Pierròt. Marzo 2011

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03/2011 AnnoIV

Valeria Tamborra

E

’ un soleggiato giorno d’autunno, il

uomini hanno costruito per neutralizzare

vento flette i sottili fili d’erba che rico-

il tempo, è la macchina fotografica. Essa se

prono la collina della nostra terra pugliese

ne serve per generare qualcosa che sfugge

arsa da un sole perenne; una donna, i suoi

al suo scorrere che uccide, che sfugge alla

capelli sconvolti dal vento, sorride all’uomo

fine. La luce impressiona la pellicola crean-

che le sta di fronte. Il suo sorriso è leggero,

do forme e colori di un istante di vita, una

senza pensieri, semplice e dolce come solo

piccolissima frazione di tempo che agisce

sulle labbra di una donna innamorata può

contro il tempo, che smette di scorrere, che

sorgere.

si lascia imprigionare per sempre nell’effi-

Quell’istante di spensierata gioia è tanto

gie di un’emozione che non passa, un ab-

prezioso quanto fugace, tanto intenso e

braccio che non si spezza, uno sguardo che

fragile che se lo porta via il vento in silen-

non si dimentica, un bacio che non finisce,

zio.

un treno che non partirà mai.

Gli esseri umani sperimentano un’infinità

Quei sottili fili d’erba resteranno per sem-

di volte queste piccole morti, un’infinità

pre flessi da un alito di vento cristallizzato,

di sorrisi che svaniscono, di lacrime che si

la luce del sole lascerà per sempre la sua

asciugano, di baci che finiscono, abbracci

impronta sulla terra e sulla pelle di quella

spezzati, treni che partono, dei quali alcuni

donna il cui sorriso innamorato e dolce

ritornano ed altri no, corpi che si separano,

non svanirà e i suoi capelli resteranno

passioni che si consumano e finiscono,

per sempre sospesi un po’ in volo, liberi

sguardi che s’incontrano e poi si perdono,

ed anarchici, il sentimento che si agita in

forse per sempre.

lei resterà per sempre ad illuminare il suo

La fine tocca la nostra esistenza sin dall’ini-

sguardo giovane, perché l’uomo che le sta

zio; la stessa nascita è una fine, la fine del

di fronte la guarda attraverso l’obiettivo

calore protettivo della vita intrauterina, di

di una macchina fotografica che renderà

quel silenzio incosciente in cui cova la vita.

eterno qualcosa che sta per morire.

Il tempo sancisce inesorabilmente tutte le morti della nostra esistenza e, da sempre, l’uomo consuma con esso una guerra senza fine per riuscire a fermare il suo scorrere incessante soltanto, almeno per un po’. La scrittura è stata inventata come una beffa al tempo, per preservare dalla morte e dall’oblio gli eventi, la conoscenza, e i pensieri. L’arte tutta si prende beffa del tempo, lo sfida, è una forma di ribellione violenta ed incessante contro di esso. Ma la più prodigiosa delle armi, che gli pierròt p.07


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