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BASKET È FAMIGLIA
from PINK BASKET N.17
by Pink Basket
COVER STORY di Caterina Caparello
UN AMORE PER IL BASKET CHE NASCE GRAZIE ALLA FAMIGLIA, CHE CRESCE CON IL SUPPORTODELLA FAMIGLIA. UN AMORE PER IL BASKET CHE PORTA LONTANO DA CASA, MA CON LA CONSAPEVOLEZZA DI AVERE SEMPRE ACCANTO A SÉ I PROPRI CARI. COSÍ STEFANIA TRIMBOLI AFFRONTA LE SFIDE FUORI E DENTRO IL CAMPO
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C’è un bellissimo sottofondo di pianoforte mentre Stefania Trimboli parla. Sarà Einaudi? Allevi? Difficile dirlo. Poi improvvisamente la musica cambia ed entra in scena Diodato. La giovane triestina va quasi a ritmo mentre spiega la sua passione per il basket, i suoi sogni e gli obiettivi da raggiungere. “L’amore per il basket è nato fin da subito. La mia famiglia è tutta una famiglia di cestisti. Mamma, già da piccole, portava me e le mie sorelle alle partite di papà quando giocava. Ricordo che verso i 4-5 anni, durante gli intervalli delle partite, ci mettevamo a giocare in campo. Poi abbiamo iniziato il minibasket provando a conciliarlo con altri sport. Ne abbiamo provati un bel po’, ma il basket è sempre stato lo sport prediletto. È da lì che è partita la passione”.
Guardare papà Max giocare, palleggiare e ridere con Veronica e Virginia, hanno dato vita ad una giocatrice a 360°. Attaccatissima a Trieste, Stefania ha mosso i primi passi dentro il parquet casalingo che l’ha portata a intraprendere un percorso cestistico in salita. Sempre in compagnia della sua famiglia. “Il percorso dalla vecchia A3 di Trieste fino a oggi è stato un percorso importantissimo; innanzitutto perché c’è stata una crescita notevole non solo sul campo e con tutte le squadre in cui ho giocato, ma soprattutto fuori dal campo. Non mi sento una persona cambiata, piuttosto mi definirei cresciuta. Siamo partite neanche dalla A3, ma dalla serie B. Allenate da Nevio Giuliani e Massimiliano Trimboli, che è il mio papà, con quello stesso gruppo che è arrivato in A1 qualche anno dopo. Ovviamente con qualche innesto di straniere e italiane professioniste”. Un percorso che, pian piano, è diventato anche un cammino verso la propria maturità e indipendenza: “Dopo quell’esperienza ho scelto di andare a Battipaglia. Lì ho portato con me la mia sorella gemella per un anno. Infatti lei, l’anno seguente, ha poi intrapreso la carriera militare decidendo di andare via. Sì. Posso dire di essere cambiata tanto. Ho anche subìto un infortunio che, forse, è quello che mi ha fatto crescere più di tutti”.

STEFANIA TRIMBOLI, CLASSE 1996, È NATA A TRIESTE. PROVIENE DA UNA FAMIGLIA CESTISTICA FORMATA DA MAMMA, PAPÀ ALLENATORE E ALTRE 2 SORELLE, ANCHE LORO EX GIOCATRICI.
Viaggiare e passare da un posto all’altro rende più consapevoli di sé, ma anche del mondo che ci circonda. Ed è proprio così che Stefania ha affrontato i cambiamenti, imparando dalle persone incontrate, prendendo il positivo e il bello da ognuno: “Ho conosciuto tantissime persone e ho potuto riscontrare una nuova cultura, perché tra nord e sud c’è una differenza abissale: parlo anche di uno stile di vita diverso e ho scoperto che mi piacciono sia al nord che il sud. Credo che in questi 5-6 anni via da casa, sono riuscita a intraprendere un percorso che mi ha portato delle consapevolezze”. Consapevolezze che parlano una lingua fondamentale, quella delle piccole cose e della famiglia. Una Stefania che diventa autonoma, capace di affrontare le sfide quotidianità: “Non solo ho capito l’importanza della famiglia, ma anche delle piccole cose che magari si danno per scontate. Le esperienze da sola sono fondamentali. Ad esempio, non mi scorderò mai il mio primo bucato sbagliato: dimenticando una maglietta rossa dentro una felpa, ho fatto diventare tutto rosa. Ovviamente sbagliando si impara, però si impara a fare tante cose. Come lavare a terra, non che non lo facessi già a casa, però si fa autonomamente; il primo bucato, i servizi a casa, cucinare e bruciare le prime cose; e ancora imparare a guidare e il primo incidente. Ecco, può succedere di tutto però è sicuramente una crescita notevole ed esponenziale che solo chi va fuori di casa a 18 anni magari per giocare a basket, secondo me, può capire”.
La famiglia alla base. “Per me viene prima di tutto. Noi siamo in 5 più il cane. Ma è una famiglia un po’ allargata, perché poi nel concetto di famiglia inserisco le migliori amiche, il fidanzato, la famiglia del fidanzato, le amicizie più strette, tutti gli zii. Ho un rapporto bellissimo con i miei che sono a Trieste e le mie sorelle, nonostante la distanza. Veronica sta a Reggio Emilia e Virginia, la gemella, sta a Torino. Siamo tutti molto uniti. Il mio fidanzato sta a Battipaglia e mi supporta in tutto ciò che faccio. Posso dire di essere fortunata, perché avere una famiglia che ti sostiene le spalle ed è sempre presente è un qualcosa di fondamentale”. Alla Use Scotti Rosa di Empoli, Stefania è arrivata a giugno 2019. Non è molto, ma è come se ci fosse da sempre: “A Empoli sto veramente bene. La città, la società, le persone, la squadra, tutto dà una sensazione di serenità, tranquillità e fiducia. Gli allenatori trasmettono solo sensazioni positive fin dall’inizio, fin dalle presentazioni, dai primi allenamenti e anche delle prime sconfitte. Siamo partite contro Schio con una sconfitta, ma le percezioni come squadra e come lavoro sono caratterizzate dalla positività. Credo che una giocatrice fuori e dentro il campo, per stare tranquilla e trovare e avere il sorriso, deve poter lavorare tranquillamente e in serenità”.

ESORDIO PER LEI IN A1 CON LA GINNASTICA TRIESTINA .POI HA VESTITO LA MGLIA DI BATTIPAGLIA PER 5 STAGIONI. DALLA STAGIONE 2019/2020 È AD EMPOLI.
Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. Ma soprattutto iniziano a pretendere da se stessi. “Vorrei diventare una giocatrice che riesca a fare la cosa giusta al momento giusto. Non una di quelle che fa tutto e sempre, come segnare o impedire all’avversario di farlo. Semplicemente una giocatrice che fa la cosa giusta al momento giusto. Vorrei migliorare le letture di gioco, vorrei migliorare nel tiro, vorrei migliorare un po’ in tutto. Non ho un obiettivo specifico, però vorrei diventare una giocatrice alla Tony Parker. Secondo me lui riusciva a fare sempre la cosa giusta. E come Parker, anche le gemelle Dotto per le quali ho una passione sfrenata fin da piccola. Sono i miei modelli. Sicuramente non si arriverà mai alla perfezione, però bisogna lavorare ogni giorno per migliorarsi”.
Anche la Nazionale Italiana dà soddisfazioni. Trimboli infatti ha partecipato all’Europeo U20 del 2015, oltre alle 14 presenze e la convocazione tra le senior a maggio 2019 a Chianciano: “È sempre un onore rivestire la maglia azzurra, perché dà momenti ed emozioni che non sono neanche descrivibili. Quando la indossi non esistono parole giuste da dire, solo un onore”. Laureatasi a luglio alla triennale di Scienze Motorie, Stefania si iscriverà alla magistrale proseguendo gli studi. E alla domanda “Cosa vuoi fare da grande?”, c’è un bel punto interrogativo. “Sono ancora un po’ confusa, perché non so cosa fare da grande. Mia mamma me lo chiede spesso ma sinceramente non lo so. Non so nemmeno se voglio rimanere nel campo sportivo. Ecco, il mio sogno al di fuori dai campi è aprire un bed and breakfast. Però penso anche che mi piacerebbe insegnare ai bambini. Per adesso mi godo questo momento, finché potrò giocare lo farò, però inizierò anche a pensare al futuro”. Sogni fuori dal campo. E dentro il parquet? “Uno dei sogni nel cassetto, proprio tra i più grandi, è vincere uno scudetto. Vincerlo a prescindere, anche da dirigente”.

PLAYMAKER DI GRAN TALENTO, È ALLA SUA SETTIMA STAGIONE IN A1. QUEST’ANNO LA SUA MEDIA, PRIMA DELLO STOP DEI CAMPIONATI, È DI 11.9 PT A PARTITA E 4.7 RB.
L’emergenza Covid-19 e la quarantena che stiamo tutti vivendo ha costretto il mondo a fermarsi. Anche Stefania e il campionato sono fermi, ma con la coscienza che sia la cosa giusta da fare: “Questo coronavirus mi ha proprio spiazzata. Ero immersa nel campionato da quando sono arrivata ad Empoli. Sapevo che sarebbero arrivate quelle partite dove ci saremmo giocate il campionato, i play-off o playout. Purtroppo è arrivato prima il coronavirus di loro e questa cosa mi ha lasciata proprio amareggiata, perché ero sicura che la nostra squadra avrebbe dato tutto, a prescindere se avessimo vinto o perso. Ovviamente sono chiusa in casa dalla mattina alla sera, tutti i giorni. Mi alleno la mattina, faccio un po’ di stretching, dopodiché il pomeriggio di solito cucino cose salutari e cerco di mangiare bene. Poi ci sono le videochiamate. Se prima chiamavo ogni giorno, adesso chiamo ogni minuto perché, non sapendo cosa fare, chiamo amici, amiche, fidanzato, mamma, papà, tutti. E quello che posso dire alle persone è di rimanere a casa come sto facendo anche io. È l’unica soluzione per eliminare questo virus”.
Si inizia con una semplice palla da far palleggiare e si finisce per innamorarsi e fare del basket una parte importante della propria vita: “Per me giocare a basket è diventata una passione da subito, ma per altre persone lo diventa in un secondo momento. Posso però dire che con il basket, come tutti gli sport di squadra, riesci a costruire dei rapporti che poi durano nella vita. Un esempio è il mio vecchio gruppo. Abbiamo iniziato in quinta elementare e ancora adesso ci sentiamo e ci andiamo a prendere il caffè tutte insieme quando sono a Trieste. Si stringono legami veramente forti giocando. Crea delle sensazioni che solo uno sportivo può capire: ci sono quelle partite che suscitano emozioni miste di gioia, felicità, adrenalina, c’è di tutto. Ecco, a una giovanissima posso dire di iniziare a giocare per divertirsi e poi di intraprendere la carriera da professionista, perché se ne vedono di tutti i colori, ci si diverte. Sicuramente ci saranno delle rinunce che riguarderanno la famiglia, ma se questa ti supporta allora ci sarà sempre”.