Il testo e il problema - La Divina Commedia

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lei che, insieme a tutti gli altri beati del Paradiso, giunge le mani perché a Dante sia impetrata la più alta grazia mai concessa a mortale. Se l’opera di Dante costituisce – come abbiamo più volte sottolineato – un originale e irripetibile superamento del conflitto tra amore e religione presente nella lirica cortese, tale superamento è testimoniato in modo particolarmente evidente da questo brano del Paradiso.

Fiaccola e fontana (fuoco e acqua) La miracolosa catena di ossimori che apre il canto, l’unione di tratti umani e divini nella figura della Vergine e la posizione di mediatrice tra terra e cielo occupata da Beatrice, sono tutti indizi del gigantesco sforzo, da parte di Dante, di operare con la Commedia una sintesi totalizzante della cultura del proprio tempo, che consenta di recuperare, nella più profonda verità del Paradiso, ogni momento e aspetto della realtà umana. Nelle metafore che si sono prima richiamate domina il tratto semantico del “caldo” (collegato a un’idea dell’amore nella quale umano e divino trovano la loro sintesi suprema). Metafore dello stesso tenore si ripetono più volte in questo brano: ad esempio al v. 22 (che dà inizio alla preghiera vera e propria) il verbo “ardere” viene associato al caritatevole desiderio di Bernardo di ottenere per Dante la visione di Dio. È da notare però come sia presente, in questa lode alla Vergine, almeno una metafora che afferisce al campo semantico del “freddo”. Ai vv. 8-10 la Vergine è indicata come «meridiana face», ossia fiaccola di carità ardente come sole di mezzogiorno, e subito dopo come «fontana vivace» di speranza (metafora nella quale è invece implicita l’idea dell’acqua e quindi è presente il tratto semantico del “freddo”). Anche gli archetipi dell’acqua e del fuoco (che nella tradizione cortese sono spesso presentati in opposizione; E1]) possono coincidere nella figura della Vergine. si pensi a Guinizzelli, Al cor gentil rempaira sempre Amore [ Opera dunque nei versi di Dante, anche a questo livello, quella strutturazione ossimorica del testo che abbiamo già osservato a livello retorico.

il Problema

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Premessa: un equilibrio instabile Abbiamo detto sopra come la conciliazione del contrasto tra amore e religione sia una soluzione prettamente dantesca. L’equilibrio raggiunto dall’autore della Commedia è destinato infatti a rompersi nelle opere degli autori successivi, producendo un nuovo contrasto tra i due termini. La rottura dell’equilibrio raggiunto da Dante può essere osservata confrontando la preghiera alla Vergine, con cui inizia l’ultimo canto della Commedia, con la canzone, anch’essa indi H50], con cui si chiude il Canzoniere di Petrarca; opera in cui – possiamo qui schematicamenrizzata alla Vergine [ te affermare – la cultura medievale si confronta e si scontra, in una ricerca di equilibrio via via più difficile, con la nuova cultura umanistica. Senza voler ridurre a schemi semplicistici la complessa e contraddittoria opera petrarchesca, possiamo qui osservare che in essa le istanze dell’incipiente Umanesimo – che comporta la piena rivalutazione della natura umana, e che emerge con forza nel più maturo e “scientifico” rapporto che, rispetto a Dante, l’autore dei Canzoniere istituisce con i DIV2a] – coesistono con l’aspirazione, ancora di matrice dantesca, a trovare una sintesi tra umano e diviclassici [ no (a fare insomma di Laura, la donna amata, una nuova Beatrice); ma anche con una spiritualità inquieta, che guarda spesso all’ascetismo – e dunque a una concezione dualistica di origine medievale, per la quale “umano” e divino” sono termini contrapposti e irriducibili e la salvezza può ottenersi solo mediante la rinuncia completa al mondo – come a una via necessaria (ma difficile da percorrere) per raggiungere la salvezza dell’anima.

La Commedia e il Canzoniere Va detto, in primo luogo, che il contesto in cui si inserisce l’invocazione alla Vergine di Petrarca è molto diverso da quello della Commedia. In Dante, la preghiera alla Vergine si colloca al termine di un processo ascensionale garantito da Dio (e voluto dalla Vergine stessa), testimoniato dal disegno lineare e unitario del poema: dopo essersi smarrito nella selva del peccato, il pellegrino ha attraversato l’Inferno, e, in Purgatorio, si è purificato dalle tendenze peccaminose; adesso, dopo aver conosciuto i beati del Paradiso, si appresta alla suprema contemplazione di Dio. Petrarca scrive invece l’ultima canzone nella condizione di un peccatore che si sente vicino alla morte e aspira alla salvezza, e cerca dunque di risolvere i contrasti che lo lacerano. Del resto, la struttura del Canzoniere non è certo unitaria come quella della Commedia. L’opera si presenta come una raccolta di liriche “frammentarie” (il poeta, nel sonetto proemiale, le designa come «rime sparse»; egli dà inoltre all’opera stessa il titolo latino di Rerum vulgarium fragmenta). D’altra parte, però, Petrarca cerca comunque di dare al libro una struttura unitaria: lavora ad esempio accuratamente sulla disposizione delle rime, modifica molte di esse con continue varianti, ordina i testi secondo complessi criteri simbolici (in cui un ruolo importante ha anche il ricorrere di alcuni numeri). Come si vede, dunque, la figura di Petrarca è assai complessa e contraddittoria. Né ciò si può imputare al poeta, in quanto tale contraddittorietà esprime il profondo travaglio di un’epoca di transizione. La conversione di Petrarca La lettura della canzone alla Vergine può evidenziare la compresenza di temi diversi e spesso conflittuali. Qui ci soffermeremo brevemente su due elementi contrastanti: quelli che sembrano condurre – nella stessa direzione di Dante –


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