Rivista lasalliana 1-2009

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La catechesi popolare: san Pietro Crisologo

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Dalle figure esterne in cui s'imbatte non ha difficoltà a passare alle sensazioni più direttamente personali, per cui ritrae la dolcezza del sonno nelle prime ore notturne, quando penetra lieve nelle membra stanche per le fatiche del giorno (39,3 p. 221,47-50) e della stanchezza dei suoi ascoltatori tiene conto quando grava la calura estiva, per cui, in loro riguardo, sospende la sua predicazione (51,1 p. 284,3-7). Pietro teme che la sua parola possa venire respinta per un suo sapore di estraneità, ed allora, per introdurre la sua comunità nell'ambiente soprannaturale, si inserisce in quello che è loro naturale, per accompagnarli verso la più alta meta, alla quale da soli avrebbero ritrosia ad accedere; con la sua vicinanza rende il transito spontaneo, la condivisione gli conferisce persuasività. Quell' astratto che si colora facilmente di nebuloso e di utopistico egli lo immette nel concreto a tutti familiare.

Adeguamento del linguaggio: vivezza accattivante Pietro sa che la via più efficace per arrivare all'intelligenza e per incentivare la memoria è quella della fantasia, per cui usa volentieri un linguaggio immaginoso. Presenta infatti l'alacrità dell'impegno nella vita spirituale stimolando: "Ciascuno prenda le armi del digiuno (quaresimale), respinga gli attacchi delle colpe, distrugga l'accampamento dei vizi e riporti la vittoria sullo stesso autore del male, perché è Cristo che combatte" (11,2 p. 73,33-35): l'espressione tende a trasfondere, se non proprio entusiasmo, almeno coraggio e fiducia. Nel raccomandare che il digiuno sia animato dall'elemosina, la inculca con una serie di similitudini: la misericordia è come la primavera per la terra, che nei campi fa spuntare le gemme, sbocciare i fiori, fruttificare le messi; è olio per la lucerna, sole per il giorno (8,2 p. 59,24-39): l'oratore parla colorito, vivo, mosso: dell'elemosina non proclama il dovere, mostra il fascino; se l'idea permane la medesima, la presenta però sotto aspetti sempre nuovi ed attraenti11. E le similitudini non le va a cercare lontano; se le trova nella vita quotidiana che lo attornia. Il digiuno gli si rivela, così, come uno speciale aratro della santità: esso coltiva i cuori, sradica le colpe, strappa le scelleratezze, scalza i vizi, semina la carità, nutre l'abbondanza, prepara la messe dell'innocenza; i discepoli di Cristo raccolgono i covoni delle virtù, preparando il pane della nuova stagione (31,2 p.179,41-46). Pietro rifugge col più solerte impegno dalla formulazione piatta e smorta, dalla parola che "suona ma non crea" (Foscolo); sa che essa sterilizza la comunicazione. Ricorre quindi volentieri all'aforisma, che colpisce incisivo: dichiara pertanto che il digiuno agisce sull'anima come il salnitro sul corpo in efficacia detersiva (7 bis,1 p. 56,4-8); chi digiuna senza provare compassione (per i bisognosi) è un campo coltivato senza seme (42,2 p. 236,18-22) o una reggia senza re (ibid. lin. 26-31); come le nubi oscure offuscano il cielo, così i banchetti sregolati oscurano le anime; come i 11

J. Del Ton, De sancti Petri Chrysologi eloquentia, in Latinitas 6 (1958), p.189, afferma che nella sua eloquenza "brilla l'alta virtù di un animo onesto, brilla l'acutezza di un ingegno facondo, brilla la purezza di linguaggio; egli appare autorevole di romana dignità ed amabile di grazia evangelica".


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