Pineroloindialogo luglio2013

Page 1

Anno 4, Luglio 2013

n. 7

1

INDIALOGO

Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo

Docenti universitari del Pinerolese/VII Intervista a Marco Grangetto

Interviste a Domenico Rosselli e ad Andrea Chiabrando

Le nostre montagne: da vie di comunicazione a linee di confine


Buone News A cura di Gabriella Bruzzone

22

nelle coste italiane

Il mare è sempre più blu “Ma il cielo è sempre più blu” cantava Rino Gaetano in una celebre canzone del 1975. Noi, nel 2013, potremmo invece cantare “Ma il mare è sempre più blu”. Pare infatti che le le coste della nostra bella Italia siano più che conformi agli standard europei. Ben il 96,6% delle acque di balneazione rispettano tutti i canoni imposti dall’Unione Europea, superando addirittura la media, che si aggira sull’80% circa. Le coste italiane costituiscono infatti circa un quarto delle zone balneari europee, sicuramente tra le più visitate nell’area mediterranea, e si stima che nell’arco di una decina d’anni i turisti aumenteranno in maniera esponenziale. Ottima ragione per continuare a mantenere l’eccellenza delle nostre coste. Sono di conseguenza anche aumentate le spiagge a Bandiera Blu. Rispetto al 2012, si contano nove nuovi ingressi nella classifica stilata annualmente dalla Fon-

dazione per l’Educazione Ambientale Italia: Francavilla al mare (Abruzzo), Fermo e Pedaso (Marche), Campomarino (Molise), Tortolì (Sardegna), Carrara (Toscana), Framura e San Lorenzo al mare (Liguria) e Levico Terme (località lacustre in Trentino). Ma come vengono valutate le spiagge idonee? Vengono seguiti alcuni criteri inderogabili: le acque devono essere eccellenti e devono essere campionate frequentemente nel corso della stagione estiva. Inoltre devono essere valutate l’efficienza della depurazione delle acque reflue e della rete fognaria, l’adeguatezza della raccolta differenziata e la presenza di aree pedonali e piste ciclabili. La “prima della classe” è la Liguria. Seguono Marche, Toscana, Abruzzo e Campania. Scendono invece Sicilia e Calabria. Sperando che anche voi, come me, contribuiate ad aumentare l’eccellenza delle nostre coste, vi auguro buone vacanze!

Pinerolo Indialogo va in vacanza, ad agosto non esce: ritorna a settembre Seguite il blog www.pineroloindialogo.it/eventi Segnalate un evento a eventi@pineroloindialogo.it


33

wwwwAw Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

S

o

m

m

|I “portici blu” per €1.600.000... Non fatelo!| Dunque il sindaco di Pinerolo e la giunta comunale, a caccia di soldi per i servizi che il Comune deve erogare alla città, vogliono vendere l’area denominata “portici blu” tra via Buniva e via Chiappero e vogliono venderla al miglior offerente concedendo in cambio la licenza di poter edificare fino all’altezza massima di 37,5 mt per un totale di 11 piani fuori terra. Pare che con questa concessione edilizia il valore dell’area sia di 1.600.000 euro. Si direbbe un bell’affare per le casse del Comune, ma forse non proprio per la cittadinanza, in quanto si costruirebbe un edificio di 11 piani di fianco ad un altro mostro di 30-40 piani già esistente. Anomalia che si aggiunge ad anomalia, per usare un eufemismo. Non fatelo: per il benessere della città! Passereste alla storia “per aver venduto per 1.600.000 euro un pezzo del panorama della città”. Il benessere non è solo fatto di servizi tradizionali come la mensa, il trasporto urbano, l’agibilità delle strade, ecc. ma è anche benessere ambientale. Bisogna smetterla di ragionare solo sul tornaconto economico (così anche per l’edificio di via Vescovado). Ormai il benessere non si misura solo con i soldi, col Pil. Il benessere di un popolo, di una nazione, di un paese si misura anche con la Fil (Felicità interna lorda), che vuol dire bene paesaggistico, servizi adeguati, aria pulita, luoghi di socializzazione e di incontro, fruizione del bello, ecc. Misurare con il solo parametro del tornaconto economico vuol dire essere nel vecchio (il premio Nobel per l’economia Amartya Sen docet), significa ragionare su obiettivi corti (come sovente capita ai politici!). Anche il bello, una bella città, è un servizio, un segno di affetto per la città, soprattutto se deve durare nel tempo. Antonio Denanni PINEROLO INDIALOGO Direttore Responsabile Antonio Denanni Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Demis Pascal Con la partecipazione di Elvio Fassone

a

r

2

4

i

o

Buone News

il mare è sempre più blu

Primo Piano

docenti univeritari pinerolesi/7 intervista a marco grangetto

6 Politiche del territorio

8

Le nostre montagne “linee di confine”

Politica giovane young

intervista ad andrea chiabrando

10 Lettere al giornale

11

fare economia? sì di territorio!

Giovani & Scuola

i dibattiti dell’accademia elementare

12 Arte & Architettura

13

14

immaginate pinerolo senza s.maurizio

Sociale & Volontariato

la pinerolo del mutuo soccorso

Visibili & Invisibili

Gruppo giovani amnesty e libera

15 Teatro

16

17

nella tempesta

Vita internazionale

una sensazione intensa di esotico

Giovani & Lavoro

vado in australia/2... vi racconto

18 Lettera a...

al computer

19 Cosedicasanostra

20

premio eloquenza in lingue

Per Mostre & Musei

dalle realtà illusorie a idontsleep

21 Eventi nel Pinerolese 22 Tecnologia@Innovazioni

23

Window socket

Musica emergente

eskinzo

photo Giacomo Denanni, Nino Di Pomponio

24 Amici di Pinerolo Indialogo

Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo n. 2 del 16/06/2010 redazione Tel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: redazione@pineroloindialogo.it

http://www.pineroloindialogo.it http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo http://www.issuu.com/pineroloindialogo


4

primo piano

Città & Università/7

4

a cura di Marianna Bertolino

Intervista a Marco Grangetto

Aprire un canale ufficiale con l’Università per aumentare le occasioni di collaborazione

«Prima priorità di ogni azione politica locale, il maggior coinvolgimento possibile dei cittadini» Ci parli di sè, della sua specializzazione e del suo lavoro all’università. Sono professore associato presso il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Torino dove insegno i corsi di Teoria dell’Informazione, Elaborazione delle Immagini e Visione Artificiale. La mia passione nasce nel 1999 al Politecnico di Torino dove, grazie alla Laurea in Ingegneria delle Telecomunicazioni, prendo i primi contatti con l’affascinante mondo della ricerca internazionale nei settori dell’elettronica e dell’informatica. Svolgo le mie attività di ricerca nei campi dell’acquisizione, rappresentazione, elaborazione e trasmissione di segnali digitali, in particolare immagini e video. Sono autore di un centinaio di articoli scientifici su riviste e atti di conferenze internazionali e inventore di alcuni brevetti. Ho partecipato a progetti di ricerca nazionali ed internazionali nell’ambito della distribuzione innovativa di contenuti multimediali. Ho letto nel suo curriculum che ha soggiornato per un certo periodo negli Stati Uniti. Che ruolo ha avuto nella sua formazione professionale? Durante il mio dottorato di ricerca in Ingegneria Elettronica e delle Comunicazioni ho avuto l’onore di usufruire di una borsa di studio Fulbright che mi ha permesso di soggiornare per circa un anno accademico in una prestigiosa università americana. Tale periodo ha fortemente indirizzato la mia carriera professionale e ha contribuito alla mia formazione personale. Continuo a invidiare un contesto politico e sociale che in sole due settimane dall’atterraggio all’aeroporto ti apre tutte le porte del sistema: rilascio immediato del codice fiscale, conto

bancario subito operativo, esame per la patente di guida (quiz e prova pratica) al costo di soli 14 dollari, acquisto di un’auto, affitto di una casa, stipula dell’assicurazione medica e molto altro ancora. In pochi giorni si percepisce subito l’ospitalità e la competitività del paese anche se non si possono negare i difetti dell’individualismo e della meritocrazia quando questi vengono portati agli eccessi. Per un giovane in formazione o che vuole percorrere una specializzazione universitaria è importante questo tipo di esperienza? Assolutamente sì, a patto che l’esperienza venga affrontata con la giusta motivazione e solo dopo aver maturato una solida formazione culturale e caratteriale: si è pronti per affrontare il diverso, il nuovo, solo dopo aver maturato una profonda conoscenza di se stessi. Veniamo alla città in cui abita. È nato ed ha sempre vissuto a Pinerolo? Come vive la città? Qual è secondo lei un suo punto di forza e all’opposto una sua debolezza? Sono nato e vivo a Pinerolo ed è lunga la lista delle caratteristiche della città che apprezzo: una solida identità culturale, una ricca offerta di occasioni formative per la crescita dei propri figli, un contesto ambientale sano e la vicinanza delle amate valli alpine. Da pendolare verso Torino la prima debolezza che appare evidente è la carenza del trasporto pubblico locale che non ha ottenuto significativi miglioramenti negli ultimi 20 anni. L’ultima conquista è stata l’introduzione del servizio ferroviario metropolitano che collega la città con Chivasso con treni più frequenti ma in fisiologico ritardo sul nostro binario unico. Spicca inoltre l’assenza di un


5 5 servizio notturno almeno nel fine settimana. Appare anche evidente una mancata pianificazione con il trasporto su gomma, i cui orari sono stati sapientemente sincronizzati con quelli dei treni in modo da non costituire una vera alternativa. Un’altra debolezza manifesta è una certa tendenza al gusto del parziale e dell’imperfetto nella realizzazione di molti progetti potenzialmente molto importanti per la città: il recente parco olimpico piuttosto degradato dal punto di vista dell’arredo urbano, piste ciclabili a macchia di leopardo, la discussa sostenibilità delle strutture costruite presso la ex caserma Botta. Un giovane laureato nel campo di sua competenza ha buone possibilità di spendere il suo titolo nel territorio o deve ragionare su confini più vasti o addirittura mettere in conto anche il lavoro all’estero? Oggi l’avverbio addirittura mal si sposa con il lavoro all’estero, al contrario è assolutamente naturale proiettarsi in un contesto globale ove questo permetta di realizzarsi a livello professionale e personale. E questo non vale solo per i giovani! Università oltre che studio e cultura vuol dire soprattutto ricerca, specie nel suo campo dell’informatica. Le risulta che sia in atto qualche collaborazione tra università e territorio? C’è qualche settore dove questa collaborazione si potrebbe sviluppare? Una delle tante vocazioni dell’Università è chiaramente l’inserimento nel tessuto culturale e industriale locale. L’Università è sempre aperta alla collaborazione con le agenzie educative e le scuole di ogni ordine e grado. Tali collaborazioni nascono in genere su base personale e volontaria, grazie a ex alunni e docenti delle scuole locali inseriti nel tessuto universitario; forse varrebbe la pena cercare di aprire un canale ufficiale in modo da aumentare tali occasioni. Nel mio settore l’Università ha inoltre il compito di contribuire al trasferimento tecnologico verso le imprese del territorio che può avvenire secondo varie modalità che vanno dagli interventi di consulenza per specifiche esigenze d’impresa, alla partecipazione a progetti di varia scala. Per fare un esempio, il comune di Torino ha recentemente aperto un tavolo di lavoro sul tema smart city invitando enti pubblici, imprese, università e centri di ricerca a condividere la visione sulle future applicazioni delle nuove tecnologie nei settori della mobilità sostenibile, del risparmio energetico, della salute e dei servizi per il cittadino. È al corrente che la banda larga è giunta a Pinerolo nel 2008 ed è ferma ad un tombino della rotonda della Porporata? Che danno significa questo per la città o, detto in altri termini, quale tesoro è fermo in quel tombino? L’Agenda Digitale Europea prescrive la disponi-

bilità di accessi dati a 30 Mbps per tutti i cittadini entro il 2020. Chiaramente, lasciare un fascio di fibra ottica in un tombino alle porte della città è un grande passo falso, soprattutto per i servizi a cui potrebbero accedere le imprese dell’adiacente zona industriale. Dal punto di vista della connettività dell’intera area cittadina la fibra è invece solo un tassello di un progetto molto più ampio di pianificazione dell’accesso a banda larga che dovrebbe ambire all’integrazione delle varie tecnologie (ADSL, Wi-Fi, WiMAX, 4G). E perché non cominciare a pensare a un servizio di connettività pubblica che vada oltre i pochi isolati hot-spot Wi-Fi? E’ impossibile immaginare un piano comunale per la viabilità telematica che preveda la gestione di moderne strade digitali? Dal punto di vista della sua competenza nel settore informatico c’è qualche filone che si sentirebbe di consigliare a dei giovani in cerca di lavoro? La mia disciplina evolve così in fretta che qualsiasi consiglio corre il rischio di risultare sorpassato nel momento stesso in cui lo formulo. Se devo scegliere alcuni ambiti della mia disciplina oggi in forte crescita sono sicuramente quelli dello sviluppo di applicazioni e servizi per terminali mobili, la bio informatica e le applicazioni legate al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale. E una proposta alla classe politica di questa città in declino? Il paese sta attraversando un periodo molto critico con una caduta senza precedenti della consapevolezza dell’importanza della rappresentanza politica. Mi sembra una proposta ambiziosa individuare come prima priorità di ogni azione politica locale il maggior coinvolgimento possibile dei cittadini: svegliare i cittadini prima di ritrovarsi in una città “dormitorio”. Occorre fare squadra per salvaguardare i pilastri essenziali (lavoro, servizi e offerta culturale), che si concretizzano nella difesa e valorizzazione dei nostri ospedali, delle nostre scuole, del teatro, del tribunale. Per concludere, l’informatica in Italia sta al passo con la ricerca mondiale o è in difficoltà? È un campo che avrà sicuramente un’espansione in futuro? Le capacità di calcolo e interazione delle macchine che ci circondano (calcolatori, telefoni, tablet, autoveicoli, sensori) sono aumentate a un ritmo senza precedenti nell’ultimo decennio: le innovazioni da cogliere nel prossimo futuro saranno molteplici e nei settori più disparati. L’Informatica in Italia soffre degli stessi mali dell’intero paese dove una politica miope tende ad abbandonare prospettive di investimento a lungo termine nei settori della formazione, della ricerca e dell’innovazione.


6

primo piano

Vivere la montagna

6

a cura di A.D.

Intervista a Domenico Rosselli

Le nostre montagne: “da vie di comunicazione a linee di confine” Le nostre montagne, meta d’inverno degli sportivi della neve, d’estate sono meta soprattutto dei villeggianti alla ricerca di frescura, di quiete e di pace in mezzo alla natura. D’inverno il luogo più gettonato è Sestriere. In estate invece le mete sono soprattutto i paesini di mezza montagna - dove le seconde case sono molto numerose - con le loro feste paesane, le sagre popolari, le iniziative culturali, i campeggi, i rifugi, le camminate immersi nella natura, le escursioni in mountain bike... Due realtà turistiche molto diverse. La prima è fatta di viaggi organizzati e di resort, con persone che arrivano soprattutto dall’estero, la seconda è legata principalmente alle seconde case, “che però in questo periodo di crisi economica non attirano più per via dell’alto costo di spese e di manutenzione” afferma Domenico Rosselli, Responsabile dell’Area di vigilanza del Parco Val Troncea. A partire da questo cambiamento del turismo montano s’intreccia con Domenico un discorso acuto sulla montagna che abbraccia la sua storia. Riportiamo la riflessione di Rosselli. «Per capire la realtà attuale della montagna bisogna ripercorrere un po’ di storia. L’idea che ha portato a intendere la montagna semplicemente come un’occasione di valorizzazione turistica parte da molto lontano, dalla borghesia romantica di fine ‘700 – inizio ‘800. Chi ruppe uno schema vecchio di secoli fu lo scienziato appassionato naturalista de Saussure nel 1768, quando offrì un premio a chi sarebbe salito per primo sul Monte Bianco, aprendo così la strada alle prime ascensioni. Da quel momento è iniziata una trasformazione che ci ha portato ad oggi: la montagna che prima era intesa come ambiente ostile da evitare acquista un fascino che il Romanticismo

esalta moltissimo (si arriva a fare il Grand Tour delle Alpi, una delle grandi mete della borghesia europea)». «Qui cominciano a mischiarsi le cose: le popolazioni alpine “subiscono” questa presenza che diventa via via sempre più costante. Il primo rapporto con le nuove presenze lo hanno le guide, gli assistenti: interi villaggi ad esempio vivevano sulle cacce reali dei Savoia, che volevano le strade lastricate. I viaggiatori inglesi cercavano le guide che li accompagnassero a scalare le cime, a scoprire l’ambiente alpino». «Un altro aspetto importante che forse viene un po’ trascurato è il fatto che noi intendiamo la montagna come confine, come linea di separazione fra gli Stati, mentre questa è un’idea molto recente. Le montagne non sono mai state un confine, o meglio lo sono diventate dopo il trattato di Utrecht del 1713, di cui quest’anno ricorre il terzo centenario: lì è stata la prima volta in cui la linea di cresta displuviale è diventata il confine fra due Stati. Prima di allora le popolazioni che vivevano in queste vallate avevano dei legami estremamente forti, spesso anche di famigliarità, di parentela, con popolazioni che vivevano in vallate limitrofe. Si era sviluppata una cultura – pensiamo per esempio alla realtà degli escartons – che era molto ampia, diffusa, non chiusa in un contesto vallivo come oggi siamo abituati a pensare. Le cose sono andate modificandosi non per un’evoluzione della cultura locale, ma a causa degli eventi politici europei. Le montagne da lì in poi sono diventate confine, un confine anche sofferto (basti pensare alla Prima guerra Mondiale,


Storia ed evoluzione di un m o d e l l o v i t a l e dove l’idea di confine è arrivata all’esasperazione totale del concetto di separatezza, di conquista e di perdita)». «Per capire come si è evoluta l’idea e la percezione della montagna bisogna tener conto di tutte queste cose. Oggi noi la intendiamo quasi sempre come luogo di svago; ma la montagna è molte altre cose». «Innanzi tutto le Alpi sono rimaste l’unica grande riserva di naturalità del Vecchio Continente, l’unica area d’Europa dove c’è ancora un ambiente naturale diffuso; tutte le altre zone sono state occupate dall’uomo, non c’è uno spazio in pianura che non sia antropizzato. Nelle Alpi questo non è successo, per lo meno non è successo in modo così incisivo, proprio perché il contesto ambientale era severo e non era possibile dominarlo. E la storia delle popolazioni alpine è stata influenzata da questi fattori, ma anche da molti altri». «Così lo spopolamento della montagna non è un fatto di questi anni. Ogni storia di migrazione e di abbandono è una storia a sé. Per esempio una valle come la val Chisone ha avuto un’evoluzione particolare: un’emigrazione nella seconda metà dell’Ottocento – la gente migrava stagionalmente, fenomeno comune a tutte queste vallate. D’inverno quelli della val Pragelato andavano a fare i servi negli alberghi del Nizzardo o di Torino poi tornavano in valle, e succedeva che dopo un po’ di stagioni i più capaci cominciassero ad intraprendere un’impresa propria – magari un piccolo ristorante o un piccolo albergo. Questo è stato l’iniziale abbandono delle valli, che però ha visto anche dei ritorni importanti. Mi viene in mente la storia dell’albergo Albergian di Pragelato, gestito dai nonni dell’attuale proprietario Tillino: emigrati all’estero, poi rientrati, hanno aperto un grande albergo qua all’inizio del Novecento». «Poi però in val Chisone succedono anche altre cose: è una delle prime valli in cui tra le due guerre arriva lo sci e s’inventa per esempio Sestriere. Arriva l’industria dello sci e cambia tutto, in un tempo relativamente breve. Poi arriva la Seconda guerra mondiale, che interessò molto queste valli. Con l’operazione Usignolo del 1944 i nazifascisti arrivano nell’alta valle, nel territorio dove adesso c’è il parco, incendiano Laval e Troncea, le borgate più importanti, per cui anche chi dopo la guerra voleva tornare si trovò con quattro travi annerite,

7 7

ed era difficile ricominciare». «Dopo la guerra succede un’altra cosa importante: arriva l’industria e la storia comincia a caratterizzarsi in modo diverso. Intanto erano aperte già da tempo le miniere della Talco Grafite, altro elemento particolare nella storia di queste valli, che non è comune a tutte le vallate alpine. Ecco che allora il montanaro contadino si trasforma in operaio, con un doppio lavoro: finisce il turno in fabbrica e va a mungere la vacca. Lo fa fin quando non finisce quella generazione; poi i figli vendono le vacche. E oggi che non fanno più gli operai forse recupereranno le vacche?». «Questa evoluzione che c’è stata è stata diversa da zona a zona, ma ha portato comunque a un cambiamento radicale, a un movimento sociale che spesso è coinciso con l’abbandono fisico; altre volte è coinciso con una trasformazione molto rapida del rapporto col territorio. Con l’avvento dello sci, l’industria del turismo, le seconde case, nel giro di pochi anni a Pragelato tutti vendettero i propri terreni per costruirci sopra seconde case e quant’altro. Così i montanari che falciavano i prati si sono trasformati nei custodi di queste seconde case o in quelli che lavoravano stagionalmente nell’ impiantistica dello sci. Si è trattato di una trasformazione complessa, dalle mille sfaccettature. Oggi in un contesto come il nostro non c’è più nessuno che viva di terra e di quelle che erano le attività tradizionali di queste valli. In altri contesti è diverso. Per esempio andando qui vicino, nel Queyras, la situazione è completamente diversa». «Cosa succederà adesso non lo so. Quello che noto – non ancora forse dalle nostre parti, perché ci sono ancora degli spazi per fare altro – è l’idea di tornare a fare il pastore, a fare l’agricoltore. Sono usciti alcuni libri ultimamente sul pastoralismo, sui giovani che hanno deciso nuovamente di dedicarsi a questo tipo di attività, piuttosto che far niente. Si tratta sicuramente di ricostruire una cultura, sotto questo punto di vista; che probabilmente porterà con sé anche altro, dopo la grande ubriacatura del benessere che è arrivato di colpo in queste valli, negli anni 60 – 70, dove la terra di colpo valeva moltissimo e rendeva venderla. Oggi questo si è sgonfiato molto. Non vorrei che ci fosse l’equivoco della contrapposizione fra due modelli, segue a pag.22 Le nostre montagne... segue da pag.7


Politica giovane young Politica

8

di Emanuele Sacchetto

Intervista ad Andrea Chiabrando

“Questa amministrazione subisce gli eventi” Chiabrando: ”A questa Giunta non possiamo certo rimproverare la malafede o il malaffare. E’ gente per bene, ma priva di idee-iniziative”. Nei mesi scorsi abbiamo sentito il sindaco e poi a turno quasi tutti gli assessori su cosa stavano facendo per questa nostra città. Abbiamo voluto incontrare anche un esponente dell’opposizione all’amministrazione, Andrea Chiabrando, per sentire la sua opinione Qual è la sua opinione su due anni di amministrazione Buttiero? In quanto cittadino di Pinerolo vorrei poter avere un giudizio positivo di questa amministrazione. Purtroppo però, in quanto consigliere comunale, c’è grande delusione per il ben poco che si è fatto e si sta facendo. Sebbene fossimo coscienti che non sarebbe certo stata questa Giunta a risolvere i problemi di Pinerolo, speravamo realmente in qualcosa di più. E invece ci sono stati flop continui: prima la Conferenza per il Rilancio del pinerolese (a cui non è seguito nulla di rilevante), poi il progetto “Terre del Cavallo” (costosissimo e privo di qualsiasi riscontro positivo per la città), per finire col Bikesharing (30.000€ per avere oggi 2 bici soltanto). La frustrazione, come si vede, non manca. Cosa rimproverate maggiormente a questa Giunta? Questa amministrazione subisce gli eventi. Non possiamo certo rimproverare la malafede o il malaffare. E’ gente per bene, ma priva di ideeiniziative. Si limita a subire il declino, senza dar un segno di forza di volontà per porvi un rimedio. C’è invece almeno una cosa positiva che gli riconoscete? Nell’ordinaria amministrazione è capace di gestire le situazioni con sufficienza. Anche i servizi bene o male funzionano, sono efficaci, non però efficienti come vorremmo. Ciò che manca, ancora una volta, è una visione di insieme, di progettualità.

Due drammatici problemi della nostra realtà (e non solo) sono la casa e il lavoro. Cosa ne pensa la sua area politica? In realtà io vedo una sola emergenza: il reddito. Di case Pinerolo è piena, molte delle quali sfitte. Il problema principale, da cui dipende ogni altra emergenza, è la mancanza del reddito. Detto questo, per far fronte all’emergenza abitativa sono stati messi in atto dei palliativi. Ma una soluzione vera potrà esserci solo se si decide di rilanciare l’occupazione. Le case popolari poi non sono la soluzione ideale, per i loro lunghi tempi di costruzione e l’enorme costo. Meglio sarebbe incrementare il sostegno agli affitti (ad esempio i soldi sprecati per il bike-sharing vengano investiti in questo!) e rafforzare e rilanciare il mercato immobiliare. Quali idee concrete per rilanciare il territorio? Bisogna far vedere che si sta cercando di fare qualcosa. Tuttavia Pinerolo può fare ben poco, essendo gran parte delle politiche economiche più incisive dipendenti dal Governo. In ogni caso, noi possiamo mettere in atto piccole ma importanti iniziative come gli incentivi alla localizzazione delle imprese (sgravi sulle tasse locali per le imprese che decidono di restare sul territorio e investire). Inoltre poi dobbiamo sfruttare al meglio i bandi comunitari e nazionali. A questo proposito il nostro gruppo consiliare è riuscito a far approvare una delibera per la creazione di un Ufficio Bandi, competente nel cercare, analizzare e girare i vari bandi utili alle imprese e alle altre amministrazioni del pinerolese. La decadenza del pinerolese, a parere di molti, è stata causata da una mancanza attiva di rappresentanti politici locali, regionali e nazionali. Pensiamo agli onorevoli delle nostre valli, molto


Intervista ai consiglieri di opposizione/1 presenti nel periodo elettorale, del tutto assenti sul territorio, tanto da non portare avanti le istanze delle loro città (tribunale, asl,…). Lei cosa ne pensa? Sicuramente sono importanti entrambi i livelli per una gestione ottimale delle realtà locali. Certamente è mancata l’espressione locale a livello nazionale e regionale (alle scorse regionali non siamo riusciti a portare a casa nessun seggio nel nostro territorio). Tuttavia anche a livello locale, le amministrazioni hanno spesso sonnecchiato, senza preoccuparsi di fare rete, costruire un tessuto forte. Storicamente, è sentito comune che l’area politica di centro-destra sia a favore della cementificazione sempre nuova, non sempre favorevole a una rivalutazione dei centri storici. A Pinerolo, densamente costruita, a chi si deve questa situazione? A Pinerolo per oltre 20 anni ha amministrato la sinistra. E per 20 anni si è costruito ben oltre l’effettiva necessità. Spesso per lo stretto legame di quell’area politica con importanti costruttori locali, ancora oggi questa amministrazione si sta schierando per l’edificazione senza tregua del territorio. Anziché modificare il piano regolatore si sta semplicemente andando avanti con varianti. Noi invece, non è mancata una volta in cui ci schierassimo contro questa linea,

a difesa delle aree agricole, ma spesso gli interessi opposti di alcuni personaggi hanno prevalso. Forse dunque a Pinerolo la visione storica di destra e sinistra è un po’ travisata. A Pinerolo il “partito del mattone” è il PD. Per quanto riguarda il centro storico, noi siamo senz’altro per un suo rilancio, ma al giusto costo, che non è certamente quello di 3100€ al mq, come proposto dall’amministrazione. Tanto più che quegli alloggi ristrutturati a questa cifra spropositata non rimarrebbero nemmeno di proprietà del Comune di Pinerolo. Parlando del suo personale ambito di competenza, il settore agricolo, qual è la situazione del pinerolese? Il pinerolese ha sempre avuto realtà agricole importanti, che nonostante la crisi attuale, stanno resistendo bene, complice anche un ritorno (talvolta forzato) alla campagna. Infatti molte persone, magari in seguito a un licenziamento, spesso decidono di tornare all’attività di famiglia. Tuttavia non è su questo settore che si può fare affidamento per combattere la disoccupazione, essendo numericamente ben pochi i posti che esso impiega. Il nostro compito è solo quello di compiere piccole azioni di supporto al settore, iniziando dalla semplificazione degli iter amministrativi per le ristrutturarazioni.

9


PINEROLO

Lettere al giornale di Elvio Fassone

Territorio e paesaggio, beni di tutti

Fare economia? Sì, di territorio! Quante volte abbiamo imprecato alla cementificazione selvaggia, al consumo sfrenato del suolo, che una volta compromesso non tornerà mai più quello di prima, come un’innocenza perduta! Quante volte abbiamo guardato dall’alto (da un aereo, un colle, un punto panoramico) uno spazio sbocconcellato dalle nostre arroganze padronali, una superficie sulla quale lo sguardo non riesce a distendersi perché intralciato da capannoni e da fabbricati sciatti e vuoti. E abbiamo invocato un alt allo sperpero del territorio, un basta al dilagare della bruttezza ottusa, alla bulimia del mattone che negli ultimi 50 anni ha accresciuto del 166% le aree edificate in tutta la storia precedente. Era uno sdegno rassegnato e perdente (sperimentato anche nel nostro territorio), una delle tante velleità dei sognatori, guardate con bonomia da chi ricorda che ci vuole realismo, che c’è la crisi e l’edilizia produce occupazione e profitti. Ebbene, c’è una sorpresa. Nel disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 15 giugno scorso (il c.d. “decreto Fare”) compare un paragrafo persino emozionante, dedicato al contenimento dell’uso del suolo, al riuso delle aree edificate, alla conservazione della vocazione naturalistica per quei terreni che la possiedono, alla promozione dell’attività agricola sul suolo tutelato. Al rispetto, insomma, della terra, dell’alma mater, madre prima di tutto perché ci nutre. Non è solo un proclama di buone intenzioni. Si legge che verrà definita l’estensione massima della superficie agricola consumabile; che i Comuni dovranno censire entro un anno le aree recuperabili; e che, se non l’avranno fatto correttamente, nessuna costruzione potrà essere ammessa su un territorio non edificato. Sembra di leggere i proclami dei ragazzi della via Gluk. E’ il principio che quel pezzo di terra può essere

tuo, ma il paesaggio non è tuo, è di tutti. La tutela del paesaggio sta scritta nella Costituzione, anzi nei suoi principi fondamentali, mentre in quei principi non compare più il “sacro” diritto di proprietà. Significa che il paesaggio non è un lusso per turisti romantici, non si arresta alle soglie della città, non può essere subalterno ad altri valori, compresi quelli economici, perché fa parte della nostra cultura e della nostra identità. Significa, ed è questo il risvolto nuovo e “giovane”, che solo un atto sovrano può disporre di quella cosa preziosa che è il territorio, cioè un’autorità che rappresenta gli interessi di tutti, perché tutti ne siamo i custodi. E’ la logica dei beni comuni, che viene spontaneo legare alla propensione, presente soprattutto nel mondo giovanile, di un ritorno alla terra ed ai campi, al sapore del pane. Contrapporre la fatica di un gesto agricolo all’aridità di un tasto premuto per muovere soldi. Intravvedere, sotto il linguaggio nuovo, il transito dalle emozioni condivise all’ufficialità di un testo di legge. Un documento che non sappiamo se crescerà e vivrà, un cammino che dovrà essere seguito per evitare che inciampi nelle “saggezze” dei grandi. Ma pur sempre un segnale di ascolto delle tante proteste contro la città che si allarga e divora, contro il suolo che sparisce, il mondo pattumiera, l’economia che ha le sue leggi, il baratto insano tra le occhiaie vuote dei fabbricati di ieri e le messi di domani sacrificate alle casette unifamiliari di periferia. Certo, la prudenza trattiene gli entusiasmi, nel timore della delusione di rito, quando si constaterà che sono le solite belle parole, e ci troveremo a rammaricarci per l’ennesima occasione sciupata. Ma per intanto godiamoci questo segnale di una cultura nascente, questo linguaggio coraggioso e quindi giovane, quale che sia l’anagrafe di chi lo pronuncia.

10


società

Giovani@Scuola A cura di Nadia Fenoglio

I dibattiti all’Accademia Elementare

Una decrescita serena e sostenibile

Serge Latouche: “limitare il sovraconsumo delle risorse e gli sprechi Prima della sospensione estiva della sua attività, seguiamo gli incontri dell’Accademia Elementare che ci portano ad affrontare il tema della decrescita serena. Il gruppo di discussione, formatosi grazie al contributo di alcuni studenti universitari di Torino, affronta il problema dello sfruttamento delle risorse del pianeta e del loro progressivo esaurimento secondo la teoria elaborata dall’economista e filosofo francese Serge Latouche, con particolare riferimento alla sua opera Breve trattato sulla decrescita serena del 2007. Cosa si intende per decrescita serena? Si tratta, potremmo dire, di un modus vivendi alternativo alla crescita illimitata che ricerca il semplice profitto con conseguenze talvolta disastrose per l’ambiente e per l’umanità. «Sul piano teorico si dovrebbe parlare di a-crescita più che di de-crescita» sostiene infatti Latouche «si tratta proprio di abbandonare una fede, quella dell’economia, del progresso e dello sviluppo». La decrescita secondo Latouche assume dunque i connotati di un programma politico imperniato sulle cosiddette Otto R, che rappresentano otto obiettivi interdipendenti per innescare un processo di decrescita serena e sostenibile. Si tratta, nello specifico, di Rivalutare valori come l’altruismo e la collaborazione; di Riconcettualizzare binomi come ricchezza/povertà, rarità/abbondanza; di Ristrutturare, cioè adeguare l’apparato produttivo e i rapporti sociali al cambiamento dei valori. Ancora, occore Ridistribuire le ricchezze e le risorse per ottenere un effetto positivo sulla riduzione del consumo; Rilocalizzare secondo il motto «think global, act local» per il quale occorre produrre in massima parte a livello locale i prodotti necessari ai bisogni delle popolazioni; Ridurre, vale a dire limitare il sovraconsumo delle risorse, gli sprechi,

ma anche limitare aspetti sociali come il tempo dedicato al lavoro; e infine Riciclare per riutilizzare gli scarti recuperabili. Non-crescere è dunque l’unica soluzione praticabile per sostenere le generazioni future in un contesto di progressivo esaurimento delle tradizionali risorse derivanti dai combustibili fossili; ma per far ciò occorre comprendere come il benessere e il progresso non siano necessariamente il risultato dalla crescita produttiva. Anzi, nella società del PIL l’uomo stesso tende a diventare lo scarto di un sistema che punta al profitto individuale e che di lui fa a meno. Per maggiori informazioni e spunti di riflessione, è a disposizione il forum dell’Accademia Elementare: http://accademiaelementare.forumfree.it/

11


Arte&Architettura

12

di Riccardio Rudiero

la conoscenza per la conservazione

Immaginate Pinerolo senza la basilica di San Maurizio...

Le buone pratiche per la conservazione del patrimonio storico di “Italia Nostra” Immaginare Pinerolo senza la Basilica di San Maurizio vorrebbe dire veder snaturato uno skyline consolidato da centinaia d’anni; un impatto di non poco conto, prospettato provocatoriamente dalla sezione cittadina di «Italia Nostra» un paio di mesi fa. La chiesa, anche se necessiterebbe di alcuni restauri, non versa certo in gravi condizioni, o comunque non tali da fare immaginare una sciagura di tale portata. Tuttavia, questa iniziativa di sensibilizzazione ha avuto il pregio di sollevare un dibattito di primaria importanza – quello della conservazione dei beni culturali – che molto (troppo) spesso non trova la giusta risonanza. Se si pensa che risale alla fine degli anni Sessanta la dichiarazione che definisce i Beni Culturali come «testimonianze materiali aventi valore di civiltà», sembra incredibile che ancora oggi possano verificarsi casi in cui, a causa dell’incuria, o per l’atteggiamento disinvolto di chi si occupa di edilizia nuova a scapito della storica, la memoria impressa nei nostri monumenti venga progressivamente e irreparabilmente distrutta. Gli edifici storici sono lo specchio della società che li ha prodotti, e sono quanto di più imperituro resti sotto gli occhi della gente. In questo senso, è dovere civico e morale di tutti operare affinché questi vengano op-

portunamente conservati, ciascuno con il proprio ruolo e le proprie responsabilità. Se, quindi, come prevede l’articolo 9 della Costituzione, è compito della pubblica amministrazione tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, dovere di ogni cittadino è, quantomeno, conoscerlo e diffonderne la conoscenza, poiché senza conoscenza risulterebbe impossibile riconoscere il valore insito nei beni culturali. Credo sia fondamentale, a riguardo, promuovere con forza campagne che consentano ai ragazzi di età scolare – dai cicli primari ai secondari, con sfumature e competenze differenti – di conoscere e apprezzare il patrimonio di cui sono detentori, ricordando sempre che lo si è non a titolo definitivo, ma solo transitorio. Ragione per la quale è fondamentale promuovere uno sviluppo che «soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri» (Rapporto Brundtland, 1987). E tra questi bisogni è forte la componente culturale, che deve essere quindi preservata e tramandata ai posteri. La città storica, con i suoi monumenti, è parte integrante e preponderante di questa categoria; vincere l’indifferenza è il primo passo affinché il sapere scritto nei mattoni possa giungere intonso alle future generazioni.

12


Società

Sociale & Volontariato di Alice Albero

Il museo che testimonia il mutualismo dell’800

La Pinerolo del Mutuo Soccorso Pinerolo, 12 ottobre 1848: un calzolaio, un indoratore, quattro falegnami, due sarti, un capomastro e un meccanico si riunirono nella locanda del Cavallo Bianco per costituire la prima Società di Mutuo Soccorso d’Italia. Caratteristica saliente e quasi sconosciuta della città, la nascita a Pinerolo del sistema sanitario nazionale è testimoniata dal Museo di Mutuo Soccorso, sito in via Silvio Pellico 19, nell’edificio che era stato la sede dell’Associazione Generale degli Operai. Creata dai lavoratori attraverso una cassa comune da cui attingere quando era necessario (per avere un sussidio giornaliero e le medicine quando si ammalavano, la pensione quando raggiungevano la vecchiaia o la disabilità, …), la storia del mutualismo pinerolese (e nazionale) viene rivissuta nelle diverse sale museali. Attraverso un processo di graduale e profondo coinvolgimento del visitatore, il Museo ricostruisce i tratti salienti e specifici dell’attività sociale della nostra città, per poi passare a quelli più

generici e variegati del mondo del mutualismo con le sue società di mestiere (agricole, cattoliche, militari). Ventuno teste di donna, ventun volti identici posizionati su una tribuna a tre livelli: eccola la sala che parla di loro, delle coraggiose donne del mutuo soccorso. Capaci di far valere il principio di reciprocità, le donne pinerolesi hanno saputo ricoprire una posizione di primo piano nello scenario sociale, rivendicando a gran voce i propri diritti ed i propri spazi. Per poter conservare e tramandare il prezioso ruolo degli uomini e delle donne della città di Pinerolo nella storia del mutualismo, il Museo offre non solo visite guidate e dettagliate, ma anche laboratori per le scuole di primo e secondo grado. E come ci ricorda il simbolo del Mutuo Soccorso, è stata la forza delle idee a trasformarsi in azione, a gettare le basi per gli attuali aiuti sociali; è stato il coraggio di fare, di agire attraverso il mutuo rispetto. È stata una stretta di mano sotto ad una stella.

13 13


Visibili & Invisibili

diritti umani

gruppo giovani amnesty international

La Dichiarazione dei Diritti Umani - IV

Vorremmo incominciare l’ultima parte di questa intervista chiedendole 3 esempi di cosa è la libertà di espressione e 3 esempi di cosa non lo è. Libertà di espressione è appendere uno striscione con la scritta No Tav o Sì Tav al proprio balcone. Libertà di espressione non è scrivere tweet di insulto al Papa. Libertà di espressione è portar vestiti colorati, una parrucca, e suonare un’armonica per strada. Libertà di espressione non è correre nudi per strada in mezzo alla gente. Libertà di espressione è abbracciare un passante. Libertà di espressione non è dare fuoco a un campo nomadi. La libertà di espressione dovrebbe autolimitarsi laddove entrerebbe in conflitto con la felicità e la serenità altrui. Un diritto poco considerato: il diritto a costituirsi in un’associazione pacifica di riunione. Secondo lei è di secondaria importanza? No, assolutamente. L’uomo ha sempre avuto bisogno di riunirsi, di trovarsi in un contesto di gruppo e lì sviluppare le sue migliori idee. Che fosse attorno ad un fuoco a tramandarsi tradizioni secolari,

che fosse attorno ad un tavolo a discutere l’ordine del giorno di un’impresa sindacale, poco importa. L’associazionismo, pacifico naturalmente, ha sempre aiutato l’uomo a dar sfogo alla sua componente sociale. Le associazioni in senso ampio hanno contribuito poi in varia misura alle decisioni dei governi stessi, in collaborazione con l’ente pubblico o in opposizione ad esso, per denunciare o per appoggiare, per permettere l’espressione di tutti, per dar voce al singolo. Se dovessi mai cancellare un diritto dalla mia lunga lista, non sarebbe questo. E quale sarebbe? Nessuno. Oppure tutti. Non esiste un diritto senza un altro di fianco. Non esiste il diritto alla cittadinanza senza il diritto all’asilo politico, non esiste il diritto all’uguaglianza di fonte alla legge senza il diritto alla garanzia di equi processi, non esiste il diritto al gioco senza il diritto alla vita. Ringraziamo la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: se anche voi avete delle domande, potete scriverci all’indirizzo asmatini@hotmail.it e saremo ben felici di rivolgergliele.

libera

Quarto raduno nazionale dei giovani di Libera Quest’anno si terrà il IV raduno nazionale dei giovani di Libera. Il raduno si svolgerà a Villa genna, Marsala, Sicilia. La scelta del luogo è significativa, infatti lo scorso anno si è celebrato il ventennale dalle stragi del 1992 e i giovani han fatto sentire la loro voce dal Lazio, invece quest’anno si recano in Sicilia. Terra che ha visto cadere tante persone che combattevano la mafia, ma anche tanti innocenti, terra di mafiosi e di magistrati, sacerdoti,giornalisti,ecc.... Il raduno inizierà il pomeriggio del 24 luglio e

proseguirà fino al 29 dello stesso mese. Durante questi giorni i ragazzi avranno l’occasione di partecipare a numerose attività, di ascoltare le parole di don Luigi Ciotti, Giancarlo Caselli e le testimonianze di alcuni parenti delle vittime di mafia. E’ un’opportunità importante per tutti i giovani che vogliono formarsi e informarsi e costruire il loro futuro in una società migliore. Inoltre Libera ancora una volta riunirà migliaia di persone che hanno un grande obiettivo comune: la legalità.

Chiara Perrone

14


arte& spettacolo

Teatro A cura di Rebecca Donella

alle fonderie teatrali Limone

Nella tempesta Con Nella tempesta i Motus tornano a parlare di rivoluzione e lo fanno con un ritmo incalzante e dinamico che cattura l’attenzione fin dalla prima efficace scena. In occasione del Festival delle colline torinesi, le Fonderie teatrali Limone ospitano perfettamente la prima nazionale di questa rappresentazione che prende le mosse da La tempesta shakespeariana e, con numerosi riferimenti alla rivisitazione del 3l 1969 di Cesaire, arriva a parlare di potere, rivolte, padroni, dispotismo e ribellione attraverso i personaggi di Proteo, Ariel e Calibano. La scenografia è scarna ed essenziale, rappresentata da un fondale sul quale è proiettato il testo che viene recitato ma tradotto in francese ed in inglese e modificata grazie all’utilizzo di coperte che è stato chiesto di portare al pubblico (e che verranno donate a Libera). Scambi di battute e scene del dramma shakespeariano si intrecciano continua-

mente con la riflessione sul teatro e sul suo ruolo nella realtà anche attraverso il supporto di video e registrazioni audio. Gli attori sono tutti piuttosto giovani e bravissimi: modellano i loro corpi e le loro voci con sorprendente abilità e portano sul palco tutta la loro energia, rendendo impossibile distogliere lo sguardo. Durante lo scorrere appassionante dello spettacolo gli attori, con le proprie riflessioni, prendono spesso il posto dei personaggi che rappresentano in un’incessante commistione tra realtà e finzione e chiamando gli spettatori ad agire attivamente fino ad invitarli, alla fine, a salire sul palco, scegliere una coperta ed occupare uno spazio. Quando Nella tempesta finisce anche io sono sul palco, accanto agli attori; aiuto a piegare le coperte ed esco pensando che dal teatro, da questo teatro, possono davvero nascere il cambiamento e la rivoluzione.

15


16

così per il mondo

Vita internazionale di Alessia Moroni

Matteo Marocco con l’Erasmus ad Istanbul

Una sensazione intensa di esotico Matteo, studente del Politecnico di Torino, ha vissuto per cinque mesi ad Istanbul grazie al programma internazionale che le università europee offrono agli studenti pronti ad aprire le loro porte al mondo: l’Erasmus. Da fine gennaio a inizio luglio 2010 ha abitato vicino alla piazza Taksim, nel cuore della città, ed ha frequentato il corso di Product Design presso l’Università tecnologica ITU di Istanbul. Com’è nata l’idea di vivere l’ Erasmus? L’idea è nata per avere un’esperienza internazionale fuori dai soliti schemi della vita da studente di Torino, per vedere i metodi delle altre università, sia come studio che come insegnamento, ma soprattutto come scelta di vivere all’estero, anche in futuro. Com’è stato vivere e studiare in una città così unica e diversa dalla nostra? Molto intenso. Ho avuto subito una sensazione di esotico ed irraggiungibile. Mi sembrava tutto così inarrivabile, ma la difficoltà non mi ha frenato: non volevo andare là per trovarmi comodo, ma per trovarmi felice ed è quello che ho fatto. Un’esperienza in un altro posto non mi avrebbe dato ciò che mi ha dato la Turchia. Sicuramente hai conosciuto ragazzi provenienti da tutto il mondo, ma hai legato anche con studenti del posto? Sì, con alcuni ho contatti ancora oggi. I giovani turchi che studiano all’università sono molto “internazionali”, quasi tutti

hanno fatto l’Erasmus e tutti parlano inglese. Con i ragazzi di altre nazionalità si è creato un bel gruppo, abbiamo vissuto moltissime esperienze insieme e ci vediamo spesso. Hai imparato bene la lingua Turca? Qualcosina, per impararlo bene ci vuole più tempo. Ho frequentato anche un corso, ma ho parlato soprattutto in inglese. Il turco è una lingua così diversa da tutte le altre, ma bisogna impararlo un po’ perché c’è una fetta di popolazione che, se vuoi davvero conoscere, devi raggiungere tu, proprio con la sua lingua d’origine. Com’è stata la tua esperienza dal punto di vista accademico? Totalmente diversa e priva di legami con l’esperienza italiana. Mi è piaciuto di più perché ho avuto un approccio allo studio più concreto. Penso, col senno di poi, che sarebbe stato davvero stimolante seguire tutto il mio corso di studi ad Istanbul, fin dall’inizio. Ti senti di più un “cittadino del mondo” dopo aver vissuto un’esperienza del genere? Non mi sono sentito “di più”, ma più “capace di”. Ti puoi considerare un “cittadino del mondo” solo quando ti cimenti: non bastano cinque mesi all’estero, devi continuare ad esserlo in tante piccole scelte quotidiane, essere in grado non tanto di staccarti da un luogo quanto piuttosto di accoglierne più nello stesso momento. Non c’è mai un arrivo a questo viaggio, c’è sempre una continua crescita, se accetti di impegnarti.

16


17

società

Giovani & Lavoro

di Giulia Pussetto

Emiliano Barbato, 1988, racconta la sua esperienza in Aut

Vado in Australia/2... vi racconto

Nel 2011 ho lasciato un lavoro a tempo indeterminato che svolgevo da 4 anni, presso un centro di assistenza fiscale, per partire per l’Australia. Mi sentivo stretto qui, avevo bisogno di un viaggio che mi facesse capire il valore delle mie radici. Quando viaggi ricrei la tua identità, parti da zero in un nuovo posto. Il lavoro che facevo non era adeguato al mio carattere. La partenza è stata una scelta ponderata: lasciare un lavoro non è facile, ma è stato più forte il mio bisogno di uno stile di vita più semplice. Sono partito con un amico e siamo stati insieme 4 mesi, poi ci siamo divisi. In Australia c’è benessere e una psicologia di vita quotidiana più spensierata: vivono con la leggerezza che i giovani qui a parer mio non hanno più. Non sono partito per stabilirmi. Ho viaggiato 10 mesi in camper. Adattarmi subito non è stato facile, è dura abbandonare i comfort di casa! Io però sono dell’idea che sia un errore partire per cercare benessere da un’altra parte. L’Australia va vissuta per quello che è: vivere in mezzo alla natura senza cellulare, ammirando paesaggi fantastici. Non avevo amici e lì ho capito il valore dell’amicizia. L’Australia permette di vivere diversamente da come si sta qui e vi si viaggia facilmente. È un posto sicuro, i giovani possono vivere per strada senza il problema dell’imprevisto. Il pericolo c’è solo se te lo vai a cercare. Io ho lavorato in farm e vi dico che vivere fuori città permette di riscoprire il senso di comunità che qui si è perso. Non lavorare per un tornaconto personale ma per condividere. Ci sono giovani che partono per questo continente per cercare lavoro ma non mettono in discussione il sistema sociale dal quale provengono. C’è chi invece parte per criticare, per mettere in discussione la propria vita qui. Non condivido chi parte per stabilirsi, perché

le città australiane sono simili a quelle europee. Per me bisogna addentrarsi nella vera Australia, in ciò che essa è. Permette di ritrovare la bellezza della natura. Io ho viaggiato nel deserto da solo. Lì non c’è nulla ,viaggiavo facendo tappa da un road house all’altro con doccia, bagni, ecc..ma il resto era solo natura. Non è un’impresa impossibile: ci si attrezza con un van. Nel primo periodo in Australia ho viaggiato, grazie ai soldi che mi ero messo da parte prima di partire. Nel secondo periodo mi sono fermato per lavorare come cameriere in un ristorante italiano. Inizialmente ammetto di aver faticato per il mio inglese non buonissimo. Poi ho lavorato in farm: è l’esperienza di comunità che mi ha arricchito di più. C’erano molti europei (tedeschi, francesi..), ho notato anche moltissime ragazze con lo zaino in spalla che viaggiavano facendo autostop, erano tutte molto giovani, dai 19/20 anni in su. Il viaggio in Australia è stato vitale per me per moltiplicare i punti di vista. In una nuova terra sei uno straniero agli occhi degli altri: capisci e rifletti di più pensando a quegli emigranti che vedevi in Italia e che magari giudicavi. Io consiglio a chi vorrebbe partire di non fermarsi in una sola città ma di viaggiare perché la particolarità dell’Australia è la vita fuori città. Ora che sono in Italia mi occupo della gestione di un Bed&Breakfast in Sardegna. I miei genitori hanno comprato questa casa e abbiamo deciso di sfruttarla in questa maniera per il piacere di accogliere le persone. Questa attività mi permette inoltre di ritagliare spazio per scrivere e leggere molto. Da autodidatta svolgo studi di filosofia e psicologia e ho scritto un libro pubblicato da poco intitolato “Penserò al titolo più tardi”.

17


Lettera a...

dal tempo

di Cristiano Roasio

Lettera al computer

Procedimenti semplici sempre più complessi

Ned Ludd, per chi non lo sapesse non amicone di Ned Flanders ma figura mitica che sfasciò in uno scatto di rabbia un telaio meccanico, si era in quei tempi bui di ciminiere e bambini tubercolotici a tossire per quattordici ore al giorno, di operai abbruttiti anneriti dal carbone, già vecchi a trent’anni, di innovazioni industriali, di Esposizioni Universali e di merce che iniziava ad essere indispensabile proprio per la Sua Ultima Vera Inutilità e sempre più costosa, proporzionalmente al numero di dita mozzate dal Moloch di Metallo ai succitati bimbi sputacchianti, è un personaggio che mi affascina nella sua iconica semplicità: bastasse sfasciare La Macchina, già lo avrei fatto. Il problema è che la Macchina ha già sfasciato me e pertanto non mi resta che scriverLe una lettera di protesta che il Suo Ingranaggio triturerà inevitabilmente nella morsa di Rumore e Sovraccarico di Informazioni facendola svanire nel Nulla, senza per altro doverla frantumare fisicamente. Perché diavolo la mia/nostra vita deve essere schiava di un computer?! Perché non sto scrivendo a mano, mentre la musica scaricata esce sotto formato digitale dalle casse? Perché mi sono arreso. Combatto ancora (rispetto alla media che vedo girare con le tavolette della legge e digitare tramite app il loro credo divino), ma sono un povero Don Chisciotte che cerca di inforcare le ventole di raffreddamento del pc, ma quelle si rivoltano e lo scagliano in un Mondo dove senza di Loro, che refrigerano un sacco di dati dai più inutili a quelli apparentemente utili, sembra non esserci Felicità: ed è proprio questa la tristezza, l’impressione che non possa esistere felicità qualora perdessimo qualcosa della quale, in realtà, come tutto, riusciremmo a sopportate la scomparsa. Sono, come tanti, un apocalittico integrato: non ho neanche scelto da che parte stare, urlo “al fuoco al fuoco!” ma non faccio nulla per spegnere la fiamma che mi brucia i pantaloni. Vedo Procedimenti Talmudici che solo alcuni adepti riescono a decifrare con un ciondolio non tanto religioso e focalizzato, quanto spastico ed epilettico; Sequen-

ze Cabbalistiche che nascondono non la presenza ma la Sicura Assenza di un Dio. Digito Stringhe Unidirezionali per comprare feticci di un’epoca in declino tra i quali degni di nota sono: irrigatori a forma di paperella, mogli russe, infradito a pois del colore e della tridimensionalità del vomito e così via. Il computer rende i procedimenti semplici complessi, quelli complessi un po’ più complessi, quelli medi... complessi; le persone semplici complesse, quelle complesse... semplici (con tutte le isotopie narrative che possono scattare in testa quando si dice “persone semplici”: cfr. facebook status quali “nevica!!!”, “uff piove di nuovo”, “che barbaaaa non so cosa fare!!” “dovrebbero stuprarla quella ministra” et alia).

La mia è senz’altro paranoia ma ogni tanto una bella mazzata (non troppo metaforica) mi vien voglia di darla a sta cosa luminosa in silicio e altri materiali sicuramente cancerogeni, così giusto per star meglio, per dimenticarmi che la mia Esistenza, i miei Risparmi, la mia Essenza di Cittadino del Mondo non sono altro che una sequenza di 0 e 1 e che potrei scomparire puf da un momento all’altro perché un simpatico tecnico sovrappeso ha versato una tazza di caffèlatte bollente sui server della mia Anima.

18


cosedicasanostra Premio di eloquenza in lingue a Nizza

Organizzato dai Lions, vi hanno partecipato anche due studenti del Liceo Porporato, Samantha Scarpa e Daniel La Grotteria Si è svolta sabato scorso a Nizza la giornata di premiazione per gli studenti che hanno partecipato al Premio di eloquenza sia in lingua italiana che in lingua francese. Fra i partecipanti anche la vincitrice per il Premio di eloquenza in francese del Club Lions di Pinerolo, Samantha Scarpa, studentessa del liceo Porporato della stessa città che ha partecipato alla visita di Nizza insieme al suo compagno Daniel la Grotteria e il docente di francese Dominique Guillot. Gli altri studenti intervenuti erano tutti cuneesi a partire da Irene Sfondrini, del liceo Classico “Silvio Pellico”, vincitrice del Premio stabilito dal Club per gli iscritti cuneesi alla competizione in lingua francese. Per il premio di eloquenza in lingua italiana sono intervenuti quattro studenti del liceo scientifico “Peano”: Marco Buonafede, Sara Garelli, Cristiano Giraudi e Martina Pasero

accompagnati dal coordinatore Prof. Michele Girardo, mentre per l’Istituto “E. de Amicis” di Cuneo era presente Karim Grasso. A completare la delegazione cuneese erano presenti il socio Lions Alberto Fariano, il pastpresident del club Lions di Cuneo, Massimo Cugnasco e Manuela Vico, presidente dell’Alliance française di Cuneo. La giornata si è svolta perfettamente come da programma con una visita al Parco Phoenix, ricco di vegetali e animali dove si è svolto il ricco catering, per continuare nel pomeriggio con la visita della cattedrale ortodossa. Al termine della visita il pope della cattedrale ha intrattenuto la delegazione cuneese illustrando le peculiarità dell’edificio e della fede ortodossa. Una giornata ricca di stimoli e curiosità che ha permesso di coronare felicemente questa edizione dei due premi di eloquenza.

Dida la delegazione cuneese davanti alla cattedrale ortodossa russa a Nizza

19


società

Per Mostre e Musei A cura di Chiara Gallo

Piccole città... “promettenti artisti”

Dalle Realtà illusorie a idontsleep Intervista a Fabio Petani che ci rivela il suo percorso artistico

Fabio, classe 1987, inizia a modellare il suo ideale artistico nel 2006 con la realizzazione di tre tele intitolate “Evoluzione”. La rappresentazione duplice della realtà che nella prima tela mostra attraverso due linee ed un punto, viene messa in discussione nella seconda e quindi riprodotta nella terza in tre punti, simbolo di contrasto tra uno stop ed il processo in continuo movimento. Da qui nascono le Realtà Illusorie con cui Fabio trasmette la sua visione di un mondo mutevole e di diversa interpretazione! Senza alcun tipo di studio accademico alle spalle, la sua arte ritrae pensieri ed idee originali, con qualche spunto da artisti come Mondrian e Pollock, ma sempre conservando il proprio stile. In un mondo come quello dell’arte è difficile farsi strada, cos’è che ti spinge a continuare? “La passione per ciò che fai è alla base di tutto! Il modo migliore per farsi conoscere sono le mostre nei locali. Possono essere un po’ noiose certo, ma se fatte nei posti giusti portano bei risultati!” Con un gruppo di amici avete organizzato una serie di serate note come idontsleep, le quali hanno riscosso un ottimo successo nel pinerolese; tu ti sei occupato dell’allestimento scenografico e dell’immaginazione. Cosa ne pensi di quest’esperienza? “Sono molto soddisfatto, soprattutto per la realizzazione dell’aeroplano che

abbiamo poi posto all’interno del locale; è un esempio perfetto di un lavoro su commissione che riesce a dare comunque gratificazione all’artista. Grazie a questo progetto, poi, mi hanno contattato diversi locali di Torino, interessati ad un eventuale allestimento!” Per quanto riguarda collaborazioni con altri artisti? “Con un mio amico artista, le cui idee rispecchiano parecchio le mie, ho realizzato alcuni manichini per l’Illusion Art Music Festival. In futuro vorrei poter collaborare meglio con artisti street art che ammiro molto e a cui eventualmente mi piacerebbe un giorno essere associato!”. Dunque passione, determinazione e originalità sono caratteristiche fondamentali per poter intraprendere questo tipo di carriera, ma se dovessi dare un ultimo consiglio a chi volesse seguire il tuo esempio? “Beh, di non limitarsi al paese in cui vive. Pinerolo mi ha dato molto, ma ovviamente per potersi esprimere al meglio e farsi conoscere occorre lanciarsi nelle grandi città come Torino. Maggiore sarà il numero di persone che vedranno i tuoi lavori, maggiori saranno le occasioni per conoscere gente interessante che apprezzerà la tua arte”. Confidiamo nel tuo successo e speriamo che nuovi appassionati talenti come te facciano capolino sulla scena artistica!

20


Territorio

eventi

21

A cura di Gabriella Bruzzone/Chiara Gallo

mese di L u g l i o

Eventi nel Pinerolese

Venerdì 15 luglio

PINEROLO, Parco Villa Turati, ore 21.00 «Arcipelago Estate» Cinema in Piazza all’Istituto Musicale Corelli. Proiezione all’aperto del film “La bicicletta verde” di Halfaa Al Mansour. Info: 0121 322529.

14 luglio TORRE PELLICE, Piazza del Municipio, ore 11.00 Una Torre di Libri Sara Tourn presenterà il libro da lei curato sulla storia del comune di Torre Pellice. Alle 17.30 Slow Food presenterà il libro “Guida al Vino Quotidiano”. A seguire alle 18.30 incontro con Lella Costa e Carlo Petrini i quali dialogheranno sulle loro recenti pubblicazioni. FENESTRELLE, Gita guidata nel centro storico di Fenestrelle e Fort Mutin a cura della ProLoco di Fenestrelle. Visita sociale a Scopriminiera organizzata da San Giusto Giovani & Pro Loco sezione di Mentoulles. Gara sociale di pesca alla trota in torrente: inizio gara ore 15. Per info: Società Pesca Sportiva. PRAGELATO, Frazione La Ruà, Festa degli Alpini Organizzata dal Gruppo Alpini Assietta di Pragelato. Pranzo e Santa Messa seguiti dalla sfilata lungo le vie del paese. Si proseguirà con il rancio alpino presso Casa Pragelato in frazione Rivet. A seguire musica, giochi e stime. Info: 388 0627175. SESTRIERE, Ore 9.30, «Cesana-Sestriere Experience» Concorso per auto storiche con gara di velocità in salita. Info: info@cesanasestriere.com.

13 luglio PRAMOLLO, Chiesa cattolica di Ruà, ore 8.00 Passeggiate Storiche Percorsi a Pomeano dalla preistoria ai giorni nostri. TORRE PELLICE, Piazza del Municipio, ore 17.30 Una Torre di Libri Presentazione dell’ultimo libro di Eliana Bouchard “La mia nuova amica”. A seguire, il regista Mimmo Ca-

lopresti parlerà del suo romanzo “Io e l’avvocato”. SAUZE D’OULX, Ore 10.00 «Sapori e profumi d’Italia» - Fiera enogastronomica. Info: 0122 880120. OSASCO, «Serata giovani» Festa itinerante per le vie del paese con musica e birra. Info: 339 50771118. ORBASSANO, Piazza Umberto I, ore 21.30 «Night of the country dance» Serata dedicata a musica e ballo country. A cura del club La Dolce Vita. OLUX, Parco Jardin dla Tour, ore 21.00 «Rap & Stick» Esibizione degli studenti vincitori del concorso R.E.P. A seguire Tommaso Piotta in concerto. Info: www.oulxlab.it.

12 luglio TORRE PELLICE, Piazza del Municipio, ore 17.30 Una torre di Libri, Presentazione del libro “Binario Morto” di Luca Rastello e Andrea de Benedetti PINEROLO, Discoteca Krystal, Corso Torino 197, ore 21.30, Gue Pequeno al Krysta Ospite della serata il rapper italiano Gue Pequeno.

11 luglio CUMIANA, Strada Piscina, ore 19.00 Night Safari allo Zoom! Ospiti della serata Marlene Kuntz e il Museo del Cinema. Info: 011 3112626. PINEROLO, Auditorium del Liceo Scientifico Marie Curie, via Dei Rochis 12, ore 20.00 «Germogli spezzati» Conferenza sul tema dell’abuso sui minori, tenuta da Gianfranco Giuni e organizzata dall’associazione onlus Amici del rifugio dei ragazzi. LUSERNA SAN GIOVANNI Località Musset, Giardino del Rifugio, ore 21.15 «Mi rifugio al cinema!» - Proiezione del film “Un sapore di ruggine e ossa”. Ingresso: 5 euro. Info: 0121 909070-www.rifugiocarloalberto.

Segnala gli eventi del Pinerolese a eventi@pineroloindialogo.it


società

Giovani,Tecnologia@Innovazioni

22

a cura di Greta Gontero

La prima presa elettrica mobile

Window Socket Quante volte ci è capitato, mentre siamo in auto per fare lunghi viaggi o in posti senza prese elettriche, di dover spegnere il cellulare perché scarico? O magari abbandonare temporaneamente il lettore mp3, mentre ascoltiamo la nostra canzone preferita, perché la batteria è a terra? Da ora non capiterà più grazie a “WindowSocket”: la prima presa elettrica mobile! Questo piccolo (ma grande) dispositivo è strutturato in modo tale da convertire la luce del sole, che è semplice e gratuita, in energia elettrica affinché possa ricaricare i nostri apparecchi elettronici. Ha una forma simile ad una sferetta sulla quale, da un lato, è presente una ventosa che si attacca a vetri e finestre per catturare la luce solare e trasformarla grazie a celle quello di uno sviluppo turistico spinto, con la montagna vista come contesto ludico e basta, e l’altro che considera questi luoghi come un museo da conservare e non toccare. Non è mai stato così, la storia ha portato spesso a delle evoluzioni molto positive da questo punto di vista. I contesti culturali che si sono sviluppati sulle nostre Alpi, soprattutto in queste valli, grazie anche a tutta la storia della cultura protestante che le ha caratterizzate, hanno prodotto dei percorsi che non hanno avuto come unico sfondo la tribolazione e la miseria ma hanno anche dato luogo alla nascita di una cultura importante e soprattutto di alcune cose molto particolari». «A me ha sempre colpito, per esempio, il fatto che Lidia Poet, la prima donna avvocato d’Italia, nasce – sia pure da una famiglia abbiente – in queste valli, mica a Milano. Beniamino Peyronel, uno dei più grandi botanici che abbiamo avuto la fortuna di avere, direttore dell’Orto botanico di Torino, una personalità che l’Europa ancora ci invidia, nasce in una sperdu-

fotovoltaiche, dall’altro, invece, possiede la presa. La sua struttura è piccola, leggera e in plastica e si può portare comodamente in borsa o nello zaino per averlo sempre a portata di mano. Ovviamente, essendo ancora in fase di progettazione, la quantità di energia per ora fornita non è molta, giusto quella necessaria per alimentare uno smartphone o un lettore mp3 (ovvero circa 1000 mAh), mentre la loro ricarica completa occuperebbe in media sette-otto ore. Molto utile, invece, è il fatto che si possa convertire il flusso di energia derivante dal sole verso un accumulatore, per avere una riserva elettrica nel caso dovesse fare brutto tempo o, semplicemente, sopraggiungere la notte. ta borgata della val S. Martino. Non bisogna pensare a queste valli come a delle realtà chiuse: erano valli molto aperte, molto più aperte un tempo di quanto siano oggi. C’era un pluralismo diffuso, dovuto al fatto che le valli non erano delle linee di confine ma delle vie di comunicazione. Oggi noi le pensiamo invece come linee di confine e basta. Coloro che andavano a fare la stagione in Francia e tornavano qua si portavano dietro nel tempo un bagaglio culturale che era interculturale e che trasmettevano. Capivano l’importanza di educare i figli: le scuole funzionavano sempre. A Torino trovavi gli analfabeti, qui tutti sapevano leggere e scrivere. Oggi purtroppo il problema è che potrebbero esserci delle condizioni di tipo economico-sociale che potrebbero portare a un ritorno in queste valli, ma il fatto che si siano tagliati completamente tutti i servizi rappresenta un ostacolo».


musica

Officine del suono

23

A cura di Demis Pascal

m u s i c a emergente

Eskinzo

Questo mese la nostra rubrica si tinge di internazionale, attraverso le mille sfumature degli Eskinzo, band senza una base fissa e con le radici tra Torino e Londra con una strizzata d’occhio alle spiagge delle Canarie dove il progetto ha preso vita. Non vedevo Matteo da qualche anno ma come sempre ci pensa la musica a riunire le persone, ed in occasione di un contest di band il mio vecchio amico mi accenna qualcosa di uno dei suoi nuovi progetti. La palla passa subito a MatLeMad che mi ragguaglia sulla genesi e sulle linee guida del progetto. ”… Eskinzo è nato sulla spiaggia di Esquinzo, Fuerteventura, di notte, come le tartarughe. Io e Luca Cognetti, anche lui torinese, ci siamo conosciuti lì. Tra una parola e l’altra, e i racconti dei gruppi nei quali eravamo coinvolti, abbiamo iniziato a passarci la chitarra e a farci suonare riff incompiuti. La cosa è poi proseguita tra Torino e Londra, dove al tempo abitavo. E’ stato una sorta di gioco, nel quale ognuno “tesseva” sviluppi alle linee melodiche incompiute dell’altro, un po’ come giocare a scacchi per corrispondenza. Eskinzo è pertanto un duo, ma che si avvale della partecipazione di tanti musicisti, primo fra tutti Davide Tomat, produttore artistico del disco d’esordio. Dal vivo suoniamo sia in duo acustico sia in formazione completa, con Massimo Lorenzon alla batteria (Mambassa) e Andrea Bergesio (Abbery Road, Salvatores, Marco Notari) ai sintetizzatori”. Anche se gli Eskinzo nascono come le tartarughe di sicuro non si muovono così lentamente, infatti la distanza che divide i componenti è quasi il loro punto di forza. ”…il processo creativo è un arrangiamento incrociato dei rispettivi provini. Abbiamo dei limiti, o meglio del “fair play” da rispettare, ma direi che il tutto nasce da questo gioco incrociato…“.

A questo punto la conversazione si è fatta molto interessante, ma commetto l’errore di trovare analogie tra la musica degli Eskinzo e quelle di un’altra band che a Matteo non garba per nulla. Solo gli ormai lunghi anni di amicizia mi salvano quando manifesto la possibilità che i loro brani ricordino in alcune parti gli ultimi Radiohead. La parola ancora a Mat. ”…Qualcosa dei Radiohead c’è, ma più dalla parte di Luca, personalmente non mi sono mai piaciuti granchè. Ma di nuovo, fa parte di quelle “contromosse” di arrangiamento che ci siamo fatti l’un l’altro. Direi che facciamo musica elettroacustica. Poi le declinazioni possono essere club, rock, funk, blues. Quello che ci va di suonare lo suoniamo, poi nell’atto della produzione cerchiamo di dare a tutto la stessa sonorità. Qui entra in modo importante il ruolo di Tomat come produttore artistico”. Anche per il futuro gli Eskinzo non si fanno mancare nulla, alla loro poliedricità aggiungono ancora altri spostamenti per quello che sarà il seguito del loro primo singolo. ”…In linea generale posso dirti che ci prendiamo i tempi e i modi che ci vanno. Sia io sia Luca e gli altri abbiamo suonato per anni in band dove “bisognava farcela”, con una certa ansia di fondo nel fare le cose giuste nel tempo giusto. E’ un po’ il modello del successo industriale applicato alla carriera musicale, e sono davvero tutte cazzate. Bisogna essere liberi all’interno del Proprio Tempo, come cantava Freddie Mercury. Solo così si è liberi. A settembre uscirà il nostro secondo singolo, Western Fuzza, il cui video è in lavorazione a Berlino. Per quanto invece riguarda altre registrazioni, credo che appunto Berlino possa essere un buon punto di partenza. Desideriamo la maggiore multiculturalità possibile in quello che facciamo”. E così si conclude la nostra rimpatriata. Occhi e orecchie quindi puntate su eskinzo.com per le prossime uscite e le molte news.


Andare al cinema

società

di Andrea Obiso

le commedie francesi

Paulette

Regia: Jerome Enrico Attori: Bernadette Lafont, Dominique Lavanat, Carmen Maura, Francoise Bertin Paulette è una perfida anziana signora che vive nella periferia di Parigi, con la sua magra pensione non riesce ad arrivare a fine mese ed è quindi costretta a ricorrere a qualche espediente poco legale. Oltre ad un feroce razzismo, il quale gli impedisce tra l’altro di voler bene al suo nipotino di colore, Paulette è dotata di gande intraprendenza. Una sera, notando dei movimenti sospetti nel suo quartiere, Paulette si rende conto che grande opportunità di guadagno sia lo spaccio di stupefacenti, gestito da un caratteristico malvivente che vive in un palazzo vicino al suo. Presto l’anziana nonnina, grazie al suo aspetto innocuo e al suo fiuto negli affari, comincerà la sua scalata nel mondo dello spaccio, nonostante un genero poliziotto e l’insofferenza dei suoi “colleghi” più giovani. “Paulette” è l’ennesimo film transalpino proposto nelle nostre sale. Dal fenomeno di “Quasi amici” infatti i distributori italiani si stanno sbizzarrendo nel portare decine di commedie francesi nel nostro Paese. Quest’ultima uscita, a differenza di altre pellicole, non annovera fra gli attori uno dei protagonisti di “Quasi amici” o “The artist” e, visti i precedenti, è quasi un successo.

Passando al film vero e proprio, nonostante la trama non sia originale, la capacità di creare situazioni divertenti è innegabile e rende il film leggero oltre che divertente. Se la regia appare ogni tanto poco incisiva la recitazione delle attrici è ottima, rendendo efficaci la maggior parte delle gag basate sull’equivoco e l’assurdo. Una critica che si può muovere a questo film è la poca cura che è stata rivolta ai messaggi che l’intera vicenda intende trasmettere. Da un lato infatti è palese la volontà di denunciare l’insensatezza di un fenomeno come il razzismo, riducendolo a ignoranza e paura verso il prossimo, dall’altro il messaggio meno lampante che traspare è l’esatto contrario della maggior parte delle commedie: “i soldi fanno la felicità”. La scorbutica e infelice Paulette, infatti, diventa una tenera e tollerante vecchietta nel momento in cui i suoi “affari” cominciano a portarle dei profitti. A parte questa piccola critica il film è piacevole e merita di essere visto, specialmente in un periodo dell’anno, l’estate, in cui i film interessanti (fatta eccezione per i blockbuster) scarseggiano.

24


società

Appunti di viaggio

25

di Mauro Beccaria

camino de santiago de compostela/2

“Un viaggio dentro e fuori di me” Il 5 maggio avevo salutato Angie con un tramonto rosa su Pamplona. Un mese di cammino ci separava da allora. Per combattere il male che mi aveva colpito lo scorso anno avevo aggiunto la mia forza di volontà alle chemioterapie. Amo camminare e sentivo che questo sarebbe stato un viaggio risolutivo. Spesso ho condiviso fatica ed emozioni con nuovi amici. Nei passaggi in solitaria il desiderio di arrivare, la natura accogliente, e Dio nel mio cuore, tutto mi caricava e mi spingeva avanti. I momenti di luce, i piccoli traguardi, i suoni del bosco, il sole che gradatamente illumina la via, i pasti condivisi negli albergues parrocchiali, la gioia dei racconti e poi le tappe difficili, il buio, la fatica e il dolore. Penso alla tendinite al piede o al dolore insistente al fianco, al peso dello zaino a volte più massiccio: tutto spinge fino alla vista delle guglie dell’imponente cattedrale. Tutto ha cooperato al viaggio e a fare me più forte. Non solo nel fisico, ma anche nella Fede. Vi racconto un episodio. Lasciavo Burgos all’alba sotto una pioggia insistente, ben coperto sotto la mantella. Durante il primo tratto di cammino la temperatura era mite, ma poi scendeva e intanto mi accorgevo che la plastica del poncho aveva delle falle e cominciavo a tremar di freddo. Dopo due ore cercavo riparo sotto una pensilina dei bus, ma gelavo ed ero fradicio. Pochi minuti e ripartivo: non potevo scaldarmi le mani. Oltrepassavo diverse località nelle mesetas verdi, Villal Billa, Rabe de la Calzadas e Hornillos del Camino, importante tappa nel XVI secolo, con diversi hospitales per

pellegrini e un ospizio per lebbrosi. Mi fermavo tremante in un bar per un cappuccino caldo e togliendomi il poncho mi accorgevo che sotto il pile ero zuppo. Non riuscivo a tirar fuori le monetine dal portafoglio, talmente ero intirizzito. Altri 10 km di strada con l’unico filo di speranza: la pioggia più rada e un po’ di vento. Pregavo nel mio cuore. Ancora 3-4 km e un tratto fangoso spaventoso: ad ogni passo, sempre più pesante, fango sugli scarponi. La meta non arrivava mai, ogni istante una sofferenza. Dopo oltre 2 ore ero vicino, ma dell’arrivo non si vedeva assolutamente niente, tutto piatto e campi di grano a perdita d’occhio. Un segnale: 500 m ad Ontanas. Ma dov’era? Nulla all’orizzonte! La valle scese all’improvviso e spuntarono le prime case, insieme al sole. Nell’ostello El puntido potei finalmente scaldarmi e lavarmi. In totale ho percorso più di 900 km a piedi, il 2 giugno son giunto solo, alle 6,30 nella cattedrale di Santiago. La piazza deserta, la cioccolata calda coi churros, la consegna ufficiale della “compostella”: ero el primero all’oficina del peregrino; poi la cerimonia del botafumero, il suono del doppio immenso organo che ancora mi rimbomba dentro, e ancora il prosieguo fino all’oceano, le capesante, la visione del braccio di mare che si avvicina, la lunga spiaggia bianca alla punta estrema Ovest del continente europeo... La sera telefonai a mia moglie. Avevo salutato Angie con un tramonto rosa su Finisterre. Un giorno ci separava dal riabbracciarci.


Sono a m i c i d i P i n e r o l o I n D i a l o g o

26


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.