Pineroloindialogo genn-febbraio2017

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Anno 8,Genn/Febbraio2017

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I N D I A L O G O .it Indialogo . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 1 6 . 6 . 2 0 1 0 d e l Tr i b unale di Pinerolo - dir.Antonio Denanni

Pinerolo, facciamo advocacy

L’assessora Lara Pezzano: «La casa, la mancanza di lavoro e di inclusione sociale sono i problemi che ci trascineremo ancora per molto tempo»

Docenti universitari del Pinerolese /32, Corrado Gavinelli: «Pinerolo ha una storia secolare importante»


Buone News A cura di Francesca Olocco

Osservatorio Culturale

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Il Piemonte e la cultura nel 2016 L’Osservatorio Culturale del Piemonte (OCP) produce annualmente una relazione che fotografa e analizza la situazione del settore della cultura in Piemonte, valutando le attività, la partecipazione e gli investimenti avvenuti, anche in rapporto al contesto nazionale ed estero. In particolare, l’attenzione è posta sui settori maggiormente coinvolti, quali il cinema, i musei, i teatri e la musica classica, nonché la lettura di libri. Chiaramente, al momento, la relazione relativa all’anno 2016 non è ancora stata realizzata, perché la raccolta e l’analisi dei dati necessita di un lungo tempo di studio ed elaborazione. Si ha, però, all’interno della relazione “La cultura in Piemonte nel 2015” una raccolta di dati sui primi dieci mesi del 2016, che permette di fare qualche anticipazione. Innanzitutto, per quanto riguarda l’esercizio cinematografico, si registra, rispetto allo stesso periodo del 2015, un aumento sia del numero di biglietti venduti (+ 5,4%) che degli incassi al

botteghino (+ 4,6%). I film più visti sono stati quelli legati al genere della commedia italiana, in primis Quo vado?, il film interpretato da Checco Zalone (con i suoi 657.933 spettatori, rispetto ai 123.345 di Revenant), nonché i film di animazione. In secondo luogo, anche nel caso – forse più interessante – dei musei e dei beni culturali, i

dati paiono positivi: nel primo semestre dell’anno, nell’area metropolitana di Torino, sono stati registrati 2,6 milioni di ingressi, che hanno comportato un incremento delle visite del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, hanno avuto enorme successo alcuni musei del Sistema Museale Metropolitano, come la Venaria Reale, il Museo Egizio, la Gam e Palazzo Madama, che da soli hanno registrato 300.000 ingressi in più rispetto allo stesso periodo del 2015. Occorre del resto notare come, nel corso dell’anno appena passato, Torino si sia posta tra le capitali dell’arte italiana attraverso le sue numerose iniziative. Inoltre, occorre sottolineare l’exploit del Museo Egizio che, dal 2010 al 1° Aprile 2015, è stato la sede di un ampio cantiere da 50 milioni di euro, riuscendo però nell’impresa di non chiudere mai le proprie sale. L’inaugurazione, avvenuta proprio il 1° Aprile, ha visto gli spazi del nuovo museo completamente rinnovati, in linea con gli standard più moderni ma capaci di evidenziare al meglio i propri reperti millenari. I dati parlano chiaro: l’impegno ha dato i propri frutti e il museo è passato dalle 281.568 visite del primo semestre del 2014, alle 402.518 del 2015 (+ 43%) fino alle 480.424 del 2016 (+ 19%). Se i dati sulla partecipazione culturale sembrano quindi positivi, frutto di una leggera ripresa iniziata nel 2014, mancano ancora quelli relativi alle risorse economiche stanziate per la cultura. Gli ultimi, infatti, risalgono al 2014, e evidenziano il forte calo di investimenti avvenuto negli ultimi quindici anni. Essendo i Comuni i primi enti ad aver contribuito, in particolare Torino, seguiti poi dalle Regioni e dallo Stato, una riflessione cade obbligatoriamente sul programma della nuova sindaca del capoluogo piemontese, Chiara Appendino, e sulla speranza che l’impegno e l’attenzione continuino ad essere massimi nel campo della cultura.

Se vuoi leggere la relazione annuale 2015: http:// www.ocp.piemonte.it/doc/relazione_annuale/ocp_ relazioneannuale2015.pdf


33 Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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Facciamo advocacy

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Qualche tempo fa un amico, in riferimento alla crisi della città e alla nuova giunta cinquestelle, mi ha detto: “bisogna fare advocacy”, non di tipo rivendicativo o di difesa dei diritti, ma propositivo, chiamando intorno a un tavolo persone con competenze diverse, appartenenti a realtà socioculturali diverse, per esprimere la propria opinione su temi o realtà sul tappeto. Una proposta che è esattamente il contrario di quanto avviene di solito quando al comando vi è un unico partito che chiama a consulto gli esperti amici o allineati. L’advocacy, nella sua origine, nasce per rivendicare dei diritti o per raggiungere degli obiettivi comuni, attraverso l’azione di lobbying, ma nel tempo ha assunto varie applicazioni nella vita sociale, anche quella di tipo consultivo-dialogico con la produzione di dati, informazioni, consigli e previsioni a coloro che realizzano le politiche pubbliche per mitigare le faziosità, le passioni, le ideologie troppo spinte per una causa... per portare alla realtà delle cose. Se ad esempio quando si è deciso di avviare la costruzione della Scuola del cavallo intorno al tavolo ci fossero state persone non solo entusiaste per il progetto (Di Staso & c), ma anche qualche scettico, qualche economista e gestore d’impresa oltre a qualche esperto dei flussi dell’ippica in Italia e nel mondo in un periodo di globalizzazione... (insomma un gruppo eterogeneo dove non c’è l’allineamento al pensiero dominante) oggi non saremmo a piangere per tutti i milioni spesi per questo centro del cavallo, che non si sa ancora se andranno a buon fine o allo spreco. L’advocacy di tipo consultivo serve proprio a far ragionare gli entusiasmi e le associazioni/ comunità monoculturali. Forse è bene che anche l’amministrazione 5stelle tenga conto di questo metodo, soprattutto per le grandi scelte. Antonio Denanni

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PINEROLO / INDIALOGO.it .

Direttore Responsabile Antonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Francesca Beltramo, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Rebecca Paternò, Federica Crea, Greta Gontero, Oscar Fornaro, Alessandro Castiglia, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Francesca Olocco, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Angelica Pons Con la partecipazione di Elvio Fassone e Beppe Gamba

Indialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Ed. Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - E-mail: redazione@pineroloindialogo.it STAMPA: In proprio

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Buone News

Il piemonte e la cultura nel 2016

intervista all’assessora lara pezzano

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Politica giovane young

Docenti universitari /32

corradogavinelli,storiadell’architettura

irappresentantid’istitutodelliceoporporato

ambiente e migrazioni

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Giovani @ Scuola

L’ambiente siamo noi

Vita internazionale

intervista a martina ciancio

Serate di Laurea

con alessandro balbino e annalisa barra

il cane da guardia e’ stato avvelenato

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Dal mondo

Giovani & Storia

l’impegno di john charles beckwith

In Europa

londra meta di tantissimi italiani

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Giovani & Ambiente

wwf: bilancio 2016 e previsioni 2017

17 Visibili & Invisibili

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i bambini di mosul

Giovani e nuove tecnologie

the breath

18 Il Passalibro

la breve favolosa vita di oscar wao

se non sai non sei

i virtual symmetry

tarantino/4, bastardi senza gloria

in cima all’aconcagua, 6962 mt

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Sociale &Volontariato Officine del suono Filmografia Viaggiare

Amici di Pinerolo Indialogo

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Politica

Politica giovane young a cura di Antonio Denanni

Intervista/5: l’assessora alle Politiche Sociali Lara Pezzano

“I problemi sono la casa, la mancanza di lavoro e di inclusione sociale, che ci trascineremo ancora per molto tempo” Tra le sue deleghe qual è quella che la impegna di più? È difficile dare una risposta, perchè alcune sono strettamente correlate. Ovviamente l’emergenza abitativa è il tema principale, conseguenza dei problemi sociali legati all’assenza di lavoro. È molto triste il quadro dell’occupazione e delle possibilità di lavoro continuative che diano garanzie per permettere di accedere a un contratto d’affitto. Rispetto all’amministrazione precedente c’è stato “un cambio di passo” o i problemi sono sempre gli stessi? Per quanto riguarda il mio assessorato i problemi sono pressochè sovrapponibili: il problema della casa, la mancanza di lavoro e di inclusione sociale ce li trascineremo per molto tempo ancora e al momento non vedo grandi margini di inversione di rotta. Si è cercato di lavorare in continuità apportando ovviamente alcuni approcci differenti in quanto ognuno di noi ha un modus operandi proprio. In questo periodo di crisi quali sono i soggetti che si rivolgono al suo ufficio e le loro richieste di aiuto? Si rivolgono a noi fasce di persone alquanto differenti tra loro: italiani, stranieri, single e famiglie... Chi preoccupa di più però è chi non si rivolge all’ufficio e si trova in quella situazione “grigia” al limite della povertà. Ascoltiamo tutti e cerchiamo di dare delle risposte sollecitando anche altre istituzioni, quali ad esempio l’ATC: dopo diversi colloqui e sistemi di “pressione” siamo riusciti ad ottenere a fine 2016 la consegna di parecchi alloggi che hanno permesso di sbloccare al momento la situazione di criticità che si era creata in autunno. Le persone chiedono per lo

più lavoro che possa permettergli di soddisfare il diritto alla casa. Quali sono gli interventi fatti per contrastare la povertà, a favore delle fasce più deboli? Esistono essenzialmente due tipi di interventi, quelli di carattere assistenziale erogati dal CISS sotto forma di aiuti economici o dall’ufficio casa nei casi di morosità o emergenza abitativa. Esistono poi interventi che aiutano le persone in difficoltà ad avere un minimo di sostegno economico, svolti da parte di attori diversi: parlo di tutti i progetti legati alla Fondazione San Paolo che permettono l’attivazione di voucher gestiti dalle Associazioni/Cooperative, dei cantieri lavoro, del progetto “Accendi una luce per chi non può”, dei tirocini... Dal 2 settembre 2016 è anche attivo il progetto SIA nazionale dell’INPS, gestito dal CISS, per l’inclusione sociale che permette a chi ne possiede i requisiti di avere 80 euro pro capite al mese con attivazione di un progetto ad hoc. Ci parla del progetto “Accendi una luce per chi non può”? Come rispondono i pinerolesi? Sembra in modo non proprio positivo... Il progetto “Accendi una luce per chi non può” nasce da un’idea di welfare generativo legato al problema della casa, per chi comunque si trova in difficoltà economiche e necessita di un aiuto per il pagamento dell’affitto: è data la possibilità di svolgere dei lavori di pubblica utilità gestiti dall’ufficio Lavori Pubblici del Comune in cambio di voucher corrispondenti all’importo concordato. Il fondo è un fondo di solidarietà sul quale chiun-

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“Chi preoccupa di più è chi non si rivolge ai nostri uffici e si trova in quella situazione ‘grigia’...” que può donare, anche solo 10 euro al mese: i negozi e le aziende che doneranno verranno riconosciute in un elenco di aziende solidali. Il Comune ha stanziato dei fondi per il progetto e lo Zonta club ha deciso di donare parte del ricavato del concerto di Natale a tal fine; sono pervenute donazioni di singoli anche durante la cena del 23 dicembre dove sono stati raccolti circa 400 euro. Inizieremo a raccogliere le richieste dal mese di febbraio e spero veramente che i pinerolesi rispondano donando e finanziando il progetto che potrà permettere a molti di prevenire lo sfratto: è lì che vogliamo arrivare, prevenire le situazioni di emergenza e permettere a chi si trova nei centri di accoglienza di uscirne e recuperare un proprio spazio di autonomia. Su questo non posso non ringraziare l’AVASS che ci sta aiutando per la realizzazione del progetto occupandosi direttamente dell’erogazione dei voucher e della tenuta contabile del progetto e l’UNICREDIT di Pinerolo che si è prodigata per riuscire ad attivare in tempi brevissimi il progetto su “IL MIO DONO”, promettendo anche di finanziare il progetto, attendiamo. Sono contenta anche che alcuni cittadini siano già venuti a chiedere quando partirà il progetto. Tra le sue deleghe ci sono anche le associazioni. Dagli incontri avuti sono nate delle collaborazioni e delle progettualità comuni? Certamente! Con le Associazioni dal 20 settembre siamo partiti con progetti trasversali in modo da portare a casa nel 2017 un obiettivo per ogni tavolo di lavoro (disabili, minori e lotta alla violenza, terza quarta età, trasporto solidale e assistenza ospedaliera, lotta alla povertà, uno straniero a Pinerolo e pure animali e ambiente). Nei tavoli sono nati dei progetti che cerchiamo di portare avanti, mi sembra prematuro parlarne, comunque ringrazio di cuore tutti quanti hanno partecipato alle serate, impegnative ma veramente arricchenti. Ci parli del rapporto con il Ciss e dei servizi che eroga. Ci risulta che sia aumentata la quota dei Comuni per abitante per erogare un servizio di prossimità del Tribunale. Ce lo spiega? I rapporti con il CISS sono molto buoni, apprezzo l’impegno di tutti e condivido l’idea di Consorzio che ho portato avanti anche a settembre quando abbiamo deciso di erogare un contributo straordinario per far fronte ai problemi del CISS stesso. Con quello che hanno fanno i miracoli; la quota dei Comuni aumenta in relazione a un piano di adeguamento per riuscire a colmare da un lato la riduzione continua dei trasferimenti da Regione e Stato e dall’altro l’aumento della do-

manda da parte dei cittadini. Lo sportello di prossimità è un servizio che si vuole portare sul territorio, permetterebbe lo svolgimento di tutta la giurisdizione volontaria che prima della chiusura del tribunale veniva eseguita a Pinerolo e per cui adesso occorre andare a Torino (sul territorio ci sono circa 1000 tutele/amministrazioni di sostegno). Affiancato allo sportello di prossimità ci sarebbe un ufficio tutele per il supporto ai familiari come accade a Torino. Questo nuovo servizio ha dei costi che sono in parte sotenuti dal tribunale (locali, utenze e 1 cancelliere), l’ordine degli avvocati metterebbe a disposizione una figura dedicata al progetto, la città metropolitana (al momento) fornirebbe un assistente sociale un giorno alla settimana nel 2017 e full time nel 2018, la fondazione San Paolo coprirebbe i costi di avvio per l’acquisto della licenza del software necessario, il CISS metterebbe a disposizione un’assistente sociale con esperienza in tutele all’inizio part-time (i cui costi ricadrebbero su tutti i Comuni con una quota pro-capite). Il progetto ha un certo costo e quindi se si vorrà come consorzio andare avanti insieme all’Unione Montana della Val Chisone occorrerà trasferire una quota che può variare dai 20 centesimi il primo anno a un massimo di 50 centesimi pro-capite dal secondo anno, se non si trovano finanziamenti alternativi; in cambio però si avrà un notevole e importante servizio per i cittadini e in particolare per le fasce deboli. Politiche sociali vuol dire anche immigrati. Qual è la situazione in città? Vi è una percentuale alta di richiedenti servizi? Attualmente se parliamo di immigrati siamo sotto la soglia dei 2,5 per mille abitanti, siamo a 73 circa profughi sul territorio, se si parla di stranieri il discorso cambia, si fa molta confusione al riguardo. Da noi possono venire a chiedere casa e lavoro come accade agli italiani, la graduatoria è unica e i criteri d’accesso sono i medesimi. Si rivolgono al suo ufficio anche i giovani senza lavoro o è una massa che non fa richieste di tipo sociale? Si, purtroppo vengono anche da me, come da Cerrano che è l’Assessore al lavoro, in percentuale comunque molto minore rispetto all’adulto nella fascia dei 50 annni.

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Città & Università /32

66 a cura di Antonio Denanni

Corrado Gavinelli, Storia dell’Architettura Contemporanea

«Pinerolo ha una storia secolare importante»

“Dopo la demolizione della cinta muraria, la città si è sviluppata disordinatamente” Ci parla di sè e del suo lavoro svolto in ambito universitario? Sono stato (dopo la normale trafila da Assistente a Incaricato) Professore di Storia Della Architettura dal 1975 al 1980, e poi (dal 1980 al 2002) Professore Associato di Storia della Architettura Contemporanea, sempre alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Vi ho svolto il normale insegnamento didattico e diverse ricerche storicoiconologiche inerenti all’architettura mondiale, personalmente e come Direttore del Laboratorio Sperimentale di Modellazione Storica (producendo una formidabile quantità di plastici e modelli, disegnati e tridimensionali, di edifici di ogni epoca). Ma ho anche lungamente insegnato in Giappone, alla prestigiosa Università imperiale di Tsukuba, in qualità di Professore Straniero di Architettura (Gaikokujin Kyoshi) per diversi anni (periodicamente) dal 1995 al 2006. Sono state due esperienze completamente differenti, di cui quella nipponica ha costituito la condizione pedagogico-umana migliore e più interessante, attuata con tutte le possibilità tecniche di lavoro che in Italia sono difficoltose e quasi impossibili a certi livelli, soprattutto perchè condizionate da interessi corporativi e intralciate da incredibili invidie personali. A che punto è l’architettura contemporanea? Si trova in una fase di estremo sviluppo propositivo, ed operativo. Ma purtroppo soltanto nei Paesi di recente sviluppo economico e tecnologico, che stanno esprimendo una particolare forma linguistica di costruzione che dal 1985 ho chiamato Scult-Architettura (si vedano i casi più eclatanti degli architetti Gehry e Hadid, e Libeskind in Occidente; e delle città di Dubai e Shanghai in Oriente) secondo la quale l’aspetto strutturale viene sostituito dall’immagine plastico-estetica esteriore, che costituisce l’ultimo aspetto del Semanticismo post-moderno. Lei insieme a sua moglie Mirella Loik ha scritto anche di architettura sostenibile...

Ne abbiamo scritto per una occasione di analisi sui modelli più avanzati al mondo, e di progettazione pratica per un caso esemplare di insediamento residenziale studiato nel 2005, a riguardo del SudAfrica e di una zona particolarmente sottosviluppata, il Pondoland della costa orientale; proponendo un modello abitabivo componibile, e autocostruibile direttamente dalle persone del luogo con mezzi e materiali locali a modico prezzo: un progetto basato sul rispetto tipologico della tradizione edilizio-abitativa del luogo. Questo criterio propositivo conteneva in sostanza i princìpi esecutivi per una architettura povera ma funzionalmente compiuta, rivolta ad una sostenibilità naturale senza intrusioni tecniche artificiose. Ha scritto anche un libro sui luoghi della pace... E’ stata una esperienza che non mi attendevo propostami dal Direttore della Casa Editrice milanese Jaca Book, Sante Bagnoli, che ha pensato a questo tema particolare; e di cui abbiamo scovato e descritto gli aspetti architettonici più eclatanti, limitati all’attualità (da dopo il secondo conflitto mondiale) prodotti da architetti e artisti famosi ed importanti (quali Tange, Le Corbusier, Ando, Johnson, e Picasso, Matisse, Chagall, Rothko) che hanno costruito edifici espliciti riguardanti la pace o corrispondenti opere pittoriche in costruzioni apposite. Considerando perfino le astronavi future (chiamate Spazi per la Pace) proposte dal torinese-statunitense Paolo Soleri, autore anche lui di una architettura autocostruita e partecipata. Da un po’ di anni vive a Torre Pellice. A cosa è dovuta questa scelta? Ad un caso e ad una coincidenza. Il caso è riferito ad una vacanza da una delle trasferte in Giappone, che ci ha portato sui luoghi di gioventù di mia moglie, di origini valdesi e studiosa delle architetture locali. La coincidenza è stata di avere all’improvviso trovato la casa adatta (che abbiamo chiamato, in giapponese, Dai-jobu, che significa Va Bene), da


«La mia impressione è che molto venga lasciato ad episodicità momentanee e occasionali e non a piani complessivi7 » poco realizzata, i cui spazi sovrapposti soddisfacevano alle nostre esigenze di abitazione quotidiano-culturale in un ambiente non metropolitano con la natura vicina e dove potere vedere bene di notte le stelle! In questa casa vi è anche una campana che arriva da lontano... E’ una campana non solamente funzionale, ma anche un’opera d’arte realizzata dal citato architetto Soleri, che la produce in esemplari diversificati per sostenere la sua iniziativa di realizzazione di una città autocostruita dai suoi stessi abitanti nel deserto (chiamata Arcosanti) su un canyon isolato nel territorio di Phoenix in USA. A livello storiografico ha scritto parecchio anche di Pinerolo... Ci parli di questo patrimonio e della collocazione urbanistica di questa nostra città. Ci sarebbe tantissimo da dire: perchè, sebbene di provincia, Pinerolo ha una storia secolare importante e interessantissima, soprattutto a causa del suo passato intermedio, tra Medioevo e Seicento (con Arduino il Glabrione e la nipote Marchesa Adelaide, imparentati coi Savoia e gli imperatori tedeschi: tra cui il famoso Enrico IV dell’episodio di Canossa; ma soprattutto per la sua importante fortezza francese, eseguita dai più grandi ingegneri militari di Francia tra Cinquecento e Seicento - compresa la Prigione della Maschera di Ferro -, ora completamente smantellata). Riguardo alla sua impostazione urbanistica, dopo la demolizione della cinta muraria, la città si è sviluppata disordinatamente, tranne che per alcune sue parti ottocentesche (nella zona dalla Piazza Vittorio Veneto alla Stazione Ferroviaria), ma con alcune discrepanze tipologico-dimensionali (di cui la lunga sequenza dei portici cosiddetti Midana su Corso Torino è un esempio clamoroso: isolato, e troppo grande per il contesto) e alcuni interventi edilizi discutibili (come nella Piazza Facta) e negli edifici condominiali periferici caoticamente sorti e casualmente disposti. Dal punto di vista turistico-culturale c’è qualcosa di questo patrimonio storico che potrebbe - a suo parere - essere sfruttato meglio? Il Palazzo del Senato, il cosiddetto Castello Acaja, e il famoso Stabilimento Turck (capolavoro ingegneristico del Settecento in muratura autoportante) - per fare solo pochi nomi noti - mi sembrano contenitori isolati e provvisoriamente usati, e di poca frequentazione turistica, da diversamente avvalorare. Ma tutta la città mi pare lasciata alla sua presenzialità singola di monumenti che non si collegano ad una storicità unitaria, abbandonata e trascurata, e composta di episodi singoli che nel loro isolamento si perdono (e sprecano). Pinerolo da decenni è una città in decadenza. Dal punto di vista della sua disciplina ha qualche suggerimento o proposta da segnalare agli amministratori? Ho una seria difficoltà nel dare una risposta. E

non per sottrarmi a un giudizio o ad una proposta, ma perchè non conosco a fondo le condizioni di progettazione e pianificazione in atto nei particolari, e non saprei davvero da dove cominciare. La mia impressione è che molto venga lasciato ad episodicità momentanee e occasionali, e non a piani complessivi di carattere unitario e duraturo. Ma questa è forse soltanto una sensazione da osservatore esterno, e non addentro nelle operazioni esplicite e più specifiche. Università significa giovani. Un giovane architetto oggi ha le stesse possibilità che aveva lei nella sua giovinezza? Cosa deve fare per affermarsi? Potenzialmente ne avrebbe di più, perchè le metodologie e le tecniche sono cambiate ed estremamente specializzate. Io dovevo disegnare a mano sul tecnigrafo per produrre i miei progetti, e colorarli anch’essi manualmente, cosa che limitava ovviamente le potenzialità del fare; mentre adesso esistono stupendi strumenti elettronici di restituzione grafico-plastica davvero incredibili. Oggi poi la trasmissione del sapere è immensa ed estremamente diffusa, mentre ai miei tempi gli aspetti propositivoesecutivi si presentavano più semplici e concentrati. Al contrario, allora si eseguivano operazioni specifiche e dirette rivolte a còmpiti precisi, mentre adesso tutto è dispersivo e generico, e talvolta disorganizzato in molteplici discipline assurde e perfino inspiegabili (forse anche inutili): basti soltanto scorrere i titoli degli insegnamenti dei Corsi per avvedersene! Per affermarsi, un architetto odierno dovrebbe fare proprio l’opposto di quanto io considero un buon modo di istruzione e formazione universitaria: perchè, purtroppo sembra che adesso conti di più il sapersi ‘arrangiare’ furbescamente che veramente imparare un mestiere. E questo non dipende soltanto dai metodi organizzativi e istituzionali labili della società, o dal sistema del lavoro di non facile applicazione, o dalle carenze incredibili nelle possibilità d’impiego di cui si viene a sapere ogni giorno; ma proviene anche dalle modalità interne alla didattica universitaria (e delle scuole precedenti), che manifesta una grande carenza conoscitiva di base ed uno scollegamento preoccupante con la realtà esistenziale, la pratica professionale, e l’onestà procedurale. Un tempo la scuola preparava gli studenti per un lavoro disciplinare specifico, ma adesso l’aspirazione generale degli universitari non è di raggiungere un ruolo appropriato nel sistema dell’esistenza collettiva, ma di ottenere un diploma di generica attestazione per una professionalità possibile: da qualunque parte provenga (in patria, all’estero, o all’avventura). Mi dispiace di questo pessimismo, che non è conseguenza di una nostalgia del passato venuto a mancare, ma di osservazioni personali ed oggettive. E spero che qualcuno non se l’abbia a male per queste mie sincere - e verificabili considerazioni.


IN C IT T A ’

Giovani@Scuola di Francesca Beltramo

Mondo scolastico pinerolese/ 1

Intervista ai rappresentanti d’Istituto del Liceo Porporato

I rappresentanti del Porporato di quest’anno sono: Umesh Giosuè Cocchiarone 3BSU, Francesco Piergiovanni 2ACL, Rachele Capobianco 2ACL, Ester Fraschia 2ACL. Alle elezioni la vostra era l’unica lista, come mai nessun altro si è fatto avanti? Come giudicate l’assenza di competizione? Che sia menefreghismo? Disorganizzazione? O forse la paura di confrontarsi con una lista come la vostra, con personalità forti e idee chiare e ben organizzate? Noi stessi ci siamo presentati all’ultimo, quindi non può essere a causa nostra e sinceramente non pensiamo nemmeno sia dovuto al menefreghismo o alla disorganizzazione, ma semplicemente al fatto che il Porporato è una scuola che funziona bene. Le basi dagli anni scorsi sono buone e non si sente l’esigenza di un cambiamento vero e proprio, tanto che i rappresentanti devono più che altro mantenere le cose che ci sono già e gli studenti finiscono spesso per darle per scontate; come in qualsiasi contesto quando le cose vanno bene non si sente la necessità d’impegnarsi per migliorarle. Ritenete che ci sia sufficiente partecipazione da parte degli studenti nell’organizzazione di ciò che interessa la scuola? Ora come ora chi vi dà una mano? Quanti siete nell’organo esecutivo? Che cosa pensate della polemica dell’anno scorso legata all’organizzazione della giornata dell’arte (i rappresentanti erano stati in procinto di abolire la giornata dell’arte a causa della scarsa partecipazione degli studenti)? Per la partecipazione dipende dalle occasioni, in linea di massima c’è gente disposta a dare una mano, nell’organo esecutivo siamo una ventina e funziona molto bene, ma bisogna ammettere che c’è poca iniziativa, a proporre siamo tendenzialmente sempre noi, e forse vale lo stesso discorso di prima: nessuno pensa di dover proporre cose nuove perché tanto tutto gira lo stesso avendo già basi solide dagli anni scorsi. Per quanto riguarda la

giornata dell’arte dell’anno scorso riteniamo che i rappresentanti abbiamo avuto le loro ragioni; le giornate autogestite dovrebbero essere un momento di collaborazione tra gli studenti e non un pretesto per stare a casa a dormire. Tuttora abbiano in programma di farne tre, ma se sin da subito dovesse esserci poca partecipazione aboliremo l’ultima o le ultime due. Forse l’unico errore dei rappresentanti dell’anno scorso è stato comunicare la decisione prima alla preside che agli studenti e da lì la polemica. Sentite la partecipazione degli studenti per quanto riguarda invece l’attualità? Ritenete che al Porporato se ne parli abbastanza o che ci sia del disinteresse? Come giudicate il progetto di Liberamente dell’anno scorso (gruppo pomeridiano per la trattazione dell’attualità)? Considerati i recenti attentati di Berlino ed Istanbul pensate di portarlo avanti? Di nuovo il problema della partecipazione. A nostro parere potrebbe e dovrebbe esserci maggiore interessamento, un esempio che ci balza subito in mente è l’incontro sul referendum del 22 novembre, che avevamo organizzato su richiesta degli studenti e a cui poi non si è presentato nessuno. Questo ci ha lasciati piuttosto delusi, considerato il tempo impiegato da noi per organizzare e quello messo a disposizione dagli esperti che erano stati invitati e che si sono ritrovati privi di un uditorio. Per quanto riguarda Liberamente la risposta è assolutamente sì, vogliamo portarlo avanti, ancora non sappiamo le date e le modalità precise, ma pensiamo a un paio di incontri senza un giorno fisso, sperando che non faccia la stessa fine dell’incontro sul referendum. Nella presentazione ad inizio anno avete anche parlato di una giornata aggiornata, autogestita in cui trattare tematiche di attualità, una totale novità per la nostra scuola, ci spiegate come funzionerà? La giornata sarà ad inizio febbraio, nello

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99 specifico nella settimana tra il 6 e l’11, ed il tema sarà quello della violenza, declinato in tre macrocategorie: la violenza politica (fra Stati), quella sociale (fra due individui o fra un individuo e la società) e quella psicologicaindividuale (come l’individuo si rapporta colla violenza). L’aggiornata è nata per dividere il tema politico da quello culturale, che solitamente venivano trattati insieme nella giornata autogestita classica, che invece quest’anno verterà sul tema culturale. Come in tutte le autogestite anche in quella di febbraio avremo una serie di laboratori organizzati in due turni, il primo dalle 8.30 alle 10.30, il secondo dalle 11 alle 13. A parte la giornata aggiornata cosa ritenete di aver già fatto di nuovo e cos’altro avete in prospettiva? Per ora di nuovo c’è stata la festa di Natale e la creazione del gruppo whatsapp fra tutti i rappresentati di classe del Porporato ed uno fra tutti i rappresentanti d’istituto del pinerolese, che riteniamo essere molto funzionali. Per il resto, oltre alla giornata aggiornata, non saranno molte le cose nuove perché come abbiamo già detto all’inizio il Porporato è una scuola che funziona bene e più che altro bisogna mantenere ciò che già c’è. Sempre all’inizio dell’anno avete parlato di creare unità fra gli indirizzi, come pensate di farlo? Quali sono le problematiche e gli (eventuali) ostacoli? Questo purtroppo non dipende da noi, ma

interamente dagli studenti. Noi dal canto nostro possiamo organizzare più occasioni di incontro o dialogo possibili fra i vari indirizzi, come le autogestite e il gruppo whatsapp tra tutti i rappresentanti di classi (130 membri), ma poi sta agli studenti sentirsi parte di una stessa scuola e non è una cosa che possiamo controllare. Che cosa pensate dell’irrigidimento del regolamento scolastico di quest’anno? Avete qualcosa da ridire (l’uscita anticipata non sarà possibile per gli studenti minorenni senza l’accompagnamento di un genitore, uno studente che arrivi al mattino dopo le 8.30 dovrà rimanere in bidelleria e potrà andare in classe solo dalla seconda ora, per non interrompere la lezione della prima ora)? Ne comprendiamo le ragioni, a scuola la sicurezza è fondamentale ed è giusto che la preside voglia sentirsi tutelata al 100%, ma nonostante ciò non lo condividiamo. Ai nostri occhi è troppo rigido e più che funzionale rischia di generare l’effetto opposto; se per esempio uno studente al mattino è in ritardo e si rende conto di non arrivare entro le 8.30 c’è il rischio che decida di saltare l’intera ora e di rimanere in giro da solo. Non indifferente è poi il disagio alle famiglie per quanto riguarda l’uscita anticipata, chi lavora non può venire a prendere suo figlio in qualsiasi momento. Tre parole per descrivere il Porporato. Varietà, creatività, rosso. Sono le prime tre parole che ci vengono in mente


terra

L’ambiente siamo noi di Beppe Gamba

Ambiente e migrazioni A fine di novembre si è celebrata nel mondo l’annuale Giornata dell’Albero, una ricorrenza nata per sottolineare il ruolo delle piante negli ecosistemi che rendono vivibile il pianeta. Anche a Pinerolo si è celebrata la ricorrenza, con la piantumazione di 80 nuove bellissime piante nel Parco della Pace, un progetto finanziato dalla società Freudenberg e realizzato operativamente da Legambiente e dal Comune, proprietario del parco. Nell’occasione i partecipanti hanno anche preso atto che oltre alla necessità di rimpiazzare le piante che in origine non avevano attecchito, il parco necessita di una migliore pulizia e manutenzione. Senza escludere la responsabilità dei frequentatori che non dovrebbero lasciare in giro cartacce, sacchetti, lattine e bottiglie (mi domando sempre: ma se le portiamo fin là piene di cibo e bevande, costa fatica riportarle indietro vuote?) rimane il compito dei servizi pubblici di fare pulizia, di tenere in ordine i cestini, di metterne altri ove occorre. E rimane spazio per l’azione volontaria di chi, frequentando il parco, vuole dare una mano: così alcuni dei presenti alla manifestazione, armati di guanti e sacchi, si sono fermati per una pulizia straordinaria dei vialetti e dei prati e hanno raccolto una dozzina di sacchi di rifiuti “dimenticati”. Tra di loro alcuni rifugiati e richiedenti asilo, ospiti nella nostra città a cura della Cooperativa Crescere Insieme, che vogliono dimostrare concretamente la loro voglia di diventare cittadini. Il gruppo di

rifugiati si è anche assunto il compito insieme a Legambiente di ripetere periodicamente la corvée volontaria di pulizia. Aree pubbliche più pulite riducono la “tentazione” di sporcare. Sappiamo che tra le cause che inducono milioni di persone ad abbandonare i loro Paesi, oltre a guerre e persecuzioni politiche, ci sono cause economiche, spesso indotte o aggravate da problemi ambientali gravi. La pluriennale siccità che colpì la Siria, il conseguente abbandono delle terre e l’inurbamento caotico di milioni di persone, sono stati tra le cause che hanno generato le tensioni sociali poi sfociate nella guerra civile. Prendersi cura dell’ambiente che li ospita è, da parte dei rifugiati, un gesto carico di significati e promesse. Sarebbe bello che oltre a darci una mano a “tenere pulita la casa”, i nostri ospiti stranieri potessero inserirsi in attività produttive e formative, imitando ad esempio l’idea del patron della Salewa che ha messo a disposizione un terreno di proprietà vicino all’azienda dove alcuni migranti coltiveranno frutta e ortaggi destinati alla vendita locale, diventando in questo modo dei micro imprenditori. Un’idea che merita di essere copiata. Abbiamo nel Pinerolese terreni non utilizzati, destinabili a questo utilizzo? Imprenditori agricoli disponibili a fare da tutor a questi nuovi potenziali coltivatori? Se ci sono, si facciano avanti, il seme è stato gettato anche nella Giornata dell’Albero 2016.

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ndo così per il mo

Vita internazionale di Alessia Moroni

Intervista a Martina Ciancio

Tre mesi di studio a Mosca Martina, studentessa di Scienze della Mediazione Linguistica e prossima alla Laurea, ha vissuto un’indimenticabile esperienza di tre mesi, da Ottobre a Dicembre 2015, a Mosca. In questa intervista ci racconta il suo viaggio e cosa si è portata una volta tornata a casa. Come mai hai deciso di intraprendere un’esperienza in Russia? Era uno dei miei sogni fare un’esperienza all’estero tramite l’università e, in una lezione di Letteratura Russa, dal mio professore ho sentito parlare di un viaggiostudio della durata di tre mesi a Mosca. Così sono andata ad informarmi e ho deciso di utilizzare i soldi vinti con una borsa di studio per questa esperienza. Di cosa ti sei occupata in Russia e in cosa consisteva la tua esperienza? Conoscevi già la lingua e la cultura? Che impatto hai avuto con queste ultime? Durante la settimana seguivo le lezioni, tutte in lingua Russa. Ho seguito lezioni di grammatica, letteratura, conversazione e traduzione. È stato strano inizialmente, conoscevo un po’ la lingua, ma lì quasi nessuno parla Inglese, quindi all’inizio è stato difficile prendere il giro: era come stare in un mondo parallelo dove nessuno riusciva a capirti e viceversa! Seguendo poi le lezioni di conversazione tutto è diventato molto più semplice. Anche la città, che prima sembrava enorme, ha iniziato ad avere i suoi punti di riferimento. Prima di partire mi sono informata per capire cosa potesse aspettarmi riguardo alla cultura e le tradizioni e quando sono arrivata lì ho avuto modo di poter confermare le poche cose che sapevo e scoprire le mille altre di cui non avevo mai avuto idea!

Hai avuto il tempo di visitare alcune città? Purtroppo il tempo è stato poco per potermi spostare! Sono riuscita a fare sei giorni di vacanza a San Pietroburgo, un’altra fantastica città dove però si nota molto la differenza con Mosca! San Pietroburgo è molto più europea, sia dal punto di vista linguistico (l’Inglese lo si sente parlare dappertutto) che dal punto di vista architettonico. Mosca invece ha i tratti tipici russi, quelli che proprio mi aspettavo di vedere una volta arrivata in questo Paese così diverso dal nostro. Che cosa ti ha dato questa esperienza e a chi la consiglieresti? Di sicuro la nostalgia! Ho imparato a cavarmela da sola, a cercare di impegnarmi al massimo anche solo giusto per potermi far capire! Ho conosciuto persone fantastiche con cui ancora sono in contatto, ho scoperto un paese con una cultura completamente diversa dalla mia, nella quale mi sono riuscita ad adattare la maggior parte delle volte. Mi ha fatto scoprire delle magnifiche zuppe, delle vie piene di luci, una metropolitana da museo, dei locali con musica dal vivo, viste mozzafiato e tanto altro. Mi piacerebbe consigliarla a chi davvero ha voglia di mettersi in gioco, di scombussolare un po’ il suo equilibrio, perché è così che mi sono sentita io: ha dato una leggera scossa e mi ha messo alla prova. Ci tornerai? Quali sono i tuoi obiettivi futuri? Non ho ancora bene l’idea su cosa concentrarmi per il mio futuro, ma ci tornerò, sicuramente! La prossima volta mi piacerebbe vivere un’esperienza non legata all’università, ma un viaggio per poter scoprire tutte le zone intorno alle grandi città fino ad arrivare in Siberia.

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società

Serate di Laurea Serate a cura di Francesca Olocco

Serata con Alessandro Balbino e Annalisa Barra

“Analisi di spettri di deutoni” e “Livio alla Biblioteca Alliaudi” I relatori della Serata di Laurea del 16 Dicembre sono stati Alessandro Balbino, laureato in Fisica, e Annalisa Barra, laureata in Lettere (indirizzo Antico). La tesi di Alessandro ha un titolo apparentemente molto complesso: Analisi di spettri di deutoni: studio della contaminazione dovuta a deutoni prodotti in processi secondari in collisioni Pb-Pb a 5TeV con l’esperimento ALICE. Con la sua relazione, però, è stato in grado di far capire anche ai meno specialisti di cosa si è occupato. Ha svolto la sua tesi di laurea presso i laboratori del CERN di Ginevra, nell’ambito dell’esperimento ALICE. «Il mio lavoro ha riguardato lo studio degli spettri di deutoni ed è stato finalizzato alla ricerca di metodi per correggere questi spettri rispetto alla produzione di deutoni secondari, particelle non interessanti nella maggioranza delle ricerche di fisica delle alte energie. Il lavoro è stato svolto con i dati ricavati dagli esperimenti di collisioni Piombo-Piombo ad un’energia di 5 TeV e con le relative simulazioni (Monte Carlo). Per svolgere questa analisi si è fatto uso di un metodo, quello del TFractionFitter, che permette di stimare quale parte dei dati a disposizione sia dovuta a deutoni primari e quale a secondari. Si è ottenuto in conclusione una procedura solida che può essere utilizzata per stimare tali correzioni, basata sulla valutazione della distanza di minimo approccio». Annalisa, invece, ha condiviso con il pubblico un’interessante ricerca filologica riguardante la nostra città, dal titolo: “Livio alla Biblioteca Alliaudi. Indagine preliminare su di un manoscritto

quattrocentesco”. Queste le sue parole: «L’argomento della mia tesi è costituito da un manoscritto custodito presso la Biblioteca Civica “Camillo Alliaudi” di Pinerolo. La “curiosità filologica” nei confronti di questo manoscritto è nata dal fatto che esso non era mai stato studiato approfonditamente. La prima parte della tesi è di carattere introduttivo: in essa ho riportato le principali notizie sulla tradizione filologica degli Ab Urbe condita (l’opera storiografica in parte contenuta nel manoscritto) e sulla storia della Biblioteca Alliaudi. La seconda parte, invece, rende conto del lavoro operativo che ho svolto: prima di tutto mi sono occupata di descrivere il manoscritto in ogni suo aspetto. Studiando il codice è stata rilevata la presenza di una nota di possesso che permette di stabilire che il manoscritto fu posseduto da un dottore di leggi attivo nel XV secolo presso l’Università di Pavia. Ho poi presentato un breve saggio di collazione, i cui risultati porterebbero a una collocazione provvisoria del codice all’interno della tradizione del testo. L’ultima sezione è dedicata agli approfondimenti: ho avuto modo di sottolineare come il codice di Pinerolo abbia un evidente legame con un manoscritto conservato a Friburgo. Ho infine proposto due ipotesi di inquadramento spazio-temporale del manoscritto, che sarebbe in ogni caso da datare agli anni 1450-1475. Secondo la prima ipotesi il manoscritto sarebbe stato prodotto a Pinerolo, mentre la seconda ipotesi prevede che esso sia di origine lombarda». Dediche musicali di Letizia Vitali

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culture

Dal mondo di Alessandro Castiglia

Su fb tra “cazzeggio” e fake news

Il cane da guardia è stato avvelenato Nei primi giorni del 2017 è scoppiato il dibattito sulle bufale diffuse via web. La tematica è sempre più evidente, tant’è che anche il rapper Fabio Rovazzi, di 22 anni, è intervenuto cogliendo un elemento fondamentale: “Su Internet io e quelli della mia età troviamo parecchie cose divertenti e curiose. Che ci portano via tutto il tempo a disposizione”. Il 58% dei giovani tra i 14-29 anni utilizza Facebook per informarsi quotidianamente (dati Censis 2016), rendendolo lo strumento d’informazione principe per questa categoria. Il problema è che nella top five delle “cose” indicate dal rapper si collocano le cosiddette bufale: notizie false create in maniera che sembrino verosimili ad un lettore distratto. Viviamo un periodo in cui siamo sommersi da una marea di notizie in tempo reale, facilmente accessibili attraverso i nostri dispositivi mobili. Un periodo dove è più importante il bottarisposta immediato, perché se ti fermi a riflettere non riesci a stare al passo con la società e vieni emarginato. Per rincorrere la massa dobbiamo spesso dare priorità alla superficialità piuttosto che all’approfondimento. In questo ambiente è facile essere ingannati e non accorgersi della scarsa attendibilità delle notizie, ma basta un “click” per condividerle ed alimentare la loro diffusione. Anche molti giornali e telegiornali spesso cadono in questo tranello e pubblicano queste post-verità, ma errori del genere contribuiscono allo sviluppo di una falsa informazione che spesso risulta dannosa.

Ormai il giornalismo come “cane da guardia” a difesa dei cittadini e della democrazia, teorizzato da McQuail, non esiste più. I cani da guardia sono stati avvelenati dagli interessi di chi produce queste false notizie e dal sovraccarico di informazioni. Il fenomeno è internazionale: secondo Emily Bell, dirigente del Tow Center for Digital Journalism della Columbia University, durante la campagna elettorale americana, Facebook ha dato enorme risonanza a notizie false a favore di Trump, le quali sono rimaste all’interno del circuito del social network. Le pagine Facebook che spacciano queste fake news fanno capo a fonti misteriose e impossibili da tracciare, ma nonostante questo contano migliaia di fans. Persino la campagna inglese per la Brexit ha basato parte della sua strategia su un flusso di false comunicazioni sui vantaggi, del tutto infondati, che avrebbe avuto l’uscita del Regno Unito dall’UE. Ma oltre agli interessi di chi sta dietro la produzione delle notizie, sono convinto che parte della responsabilità dell’avvelenamento dei nostri cani da guardia sia nostra. Quando preferiamo la chiacchiera alle questioni più complesse, quando ci facciamo trascinare dall’impulsività e dall’emozionalità anziché riflettere razionalmente sulle questioni, facciamo il gioco di chi ci prende in giro. Ogni volta, avveleniamo i nostri cani da guardia rinvigorendo un sistema di informazione che sta diventando sempre più incontrollabile e scorretto.

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Giovani&Storia

Società

di Stefano Nangeroni

Cenni di storia locale

L’impegno di John Charles Beckwith

Con la fine della terza occupazione francese di Pinerolo e del pinerolese a cavallo tra il XVIII e XIX secolo la comunità valdese aveva acquisito un ruolo di primo piano all’interno del panorama politico e sociale della zona e si era avvicinata ai centri di potere. I protagonisti delle vicende pinerolesi durante l’occupazione, quali il tenente colonnello Giacomo Marauda e Pierre Geymet, ricoprirono successivamente ruoli chiave: il primo venne promosso al grado di generale, il secondo ricoprì l’incarico di sottoprefetto di Pinerolo. Nel 1816 Vittorio Emanuele I concesse alla comunità valdese di mantenere il possesso dei beni acquistati durante l’occupazione francese. I valdesi, presa coscienza dei propri diritti con il sostegno morale ed economico delle altre potenze protestanti – in tal senso ebbe un ruolo fondamentale il conte Federico Luigi di Waldburg-Truchsess, ambasciatore del re di Prussia a Torino – si avviarono verso la piena integrazione nella società piemontese . L’Inghilterra fu la nazione protestante che più si interessò a scoprire e conoscere la realtà valdese delle valli pinerolesi. Furono numerosi le personalità religiose che fecero visita alle valli valdesi, nel settembre 1814 il reverendo Thomas Sims di Clifton fondò a Torre Pellice una succursale della società biblica, nel 1824 il reverendo William Stephen Gilly di Durham in Irlanda pubblicò il libro Narrative of an excursion to the mountains of Piemont, and researches among Vaudois, or Waldenses, protestant inhabitants of the Cottian Alps.(Resoconto di una gita fatta nelle montagne del Pie-

monte nell’anno 1823 e ricerche sui valdesi o abitanti protestanti della Alpi Cozie). La lettura di questo libro spinse il col. John Charles Beckwit, destinato a diventare una delle figure chiavi del territorio, a venire nelle valli valdesi nell’autunno 1827. Nato ad Halifax in Nuova Scozia nel 1789, già a 14 anni decise di intraprendere la carriera militare: sotto gli ordini del Duca di Wellington combatté valorosamente nella Campagna Peninsulare e sui campi di Waterloo dove perse una gamba e ottenne il grado di Tenente Colonnello. Si trasferì più volte tra San Giovanni, Torre Pellice e dedicò incessantemente la propria vita alla comunità valdese; riuscì a coinvolgere gli aiuti finanziari provenienti dalla Gran Bretagna determinando lo sviluppo specialmente culturale della zona e la ricostruzione di luoghi di culto e case dei pastori in diverse località come Prali e Rodoretto, distrutte a causa di una valanga. Nel 1826 vennero aperte a San Germano e a Torre Pellice due scuole femminili e nel 1835 venne costruito, grazie al contributo finanziario britannico coordinato da Charles Beckwith, l’edifico per ospitare il Collegio Valdese. Durante gli anni l’operato di Beckwith permise l’apertura di numerose scuole destinate ai fanciulli dipendenti dalle singole parrocchie valdesi, dando una notevole spinta propulsiva all’ordinamento scolastico dell’intera zona. L’operato di Beckwith verrà onorato con la sua nomina a cavaliere da parte di Carlo Alberto di Savoia nel 1848. Il generale Charles Beeckwith nel 1850 sposò Carolina Volle dalla quale avrà una figlia che vedrà la luce solamente pochi mesi dopo la sua morte sopraggiunta nel luglio del 1862.

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culture

In Europa

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di Anna Filippucci

Intervista a Matteo Losito, Uk

Londra, meta di tantissimi italiani Quante volte abbiamo sentito di ragazzi e ragazze che prendevano tutto e partivano alla volta di Londra per fare fortuna o anche solo per un’esperienza lavorativa all’estero? Attualmente, secondo i dati del Consolato italiano a Londra, gli italiani iscritti all’AIRE (che quindi hanno preso la residenza nella capitale britannica) sono più di 261000; grazie all’estrema flessibilità e all’elevatissima domanda di manodopera nel settore alberghiero, soprattutto in alta stagione, quando la città è sommersa dai turisti, inserirsi nel mercato del lavoro, anche per uno studente senza esperienza, non è mai stato così facile. Lavapiatti, cuoco, aiuto-cuoco, cameriere, commesso, receptionist…queste sono solo alcune delle tante occupazioni che gli italiani in fuga, tra cui tanti pinerolesi, hanno trovato una volta arrivati a Londra. E poi…BOOM. La Brexit. Quest’ultima ha aperto un mare di interrogativi, molti dei quali restano ancora senza risposta. Che ruolo potranno ancora avere i giovani dell’UE nell’economia di una città che basa la propria ricchezza proprio sul lavoro di migliaia di immigrati? A darci il suo personale punto di vista sull’argomento è Matteo Losito, un ragazzo di 28 anni, originario di Pinerolo, che si è trasferito a Londra 9 anni fa e tuttora vive lì. Che cosa ti ha spinto a trasferirti a Londra? Trasferirmi a Londra è stata una decisione impulsiva, una volta finite le scuole superiori non avevo ben chiaro quale tipo di futuro avrei voluto crearmi, e passare un periodo a Londra sembrava ideale per permettermi di riflettere e vivere indipendentemente allo stesso tempo. Hai conosciuto tanti ragazzi italiani che hanno avuto la tua stessa idea? Si, Londra è meta di tantissimi italiani (e non) ed è generalmente percepita e vissuta come una permanenza temporanea. Che cosa offriva il mercato inglese in più rispetto a quello italiano? La possibilità di essere economicamente indipendente con qualifiche minime, oltre ad una solida politica di meritocrazia che permette di incrementare i propri guadagni e progredire professionalmente. Come ha impattato sulla tua vita la Brexit fino ad ora? In senso materiale non ci sono stati cambiamenti di nessun tipo (a parte per il crollo della sterlina e la perdita di potere d’acquisto quando andiamo in vacanza all’estero), ma l’esito del referendum ha dato voce a sentimenti xenofobi latenti, risultando in un aumento di reati contro immigrati. In generale l’atmosfera

è tesa, e l’impressione è che non siamo (più) i benvenuti. Ultimamente alcuni ristoranti della catena creata dal famoso chef Jamie Olivier, che importano direttamente i prodotti dall’Italia, hanno dovuto chiudere i battenti o restringere l’attività. Pensi che sia a causa dell’aumento dei costi di importazione dovuti alla Brexit? Non esattamente. La chiusura di alcune branch di Jamie’s Italian è solo in parte dovuta ai costi di importazione. Certamente il crollo della sterlina ha avuto un forte effetto su qualsiasi business che si appoggi a prodotti importati dall’estero, ma a lungo termine le previsioni sono per la sterlina di recuperare il valore perso e tornare in una posizione di forza. Recentemente il minimum wage (salario minimo) è stato aumentato, e questo ha avuto un impatto profondo sull’industria della ristorazione, che ha margini di profitto molto limitati. La combinazione delle due cose è quello che probabilmente ha portato alla chiusura di questi e molti altri ristoranti. Quale credi sarà il futuro degli stranieri provenienti dall’UE che vivono a Londra? L’approccio del Governo inglese in questo senso è stato a dir poco confuso fino ad adesso. Si sente parlare di un sistema di visa a punteggio (simile a quello australiano), restrizioni legate alla nazionalità e ad accordi coi singoli paesi e molto altro, ma nulla è ancora certo. Il problema di fondo è che l’economia inglese si appoggia sugli immigrati in modo significativo, sia per lavori non qualificati che per ricoprire posizioni che richiedono particolari qualifiche (per esempio infermieri ed architetti), e questo andrà ad influire pesantemente sulle politiche di immigrazione post-Brexit. Come si può ben intendere dalle risposte fornite, l’incertezza sul futuro è ancora tanta ed il governo inglese fatica a dare delle risposte chiare; ma, nonostante ciò, i contraccolpi di questa decisione storica si fanno già sentire. Dovrebbe essere evidente agli occhi di tutti la grande interdipendenza tra stati europei, risultato di una storia comune e della decisione di creare l’Unione Europea. La Brexit, come dice Matteo, è l’espressione di tutti coloro che hanno preferito rinchiudersi nel nazionalismo e nella xenofobia; ma la mobilità transnazionale (tra cui quella Erasmus!), i legami stretti tra i paesi e le opportunità derivanti da un mercato unico devono essere tenuti a mente da tutti coloro che sono sensibili agli argomenti degli euroscettici.


MONDO

Giovani & Ambiente

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di Francesca Beltramo

WWF: bilancio 2016 e previsioni 2017 Per il WWF il 2016 è stato un anno generalmente positivo : sul fronte internazionale si è vista la creazione in Antartide della più grande area protetta marina di sempre, 1,57 milioni di chilometri quadrati, in un accordo siglato dall’UE e da altri 24 paesi, mentre il 19 novembre si è conclusa la conferenza sui cambiamenti climatici di Marrakech, la quale ha chiesto ai Governi e agli investitori d’impegnarsi in politiche di decarbonizzazione e di sviluppo sostenibile, con l’eventuale abbassamento dei costi delle energie rinnovabili, temi su cui l’Italia si muove ancora in modo piuttosto incerto. Sul piano europeo invece è stata approvata il 7 dicembre dalla Commissione Europea la proposta del WWF e di altre associazioni ambientaliste per l’attuazione delle Direttive comunitarie Habitat e la tutela della Rete Natura 2000, la rete di aree protette più estesa al mondo, atta a tutelare il 18% del territorio europeo, per 1 milione di chilometri quadrati, che per l’Italia significa il 19% del territorio

nazionale e il 4% delle acque territoriali. Eppure, mentre a livello internazionale la tutela degli animali ha ottenuto risultati non indifferenti (in crescita sia la popolazione delle tigri che dei Panda giganti) a livello nazionale la tutela della biodiversità non è stata una priorità del 2016, infatti la legge del 20 ottobre per la gestione dei parchi ha indebolito la direzione delle aree protette per aumentare il condizionamento delle parti politiche e degli enti locali. Grande problema per il nostro paese resta poi il bracconaggio, con ogni anno lupi, orsi e 8 milioni di uccelli uccisi. Per quanto riguarda invece la difesa del suolo il 12 maggio è stato approvato dalla Camera il disegno di legge sul consumo del suolo, il quale è stato finalmente riconosciuto come una risorsa non rinnovabile e sono stati fissati obiettivi nazionali, regionali e locali per il contenimento del consumo di suolo. Fatto sta che per il 2017 il WWF chiede all’Italia un maggiore impegno per quelle che sono le sfide globali.


ni diritti uma

Visibili & Invisibili

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GRUPPO GIOVANI AMNESTY INTERNATIONAL

I bambini di Mosul Amnesty International ha denunciato la disperata situazione di una generazione di bambini coinvolti nella battaglia di Mosul (nord Iraq), dove rischia di generarsi una catastrofe umanitaria: bambine e bambini di ogni età sono rimasti gravemente feriti sulla linea del fronte tra il gruppo armato Stato islamico e le forze del governo iracheno sostenute da una coalizione a guida statunitense. “Questi bambini hanno visto cose che nessuno, a qualsiasi età, dovrebbe vedere. Ho incontrato bambini che non solo hanno riportato ferite orribili ma che hanno anche visto i loro familiari e vicini di casa decapitati dai colpi di mortaio, fatti a pezzi dalle autobomba e dalle mine o sbriciolati sotto le macerie delle loro abitazioni. […] È urgentemente necessario che le autorità irachene e i loro alleati nella battaglia di Mosul mettano in piedi un sistema in grado di fornire migliori cure, riabilitazione e protezione ai civili. Prendersi cura delle vittime civili, soprattutto di quelle più vulnerabili, dovrebbe essere una priorità assoluta e non un pensiero secondario”, ha dichiarato Donatella Rovera, alta consulente di Amnesty International per le risposte alle crisi. “Le nostre case sono diventare le tombe dei nostri bambini. I miei vicini sono ancora sepolti sotto le macerie, nessuno è in grado di scavare per estrarre i loro corpi. Io ho tirato fuori i miei figli feriti uno per uno ma non ce l’ho fatta a salvare mia sorella. Un mio vicino è stato decapitato dallo scoppio così come molti altri sono rimasti uccisi”, Uhm Asgraf, madre di 7 bambini. A causa della mancanza di risorse, questi bambini non

stanno ricevendo il sostegno psicologico necessario per aiutarli a elaborare eventi traumatici e a ripristinare un senso di normalità nelle loro vite. L’aumento del prezzo (e di conseguenza la mancanza) dei beni di prima necessità espone i bambini a fortissimo rischio di malnutrizione, disidratazione, infezioni batteriche e altre malattie. Poiché nei quartieri di Mosul est al centro del conflitto gli ospedali funzionanti o accessibili sono quasi pari a zero, la maggiore speranza per i feriti è di ricevere cure mediche a Erbil, la capitale del Governo regionale curdo (Krg) e arrivarci è pressoché impossibile. E’ necessario un permesso speciale, spesso si rischia di rimanere bloccati per giorni in una terra di nessuno (Erbil dista 80 km da Mosul) e poi si rischia di imbattersi nuovamente in scontri armati. “Nonostante le rassicurazioni dell’Iraq e delle forze della coalizione che si sta facendo il massimo per proteggere i civili, ogni giorno a Mosul bambini muoiono o rimangono feriti, nelle loro case o nel tentativo di fuggire in cerca di salvezza. Tutti coloro che stanno prendendo parte alla battaglia devono prendere ogni possibile precauzione per risparmiare vite umane, evitando ad esempio di usare artiglieria e altre armi da fuoco imprecise contro zone residenziali fittamente popolate. Senza un ulteriore sforzo da parte del governo iracheno e dei suoi alleati per creare percorsi sicuri per far uscire i civili dalle zone di Mosul dove si combatte e per fornire servizi essenziali a coloro che sono ancora intrappolati sotto il fuoco, la catastrofe umanitaria potrebbe essere alle porte”, ha concluso Rovera.

Giovani&Nuove tecnologie

di Greta Gontero

The Breath Risale allo scorso anno il progetto The Breath, realizzato dalla startup italiana di Casei Gerola Anemotech Srl (nata nel 2014). In che cosa consiste? The Breath è un particolare tessuto, applicabile sulle pareti, in grado di ridurre gli elementi inquinanti nell’aria: il pannello è infatti capace di assorbire, bloccare e, infine, distruggere le molecole di gas inquinanti presenti nell’atmosfera. The Breath è formato da due strati esterni composti da un tipo di tessuto idrorepellente, intermezzati da uno strato in fibra di carboni attivi che collabora con delle nano molecole apposite per disfare le particelle inquinanti. Il progetto si dichiara “Una soluzione energy

free efficiente e proiettata al futuro”, a basso impatto ambientale e che lavora costantemente ad energia zero. Anche Umberto Veronesi, che fu oncologo di grande fama, dichiarò l’importanza e la grandezza di questo progetto, poiché previene e riduce la diffusione dell’inquinamento ambientale. Infine, l’uso di questo tessuto non è impegnativo e non richiede spazi particolari su cui essere applicato: all’interno o all’esterno degli edifici, sulle pareti come rivestimento o, addirittura, appeso come un quadro. The Breath si rivela una delle migliori innovazione dell’anno appena trascorso e avrà sicuramente un grande impatto in futuro!


Il Passalibro

dal tempo

di Cristiano Roasio

Junot Diaz

La breve favolosa vita di Oscar Wao In questo libro si parla di: nerd, dittatura nella Repubblica Dominicana, Signore degli Anelli, depressione, Trujillo “El Jefe”, seni enormi e deretani blocca traffico, torture, massacri e razzismo, Akira e anime, amore, pulizia etnica, college americani, sesso, fantascienza, scuole dominicane, manguste dorate e uomini senza volto, senso dell’esistenza, fumetti Dc e Marvel, storia dell’America Latina, risse, maledizioni fukù e controincantesimi zafa: fukù fuck you! Il destino di certa letteratura, ormai siamo troppo in là con gli anni per definirla postmoderna, è provare, tentare almeno, di contenere più mondi, di far colare attraverso cambi di narratore, stili, spazi e tempi, più materia possibile. Junot Diaz nel suo romanzo d’esordio (!) uscito nel lontano 2008 e letto da me soltato ora grazie alla biblioteca di Pinerolo, riesce, senza peraltro risultare ostico, a condensare tre generazioni di dominicani e a svelare altre pagine tremende della storia, il tutto seguendo la vita di un brutto ciccione, ossessionato dalla scrittura e da tutto il mondo nerd (l’altra grande forza dei romanzi di questo tipo è la capacità di trascendere i tempi e le mode, in questo forse sta il punto debole di Oscar Wao: ormai essere nerd, chi se non il mercato capitalista è in grado di rendere popolare tutto ciò che non lo era per monetizzare e riempire, otturare e saturare ogni spazio di vendita, è così popolare, così utile al baccaglio che questa idea stereotipata del brufoloso appassionato di videogiochi, fantascienza e fantasy e sempre lontano anni luce dalla perdita della verginità, non

è più realistica). Ma il nucleo denso del romanzo, raccontato dalla sorella di Wao, Lola, una ragazza irrequieta, e soprattutto dal suo fidanzato, toccante ritratto di maschio alfa dominicano ossessionato dalle ragazze, palestrato, alterego dell’autore e stranamente amico di Oscar, capace di condensare la vicenda con un linguaggio frizzante e sboccato, pieno di termini spagnoli, quel nucleo denso che sfugge e ritorna sempre è la dittatura di Rafael Trujillo (tema già caro a Vargas Llosa ne La festa del caprone) che dagli anni ‘30 fino al ‘61, quando “El Jefe” venne ucciso in un agguato armato, fece della piccola isola una personale piantagione e bordello, un regno del terrore e della delazione, tanto drammatico quanto sconosciuto ai più. Il lettore pian piano scoprirà che la mamma ed il nonno di Oscar sono finiti anche loro nel tritacarne del despota e se già dal titolo la vita di Oscar è definita “breve”... Eppure c’è una vitalità in tutto il romanzo, una volontà di resistere alla maledezione, fukù, che insieme al disperato desiderio d’amore di Oscar, mi fa dire che forse neanche la tragedia del dispotismo, quanto piuttosto la carnale libertà dell’esistenza e lo sfavillante amplesso della vita, siano il vero centro del romanzo. Infatti, Oscar, e con lui il lettore, scoprirà qualcosa prima della fine, una percezione, un’intuizione, un riflesso, quasi uno spirito sotto forma di mangusta dorata, senza mai afferrarlo del tutto, e questo cos’è se non una sorta di controincantesimo? I libri sono sempre zafa, controincatesimi scritti.

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no primo pia

Sociale & Volontariato di Federica Crea

Il progetto di alfabetizzazione della CGIL

“Se non sai non sei!” Dal 2005 i locali del F.A.T. (Familiari e Amici dei Tossicodipendenti) siti in Vicolo delle Carceri 1, in quella che un tempo era l’area carceraria adibita ai detenuti in semilibertà, ospitano varie attività nell’ambito dell’integrazione socio-culturale. Di “Scuola Senza Frontiere”, lo spazio riservato agli studenti stranieri con difficoltà linguistiche, Pinerolo Indialogo si è già interessato nel mese di settembre 2016. Dal 2011 la stessa struttura ospita il progetto “Se Non Sai Non Sei”, attivo dal 2006 a Torino e in alcune cittadine della provincia, tra cui Pinerolo, su iniziativa del SPI-CGIL (Sindacato Pensionati Italiani) e della FLC-CGIL (Federazione Lavoratori della Conoscenza). La prof.ssa Laura Mariotto, responsabile del progetto nell’area pinerolese, racconta: «“Se Non Sai Non Sei” è nato dalla volontà di non disperdere le competenze degli insegnanti in seguito al loro pensionamento e da anni coinvolge tutti quegli insegnanti ormai in pensione che abbiano ancora il desiderio di impegnarsi in ambito educativo e culturale, mettendo le proprie conoscenze e la propria esperienza al servizio della scolarizzazione dei cittadini stranieri». Obiettivo di “Se Non Sai Non Sei” è infatti l’alfabetizzazione degli stranieri presenti sul nostro territorio, indiscriminatamente dalla provenienza – africana e mediorientale –, dall’età – compresa fra i 25 e i 50 anni –,

e dal livello di scolarizzazione – molto spesso scarso se non scarsissimo. Laura Priotto, ex-insegnante oggi volontaria presso la sede pinerolese della CGIL, spiega: «Dal 2006 al 2011 il progetto si è sviluppato all’interno dei locali della CGIL (Via Demo 6/8), ai quali si sono rivolti uomini e donne stranieri con la volontà di migliorare la propria conoscenza della lingua italiana o addirittura con l’esigenza di impararla ex novo. Tuttavia, a partire dal 2011, è emersa la necessità di creare una realtà prettamente femminile distaccata dalla sede del sindacato, nella quale le donne straniere potessero sentirsi emotivamente più coinvolte e psicologicamente più serene». Dal 2011 i locali del F.A.T. vengono così impiegati come una sorta di scuola per donne in cui il modus docendi passa attraverso testi, schede ed esercizi di grammatica elementare, ma anche role-playing e simulazioni di situazioni reali, come fare la spesa, andare dal dottore o alla posta. Sebbene “Se Non Sai Non Sei” non benefici di alcun finanziamento, se non della copertura, a carico della CGIL, dei costi di riscaldamento e dei materiali scolastici da impiegare durante le lezioni, il grande proposito per l’anno nuovo sembrerebbe essere un nuovo locale per la scuola delle donne.

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Officine del suono

musica

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di Isidoro Concas

M usica emergente

I Virtual Symmetry I Virtual Symmetry sono una band progressive metal nata nel 2009 come progetto solista del polistrumentista Valerio Villa. È dei primi mesi del 2016 il loro primo album, Message From Eternity, un disco molto maturo, che si rifà all’area più progressiva e melodica del prog. Dai loro media cominciano ad arrivare notizie riguardo al loro prossimo EP, di cui è già pubblica la copertina e che si mormora possa nascondere dietro di sé un concept. Buongiorno ragazzi, sapendovi gelosi delle informazioni circa il nuovo EP, non vi chiederemo anticipazioni. Tuttavia, l’evoluzione del gruppo dall’ideazione di Message From Eternity è stata molta, sono entrati in pianta stabile alcuni elementi, siete diventati a pieno titolo una band con lineup fissa. Come ha influito questo sulla composizione dei nuovi brani? Sono sempre lavori solisti di Villa, o l’arrivo dei nuovi elementi ha portato ad altro? L’ex-progetto Virtual Symmetry è passato attraverso diverse fasi oltre che approcci a diverse sfumature di quel grande genere chiamato progressive, nascendo come progetto solista di Villa e pian piano sviluppandosi verso un’idea di band effettiva, invece che di gruppo di esecutori del materiale di un membro. Da questo EP è iniziata una nuova sfida, ovvero quella di pensare come gruppo e quindi insieme di menti, ed è stato bello vedere come ognuno di noi aveva completa libertà e potere decisionale sulla sfumatura che ogni singolo brano doveva prendere nel suo corso. A noi piace definire Message From Eternity un album di Valerio Villa e questo nuovo EP il nostro primo effettivo album di debutto come Virtual Symmetry. Posso assicurarti che questa variazione di elaborazione dei brani ha portato dei risultati simili a quelli passati, ma tre spanne sopra a livello di scrittura, arrangiamenti e affinità di gruppo. Sempre riguardo la composizione, le strutture nel prog sono spesso molto complesse. In un’intervista sostenete di partire da una singola idea melodica che funge da fulcro sulla quale poi, sviscerandola, innestate il resto. Per ultimo, il testo. In più occasioni avete definito la vostra musica come “cinematic progressive”, ad indicare un intento narrativo nelle vostre composizioni. Ecco, come

si sviluppa questo concetto nella composizione? Le parti vocali ed il testo, che ruolo svolgono all’interno del brano nella sua interezza? Premettiamo che il nostro album di debutto, oltre ad un filo conduttore che lega un brano all’altro, contiene degli elementi compositivi e strutturali riconducibili alle colonne sonore delle più conosciute saghe cinematografiche. Da questo EP però abbiamo voluto spingerci più avanti e sperimentare ancora di più utilizzando un sistema d’arrangiamento molto vicino a quello utilizzato da un’effettiva orchestra, piuttosto che sfruttando un approccio da band metal. La voce per noi funziona sempre come un ulteriore strumento e non scade mai nell’esecuzione di una linea melodica già eseguita da uno degli altri strumenti, ma diventa anch’essa parte di un ensemble, nel quale ogni voce si muove in direzioni diverse intrecciandosi e danzando con le altre senza mai essere statica. I testi solitamente nascono quando lo scheletro strumentale del brano è stato ultimato, così che possano venir stesi raccontando una storia e seguendo i cambi dinamici che subisce la musica, tra atmosfere aperte, ritmiche serrate o sezioni del tutto imprevedibili con repentini cambi di mood o di genere musicale. Nonostante la qualità, il vostro Message From Eternity è un’autoproduzione. È una scelta coraggiosa, che sempre più artisti però adottano. Cosa vi ha spinto, personalmente, verso questa strada? Viviamo in un periodo nella storia della musica in cui coloro che creano vengono sempre più indirizzati dalle case discografiche o dalle esigenze del pubblico a seguire precise regole stilistiche e tematiche che secondo il nostro personale punto di vista limitano e danneggiano ciò che il termine “musica” rappresenta. Il nostro obiettivo principale è il poter creare e condividere con l’esterno quel genere di musica che noi stessi vorremmo trovare all’interno del nostro stereo, e questo molto spesso non è possibile debuttando con una produzione esterna. La vostra attività, tranne alcune rare occasioni tra cui due di supporto ai Dream Theater, è stata prettamente in studio. Ora, con l’annuncio del


21 nuovo EP, è arrivato anche l’annuncio di alcune date in live. È un inizio di tour? Come pensate che il suonare i vostri pezzi in tour possa influire su di essi, su di voi, sulla vostra musica futura? Ogni disco che viene rilasciato può essere un punto di partenza per un tour o una serie di date, ma suonare in diverse location non è il nostro obiettivo principale. Ciò che per noi conta di più è il poter comporre, eseguire ed incidere la nostra musica, ciò che noi siamo, e metterla a disposizione di chi desidera ascoltarci, e questo per noi è già una grandissima soddisfazione. Siamo certi che suonare i brani in un eventuale tour possa permetterci di ricevere una valutazione in tempo reale dall’esterno su di essi e sul nostro affiatamento come band. Questo, oltre ai commenti che riceviamo molto spesso sul nostro lavoro, ci aiuta a comprendere se ciò che desideriamo condividere venga recepito e cosa siamo in grado di fare per poter dare a chi ci segue il nostro meglio e quell’energia che ci scorre dentro nella fase di creazione del brani. Oltre alle già citate due date in apertura, nel primo singolo dal vostro disco figura come guest star nientemeno che Jordan Rudess. Cosa avete provato, in queste occasioni, ad essere fianco a fianco con alcuni tra i più grandi fondatori del vostro genere? Com’è nata, nello specifico, la collaborazione con Jordan? Dà sempre una forte emozione il solo ricordo di aver potuto collaborare con artisti di altissimo livello ed è ancora più emozionante aver avuto l’onore di inserire un assolo del grandissimo amico e leggendario artista Jordan Rudess in uno dei nostri brani. Questa collaborazione è nata quasi per gioco, durante un incontro con i membri dei Dream Theater al termine di uno dei loro concerti in Italia. E’ stato incredibile vedere Jordan accettare di collaborare con noi nel nostro album. E ciò che è ancora più sorprendente è il giudizio che abbiamo ricevuto e continuiamo a ricevere da lui e da artisti di livello di gran lunga superiore al nostro, ci lascia senza fiato osservare un tale supporto e un così grande rispetto nei confronti delle band emergenti da parte di coloro che sono diventati parte della storia della musica. Riguardo alle altre collaborazioni, oltre alla voce di Marco Pastorino, di certo spiccano quelle di Ruben Paganelli al piano ed al sax e soprattutto quella dell’Orchestra Sinfonietta Consonus diretta da Micha Mierzejewski, entrambe presenti nella suite di 23 minuti che chiude il disco. Si tratta di un brano parecchio coraggioso, per essere in un album di debutto: perché proporlo? Come nasce un’orchestrazione così ampia e varia, sia per linguaggi che per strumenti utilizzati? Come è stato collaborare con un’orchestra?

Beh, perchè non proporlo? Fa parte del nostro metodo d’espressione musicale e non avremmo mai potuto inserire un tale insieme di sfumature dinamiche con quel determinato impatto emotivo sull’ascoltatore e su noi esecutori in un brano da 5 minuti. Oltre a quello, non ponendoci limiti può capitare che un nostro brano originariamente da 8 minuti finisca per raggiungere i 15 minuti in seguito alle nuove idee, alle sfumature che la linea vocale suggerisce e al mood che il brano prende nel corso delle sue prime esecuzioni. Ed è proprio in seguito a questi cambi di mood che il ruolo di Mark Bravi (tastiere) è fondamentale, in quanto la scelta e la cura dei suoni può dare ad una semplice sezione da 10 secondi almeno 30 sfumature differenti e questo è molto importante in fase di scrittura, orchestrazione ed arrangiamento di ogni brano. Collaborare con un’orchestra è stato molto meno complesso di quanto ci immaginassimo, Micha è un artista umilissimo e molto disponibile a trovare soluzioni orchestrali che soddisfino le esigenze di entrambe le parti, restando al servizio del messaggio contenuto all’interno del brano. È un lavoro che richiede tempo, pazienza e meticolosità nella scrittura delle voci orchestrali, che dovranno poi adagiarsi sulla struttura strumentale già presente senza alterarne l’atmosfera. Infine, il vostro gruppo ha una ampia e particolare abilità nella comunicazione via altri media. Mi viene in mente il contest di cover dell’outro di Program Error, ma soprattutto dello spettacolare video a cura di Tiziano Spigno che segue, con le sue animazioni, l’intero svilupparsi del vostro album. Come sono nate queste idee? Quanto è importante, per voi, la promozione di sé in modalità poco convenzionali, come queste? Queste idee solitamente nascono nei posti meno probabili, dal sedile su un treno interurbano alla toilette pubblica di un ristorante, dalla camera da letto in piena notte al mattino durante la pulizia dei denti, perchè lo stile che ha acquisito la nostra musica porta ad avere delle animazioni su schermo, dei trailer simili a quelli dei film in uscita al cinema e dei piccoli spin-off come nelle saghe che hanno fatto la storia del film su pellicola. Per quanto riguarda i contest o le semplici interazioni con i nostri fan a cui molto spesso diamo inizio, sono brevi periodi che ci prendiamo per divertirci e far divertire insieme a noi coloro che ci seguono, perchè siamo sì musicisti, ma siamo prima di tutto persone e come noi abbiamo avuto la possibilità di essere parte di qualcosa di più grande di noi, vogliamo dare la possibilità di farlo anche a coloro che sognano di poter diffondere la loro musica come siamo riusciti a fare noi dopo anni di tentativi e sacrifici.


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Tutto Bandi

documenti

A cura di Federica Crea

Mese di GENNAIO 2017 BANDO

OGGETTO

ENTE PROMOTORE

SCADENZA

Progetti transnazionali per l’integrazione

Contribuire a promuovere l’integrazione dei cittadini di Paesi terzi negli Stati membri dell’UE

Comm. europea - Migrazione e Interni 28/02/2017

Talenti per l’impresa

Programma di formazione sul tema dell’imprenditorialità

Talenti neodiplomati 2016/2017

“Progetti di Istituti scolastici per l’attivazione di tirocini all’estero per i neodiplomati”

Europa delle diversità

https://ec.europa.eu/research/participants/portal/desktop/en/opportunities/ amif/topics/amif-2016-ag-inte-01.html

Fondazione CRT

28/02/2017

Fondazione CRT

28/02/2017

Progetti volti alla promozione di attività per consentire ai cittadini dell’UE di comprendere più a fondo la cultura,

http://ec.europa.eu/research/participants/portal/desktop/en/opportunities/ rec/topics/rec-rppi-eudi-ag-2016.html

28/02/2017

Piccoli partenariati di collaborazione nello Sport

Opportunità di ideare, implementare e trasferire pratiche innovative in diversi settori in materia di sport e di attività fisica tra le diverse organizzazioni del settore.

http://ec.europa.eu/programmes/erasmusplus/opportunities-for-organisations/sport/ small-collaborative-partnerships_en

Commissione Europea

6/04/2017

Key Action 3 - Dialogo tra i giovani e i decisori politici

I progetti di dialogo strutturato promuovono la partecipazione attiva dei giovani alla vita democratica in Europa e la loro interazione con i decisori politici

http://www.erasmusplus.it/giovani/dialogostrutturato/

Commissione Europea

4/10/2017

#diamociunamano

Attività di volontariato in progetti di utilità sociale

Ministero Lavoro/Politiche Sociali

01/02/2017

Horizon 2020

Incentivi per progetti di ricerca e sviluppo in vari settori

Unione Europea

31/12/2017

Sostegno alle Start up innovative

Servizi di sostegno alle Start up innovative

Regione Piemonte

31/12/2020

Erasmus + Plus

Educazione formale e informale dei giovani

Stazioni ferroviarie in comodato gratuito

Riutilizzo delle stazioni per attività sociali

Fondazione Lonati, richieste libere

Sostegno a soggetti che operano in ambiti: Istruzione (formazione, istituzionale, minori) giovani, anziani, sanitario, ricerca, cultura, sociale

Alla ricerca di nuove idee!

Famiglia, Anziani, Disabilità, Nuove Povertà ed Inserimento Lavorativo

Sostegno all’Attività Istituzionale (SAI)

Sostegno al complesso delle attività di un ente e non già ad uno specifico progetto o iniziativa

www.fondazionecrt.it/attivit%C3%A0/ricercae-istruzione/2015-talenti-per-limpresa.html

www.lavoro.gov.it/AreaSociale/diamociunamano/Pages/default.aspx http://www.horizon2020news.it/work-program-2016-2017

www.regione.piemonte.it/notizie/piemonteinforma/diario/finanziamentiper-le-start-up-innovative.html

Agenzia Nazionale Giovani

http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/ index_en.htm

2020

Ferrovie dello stato

Senza scadenza

Fondazione Lonati

Senza scadenza

Fondazione Cattolica Assicurazioni

senza scadenza

Compagnia di San Paolo

Senza scadenza

www.rfi.it/cms/v/index.jsp?vgnextoid=3aa298 af418ea110VgnVCM1000003f16f90aRCRD

http://www.fondazionelonati.it/presentaprogetto.asp http://www.fondazionecattolica.it/allaricerca-di-nuove-idee/

http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Contributi/SAI-Sostegno-all-Attivita-Istituzionale


eventi

Gli Eventi di ONDA D’URTO

Serate di formazione politica

Una nuova iniziativa di Onda d’Urto per i giovani del Pinerolese

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mondo

Appunti di viaggio di Angelica Pons e Mauro Beccaria

16 dicembre 2016

In cima all’Aconcagua, 6962 m Il 16 di dicembre, sveglia nella notte fonda, alle 4, con la luna piena, per affrontare l’ultimo tratto di salita: sull’Aconcagua, 6.962 m slm, la montagna più alta della Cordigliera delle Alpi argentine e di tutto il Sudamerica, una delle 7 cime del Pianeta, la più alta della Terra al di fuori dell’Asia. Quindi, per queste caratteristiche la 2ª dopo l’Everest. Si trova vicino alla frontiera del Cile, nel Parco provinciale Aconcagua, nella provincia di Mendoza. La via normale non presenta particolari difficoltà alpinistiche. Il rischio maggiore è dovuto ai venti che sferzano la punta anche a 120 km/h, oltre ai cambi repentini del meteo. Ed ovviamente alla quota. Mauro racconta: «Sono un ragazzo di 56 anni e grazie al mio amore Angelica, che mi lascia e fa sognare, e ai miei genitori che mi hanno dato un cuore e due polmoni straordinari sono riuscito ad arrivare sulla vetta». I campi di sosta sono: Puente del Inca 2.740, da cui inizia l’ascensione; Confluencia, 3.380 m, nel parco. Plaza de Mulas 4.370 m, campo base. Poi Plaza Canadà, 5.050 m e Nido de Condores, 5.400 m, un vasto altipiano panoramico sorvolato dai rapaci. «Non è stata certo una passeggiata, per la sofferenza non solo fisica questi giorni infiniti e notti insonni, il vento, il freddo, la neve caduta copiosa per due giorni da Confluencia a Plaza de Las Mulas. Si prende a “calci” la tenda per poter uscire, siamo sommersi dalla neve. Si affrontano cose non comuni: occorre

bere 4 litri al giorno e durante la notte, per non uscire dalla tenda (-30°C), si usa una bottiglia come wc. Un’altalena di previsioni potrebbero compromettere la salita. Poi si decide e si porta il cibo al campo Canada; si ritorna per acclimatarsi ancora un giorno, si fanno le visite mediche (pressione 110/80 saturazione 90%): siamo a 4.400 m e lo zaino pesa 17 kg! A Nido de Condores abbiamo sostato 2 giorni; la nostra guida ci ha pure preparato la pizza! Campo “Colera” 5.900 m (che indica l’arrabbiarsi della montagna) e poi la cumbre (cima). Si parte alle 5.30 ramponati come anche nei campi precedenti, -25°C ed entusiasmo a mille. Dopo 4 ore si arriva alla traversa: è il punto critico, se il vento supera i 50 km/h non si passa, ma grazie al cielo è quasi assente. Si sale su una pendenza del 70% e ti senti morire, devi solo pensare passo dopo passo. Arrivato alla Canalett,a 6.700 m, pausa e ultimi 300 m di dislivello. Praticamente un muro del pianto: devi esserci con la mente se no rinunci. Ed infine la guida, Mariano, mi dice “ora vai! sali!” salgo ancora 2 massi e vedo la croce davanti a me, non riesco a crederci piango senza lacrime a singulti e mi appoggio alla croce ringraziando il cielo. Grazie Aconcagua che mi hai permesso di conquistarti (la guida l’ha definito el dias perfecto). Qualcuno lassù mi vuole bene. Grazie». Mercoledì 25 gennaio alle 17, proiezione e racconto presso la libreria Mondadori, piazza Barbieri 15 Pinerolo. Ingresso libero.

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Sono amici di Pinerolo Indialogo.it e di Onda d’Urto25


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