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LA VIOLENZA DI GENERE: UN PROBLEMA FIN DA RAGAZZI
from Brain. Novembre 2023
by Brain
Un report di Fondazione
Circa 400 adolescenti tra i 14 e i 19 anni. Uno studio che ha messo al centro della riflessione la violenza di genere, e le conseguenze che può produrre. La necessità di capire che cosa provano i ragazzi, e cosa pensano di temi come sessualità, privacy, rispetto e possessività. E’ questo quello che ha portato avanti con “Teen Community” la Fondazione Libellula, arrivando a dei dati che evidenziano chiaramente come la disparità di genere sia un problema attualissimo, rispetto alle cui conseguenze ogni giorno siamo chiamati a confrontarci. Per capire qualcosa di più, ne abbiamo parlato con la Presidente e fondatrice di Fondazione Libellula, la dott.ssa Debora Moretti.
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Il 48% degli intervistati racconta di aver vissuto contatti fisici indesiderati, mentre il 43% ha confessato di aver subito richieste sessuali non desiderate. La percentuale di ragazze vittime è nettamente superiore rispetto ai ragazzi, mostrando una disparità di genere evidente. Come si spiega questo dato?
Si spiega con il fatto che abbiamo dovuto persino istituire una giornata per riconoscere che la violenza contro le donne – e le adolescenti di oggi sono le donne di domani - è un fenomeno sistemico e non un episodio casuale. Non è un caso se avviene un femminicidio ogni tre giorni. Non è un caso se, come riporta la nostra survey, solo il 22% dei ragazzi ha risposto che non è per niente d’accordo con la frase “Se una ragazza dice no, in realtà vorrebbe dire di sì”. Non è un caso se, per una donna che ha subito violenza, l’aver bevuto è un pretesto per dire che “se l’è andata a cercare”, mentre per l’uomo che esercita la violenza il fatto che fosse ubriaco diventa un’attenuante, perché “non era in sé”. Stesso comportamento, interpretazione diversa. Doppio standard. I dati ci devono servire come campanello d’allarme; se non agiamo subito per un cambiamento culturale che decostruisca la violenza di genere, niente cambierà.

Questi dati sottolineano la necessità di interventi mirati per sensibilizzare le nuove generazioni. Avete sottolineato la necessità di responsabilizzare scuole e famiglie, promuovendo una riflessione attiva tra i giovani. Cosa credete sia necessario fare?
Affinché ci sia un cambiamento culturale, la sensibilizzazione e la responsabilizzazione deve essere collettiva. Il problema non è solo delle e degli adolescenti, ma della comunità intera, anche perché i giovani non si sono “inventati” la violenza di genere: l’hanno ereditata da noi. Secondo un’altra nostra survey, L.U.I. (Lavoro, Uomini, Inclusione), condotta su oltre 2000 uomini a febbraio, è emerso che quasi 1 uomo su 2 pensa che la violenza contro le donne non lo riguardi. Questo significa che ancora non riusciamo a comprendere davvero la violenza di genere in tutte le sue forme, non solo le più estreme, ma anche quelle più subdole: il commento sessista, il catcalling, la manata sul sedere per “goliardia”, perché non ci è stato detto che quella è in realtà “molestia”. Per riconoscere il fenomeno, dobbiamo usare le parole giuste, per questo è fondamentale portare l’educazione all’affettività, alla sessualità e all’equità di genere nelle scuole. Ma anche le persone adulte dovrebbero fare formazione sul consenso, la violenza e l’equità di genere. Che queste persone siano genitori, che siano docenti, che non siano nessuno di questi due ruoli, tanto siamo una comunità educante in ogni caso: è il nostro esempio che parla. Poi, dato che per gli adolescenti il gruppo dei pari è fondamentale, consigliamo anche di formare gruppi di “Ambassador” tra gli e le studenti che siano formati/e sull’argomento e possano fare divulgazione nel contesto scolastico. E lo stes- so si potrebbe fare nel corpo docente. E anche nelle aziende, dove possiamo formare le persone adulte e intercettare padri, madri, zie, zii…
In che modo si costruisce la consapevolezza e il rispetto reciproco?
Chiedendo, informandosi. Non temendo di rimettere in discussione ciò che ci è stato insegnato sulle questioni di genere. Partendo prima di tutto da noi e dagli stereotipi che abbiamo: non esiste persona sulla terra che ne sia priva, il nostro cervello ne ha “bisogno” per semplificare la complessità della realtà. Non dobbiamo percepirla come una colpa, ma una responsabilità: possiamo allenarci a riconoscere i meccanismi automatici e cambiarli. E poi parlarne sempre, parlarne ovunque, anche sul posto di lavoro, che non è una scuola ma è comunque un luogo dove si fa cultura. Se è nel silenzio che la violenza trova terreno fertile, allora dobbiamo parlare di violenza. Tutti e tutte.
“Abbiamo dovuto persino istituire una giornata per riconoscere che la violenza contro le donne – e le adolescenti di oggi sono le donne di domani - è un fenomeno sistemico e non un episodio casuale”.