al 4,8% del 2011, il 23% della forza lavoro si trova in cassa integrazione). Si assiste inoltre ad un impoverimento generale delle famiglie: nonostante http://quadernobianco.wordpress.com/

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l’Emilia Romagna sia tra le Regioni con la percentuale più bassa di povertà relativa, la percentuale di famiglie che si trovano in condizioni di deprivazione è aumentata dal 9,4% (2007) al 13,2% (2011). La Caritas regionale ha calcolato che nella Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla sono presenti circa 31.342 poveri assoluti.1 Dal punto di vista sociale si registra un quadro demografico vario e complesso: la popolazione invecchia e parallelamente aumentano gli anziani soli e i non autosufficienti; l’immigrazione ha contribuito all’aumento della popolazione ponendo nuove sfide di convivenza e di contaminazione tra modelli culturali e comportamentali, innescando al contempo (spesso suo malgrado) preoccupanti esasperazioni legate ad una sempre crescente percezione di insicurezza. I nuclei familiari sono diventati più piccoli e frammentati, generando nuove fragilità sia nella stabilità economica che relazionale e si vanno via via impoverendo i rapporti di buon vicinato. I centri di aggregazione classici (centri sociali, parrocchie, sezioni di partito, ecc.) coinvolgono fette sempre minori di popolazione e, contemporaneamente, non suscitano l’interesse dei nuovi cittadini, siano essi giovani o stranieri. I disagi entrano anche nella vita di famiglie e di gruppi che si pensavano immuni e protetti: sono nuove vulnerabilità, difficili da esprimere, da riconoscere e da trattare. Sono collegate a diversi fenomeni spesso interconnessi: insicurezze lavorative, incapacità di far fronte a pesanti compiti educativi ed assistenziali (come la non autosufficienza), emersione di nuove patologie croniche, fisiche e mentali. Tutti questi fattori concorrono alla lacerazione delle reti informali di sostegno e supporto nelle difficoltà, lasciando gli 1

La misura di povertà assoluta è identificata dal valore di un paniere di beni e servizi ritenuti essenziali nel contesto sociale di riferimento. La composizione e il valore del paniere mutano ovviamente nel tempo, ma non in ragione della variazione del reddito medio nazionale, quanto piuttosto della variazioni dei prezzi, delle preferenze individuali e sociali e della struttura socio-demografica. (da “Quelli sospesi – quarto dossier povertà dell’Emilia Romagna”. Caritas 2013)

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individui senza strumenti per affrontare le situazioni di disagio. I servizi – e più in generale il sistema pubblico di Welfare – si trovano quindi ad essere il “parafulmine” per tutti questi nuovi ed eterogenei bisogni, risultando sempre più inadeguati ed in affanno, sia per scarsità di risorse (umane ed economiche) sia perché ingabbiati in una struttura troppo rigida, figlia di una mentalità ormai superata. Il carico di lavoro che grava sulle spalle dei pochi operatori è tale da rendere faticosa la risposta anche alle situazione di maggior urgenza e disagio, rendendo ordinaria l’emergenza (“emergenza freddo”, “emergenza profughi”, “emergenza carceri”, “emergenza bullismo”, ecc…) e di fatto impossibile realizzare azioni fondamentali come la prevenzione e la presa in carico delle situazioni non ancora del tutto compromesse. Lungi dall’essere un esame esaustivo del sistema del Welfare della nostra Provincia, questo capitolo intende problematizzare alcuni nodi a nostro avviso centrali, cercando di indicare alcune possibili strade di innovazione tanto nelle politiche e nei modelli di riferimento, quanto nelle potenzialità espresse da buone pratiche già avviate.

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C’ERA UNA VOLTA IL WELFARE Nella loro lunga storia di formazione e consolidamento gli Stati si sono fatti garanti di un processo di espansione dei diritti di cittadinanza: a partire dal riconoscimento dei diritti civili e politici tale processo ha condotto, con la nascita dei moderni Welfare State a seguito del deflagrare della “questione sociale” ottocentesca, ad una acquisizione ed espansione diversificata di specifici diritti sociali. Questi ultimi mirano all’eguaglianza delle opportunità tra i cittadini, affinché ciascuno possa mettere a frutto i propri talenti. Non solo, quindi, una giustizia commutativa, ma anche una giustizia distributiva, o «come equità», per dirla alla John Rawls, che garantisca l’accesso ai beni sociali primari. A fondamento dei diritti sociali si pone il concetto di giustizia sociale che, all’interno della discussione pubblica, riflette sulle ineguaglianze presenti tra gli uomini e sui modi per porvi rimedio. I diritti sociali di cittadinanza garantiti dai moderni Welfare State sono stati conquiste importanti e non possono essere messi in causa. Ma il rallentamento (prima) e la contrazione (poi) dei tassi di crescita associati all’enorme peso del debito pubblico, ne mettono a rischio non solo l’ulteriore auspicabile espansione, ma il loro stesso mantenimento. Appare con un’evidenza sempre più forte come il Welfare State “classico” non solo non riesca a sostituirsi alle reti di solidarietà e alla capacità auto-organizzativa della società civile, ma ne abbia sempre più bisogno. Occorre quindi superare da un lato l’assistenzialismo statalista ed evitare, dall’altro, l’iniquità del mercato puro. Servono nuove linee: un Welfare relazionale (Folgheraiter, 2011) o un Welfare mix (Fazzi, 2010), un Welfare in cui lo Stato, accanto alla garanzia dell’equità, http://quadernobianco.wordpress.com/

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svolga un ruolo di valorizzazione, attivazione, guida e coordinamento delle risorse sociali. Lo Stato, nel suo agire, non può prescindere dai «mondi vitali» (Ardigò, 1980), ma deve interagire con essi, senza colonizzarli o soffocarli, rivedendo costantemente i propri strumenti per interpretare le esigenze ed integrare le risorse che questi portano. In questo senso, e nonostante i limiti e le incongruenze da più autori sottolineati, sia la legge 328/2000 di riforma dell’assistenza che la modifica del Titolo V della Costituzione (2001), hanno tracciato un’evoluzione positiva per il nostro sistema di Welfare. A livello europeo, in tema di Welfare e coesione sociale, la strategia di Lisbona aveva già indicato, nella governance multilivello e nel parternariato economico e sociale, due importanti linee guida e la piattaforma europea contro la povertà e l’emarginazione (una delle sette iniziative prioritarie di Europa 2020) ha nella collaborazione con la società civile uno dei suoi principali ambiti di intervento. Nelle pagine che seguono vedremo due possibili direzioni di lavoro, nelle quali le pubbliche amministrazioni potrebbero portare elementi di innovazione: la prima è la direzione “verso l’esterno”, che guarda al rapporto con i cittadini e con altri attori della società; la seconda è la direzione “verso l’interno”, che guarda cioè all’organizzazione e al funzionamento della pubblica amministrazione stessa.

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PRIMA PARTE WELFARE APERTO E COMUNITÀ RESPONSABILE La Pubblica Amministrazione, oggi, non potendo più essere l’unico erogatore diretto di prestazioni, assume un ruolo centrale nella valorizzazione, nella guida e nel coordinamento di tutti gli attori che sul territorio operano per il raggiungimento del benessere nella società. È necessaria una consapevolezza diffusa di questo nuovo ruolo di cui sono portatori non solo i “vertici” tecno-politici, ma anche gli operatori in prima linea. Dalla cittadinanza attiva all’attivazione di cittadinanza Le campagne degli ultimi anni promosse nel Comune capoluogo (“I reggiani e le reggiane per esempio”, “Anche tu per esempio”) hanno mostrato una comunità che sa promuovere ed essere grata a chi opera, senza interessi, per il bene comune. Ma i rischi e limiti di interventi di questo tipo sono tanti. Il più serio è quello per il quale le inefficienze amministrative o, peggio, le inerzie politiche debbano essere coperte dal “lavoro” dei volontari, snaturandone il ruolo. Inoltre è importante non ridurre il tema della cittadinanza a qualche, ancorché benemerita, ora dedicata agli altri. È pur vero che di fronte ad un senso di cittadinanza indebolito e in assenza di agenzie sociali “forti”, la pubblica amministrazione può (forse deve?) esercitare un ruolo di promozione, formazione e attivazione. Anche i servizi possono lavorare affinché ciascuno si senta con-cittadino, parte integrante del proprio ambiente di vita. È così possibile che si verifichi un ritorno di fiducia e solidarietà nel territorio, e che ciascuno sia corresponsabilizzato a prendersi cura delle relazioni che lo abitano e degli spazi... I Servizi devono prima di http://quadernobianco.wordpress.com/

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tutto saper accogliere e comprendere. Così possono scoprire risorse che, una volta attivate e messe in rete, diventano il motore di azioni capaci di far fronte ai problemi in modo più efficiente ed efficace. Si configura così un diverso rapporto tra cittadini e Servizi in cui ci si attiva reciprocamente per il bene comune. Si pensi, ad esempio, a come migliorerebbe l’appropriatezza di interventi che nascono, in modo strutturale e non occasionale, dalla conoscenza portata da chi un territorio lo abita e lo vive; questa “informalità responsabile” non può però nascere casualmente: deve essere formata, valorizzata e accompagnata nel tempo. Si configura un Servizio diverso in cui la territorialità non si realizza solo attraverso i Poli sociali, che rimangono un riferimento necessario, ma attraverso una presenza pianificata, flessibile, dinamica e il più possibile prossima alla gente. Questo ripensamento della territorialità dei servizi consentirebbe, ad esempio, la presa in carico di uno dei bisogni più in crescita e meno visibile: l’impoverimento delle famiglie. La crisi ha colpito un numero sempre crescente di famiglie che improvvisamente si sono ritrovate in condizioni d’indigenza tali da non riuscire più a provvedere autonomamente al proprio sostentamento. Questa repentina caduta verso livelli più bassi all’interno della scala sociale genera in loro un forte senso di vergogna che impedisce di manifestare la propria sofferenza e il conseguente bisogno di aiuto. È un compito dei servizi individuare modalità nuove che permettano a queste situazioni di emergere in modo che gli operatori possano conoscerle. Creare occasioni che non siano svalutanti ne discriminanti può aiutare queste famiglie a lasciarsi guidare e sostenere nel fronteggiamento dei propri disagi. Diritti e doveri Un altro principio a cui i servizi devono prestare nuova attenzione è http://quadernobianco.wordpress.com/

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quello della reciprocità. L’etica della reciprocità, o regola d’oro per la filosofia dell’Antica Grecia, è un valore morale fondamentale che “si riferisce all’equilibrio di un sistema interattivo tale che ciascuna parte ha diritti e doveri; la norma secondaria della complementarietà afferma che i diritti di ciascuno sono un dovere per l’altro” (Bornstein, 2002). Principio altrettanto chiaramente espresso nella nostra carta costituzionale agli artt. 2 e 4. Il Welfare, nato per assicurare ai cittadini l’assistenza, quali doveri ha mai richiesto? Innanzitutto lo Stato si è da sempre sostenuto grazie al contributo dei cittadini fornito attraverso la fiscalità generale; e questo è senz’altro un impegno tramite il quale la società civile partecipa al Welfare. Quello che potrebbe essere incentivato è il contributo concreto fatto di azioni e relazioni dirette all’interno di un sistema che genera servizi e “beni relazionali”. Un sistema assistenzialistico non crea i presupposti perché possano venirsi a creare scambi equilibrati e potenzianti le relazioni all’interno della società. Solo se il cittadino è inizialmente invitato a dare il proprio contributo potrà con il tempo generarsi un senso di responsabilità sociale diffuso. L’operatore che lavora in questa direzione contribuisce alla costruzione di una società intesa nel suo antico e profondo significato, ovvero quell’insieme di individui che condividono comportamenti e relazioni congiunte in vista di obiettivi comuni. Il coinvolgimento dei cittadini in forme di azione solidale, specialmente se avviene in ambiti associativi, può essere colto in questa prospettiva come una fonte di capitale sociale, la cui vitalità va attivamente salvaguardata e promossa: certo non l’unica, certo inidonea a fronteggiare le incertezze dell’economia globalizzata, e tuttavia preziosa. Se è vero che una società locale innervata da un rigoglioso reticolo associativo e solidaristico ha più probabilità di http://quadernobianco.wordpress.com/

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mantenere un buon grado di coesione sociale, allora dovrebbe preoccuparsi di incrementare le cellule di base di questo tessuto, rappresentate non esclusivamente, ma in misura cospicua, dalle diverse forme di azione solidale (Ambrosini, 2005). “In una situazione di risorse economiche scarse come quella attuale, si rende necessario ciò che è sempre stato umanamente auspicabile: restituire la responsabilità del fronteggiare il disagio nella comunità in cui questo si è originato. Risulta utile, pertanto, promuovere l'auto-mutuo-aiuto, secondo i due principi: «Io ti aiuto ad aiutarti» e «Se ogni piccolo uomo nel suo piccolo mondo fa una piccola cosa, il mondo cambia». Sono evidenti le conseguenze di questi principi per la politica: lo stato sociale va ripensato, non soltanto perché ci sono meno soldi, ma parchè la crisi economica è un'occasione per ricuperare il valore di una responsabilità condivisa, per dire la verità ai cittadini, senza illuderli con la falsa promessa, che il potere è in grado di risolvere tutti i loro problemi, ma convincendoli che solo con il contributo di tutti possiamo dare a ciascuno, e soprattutto alle nuove generazioni, il necessario; che tutti hanno una responsabilità «pubblica», che cioè debbono pensare in termini di bene comune” (Dossetti jr., 2010). Metodo cooperativo: per un nuovo lavoro di rete I Servizi oggi si trovano inseriti in società che hanno visto al proprio interno il sorgere di enti del privato sociale che non solo sono diventati attori fondamentali nell’erogazione di beni e servizi, ma che sono anche in alcuni casi promotori di una cultura della solidarietà e dei diritti. Il principio di sussidiarietà espresso dall’art. 118 della nostra costituzione, e l’importanza acquisita nel tempo da questi soggetti fa sì che non possano essere esclusi dalla rete dei http://quadernobianco.wordpress.com/

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servizi, anche a seguito del valore aggiunto da essi portato in sede di progettazione sociale. Tutto questo deve avvenire in una logica nuova, diversa sia dallo scambio Stato – cittadino che dallo scambio di mercato; una logica cooperativa che sappia valorizzare il contributo di ciascuno in base alla competenza e non all’appartenenza; una logica capace di promuovere l’innovazione e la sostenibilità eliminando sprechi, prebende e clientele; una logica che premia chi partecipa perché portatore di un reale contributo (innovativo, solidale e sostenibile) e non perché “ha sempre partecipato”. Questo chiede una maturazione anche del sistema del Terzo Settore. Le Imprese Sociali (siano esse cooperative, srl, associazioni o fondazioni) devono liberarsi dalla sudditanza (psicologica ed economica) dal Sistema Pubblico, recuperando una reale capacità imprenditoriale così da essere interlocutori alla pari sul piano della dignità. In questo l’azione della Pubblica Amministrazione ha diversi strumenti per favorire un processo, per molti aspetti già iniziato a causa della crisi, di selezione delle realtà che sul territorio sono in grado di dare queste garanzie. Parimenti le associazioni di volontariato e le realtà “caritative” (confessionali e no) devono operare per un sempre miglior coordinamento, curandosi di una costante manutenzione della loro “mission”, facendo in modo che il grande valore aggiunto della loro presenza, la gratuità, non venga strumentalizzato per abbattere i costi della spesa sociale.

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SECONDA PARTE PARTECIPAZIONE, TRASPARENZA E VALUTAZIONE: APPUNTI PER UNA RIFORMA Alla luce di quanto esposto finora appare chiaro come l’organizzazione interna dei Servizi debba adeguarsi ai cambiamenti in atto. Verrà chiesta sempre maggior personalizzazione e flessibilità: si pensi alla molteplicità di fattori che verranno attivati dal crescente ricorso alla domiciliarità sia in ambito sanitario che in ambito socio-educativo. Abbiamo scelto alcune parole chiave intorno alle quali ipotizzare nuove forme organizzative: partecipazione, trasparenza e valutazione. Innanzitutto la Politica Può apparire audace rilanciare, di questi tempi, un ruolo centrale della politica. Ma riteniamo che, ritrovata la necessaria sobrietà e depurata delle troppe scorie che in questi anni l’hanno afflitta, l’azione politica sia il punto di partenza per una riorganizzazione della Pubblica Amministrazione e per un ambito così delicato come il Welfare: occorre, a nostro avviso, che le politiche di Welfare si colleghino e si inquadrino nella politica generale della città. È compito della politica amministrare e orientare, secondo il proprio progetto di città, le risorse, i diversi attori ed interventi secondo una logica cooperativa. L’urbanistica e la pianificazione territoriale, ad esempio, non possono non dialogare con le politiche di Welfare, ed ancor più un’integrazione è necessaria laddove riguardi la salute ed il benessere dei cittadini. Quella che oggi va sotto il nome di “integrazione socio-sanitaria” necessita di un salto di qualità: questo presuppone un ruolo più incisivo degli amministratori locali, il ripensamento delle forme di governance e una gestione più http://quadernobianco.wordpress.com/

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integrata delle risorse. Partecipazione Le innovazioni di cui abbiamo bisogno hanno la necessità di essere alimentate da quel capitale rappresentato dalle conoscenze e capacità presenti nelle persone con professionalità, come nelle persone che vivono esperienze familiari, personali o associative, come nei componenti tutti di una comunità. Agli strumenti di pianificazione del Welfare secondo noi occorre, perciò, dare una più forte valenza di coinvolgimento sociale, culturale e partecipativo. Il Piano Sociale di Zona è stato, per il nostro territorio, un valido strumento organizzativo con riferimento alle politiche del Welfare locale. Esso, tuttavia, ha avuto in tempi recenti “la presunzione” di determinare da solo, o con la sola direzione dell'Ente Pubblico, la coesione sociale. Si è puntato talvolta tanto su questo strumento forse pensando che lì fosse rappresentata l’intera società dei soggetti attori? I tavoli di zona rischiano di essere un mezzo poco adatto ai tempi che viviamo, poiché in essi da troppo tempo sono presenti le stesse rappresentanze e da essi non provengono idee di svolta per il futuro del nostro Welfare. La gestione del Piano di Zona, per quanto risulti funzionalmente definita, non è sempre riuscita a comunicare pienamente ed a fornire le risposte adeguate ai bisogni sociali accentuati dalla crisi. Talvolta in essi si assiste forse ad un coinvolgimento a parole e non nei fatti, poiché le cose sono stabilite a monte. Percorsi verso la partecipazione e la comunità sono stati fatti, ma vanno perfezionati. Servono quindi: nuove modalità di governance del Piani di Zona; una riflessione sul ruolo dell'ente pubblico (coordinatore? gestore? facilitatore? controllore? ecc.); nuovi strumenti di analisi del http://quadernobianco.wordpress.com/

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territorio; nuove competenze per la gestione dei gruppi. Valutazione Con riferimento all’ultima relazione diffusa dagli Assessorati alle Politiche Sociali in riferimento alle attività realizzate nel relativo ambito con le risorse del Piano di Zona, evidenziamo la necessità di una più ampia condivisione di strumenti, meccanismi, indicatori per la verifica, misurazione e valutazione scientificamente condivisibile dei risultati ottenuti con le risorse impiegate in relazione agli obiettivi specifici ed alla finalità generali. Occorre non fermarsi al solo monitoraggio (raccolta di dati che ormai è divenuta prassi abituale nei servizi e negli interventi), ma utilizzare ciò che da esso emerge per una valutazione efficace. Troppo spesso infatti il monitoraggio viene confuso con la valutazione, ma quest’ultima è una pratica molto diversa: essa non è solamente descrittiva, ma è prescrittiva, è un’interpretazione che indica un giudizio e quindi una direzione da prendere. La valutazione è richiesta sempre di più (in particolare per inserirsi nei canali di finanziamento dell’UE), ma non deve essere vista come una burocratica compilazione di moduli asettici, come una perdita di tempo. Infatti, se usata con professionalità e metodo, costituisce un’occasione di formazione continua da parte dei decisori e degli operatori, un’occasione di aggiornamento costante delle azioni ai cambiamenti societari in atto in modo sempre più veloce. Uno dei tratti distintivi del sistema di governo della rete dei servizi sociali dovrebbe essere la capacità di valutare gli effetti delle proprie scelte di policy, e di renderne conseguentemente conto. Questo dovrebbe essere un elemento caratterizzante non solo per logiche di verifica e controllo “interne”, ma anche per cogliere la necessità di essere innovativi anche sul tema della relazione con i cittadini, http://quadernobianco.wordpress.com/

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adottando quello della trasparenza come principio fondante, e provando a declinarlo operativamente secondo modalità che concorrano a creare e consolidare la fiducia nei confronti del sistema e delle istituzioni. Occorre vedere la valutazione come processo parallelo alla progettazione. Trasparenza Occorre una Pubblica Amministrazione flessibile, che risponda in modo celere ai problemi dei cittadini e non risponda ad un problema con un altro problema. Servirebbe un “protocollo di intesa” innovativo, ovvero tra Amministrazione e cittadini, che preveda risposte in tempi stabiliti e brevi. A livello regionale e comunale esistono varie misure di sostegno al reddito provvisorie, comprese forme embrionali di reddito minimo garantito. Le procedure sono complesse e frammentate, le informazioni scarse: il labirinto del Welfare locale risulta quasi impenetrabile. La soluzione c’è, l’Unione Europea la chiama “onestop shop” e ce la raccomanda da anni. Si tratta di creare una serie di sportelli unici a cui possa rivolgersi chiunque si trovi in difficoltà, con funzionari cortesi ed efficienti che si facciano carico dei problemi dei richiedenti, interagendo direttamente con le varie amministrazioni erogatrici. Gli sportelli unici esistono già in molti paesi UE, in Gran Bretagna il “Benefit adviser” (consigliere per i sussidi) opera addirittura su Internet: con pochi clic si ha un’idea precisa delle prestazioni a cui si ha diritto e si fa direttamente domanda. Post Scriptum Il lavoro è l’ambito per eccellenza di contribuzione al bene comune, http://quadernobianco.wordpress.com/

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di integrazione e inclusione sociale, di realizzazione di sé e di protezione contro la povertà, l’emarginazione, la dipendenza dal Welfare. L’apprendimento che si compie lungo l’arco di tutta la vita, in qualunque contesto esperienziale e secondo modalità diversamente strutturate e istituzionalizzate, viene assunto a pilastro di un nuovo modello di Welfare- anch’esso attivo- teso a promuovere nei cittadini, la capacità di maggior protezione dai rischi sociali, un Welfare che trovi proprio nell’occupazione la migliore forma di tutela individuale e la leva per l’uscita dalla eventuale condizione di bisogno. Formare, riqualificare, aggiornare le competenze, divengono i punti di forza di nuove politiche occupazionali che, intrecciandosi con le politiche sociali, mirano ad almeno due finalità considerate interdipendenti: migliorare l’impiegabilità degli individui e la loro (ri)collocazione dentro un mercato del lavoro incerto, mobile, in continua evoluzione; scongiurare il rischio che essi rimangano intrappolati nell’inattività e nell’assistenzialismo. Frontiere Un rapporto strategico, da potenziare in modo deciso, sarà quello con la scuola e l’Università, sia sul versante della formazione e aggiornamento degli operatori, sia sul versante dell’innovazione e della ricerca. Un’ulteriore frontiera da considerare è quella offerta dalle nuove tecnologie: uno smart-welfare capace di sfruttare il grande potenziale della tecnologia digitale e delle nuove forme di comunicazione, uno spazio questo dentro il quale creare anche nuove possibilità di impresa e di lavoro.

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In ultimo: gli ultimi “Esprimere meglio l’amore della città per i sofferenti e gli esclusi”. Così il gruppo di Giuseppe Dossetti intitolava un passo del suo Libro Bianco per Bologna. Anche a noi preme porre l’accento su quelle persone che vengono, significativamente, categorizzate come marginali. Un sistema di Welfare capace di non marginalizzare la cura per i più dimenticati è garanzia anche per la cura di tutti gli altri. Nomadi, carcerati, donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale non devono essere ridotti a problemi di sicurezza urbana e decoro. Per questo proponiamo l’abolizione, ove presente, degli assessorati alla sicurezza e l’accorpamento delle loro competenze sotto gli assessorati al Welfare che potranno prendere il nome di “Assessorato alla solidarietà e alla convivenza”.

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AUTORI E RINGRAZIAMENTI QUADERNO BIANCO PER REGGIO EMILIA

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CULTURA: Autori: Marco Borciani, Enrico Davolio, Laura Nasi, Damiano Razzoli Advisor: Massimo Gazza Sindaco di Boretto (RE) Fabrizio Montanari Ricercatore in organizzazione aziendale all'università di Modena e Reggio Emilia; Presidente AterBalletto. Angelo Varni Professore ordinario di storia contemporanea all'università di Bologna; Presidente IBC Regione Emilia Romagna LAVORO: Autori: Alessandro Agazzi, Beatrice Bolsi, Tommaso Cagnolati, Matteo Fornaciari, Nicola Giacchè, Aziz Sadid Advisor: Guido Caselli Direttore Ufficio Studi Unioncamere Emilia Romagna Graziano Grasselli Amministratore Delegato Grasselli s.p.a.; Ex Assessore all’Innovazione e allo Sviluppo Economico, Comune di Reggio Emilia http://quadernobianco.wordpress.com/

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PIANIFICAZIONE TERRITORIALE: Autori: Andrea Benassi, Carlotta Bonvicini, Giovanni Cocconcelli, Gabriele Torricelli, Andrea Vaccari, Lanfranco De Franco Advisor: Federico Cassani Senior partner dello studio MIC (Mobility in Chain) di Milano Paolo Gandolfi Ex assessore alla mobilitĂ e parlamentare PD Ugo Baldini Presidente Consorzio CAIRE WELFARE: Autori: Chiara Balocchi, Tommaso Caselli, Letizia Cavalieri, Giulia Iotti, Daniele Marchi, Giulia Notari, Ottavia Soncini Advisor: Mario Cipressi Centro di SolidarietĂ di Reggio Emilia Valentina Ferretti Assistente Sociale del Comune di Reggio Emilia Beniamino Ferroni Consorzio Oscar Romero Giammaria Manghi http://quadernobianco.wordpress.com/

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Sindaco di Poviglio (RE) Gianmarco Marzocchini Direttore CARITAS Diocesana Reggio Emilia Elisabetta Negri Direttore delle attivitĂ socio-sanitarie, AUSL Reggio Emilia Annalisa Rabitti Associazione Giardino del Baobab GRAZIE A: Stefano Lombardi, Luca Braggion, Paolo Meglioli, Margherita Salvioli, Stefano Marzani, Fabrizio Prandi, Enrico Bedogni, Luca Cattani, Stefano Cigarini, Giovanni Colli, Nicola Bigi, Cristiano Delmonte, Dario De Lucia, Don Giordano Goccini, Lorenzo Immovilli, Gianvito Lefemine, Stefano Mori, Lucia Spreafico, Giovanni Teneggi.

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Proverò oggi a dire quelle che secondo me sono le basi di un nuovo pensiero sulla città. 10 anni fa con un gruppo di amici, tra i quali appunto anche Beppe, ci interrogavamo su quale poteva essere una cosa importante per la nostra città, un cambiamento di passo, una capacità innovativa; perché va considerato questo quando si riflette sulla città. La cosa importante è che non bisogna avere paura dell’innovazione, perché l’innovazione è sempre vista come un giudizio sul passato mentre in realtà non lo è, in realtà è semplicemente la capacità che noi dobbiamo mettere in campo per rispondere alle domande del presente. In realtà il cambiamento è una parte strutturale della nostra comunità, la comunità non è ferma. Ad esempio le previsioni demografiche sui fenomeni migratori del 2000 fatte per il nostro territorio erano completamente sbagliate; il nostro territorio può subire accelerazioni o diminuzioni come dire, di prospettiva, assolutamente imprevedibili, in pochissimo tempo. Quindi il cambiamento e l’innovazione, quando è un’innovazione ragionata, sono sempre da vedere come una cosa positiva e persino in certi momenti la demolizione, come dice Schumpeter, può avere degli aspetti di creatività molto forti. Io penso anche possa essere possibile costruire qualcosa di positivo anche dalla critica all’amministrazione uscente. Se si è in grado di criticare in maniera anche forte ma argomentando quello che noi abbiamo cercato di fare (non da soli ma insieme a tanti altri), tutto ciò può essere un punto di rinascita e non solo un occasione di giudizio. Da questo punto di vista la politica italiana ha molto da imparare dalla politica anglosassone: il giudizio degli anglosassoni non è mai un giudizio definitivo e senza nuove chances, non è che si può dire “l’amministrazione Delrio ha fatto tutto bene o tutto male e quindi bisogna prendere tutto o niente”, credo quindi che non vi http://quadernobianco.wordpress.com/

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dobbiate spaventare di avere un punto di vista quando è ben argomentato e ben strutturato. Non bisogna poi dimenticare quello che diceva Simon Veil e cioè che le grandi cose sono semplici e immediate: i grandi cambiamenti partono da cose semplici e immediate. Per esempio uno dei grandissimi errori in termini urbanistici sul pensiero delle città è confondere le città con le strutture: la città non sono gli edifici che la compongono. Ci sono dei casi molto emblematici riportati in un libro che sto leggendo e che consiglio anche a voi, il libro di un economista di Harvard, Edward Glaeser “Il trionfo della città”, che riporta casi molto interessanti: per esempio un errore clamoroso in tempo di crisi è pensare che la città si ricostruisca con degli edifici. Le città non sono le sue strutture, il cuore di una città non è mai l’edificio; la storia lo dice in maniera evidente, le città si sviluppano per elementi competitivi: New York si sviluppa perché è un porto e ad un certo punto si sviluppano il commercio e la lavorazione del cotone, altre città si sviluppano per la loro favorevole posizione geografica, ma essenzialmente l’elemento più forte diciamo di sviluppo della città sono le intelligenze delle persone che vi abitano e normalmente la contaminazione e l’innovazione. Quindi bisogna sempre stare attenti a non confondere le strutture con le città. La stazione di Calatrava non sarà un motore di sviluppo: primo perché abbiamo scelto di non metterci intorno nessun palazzo direzionale, ma soprattutto perché la stazione serve alle persone non sono le persone che servono alla stazione; sono le persone che si muovono, sono i giovani che arrivano da Torino, da Milano, sono gli imprenditori che pensano di venire a Reggio perché c’è una buona qualità della vita che faranno della stazione un’opportunità, non è il contrario. Poi è chiaro che l’accessibilità è uno degli elementi

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competitivi di una città, però non bisogna mai confondere le strutture con la città, questa è la prima questione. La questione quindi è non confondere tra i fattori competitivi di una città gli individui e le strutture, per questo noi abbiamo scelto di avere un logo che è “città delle persone” perché doveva essere chiaro che le due cose non sono ugualmente importanti. Se voi studiate gli effetti del grande sviluppo di New York o della Silicon Valley o di Bangalore, in India, sono di solito caratterizzati da piccoli imprenditori, molto creativi, con grande capacità di rischio, che in contesti e in situazioni di contaminazione vicendevole e di istituzioni cosiddette “non estrattive” (poi cercherò di spiegare cosa significa) riescono a sviluppare ricchezza e prodotto. Tenete presente che il reddito medio delle grandi metropoli in generale è un reddito medio che è il 30% in più delle altre zone, tenete cioè presente che la città è un fattore di ricchezza anche economica. Gandhi ha detto molte cose belle e importanti ma su una cosa non aveva ragione, né lui né Thomas Jefferson: entrambi pensavano che le città rovinassero gli uomini, portassero la povertà; in realtà i poveri sono attratti dalle città: non è che voi vedete i poveri alla periferia delle città perché li ha generati la città, ma perché i poveri vanno a cercare nella città la opportunità di ricchezza. Poi ci sono fenomeni come la deindustrializzazione che possono portare anche a questo ma in generale il grande fenomeno urbano è un fenomeno che va letto al contrario di Gandhi e Jefferson: nelle campagne forse si trova sobrietà e tranquillità ma non certamente ricchezza e innovazione. Bisogna quindi creare le condizioni perché le città siano costruite sulle “persone reali”: in questo senso tutti gli economisti oggi dicono che il tema educativo è il tema decisivo; quindi, quando noi diciamo “l’educazione è il fondamento dello sviluppo di una città” non stiamo dicendo una cosa che dicono qualche circolo di http://quadernobianco.wordpress.com/

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filantropi, stiamo dicendo che in generale, per tutti gli economisti, uno dei fattori chiave del successo di un territorio è il suo investimento nell’educazione: quella prescolare e quella scolare. Per esempio, uno dei fattori di debolezza di questo territorio è il bassissimo tasso di laureati; questo dato nel medio e lungo periodo non ci aiuterà, per cui io dico che un “Libro Bianco su Reggio Emilia” deve partire con degli obiettivi target sul numero dei laureati, avere questa ambizione , sapendo tutti i rischi che ci sono. Qui appunto entra in gioco la seconda riflessione che vi vorrei fare: la prima appunto è che le città rappresentano un fattore competitivo, per esempio all’Italia manca un sistema di città metropolitane regolate, con regole proprie: nelle 12 città metropolitane abitano più di 20 milioni di persone, ci sono i 15 centri di ricerca più importanti d’Italia, ci sono tutte le università più importanti d’Italia, ci sono le migliori aziende innovative d’Italia. In Germania c’è un sistema di un centinaio di città metropolitane dentro alle quali si sviluppa la creatività, l’innovazione ecc…ecc...; ora capite perché abbiamo voluto fare il Tecnopolo di fronte al Centro Internazionale per l’Infanzia: perché il sapere diventa più produttivo se è un sapere interdisciplinare, se l’ingegnere può parlare con l’educatore normalmente può succedere qualcosa di molto più positivo e quindi questo aspetto delle città metropolitane è una delle riforme di cui questo paese ha bisogno; nessuno ne parla, nessuno ne discute ma è una delle grandissime questioni sulle quasi si basa lo sviluppo economico. La seconda riflessione sulla quale si basa poi tutto ciò che si è detto fino ad adesso è che appunto le istituzioni devono essere “nonestrattive”. C’è anche qui un esempio importante che è rappresentato dall’analisi dei fattori competitivi fra territori: perché alcuni paesi si sviluppano meno che altri, alcune regioni si http://quadernobianco.wordpress.com/

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sviluppano meno che altre? Quand’è che la città diventa un luogo di benessere, di qualità di vita, di occasioni, di opportunità? (Ovviamente io do per scontato che i giovani pensino a una politica non che organizza la vita delle persone , ma che facilita le persone a far le loro scelte; una politica leggera, che da delle opportunità alle persone, non una politica “del bastone”, su cui ti appoggi perché zoppichi. Una politica che cerca di organizzare la quotidianità delle persone, cerca di facilitare la quotidianità delle persone. A me non interessa e non credo debba interessare neanche a voi rendere fluido il traffico perché così la gente arriva prima, ma mi deve interessare perché sia sicuro e perché uno sappia i suoi tempi di percorrenza: se per ridurre di qualche minuto i tempi di percorrenza c’è da buttare via denaro pubblico e rendere insicuri i ciclisti e i pedoni, non è buona politica. Quindi do per scontato che i giovani di Camposamarotto abbiano questa idea della politica.) Tornando al discorso di poco fa vi faccio un esempio: la “Mita” era una specie di regime che gli spagnoli hanno imposto nel Sud America: consisteva nello sfruttamento intensivo dei territori; in Perù ci sono alcune valli vicine, dove a pochi chilometri di distanza le popolazioni sono diversissime. Sono tutti peruviani, senza diversità antropologiche, ma semplicemente di storia amministrativa. La teoria di questi nuovi economisti che a me piace molto, analizza l’evoluzione delle istituzioni democratiche, che sono un fattore decisivo: lo sfruttamento intensivo da parte degli spagnoli ha determinato in certe zone una serie di fattori non-competitivi (sfruttamento, assenza di scolarizzazione, assenza di cultura) che si ripercuotono ancora oggi. Perché ad esempio l’Inghilterra si è sviluppata così tanto durante la rivoluzione industriale? Perché cominciavano ad attivarsi dei gruppi di mercanti che hanno cominciato a mettere in discussione il potere monarchico con leggi http://quadernobianco.wordpress.com/

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più democratiche e chiare. Stessa cosa è successa a Venezia, dove a un certo punto un gruppo di mercanti accetta il “rischio” e chiede alle istituzioni di poter difendere questo rischio. Quando le istituzioni sono democratiche e inclusive, quando riescono ad allargare l’accesso alla ricchezza, l’accesso alla cultura, quella è la condizione nella quale un paese si sviluppa. Non basta un grande magnate, non basta Henry Ford per sviluppare Detroit; di solito le città basate su un marchio solo perdono facilmente competitività. C’è quindi tutto il tema delle istituzioni democratiche, essere capaci di investire in educazione e nella diffusione e nell’allargamento dei poteri; c’è una frase a cui io sono molto legato, che è una frase mediata da Jefferson che diceva appunto che la “democrazia può evitare le proprie patologie solo conservando un forte radicamento nella vita quotidiana dei cittadini”, cioè se il tuo sistema riesce a radicarsi nella vita quotidiana e a fare in modo che quella vita ti interpelli ad avere un atteggiamento di dialogo e di coinvolgimento, di “allargamento di potere” diciamo così, allora a quel punto lo sviluppo è molto più produttivo. Non va quindi sottovalutato dentro al pensiero di una città il tema della partecipazione democratica, cioè è molto importante che vi siano delle strutturazioni su quartieri, su piccole comunità, che riescano a far sentire i cittadini in qualche modo partecipi e protagonisti della qualità di vita del loro quartiere. Io credo che la città fra 10 anni sarà ancora una città di qualità se farà due cose: la prima è investire moltissimo ancora sulle Reggiane: creare lì una sorta di massa critica sulle nuove tecnologie, sulla ricerca delle piccole e medie imprese che si contaminino e rivisitino il modello emiliano-romagnolo, adesso tocca ai giovani, che sono in grado di

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mettere in piedi piccole aziende, molto innovative e che possono fare qualcosa di molto interessante secondo me. La seconda cosa è puntare su meccanismi di “sensazione di appartenenza” molto forti al proprio quartiere, alla propria città. Io credo, per esempio, che sarebbe molto utile fare un pensiero sui beni comuni, quelli che gli inglesi chiamano i “commons”. La riflessione sui commons purtroppo è viziata in Italia da un furore ideologico; ma non c’è solo l’acqua. I commons sono i beni comuni, sono le piazze, sono i parchi del quartiere, sono le piste ciclabili con cui tuo figlio fa il percorso casa-scuola… quella roba lì di chi è? Ci poniamo spesso la domanda “di chi è l’anziano che è in casa nonautosufficiente”, e meno male, ma non ci poniamo altrettanto spesso la domanda “di chi sono gli spazi pubblici”? C’è stato un ventennio di rimozione dell’idea di “spazio pubblico”. Questo provoca grande senso di spaesamento, perché una comunità ha bisogno di luoghi di identificazione; il luogo in cui tu devi trovare la tua identità è anche il luogo di cui tu devi avere cura, ti devi cimentare con la cura di quel luogo, devi sentirtene responsabile. Per cui una nuova stagione dovrebbe uscire dall’idea dalla delega, dalla passività e dal giudizio se questo prato è tagliato bene o cose simili. Io mi immagino che in alcuni quartieri ci sia una riattivazione democratica molto forte, e se non c’è va provocata. Perché quel patrimonio lì è il patrimonio più prezioso che noi abbiamo a disposizione: questo luogo è di tutti, quindi anche tuo e tu devi avere rispetto di questo luogo. Non puoi pensare che questo luogo possa andare in malora, il che a volte potrebbe anche dire ad esempio, “perché la scuola non vada in malora devi mettere più tasse”; come diceva giustamente Sturzo: “se un consiglio comunale non è in grado di votare che ci siano più tasse, non è un consiglio comunale degno del ruolo che ha.” Per difendere i beni comuni http://quadernobianco.wordpress.com/

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devi anche chiedere uno sforzo, e le tasse sono esattamente questo: uno sforzo che tu chiedi. Poi è chiaro che i sindaci vorrebbero chiedere le tasse per fare le cose a casa loro, non vorrebbero chiederle per lo stato, ma questo è un altro discorso. C’è comunque questo discorso dei beni comuni, degli spazi comuni, che va difeso in maniera molto molto forte, ed è sorprendente come si stia perdendo questa cosa; va seminata molta cultura di questo tipo, altrimenti la città non si tiene insieme. È un miracolo che noi siamo ancora insieme in queste condizioni: la città si tiene insieme soprattutto con questa percezione dei beni comuni e la partecipazione. Cosa impedisce ad esempio che i parchi pubblici non siano sfalciati sempre e solo dal comune, ma da gruppi di cittadini che a turno si prendono a carico di farlo? Perché non si può fare una campagna elettorale su questo, sulla ricerca di un salto di qualità? Noi abbiamo sempre insistito sul fatto dell’efficienza dei nostri servizi, non sul fatto della comproprietà dei nostri servizi. Siamo tutti azionisti del bene pubblico. Poi è evidentemente che ognuno deve fare il suo, se i 7 sfalci che deve fare il comune non li fa non va bene, ma dopo di quello deve esserci qualcos’altro. Noi siamo stati molto convinti, ed io lo sono ancora di più oggi analizzando le occasioni che perdono tante città in giro per l’Italia, che servano istituzioni inclusive e che si debba puntare sulle persone, non sulle strutture. La stazione Mediopadana, per fare un esempio, trasformerà Reggio solo se Reggio sarà un posto bello dove vivere, dove c’è cultura, dove c’è una qualità ambientale importante, dove c’è una buona università che si specializza, dove c’è un centro internazionale per l’infanzia, dove ci sono delle piccole e medie aziende che lavorano e continuano a creare lavoro ecc...ecc... Trasformerà Reggio a queste condizioni, non la

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trasformerà per sé stessa: il successo vero è determinato dalle persone e non dalle strutture.

Graziano Delrio

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