Dicembre17xsito

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Tariffa R.O.C. Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) - art. 1, comma 1, DCB Napoli - ANNO I - N. 1 DICEMBRE 2017 - Costo singola copia â‚Ź 10,00

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4 - dicembre 2017


Merry Christmas Anno I - N° 1 - Dicembre 2017 Direttore responsabile Maurizio De Cesare

IN ESCLUSIVA Interventi di: Mario Mattioli Presidente Confitarma Roberto Alberti Presidente Fedespedi Gian Enzo Duci Presidente Federagenti Stefano Sorrentini Presidente Assoagenti Napoli Domenico De Crescenzo Presidente del Consiglio Territoriale Spedizionieri Doganali di Napoli Aniello Cuomo Studio Legale Siniscalchi - Cuomo ------Interviste a: Nereo Marcucci Presidente Confetra

Ennio Cascetta Amministratore Unico Rete Autostrade Mediterranee Pietro Spirito Presidente Adsp Mar Tirreno Cetrale Francesco Messineo Commisario AP Salerno Andrea Sabbion Sales Manager Commercial Ships Division - Palubo Group Spa Antonino De Simone Commissario AP Messina Andrea Annunziata Presidente Adsp Mare Sicilia Orientale Marco Mandirola Presidente International Boatmen’s Linesmen’s Association Alessandro Serra Presidente European Boatmen’s Association Vincenzo Torrieri Presidente ITS Mobiltà Sotenibile Maddaloni Giancarlo Acciaro Past President Agenti Marittimi Saregna C.V. (CP) Maurizio Trogu Comandante Direzione Marittima Olbia Francesco Bandiera Corpo Piloti di Olbia Salvatore Gambardella Presidente AIATP Luigi Lucente Forte Capopilota Corporazione dei Piloti Golfo di Napoli Gennaro Imperato Coordinatore Regionale CISL Porti Campania Enrico Vergani Studio Legale Garbarino Vergani Raimondo Amato AD Garolla srl Antonino Russo General Manager Marimed

Direttore editoriale Antonio De Cesare Redazione: redazione@portoeinterporto.it Hanno collaborato a questo numero: Roberto Alberti - Cosimo Brudetti Eduardo Cagnazzi - Aniello Cuomo Domenico De Crescenzo Gian Enzo Duci - Giovanni Grande Mario Mattioli - Sandro Minardo Carolina Sinnopoli - Stefano Sorrentini Franco Tanel - Stefania Vergani Amministrazione e abbonamenti amministrazione@portoeinterporto.it Costo abbonamento Italia € 110, estero € 220 Progetto e realizzazione grafica Paola Martino Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&interporto è proprietà di GAM editori srl redazione@portoeinterporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 38 del 19 ottobre 2017 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’ vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

4 - Confitarma perno del cluster marittimo nazionale 6 - Confetra: soddisfazione per il rinnovo del CCNL 8 - Sfide e opportunità per lo spedizioniere marittimo nell’era digitale 9 - Riforma Portuale monca di strumenti importanti 10 - RAM, sviluppo degli incentivi in attesa dell’Eurobonus 14 - Superare il concetto di porto racchiuso in un perimetro 16 - Napoli, ogni banchina risorsa da valorizzare 20 - La grande scommessa 24 - Gruppo Palumbo, rafforzare le posizioni di mercato 26 - Panama e Cina sottoscrivono accordo di cooperazione 28 - Messina e Milazzo, impegno per opere fondamentali 30 - Sicilia Orientale mettere a sistema tutte le opportunità 31 - Presentato il porto commerciale a Fiumicino 32 - Ormeggiatori al lavoro per standard internazionali 34 - Ormeggio, soddisfazione per Regolamento Europeo 36 - Crescita e investimenti nel futuro di InRail 38 - Mission dell’ITS Maddaloni:

valorizzare il capitale umano 40 - Bocche di Bonifacio, preservare un bene di tutti 42 - La sicurezza del traffico alle Bocche di Bonifacio 44 - Misure di protezione per le Bocche di Bonifacio 46 - AIATP, come uscire da un pasticcio burocratico 47 - Uniformare le regole nel Golfo di Napoli 48 - Culp, la sfida per il futuro sarà il modello da adottare 49 - PSM, una visione coordinata delle aree marittime 50 - Garolla, clima nuovo in porto anche per prodotti petroliferi 51 - Project cargo, un settore ancora “artigianale” 52 - Rex sistema di certificazione di origine delle merci 54 - ZES, strumento di crescita economica del Mezzogiorno 58 - Unica regia per realizzare l’area Flegreo-Domitia 59 - Missione in Georgia per il porto di Venezia 60 - La missione Propeller a Hong Kong e Shenzen 61 - Tessile: 47 mila nuovi posti di lavoro entro il 2021

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Confitarma perno del cluster marittimo nazionale S

iamo alla fine di un anno molto particolare per lo shipping, specie per la Confederazione Italiana Armatori che ad ottobre ha rinnovato i suoi vertici affidando a me la presidenza per il prossimo triennio. Inutile dire quanto io sia onorato e consapevole della grande responsabilità di rappresentare l’industria armatoriale del nostro Paese, in Italia e all’estero. Confitarma continua infatti a rappresentare le istanze di tutta l’industria armatoriale italiana, che comunque è il perno su cui ruota il cluster marittimo nazionale. Il primo impegno che ho assunto difronte all’Assemblea dell’11 ottobre scorso, è quello di continuare a difendere e rafforzare la competitività della flotta italiana. È un’ardua battaglia, soprattutto considerando che siamo in una fase di transizione che coinvolge il mondo politico nazionale, quello comunitario e quello internazionale. Questo è un aspetto che viene spesso sottovalutato e che invece è fondamentale per capire l’evoluzione di questo settore e le sue priorità future. Il nostro settore affronta quotidianamente le sfide poste dai molti eventi che influenzano gli equilibri politici ed economici mondiali, ma, di fatto, il trasporto marittimo è la spina dorsale della globalizzazione e del commercio internazionale, dal momento che il 90% delle merci viene trasportato dalle navi. La crisi economica iniziata nel 2008

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– sono quasi 10 anni – sembra stia finalmente cedendo il passo alla ripresa e le prospettive per l’industria marittima sono piuttosto ottimistiche. Di fatto stiamo assistendo ad una evoluzione dei mercati marittimi a seguito della maggiore richiesta di materie prime da parte di potenze emergenti, come la Cina e altri paesi estremo-orientali, nonché all’esigenza di infrastrutture adeguate per lo sviluppo del commercio ed anche dei cambiamenti climatici che richiedono l’adozione di misure per la protezione dell’ambiente che incidono sulle attività di trasporto. Il programma che intendo portare avanti con la mia squadra è quindi dettato dalle numerose tematiche di attualità che interessano lo shipping mondiale e nazionale. Il tema a me particolarmente caro è quello della promozione della migliore qualità della formazione per fornire conoscenze e competenze funzionali agli effettivi bisogni delle imprese armatoriali e per valorizzare i lavoratori marittimi specie quelli dello Stato Maggiore e quelli impiegati in funzioni altamente specialistiche. Aggiungo che quest’anno affronteremo il rinnovo contrattuale dei marittimi e degli amministrativi. Senza contare la complessa materia della sicurezza che diventa sempre più complessa a causa dello sviluppo di tecnologie che obbligano le aziende a prevenire attacchi cibernetici. Insomma, tanti temi ma sempre tenendo in cima alla lista la difesa e il rafforzamen-

to della competitività delle navi italiane. La competitività della nostra flotta mercantile, nel rispetto delle regole di sicurezza e ambientali, ruota intorno al Registro Internazionale che si è rivelato essere uno strumento di grande successo per lo sviluppo dello shipping italiano. Purtroppo, negli ultimi anni, più volte l’impianto normativo di questo istituto è stato messo in pericolo a causa di avventati interventi strumentali. Inoltre, nonostante le positive ricadute occupazionali ottenute negli ultimi 20 anni con il raddoppio della flotta italiana, grazie al Registro Internazionale, nel nostro Paese non sempre la politica ha recepito la giusta consapevolezza dell’importanza strategica del settore marittimo. Basti dire che oggi sono sette i Ministeri che si occupano della risorsa mare con il grave rischio di disperdere professionalità ed esperienze indispensabili per l’economia del nostro Paese. Ecco perché credo sia di fondamentale importanza ribadire l’esigenza di un ministero del Mare che, oltre al trasporto marittimo e ai porti, sia dedicato anche alla logistica e a tutte le altre componenti del sistema marittimo, sulla base di una visione integrata e moderna e, soprattutto flessibile ed in grado di adeguare i tempi della burocrazia a quelli delle industrie del mare. Mario Mattioli Presidente Confitarma


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Confetra: soddisfazione per il rinnovo del CCNL L

a Confetra ha espresso soddisfazione per il rinnovo del CCNL di settore che era scaduto il 31 dicembre 2015. Il nuovo contratto prevede in particolare per il quadriennio 2016/2019 un aumento medio a regime di 108 euro mensili da erogarsi in 4 rate e un importo una tantum di 300 euro per il pregresso, mentre sul piano normativo svecchia significativamente l’impianto dell’orario di lavoro del personale non viaggiante, introduce nuove regole sugli appalti di magazzino, flessibilizza diverse disposizioni concernenti gli autisti e prevede incentivi economici per i nuovi assunti. “Complessivamente è un buon contratto - afferma, Presidente della Confetra, Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica - che è riuscito a coniugare con soluzioni accettabili le due principali istanze emerse al tavolo della trattativa. Dal lato imprenditoriale quella di disporre di una maggiore flessibilità dell’organizzazione del lavoro facendo recuperare al nostro CCNL il gap che lo separava dai contratti degli altri settori. Dal lato sindacale invece è stato raggiunto l’obiettivo, peraltro condiviso anche da parte nostra, di introdurre maggiore legalità e trasparenza negli appalti. Anche per il personale viaggiante sono state introdotte novità significative come la nuova classificazione, i rimedi contro l’assenteismo a ridosso dei giorni festivi e la settimana mobile. Per quanto riguarda invece gli aspetti economici –

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Nereo Marcucci continua Marcucci – credo che le soluzioni trovate quanto agli importi degli aumenti, alle relative decorrenze e alla durata del contratto siano equilibrate e sostanzialmente in linea con quanto stabilito nei rinnovi già intervenuti. E’ stata una trattativa molto complessa: da parte nostra si trattava in primo luogo di “svecchiare” un contratto molto datato non più corrispondente alla attuali necessità di flessibilità ed al contenimento di fenomeni di assenteismo. Con il Sindacato abbiamo condiviso fin dall’inizio l’imperativo di introdurre nuove regole di trasparenza e legalità

negli appalti di magazzino che saranno oggetto di un incontro al Ministero dello Sviluppo economico, una terra di frontiera egemonizzata da organizzazioni “non storiche” che si apprestano a scioperare nei giorni prossimi nonostante la conclusione del rinnovo contrattuale. Condiviso il principio si è trattato di definirne gli strumenti. Anche l’obiettivo di una durata ragionevole del contratto, per noi quadriennale, ha contribuito a complicare la discussione. La soluzione condivisa per quanto riguarda gli aspetti economici è equilibrata se si considera che le aziende di autotrasporto vivono momenti assai difficili esposte ad un vero e proprio dumping che sarà oggetto di discussione tra i Ministri dei Trasporti Europei. Per quanto mi riguarda apprezzo particolarmente la posizione del Ministro Del Rio che, andando contro corrente, contrasterà l’indirizzo prevalente di allargare ulteriormente la così detta “liberalizzazione” che, per il momento, essendo incontrollata e forse incontrollabile, ha provocato seri danni alle aziende nazionali. In ultimo ma non per ultimo – conclude Nereo Marcucci - il nuovo CCNL norma anche il trattamento del personale delle Imprese ferroviarie che oggi rappresentano una quota importante ed in crescita del cargo ferroviario. In questo modo si offre un assist importante alle imprese del settore”. Sandro Minardo


diritto / porto&diporto

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Sfide e opportunità per lo spedizioniere marittimo nell’era digitale P

arole d’ordine al giorno d’oggi: digitalizzazione, Big Data, tecnologia Blockchain, Internet of Things. Cambiamenti epocali in arrivo, ma anche opportunità, per chi non resta a guardare ma si organizza (ed adatta), senza per questo perdere di vista quella che è la grande forza delle imprese di spedizioni: l’importanza del fattore umano (e delle sue relazioni/interazioni). In un settore, quello dei trasporti marittimi in particolare, caratterizzato da acquisizioni e fusioni che hanno di fatto portato ad un oligopolio da parte di tre grandi alleanze e che ha visto l’improvviso proliferare di piattaforme informatiche e di “spedizionieri virtuali”, il futuro potrebbe in effetti non sembrare roseo per l’impresa di spedizioni “tradizionale”. La realtà è che strumenti quali quelli che forniscono quotazioni o prenotazioni automatiche sono comunque limitati, anche se indiscutibilmente forniscono un serbatoio di dati, preziosi in ogni caso (per poter fare analisi e previsioni, ad esempio). Alla domanda: “Possono algoritmi ed intelligenze artificiali veramente sostituire il “fattore umano” completamente?”, la mia risposta è: “No”. Senz’altro la digitalizzazione, come qualsiasi evoluzione, comporterà un cambiamento e verosimilmente la perdita di alcune funzioni da parte dell’impresa di spedizioni, ma sono convinto che queste verranno sostituite da altri servizi e da nuove opportunità. Molto semplicemente: esperienza, conoscenza e consulenza sono tipiche della competenza di ogni spedizioniere, in quanto soggetto abituato a relazionarsi e ad agire in tempi rapidi per ovviare ai problemi quotidiani e a quelli che interrompono il flusso delle merci, di qualunque natura siano (agenti atmosferici, ispezioni, ritardi, overbooking, per citare i meno difficoltosi),

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fino ad arrivare a situazioni estreme, quali il fallimento della compagnia marittima Hanjin. A questo proposito voglio ricordare la nostra “discesa in campo”, come Federazione, per aiutare le aziende associate in maniera concreta: Fedespedi è stata l’unica realtà che abbia agito in maniera tempestiva ed efficace, evitando, ritengo, molti più disagi, agli spedizionieri ed alla loro clientela. Del resto, la nostra azione a favore degli associati si concretizza, ogni giorno, in rappresentanza, monitoraggio, consulenza, formazione: proprio recentemente, ad esem-

pio, abbiamo organizzato un seminario di approfondimento e confronto ai fini della corretta attivazione delle procedure che si rendono necessarie allorquando viene dichiarato uno stato di avaria generale, prendendo spunto dal caso MSC Daniela, collaborando con le compagnie di assicurazioni. Ci siamo resi conto che procedure che per le imprese di spedizioni sono “note”, non lo sono altrettanto per la clientela: una comunicazione “in tempo reale” ed il più possibile esaustiva, cosa già verificata l’anno scorso con il caso Hanjin, è importantissima. Come Federazione, andremo avanti, anche nel 2018, nella nostra operazione di sensibilizzazione e di affiancamento delle aziende in relazione alla crescente digitalizzazione e automazione che prefigura un nuovo salto tecnologico, riflettendo anche alle conseguenze sull’evoluzione del lavoro, la sua organizzazione e sulla posizione della persona, il famoso “fattore umano” di prima. Per concludere questa divagazione e completare la mia risposta: il nostro settore è ben posizionato per affrontare sfide e trasformarle in opportunità; bisogna però che sappia adattarsi, come ha sempre fatto, da sempre. Roberto Alberti Presidente Fedespedi


Riforma Portuale monca di strumenti importanti

G

ADV Paola Martino

li agenti marittimi sono da sempre sulla linea del fronte della portualità e dei traffici marittimi, in quanto vero e proprio anello di congiunzione fra il mare, le compagnie di navigazione, il mercato e la logistica dei sistemi paese. E’ proprio in questo quadro di riferimenti che, specie negli ultimi anni, sono diventati i più attenti testimoni di una forbice sempre più divaricata fra i tempi del sistema Italia, e quindi della portualità, delle infrastrutture e della macchina burocratica amministrativa, e i tempi del mercato mondiale protagonista di costanti processi di trasformazione che hanno rivoluzionato la geografia dei traffici specie nel campo dei container. La riforma portuale che avrebbe dovuto parzialmente chiudere questa forbice è, ancora oggi, a oltre un anno dalla sua entrata in vigore, monca di alcuni strumenti importanti di governance. In primis quel tavolo di coordinamento nazionale che dovrebbe individuare le

priorità del sistema, indicandole ad Autorità di Sistema Portuale decisamente meno autonome che in passato. E oggi si aprono ulteriori interrogativi sulla possibilità di colmare questo gap fra i tempi del mercato e i tempi di una

portualità italiana. Interrogativi che trovano maggiore conferma in alcuni porti che sono ancora ai blocchi di partenza: è il caso del porto di Venezia, che, nonostante abbia un mercato quasi naturale per le merci in uno degli hinterland industriali e produttivi più ricchi del Paese e un mercato altrettanto naturale nei passeggeri, rischia di dover sopportare il peso di scelte che ancora oggi non sono definite. E’ il caso anche dei due porti che per una breve stagione hanno guidato la stagione di successo dei centri italiani di transhipment, ovvero Gioia Tauro e Taranto. Ma è su tutta la portualità, ancora in mezzo al guado di troppe decisioni infrastrutturali e di vincoli burocratici che rappresentano un condizionamento e un limite competitivo importante, che Federagenti ha acceso i riflettori e non ha certo intenzione di spegnerli. Gian Enzo Duci Presidente Federagenti

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RAM, sviluppo degli incentivi in attesa dell’Eurobonus P

orto&interporto ha intervistato il prof. Ennio Cascetta, Amministratore Unico RAM, che delinea il quadro dell’azione governativa sull’incentivazione delle “cure del ferro e dell’acqua” e gli effetti della riformulazione della governance nei porti italiani. La sua nomina ad amministratore unico di RAM coincide con un sostanziale cambio di governance della società. Cosa cambierà a livello operativo? Quali sono gli indirizzi strategici che saranno perseguiti nel suo mandato? Sulla risoluzione di quali problematiche e la valorizzazione di quali best practice punterà RAM? Cosa c’è nel futuro di RAM? Come stabilito dall’azionista unico di RAM, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la società è passata da un Consiglio di Amministrazione di tre membri ad un Amministratore Unico, ovviamente affiancato dagli ologisticargani di controllo previsti dalla normativa. Concentrare in una sola figura la fase decisionale permette a RAM un passo avanti nel contenimento dei costi e ulteriore agilità nel portare avanti i compiti già ottimamente svolti come società in house del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – la gestione degli incentivi per l’intermodalità, l’assistenza al Ministero, la proposta di progetti a valere sulla programmazione europea – a cui si aggiungono nuovi incarichi, alla luce delle politiche del governo di rilancio della logistica. Obiettivo del mio mandato sarà rafforzare il ruolo di RAM come partner del Ministero per la realizzazione dei princìpi alla base della riforma avviata dal Ministro Delrio. RAM si occuperà della costruzione di un osservatorio di dati sul sistema che orientino azioni, progettualità, decisioni. In più, suppor-

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Ennio Cascetta teremo i lavori della Conferenza Nazionale di Coordinamento delle Autorità di Sistema Portuale e il processo di Pianificazione previsto dal Nuovo Codice degli Appalti, insieme alle strutture del Ministero preposte a questo obiettivo. Ferrobonus e Marebonus: situazione riferita al 2016 e propositi per il 2017. In che stato è l’auspicato riconoscimento europeo di questa pratica (la possibilità ventilata che sia adottato a livello comunitario)? Quali problemi da risolvere? Gli incentivi italiani sono a buon punto: dopo il via libera della Commissione Europea ottenuto a fine 2016, il Ferrobonus ha già visto la presentazione delle istanze e l’ok comunitario al prolungamento dell’autorizzazione fino al 2019; per il Marebonus è attesa la pubblicazione del decreto attuativo in Gazzetta Ufficiale. Insieme, Ferrobonus e Marebonus portano avanti la best practice tutta italiana degli incentivi per la “Cura del ferro” e la “Cura dell’acqua”

su cui tanto si lavora nell’ambito della riforma. Forte è anche l’impegno che l’Italia – il Ministero e RAM per primi – sta spendendo per un “Eurobonus” coordinato a livello comunitario. Il Mediterraneo è un mare europeo, ed è giusto che anche l’Europa contribuisca all’implementazione delle Autostrade del Mare che lo solcano. Con il progetto Med-Atlantic Ecobonus si lavora per questo: insieme agli altri partner – i Ministeri di Spagna, Portogallo e Francia – è stata presentata la nostra proposta alla Commissione Europea e siamo in attesa di riscontro. Snellimento della governance e accentramento dei livelli decisionali. La revisione della governance di Ram riecheggia un po’ l’impostazione generale seguita dal governo per la riforma portuale e, in generale, per il rilancio del sistema trasportistico della penisola. Può fare un bilancio di questa azione? Su cosa puntare nel futuro? Snellimento e coordinamento: queste le parole chiave della riformulazione della governance. Un processo che vede già risultati significativi: da 24 Autorità Portuali a 15 Autorità di Sistema; dai Comitati Portuali ai Comitati di Gestione; è nata la Conferenza di Coordinamento, incaricata di compiere le scelte di indirizzo per la portualità italiana in tema di infrastrutture, programmazione, promozione, innovazione. I primi risultati della riforma sono tangibili: questo è il momento per rafforzare l’impegno di tutti per un lavoro condiviso e coordinato. La via intrapresa è quella giusta; ora bisogna percorrerla con convinzione. Riforma portuale: quali i punti qualificanti? Cosa ancora da migliorare? Prossime sfide?


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Infrastrutture, semplificazione, incentivi per la “Cura dell’acqua” e “del ferro” sono le basi della strategia promossa dalla riforma per dotare la Penisola di una logistica sostenibile, resiliente, efficiente, a servizio del sistema economico produttivo nazionale. Per la portualità questo si traduce in project review e project optimization – perché si punti su infrastrutture utili, snelle, condivise – in semplificazione di governance e procedure, nell’incentivo Marebonus. Ma la vera sfida, la sfida delle sfide per il nostro Paese è quella della continuità, ossia la capacità di pensare avanti nel tempo, avviando con aggiustamenti utili, un percorso intrapreso sulla base di scelte ampiamente condivise. Nuove sfide sulla capacità di proposta e progettazione. Per la prima volta, infatti, a differenza del passato, le Autorità di Sistema Portuale sono chiamate a ragionare in ottica di sistema e non più di mero “municipalismo portuale”, utilizzando come faro conduttore le strategie del Piano dei Porti e di Connettere l’Italia, e tenendo conto delle regole del Nuovo Codice degli Appalti. In particolare, il primo livello di progettazione è costituito da un “progetto di fattibilità”, slegato dalla effettiva realizzazione dell’opera, il cui obiettivo è proprio quello di arrivare a una decisione consapevole, basata su approcci quantitativi e sul confronto tra alternative. Il Ministero ha previsto un fondo specifico di 30 M€ per le Autorità di Sistema Portuale, proprio con l’obiettivo di finanziare tali progetti: anche questa una novità significativa rispetto al passato. Già emergono i primi risultati: i porti della Penisola dal 2014 al 2016 hanno registrato una crescita dei traffici del 5,2%, più che doppia rispetto alla crescita del PIL. Tanto è stato fatto: ora la sfida è instillare nell’intero sistema portuale e

logistico il principio dello sviluppo coordinato e integrato. Alcuni passi avanti già si sono fatti: è il caso delle Aree Logistiche Integrate e delle Cabine di regia istituite per il Nord Ovest e il Nord Est, best practice che devono diventare la normalità. Autostrade del Mare: possono rappresentare una alternativa alla “dittatura del container”? Non se ne parla troppo poco per un Paese che è al centro del Mediterraneo? Le Autostrade del Mare sono una valida alternativa alla “dipendenza da gomma” del sistema produttivo e logistico del paese. A dirlo sono i dati, che mostrano che nel 2016 l’Italia con 93,65 milioni di tonnellate di merci si è affermata come prima in Europa per il traffico Ro-Ro, che nel primo semestre 2017 ha registrato il +9,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In passato il tema delle Autostrade del Mare è stato forse trascurato; penso che con la riforma in corso abbia finalmente l’attenzione che merita e che a dimostrarlo siano, in primis, i dati. Se si considera che nello stesso periodo i traffici container sono cresciuti del 5.4%, le percorrenze autostradali dei veicoli merci del 3.6% (in veic∙km), ed il PIL dell’1.5% (proiezione su base annua), si comprende come la domanda di traffico delle AdM è più che doppia rispetto a quella della nostra economia, e che si sta andando nella direzione di un riequilibrio modale gomma-mare da sempre atteso. Il messaggio è chiaro: le Autostrade del Mare sono le nostre inland waterways e rappresentano un’eccellenza del nostro sistema di trasporto da valorizzare e promuovere ulteriormente. Nel suo “Le infrastrutture di trasporto in Italia” pone l’accento su alcune questioni dirimenti: studi di fattibilità e analisi ex post, public engagement, razionalità o meno dei

SLC

processi di pianificazione progettazione e decisionali: qual è oggi lo stato dell’arte in merito a queste questioni? Cosa si deve fare? Sarà possibile avere finalmente infrastrutture lean, smart, green e belle? I temi citati sono proprio quelli al centro dell’azione di pianificazione, programmazione e valutazione delle opere pubbliche portata avanti dal MIT a partire dal 2015 e declinata in Connettere l’Italia. Le scelte infrastrutturali del DEF 2017 vanno proprio nella direzione di sviluppare opere utili, snelle e condivise – penso all’AVR – Alta Velocità di Rete – o alla project review di tante opere stradali, ferroviari e portuali come esempi paradigmatici. Inoltre, è stato istituito un fondo per la progettazione di fattibilità delle opere, a cui in primis le città metropolitane e le Autorità di Sistema Portuale potranno attingere per finanziare progetti secondo le nuove linee guida di valutazione delle opere e il nuovo Codice Appalti, permettendo quindi di diffondere e applicare questa nuova cultura progettuale. Il nuovo Codice degli Appalti prevede espressamente il superamento della Legge Obiettivo e l’introduzione di un ordinato processo di pianificazione, programmazione e progettazione. Inoltre è introdotta la novità del Progetto di Flessibilità, che consente di confrontare soluzioni alternative prima di decidere e finanziare un’opera e per la prima volta sono state emanate le linee guida per la variazione degli investimenti pubblici. Inoltre lo stesso codice introduce il dibattito pubblico ed è nelle fasi finali di approvazione lo schema di decreto proposto dal MIT, che indicherà le modalità di svolgimento del dibattito pubblico in Italia e individuerà le tipologie di opera e le soglie dimensionali per le quali sarà obbligatorio il dibattito pubblico. REDMAR

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Superare il concetto di porto racchiuso in un perimetro “L’

amministrazione pro tempore di un bene a carattere pubblico quale è ad esempio un porto determina innanzitutto un obbligo di salvaguardia verso gli interessi di carattere generale”. È a partire da questo assunto che il presidente dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale, Pietro Spirito, ha perseguito in questo primo scorcio di mandato la massimizzazione di due obiettivi ritenuti imprescindibili. “Alla controparte privata, ai soggetti cui sono o cui saranno affidate concessioni nei porti del nostro sistema, è richiesto in primo luogo lo sviluppo delle connessioni, dei traffici e, di conseguenza, anche dell’occupazione”. Nel rispetto del modello di gestione vigente, dunque, “il compito dell’ente portuale sarà principalmente quello di guardare al mercato e alle sue regole per perseguire il massimo sviluppo economico”. Dopo gli anni bui il porto di Napoli potrà così tornare a proporsi come motore di sviluppo? Vale la pena ricordare che il cono d’ombra del passato recente non è ancora dissipato. Ci sono ancora alcune inchieste in corso ed è interesse dell’ente portuale che si faccia chiarezza e si ripristini la legalità, questione dirimente per tutto il nostro territorio. Quanto al ruolo dello scalo è chiaro che va messo al centro del sistema degli interessi economici, superando il tradizionale concetto di porto racchiuso entro un perimetro limitato e isolato. L’azione condotta di concerto con

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la Regione per l’iter di approvazione delle ZES va esattamente in questa direzione. Gli esempi di Tangermed, Port Said, Shenzhen stanno li a ricordarcelo: i porti sono elemento attrattivo per investimenti e sviluppo delle supply chains per tutto il territorio che riescono a servire. Questo percorso potrebbe subire i contraccolpi dell’imminente appuntamento elettorale? I decreti di nomina della riforma portuale non prevedono meccanismi di spoil system. Anche in caso di cambio del governo i presidenti delle AdSP lavoreranno nel pieno del mandato e in continuità con gli orientamenti stabiliti dal Piano generale dei trasporti e della logistica. Almeno fino a indicazioni differenti. Vero è che c’è una pessima abitudine, tutta italiana, a cambiare le linee di indirizzo politico e ricominciare tutto daccapo. In altri paesi non è così. A Londra la ristrutturazione dei dock va avanti così come previsto dai piani strategici indipendentemente da chi è al governo. Un appello al prossimo governo, preservare la continuità nel settore portuale? La riforma in fondo è partita solo un anno fa ed è evidente che per dare un giudizio serio c’è bisogno di un certo rodaggio. D’altro canto è specificatamente previsto un “tagliando” entro i primi tre anni dalla sua approvazione. Proporrei di arrivare almeno a quel punto di verifica. Poi, se è necessario cambiare qualche punto critico, con-

servando quello che c’è di buono, lo si faccia pure. Sul versante lavoro arrivano le poche critiche al suo operato. Non le piace la concertazione? Dipende da quale significato si vuole dare alla parola. Se concertazione è coinvolgere le parti sociali nelle scelte strategiche di sviluppo del sistema portuale la mia porta è spalancata. Altra cosa chiedere all’AdSP di entrare nelle vertenze specifiche tra privati. Lo reputo un errore, a meno che non si tratti di questioni di carattere generale: per il resto esiste l’autonomia negoziale del sindacato che deve esercitare il suo ruolo nei confronti delle aziende così come previsto dal diritto del lavoro. Nascono da questa convinzione anche le perplessità su quanto previsto in materia dal correttivo alla riforma. Cosa non la convince? Sarebbe deleterio concepire le agenzie del lavoro come una sorta di ammortizzatore sociale, cosa peraltro già verificatasi nei casi di Gioia Tauro e Taranto. Si tratterebbe di esercitare un ruolo anche questa volta improprio. Se, invece, le agenzie si configurassero come reale strumento per gestire i processi di riconversione professionale, operazione necessaria visti i cambiamenti che occorreranno da qui a pochi anni sul fronte operativo, potrebbe tradursi in un’operazione intelligente. Per parte nostra è stata già scelta la strada da seguire: l’agenzia sarà uno strumento capace di modificare la struttura del mercato del lavoro per adeguarla


Pietro Spirito alle esigenze del sistema. O non sarà. Come si può rispondere alle tendenze monopolistiche dei grandi player dello shipping? È in atto una competizione oligopolistica in cui la posta in palio è il controllo verticale sulle banchine. In questo l’impostazione della riforma che ha puntato alla creazione di sistemi portuali può essere d’aiuto nell’evitare posizio-

ni sbilanciate. Il fenomeno non va più guardato adottando la logica del singolo porto ma quello di più scali messi a sistema e in grado di offrire al mercato una pluralità di soluzioni. Si consideri, ad esempio, la situazione di Napoli e di Salerno rispetto alle grandi alleanze armatoriali. Uno riceve il traffico di 2M, l’altro quello di The Alliance e Ocean Alliance. C’è una capacità distinta di servire tutto il mercato container. Per il porto di Napoli conferma il principio di non esclusività per le banchine in concessione? È una scelta che considero strategica. Anche per ottimizzare al massimo la loro capacità di movimentazione con la crescita presumibile dei traffici che arriverà una volta ultimati i lavori di dragaggio. Il criterio sarà applicato per tutte le concessioni messe a gara, ex novo o da rinnovare. Finito il commissariamento di Salerno bisognerà mettere mano all’integrazione tra i due porti, quanto sarà difficile? Con Francesco Messineo abbiamo lavorato fin da subito affinché il passaggio non rappresenti un punto traumatico. Con il comitato di gestione è stato già messo a punto il disegno organizzativo del personale. Poi si dovrà

lavorare per eliminare il sottofondo di diffidenza reciproca tra le due comunità portuali. Bisognerà capire soprattutto che un sistema funziona se il traffico non passa da una parte all’altro ma è in grado di attrarre nuovi flussi, come è accaduto in questo 2017. Cosa l’ha colpita maggiormente in positivo e in negativo in questo primo anno di presidenza? L’elemento di maggior soddisfazione è il clima di grande collaborazione istituito con la Regione e i sindaci di Napoli e di Salerno: la compattezza rispetto alle sfide che ci attendono è un’arma in più. Per la criticità rilevo un lavoro che deve essere condotto sulla cultura degli operatori, o meglio, su alcuni di loro che tendono ancora a considerare le banchine in concessione come un diritto proprietario. Ritornando all’inizio di questa discussione: si tratta della gestione di un bene dello Stato che viene affidata pro tempore. Certo, il patrimonio d’esperienza accumulato da chi opera in certi casi anche da più di mezzo secolo di attività è un elemento che va valutato e tenuto in considerazione. Ma i ruoli, i diritti e i doveri vanno rispettati. Giovanni Grande

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Napoli, ogni banchina risorsa da valorizzare

“N

el nostro sistema portuale ogni banchina sarà una risorsa da valorizzare. Rispetto al porto singolo il nuovo assetto configurato dalla riforma permetterà maggiori possibilità di sviluppo. Agli operatori l’Autorità di sistema chiederà infatti di perseguire un fine principale: attrarre i traffici che ancora non ci sono”. Francesco Messineo, Segretario Generale dell’AdSP del Mar Tirreno Centrale e Commissario fino al termine dell’anno del porto di Salerno, spiega i traguardi fissati dalla nuova governance dei porti campani. “Siamo impegnati a dare il massimo, nonostante un quadro normativo spesso complesso e incoerente che non facilita il raggiungimento degli obiettivi fissati nei modi e nei tempi previsti”. Con quali strumenti avete deciso di affrontare il rilancio del porto di Napoli? Abbiamo incentrato la nostra azione su tre punti: rilancio infrastrutturale, riorganizzazione delle aree e inquadramento della funzione del porto all’interno del sistema economico di riferimento. Sul primo, dopo essere a riusciti sbloccare l’annosa questione del dragaggio stiamo lavorando sulle altre opere: il nuovo assetto del Beverello, per il quale manca solo l’erogazione delle risorse finanziarie per appaltare i lavori, i collegamenti della futura Darsena di Levante, la ristrutturazione di alcune banchine, solo per citarne alcuni. Sulla riorganizzazione del porto? Preso atto della possibilità offerta dall’espansione delle banchine commerciali nell’area orientale, cercheremo di disegnare un porto più razionale. Ci doteremo di un masterplan con linee guida precise per le concessioni. L’idea

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è individuare a monte le destinazioni d’uso per mettere a gara aree, con attività più coerenti tra di loro, per gli operatori che dimostreranno di riuscire a perseguire meglio gli obiettivi generali fissati dall’ente. Per la funzione del porto? Lo scenario generale della portualità Mediterranea è cambiato, con nuove e interessanti possibilità che si aprono per tutti i porti italiani. Da parte nostra punteremo a servire innanzitutto il nostro bacino d’utenza. Nel giro di 250 chilometri possiamo essere il sistema portuale di riferimento per 15 milioni di abitanti, una nazione di media grandezza cui dobbiamo offrire un servizio pienamente efficiente. Lavoreremo per migliorare la ricaduta delle attività portuali sull’economia del territorio. Il vero valore di un porto, d’altro canto, sta nelle connessioni funzionali e razionali che riesce a instaurare. È il principio fondante alla base delle ZES. La vera novità dell’iniziativa non sta tanto nei meccanismi d’incentivazione ma nella capacità di attivare la formazione di supply chains estese a tutto il globo. E noi dovremo favorire questo processo. Quale ruolo giocherà Salerno nel sistema campano? È un porto che ha ampiamente dimostrato di saper stare sul mercato. Ma i traffici evolvono e bisogna far fronte alle sfide del gigantismo navale diffuso. Dragaggio, allargamento dell’imboccatura e Salerno Porta Ovest sono le risposte infrastrutturali su cui stiamo lavorando alacremente. A breve partirà una manutenzione straordinaria dei fondali in attesa dell’autorizzazione finale ai lavori di dragaggio da parte del ministero dell’Ambiente. Entro le prime settimane del 2018 dovrebbero invece essere terminate le indagini affidate

Francesco Messineo alla Stazione Anton Dohrn per rispondere alle pesanti e costose prescrizioni assegnateci lo scorso luglio. Se le cose andassero velocemente i lavori potrebbero partire già a fine autunno 2018, sfruttando la stagione invernale. Sull’allargamento dell’imboccatura c’è un appalto integrato che partirà appena il Provveditorato alle Opere Pubbliche di Napoli giudicherà positivamente i risultati delle verifiche di sicurezza che ci ha prescritto. Infine, la situazione di Salerno Porta Ovest che ci vede vincolati alla situazione di sofferenza dell’azienda appaltatrice, sottoposta, peraltro, a commissariamento straordinario. Le ipotesi in campo ci sono, dal recente annuncio della vendita del ramo d’azienda al suo affitto fino alle verifiche delle condizioni di inadempienza per giungere alla rescissione del contratto. Ma c’è da lavorarci ancora molto. Giovanni Grande


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A

un anno dall’entrata in vigore della riforma delle Autorità portuali, il riassetto organizzativo e gli obiettivi dichiarati dalla legge non sono stati ancora realizzati su tutto il territorio nazionale con la stessa efficacia. In talune regioni non tutti gli organi di gestione risultano costituiti, mentre, in altre, non si opera con la dovuta efficienza. A ciò va aggiunta la mancata convocazione del Tavolo di Coordinamento Nazionale, organo essenziale per la definizione della politica portuale italiana. Invece, in Campania si registra un primato: non solo si è provveduto alla tempestiva costituzione di tutti gli organi di gestione, ma, nel primo anno, l’attività degli apparati è stata particolarmente dinamica. Come evidenziato in più occasioni, nella nostra regione si è già dato corso ad una serie di procedimenti amministrativi di particolare rilevanza: cito a titolo esemplificativo la tempestiva approvazione del piano operativo triennale e del primo bilancio preventivo di sistema relativo ai tre porti (Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia) accorpati nella nuova Autorità; oltre a ciò, l’aggiudicazione definitiva della gara per i dragaggi e il compimento delle fasi successive, quali la stipula dei contratti e l’apertura dei cantieri. Evento, quest’ultimo, di indiscussa por-

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tata, se si pensa che la comunità portuale era in attesa di tale progetto da decenni. Quindi, il nostro modello sembra particolarmente efficiente, tanto da poter partire proprio dalla Campania per tracciare un primo bilancio degli effetti della riforma, verificando se gli obiettivi prefissati siano stati raggiunti e se le preoccupazioni manifestate all’indomani dell’entrata in vigore della legge siano ancora fondate.

Analizzando le prime fasi dell’operatività in Campania, si può sostenere che gli obiettivi dichiarati di semplificazione burocratica, di riorganizzazione amministrativa e di razionalizzazione del sistema di governo sono in corso di realizzazione. Se poi consideriamo i tempi rapidi con i quali si stanno attuando i citati provvedimenti amministrativi, si può affermare di essere sulla buona strada. Anche il nuovo assetto organizzativo sembra funzionare in maniera efficiente: come è noto, uno dei punti di maggiore inefficienza delle vecchie A.P. era costituito dalla difficoltà di funzionamento e dalla lentezza dei comitati portuali, che, infatti, erano considerati modelli superati, in quanto fonti di conflitti di interessi e incapaci di garantire il necessario equilibrio di sistema. La riforma, facendo propria quest’ultima posizione, ha disegnato una struttura più snella e, pertanto, più funzionale e il modello organizzativo che ne è scaturito sembra - al momento - produrre i risultati attesi. Al contrario, inizialmente la riforma fu accolta con qualche preoccupazione soprattutto da parte degli operatori portuali: 1. con il mutato assetto organizzativo, essi intravedevano il rischio di non essere più rappresentati: ci si in-


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Salerno

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terrogava su quali sarebbero stati i limiti della funzione consultiva e in che misura il parere del Tavolo di Partenariato avrebbe influito sulle decisioni del Comitato di Gestione; si paventava, perciò, il rischio concreto di non poter incidere sulle decisioni strategiche ed operative. È trascorso un anno e l’esperienza della Campania testimonia risultati in tutt’altra direzione: gli operatori sono stati sistematicamente consultati in occasione delle frequenti riunioni fino ad ora convocate e non si sono registrati casi di conflittualità tra organo deliberante ed organo consultivo; 2. un secondo timore era costituito dal possibile squilibrio nel rapporto tra politici e tecnici all’interno dell’organo di governo del porto. La questione non è nuova e si è posta in tante occasioni in cui - con la vecchia normativa - si procedeva all’individuazione e alla nomina del Presidente dell’Autorità portuale. Anche in questa circostanza, il caso Napoli è emblematico: l’ultimo contenzioso prima della riforma riguardava proprio la sussistenza di tali requisiti in capo ai vertici. Con la riforma, si definiscono con precisione le competenze e i titoli richiesti per la designazione dei componenti del Comitato di Gestione, ovvero: “comprovata esperienza e qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale. ”Sempre per riferirci al modello Campania, c’è da rilevare che ci si è mossi in tal senso, non solo perché il rapporto tra politici e tecnici è senza dubbio a favore di questi ultimi, ma soprattutto perché la componente tecnica risulta rappresentata in modo equilibrato, facendo riferimento al mondo della logistica, della portualità e dei servizi; 3. il terzo, ed ultimo, aspetto che

merita un ragionamento più articolato, riguarda il rapporto tra il Tavolo di Coordinamento Nazionale e il Comitato di Gestione locale. In questo caso, purtroppo, non possiamo ancora riferirci a casi concreti, in quanto, come accennato in precedenza, al momento in cui si scrive non è stato ancora convocato il Tavolo Nazionale. Possiamo, dunque, provare a fare un ragionamento teorico. L’istituzione del Tavolo Nazionale ha lo scopo di fissare le linee guida della politica portuale, all’interno delle quali si muoveranno le singole autorità di sistema. Sarà presieduto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, comprenderà al suo interno i Presidenti delle singole AdSP e definirà gli strumenti di intervento nei singoli sistemi all’interno dei quali si muoveranno gli operatori. Si delinea, così, una struttura a tre livelli (Tavolo centrale/Autorità di Sistema Portuale/Operatori locali), la cui logica, nonché gli obiettivi sono rivolti al soddisfacimento di due esigenze in particolare: A. considerare l’insieme delle AdSP come unico sistema (sistema Italia), al fine di accrescere la competitività rispetto agli altri porti del Mediterraneo e dell’Europa. B. interrompere il flusso di investimenti strutturali a pioggia, per razionalizzare e coordinare gli interventi in base alle vocazioni di ciascun porto e agli obiettivi di sistema. Anche in questo caso si pone in maniera molto evidente la necessità di definire con chiarezza il rapporto tra politica nazionale e locale, nonchè di determinare che grado di autonomia avranno le AdSP locali rispetto alla politica portuale definita dai vertici del

sistema. Ne consegue, dal punto di vista degli operatori, una possibile preoccupazione sull’eventualità che questo nuovo sistema possa produrre una modifica sostanziale del concetto di concorrenza all’interno dei sistemi portuali. Si è sempre sostenuto, infatti, che la concorrenza tra i porti avvenga tra gli operatori e non tra le autorità portuali e che sia il mercato a stabilire l’apertura o la chiusura di un porto, il suo sviluppo e la sua vocazione. In questo mutato scenario rischiamo di invertire la logica, approdando ad un sistema più orientato verso il vertice della piramide, nel quale le decisioni su “chi fa cosa” potrebbero essere fissate dall’alto e non dalla concorrenza, in nome della razionalizzazione, del coordinamento e della riduzione degli sprechi; esigenze, queste, senza dubbio legittime e prioritarie, ma che devono tener conto del ruolo fondamentale dei privati in un regime economico liberista. In altri termini, è giusto che ci sia un coordinamento, ma non bisogna sottovalutare il ruolo degli operatori, la loro capacità di conoscere a fondo la realtà locale di un porto, la loro visione globale, il loro autorevole e qualificato punto di vista. Come coniugare, allora, politica nazionale ed esigenze locali? A mio modo di vedere, tutto dipenderà essenzialmente dalle singole Autorità di Sistema; in particolare, il rapporto tra coordinamento nazionale e realtà locale sarà determinato dalle modalità di interpretazione delle linee guida e dalla abilità dei rispettivi Presidenti di valutare le istanze locali. In definitiva, dalla capacità di fare sistema da parte delle Istituzioni e degli Operatori. Questa è la grande scommessa! Stefano Sorrentini Presidente Assoagenti

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Gruppo Palumbo, rafforzare le posizioni di mercato I

l network di cantieri Palumbo punterà a rafforzare la sua presenza anche fuori dal bacino del Mediterraneo. “In questo momento a Tenerife contiamo su una banchina e spazio per fare riparazioni con nave galleggiante ma stiamo studiando la concreta possibilità di un’ulteriore espansione per un’area che riteniamo molto interessante sotto il profilo del potenziale di sviluppo”. È quanto spiegato a Porto&Interporto da Andrea Sabbion, Sales Manager – Commercial Ships Division di stanza nella sede monegasca del Gruppo. “Sul breve termine non prevediamo ulteriori acquisizioni, pur continuando a guardarci attorno. L’obiettivo principale rimane l’ulteriore consolidamento della rete esistente in previsione di una accelerazione del mercato”. In che modo si è andato strutturando il network Palumbo? Ogni cantiere, per ovvi motivi legati a dotazioni infrastrutturali e geografiche, si sta avviando verso una sorta di specializzazione pur conservando nel complesso un certo grado di intercambiabilità. Malta è la realtà che offre la maggiore flessibilità operativa potendo operare su tutti i tipi di unità, compreso il refit di superyacht. Messina per posizione geografica e disponibilità di bacino si sta affermando come punto di riferimento per i traghetti. Napoli riesce a soddisfare le richieste della committenza di base in Campania mentre Marsiglia, pur destinata al refit di superyacht può operare anche su piccole unità mercantili e da rimorchio. Infine, c’è Ancona, destinata al new building e Tenerife che offre diverse soluzioni e su cui si lavorerà per raggiungere una connotazione via via più precisa. Quale bilancio per il 2017? Complessivamente abbiamo lavorato su circa 400 navi, dalle piccole

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imbarcazioni galleggianti agli interventi più complessi in bacino per Ro-ro e cruise. Tra questi da sottolineare la riconversione effettuata a Malta della “Silver Cloud” in unità “ice class”. La nave è stata trasformata, a partire dal rafforzamento della carena, per rispettare i parametri del “polar code” che prevede particolari prescrizioni in merito ai criteri di sicurezza e stabilità. Munita di tutte le dotazioni per navigare in acque polari entrerà a far parte della flotta “Expedition” di Silversea. Importante anche le operazioni di manutenzione, refitting, trasformazione e riconversione effettuate a Napoli e Messina sulle unità della flotta Tirrenia e Moby. Le prospettive per il prossimo anno? Il nostro è un settore ciclico, le navi devono comunque fermarsi ogni 3/5 anni. Ci aspettiamo un 2018 positivo, in linea con i risultati più che buoni del 2015. Una fiducia suggerita anche dagli adeguamenti che saranno necessa-

ri con l’obbligatorietà del “ballast water treatment”. Un’ottima occasione sia per le ditte produttrici degli impianti sia per i nostri cantieri che hanno a disposizione strutture, personale e know how per operare su questo fronte. Quanto ai segmenti più remunerativi, con la perdurante crisi del settore oil and gas, punteremo con decisione ancora su traghetti e supercruise. Napoli continuerà ad essere centrale per il Gruppo? Nel modo più assoluto e a maggior ragione con la chiusura della lunga parentesi di commissariamento del porto. Sono stati anni difficili in cui volenti o nolenti abbiamo dovuto trasferire altrove il nostro business. Auspichiamo un veloce superamento delle criticità e una nuova attenzione per un settore che, con la lunga e complessa filiera produttiva coinvolta, può rivestire un ruolo strategico per il rilancio di tutta l’economia portuale. Giovanni Grande


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Panama e Cina sottoscrivono accordo di cooperazione P

anama ha ricevuto dalla Cina lo status di “nazione favorita” per le questioni marittime da parte della Cina. È quanto prevede l’accordo di cooperazione siglato dal ministro per gli Affari Marittimi del paese centroamericano, Jorge Barakatt Pitty, e l’omologo cinese Li Xiaopeng. Testimoni d’eccezione della firma il presidente della Repubblica Panamense, Juan Carlos Varela Rodriguez, e quello della Repubblica Popolare Cinese, XI Jinping. Punto qualificante dell’intesa l’applicazione di tariffe preferenziali per le navi battenti bandiera panamense in arrivo nei porti cinesi. Una misura che dovrebbe favorire lo sviluppo degli scambi commerciali internazionali, considerando che il registro centroamericano gestisce la più grande flotta al mondo. Tra gli obiettivi perseguiti anche la cooperazione per lo sviluppo del sistema logistico e lo scambio di informazioni sui porti di entrambi i paesi. L’accordo prevede inoltre il riconoscimento reciproco dei titoli per la gente di mare nonché semplificazioni per

Il Presidente della Repubblica di Panama, H. E. Juan Carlos Varela Rodrìguez e il Presidente della PRC, Xi Jinpig, testimoni della firma del Maritime Cooperation Agreement lo sbarco temporaneo. Infine, l’apertura di un Segumar (Ufficio Tecnico per la Documentazione Marittima) a Shanghai faciliterà il collegamento tecnico

tra le due amministrazioni per tutte le questioni inerenti la sicurezza delle unità marittime. Giovanni Grande

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Messina e Milazzo, impegno per opere fondamentali “C

ontinuo a lavorare come fosse il primo giorno, assicurando nuovi investimenti e programmando opere fondamentali per i porti di Messina e Milazzo. Abbiamo infatti appena approvato in Comitato il nuovo Bilancio e il Piano Operativo Triennale 2018-2020, inserendo interventi strategici di ampio respiro che garantiranno alle attività portuali e al territorio sviluppo, occupazione e recupero di aree pregiate del waterfront, a servizio delle città ma soprattutto dei traffici marittimi”. Antonino De Simone Commissario Straordinario dell’Autorità Portuale di Messina, affiancato ora dal nuovo Segretario Generale facente funzioni Ettore Gentile, continua così il suo impegno costante alla guida dei due porti siciliani in attesa di conoscere il futuro dell’Ente e traccia le linee di sviluppo e la rete di collaborazione interistituzionale necessaria per una programmazione sostenibile della portualità dello Stretto. La Città di Messina e l’AP hanno infatti intrapreso nel corso degli anni un percorso comune improntato alla condivisione e volto al rafforzamento delle funzioni portuali, superando vecchie visioni di sviluppo antitetiche fra città e infrastrutture portuali e ferroviarie. L’obiettivo operativo è il rafforzamento

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strategico dell’asse Zona Falcata-Tremestieri, ove il porto storico e quello di Tremestieri assumono la funzione di attrattori/generatori di sviluppo, turistico da un lato, grazie all’importante flusso crocieristico, e commerciale dall’altro. Lungo questo asse si innestano pertanto un set di progetti, tra loro coordinati, orientati a rafforzare la connessione ferroviaria alla rete portuale; completare il processo di connessione dell’ultimo miglio tra la rete autostradale e la rete portuale; favorire l’accessibilità marittima e lo sviluppo di funzioni e servizi connessi alla fruizione del mare; riqualificare il waterfront e i servizi ai crocieristi e passeggeri; favorire la connessione tra attività industriali e produttive e sviluppo della portualità. A testimonianza di tale processo virtuoso si è quindi proceduto al cofinanziamento da parte dell’AP dell’ammodernamento della Via Don Blasco, per 5.000.000 di euro al Comune di Messina, quale soggetto attuatore, ai fini del miglioramento delle condizioni connesse al cosiddetto “ultimo miglio” ed al recente avvio del contratto di completamento dello scalo ro/ro di Tremestieri. E sempre in quest’ottica si prevedono due cofinanziamenti al Comune di Messina per il recupero di aree e la riqualificazione dell’area Stazione Marittima - S. Cecilia, il primo

comprendente la bonifica di aree e realizzazione di un parco urbano “Maregrosso - Via Don Blasco” per 7.000.000 di euro di cofinanziamento e il secondo comprendente la bonifica di aree e realizzazione di un parco urbano “Stazione Marittima” per 19.850.000 di euro di cofinanziamento. A servizio degli importanti flussi crocieristici del porto di Messina è stata poi prevista la realizzazione del nuovo terminal crociere per una spesa pari a 2.000.000 di euro. Altrettanto considerevole è l’impegno previsto per il porto di Milazzo e il suo comprensorio. Fra le opere più significative il POT prevede, in cofinanziamento con il Comune di Milazzo, la progettazione e la realizzazione, per un totale di 3.000.000 di euro, di una nuova strada di collegamento fra l’asse viario e il porto, il cui studio di fattibilità è già stato completato. Si tratta anche in questo caso di un intervento strategico, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, mirato a garantire una viabilità dedicata di accesso alle aree portuali in alleggerimento delle arterie viarie cittadine dal traffico gommato diretto al porto. E’ stato inoltre previsto l’allargamento del Molo Foraneo, al fine di realizzare una banchina di maggiore larghezza idonea sia per le operazioni commer-


ciali che per i servizi destinati al crocierismo, permettendo una migliore fruizione di tale area. Il costo dell’intervento è di 7.000.000 di euro. E ancora, sempre nell’ottica di potenziare le infrastrutture dedicate al traffico crocieristico, l’AP ha previsto la realizzazione di un pontile e delle necessarie dotazioni per consentire l’ormeggio all’esterno del Molo Foraneo di navi da crociera. Permangono invece gli impegni relativi alle opere di potenziamento del porto, quali i lavori di dragaggio del porto ed i lavori di completamento delle banchine di accosto e dragaggio fondali operativi. Ottenute le autorizzazioni aggiuntive da parte del Ministero dell’Ambiente, e superate alcune difficoltà tecniche, è stato possibile avviare e procedere con l’iter di realizzazione delle opere. Altra opera di assoluta importanza, già da anni discussa e finalmente in corso di avvio, è il nuovo pontile commerciale in località Giammoro, che in futuro potrebbe assorbire il traffico siderurgico presente sui porti di Messina e Milazzo fornendo ulteriore slancio al settore siderurgico. Il pontile, tuttavia, è stato concepito per poter movimentare all’occorrenza anche rinfuse di altra natura. Dopo i rallentamenti dovuti ai vari ricorsi pendenti al TAR l’iter è stato sbloccato con affidamento all’impresa aggiudicataria e tutt’ora in corso di attuazione. La realizzazione dell’ope-

Antonino De Simone ra prevede un impegno finanziario di 25.000.000 di euro. Quest’ultima opera ben si inserisce nella programmazione di opere di arricchimento infrastrutturale dell’area, dove, di concerto con le altre Amministrazioni competenti, si vorrebbe in futuro istituire una ZES, iniziativa da anni sollecitata e promossa proprio dall’Autorità portuale. RedMar

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Sicilia Orientale mettere a sistema tutte le opportunità

al settore commerciale a quello turistico. Il sistema portuale della Sicilia Orientale racchiude tra Augusta e Catania tutte le modalità di trasporto marittimo. Posto al centro del Mediterraneo in posizione strategica rispetto a Suez e alle principali rotte delle crociere serve tuttavia un retroporto deficitario a livello infrastrutturale e da riorganizzare sotto il punto di vista di una logistica efficiente e del marketing territoriale. “Bisogna ancora lavorare molto per mettere a sistema tutte le potenzialità esistenti – spiega il presidente dell’AdSP Andrea Annunziata – anche per sfruttare al meglio l’occasione di rilancio industriale che può essere rappresentata dalle ZES”. Quali sono i principali interventi previsti per il sistema portuale della Sicilia Orientale? L’adeguamento infrastrutturale di Augusta e lo sviluppo dei collegamenti con l’interno sono essenziale per il rilancio della vocazione commerciale dello scalo. Di fatto è avviato il progetto per il rifacimento dei capisaldi della diga foranea, opera da 12 milioni di euro che garantirà le migliori condizioni per il traffico navale. Importante anche l’intervento per portare i piazzali commerciali da 300mila a 1 milione di metri quadri e il collegamento ferroviario da 3 chilometri che connette l’area industriale con la rete esistente. Un primo passo verso l’intermodalità che può rappresentare la chiave di volta sia per il rilancio delle attività portuali sia per rafforzare ulteriormente l’attrattività delle future ZES. Crede che queste possano costituire un’occasione di sviluppo per la Sicilia?

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Andrea Annunziata L’isola può ambire a giocare un ruolo strategico nel Mediterraneo ma va assolutamente potenziata la sua infrastrutturazione. In quest’ottica gli strumenti di facilitazione previsti dalle ZES possono rappresentare un elemento catalizzatore. Al centro del Mediterraneo, un sistema coeso e polisettoriale come quello costituito da Catania ed Augusta può giocare un ruolo importante. Possono essere intercettati i traffici marittimi che dal Far East, attraverso il nuovo Suez, entrano nell’area del bacino del Mare Nostrum. Ma va potenziato anche la rete di connessioni con tutto il Sud Italia. Il traffico commerciale non può ridursi solo ai container e le rotte delle autostrade del mare che già toccano il nostro sistema devono esse-

re in grado di guardare ai paesi della sponda Sud. Catania riuscirà a diventare punto di riferimento per le crociere? C’è un bellissimo progetto di riqualificazione del waterfront che reputo il punto di partenza per impostare una strategia complessiva sul settore turistico. Intanto, vanno sviluppate le interazioni culturali tra città e porto: i cittadini devono usufruire delle aree portuali. Poi va affrontata un’operazione di marketing territoriale per la valorizzazione della bellezza paesaggistica, culturale, enogastronomica di questa terra. È un problema che purtroppo riguarda tutto il Sud. È per questo che anche nel settore crociere auspico la costruzione di circuiti con la Campania e gli altri porti meridionali: c’è un potenziale da cogliere. Anche per sfruttare a nostro vantaggio il raffreddamento verso le destinazioni per il Nord Africa a causa dei disordini politici. Cosa serve per raggiungere questi obiettivi? Ho una certa esperienza al riguardo e riprendo una tematica che agito da tempo: c’è bisogno di una burocrazia meno asfissiante e di una volontà di fare squadra a tutti i livelli che non sempre è presente. I porti sono volani di sviluppo incredibile ma non possono essere considerati solo luoghi di passaggio. La merce deve fermarsi sul territorio, andare ad alimentare il nostro tessuto manifatturiero. E lo stesso discorso vale per le crociere. I turisti devono scendere dalle navi, vivere la città e godersi le risorse enormi che il territorio può mettere a disposizione. Giovanni Grande


Presentato il porto commerciale a Fiumicino

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l Comitato di Gestione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale - Porti di Roma e del Lazio, ha approvato il 30 ottobre scorso, l’Adeguamento Tecnico Funzionale (ATF) al Piano Regolatore Portuale (PRP) di Fiumicino allo scopo di ottimizzare talune funzioni previste nel PRP. In particolare, è stato previsto lo scambio di funzioni tra le aree e banchine destinate alla cantieristica navale (inizialmente collocate a ridosso della diga di sottoflutto) e le banchine destinate alle navi da crociera (inizialmente collocate in prossimità della darsena pescherecci). Questo scambio di aree consentirà una più rapida delocalizzazione della cantieristica navale, che insiste oggi lungo il canale di Fiumicino in stretta vicinanza con il contesto cittadino. Il progetto del porto commerciale di Fiumicino prevede, infatti, una realizzazione per fasi, di cui la prima sarà quella della realizzazione della Darsena Pescherecci (in considerazione delle criticità per l’accesso e l’attuale stazionamento della flotta pescherecci nel Canale di Fiumicino) e la cui banchina, nella parte Nord, sarà appunto destinata, a seguito del predetto ATF, alla cantieristica navale. Per quanto concerne le banchine destinate alle navi da crociera si segnala che la decisione di dotare il futuro porto commerciale di Fiumicino anche di una modesta funzione crocieristica è stata

Francesco Maria Di Majo a suo tempo assunta (la variante al PRP è stata adottata con Delibera della Giunta della Regione Lazio nel 2012) in una logica di sistema del network laziale affinchè il porto di Fiumicino e anche il porto di Gaeta potessero essere complementari rispetto al porto di Civitavecchia (primo porto d’Italia per le crociere con circa 840 accosti), tenuto anche conto della necessità di dover soddisfare, in futuro, un ulteriore aumento della richiesta di banchine per tale tipologia di navi. E’, comunque, in atto un approfondimento da parte dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale

al fine di poter non solo assicurare la predetta complementarietà nel settore crocieristico (già riconosciuta nel Piano Integrato di Sviluppo Sostenibile delle Infrastrutture del Quadrante Nord Ovest dell’Area Romana, recentemente adottato dal MIT con decreto del 28 luglio 2017) ma anche di valutare il valore aggiunto che lo scalo di Fiumicino potrà offrire all’intero network portuale laziale. Dal punto di vista della sostenibilità finanziaria il progetto del porto commerciale di Fiumicino dovrebbe poter contare su un importante co-finanziamento da parte della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e si auspica che il MIT possa fornire il necessario contributo per assicurare il rimborso delle rate di tale finanziamento. Inoltre, la Regione Lazio ha recentemente stanziato (500.000 euro per l’anno 2018 e 500.000 euro per l’anno 2019 con la legge Regionale n.9 del 2017) una somma che sarà poi destinata in parte per la progettazione o realizzazione delle opere del Porto di Fiumicino. Al fine di poter assicurare l’intera sostenibilità finanziaria del progetto, l’AdSP sta cercando di promuovere anche investimenti da parte dei privati ed in particolare di operatori del settore marittimo. Allo stato non sono tuttavia ancora pervenute formali dichiarazioni di intenti da parte di operatori privati. Stefania Vergani

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Ormeggiatori al lavoro

per standard internazionali

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n un contesto caratterizzato da navi sempre più grandi e tecnologiche le problematiche di sicurezza legate all’ultimo tratto di navigazione, quello che in porto si svolge in spazi ristretti e trafficati, in prossimità della banchina, rischia di passare in secondo piano. E’ proprio in questa fase delicata dell’operatività marittima che il servizio d’ormeggio deve fornire una risposta in termini di sempre maggiore professionalità. “Una ricerca di efficienza che va perseguita a livello globale, con un adeguamento continuo ai tempi che cambiano e una capacità di rappresentanza del settore in grado di dialogare ai piani alti, dove si decide il futuro delle attività marittime”. Sono gli obiettivi perseguiti da Marco Mandirola, presidente dell’International Boatmen’s Linesmen’s Association – IBLA, l’organizzazione “no profit” nata nel 2006 a Ravenna con lo scopo di favorire lo scambio di informazioni, esperienze, e competenze nel settore delle attività tecnico – nautiche. Quale bilancio nel 2017 per IBLA? È stato un anno proficuo. Abbiamo registrato l’ammissione degli ormeggiatori dell’Uruguay, dell’Iran e di Rijeka e ricevuto la richiesta di ammissione da parte dei colleghi di Panama. Ad oggi riuniamo così le società d’ormeggio di

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quasi tutta Europa, degli Stati Uniti, di Tunisia e Marocco, per l’Africa del Nord e degli Emirati Arabi. Siamo ancora carenti sul fronte asiatico, dove un certo grado di diffidenza rende più difficile la costruzione di legami solidi. L’idea, in generale, è fare leva sui contatti transnazionali per rendere omogenee le istanze e ridurre la tendenza a mettere in secondo piano i temi fondamentali del rispetto delle regole e dei diritti primari. Gli obiettivi principali della vostra azione? Essenziale è la definizione di standard minimi e vincolanti a livello internazionale. Oltre al riconoscimento della specificità del nostro ruolo. Su questo punto abbiamo lavorato proficuamente con l’IMO nel processo di revisione del regolamento Solas, in particolare sul capitolo inerente la manutenzione e la verifica dei cavi di ormeggio. Crediamo di avere le conoscenze sufficienti per capire se un’attrezzatura va sostituita o meno ponendoci nel ruolo di interfaccia per la segnalazione di avarie presso l’autorità marittima. In attesa della votazione, prevista per il primo semestre del 2018, siamo impegnati con il riconoscimento, sempre presso l’IMO, come “Membri Auditori”. Di cosa si tratta?

L’obiettivo, da perseguire con il rafforzamento del nostro bacino di iscritti, è quello di poter partecipare a Londra alle riunioni in cui sono trattati i temi relativi alla categoria. In questo modo potremmo interloquire in modo più efficace con il livello decisionale, correggendo impostazioni dannose per il futuro dell’attività. Il pericolo da evitare è che passi l’idea dell’ormeggio come servizio marginale e non come cardine della sicurezza della navigazione nel porto e nelle acque ad esso adiacenti. In che modo sta cambiando l’attività dell’ormeggiatore? Il ricorso sempre più spinto all’automazione incide sulle condizioni di lavoro a bordo e in banchina. La tendenza a gestire attraverso la strumentazione la quasi totalità delle operazione rischia paradossalmente di complicare la gestione della manovra, soprattutto in spazi ristretti e congestionati, laddove ci è richiesto un surplus di applicazione mentale e manuale. È proprio questa condizione a rendere necessaria l’individuazione delle specificità proprie al nostro ruolo: l’unico modo per rispondere a un mutamento degli assetti armatoriali sempre più indirizzati verso il ridimensionamento degli equipaggi e l’eterogeneità della loro composizione. Giovanni Grande


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Ormeggio, soddisfazione per Regolamento Europeo

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l 2017 è stato l’anno del regolamento europeo per l’accesso al mercato dei servizi portuali, un passaggio importante per la categoria degli ormeggiatori che ha visto riconosciuta da Bruxelles la correttezza e la validità dei differenti modelli presenti a livello nazionale”. Alessandro Serra, vice presidente dell’Angopi, tratteggia un primo positivo bilancio dell’attività a capo dell’EBA (European Boatmen’s Association), l’associazione europea degli ormeggiatori, indicando in formazione e standard professionali i prossimi obiettivi da perseguire a livello comunitario. Come giudica il regolamento europeo sui servizi? Si è trattato di un documento molto criticato e discusso ma soddisfacente dal nostro particolare punto di vista. Riconosce vari modelli di erogazione del servizio di ormeggio nei porti europei individuando un necessario minimo comun denominatore nella presenza di un soggetto unico, indipendentemente dal modello organizzativo scelto dal singolo paese. Importante, soprattutto, la definizione di “internal operator”. Ovvero la figura che avvalendosi di oneri di servizio pubblico, attraverso tariffe chiare, trasparenti e predeterminate, ricopre una esplicita funzione di sicurezza. Un soggetto che giustificando la restrizione del mercato coincide in larga parte con il modello italiano che si ritrova definitivamente al riparo da qualsiasi contenzioso. Chiuso questo capitolo su cosa punterà l’azione dell’EBA? L’esigenza principale è quella di tra-

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Alessandro Serra sfondere nella normativa comunitaria i contenuti della circolare del comitato Fal dell’IMO su caratteristiche formative e standard professionali dell’attività di ormeggiatore. Considerando la difficoltà ad ottenere un regolamento o una direttiva ad hoc con l’aiuto di Feport, Espo e ITF sfrutteremo lo strumento del dialogo sociale previsto dall’Ue con l’apertura di un tavolo tecnico di confronto. Come si articolerà questo percorso? Pensare a standard comuni per un settore di “nicchia” come è quello degli ormeggiatori significa perseguire un obiettivo senza dubbio ambizioso. Il dialogo sociale prevede una serie precisa di step: il tavolo tecnico innanzitutto dovrà essere riconosciuto e avallato

dalla Commissione. Poi dovremo presentare uno studio che attraverso il confronto tra parti datoriali e sindacali andrà a strutturare le misure di contrattazione da proporre ai paesi membri. Un iter non semplice che potrebbe risolversi nel giro di un paio d’anni. In che modo la tecnologia potrà coadiuvare l’attività futura degli ormeggiatori? Il gigantismo navale complica notevolmente la nostra attività. Soprattutto in condizioni atmosferiche avverse le tensioni sempre maggiori cui sono sottoposti i cavi fanno aumentare la possibilità di rottura con grosse problematiche sui livelli di sicurezza delle acque portuali. Sotto questo aspetto il Gruppo di Genova sta conducendo, d’intesa con il ministero, un’interessante sperimentazione con lo Shore Tension, dispositivo sviluppato dai colleghi di Rotterdam. In breve, si tratta di un pistone aerodinamico che garantisce una maggior tenuta della nave nel corso delle operazioni di ormeggio. Come sta procedendo la sperimentazione? I risultati sono positivi, in particolar modo per uno scalo come Genova sottoposto a forti venti di tramontana. Il dispositivo è mobile, viene spostato sulla linea di ormeggio, dove serve, senza costi aggiuntivi. A valle di questo periodo di prova c’è stata infatti un’accurata concertazione sul modello di utilizzo e sulle tariffe da applicare: si è riusciti a farlo rientrare nella normale tariffa. In pratica, rappresenta un valore aggiunto per il servizio. Giovanni Grande


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Crescita e investimenti nel futuro di InRail

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i chiude un anno positivo per InRail e le altre imprese del gruppo. Sono partite nuove relazioni e progetti, a conferma della forte capacità di “leggere” il mercato e proporre soluzioni di trasporto affidabili e sicure. Guido Porta, Presidente e CEO di InRail spiega: “Prevediamo di chiudere il 2017 con un fatturato sopra i 30 milioni di euro, in crescita del 13-14% rispetto al 2016 e una produzione attorno a 1,2 milioni di treni/km. Per il 2018 l’obiettivo sono 1,4 milioni di treni/km, grazie anche alle nuove locomotive Vectron e a 30 nuovi agenti. L’attività si sta sviluppando bene, e troviamo interesse anche in clienti che fino a ieri erano refrattari alle imprese ferroviarie private”. Uno dei risultati più significativi di quest’anno è lo sviluppo su Trieste. “Noi non operavamo su Trieste – racconta Porta - area in mano alle imprese di matrice tedesca, quest’anno, soprattutto per conto di Ekol, operatore logistico turco, siamo arrivati a produrre da Trieste su Tarvisio 15 coppie di treni a settimana. La nostra politica è consolidarci sulle relazioni per area in modo da ottimizzare personale e flussi, per cui siamo presenti su Tarvisio, Villa Opicina, Ravenna, tutta l’Emilia, Brescia, Domodossola e facciamo anche dei treni Est-Ovest e viceversa con delle relazioni da Tarvisio su Genova e altre da Ventimiglia per San Giorgio di Nogaro e Basiliano”. Estero, ad Est, vuol dire soprattutto Austria e Slovenia e InRail ci sta pensando. “Stiamo lavorando per il certificato di sicurezza in Slovenia dove abbiamo già una sede a Nova Gorica - continua il presidente di InRail - il primo obiettivo

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Guido Porta è fare treni in Slovenia in autonomia, visto che abbiamo già anche i locomotori adatti, e poi non escludiamo di attestarci oltre il confine austriaco a Furniz, ad appena 25 km da Tarvisio: ci sarebbe molto utile da un punto di vista operativo, visto che i treni che arrivano dall’Est sono spesso in ritardo. Meglio attendere in un centro intermodale che al confine. Nel 2018 InRail aggiungerà altre tre locomotive alle 11 già in servizio e la scelta dei nuovi mezzi sottolinea l’attenzione di InRail all’innovazione. “Queste Vectron, sono anche un po’ un esperimento, perché una è monotensione, come quelle che già abbiamo con FuoriMuro (l’impresa ferroviaria del gruppo con base a Genova), una è multitensione ed una invece è bimodale, elettrica e con modulo di trazione

diesel - precisa Porta - Questa potrà rendere fattibile da un punto di vista economico, traffici che ora non lo sono per via degli alti costi di manovra nei terminal non elettrificati. Anche nelle altre imprese del Gruppo non mancano comunque novità interessanti. “FuoriMuro fa le manovre all’interno del Porto di Genova e quest’anno ha movimentato circa 5000 carri in più, abbiamo una maggiore presenza su Voltri, e poi vogliamo fare treni dal Porto. C’è un progetto con Ferrovie Nord per un collegamento porto-retroporto e studiamo se attestare del traffico al loro terminal di Sacconago, vicino a Busto. Per il traffico di FuoriMuro con la Francia invece pensiamo di passare da 230 a circa 300-320 circolazioni/anno. Infine per alcune tratte vogliamo fare treni da 2000 ton. invece che da 1600 con una sola locomotiva. Metrocargo Italia, che opera da MTO, ha cominciato a gestire il terminal affittato da RFI a Borgo San Dalmazzo dove abbiamo anche una nostra reach staker, Vorremmo far partire alcune relazioni da lì fino a Portogruaro, con sabbie all’andata e cereali al ritorno, e per questo abbiamo fatto un investimento importante, circa 650 mila euro per 80 casse mobili da 30 piedi che possono portare sia sabbia che cereali. Saranno usate anche sulle relazioni con la Francia. Infine, Metrocargo ha partecipato alla gara di Mercitalia per la gestione del terminal di Novi San Bovo che potrebbe diventare un punto di consolidamento di traffici dalla Francia e dai porti, da rilanciare poi su relazioni nazionali e internazionali più lunghe”. Franco Tanel


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Mission dell’ITS Maddaloni: valorizzare il capitale umano L

a grande novità del 2017 per l’ITS Mobilità Sostenibile di Maddaloni è stata l’inaugurazione del primo corso destinato al settore aeronautico. “Un’iniziativa – spiega il presidente dell’Istituto ospitato dall’Interporto Sud Europa, Prof. Ing. Vincenzo Torrieri – accolta con favore fin dalla presentazione del bando che ci permette di consolidare e diversificare un’offerta formativa che si alimenta di un continuo dialogo con il mondo produttivo”. L’Istituto, una fondazione con riconoscimento ministeriale per la formazione terziaria, ovvero una post scuola secondaria di tipo professionale non universitario, propone dal 2012 programmi biennali definiti sulle esigenze delle imprese che fanno parte consiglio direttivo. “Annualmente – conferma Torrieri – viene condotta un’analisi delle figure più richieste in base alla quale organizziamo i nostri corsi”. Quali sono state le principali novità di quest’anno? Per il corso di “Tecnico superiore per servizi trasporti e logistica” sono stati stipulati una serie di accordi con gli operatori per stage semestrali in Campania, Lazio e Nord Italia. Queste esperienze sul campo partiranno da gennaio per concludersi alla vigilia degli esami di fine percorso previsti a luglio. I ragazzi accederanno alle aziende sulla scorta di un piano formativo realizzato ad personam, sulla scorta di appositi colloqui. Convenzioni su tutto il territorio italiano sono state stipulate inoltre anche con imprese aeronautiche e ferroviarie. Quanto spazio è stato riservato

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Vincenzo Torrieri nei programmi per le tecnologie 4.0? Abbiamo puntato moltissimo sull’informatica applicata attraverso tre laboratori di 100 ore ciascuno dedicati a tre applicativi rispettivamente per la gestione magazzini, costi e intermodale. Un input che ci è arrivato direttamente dalle imprese. In generale, è la natura stessa dell’offerta degli Istituti Tecnici Superiori a soddisfare la filosofia dell’industria 4.0. Questa, infatti, valorizza non solo le attività di produzione ma soprattutto il capitale umano, basandosi essenzialmente sulla preparazione adeguata degli operatori. Ad oggi, in tutta Italia sono partiti solo 7-8 progetti scolastici aggregati a veri e propri piani industriali innovativi. Un meccanismo che nel nostro caso non si è ancora attivato ma siamo pronti fare la nostra parte.

Dove bisogna intervenire per accelerare il processo? In realtà dobbiamo rimetterci semplicemente al passo con realtà che in questo settore, penso alla Germania, sono avanti una decina d’anni rispetto a noi. Al centro dell’attenzione delle aziende c’è ormai la valorizzazione della risorsa umana, non più considerata come elemento passivo del processo di produzione. Soprattutto nel settore servizi e manutenzione. Qui gli operai sono diventati “verificatori di sicurezza” e non si tratta solo di una questione semantica: quello che si richiede anche alle qualifiche più basse è la capacità di valutare istante per istante. A che punto siamo su questa strada? In un contesto nazionale a macchia di leopardo la consapevolezza di questa nuova tendenza comincia a fare breccia anche al Sud. Chiaramente dipende dai livelli dimensionali dell’impresa, dalla sua interazione con il territorio. Un segnale positivo in Campania è giunto dal progressivo coinvolgimento della Regione che ha favorito l’attivazione di altri tre ITS che si sono aggiunti ai tre già esistenti. Ma indicazioni interessanti arrivano anche da Roma, con l’aumento della dotazione finanziaria prevista da un emendamento alla legge di Bilancio, e da Confindustria che si è detta disponibile a mettere a disposizione un forum permanente dedicata al nostro particolare canale formativo. D’altro canto basta guardare alle cifre che hanno caratterizzato il settore negli ultimi anni: i corsi su tutto il territorio italiano sono passati da 100 a ben 270. Giovanni Grande


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Nola Interporto

NUOVA SEDE


Bocche di Bonifacio preservare un bene di tutti N

el novembre del 1992 Giancarlo Acciaro faceva parte di una folta delegazione ricevuta dagli allora ministri dei Trasporti e dell’Ambiente Giancarlo Tesini e Carlo Ripa di Meana. Motivo dell’incontro: la richiesta dell’interdizione dello Stretto di Bonifacio al transito di petroliere e navi cisterna con carichi a forte rischio di inquinamento. A distanza di un quarto di secolo molte cose sono cambiate. L’adozione del doppio scafo come misura di sicurezza per certi tipi di trasporto marittimo, solo per fare un esempio. O la decisione di Italia e Francia di vietare alle proprie navi l’attraversamento di un’area che, nel frattempo, è stata inserita dall’IMO nel ristrettissimo novero delle PSSA (Particurarly Sensitive Sea Area). Immutato invece l’impegno del Past President degli Agenti Marittimi della Sardegna a “preservare uno dei patrimoni più importanti della nostra terra e di tutto il Mediterraneo”. Obiettivo che lo vede reduce dalla seconda riunione tecnica di coordinamento “Navigazione marittima nello Stretto di Bonifacio” in cui si stanno discutendo gli strumenti più adatti per garantire il diritto riconosciuto alla libera navigazione e il necessario rispetto per l’ambiente. Da dove nasce questo impegno per la preservazione delle Bocche di Bonifacio? Abbiamo il dovere morale di difendere il capitale strategico rappresentato dalla nostra costa. Non investire nell’ambiente, nella valorizzazione e difesa del territorio è illogico, significa precluderci la più valida alternativa di sviluppo su cui possiamo contare per il futuro. Sotto questo aspetto non può che preoccuparci il passaggio di migliaia di navi in una zona che in caso di malaugurato incidente metterebbe a rischio tutta la costa del Nord Sardegna e il Sud della Corsica. Come agire per scongiurare quest’ipotesi? Con tutto il cluster marittimo e le istituzioni ci stiamo impegnando, tra l’altro, per allargare il più possibile il

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Giancarlo Acciaro ricorso alla “misura associata di protezione” del pilotaggio raccomandata anche dall’IMO. Questo permetterebbe di passare ad un controllo attivo della navigazione. Il modello di riferimento potrebbe essere quello dello stretto di Messina dove si opera con il pilota a bordo o con assistenza in remoto. Certo per farlo sarà necessario approntare strutture di primo intervento in prossimità dello Stretto. È un problema di costi? Piuttosto parlerei di opportunità legate ad una maggiore sicurezza. In questo mi conforta la grande disponibilità mostrata al tavolo tecnico dai rappresentanti degli armatori. Se si fa il raffronto con il disastro in termini economici, sociali e ambientali che si dovrebbe affrontare in caso di incidente l’aggravio per l’armatore risulta davvero marginale. Specie se si riuscisse a coinvolgere nel processo i P&I attraverso la formazione di meccanismi di assicurazione incentivanti. Ma è un lavoro che va fatto contestualmente alla scrittura delle regole, alla messa a punto delle strutture necessarie ad assicurare il servizio e al lavoro di sensibilizzazione che va fatto a tutti i livelli.

D’altro canto, prima del divieto deciso da Italia e Francia l’Eni prevedeva nei contratti di noleggio con gli armatori la condizione di non attraversamento dello Stretto. Insomma, si può fare. A chi spetterebbe la prima mossa? Il “pedaggio” per lo Stretto dovrebbe andare a finanziare direttamente le strutture di primo intervento, per evitare qualsiasi tipo di polemica. Credo che sotto questo aspetto la Regione debba assumersi la responsabilità di finanziare e supportare un progetto in cui coinvolgere successivamente anche i ministeri. Qui non si tratta di impedire alle navi di navigare. Ma di tenere sotto controllo chi non rispetta le regole, per difendere la nostra prima e più importante risorsa. Cosa proporrà invece Federagenti? Stiamo lavorando affinché in occasione dell’Assemblea nazionale di Porto Cervo prevista a metà maggio siano presenti i vertici dell’IMO. Vogliamo sensibilizzarli sulla questione lanciando una vera e propria sfida culturale sulle tematiche della sostenibilità. Giovanni Grande


nautica / porto&diporto

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La sicurezza del traffico alle Bocche di Bonifacio

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endere “appetibili” i provvedimenti raccomandati per garantire la massima sicurezza durante il transito delle navi nelle Bocche di Bonifacio. “Maggiore informazione, servizio puntuale, misure incentivanti”. Sono i tre elementi prioritari indicati dal C.V. (CP) Maurizio Trogu, a capo della Direzione Marittima di Olbia, per l’implementazione di un sistema di “difesa attiva” di una delle zone più sensibili del pianeta sotto l’aspetto ambientale. Quale ruolo svolge la Guardia Costiera nell’area? Le Bocche di Bonifacio sono state designate dall’IMO come PSSA (Particurarly Sensitive Sea Area), denominazione che riconosce la valenza ambientale unica di una mezza dozzina di siti su tutto il pianeta. Questo comporta una particolare attenzione da parte nostra sugli aspetti della sicurezza ambientale che si traducono in un sistema di raccomandazioni, gestito con la controparte francese, che vanno dall’indicazione della rotta da seguire al controllo VTS tramite dispositivi radar e audio all’obbligo di rapportazione per tutte le unità in transito. Dispositivi cui si è aggiunta in via sperimentale la “misura associata di protezione”, riconosciuta nell’ambito dello statuto PSSA, del servizio di pilotaggio “raccomandato”. In che modo garantisce una maggiore sicurezza? La presenza di un pilota a bordo che conosce perfettamente le caratteristi-

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C.V. (CP) Maurizio Trogu che di questo tratto di mare rappresenta senza dubbio un valore aggiunto: permette di passare da un controllo passivo ad uno attivo. Uno studio condotto su una PSSA australiana che ha adottato la stessa misura indica un abbattimento del rischio incidenti superiore al 90%. Ovviamente, il servizio va organizzato e “valorizzato” agli occhi degli armatori che tendono a considerarlo come un ulteriore costo. In che modo? Intanto, migliorando l’informazione sul suo funzionamento e le sue finalità. In fondo, si tratta di un investimento che riguarda sia la sicurezza della nave che del carico. Poi vanno miglio-

rate le tempistiche che devono essere certe e rapide: non si può chiedere ad un comandante di attendere l’arrivo di un pilota da porto Torres o da Olbia. È per questo che è allo studio l’ipotesi di impiantare una base operativa a Santa Teresa di Gallura o sulla Maddalena. Infine, si potrebbe pensare ad un sistema incentivante a livello assicurativo per gli armatori che scelgono di usufruire del servizio. Dal punto di vista operativo, l’impiego del pilota cosa comporta per la Guardia Costiera? Sostanzialmente aumenta il livello di coordinamento radio e radar con le sale operative coinvolte durante il transito. Una volta definiti i contorni del dispositivo lo proporremo ai francesi per una gestione congiunta, così come già avviene per il VTS che vede un’alternanza settimanale tra le due autorità sulla fase di controllo attivo e quella di backup. Ad oggi, Italia e Francia sono gli unici paesi che aderiscono a tutte le misure raccomandate, con in più il divieto di passaggio istituito per chimichiere, petroliere e gasiere. Di fatto le due autorità marittime garantiscono quotidianamente il rispetto delle norme internazionali tutelando un bene imprescindibile a livello ambientale ma anche economico per tutto il Mediterraneo. Giovanni Grande


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Misure di protezione per le Bocche di Bonifacio D

elle tre “misure associate di protezione” alla PSSA (Particurarly Sensitive Sea Area) delle Bocche di Bonifacio solo quella relativa alla presenza a bordo di un pilota nel tratto di attraversamento dello stretto è effettuata ancora in via sperimentale. “Dal primo luglio 2014 abbiamo accompagnato poco più di una decina di unità navali sulle circa 11mila in transito,” spiega il Com.te Francesco Bandiera del Corpo Piloti di Olbia. “Una minuzia se rapportata all’utilizzo del VTS, già pienamente operativo, e alla raccomandazione delle rotte, praticamente rispettata nella quasi totalità dei casi”. Eppure le condizioni per un’applicazione soddisfacente della misura prevista espressamente dall’IMO nello speciale statuto concesso all’area non mancano. “Come piloti – spiega Bandiera – abbiamo assicurato fin da subito la nostra disponibilità realizzando, di fatto, il primo pilotaggio a collaborazione internazionale con i francesi. Un’esperienza pienamente riuscita, non senza qualche difficoltà di coordinamento burocratico e istituzionale”. Quali risultati ha dato questo lungo periodo di sperimentazione? Gli input emersi sono stati importanti per chiarire l’orizzonte dal punto di vista delle criticità operative. Ogni uscita è stata debitamente relazionata con tutte le domande e le risposte sugli eventuali dubbi emersi. Ora è il momento di stabilizzare la situazione in un verso o nell’altro: i piloti hanno rispettato tutte le richieste garantendo turni gratuiti fuori dal servizio regolare nei porti, con grande senso di responsabilità. Il tavolo tecnico che riunisce il cluster marittimo e gli enti ministeriali dovrà fornire delle risposte ad una misura che gli ar-

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Francesco Bandiera matori continuano a interpretare come un costo aggiuntivo. Cosa prevede esattamente questa misura associata di protezione? Tecnicamente è differente dal pilotaggio portuale, caratterizzato da manovre in spazi angusti. Seguendo la definizione dell’IMO si tratta di coadiuvare in alto mare il comandante della nave con personale che conosca l’area, parli la lingua delle due nazioni rivierasche, sia perfettamente a conoscenza delle procedure concordate dalle autorità marittime di riferimento. C’è necessità di mezzi e addestramenti particolari? Lo stretto è una delle zone più burrascose del pianeta. Per operarvi in piena sicurezza c’è bisogno di mezzi adeguati, sul modello operativo del Nord Europa: unità auto-raddrizzanti, molta

potenza motore, attrezzature ad hoc a partire da imbragature e strumentazioni di bordo. Quanto al personale servono piloti con esperienza di imbarco dalla biscaglina in particolari condizioni marine. A differenza dell’attività che svolgiamo quotidianamente in porto nella fase di trasferimento del Pilota dalla pilotina alla nave e viceversa c’è bisogno di un’altra persona a bordo che coadiuvi le operazioni, presenza essenziale anche per la navigazione nelle Bocche, una volta che il Pilota è sulla nave. Tutte questioni che abbiamo ponderato a fondo, insieme alla necessità di una base abbastanza vicina allo stretto per garantire la massima rapidità di intervento. Non si tratta della volontà o meno di investire in uomini e mezzi ma della ragionevole certezza di poter contare su un certo tipo di traffico. Perché la misura entusiasma così poco gli armatori? Non ci troviamo di fronte a un obbligo: l’IMO ha formalizzato solo una raccomandazione. Per giunta in uno stretto che permette un grosso risparmio di tempo e quindi di denaro. La situazione ideale sarebbe la persuasione verso l’uso di rotte alternative. Altrimenti, puntare sull’informazione, anche in sedi internazionali, e su forme di incentivazioni che non presentino la misura come un costo aggiuntivo. Nell’ambito del tavolo tecnico, ad esempio, sono emerse proposte interessanti come quella del sindaco di La Maddalena per un fondo partecipato da armatori, assicurazioni e parte pubblica. In fondo si tratterebbe di salvaguardare l’equilibrio di tutto il sistema economico, sociale e ambientale che ruota intorno alle coste della Sardegna e della Corsica. Giovanni Grande


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AIATP, come uscire da un pasticcio burocratico È

Salvatore Gambardella il nuovo presidente dell’AIATP, l’Associazione Italiana Armatori Trasporto Passeggeri. L’elezione è arrivata a Livorno nel corso del VII Meeting organizzato dalla S&T Broker di Franco Sanna, appuntamento che riunisce tutta la filiera produttiva attorno alle novità tecniche e normative di un settore che conta più 100 società attive sui tratti costieri della navigazione nazionale. Al centro dell’Assemblea il pasticcio burocratico sui requisiti per il rilascio delle “certificazioni per il settore di coperta e di macchina”, un adeguamento alla Convenzione STCW che non tenendo conto della specificità operativa del comparto (utilizzo di navi di stazza inferiori alle 250 tonnellate di stazza lorda) crea enormi problemi operativi agli armatori, rendendo estremamente difficoltoso la conversione di titoli per il personale di bordo. “Il pregiudizio che subiscono le società associate a causa di questa applicazione errata della STCW è gravissimo,” ha spiegato l’avvocato Leopoldo Fiorentino, relazionando sullo stato dei ricorsi al TAR presentati in difesa della categoria. “La forzata conversione dei titoli nazionali in figure professionali IMO comporta difficoltà di conseguimento per chi è già impegnato sulle

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unità in navigazione costiera: ad esempio, un marittimo munito del titolo professionale di comandante con la conversione diventa abilitato di coperta, poco più di un mozzo”. Una situazione dalle conseguenze deflagranti per il futuro di tutta la filiera. “Le società di navigazione – ha continuato Fiorentino – incontreranno difficoltà a reperire personale idoneo al servizio. Inoltre, i marittimi che conseguirebbero ex novo le figure professionali sarebbero propensi a lavorare su unità navali impegnate in navigazione internazionale dove riceverebbero emolumenti maggiori”. In attesa del prossimo 21 febbraio 2018, data in cui arriverà il pronunciamento del TAR del Lazio sulla questione, si è parlato anche dei ricorsi effettuati da alcune compagnie campane circa l’abuso delle norme sul “noleggio con unità di diporto”, che si risolvono, in alcuni casi, in una vera e propria concorrenza sleale. “Il settore si trova in un momento di grave difficoltà e mi auguro che tutto il comparto del trasporto passeggeri turistico si compatti con l’associazione per la soluzione dei vari problemi che richiedono rapide soluzioni,” ha sottolineato il neo presidente Gambardella che guarda alle opportunità di crescita possibili sul breve termine. “Quest’an-

no si è registrato un boom delle presenza turistiche, fenomeno che ha innescato una forte richiesta da parte delle società armatrici per il rinnovo delle flotte”. Una situazione di contesto favorevole che chiama in causa tutto il comparto nazionale, “con un parco mezzi di almeno un migliaio di unità di vecchia costruzione che andrebbero rigenerate o sostituite per garantire la massima qualità dell’offerta”. L’assemblea AIATP ha proceduto anche ad eleggere il nuovo consiglio direttivo, confermando nella carica di segretario generale Antonio Bozzo, che diventa anche presidente onorario dell’associazione.Ampio spazio nel corso della due giornate di lavoro è stato dedicato anche alle questioni più strettamente operative. Nel settore motoristico sono stati presentati dispositivi come il nuovo filtro per il particolato, obbligatorio a partire dal 2018, con le nuove norme ambientaliste previste dall’Ue, e l’evoluzione verso macchine con cilindrata inferiore e consumi più contenuti. Sul versante utilities, illustrate le ultime soluzioni green per la pitturazione degli scafi, quelle contro il deterioramento del carburante, servizi di manutenzione programmata, network di assistenza rapida. Giovanni Grande


C’

Uniformare le regole nel Golfo di Napoli

è un fenomeno di gigantismo navale, poco analizzato, che riguarda anche le unità da diporto. Il numero di imbarcazioni con tonnellaggio di stazza lorda rilevante è aumentato in modo esponenziale negli ultimi anni, comportando potenziali problematiche di sicurezza della navigazione a causa di un inaspettato cortocircuito normativo. “In un momento in cui nelle nostre acque navigano yacht più grandi di alcune navi cisterna che operano in porto è chiaro che la distinzione tra scali commerciali, dove per le movimentazioni vige l’obbligo dell’utilizzo dei servizi tecnico-nautici, e scali turistici, dove tali operazioni possono essere eseguite in autogestione, non riesce più a fotografare la realtà”. Un’incoerenza che preoccupa molto il Capo Pilota della Corporazione dei Piloti del Golfo di Napoli, Luigi Lucenteforte, tanto da farlo sbottare in una provocazione. “Potremmo mai privare gli aeroporti del controllore di torre e di avvicinamento, pur avendo i comandanti di tutti i velivoli ampie qualifiche professionali?” In base a quali elementi lancia il suo allarme? Parto da uno studio a campione sui sinistri marittimi condotto lo scorso luglio dalla Corporazione sui porti di Napoli, Castellammare di Stabia, Pozzuoli, Torre Annunziata e Sorrento e presentato sotto forma di “Relazione Tecnica” al MIT, all’Autorità Marittima e all’AdSP del Mar Tirreno Centrale. Ne emerge l’esigenza assoluta di uniformare le regole che disciplinano le movimentazioni nell’ambito del Golfo di Napoli e la presentazione di modello che potrebbe essere adottato anche a livello nazionale. Da dove nasce la problematica?

Luigi Lucenteforte C’è una discrepanza nella suddivisione tra porti commerciali e turistici relativamente alla obbligatorietà o meno dei servizi tecnico nautici che salta all’occhio anche dei comandanti. Se esco dal porto privato di Castellammare in autogestione per fare bunker nel porto di Napoli, qui sarò invece sottoposto all’obbligo di pilotaggio e di ormeggio. Un’incoerenza normativa che rende relativo il concetto di sicurezza e sminuisce il ruolo della figura, il pilota, appunto, individuato anche recentemente da due sentenze del Tar come punto di garanzia per la sicurezza della vita umana durante la navigazione e l’approdo. Si potrebbe dire che in un porto come Napoli c’è un traffico maggiore. Certo, ma a Castellammare, sempre per ritornare al nostro esempio, gli spazi sono angusti. Il cuore del problema sta proprio nel non riconoscere che

qualsiasi tipo di manovra non può prescindere da una figura terza in grado di monitorare costantemente e coordinare la singola unità rispetto al traffico in entrata e in uscita. Pur bravo un comandante non ha mai una misura d’insieme. E mi creda nel Golfo di Napoli, specie nei periodi estivi diventa sempre più difficile districarsi. Come la mettiamo con i costi? Un altro falso problema. Se proponessimo il servizio gratis, quale sarebbe la risposta? In realtà, e la questione emerge chiaramente dalla nostra relazione tecnica, i sinistri marittimi vedono spesso una interconnessione strettissima tra errori, responsabilità e possibili misure precauzionali. Quando queste sono applicate a incidente avvenuto abbiamo già perso tutti. Ad ogni modo, se vogliamo quantizzare i costi in rapporto al valore intrinseco delle navi e in rapporto al valore stesso della vita umana in termini di equipaggi, esso è assolutamente marginale. E andrebbe comunque modulato a seconda del tipo di unità o di attività espletata. Cosa propone? È arrivato il momento di uniformare i regolamenti che con la distinzione scalo commerciale-scalo turistico riguardano l’obbligatorietà dei servizi tecnico-nautici. Alla luce della mia più che ventennale carriera mi corre l’obbligo morale di affermare che l’elemento chiave nella prevenzione dei sinistri risiede nella formazione e nella specializzazione. Il che significa elevate competenze, specifiche conoscenze, alta cognizione nella gestione sia delle prassi ordinarie sia dell’imprevisto. L’alternativa è abolire il servizio. Crede che sia conveniente in una realtà come il Golfo di Napoli? Giovanni Grande

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Culp, la sfida per il futuro sarà il modello da adottare U

n bilancio in controluce quello del primo anno di attività della nuova AdSP del Mar Tirreno Centrale secondo Gennaro Imperato, Coordinatore Regionale Porti Campania della Cisl. “Non era facile risollevare fin da subito le sorti di uno scalo che usciva da tre anni di commissariamento. Si sono registrati segnali senza dubbio positivi ma i pannicelli caldi adoperati per lenire le criticità sul fronte lavoro nel passato recente non bastano più. Primo o poi i nodi vengono al pettine ed è arrivato il momento di scioglierli definitivamente”. Cosa la convince di più della nuova governance del porto? Va dato atto al presidente Spirito di essere riuscito a creare un clima di

Gennaro Imperato grande collaborazione con Regione e MIT. Finalmente si parla la stessa lingua e questo non può che far bene alla ripresa dello scalo. Aver sbloccato i lavori per il dragaggio dei fondali rappresenta un passo fondamentale. Ci auguriamo che l’intervento, favorendo la ripresa dei traffici, possa sortire effetti positivi sui livelli occupazionali. Anche perché il ricorso alla cassa integrazione per i terminal che maggiormente hanno sofferto di questa situazione, Conateco e Soteco, non potrà essere attivata nel prossimo quinquennio. Da qui un’esortazione a monitorare costantemente il corso dei lavori: completare l’opera nei tempi previsti, 14-16 mesi, anche se non garantirà da subito la risoluzione delle varie criticità in atto diventa comunque essenziale. Gli aspetti negativi? Imputo a Spirito un’impostazione troppo “manageriale” sulle questioni del lavoro. E’ chiaro che andiamo ad affrontare le conseguenze di anni di immobilismo e, proprio per questo, chiediamo più concertazione. I problemi purtroppo si sono accumulati e c’è una dimensione sociale nelle vertenze che ci hanno coinvolto, dal destino dei lavoratori della movimentazione ferroviaria alla cassa integrazione per il terminal crociere, risoltasi con un inaspettato successo, che non può essere elusa facendo ricorso solo alle previsioni di legge. Certo, nei bandi di gara non è obbligatorio inserire le clausole di salvaguardia occupazionale, ma farlo rap-

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presenterebbe un importante segnale di attenzione sul futuro di famiglie che devono quasi tutto al lavoro portuale. Da parte nostra c’è la massima disponibilità al dialogo, abbiamo sempre lavorato per preservare un clima disteso tra i lavoratori. Quale sarà il destino della Culp? Altro problema annoso. In un contesto generale in cui non si riesce nemmeno ad inserire il lavoro portuale tra quelli usuranti, il correttivo alla riforma non risolve affatto la crisi dell’art.17. Oggi la compagnia può contare su un totale di 75 unità: con il calo del monte turni e la crisi generale dei traffici si è dovuti ricorrere lo scorso giugno ad un’autotassazione del 15% per ripianare il bilancio. Pesa in questa situazione anche il mancato controllo da parte delle gestioni precedenti sugli organici delle imprese. Con la scadenza della concessione a gennaio 2018 bisognerà decidere quale modello adottare. Il presidente Spirito non sembra propendere per la costituzione di un’agenzia del lavoro. Ci ha chiesto una rimodulazione delle tariffe e dell’organizzazione. Nei prossimi confronti vedremo quale strada prendere: di certo va posto un freno a questa lunga agonia. Il rischio è quello di alimentare una guerra tra poveri. Cosa chiedete a questo riguardo? La legge prevede la verifica del piano delle imprese, cosa che non è mai stata fatta. In quest’ottica, giudichiamo in modo positivo l’orientamento espresso verso l’abolizione dell’esclusività di banchina per i concessionari: eliminando il ruolo di intermediazione che alcune società si sono arrogate permetterebbe all’art.17 di essere più concorrenziale nei confronti degli armatori. Un lavoro di livellamento andrebbe fatto anche a livello di canoni demaniali per recuperare competitività: è stato dimostrato che le tariffe a Napoli sono tra le più alte. Infine, una notazione sul rinnovo del protocollo di sicurezza istituito nel 2007. Si tratta di un ottimo strumento che ha contribuito a ridurre gli incidenti del 40% che, se non migliorato, almeno dovrebbe conservare la sua struttura. Su questo punto non abbiamo intenzione di cedere rispetto ad altri modelli, che consideriamo meno efficienti, proposti dall’ente portuale: la sicurezza non può essere misurata sul metro dell’economia. Giovanni Grande


PSM, una visione coordinata delle aree marittime T

ra le opportunità di crescita legate all’economia del mare lo strumento della Pianificazione dello Spazio Marittimo (PSM) rappresenta di certo quello più recente e meno conosciuto. Recepito poco più di un anno fa dalla legislazione italiana, la strategia messa a punto dalla Commissione europea per una gestione “olistica” delle aree marittime potrebbe rappresentare per l’avvocato Enrico Vergani “una interessante leva di sviluppo per un Paese come il nostro, specie se associata alle nuove disposizioni emanate da Bruxelles in merito agli aiuti di Stato”. Avvocato Vergani, in cosa consiste esattamente la PSM? La Pianificazione dello Spazio Marittimo nasce per gestire la complessità degli ambiti costieri, caratterizzati per loro natura da attività molto diversificate. L’obiettivo perseguito fin dal primo momento dalla Commissione europea è stato quello di coordinare tutte le componenti in gioco in queste particolari aree: trasporti, logistica, tutela ambientale, turismo, sviluppo armonico delle coste. Una visione coordinata che trae origine dal Libro Blu del 2007, prosegue con una comunicazione del 25 novembre 2008 e si concretizza sotto forma di direttiva il 23 luglio 2014. Come si è mossa l’Italia rispetto a questa norma? La direttiva 2014/89/Ue è stata recepita in modo tempestivo con il decreto legislativo n.201 del 17 Ottobre. Alcune delle disposizioni previste sono partite da poche settimane: c’è tempo fino al

Enrico Vergani 31 marzo 2021 per realizzare i piani attraverso strumenti ben delineati per il coordinamento e l’organizzazione delle attività. Con quali risorse? Qui può entrare in gioco la nuova normativa europea sugli aiuti di Stato approvata dalla Commissione lo scorso 17 maggio. Con le deroghe previste dal Block Exemption per porti, aeroporti e cultura delle regioni ultraperiferiche, categoria in cui rientra il turismo qualitativo, il recupero delle zone costiere e delle aree retrostanti, si possono liberare finanziamenti fino a 150 milioni per singolo progetto. Senza il previo controllo europeo. Ne emerge così uno scenario piuttosto interessante, con il

mare che viene considerato non solo più come infrastruttura a servizio dei traffici commerciali ma luogo e opportunità di sviluppo e cultura. Tra l’altro le forme di sostegno non devono per forza essere solo di tipo finanziario. In che altro modo si potrebbe procedere? Istituendo, fermo restando la filosofia multidisciplinare alla base della strategia europea, condizioni normative più favorevoli all’insediamento di attività manifatturiere sulla costa: una fiscalizzazione degli oneri sociali spalmata su marine e cantieri dedicati alla produzione di qualità riuscirebbe, ad esempio, a rendere più appetibili certi territori rispetto agli investimenti esteri. Senza contare che la PSM potrebbe attrarre ulteriori risorse su progetti già in stato di avanzamento. Quali sono i Paesi europei che stanno usufruendo di questo strumento? La Francia ci sta lavorando alacremente. È stato creato un coordinamento governativo ispirato all’approccio multidisciplinare che tale tipo di impostazione impone. In Italia il decreto prevede l’istituzione di un Tavolo interministeriale, che definisce le linee guida per la stesura dei piani, individuando le aree marittime di riferimento, quelle terrestri rilevanti per le interazioni terra-mare, e di un Comitato tecnico al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con il compito di elaborare per ogni area marittima individuata i piani relativi di gestione. Giovanni Grande

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Garolla, clima nuovo in porto anche per prodotti petroliferi A

nche le aziende del settore petrolifero stanno beneficiando del cambio di clima nel porto di Napoli. Al centro fino a poco tempo fa di preoccupazioni legate esclusivamente alla sicurezza e all’impatto ambientale puntano oggi a giocare una parte di primo piano nella riscoperta della vocazione industriale dello scalo. “E’ cambiato il modo di guardare alla nostra attività,” conferma Raimondo Amato, Amministratore della Garolla Srl, titolare del deposito costiero ubicato a Calata Vittorio Veneto. “C’è un’attenzione istituzionale maggiore rispetto al ruolo che giochiamo a supporto dello sviluppo territoriale. In merito alla questione sicurezza, poi, certi allarmi mi sembrano eccessivi. Nascono piuttosto da una scarsa conoscenza sia della natura dei prodotti che trattiamo sia dei sofisticati dispositivi che la tecnologia mette a disposizione per monitorare costantemente i nostri impianti”. Cominciamo dalla prima parte. Quali sono i prodotti gestiti dal vostro deposito costiero? Ci occupiamo sostanzialmente dell’importazione di merci liquide alla rinfusa, suddivise su più tipologie di prodotti. Tra questi l’olio di palma, combustibile di origine vegetale proveniente dall’Indonesia, che alimenta la centrale FRI-EL di Acerra, sorta dalla riconversione di una parte dell’area ex Montefibre; lo stoccaggio della soda caustica, attività trattata da più di 30 anni con cui riforniamo i cicli produt-

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tivi di industrie ubicate in un raggio di 250-300 chilometri dal porto di Napoli; oli lubrificanti che arrivano come prodotti base nei nostri depositi per essere trasferiti successivamente alle raffinerie che li lavorano. Con l’ultimo ampliamento del 2015 abbiamo realizzato anche un impianto di stoccaggio per il gasolio: un materiale che, vorrei sottolineare a scanso di equivoci, non è infiammabile. In che modo garantite la sicurezza? Come dicevo nel 2015 abbiamo raddoppiato la capacità di stoccaggio demolendo i vecchi serbatoi. Ne abbiamo costruito di nuovi, più ampi, con materiale pregiato come l’acciaio inossidabile che garantisce contro la corrosione. Si è proceduto anche alla messa in sicurezza del lato mare, con impianti di protezione, barriere galleggianti e skimmer per l’aspirazione in caso di sversamento, e dei punti di carico, con un numero maggiore di uscite per rendere i trasferimenti più rapidi. Infine, si è puntato molto sulla digitalizzazione. Come usate le nuove tecnologie? I serbatoi sono monitorati costantemente da sistemi informatici che registrano i livelli di temperatura, corrosione, etc. Su questo punto sono stati fatti passi da gigante nell’integrazione tra parti meccaniche e digitali permettendo risposte rapide ed efficaci in caso di emergenze. Da poco abbiamo chiuso una commessa per dispositivi che permettono il monitoraggio ogni 20 secon-

di e la raccolta dei dati a distanza. L’idea è la creazione di un collegamento diretto con l’Agenzia delle Dogane sia per gli aspetti di sicurezza sia per quelli relativi ai controlli. I volumi di traffico hanno risentito della crisi? I flussi di alcuni prodotti energetici come l’olio di palma sono costanti per la natura stessa della loro utilizzazione. La diminuzione dei consumi e di conseguenza della produzione industriale si è tramutata in una flessione rispetto ai livelli di tre-quattro anni fa per gli altri prodotti. Una tendenza che per fortuna si sta invertendo. Su cosa punterà in futuro Garolla Srl? In 60 anni di attività l’azienda si è sempre adeguata alle richieste del mercato puntando a scelte lungimiranti. In un contesto di transizione energetica, con la diminuzione progressiva dello sfruttamento delle risorse minerarie previste nel medio-lungo termine, guarderemo sempre più alle biomasse: non a caso abbiamo già adibito un deposito dedicato a questo tipo di prodotto che prevede particolari condizioni operative per essere gestito. Per il futuro c’è ottimismo. Anche perché il nuovo atteggiamento di attenzione della governance portuale garantisce la necessaria tranquillità rispetto agli investimenti che saranno necessari ad intraprendere questo percorso. Giovanni Grande


Project cargo, un settore ancora “artigianale”

“L

a presenza sul posto è sempre necessaria. Non si tratta di un lavoro che puoi gestire da un ufficio o dallo schermo di un computer”. È questa una delle caratteristiche del project cargo. “Un’attività di nicchia che ha più a che fare con l’artigianato che con l’industria. Una specializzazione della filiera logistica che si acquista sul campo, passo dopo passo”. Antonino Russo, General Manager di Marimed, ci introduce ai segreti di questo particolare settore dei trasporti. In cosa consiste il core business di Marimed? In riferimento al Sud Italia ci occupiamo solo ed esclusivamente di impiantistica. Tutto ciò che non può essere trasferito per mezzo di contenitori lo gestiamo come braccio operativo per conto di spedizionieri o grossi gruppi internazionali a Napoli, Salerno, Bari, Taranto, Crotone, Brindisi e Gioia Tauro. È una specializzazione che abbiamo ricavato negli anni e ci ha permesso una forte continuità lavorativa anche nei momenti di difficili della crisi. Quali sono le caratteristiche del project cargo? È necessaria una conoscenza approfondita della merce con cui hai a che fare. Non si tratta di un servizio standardizzato: bisogna capire come movimentare i prodotti e il modo per rizzarli a bordo della nave. Un discorso che riguarda anche i contratti di noleggio. È essenziale sapere dove e quando finiscono le responsabilità del caricatore e incominciano quelle dell’armatore. C’è un know how che si acquisisce negli anni, con una presenza continua in

Antonino Russo banchina e spesso anche in stiva. Ogni carico ha la sua esigenza particolare e noi garantiamo agli spedizionieri un valore aggiunto in termini di efficienza e sicurezza operativa. Che tipo di merce movimentate? Collaboriamo con varie realtà in una serie di porti. A Napoli, ad esempio, esportiamo trasformatori di potenza con tagli da 40 a 330 tonnellate prodotti a Marcianise o bobine da 70 tonnellate provenienti già pronte o da assemblare direttamente sulla nave da Arco Felice. A Taranto invece movimentiamo pale eoliche. In generale serviamo imprese impegnate nel settore della componentistica o terzisti per grosse società d’ingegneria del Nord Italia. In pratica gestiamo tutte le attività una volta che il prodotto arriva in porto interfacciandoci con il responsabile logistico dell’export.

Le infrastrutture necessarie per questo tipo di attività? I porti con vocazione per il project cargo sono quelli che hanno a disposizione molto spazio come può essere il caso di Taranto e Brindisi. Qui si potrebbe anche prevedere un’attività di assemblaggio per i grandi manufatti. La situazione è più complicata con gli scali molto trafficati o con poche aree libere a disposizione, come nel caso di Salerno. Napoli, da questo punto di vista, vive una situazione molto particolare: c’è un problema di ottimizzazione delle superfici, con alcune zone sottoutilizzate e altre che soffrono di congestione. Una condizione determinata anche dall’illusione coltivata in passato di puntare tutto sul traffico container. Cosa intende? Personalmente non credo che Napoli possa giocare il ruolo di hub nel mercato degli scatoloni. Per una questione di bacino d’utenza può ambire ad essere scalo di riferimento regionale, con una vocazione di tipo polifunzionale. Anche puntando sul project cargo? Perché no? Con lo sviluppo della nuova darsena i traffici containerizzati potrebbero migrare nell’area orientale liberando aree per lo sviluppo di questo settore. A quel punto di potrebbe anche pensare ad attrarre attività di assemblaggio per grande componentistica: sotto questo punto di vista le ZES potrebbero rappresentare una forte leva per accelerare e alimentare questo processo. Giovanni Grande

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Rex sistema di certificazione di origine delle merci I

l sistema Exporter registrato (il sistema Rex), è il sistema di certificazione di origine delle merci che si applica nel sistema di preferenze generalizzate (GSP) dell’Unione Europea dal 1° gennaio 2017. Attualmente, tale modalità è applicata nell’ambito del sistema delle preferenze generalizzate (SPG), grazie al quale l’UE accorda preferenze tariffarie ai Paesi in via di sviluppo; sarà successivamente esteso ad altri regimi unilaterali e accordi commerciali conclusi dalla stessa UE. Tre sono le considerazioni presupposto del sistema delle preferenze generalizzate: la consapevolezza del commercio internazionale quale volano essenziale per lo sviluppo; l’evidenza della difficoltà di alcuni Paesi ad integrarsi pienamente nel sistema commerciale internazionale e partecipare ai conseguenti benefici; l’evidenza della sostenibilità di un reale sviluppo nel lungo periodo solo se supportato da una produzione industriale diversificata. Esso si basa su un principio di autocertificazione, per poter ottenere una dichiarazione sull’origine: un operatore economico deve essere registrato in un database da parte delle sue autorità competenti, per acquisire lo status di esportatore autorizzato. In questo modo le merci saranno scortate esclusivamente da dichiarazione su fattura completata, però dal

numero di autorizzazione. Questo sistema, come per tutti gli accordi basati sul concetto dell’origine preferenziale, prevede una sorta di deroga per le spedizioni di valore fino a 6000 euro, in questo caso è sufficiente la dichiarazione su fattura prevista dall’allegato 22-07 del regolamento di esecuzione UE 2015/2447. Il sistema Rex è stato introdotto nelle regole di origine del GSP con il regolamento (UE) n.1063/2010 che modifica nel contesto della riforma delle norme di origine del GSP del 2010. Questo sistema sostituirà progressivamente e completamente la certificazione di origine del sistema, basata

su certificati di origine rilasciati dalle autorità governative e sulle dichiarazioni su fattura, elaborate a determinate condizioni da parte degli operatori economici. Il periodo di transizione globale dell’attuale sistema di origine durerà fino al 30 giugno 2020, dal 1 maggio e dall’entrata in vigore del codice doganale dell’Unione (UCC), le norme del sistema Rex sono definite nel regolamento di esecuzione (UE) n.2015/2447 della Commissione. Domenico de Crescenzo Presidente Consiglio Spedizionieri Doganali di Napoli

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ZES, strumento di crescita economica del Mezzogiorno L

e disposizioni urgenti per la crescita del Mezzogiorno, emanate con il decreto legge 20 giugno 2017, n.91, convertito dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, hanno previsto, tra le varie misure ed interventi urgenti per la crescita dell’economia del Mezzogiorno, anche l’istituzione di zone economiche speciali (ZES) nelle regioni definite dall’Unione Europea meno sviluppate (Campania, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia) ed in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna), prevedendone la relativa disciplina, alla quale si rinvia. La previsione legislativa che consente alla Regioni sopra citate di istituire le ZES nelle zone che comprendano almeno un’area portuale asservita ad un porto che abbia le caratteristiche stabilite nell’art. 4 del regolamento (UE) n. 1315 dell’11 dicembre 2013 e che rientri in uno dei corridoi TEN-T1, nonché nelle aree che ancorché ad esse non adiacenti, presentino con esse un nesso economico funzionale, sta suscitando vivo interesse tra le pubbliche amministrazioni coinvolte e gli operatori economici, soprattutto del settore logistico. In attesa dei decreti attuativi che sanciranno l’istituzione delle ZES, laddove le regioni interessate abbiano già presentato un’idonea proposta, allo stato, non è ancora chiaro quali siano gli strumenti amministrativi che possano rendere più agevole l’insediamento di nuove imprese ovvero l’ampliamento di quelle esistenti nelle zone economiche speciali al fine di usufruire dei vantaggi fiscali e le semplificazioni amministrative previste. Considerato il ruolo determinante che le regioni hanno nell’istituzione delle ZES, l’attenzione sarà rivolta a quanto finora ha fatto la Regione Campania che ancor prima dell’intervento legislativo aveva già previsto l’istituzione di una zona economica speciale nel proprio territorio, formulando una proposta progettuale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il suo suc-

1 I corridoi della rete TEN-T (Trans European Network - Transport) comprendono ferrovie, strade, aeroporti, porti e terminali ferroviario-stradali e, nell’Italia settentrionale, la via navigabile interna costituita dal fiume Po 56 - dicembre 2017

cessivo perfezionamento ed inoltro alla Commissione Europea. E’ con riferimento, quindi, al Sistema Portuale del Tirreno Centrale che saranno svolte le seguenti considerazioni. La Regione Campania, seguendo un coerente e coordinato percorso di politica di sviluppo dell’economa regionale, ha elaborato nel dicembre 2016 una proposta progettuale per l’istituzione di una zona economica speciale, approvata con la Delibera della Giunta Regionale n. 720 del 13/12/2016, ulteriore atto che si è inserito nel percorso politico per lo sviluppo economico regionale, cominciato nell’aprile 2016, con l’accordo tra il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Presidente

della R e gione Campania, denominato “Patto per lo sviluppo della Regione Campania” in seguito al quale, essa, tra le varie iniziative, dopo pochi mesi (luglio 2016) al fine di accedere ai fondi comunitari necessari a migliorare la competitività del sistema portuale e logistico, anche in relazione alla razionalizzazione, al riassetto ed all’accorpamento delle Autorità Portuali, ha concluso un ulteriore accordo con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l’Agenzia per la coesione territoriale, l’Autorità Portuale di Napoli e di Salerno e RFI denominato “Accordo di adesione all’area logistica integrata del Mar Tirreno Centrale”). Con tale accordo, approvato con Delibera della Giunta Regionale n. 407 del 27/07/2016, è stata individuata un’area logistica interna denominata “Area logistica integrata del Mar Tirreno Centrale” costituita dall’area infrastrutturale e produttiva interessata dai porti di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia nonché dall’Interporto Campano di Nola e

dall’Interporto Sud Europa di Marcianise/Maddaloni e sono stati fissati i seguenti obiettivi dell’accordo: - Miglioramento della competitività del sistema portuale e interportuale; - Potenziamento dei collegamenti multimodali di porti e interporti con la rete globale

(“ultimo miglio”) favorendo una logica di unitarietà del sistema; - MIglioramento della mobilità regionale, integrazione modale e miglioramento dei collegamenti multimodali. Tale iniziativa si è resa necessaria perché, secondo l’Accordo di Partenariato per l’utilizzo dei fondi strutturali di investimento europei per il periodo di programmazione 2014-2020, la programmazione finalizzata al miglioramento della competitività del sistema


portuale avvenire che

e

interportuale deve per “Aree LogistiIntegrate (ALI)” che includano un sistema portuale, eventuali retroporti, i n -

terporti o piattaforme logistiche correlate a tale sistema e le connessioni rispettive ai corridoi multimodali della rete europea di trasporto.2 In fase di applicazione della normativa statale in materia ovvero nella stesura dei decreti applicativi non si può, quindi, non tener conto di quanto disposto nelle delibere richiamate, nella parte in cui non risultino superate dalla normativa statale successivamente intervenuta. Per maggior chiarezza si impone una disamina seppur sintetica e parziale della proposta progettuale della ZES elaborata dalla Regione Campania. Ai fini del presente lavoro ci si vuole soffermarsi su alcuni aspetti della proposta progettuale della Regione Campania ed in particolare all’individuazione del perimetro della stessa ed al soggetto gestore, rinviando ai decreti attuativi ogni considerazione in merito ai benefici fiscali e di semplificazione. Secondo la proposta progettuale 2

Accordo di Partenariato 2014-2020

della Regione Campania, per assumere efficacia ed effettività, il perimetro della Zona Economica Speciale deve corrispondere ad obiettivi di intervento industriale che siano in grado di generare occupazione ed attrattività di investimenti produttivi in termini concreti, mettendo il territorio prescelto nella condizione di essere connesso con il sistema dell’economia globale in modo adeguato. Per tale ragione, anche in coerenza con la recente riforma della portualità nazionale, vengono prescelte innanzitutto le aree portuali e retroportuali dei Porti di Napoli, di Castellammare e di Salerno, che sono gestite in modo unitario mediante l’Autorità Portuale di Sistema del Tirreno Centrale. Nella determinazione del perimetro della ZES è prevista una prima ed una seconda fase, di eventuale espansione dopo che saranno misurati i risultati raggiunti. In una prima fase il perimetro della Zona Economica Speciale comprende le seguenti aree: • il demanio portuale e le aree retroportuali di Napoli, con i territori a vocazione industriale di Napoli-Est; • la direttrice che parte dal Porto di Napoli e comprende gli interporti di Marcianise e di Nola con le proprie estensioni di sviluppo nelle relative aree ASI di Caserta e Napoli; • l’Area di Bagnoli e della ex Nato; • il demanio portuale di Castellammare con le proprie estensioni di sviluppo nella relativa area industriale; • il demanio portuale e le aree re-

troportuali di Salerno, con l’agglomerato industriale di Salerno e l’area industriale dell’agro nocerino-sarnese; • la direttrice che va dal Porto di Salerno verso le aree industriali e logistiche di Pontecagnano, Battipaglia ed Eboli; • l’area industriale e logistica della Valle Ufita. • • In una fase successiva di espansione, anche sulla base dei risultati della sperimentazione, saranno inclusi: • l’area industriale di Contrada Olivola/Roseto (Benevento); • l’area industriale di Aversa Nord, Arzano e Caivano; • l’area industriale della Valle dell’Irno (Fisciano, Mercato San Severino); • l’area industriale di Pianodardine; • l’area industriale di Calaggio. • Unitamente alle aree portuali di Napoli Salerno e Castellammare di Stabia, rientrerebbero nella ZES, nella

L’avv. Aniello Cuomo ha iniziato l’attività professionale, dopo più di trent’anni di carriera nel Corpo delle Capitanerie di Porto. Dopo aver lasciato il servizio e conseguito il grado di Contrammiraglio (CP), nella posizione di “ausiliaria”, avendone titolo, si è iscritto all’Albo degli avvocati per continuare ad occuparsi, seppure in veste diversa, delle problematiche giuridiche riguardanti il demanio marittimo; l’ordinamento portuale; il governo delle coste e dei porti; la proprietà e l’armamento della nave; i contratti di arruolamento della gente di mare; il diporto nautico e tutto ciò che attiene alla navigazione marittima. E’ stato docente in master universitari e corsi di formazione per dirigenti nelle materie attinenti al governo delle coste ed è autore di numerose pubblicazioni in materia di demanio marittimo, pesca, lavoro ed ordinamento portuale. Attualmente esercita la professione in collaborazione con l’avv. Domenicantonio Siniscalchi, patrocinante innanzi alle giurisdizioni superiori e specializzato in diritto amministrativo e scienza dell’amministrazione, già docente a contratto presso l’Università “Federico II”, di Napoli.

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prima fase, le seguenti aree: Aree a vocazione industriale di Napoli Est, tra le quali l’area sud di Pazzigno e l’area di Gianturco; • L’Interporto di Marcianise e l’area Asi di Marcianise; • L’Interporto di Nola; l’area Asi di Nola e l’area ASI di Acerra • L’area di Bagnoli e l’area ex Nato • La zona industriale di Salerno, tra le quali l’area Asi ed il P.I.P per la cantieristica nautica; • Le aree industriali dell’Agro Nocerino-Sarnese, tra le quali le aree di Fosso Imperatore nel Comune di Nocera Inferiore, le aree ASI e P.I.P. del Comune di Sarno; l’area P.I.P. del comune di Castel San Giorgio; • L’area industriale e logistica di Pontecagnano, Battipaglia ed Eboli; • L’area industriale e Logistica di Valle Ufita, comprensiva dell’area ASI. Ferme restando le competenze di altri enti ed amministrazioni, è previsto che la gestione e l’amministrazione siano affidate ad una Società di gestione individuata ai sensi D.Lgs n. 175/2016 (Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica) nell’ambito della quale sarà garantita la presenza istituzionale delle amministrazioni coinvolte. Orbene, alla luce di quanto innanzi esposto, e soffermandosi solo sulla prima fase, si ritiene che vadano considerati alcuni aspetti di natura amministrativa affinché si possa attuare quanto previsto dalla legge per l’insediamento di nuove imprese ovvero per l’ampliamento di quelle esistenti. Sia nell’ipotesi progettuale elaborata dalla Regione che in numerosi studi si enfatizza il ruolo delle zone economiche speciali per l’attrazione di nuove iniziative imprenditoriali, per le particolari condizioni di vantaggio fiscale e per l’esiguità e la celerità delle pratiche amministrative occorrenti per l’avvio di nuove attività. Tra i casi più virtuosi che vengono presi ad esempio in Italia, c’è quello della Polonia, dove nelle zone economiche speciali, l’incremento esponenziale delle nuove imprese nelle zone economiche speciali viene attribuito esclusivamente ai vantaggi fiscali di cui si può godere ed alle altre condizioni di favore previste. Nessun accenno si fa al costo della manodopera che secondo i dati Eurostat, riferiti al 2016, in Polonia si attestano su una media oraria di poco più degli otto euro, mentre in Italia intorno ai ventisette euro e cinquanta centesimi. E’ evidente, quindi, che in Italia, la massima attrattività della ZES può essere costituita solo dai numerosi vantaggi fiscali, da una moderna infrastrut-

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turazione delle aree e dalla facilità con cui si può avviare un’attività riducendo al massimo gli oneri burocratici ed i tempi di attesa. Il decreto legge 20 giugno 2017, n.91, convertito dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, prevede che la ZES sia amministrata da un Comitato di indirizzo composto dal Presidente dell’Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della regione da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Comitato di indirizzo deve assicurare, in particolare: a) gli strumenti che garantiscano l’insediamento e la piena operatività delle aziende presenti nella ZES nonché la promozione sistematica dell’area verso i potenziali investitori internazionali; b) l’utilizzo di servizi sia economici che tecnologici nell’ambito ZES; c) l’accesso alle prestazioni di servizi da

parte di terzi. La disposizione della legge parrebbe superare l’ipotesi prevista nell’ipotesi progettuale della Regione Campania di un soggetto amministratore della ZES costituito da una società mista pubblico-privata di cui al decreto legislativo 175/2016, che spetterebbe al Comitato di indirizzo. Se la ZES fosse limitata alle sole aree portuali demaniali gestite dall’Autorità di Sistema Portuale, nulla quaestio, ma così non è. I compiti del Comitato di indirizzo, così come definiti, non consentono di amministrare e gestire aree che non sono demaniali, né consentono al Comitato di indirizzo di sostituirsi agli enti locali o ad altri enti nell’esercizio di competenze amministrative proprie, pertanto ben potrebbero tali aree essere amministrate e gestite da una società mista pubblico-privata. Ma ciò non sarebbe sufficiente a prevedere procedure amministrative snelle e celeri per l’acquisizione delle aree e la realizzazione di opifici indu-

striali o strutture commerciali o di servizi e delle relative infrastrutturazioni, che impongono l’adozione di provvedimenti di competenza degli enti locali o dei consorzi di sviluppo industriali. Pertanto si impone che il Comitato di indirizzo proceda alla cosiddetta amministrazione per accordi, concludendo con gli enti locali e gli altri enti pubblici coinvolti, accordi di programma ex art. 15 della legge 241/90 ovvero ex art. 34 dlgs D.lgs. 18 agosto 2000, n.267. In tale processo, e ciò vale anche per l’infrastrutturazione delle aree logistiche interne, avviare confronti partecipativi con i ceti maggiormente interessati. Prendendo come riferimento l’accordo di adesione all’Area Logistica Interna del Mar Tirreno Centrale, esso prevede, tra l’altro un tavolo locale per la costruzione di una strategia unitaria condivisa, al quale, oltre ai soggetti titolari, sottoscrittore dell’accordo, possono essere chiamati a partecipare: - i titolari di infrastrutture di trasporto (stradali, ferroviarie, aeroportuali, interportuali) pubblici o privati; - i grandi operatori economici dell’Area (terminalisti, spedizionieri, armatori, armatori, Imprese ferroviarie e Integratori Multimodali - MTO), - altri Enti pubblici (Consorzi Industriali ASI o altri Enti proprietari di aree potenzialmente interessate dagli interventi). Ciononostante, pur essendosi tenuta, nell’aprile di quest’anno, la prima riunione del Tavolo locale dell’area logistica del Mar Tirreno Centrale, non pare che alla stessa abbiano partecipato i comuni maggiormente interessati, né che le associazioni di categoria intervenute, abbiano dato il dovuto risalto all’evento. Sarà bene quindi che l’Autorità di Sistema Portuale e gli altri enti coinvolti procedano, ancor prima dei decreti attuativi, ad una mirata attività di ascolto e confronto partecipativo con i ceti imprenditoriali interessati per la conclusione di accordi amministrativi ovvero di accordi tra amministrazioni e privati tesi a facilitare l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali nella costituenda ZES. Aniello Cuomo Studio Legale Siniscalchi - Cuo-


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Unica regia per realizzare l’area Flegreo-Domitia I

l porto turistico di Castel Volturno-Pinetamare per 1300 barche, servizi infrastrutturali per il rimessaggio delle imbarcazioni, strutture ricettive, residenze e, soprattutto, il risanamento ambientale e paesaggistico di una zona tra le più degradate della Campania e dell’Italia. Arriva il masterplan di idee e progetti per far rinascere ai fini economici e turistici l’area Flegreo-Domitia con un ventaglio di progetti per un valore di circa un miliardo di euro tra investimenti pubblici e privati. Un territorio che si estende da Pozzuoli, Bacoli e Monte di Procida, in provincia di Napoli, fino a Cellole (Baia Domizia), ai confini del litorale laziale; una striscia di terra di 740 chilometri quadrati di grande interesse paesaggistico, culturale e turistico, adesso però contrassegnata dall’incuria, dal degrado, dall’abusivismo e da attività illegali e criminose. Uno sviluppo che si vuole rendere possibile grazie alla realizzazione di nuove infrastrutture e servizi di base, del porto turistico di Castelvolturno - Villaggio Coppola. In poche parole, di un piano di riqualificazione residenziale, ambientale e valorizzazione del patrimonio storico-artistico e naturale. Un piano che sarà reso appetibile agli investitori privati, nazionali e stranieri, che potranno costruire nuove residen-

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ze ed impianti turistici. L’obiettivo è fare del litorale una nuova Rimini, come ha più volte affermato il governatore della Campania, Vincenzo De Luca. Per adesso c’è il protocollo d’intesa che la Regione ha siglato con i comuni della costa campana interessati alla rinascita del litorale Domizio - Flegreo per un piano di recupero e sviluppo reso concreto con una serie di interventi da realizzare nell’ambito del Programma Fers 2014-2020, già programmati dall’ente regionale. Un ventaglio di interventi per un valore oggi di 220 milioni di euro in aggiunta ai 450 milioni d’investimenti privati ed alle risorse messe in campo per progetti dello stesso ente per attrezzature ricettive, la rigenerazione ambientale e bonifica dell’area, per creare un nuovo sistema di mobilità e per ridurre non solo il disagio sociale ma anche per favorire azioni di sicurezza e legalità. “Per la prima volta si mette mano ad un progetto di grande portata dal quale può finalmente partire non solo lo sviluppo economico del litorale ma anche il settore delle costruzioni dopo anni di crisi” afferma ad Affaritaliani il vice presidente della Regione Campania con delega all’Ambiente e all’Urbanistica, Fulvio Bonavitacola. Alla base del grande progetto è il partenariato pubblico-privato. Una solu-

zione per la quale gli industriali si sono sempre battuti, commenta il presidente di Confindustria Campania, nonché di Unindustria Napoli, Ambrogio Prezioso. “Per portare avanti progetti del genere c’è bisogno non solo del coinvolgimento del capitale privato, ma anche un’unica regìa per azioni di sistema e funzioni di eccellenza sulla stregua di quanto previsto per Pompei. Il litorale Domitio - Flegreo è vocato più di altre aree per le attività turistiche e culturali, occorre pertanto che si proceda con una logica di sistema tra pubblico e privato e con il metodo della trasparenza tra le aspettative della politica e degli investitori”. Tra gli investimenti previsti c’è il nuovo impianto di depurazione di Cuma per un comprensorio di 205 chilometri quadrati su cui vivono oltre 800mila persone, la realizzazione del porto turistico a Castelvolturno - Villaggio Coppola Pinetamare per 1300 barche più 28 mega yacht e delle relative infrastrutture ricettive e impianti a sostegno comprensivi di un parcheggio per 2500 posti auto, la realizzazione di hotel ed attività commerciali. Il via alle singole gare di appalto è previsto per i primi mesi del 2018, quando vedranno alla luce alcuni dei progetti già avviati dalla Regione. Eduardo Cagnazzi


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Missione in Georgia per il porto di Venezia

i è svolta nei giorni scorsi a Tiblisi, capitale della Georgia, il Belt&Road Forum iniziativa voluta dal Primo Ministro della Georgia e organizzata dal Ministero dell’economia e dal Ministero degli affari esteri georgiano a cui hanno preso parte oltre 15 Ministri, High level Officials di 34 paesi e aziende di 50 paesi diversi, per un totale di oltre 1000 delegati. Il Porto di Venezia, tramite il suo Presidente Pino Musolino, è stato invitato a partecipare al summit internazionale in qualità di rappresentante del principale terminale marittimo Europeo per collegare l’Asia e il vecchio continente lungo la Via della Seta. Un’occasione unica per lo scalo veneziano per rafforzare e tessere nuove relazioni istituzionali sullo scacchiere internazionale della Belt and Road Initiative e trovare nuovi potenziali business e traffici non solo in prospettiva sinocentrica ma anche verso il Sud Est asiatico, il Medio Oriente e l’Asia centrale. Nel corso della missione, per favorire lo sviluppo di quelle economiche e commerciali non solo a beneficio del Porto di Venezia ma anche delle imprese del Nordest, il Presidente Musolino – grazie al supporto dell’Ambasciata Italiana – ha incontrato alcune tra le più alte cariche istituzionali come il Vicepremier e Ministro dell’Economia georgiano Dimitry Kumsishvili; il Sindaco di Tbilisi Kakha Kaladze, già Ministro dell’Energia e delle Risorse Naturali e secondo vicepremier del governo nonché con il Direttore Generale Mobilità e Trasporti della Commissione Europea, Henrik Hololei.

Pino Musolino Dal punto di vista commerciale, sono stati organizzati una serie di incontri B2B con le imprese e operatori georgiani tra cui il CEO del Porto di Anaklia, Mr. Levan Akhvlediani, il Direttore Generale di APM Terminals Poti, Mr Klaus Holm Laursen che accoglierà domani la delegazione veneziana al porto di Poti per una visita alle infrastrutture portuali. “La Georgia è uno dei paesi intermedi lungo la Via della Seta del XXI Secolo e, come Venezia, rappresenta una straordinaria porta di ingresso ai mercati dell’entroterra. Stabilire relazioni commerciali durature con i porti georgiani significa, per Venezia, poter contare su flussi commerciali in import

e in export verso alcuni dei mercati a più alto potenziale. La strada di Marco Polo non deve essere quindi pensata come un mero collegamento da e verso la Cina ma ci offre l’occasione di poter raggiungere nuovi mercati di sbocco e attivare traffici in linea con le eccellenze veneziane quali il settore siderurgico e break bulk ma anche il traffico di prodotti ortofrutticoli”, ha dichiarato Pino Musolino, Presidente del Porto di Venezia. La Georgia, infatti, ha una posizione geografica altamente strategica - affacciato sul Mar Nero e confinante con Turchia, Azerbaigian e Russia - rappresenta la via di accesso al Caucaso e all’Asia Centrale e di conseguenza un nodo strategico per i flussi commerciali. Tramite la Georgia è possibile trasportare dall’Asia Centrale verso l’Europa sia risorse naturali (petrolio, gas, carbone, zinco, rame, ecc.) che merci e prodotti finiti. I flussi commerciali che attraversano il Paese garantiscono alla Georgia una buona crescita economica: dal 65% al 95% dei flussi di cargo in entrata sono destinati al transito. Proprio per questo motivo il governo georgiano è orientato a sviluppare ancor più il settore logistico offrendo diversi servizi ed incentivi ai suoi partner commerciali tra cui: no tax per il transito merci, piena trasparenza dei servizi doganali, un sistema logistico moderno ed efficace (tempo medio per l’import di 15 min.), una rete di terminal moderni dotati di efficienti attrezzature. Sandro Minrdo

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La missione Propeller a Hong Kong e Shenzhen

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l Propeller Club Nazionale ha guidato, fra il 21 e 24 novembre, una delegazione di 32 rappresentanti della portualità, logistica e spedizioni italiane all’Asian Logistics & Maritime Conference e alla Hong Kong Maritime Week, in una densa tre giorni di accordi e incontri con le Autorità tra l’ex colonia Britannica e Shenzhen, il terzo porto contenitori più grande del mondo. La missione è stata organizzata assieme all’Associazione Italia-Hong Kong, Invest Hong Kong e Hktdc e con il supporto di Omlog e Banchero Costa. “Questo viaggio - ha dichiarato Umberto Masucci, Presidente Nazionale del Propeller - ha avuto un forte valore strategico, perché ha rappresentato un vero e proprio road show della nuova portualità italiana a un anno di distanza dalla entrata in vigore della riforma portuale”. Riccardo Fuochi, Presidente dell’Associazione Italia Hong Hong e del Propeller Milano che ha lavorato fortemente a questa missione ha dichiarato: “I Tavoli ai quali siamo statti presenti ad Hong Kong e Shenzhen sono fra i più importanti al mondo. Questa missione è stato un vero successo di squadra e di messa a frutto delle relazioni costruite in questi anni per presentare un sistema che punta all’integrazione fra aree portuali e centri logistici e distributivi”.

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Fra gli incontri più importanti sicuramente quello con il Ministro dei Trasporti di Hong Kong Frank Chan che ha voluto incontrare in forma privata a cena la delegazione italiana la sera del 22 novembre cui hanno partecipato anche Willy Lin, Chairman, Human Resources Committee, Maritime and Port Board e David Cheng, Chairman, Promotion and Event Committee, Maritime and Port Board. La cena sì è tenuta la sera prima dell’inaugurazione del Asian LogisticS&Maritime Forum, al quale il Propeller era presente con uno stand. Particolarmente significativo il gemellaggio tra Spediporto Genova e Haffa di Hong Kong, rappresentate rispettivamente dal Chairman Brian Wu e dal Presidente Alessandro Pitto, la cui cerimonia è stata introdotta da Federico Fuochi, del gruppo giovani del Propeller Milano. “Questo accordo - commenta il Presidente Pitto - sancisce per la prima volta nella storia dello Shipping genovese e dunque di Spediporto, un’importante collaborazione con un’Associazione del Far East per sostenere gli interessi degli spedizionieri e degli operatori della logistica. Haffa e Spediporto si propongono infatti di promuovere la collaborazione commerciale tra i loro membri e di avviare, attraverso un dialogo stabile tra le due Associazioni, un confronto parallelo sulle politiche del settore po-

nendosi quale obiettivo la crescita della categoria e la promozione delle best practices”. La missione, cui hanno partecipato gli altri, Paolo Emilio Signorini, Presidente Adsp Genova-Savona, il quale ha aperto la session di “Ports and Shippers: Harbouring Smart Solution” al Main Forum, Pietro Spirito, presidente Adsp Napoli e Sergio Prete, presidente Adsp Taranto, insieme ai presidenti di Assagenti Genova, Alberto Banchero ha visto la parte scientifica curata da Srm del gruppo Intesa San Paolo, centro studi specializzato in materie marittime, portuali e logistiche. Oltre al Ministro, la delegazione italiana ha incontrato l’associazione dei caricatori, la comunità e il Console Italiano ad Hong Kong Antonello del Riu e il Console Generale d’Italia a Canton, Laura Egoli. Una giornata è stata poi dedicata alla visita in Cina della Special Economic Area di Shenzhen (una delle più importanti e floride del mondo) durante la quale sono stati tratti spunti per le future Zone economiche speciali italiane. Le Zes infatti, previste dal governo Italiano nel decreto Sud, sono diventate uno strumento ormai diffusissimo in tutto il mondo per attrarre investimenti internazionali. RedMar


Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Freight Leaders Council

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Tessile: 47 mila nuovi posti di lavoro entro il 2021 S

ono più di 4.300 le aziende (dati 2016), con più di 165.000 lavoratori, del settore tessile che hanno scelto di puntare sulla formazione continua per la propria crescita aziendale. Lo dimostrano i dati che sono stati presentati da Fondimpresa, sulla base dei loro iscritti, nei giorni scorsi a Milano nella sede di Borsa Italiana in occasione dell’Assemblea dei Giovani Imprenditori di Sistema Moda Italia di Confindustria. Secondo i dati dell’Osservatorio di Fondimpresa negli ultimi 3 anni di attività, la partecipazione ad attività formative di lavoratori di aziende del settore tessile aderenti a Fondimpresa ha superato quota 62mila, in oltre 4 mila aziende, con oltre più di 26 milioni di euro di finanziamenti, realizzando oltre 1 milione di ore di formazione. Gli interventi formativi si sono concentrati principalmente su: tecniche di produzione, lingue, informatica, gestione aziendale, amministrazione e marketing vendite. Un dato interessante è quello relativo alla crescente attenzione alle tematiche formative legate a sostenibilità e impatto ambientale. Costituito nel 2003 da Confindustria,

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Cgil Cisl e Uil, conta oggi oltre 182 mila importante ma altrettanto importante è aziende aderenti (per il 98,5% PMI), l’investimento sul capitale umano. Su con 4,4 milioni di lavoratori (per il 58% questo aspetto Fondimpresa ha antioccupati in PMI). cipato i tempi, lanciando fin dal 2011 Dal 2007 ha finanziato con 2,8 mibandi di finanziamento specifici per la liardi di euro la formazione in decine formazione sull’innovazione e concendi migliaia di imprese, per il 90% PMI. trandosi sui temi dell’internazionalizzaSono stati realizzati oltre 110.000 piani zione, parte integrante dei nostri bandi formativi, che hanno coinvolto oltre più sulla competitività. La metà dei finandi 2,9 milioni di lavoratori, alcuni anche ziamenti (2,8 miliardi dal 2007) viene più volte, per un totale che sfiora 5 mispesa in corsi per rendere imprese e lioni di partecipazioni. Circa la metà di queFabbisogno di personale per l’industria sti finanziamenti è stato tessile abbigliamento moda dedicato (su input del (Rielaborazione Ufficio Studi Sistema Moda Italia Fondo o su scelta diretta su Fonti: Istat, Indagine Excelsior, Unioncamere) delle imprese) a corsi per la competitività e l’innovaAddetti complessivi 2016 495.000 zione. Lavoratori in uscita 2017-2021 49.280 “L’innovazione, in tutte le sue forme - dichiara il Fabbisogno previsto 2017-2021: 47.330 presidente di FondimpreDi cui: sa Bruno Scuotto - offre - Nord-est 23,7% la grande possibilità di Nord-ovest 28,8% recuperare produttività e - Centro 32,0% competitività, e di valoSud e isole 15,5% rizzare ulteriormente le Di cui nostre eccellenze. Gli in- Laureati 3.230 (6,8%) centivi del Piano Calenda Diplomati 16.340 (34,5%) costituiscono un fattore


competenze più innovative e competitive. Le aziende del settore tessile, emblema fiore all’occhiello del made in Italy e sinonimo di eccellenza nel mondo, sono fortemente coinvolte nella crescente necessità di rinnovamento. Fino a pochi anni fa, quanto era inerente con le nuove tecnologie in particolare, e con l’innovazione in generale, riguardava solo alcuni settori, mentre oggi interessa anche la piccola e piccolissima impresa o il produttore artigianale. Il capo fatto interamente a mano verrà venduto più facilmente dall’altra parte del mondo se veicolato da marketing mirato, se supportato da una piattaforma informatica in grado di farlo acquistare on line o di delineare a distanza modifiche su misura, se reso più economico da processi produttivi e organizzativi in grado di ottimizzare risorse.” “Come associazione - dichiara il Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Sistema Moda Italia Alessandra Guffanti - dobbiamo rivolgerci alle giovani generazioni e mostrare loro le opportunità occupazionali e di cresci-

ta professionale offerte dall’industria del tessile. È un tema strategico per le nostre imprese e per i nostri distretti. Ogni imprenditore poi deve potenziare la formazione permanente propria e dei propri collaboratori per affrontare le sfide sempre nuove e più complesse dei mercati. Education e sinergia tra tutti gli attori che operano nel settore della moda rappresentano la priorità per il futuro del Made in Italy e l’alternanza scuola lavoro rappresenta un’occasione nuova e di dialogo tra imprese e territori. La formazione nel tessile è l’elemento fondante del Made in Italy. Ci attende una sfida importante. Secondo l’ufficio studi gli studi di Unioncamere entro il 2021 il settore avrà un fabbisogno previsto di lavoratori di più di 47 mila persone, quasi il 10 per cento degli addetti del settore. Le nostre aziende avranno bisogno di più di 3 mila e duecento laureati e di più di 16 mila diplomati e in quest’ottica è fondamentale che imprese e mondo della formazione dialoghino di più e creino offerte formative adeguate ai fabbisogni reali del mercato. Lo strumento dei Fondi, con casi vir-

Alessandra Guffanti

Assemblea dei Giovani Imprenditori di Sistema Italia dedicata al ruolo della formazione per il settore

tuosi come Fondimpresa, ha finalmente avvicinato la formazione alle imprese. È vero che ancora tanti imprenditori devono capire che la formazione è un investimento indispensabile, ma molti, negli ultimi anni, hanno destinato grandi risorse a questo aspetto formazione perché avevano finalmente la possibilità di farla in modo davvero utile, legato allo sviluppo e funzionale ai ritmi organizzativi aziendali.” Carolina Sinnopoli

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66 - dicembre 2017

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