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PASSIONE WNBA

FOCUS Di Simone Fulciniti

AL TERMINE DI UNA SERIE ESALTANTE, LE CHICAGO SKY VINCONO IL LORO PRIMO, STORICO, TITOLO WNBA. UNA SQUADRA INCREDIBILE, TRASCINATA DALLA STELLA CANDACE PARKER. TRA LE PROTAGONISTE ANCHE GIOCATRICI CHE HANNO CALCATO O CALCHERANNO LA SCENA ITALIANA: LE ABBIAMO SENTITE

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Domenica 17 ottobre 2021. Wintrust Arena, Chicago, Illinois. Si gioca gara 4 della serie finale tra le Chicago Sky e le Phoenix Mercury. Mancano 45 secondi alla sirena conclusiva e le padrone di casa conducono per 76-72. Vincere significherebbe aggiudicarsi il titolo Wnba, e sarebbe un passaggio storico, la prima volta assoluta per una franchigia che negli anni passati raramente ha giocato spinta da sogni di gloria (l’unico precedente nel 2014, quando in finale venne asfaltata 3-0 proprio da Phoenix). Il pubblico dell’impianto grida in modo delirante, sente la mèta vicina. È la quarta partita di un percorso che vede Chicago in vantaggio per 2 - 1. Ma Phoenix, che ha palla in mano, è squadra forte, esperta, dotata di giocatrici di livello galattico. C’è Diggins-Smith alla rimessa laterale in zona d’attacco. La palla arriva all’immensa Griner, autrice di qualcosa come 28 punti realizzati con percentuali da capogiro: Dolson ce la mette tutta per tenerla lontano dal pitturato, ma la lunga in maglia Mercury non ha intenzione di cercare la conclusione. Alza lo sguardo, nota Taurasi che sta arrivando in angolo dalla parte opposta del campo e ribalta l’azione passandole la palla. Taurasi in corsa aggancia e spintonata da Copper riesce comunque ad effettuare una conclusione facendo leva su tutta la sua esperienza: fallo e tre tiri liberi a disposizione. Adesso di secondi ne mancano 42, una vita. È tutto da rifare. Mentre gli arbitri riguardano l’azione sullo schermo per sciogliere gli ultimi dubbi, Taurasi si avvia verso la lunetta, senza il minimo timore. Due su due per cominciare, e il suo bottino personale sale a 16 punti. Il terzo, dopo aver danzato sul ferro, con tanto di piroetta, esce e la palla viene arpionata da Dolson. 76-74, 41 secondi da giocare, time out chiamato immediatamente da James Wade, coach Chicago. Un frangente nel quale è Candace Parker, leggenda del basket femminile americano, che dopo una vita trascorsa con indosso la maglia delle Los Angeles Sparks, da quest’anno si è trasferita nell’Il- linois, a suggerire le cose da fare e da non fare in quell’ultima manciata di secondi. E si raccomanda: niente falli. E qui sale in cattedra un’altra fuoriclasse, vecchia conoscenza del campionato italiano: la play Vandersloot, che una volta ricevuta palla dalla rimessa, comincia a palleggiare con l’intento di far trascorrere il tempo. Poi sfruttando un blocco di Dolson si butta al centro dell’area avversaria, e dopo aver fatto ammattire la difesa, con una giravolta, trova lo spazio per tirare e segnare: nell’impianto si scatena il tripudio. Dall’altra parte corre Diggins-Smith che galoppa tutto il campo e riesce a trovare un buon tiro in penetrazione, ma è sfortunata e la palla, dopo una carambola, finisce nelle mani sicure di Dolson che scarica per Vandersloot e Phoenix non ha altra via che fare fallo. Adesso il punteggio segna 78-74, e di secondi ne mancano 10. L’obiettivo può dirsi vicino, anche se la storia insegna che le partite non finiscono mai. Parker, che sente il trionfo ad un passo, lo fiuta, si muove sul campo visibilmente commossa. Così come le compagne sedute in panchina si abbracciano. Vandersloot mette il primo tiro libero. Le lacrime di Parker si fanno più intense, coach Wade a bordocampo è una maschera inespressiva. Vandersloot mette anche il secondo. Rimessa, palla a Griner che in palleggio si arresta dietro la linea “delle bombe” e ne prova una che viene respinta dal ferro. A rimbalzo vola proprio Candace Parker. Il tempo è finito, Chicago fa la storia, vince il titolo. Parker corre verso la panchina, e la festa comincia tra abbracci, incredulità, sorrisi, occhi bagnati di gioia. Dall’altra parte la delusione è fortissima: Griner abbandona il terreno di gioco e va negli spogliatoi, e con lei numerose colleghe. Taurasi invece dimostra sportività andando a congratularsi con tutte le avversarie.

Candage Parker

Candage Parker

LA MAGICA CANDACE Nativa di St. Louis nel Missouri, all’età di due anni, Parker si muove con la famiglia a Naperville, nei sobborghi di Chicago, ed è lì che trascorre l’infanzia diventando tifosa di Michael Jordan e dei Bulls. Ed è proprio nell’Illinois, che al pari del fratello Anthony si forma e comincia a muovere i primi passi nella leggenda. La vittoria del titolo con la maglia delle Sky per lei ha un valore doppio, specie perché ottenuto con la sua famiglia seduta sugli spalti a fare il tifo. E poi che partita: 16 punti, 13 rimbalzi, 4 recuperi, 5 assist, e i soliti tre quintali di esperienza. «Tutto quello che abbiamo vissuto come squadra durante l’anno ci ha preparate a questo momento - dice emozionata a fine gara -. Siamo state sotto nel punteggio, ma non abbiamo mai mollato. Sono troppo orgogliosa di questa squadra, della nostra mentalità. Stefanie (Dolson) entra in campo e mette quei canestri, Vandersloot ha fatto quello che ha fatto tutta la stagione, e poi Allie (Quigley)... davvero incredibile. Tutto questo è incredibile. I miei allenatori del liceo sono qui, e so che Pat (Summitt) mi guarda da lassù. È incredibile come Chicago ci supporta. Cavolo, siamo le campionesse per tutta la vita adesso».

Quigley e Vandersloot

Quigley e Vandersloot

LA COPPIA DOMINANTE L’intelligenza cestistica e la mano di fuoco. Courtney Vandersloot e Allie Quigley sono assolute protagoniste di questo successo: compagne di squadra in Wnba ma anche in Europa, essendo colonne portanti del colosso Ekaterinburg, sposate nella vita. Entrambe veterane in maglia Sky, hanno tenuto duro, credendo fermamente nella franchigia anche dopo la partenza di Sylvia Fowles nel 2015 e di Elena Delle Donne nel 2017. La loro gara decisiva è stata magica: 10 punti e 15 assist per Courtney, 26 punti (con 5 triple) per Allie. Devastanti, incontenibili. Due fenomeni legati anche da un passaggio italiano nelle file del Famila Schio, seppur in epoche differenti. «Siamo riuscite a ottenere l’anello dopo una stagione difficile - racconta Quigley a Pink Basket - perché alla fine stavamo bene e abbiamo finalmente trovato la nostra identità. Volevamo tutti così tanto vincere, quindi penso che la nostra volontà abbia fatto la differenza». Una finale remake, all’epoca finì 3-0 per Phoenix. «Ci abbiamo pensato. Ma sentivamo di avere molta più esperienza; la fiducia era tanta. Sapevamo di essere pronte per questo momento e che tutto il duro lavoro sarebbe stato ripagato». La gioia di condividere la vittoria con la moglie. «Un sogno diventato realtà. Ne abbiamo passate tante insieme a questa squadra di Chicago: un campionato vale tutti i momenti difficili. Così doveva essere». Quigley esprime un pensiero sulle giocatrici della finale che saranno di scena in Italia. «Senza dubbio saranno forti di questa grande esperienza in Italia. Porteranno entusiasmo e faranno ottime cose».

LA COLONIA ITALIANA. Da Schio sono passate anche altre protagoniste di questa super finale: Diamond DeShields nella stagione 2019/2020, mentre per la forte pivot Stefanie Dolson la possibilità di giocare in “orange” saltò sul nascere, non avendo passato le visite mediche. Dolson tuttavia aveva già calcato i parquet italici indossando la casacca Dike Napoli nell’anno di grazia 2017/18. In maglia Mercury invece ha giocato Kia Vaughn: per lei un’annata prolifica trascorsa a Taranto (2011/2012) con vittoria di scudetto e coppa Italia. Come detto altre saranno protagoniste della prossima stagione in Italia. Due campionesse: a Venezia giocherà Astou Ndour, già vista nel bel paese con la maglia biancoverde di Ragusa. Proprio con Ragusa giocherà la giovane Ruthy Hebard. Nella Virtus Bologna militerà invece una delle “sconfitte”, ovvero la potente Brianna Turner. «Sono molto contenta per me stessa, per lo staff tecnico e le mie compagne - ha detto Ndour -. Questi giorni sono stati incredibili, non abbiamo mai smesso di festeggiare. La gente è felice, ci fermano per la strada per congratularsi con noi, è pazzesco. Inoltre, Barack Obama ci ha fatto una sorpresa facendo un incontro Zoom con noi. Sono così tante emozioni raccolte in poco tempo che non sai cosa fare o cosa dire». Ora a Venezia per affrontare anche l’Eurolega. «Dobbiamo procedere per gradi: se avremo la possibilità di andare lontano in Eurolega lo faremo e io darò il massimo in ogni circostanza».

Astou Ndour

Astou Ndour

Un’altra pagina molto emozionante di questo successo è quella aperta da coach James Wade (marito dell’ex giocatrice francese Edwige Lawson, medaglia d’argento alle olimpiadi di Londra nel 2012), che dopo una lunga gavetta come assistente tra Stati Uniti e Europa è riuscito finalmente a coronare il sogno più grande, nonostante le difficoltà iniziali. «Ho sempre dovuto dimostrare di essere intelligente - ha detto emozionato -, attraverso un duro lavoro. È l’unico modo per farti ascoltare». E prosegue «Non sono perfetto, cerco sempre di fare la cosa giusta. Il colore della pelle non c’entra. Basta pregiudizi, lo dico per ogni giovane nero che verrà dopo di me. Spero che questo successo possa servire da ispirazione per non mollare di fronte alle difficoltà. Non si può giudicare un libro dalla copertina. Ricordo ancora di aver affermato che avremmo vinto il campionato. Non avevo idea di come. L’abbiamo fatto, perché ci credevamo». Parole dal profondo peso specifico, su un tema sociale delicatissimo.

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