Pelviperineologia marzo 2010

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Rivista Italiana di Colon-Proctologia Fondata nel 1982

Vol. 29 - N. 1 Marzo 2010

ISSN 1973-4891

Già organo ufficiale della Società Italiana di Colon-Proctologia

INSERTO PER L’ITALIA

Editore Giuseppe Dodi

w w w. p e l v i p e r i n e o l o g i a . i t

Comitato di Collaborazione

Redazione: Clinica Chirurgica 2 Via Giustiniani, 2 35128 Padova e-mail: giuseppe.dodi@unipd.it info@giuseppedodi.it

Corrado Asteria Federica Cadeddu Elisabetta Costantini Francesco Corcione Raffaele De Caro Mario De Gennaro Davide De Vita Fabio Gaj Aldo Infantino Filippo La Torre

Pietro S. Litta Giovanni Milito Gabriele Naldini Vittorio Piloni Fabio Pomerri Massimo Porena Filippo Pucciani Salvatore Siracusano Marco Soligo

Organo ufficiale della Società Italiana di Pelvi-perineologia e di Urologia Femminile e Funzionale e dell’Integrated Pelvic Group

Indice 3

Happy-hour uroginecologici a Milano e Progetto Arcipelago

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La riabilitazione dei disordini della defecazione Filippo pucciani

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Valutazione prospettica del cancro rettale radiochemiotrattato con risonanza magnetica dinamica Fabio pomerri, marco bernhart, Salvatore pucciarelli, iSacco maretto, michela Zandonà, pier carlo muZZio

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Localizzazione dell’orifizio interno delle fistole anali vittorio piloni

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Percorsi riabilitativi teorico-pratici del pavimento pelvico

Stampa: Tip. Veneta Via E. Dalla Costa, 6 35129 Padova info@tipografiaveneta.it



Iniziative originali

Happy-hour uroginecologici a Milano e Progetto Arcipelago Il confronto e la libera circolazione delle idee sono la premessa per il progresso delle conoscenze... ma nulla può circolare senza il rapporto tra le persone. Quanto più amichevole è il rapporto tanto più facile e costruttivo sarà il fluire della creatività. Sulla scorta di questa constatazione dallo scorso autunno si svolge a Milano una iniziativa che ha preso il nome di “Happy-Hour Uroginecologico milanese” (in questa pagina il programma la prossima edizione). Si tratta una serie di incontri periodici (4 - 5 all’anno) rivolti a quanti si occupano di disfunzioni pelviche nell’area milanese, con discussione aperta di casi clinici a tema presentati di volta in volta da un collega che si rende disponibile, e successivamente da un Journal Club “pelvico” presentato da un altro collega, il tutto preceduto dalla degustazione di un aperitivo. L’avvenimento, con inizio alle ore 19, si svolge nei pressi della stazione centrale di Milano presso un hotel molto noto (Una Hotel) e facilmente raggiungibile, e, in linea con lo spirito pratico ed essenziale della popolazione di questa città, si conclude entro le 21. 0. Promotore dell’iniziativa è il dr. Marco Soligo, Uroginecologo dell’Ospedale San Carlo Borromeo, che cura personalmente l’organizzazione delle varie serate. Non appena informato dell’evento ed invitato cortesemente ad essere presente, il dr. Vittorio Piloni, notando le analogie con il proprio progetto “Arcipelago” avviato da circa un

semestre a Roma (vedi numero di Dicembre di Perineology 2009, Vol. 28, N 4 pag. 56), ha proposto al dr. Soligo una sorta di contaminazione dei due progetti che tenesse conto delle diversità ambientali (a Roma gli incontri si aprono direttamente con la parte scientifica e gli intervenuti si fermano dopo le 21.15 per il catering, mentre a Milano si consuma l’aperitivo alle 19 prima dei lavori) e che al tempo stesso comportasse un rafforzamento dei contenuti e delle idee. Non si poteva dubitare che i due, colleghi ma anche amici da lunga data, potessero trovare l’intesa: già dal prossimo incontro milanese, che si svolgerà all’inizio di Maggio, il dr. Soligo ha invitato il dr. Piloni a presentare brevemente il proprio progetto Arcipelago. L’intento comune è che ciò rafforzi la dimensione multidisciplinare dell’iniziativa. Il dr. Piloni ritiene che questo tipo di iniziative potrebbero replicarsi in altre regioni e considera di proporre una sorta di appuntamento annuale con la stessa fortunata formula a Roma nella sede del Centro Studi della Marcigliana che abitualmente ospita gli incontri in quella città. È allo studio infatti l’organizzazione di un evento Nazionale che preveda sempre la discussione aperta di casi clinici, con il concorso delle varie regioni partecipanti impegnate in una sorta di certamen perineologico a squadre, con in palio una borsa di studio di 6 mesi per un giovane da utilizzare come frequenza presso una delle strutture ospedaliere o universitarie aderenti all’iniziativa.”

Ospedale San Carlo Borromeo – Milano U.O. Ginecologia e Ostetricia

Servizio di Uroginecologia

Direttore: dr. Mauro Buscaglia

Responsabile: dr Marco Soligo

Il Servizio di Uroginecologia dell’Ospedale San Carlo Borromeo è lieto di invitarti

Mercoledì 5 maggio 2010 alle ore 19.00 per un

Happy-Hour Uroginecologico milanese presso: UNA Hotel Century * - Via Fabio Filzi, 25/B - Milano Ci troveremo per un aperitivo e proseguiremo confrontandoci su: ● Casi clinici in tema di: Pavimento Pelvico e Trauma Ostetrico - fatti e misfatti Presenta i casi: Paola Pifarotti - Ginecologo, Clinica Mangiagalli - Milano ● Journal club Uroginecologico Presentazione del lavoro di maggiore interesse pubblicato negli ultimi mesi A cura di: Diego Riva - Ginecologo, Ospedale di Cantù Programma della serata Ore 19.00 apertura dell’Happy-hour Ore 19.45 Presentazione caso clinico n 1 e discussione Paola Pifarotti Ore 20.15 Presentazione caso clinico n 2 e discussione Paola Pifarotti Ore 20.45 Commento articolo di letteratura e discussione Diego Riva Ore 21.15 Chiusura dei lavori e saluti Nel corso della serata il dr Vittorio Piloni presenterà il progetto Arcipelago La serata sarà gentilmente offerta da: * Sede dell’incontro Ingresso consigliato da Via Pirelli, alla sbarra digitare 14 e poi “campanello” per l’apertura della sbarra. Opzioni: spazio se disponibile attorno all’albergo (linee gialle) altrimenti, custodia in garage al costo di 14 Euro (dalle 18,30 alle 23,30) È gradita la conferma della presenza all’indirizzo Soligo.Marco@sancarlo.mi.it


Stato dell’arte

La riabilitazione dei disordini della defecazione FILIPPO PUCCIANI Dipartimento di Area Critica Medico-Chirurgica Università di Firenze

Riassunto: I disordini della defecazione, quali la defecazione ostruita e l’incontinenza fecale, dopo il fallimento della terapia medica, vanno incontro ad un trattamento riabilitativo. Le tecniche riabilitative utilizzate sono il biofeedback, la chinesiterapia pelviperineale, la riabilitazione sensoriale, l’elettrostimolazione. I risultati sono confortanti: il 70% circa dei pazienti affetti da defecazione ostruita migliora il pattern defecatorio ed il 38% dei pazienti affetti da incontinenza fecale diventa asintomatico. Pertanto il trattamento riabilitativo è una buona opzione terapeutica. Molti pazienti possono essere curati ed inoltre la riabilitazione può essere considerata un’utile modalità di screening terapeutico che, selezionando i non-responders, indirizza in modo appropriato i pazienti verso trattamenti più invasivi e costosi (neuromodulazione sacrale, terapia chirurgica). Parole chiave: Defecazione ostruita e incontinenza fecale, riabilitazione dei disordini della defecazione, biofeedback, chinesiterapia pelviperineale, riabilitazione sensoriale, elettrostimolazione. Abstract: Obstructed defecation and fecal incontinence may be treated by rehabilitation after failure of medical treatment. Biofeedback, pelviperineal kinesitherapy, sensory retraining and electrostimulation may be used. Results are comforting: 70% of patients affected by obstructed defecation get better and 38% of patients with fecal incontinence become asymptomatic. Therefore rehabilitation is a good therapeutic option. Moreover, rehabilitation identifies “non-responders” patients that should be next in line for more expensive and invasive therapeutic procedures (sacral neuromodulation, surgery). Key words: Obstructed defecation; Fecal incontinence; Fecal disorders rehabilitation; Biofeedback; Pelviperineal kinesitherapy; Sensory retraining; Electrostimulation.

INTRODUZIONE

I disordini della defecazione, quali la defecazione ostruita e l’incontinenza fecale, hanno una forte valenza epidemiologica: la defecazione ostruita colpisce circa il 13% della popolazione generale,1 l’incontinenza fecale oscilla dall’1, % nella popolazione generale2 al 6% negli anziani in case di riposo.3 L’impatto sociale e l’influenza negativa sulla qualità della vita sono pesanti, con aspetti che si riflettono spesso negativamente sull’equilibrio psicologico dei pazienti. Dal punto di vista terapeutico, dopo adeguato inquadramento clinico-diagnostico, l’opzione di un trattamento riabilitativo entra in gioco subito dopo il fallimento del trattamento medico. Nel caso della defecazione ostruita, dopo il fallito tentativo terapeutico con misure dietetico-comportamentali e lassativi, è corretto indirizzare il paziente ad un ciclo di riabilitazione; nel caso dell’incontinenza fecale, dopo una terapia mirante a modificare la forma delle feci, a trattare la diarrea, a rallentare il transito colico, nel caso di insuccesso terapeutico è opportuno adottare un trattamento riabilitativo.5 Si deve però sottolineare che, allo stato attuale, il “success rate” della riabilitazione dipende da una serie di variabili quali la motivazione del paziente, l’interazione paziente/riabilitatore, l’integrità cognitiva cerebrale.6 A questo si aggiunge che i reperti diagnostici strumentali quali quelli della manometria anorettale, dell’endosonografia anale, della defecografia non sono fattori predittivi per il risultato terapeutico.5 Queste dovute premesse sono necessarie per comprendere l’ampia variabilità dei risultati riportati dalla letteratura internazionale e l’assenza di un univoco consenso sull’efficacia terapeutica del trattamento riabilitativo. Per un migliore inquadramento della riabilitazione dei disordini della defecazione, gli argomenti saranno descritti in capitoli separati, relativi rispettivamente alla defecazione ostruita e all’incontinenza fecale. 1. DEFECAZIONE OSTRUITA

La terapia riabilitativa trova la sua indicazione principale nel trattamento della defecazione ostruita da cause funzionali. Infatti, nella dissinergia del pavimento pelvico, il trattamento con biofeedback è il trattamento di elezione, superiore alla terapia medica nel migliorare le caratteristiche

defecatorie dei pazienti. Tre trials randomizzati-controllati ne hanno codificato il successo terapeutico con percentuali intorno al 70%, persistenti, in misura ridotta al 50%, a 5 anni (livello 1 di evidenza, grado A di raccomandazione).7-8-9 Anche pazienti con defecazione ostruita da cause organiche possono beneficiare di un trattamento riabilitativo. Rettocele, intussuscezione rettale, sindrome del perineo discendente, ulcera solitaria del retto, sigmoidocele di I e II grado, possono avere indicazione alla riabilitazione,5-10 ma con la consapevolezza di un possibile insuccesso; vi è infatti difficoltà nel discernere i casi in cui vi sia un’assoluta indicazione chirurgica da quelli in cui sia possibile avviare, con qualche speranza di successo, il trattamento riabilitativo. C’è però da sottolineare che è generalmente consolidata la prassi di un approccio riabilitativo prima di quello chirurgico e che proprio in caso di fallimento di un trattamento conservativo l’opzione chirurgica trova una sua indicazione.11 Infine, si deve rilevare che la riabilitazione non presenta praticamente effetti collaterali e che, in caso di insuccesso, non può in alcun modo peggiorare la patologia in atto o creare ostacolo ad una eventuale successiva opzione chirurgica.12 Da un punto di vista operativo di deve specificare che allo stato attuale non esiste un protocollo di riabilitazione internazionalmente condiviso e che le diverse tecniche riabilitative (biofeedback, chinesiterapia pelviperineale, riabilitazione volumetrica, elettrostimolazione) differiscono spesso nella loro modalità applicativa da un centro all’altro. Quest’ampia variabilità spiega la scarsa possibilità di comparazione di risultati tra trattamenti riabilitativi espletati con modalità differenti in sedi diverse13 e l’impossibilità concreta di poter attuare studi scientifici multicentrici. La tecnica riabilitativa più frequentemente utilizzata è il biofeedback, tecnica strumentale che si avvale di una modalità operativa di condizionamento comportamentale (“operant conditioning”).1 L’informazione su un processo fisiologico (contrazione o rilasciamento di un muscolo striato, registrati con metodica elettromiografica o manometrica) è convertita in un semplice segnale visivo o uditivo: l’esecuzione della giusta manovra di contrazione o rilasciamento muscolare è confermata dall’attivazione del segnale. Ne consegue che la correzione dell’errore nella contrazione o nel rilasciamento muscolare è facilmente raggiungibile grazie al condizionamento legato all’accensione del segnale. È facile intuire come questa tecnica sia il “gold Pelviperineologia 2010; 29: -6 http://www.pelviperineologia.it


La riabilitazione dei disordini della defecazione

standard” nel trattamento terapeutico della dissinergia del pavimento pelvico, dove l’errore fisiopatologico di base è la contrazione paradossa della muscolatura striata durante l’evacuazione defecatoria.8-9 Alcune esperienze segnalano l’associazione al biofeedback di esercizi muscolari di chinesiterapia pelviperineale mirati sulla muscolatura del pavimento pelvico: sequenze programmate di esercizi facilitano l’apprendimento della corretta contrazione e del rilasciamento sequenziale della muscolatura striata pelviperineale coinvolta nella defecazione.15-16-17 Si deve però sottolineare che tali modalità riabilitative non sono codificate a livello internazionale, hanno un’ampia variabilità di realizzazione degli esercizi, e sono infine supportate da un solo trial randomizzato.8 Nei casi in cui la defecazione ostruita sia caratterizzata anche da difetti di percezione del bolo fecale (“rectal hyposensitivity”), è indicato associare, alle altre tecniche riabilitative, il trattamento riabilitativo mirato al ripristino di una normale sensazione rettale. Le modalità tecniche di esecuzione si avvalgono del biofeedback (“sensory retraining”)18 o della riabilitazione volumetrica con l’uso di sonde munite di palloncino gonfiabile, o di clismi di acqua, dosati in progressione a volumi decrescenti fino al raggiungimento del volume soglia normale di percezione del bolo fecale.19 Infine, isolate esperienze segnalano l’utilizzazione dell’elettrostimolazione nella riabilitazione della defecazione ostruita da dissinergia del pavimento pelvico.20 A distanza di un anno dal trattamento, il 50% circa dei pazienti trattati riporta un miglioramento dei segni e dei sintomi da defecazione ostruita. 2. INCONTINENZA FECALE

Nell’algoritmo terapeutico dell’incontinenza fecale, il trattamento riabilitativo trova la sua indicazione dopo il fallimento della terapia medico-dietetica.21 Per selezionare i pazienti che possano trarre beneficio dalla riabilitazione è necessaria un’accurata valutazione della fisiopatologia in atto per capire la verosimile causa dell’incontinenza fecale.22 Bisogna però sottolineare che non vi è accordo su quali test diagnostici strumentali debbano essere utilizzati visto che poi non è codificata quale sia la loro utilità nel selezionare i pazienti per un ciclo di riabilitazione.23 In ogni caso una peggiore risposta al trattamento riabilitativo si ha nei pazienti con incontinenza fecale passiva, in presenza di feci liquide, dopo sfinteroplastica post-partum, in presenza di cicatrici perineali e perianali.2 Bisogna però sottolineare che la popolazione affetta da incontinenza fecale è estremamente eterogenea nei meccanismi fisiopatologici e che vi sono delle classi di pazienti nelle quali il fallimento del trattamento riabilitativo è da ipotizzare: prolasso del retto e malattie neurologiche sono i campi dove i risultati sono decisamente scoraggianti. Anche nel campo della riabilitazione dell’incontinenza fecale non vi sono standards e/o linee guida di trattamento, per cui non è possibile suggerire modelli operativi universalmente accettati e diffusi: le singole pubblicazioni scientifiche sono infatti frutto di esperienze di singoli centri, con una grande varietà di approcci metodologici e di misura dei risultati.25 Le tecniche riabilitative per l’incontinenza fecale includono il biofeedback, la chinesiterapia pelviperineale, la riabilitazione sensoriale, l’elettrostimolazione. Il biofeedback è la tecnica più diffusa e viene utilizzato con gli scopi di rinforzare la forza di contrazione della muscolatura striata del pavimento pelvico, di migliorare la soglia della contrazione riflessa dello sfintere anale esterno (RectoAnal Excitatory Reflex: RAER), di migliorare la discriminazione sensoriale del contenuto rettale.3-26 Il “success rate” è accettabile: circa il 70% dei pazienti trattati mostra una riduzione degli episodi di incontinenza fecale.27 La chinesiterapia pel-

viperineale si prefigge di ripristinare la coordinazione dell’attività muscolare dei componenti del muscolo elevatore dell’ano: lo specifico target è di rinforzare il tono di base del muscolo puborettale (con effetti benefici sull’angolo anorettale), migliorando la sua risposta nello “stress abdominalperineal reflex”.28 È utile quando una sindrome del perineo discendente29 o lesioni anatomiche del pavimento pelvico30 siano presenti nei pazienti incontinenti. La riabilitazione sensoriale si propone di migliorare la capacità di percepire la distensione rettale provocata da gas o feci (“rectal sensation”).31 Una elevata sensazione rettale, con una soglia di percezione delle feci più alta del normale, fa si che quando le feci entrino nel canale anale, in assenza della contrazione riflessa dello sfintere anale esterno, si verifichi la perdita del contenuto rettale.3 Ugualmente una bassa sensazione rettale, associata ad una ridotta distensibilità del retto, può provocare la perdita di feci innescando rilasciamenti sfinterici contemporanei a ripetitive contrazioni rettali.32 La riabilitazione sensoriale può essere condotta con due modalità. Nella prima si utilizza il biofeedback; il paziente, in risposta alle ripetute distensioni del palloncino montato sulla sonda con volumi al di sopra o al di sotto della soglia di percezione del bolo fecale, contrae lo sfintere anale con il massimo della forza verificando con il feedback visivo l’effetto della contrazione. Nella seconda modalità (riabilitazione volumetrica) si somministrano, due volte al giorno, clisterini di acqua tiepida: il volume iniziale corrisponde al volume massimo tollerato rilevato manometricamente. Una volta iniettato nel retto, il paziente tenta di trattenere il liquido il più a lungo possibile con una contrazione sfinterica la più forte possibile. Nei giorni seguenti il volume iniettato gradualmente aumenta o diminuisce fino a raggiungere il valore normale di percezione del bolo fecale. Il “success rate” della riabilitazione sensoriale è praticamente sovrapponibile a quello del biofeedback: il 71% dei pazienti trattati migliora la propria incontinenza fecale.26 L’elettrostimolazione anale è una tecnica riabilitativa in cui si induce la contrazione della muscolatura striata sfinterica ma si ignora se l’effetto consegua ad una stimolazione diretta del muscolo oppure se avvenga come conseguenza indiretta della stimolazione di nervi periferici. Una sonda anale, dotata di elettrodi, libera impulsi di corrente alternata graduati in ampiezza, durata e frequenza. Non si conosce il meccanismo di azione nell’incontinenza fecale: si ipotizza che gli effetti della elettrostimolazione siano riconducibili ad una migliore percezione anale.33 Gli effetti terapeutici sono però imprevedibili, dipendendo dal tipo di corrente, dall’intensità degli impulsi, dalla loro durata, dall’impedenza dei tessuti. Infatti, alcune pubblicazioni scientifiche hanno evidenziato che l’elettrostimolazione non è un trattamento clinicamente efficace nell’incontinenza fecale e che i risultati sono decisamente inferiori rispetto a quelli del biofeedback.3 -35 Inoltre una Cochrane review,36 dall’esame di quattro trials sull’elettrostimolazione nell’incontinenza fecale, ha concluso che vi sono dati insufficienti per esprimere un giudizio sull’utilità terapeutica dell’ elettrostimolazione. In ogni caso alcuni pazienti possono beneficiare di questa tecnica riabilitativa, anche se poi non è possibile dimostrarne gli effetti positivi con alcuna tecnica diagnostica. Tra i protocolli da utilizzare nel trattamento riabilitativo dell’incontinenza fecale si può segnalare quello della riabilitazione multimodale.19 L’algoritmo del protocollo riabilitativo si basa sui dati ottenuti dalla manometria anorettale: il biofeedback e la chinesiterapia pelviperineale sono indicati nei casi di ipotonia anale e/o ridotta contrazione volontaria sfinterica, la riabilitazione volumetrica nei casi di alterata sensazione rettale e/o di compliance rettale modificata, l’elettrostimolazione come trattamento preliminare nei pazienti che necessitino di migliorare la percezione del piano ano-perineale. I risultati sono accettabili: l’89% dei

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F. Pucciani

pazienti migliora il grado di incontinenza ed il 38% diventa asintomatico. Lo stesso modello riabilitativo è stato applicato in pazienti con incontinenza fecale dopo “sphincter saving operations”.37 I risultati sono stati incoraggianti: il 58% dei pazienti è migliorato ed il 23,8% è risultato libero da sintomi di incontinenza fecale. CONCLUSIONI

Il trattamento riabilitativo dei disordini della defecazione è una buona opzione terapeutica. Molti pazienti possono essere curati con un decisivo miglioramento della qualità della vita. In aggiunta, la riabilitazione può essere considerata un’utile modalità di screening terapeutico che, selezionando i non-responders, indirizza in modo appropriato i pazienti verso trattamenti più invasivi e costosi (neuromodulazione sacrale, terapia chirurgica). BIBLIOGRAFIA

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Articolo originale

Valutazione prospettica del cancro rettale radiochemiotrattato con risonanza magnetica dinamica FabIo PoMerrI (1,2), MarCo bernhart (1), SaLVatore PuCCIareLLI (3), ISaCCo Maretto (3), MICheLa zandonà (1), PIer CarLo MuzzIo (1,2) (1) (2) (3)

Dipartimento di Scienze Medico-Diagnostiche e Terapie Speciali, Università di Padova Istituto Oncologico Veneto-IRCCS, Sezione di Radiologia Oncologica, Padova Dipartimento di Scienze Oncologiche e Chirurgiche, Clinica Chirurgica II, Università di Padova

Riassunto: L’obiettivo di questo studio è valutare la potenzialità della risonanza magnetica dinamica nella differenziazione tra tessuto cicatriziale o necrotico e tessuto tumorale vitale residuo dopo radiochemioterapia (rCt) preoperatoria neoadiuvante del cancro rettale. Quarantanove su 60 pazienti con tumore del retto medio-basso localmente avanzato (età media 59,3 anni; range 21- 8 anni) compongono il gruppo di studio e sono stati indagati con risonanza magnetica dinamica (rMd) dopo rCt. Lo stadio istologico del tumore è stato valutato con il sistema tnM. I tumori sono stati suddivisi in due categorie: t0 e t1-4. Sono stati comparati alcuni parametri farmaco-cinetici calcolati nei due gruppi con rMd. I parametri statisticamente significativi sono stati la costante di partizione (media: 0,3 in t0 e 0,4 in t1-4) e l’area sotto la curva a 30 secondi (media: 3,2 in t0 e 3,4 in t1-4). Il cut-off per la migliore accuratezza (83, % per entrambi i parametri) è stato identificato con le curve roC. La costante di partizione presenta un buon indice di sensibilità (90%) e valore predittivo positivo (90%) mentre l’area sotto la curva a 30 secondi dimostra una buona sensibilità (82,5%), specificità (88,9%) e valore predittivo positivo (9 ,1%). alcuni parametri farmacocinetici calcolati con rMd identificano accuratamente la persistenza di tessuto tumorale vitale dopo rCt nel cancro del retto e possono suggerire il tipo di approccio terapeutico. Parole chiave: risonanza magnetica dinamica, cancro rettale, radiochemioterapia, farmacocinetica Abstract: the aim of the study was to assess the performance of dynamic contrast-enhanced magnetic resonance imaging (dCe-MrI) in distinguishing desmoplastic reaction or necrotic tissue from residual cancer in the rectal wall after neoadjuvant chemoradiotherapy (Crt). Forty-nine of 60 patients (mean age, 59.3 years; range, 21- 8 years) with locally-advanced mid-low rectal cancer formed the study group. PostCrt t stage assessed by dCe-MrI was compared with histopathologic findings using tnM system. on the basis of t status, tumors were grouped into t0 and t1-4 categories. Some pharmacokinetic parameters were calculated using dCe-MrI and compared in the two groups. the statistically significant parameter were the partition constant (mean, 0.3 in the t0 group and 0.4 in the t1-4 group) and the area under the curve up to 30 seconds (mean, 3.2 in the t0 group and 3.4 in the t1-4 group). For these two parameters the best cut off for accuracy has been identified by roC curve (83, % for both). the partition constant showed good sensitivity (90%) and positive predictive value (90%); the area under the curve after 30 seconds was characterized by good sensitivity (82.5%), specificity (88.9%), and positive predictive value (9 .1%); Some dCeMrI calculated pharmacokinetic parameters identified accurately residual cancer in the rectal wall after Crt and may have an impact on the therapeutic outcome of the patients. Key words: dynamic contrast-enhanced magnetic resonance imaging; rectal cancer; radiochemotherapy; pharmacokinetic.

IntroduzIone

La stadiazione del tumore al retto è clinicamente importante per determinare la prognosi e definire l’iter terapeutico per il paziente. Lo standard della terapia del tumore del retto è la chirurgia, che può essere attuato con diverse tecniche a seconda dello stadio del tumore. È oramai diffusamente accettato che la terapia chirurgica è adeguata nei tumori rettali allo stadio t1-2 e n0,1-2 ma nel caso di tumori allo stadio t3-4 o n+ indipendentemente dal t il protocollo terapeutico prevede la radiochemioterapia (rCt) neoadiuvante preoperatoria.3 da molti studi è emerso che l’utilizzo della rCt è vantaggioso negli stadi localmente avanzati di cancro rettale, sia in termini di sopravvivenza che di qualità di vita postoperatoria.4-8 In particolare la terapia neoadiuvante è vantaggiosa per la conservazione chirurgica degli sfinteri, anche se l’aspettativa di vita non presenta differenze significative fra pazienti trattati con rCt preoperatoria e quelli trattati con rCt postoperatoria.5-9 un contributo alla scelta fra le diverse opzioni chirurgiche possibili deriva dalla ristadiazione del tumore dopo rCt. Questa è resa difficile dagli esiti della terapia neoadiuvante, che comporta un cambiamento della morfologia del tessuto peritumorale. Le metodiche di immagine spesso non distinguono gli effetti della rCt dalla eventuale componente tumorale vitale residua.10 un’alternativa può essere lo studio dinamico della vascolarizzazione neoplastica, con possibilità di distinguere i residui necrotici e cicatriziali dovuti alla rCt da quelli tumorali vitali. Le tecniche attualmente utilizzabili per questo tipo di Pelviperineologia 2010; 29: -12 http://www.pelviperineologia.it

analisi sono la risonanza magnetica dinamica (rMd) e la tomografia ad emissione di positroni. Lo scopo di questo studio è di precisare il ruolo che la rMd può svolgere nel differenziare il tessuto cicatriziale o necrotico dal tessuto tumorale vitale dopo rCt preoperatoria. MaterIaLI e MetodI

nel periodo compreso fra marzo 2005 e settembre 2008, 60 pazienti affetti da cancro del retto medio-basso localmente avanzato sono risultati arruolabili per lo studio. Sono stati inclusi nello studio 49/60 pazienti (14 donne e 35 uomini) sottoposti a rCt preoperatoria (tabella I). Sono stati esclusi 11/60 pazienti perché non sottoposti a rCt o a rMd dopo la rCt per vari motivi. I risultati della rMd sono stati confrontati con il riscontro istopatologico sul pezzo operatorio, usato come standard di riferimento. Lo stadio locale del tumore è stato riferito al parametro t del sistema tnM che valuta l’estensione locale della neoplasia, in particolare il grado di infiltrazione della parete intestinale, ed è definito dall’american Joint Committee of Cancer.11 Sulla base della stadiazione istopatologica t, il campione è stato suddiviso in due gruppi: il gruppo 1 era costituito di pazienti che dopo la rCt non presentavano cellule tumorali vitali all’istologia (t0) ed il gruppo 2 era costituito dai pazienti che presentavano ancora cellule tumorali vitali all’istologia (t1-4) (tabella II). non è stato considerato il parametro n del sistema tnM, in quanto il nostro studio non valuta il possibile miglioramento prognostico, ma ha lo scopo di confrontare i valori


F. Pomerri - M. Bernhart - S. Pucciarelli - I. Maretto - M. Zandonà - P.C. Muzzio Tabella I: demografia, tipo di interevento chirurgico e stadio patologico del tumore nei 49 pazienti. Media (range) o N (%)

Variabile età (anni)

59 (21- 8)

Sesso uomini donne

35 ( 1,4) 14 (28,6)

Interventi chirurgici resezione anteriore del retto resezione bassa del retto resezione addomino-perineale sec. Miles escissione locale

Fig. 1 - tessuto tumorale prima della captazione del mezzo di contrasto (immagine di sinistra); stesso tessuto tumorale, dopo captazione del mezzo di contrasto (immagine di destra)

9 (18,4) 30 (61,2) 6 (12,2) 4 (8,2)

ptnM pt0 pt1 pt2 pt3 pt4

9 (18,4) 8 (16,3) 10 (20,4) 1 (34, ) 5 (10,2)

sono stati usati un iniettore automatico, un flusso di 2 ml/ sec ed una dose di 0,2 ml/Kg di mezzo di contrasto. Sono state eseguite sequenze assiali t1 con e senza soppressione del grasso. Le sequenze dinamiche, attuate sul piano assiale, erano composte da 1 sequenze, comprendenti ciascuna 12 scansioni, della durata di 15 secondi, con un intervallo di 3 secondi tra una sequenza e l’altra, per una durata complessiva dello studio dinamico di circa 5 minuti. delle 1 sequenze, le prime 2 sono state eseguite senza mezzo di contrasto: sequenze di base. L’iniezione successiva del mezzo di contrasto è stata sincrona con l’inizio della 3a sequenza. I risultati ottenuti sono stati analizzati con programma Siemens SYnGo installato nella stazione di lavoro, che ha consentito la visualizzazione sequenziale delle immagini e l’elaborazione di un filmato per individuare la porzione di parete rettale che si impregnava maggiormente di mezzo di contrasto (Figura 1). Sono state tracciate sulle immagini le regioni di interesse (roI) che hanno compreso tutto il tessuto considerato patologico e si è calcolata la variazione nel tempo dell’impregnazione di mezzo di contrasto. Il programma ha fornito la curva risultante rappresentata su assi cartesiani: in ascissa la successione temporale delle sequenze e in ordinata l’intensità del segnale (Figura 2). Inoltre, per normalizzare i dati ottenuti, sono state posizionate una roI sull’arteria iliaca esterna ed una sul muscolo elevatore dell’ano. I risultati della rMd sono stati confrontati con quelli dell’istopatologia sul pezzo operatorio, eseguita sempre da uno stesso gruppo di anatomopatologi che ha utilizzato il protocollo di Quirke.12 dalla curva ottenuta, che è la rappresentazione grafica della perfusione del tessuto studiato, è stato possibile ricavare alcuni parametri: 1) Intensità del segnale (E1 percentuale al primo minuto): cambiamento massimo dell’intensità del segnale al primo minuto in percentuale, dove SI60 è l’intensità di segnale dopo 60 secondi, S0 è l’intensità di segnale al tempo t=0;

ptnM: stadiazione patologica Tabella II: Composizione dei due gruppi di pazienti: Gruppo1 (t0) e Gruppo 2 (t1-4) Gruppo 1

Gruppo 2

Maschi

8

2

Femmine

1

13

Età media

59,9

58,8

Totale

9

40

di parametri farmacocinetici, misurabili con rMd, ed il reperto istopatologico. Per il trattamento neoadiuvante è stato attuato uno schema di rCt che ha utilizzato una dose totale di 50,4 Gray suddivisa in 28 sedute, con dose giornaliera di 1,8 Gy per 5 giorni, associata ad un protocollo di chemioterapia con 5-Fu alla dose di 225-300mg/m2/gg in infusione continua o in bolo alla dose di 350 mg/m2/gg. L’intervento chirurgico è stato programmato a distanza di 4-8 settimane dal termine della rCt. Le tecniche chirurgiche utilizzate sono state la resezione anteriore del retto per via addominale (9 interventi), la resezione bassa di retto (30 interventi), la resezione addominoperineale secondo Miles (6 interventi) e l’escissione locale (4 interventi). Gli accertamenti con rMd sono stati effettuati con un’apparecchiatura dotata di un magnete da 1 t (Magnetom harmony, Siemens medical system, erlagen, Germany), usando bobine di superficie “phased array”dedicate, scelte in base al distretto da valutare. tutti i pazienti hanno seguito un protocollo di preparazione composto da un clistere di pulizia 4 ore prima dell’esame ed il digiuno da almeno 6 ore. al momento dell’esame, con paziente prono, sono stati insufflati nel retto 300-400 ml di aria attraverso un catetere di Foley. utilizzando un campo di vista (FoV) di 430x269 mm, uno spessore di strato di 4 mm ed una matrice di 256x112, sono state eseguite le seguenti sequenze rM morfologiche prima dell’iniezione endovena del mezzo di contrasto: sagittale t1 spin-echo con soppressione del grasso, assiale t2 e parassiale t1 spin-echo con soppressione del grasso e piano di sezione perpendicolare all’asse maggiore del tumore. Successivamente è stato iniettato endovena un mezzo di contrasto paramagnetico (Magnevist; Shering aG, berlin, Germany) costituito da chelati del gadolinio. Per l’iniezione

8

E1=

.

2) Steepest slope (in percentuale per secondo): la rapidità con cui il contrasto arriva e si diffonde nella lesione (pendenza positiva della curva), dove SIend è l’intensità del segnale al termine della pendenza, SIprev è l’intensità del segnale dell’inizio della pendenza, SIpre è l’intensità di segnale precedente l’arrivo nel tessuto del mezzo di con-

Fig. 2 - roI posizionata sul tessuto tumorale (immagine di sinistra); curva intensità/tempo riferita alla roI (immagine a destra)


Valutazione prospettica del cancro rettale radiochemiotrattato con risonanza magnetica dinamica

trasto, tend e tprev sono rispettivamente i tempi in secondi di SIend e SIprev; [Sec-1]. 3) Picco di enhancement (Emax): è il massimo valore di segnale raggiunto a livello della lesione durante tutto lo studio, dove SI è l’intensità di segnale, t0 è il tempo iniziale dello studio e tend è il tempo finale dello studio; Emax=

.

4) Costante di eliminazione (Kel): è la velocità con cui viene eliminato il mezzo di contrasto dalla lesione, dove C1 è la concentrazione al tempo t1 e C2 è la concentrazione al tempo t2; [mmol/Kg·sec]. 5) Costante di partizione (Kpart): è il rapporto fra l’intensità massima del segnale raggiunto a livello della lesione () e l’intensità massima registrata a livello dell’arteria iliaca esterna (); [ml/Kg] 6) Area sotto la curva a 30-60-90 secondi (AUC30-60-90 calcolata col metodo dei trapezoidi): è la quantità di mezzo di contrasto arrivato alla lesione nei primi 30, 60 e 90 secondi, dove Ct è la concentrazione al tempo t (30, 60, 90 secondi), C0 è l’intensità di segnale prima dell’arrivo del mezzo di contrasto e t0 è il tempo iniziale. L’area è stata calcolata col metodo dei trapezoidi, che consiste nell’approssimare l’integrale della curva con quello della linea spezzata passante per i punti noti. In questo modo si somma l’area dei trapezi così ottenuti; [mmol/kg·sec]. ) Indice di perfusione (PI): rappresenta la microcircolazione del tumore, dove è la massima inclinazione della curva intensità/tempo dell’impregnazione del tumore, è il picco di intensità raggiunto dall’arteria durante lo studio; per ottenere l’unità di misura comunemente utilizzata (ml/min/100gr), abbiamo moltiplicato per 100 e diviso per la densità del tessuto tumorale (σ=1,05 gr/ml).13 [ml/min·100g]. 8) Massimo enhancement del segnale(Emax), dove SImax è la massima intensità di segnale rilevata sulla curva intensità/tempo, dopo la somministrazione del mezzo di contrasto, SIpre l’intensità di segnale prima dell’arrivo del mezzo di contrasto;14 Emax=

.

9) Rapporto dell’intensità del segnale a 60 secondi: è un parametro che serve a normalizzare le differenze di impregnazione dovute o ad eventuali aumenti di velocità dell’iniezione del mezzo di contrasto, o ad una maggior quantità di mezzo di contrasto iniettato. SIL rappresenta l’intensità di segnale dopo 60 secondi a livello della lesione, SIa rappresenta l’intensità di segnale dell’arteria iliaca esterna dopo 60 secondi;14

Rapporto a 60 secondi

.

Le misure dei parametri farmacocinetici sopra elencati sono state confrontate con lo stadio t patologico (pt) suddiviso nei due gruppi: pt0 e pt1-4. I risultati sono stati espressi come media e deviazione standard. I valori ottenuti sono stati analizzati con il test di Kolmogorov-Smirnov per verificare la normalità della distribuzione dei dati. alle variabili non normalmente distribuite è stato applicato il test non parametrico di Mann-Whitney; a quelle caratterizzate da una distribuzione normale, l’analisi della varianza. È stato considerato statisticamente significativo un valore di p <0,05. I parametri che correlavano significativamente con l’assenza di tessuto tumorale (t0) e con la sua presenza (t1-4), sono stati utilizzati per costruire una receiver operating characteristics (roC) curva. La curva serve per valutare il potere diagnostico dei diversi parametri risultati statisticamente significativi ed i cut-off degli stessi con le più elevate sensibilità e specificità. I valori dell’area sotto la curva potevano variare da 0,5 a 1 ed il test era considerato accurato se l’intervallo di confidenza al 95% non includeva valori di 0,5. In seguito sono stati calcolati la sensibilità, la specificità, il valore predittivo negativo e positivo, l’accuratezza diagnostica degli stessi parametri. I calcoli sono stati eseguiti utilizzando un programma per Windows (Chicago, SPSS 15.0, Inc; uS) rISuLtatI

dei 60 pazienti arruolabili nel nostro studio, con tumore al retto medio-basso (altezza inferiore a 15 cm dal margine anale), tutti candidabili alla rCt neoadiuvante, 11 sono stati esclusi in quanto hanno rifiutato la rCt neoadiuvante (n=5), hanno rifiutato l’esame rMd per claustrofobia (n=3) o per altri motivi (n=3). La popolazione rimasta (n=49) costituisce il gruppo di studio che ha eseguito rCt, rMd e di cui era disponibile il reperto istopatologico del pezzo operatorio. all’esame istopatologico risultavano 9 pazienti con stadiazione t0 (8 uomini, 1 donna; 18,4%), 40 pazienti con stadiazione t1-4 (2 uomini, 13 donne; 81,6%) (tabella III). Le tabelle IV e V riportano i valori dei parametri farmacocinetici rispettivamente nei pazienti pt0 ed in quelli con persistenza di tessuto tumorale vitale. Le variabili: Kpart, auC30 e rapporto fra intensità di segnale sulla lesione e sull’arteria dopo 60 secondi sono risultate non normalmente distribuite e sono state analizzate con test di Mann-Whitney che ha evidenziato correlazione fra persistenza di tessuto neoplastico ed i parametri: auC30 secondi (p=0,036) e costante di partizione (p=0,034) (tabella VI). Le altre variabili sono risultate normalmente distribuite nella popolazione e sono state indagate con analisi della varianza. nessuna di tali variabili è risultata correlata con la persistenza di tessuto neoplastico (tabella VII). Sono state costruite le curve roC per i parametri Kpart e auC30. Con le curve è stato identificato il migliore cutoff di accuratezza per i due test farmaco-cinetici (tabella VIII e Figura 3). Per Kpart il valore di cut-off con il quale si ottiene maggiore accuratezza del test (83, %) è stato 0,25 Tabella III: Pazienti arruolati per lo studio divisi in base al sesso e allo stadio locale del tumore.

Uomini Donne Totale

pT0

pT1-4

Totale

1

13

14

8

9

2

40

35

49 9


F. Pomerri - M. Bernhart - S. Pucciarelli - I. Maretto - M. Zandonà - P.C. Muzzio Tabella IV: Valori dei parametri farmacocinetici nei pazienti con pt0 Età

Intensità del segnale al primo minuto Steepest slope

Minimo Massimo Media

45,0

2,0

60,0

9,

66,9

12 ,5

92,9

18,0

3,3

6,6

4,8

1,1

Picco di enhancement

120.

513,3

2 ,9

K di partizione

0.2

0,6

0,3

K di eliminazione

5,5

8,5

AUC a 30 secondi

1.2

,

AUC a 90 secondi

4.

26,2

AUC a 60 secondi Indice di perfusione

Massimo enhancement del segnale in percentuale

DS

2.8

6.8

3,2

135,6

1,0

0,1 2,1

16,

,8

0.3

0.8

0.5

0.2

109,6

154,6

129,1

14,3

0,6

0,3

0,2

Rapporto fra SIL e SIA 0.1 dopo 60 secondi

12,6

4,6

,2

dS: deviazione standard; K: costante; auC: area sotto la curva; SIL: intensità di segnale sulla lesione SIa: intensità di segnale sull’arteria Tabella V: Valori dei parametri farmacocinetici nei pazienti con pt1-4 Minimo

Massimo Media DS 8,0

58,8

12,0

3 ,

166,0

100,5

29,4

Steepest slope

2,0

9,2

4,6

1,6

K di eliminazione

3,8

10,0

,2

1,5

Età

Intensità del segnale al primo minuto Picco di enhancement K di partizione

AUC a 30 secondi AUC a 60 secondi AUC a 90 secondi

Indice di perfusione

Massimo enhancement del segnale in percentuale

21,0

198,1 0,2 2,1 5,5 9,9 0,1 68,4

Rapporto fra SIL e SIA 0,1 dopo 60 secondi

699,9 0,6 5,6

13,8 24,0 1,1

332,6 0,4 3,4 8,6

14,5 0,5

88,6 0,1 0,9 2,2 3, 0,2

220,2

134,

34,0

1,4

0,4

0,2

dS: deviazione standard; K: costante; auC: area sotto la curva; SIL: intensità di segnale sulla lesione SIa: intensità di segnale sull’arteria

(sensibilità: 90%; specificità: 55,6%; valore predittivo negativo: 55,6%; valore predittivo positivo: 90%). Per auC30 l’auC30 il valore di cut-off che permetteva una maggiore accuratezza del test (83, %) è stato 2,65 (sensibilità: 82,5%; specificità, 88,9%; valore predittivo negativo: 53,3%; valore predittivo positivo: 9 ,1%) (Figura 4). dISCuSSIone

dal nostro studio è emerso che le misure dei due parametri: Kpart e auC30 sono significative nelle differenziazione fra tessuto cicatriziale e persistenza di tumore vitale, dopo rCt del cancro rettale.

10

Tabella VI: Significatività statistica della differenza fra le medie nei due gruppi di pazienti (test di Mann-Whitney) Variabili

Costante di partizione Media ± dS

T0

T1-4

p*

0,3 ± 0,1

0,4 ± 0,1

0,034

AUC a 30 secondi Media ± dS

3,2 ± 2,1

3,4 ± 0,9

0,036

Rapporto fra SIL e SIA dopo 60 secondi Media ± dS

0,3 ± 0,2

0,4 ± 0,2

0,060 ns

*significatività statistica: p<0,05; dS: deviazione standard; auC: area sotto la curva; ns = non significativo; p<0,05; SIa: intensità di segnale sull’arteria; SIL: intensità di segnale sulla lesione Tabella VII: Significatività statistica della differenze fra le medie nei due gruppi di pazienti (analisi della varianza) Variabili

pT0

Intensità del segnale al primo minuto 92,9 ± 18 Media ± dS Steepest slope Media ± dS Picco di enhancement Media ± dS

K di eliminazione Media ± dS AUC 60 secondi Media ± dS AUC 90 secondi Media ± dS

Indice di perfusione Media ± dS Massimo enhancement del segnale in percentuale Media ± dS

4,8 ± 1,1

pT1-4

p*

100,5 ± 29,4

0,46 ns

4,6 ± 1,6

0,823 ns

2 ,9 ± 135,6 332,6 ± 88,6

0,138 ns

6,8 ± 1,0

,2 ± 1,5

0,448 ns

,8 ± 4,6

8,6 ± 2,2

0,389 ns

12,6 ± ,2

14,5 ± 3,

0,258 ns

0,5 ± 0,2

0,5 ± 0,2

0,686 ns

129,1 ± 14,3

134, ± 34,0

0,630 ns

*significatività statistica: p<0,05; dS: deviazione standard; ns: non significativo auC: area sotto la curva; Tabella VIII: Valori dell’area sotto la curva roC per i due parametri rMd statisticamente significativi per persistenza di tessuto neoplastico AUC

ES

0, 25

0,132

Costante di partizione 0, 28 AUC a 30 secondi

0,112

p*

CI 95%

0,034 0,508 – 0,94 0,036 0,466 – 0,984

roC curva: receiver operating characteristics curve; rMd: risonanza magnetica dinamica; auC: area sotto la curva; eS: errore standard; *significatività statistica: p<0,05; CI 95%: intervallo di confidenza

L’ auC30, come altri autori hanno dimostrato, è correlata con la costante di transizione.15-18 Questa indica la rapidità con la quale il mezzo di contrasto passa dal sistema vascolare al tessuto patologico. Ciò fa supporre che la differenza rilevata nei valori di questo parametro fra tessuto neoplastico e cicatriziale sia dovuta alla necessità, per il tessuto neoplastico in crescita, di una neovascolarizzazione abbon-


Valutazione prospettica del cancro rettale radiochemiotrattato con risonanza magnetica dinamica

Fig. 3 - rappresentazione grafica della curva roC dei parametri significativi

dante, caratterizzata dalla formazione di vasi con una permeabilità superiore a quella dei vasi nel tessuto fibroso. Per questa ragione il mezzo di contrasto ha la possibilità di passare rapidamente dal lume vasale al tessuto neoplastico. diversamente, la Kpart fa riferimento allo spazio interstiziale attraverso cui diffonde il mezzo di contrasto.19 dall’analisi della letteratura emerge che tale costante è correlata alla risposta del tessuto alla rCt.20 In effetti la riduzione dello spazio interstiziale è legata alla presenza di tessuto cicatriziale, mentre un suo aumento corrisponde alla presenza di tessuto neoplastico.21 Per quanto riguarda i parametri che in questo studio sono risultati non significativi: • La misura dell’intensità di segnale al primo minuto è stato un tentativo originale, ma senza esito positivo, di associare la percentuale di contrasto alla presenza di tessuto tumorale, dopo 60 secondi dall’iniezione. • Lo steepest slope è stato utilizzato in numerosi studi, anche di tumori diversi da quello del retto, in quanto potrebbe correlarsi con la rapidità di captazione del mezzo di contrasto, ma non sono emersi valori significativi;22 altri autori, valutandolo sul tumore alla mammella, ritengono il parametro significativo.23 • Il picco di enhancement, ottenuto da alcuni autori nello studio del tumore rettale, è risultato significativo, ma la numerosità della popolazione era bassa (n=21 e 22).23,24 I nostri risultati non confermano tale reperto. • Per la costante di eliminazione è ipotizzabile che la durata delle nostre indagini rMd non sia adeguata per verificare la dismissione del mezzo di contrasto dal tessuto preso in esame.

Fig. 4 - Valori di sensibilità, specificità, valore predittivo positivo e negativo e accuratezza dei test nella differenziazione fra t0 e t1-4

• In letteratura l’indice di perfusione non ha dato risultati univoci. In alcuni studi è stato un parametro significativo.25,26 La differenza con il nostro studio può essere dovuta alla modalità differente di definire una roI che noi abbiamo tracciato a “mano libera”, anziché utilizzare quella ovale automaticamente fornita dal programma di elaborazione del computer. La nostra scelta sembra più adeguata per la misurazione dell’indice di perfusione perché abbiamo esteso l’analisi a tutto il tessuto sospetto e non solo ad una parte di esso, come necessariamente succede con la roI automatica. • Il rapporto fra intensità di segnale a livello della lesione e dell’arteria dopo 60 secondi è un parametro che serve a normalizzare l’intensità di segnale. alcuni autori lo hanno indicato come significativo nella distinzione fra tessuto neoplastico e tessuto cicatriziale, in un gruppo limitato di pazienti (n=11).14 nel nostro studio questo parametro è risultato non significativo. Il nostro dato è probabilmente più attendibile per la maggiore numerosità del nostro campione. In conclusione, dal nostro studio emerge che due parametri farmacocinetici sono accurati nell’identificare o escludere la persistenza di tessuto tumorale vitale dopo rCt del cancro del retto medio-basso. È ipotizzabile il loro utilizzo clinico, in aggiunta alle informazioni ottenute dalla risonanza magnetica morfologica, per suggerire l’opzione adeguata di terapia chirurgica. bIbLIoGraFIa

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Prof. FabIo PoMerrI dipartimento di Scienze Medico-diagnostiche e terapie Speciali università di Padova Via Giustiniani 2 35128 Padova tel: 049 8215954 - Fax: 049 8215 95 e-mail: fabio.pomerri@unipd.it

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Lettera all’Editore

Localizzazione dell’orifizio interno delle fistole anali vittorio piLoni

Centro Diagnostico N. Aliotta, Clinica Villa Silvia Senigaglia, Ancona

il mancato riconoscimento dell’orifizio interno nella malattia fistolosa ano-perianale prelude, il più delle volte, alla recidiva e al reintervento. Questo concetto è stato di recente ribadito nel numero di Dicembre di pelviperineology (vol 28, n° 4, pag 51-52) dai colleghi chirurghi dr. F Gaj e A. trecca con collegato commento a cura del dr. E. Belluco. nella stessa nota è stato rimarcato come una variante metodologica della prova con blu di metilene (garza intraanale imbevuta e contemporanea instillazione del colorante dall’orifizio esterno), denominata visualizzazione “cromoguidata” sia risultata efficace in cinque casi su cinque per localizzare l’orifizio interno. infatti, nella esperienza degli autori che la propongono come manovra da includere nell’armamentario diagnostico del coloproctologo, una volta estratta la garza risulterebbe impregnata dal blu di metilene proprio nel punto esatto di fuoruscita. La manovra descritta sembra essere quindi più praticabile ed economica dell’esame con le moderne e sofisticate tecniche diagnostiche per immagini come l’ecografia e la risonanza magnetica , per non parlare poi della fistolografia. ora, la maggior parte degli studiosi della materia ritiene che, a prescindere dai casi di malattia di Crohn, tubercolosi e immunodeficienza, la fistola anale insorga in pazienti altrimenti sani, il più delle volte di sesso maschile e di mezza età, come risultato di una ostruzione delle ghiandole anali, successiva ascessualizzazione e conseguente decompressione esterna attraverso una delle varie prevedibili strade comunemente seguite. L’origine interna della fistola abitualmente inizia a livello del canale anale medio, in corrispondenza della linea dentata e il tramite fistoloso decorre fra lo sfintere esterno (intersfinterica) o attraverso il complesso sfinteriale (transfinterico) per uscire dalla cute in prossimità dell’ano. il radiologo è coinvolto di rado negli stadi iniziali della malattia mentre accade che venga chiamato in causa sempre più spesso nei casi complessi: è solo allora che il chirurgo – che per suo conto ha già effettuato una fistolografia retrograda o una ecografia endoanale – avverte la necessità di chiedere allo specialista radiologo di fornirgli una “road map” preope-

ratoria con lo strumento che, a detta della letteratura, risulta essere indicato come il più accurato, e cioè la risonanza magnetica. va precisato, peraltro, come anche con questa modalità la visualizzazione dell’orifizio interno sia data al 100% per alcune casistiche e non oltre l’87% per altre. ora, una domanda sorge spontanea e cioè: quando l’orifizio cutaneo non esiste ancora, come si agisce? per prima cosa, la iniezione diretta del contrasto per ottenere un adeguato fistologramma presenta vari inconvenienti in quanto lavorare attorno alla regione perianale presenta alcune difficoltà sia per il paziente che per il radiologo. inoltre, realizzare un sistema ottimale per incannulare l’orifizio e occluderne totalmente il diametro fino ad ottenere la necessaria pressione di riempimento può essere problematico. poi, anche una volta ottenuta una opportuna iniezione di contrasto, non è detto che tutto il tragitto riesca ad essere necessariamente delineato, specie se esiste un qualche restringimento segmentarlo o un detrito che ostacola il flusso. infine, anche in presenza di una adeguata opacizzazione dell’intero tratto, non è assolutamente facile correlare il tramite con l’anatomia distrettuale di vari piani muscolari e recessi adiposi. Quasi tutti i ricercatori sostengono quindi che la fistolografia, pur essendo il metodo più tradizionale, è decisamente inattendibile. Ma, tornando alla questione iniziale (l’orifizio interno), come si fa quando non esiste apertura esterna attraverso cui eseguire la iniezione di qualsivoglia sostanza, che sia mezzo di contrasto, latte, blu di metilene o acqua ossigenata? Forse potrà risultare utile ai lettori sapere che, da molti anni, il sottoscritto si è abituato a scoprire per caso l’esistenza di tramiti fistolosi (asintomatici e insospettati) il cui orifizio interno risultava chiaramente delineato dal mezzo di contrasto radiopaco (vedi figura) utilizzato nel corso di un semplice esame defecografico richiesto per tutt’altro quesito clinico. il reperto iconografico, per cui il termine “fistolografia evacuativa” sembra il più adatto, potrebbe spiegarsi con il fatto che la pressione realizzata all’interno del sistema retto-anale nel momento della fase espulsiva è sufficiente a determinare il passaggio del contrasto dalla cripta al tramite anche quando l’orifizio interno è di dimensioni estremamente ridotte o parzialmente ostruito per edema, flogosi o pus. Si suggerisce allora di includere nell’armamentario diagnostico del coloproctologo per la visualizzazione dell’orifizio interno questo semplice test (la fistolografia evacuativa) tenendo in considerazione che molte fistole, ben prima di diventare sintomatiche e complesse, nascono semplici, asintomatiche e in pazienti a lungo ritenuti sani! BiBLioGrAFiA

Fig. 1. – Defecogramma in proiezione laterale in giovane donna con storia di imprecisate secrezioni che imbrattavano la biancheria originata 6 mesi prima: il mezzo di contrasto, spinto dalla contrazione espulsiva (frecce nere) delinea chiaramente l’orifizio interno (diametro 0.3 mm) di un tramite fistoloso anale e risale lungo il decorso della vagina (frecce vuote) fino alla volta. pelviperineologia 2009; 29: 13 http://www.pelviperineologia.it

1. Kuijpers HC, Schulpen t. Fistulography for fistola-in-ano: is it useful? Dis Colon rectum 1985; 28:103-104. 2. Weisman ri, orsey Cp, pearl rK et al. the role of fistulography in fistula-in-ano: report of 5 cases. Dis Colon rectum 1991; 34:181-184. 3. Halligan S, Bartram Ci. Mr imaging of fistula-in-ano: are endoanal coils the gold standard? ArJ Am J roentgenol 1998; 171:407-412. Indirizzo per corrispondenza:

vittorio.piloni@libero.it

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PERCORSI RIABILITATIVI TEORICO-PRATICI DEL PAVIMENTO PELVICO L’integrazione come strumento di prevenzione e cura

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I Percorsi Riabilitativi del Pavimento Pelvico nascono con l’intento di trasmettere una visione unitaria del pavimento pelvico e del relativo trattamento riabilitativo. In tale prospettiva l’elemento centrale è il paziente, che diventa parte attiva del percorso. Nel corso base, della durata di 2 giorni, si affrontano l’anatomia del pavimento pelvico con esercitazioni pratiche su modelli, le principali disfunzioni dei comparti anteriore, centrale e posteriore, la riabilitazione in campo urologico, ostetrico-ginecologico e colonproctologico.

CORSO BASE

Padova: 24-25 settembre 2010 PROGRAMMA VENERDì 24 SETTEMBRE

SABATO 25 SETTEMBRE

9.00-12.00 ANATOMIA DEL PAVIMENTO PELVICO: (R. De Caro) Lezione guidata di anatomia della pelvi e del pavimento pelvico con l’utilizzo da parte dei partecipanti dei modelli anatomici. Seguiranno esercitazioni pratiche sui modelli.

9.00-13.00 LA RIABILITAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO (A. Cavalieri, D. Primon) - Approccio tradizionale e significato innovativo dell’integrazione nella riabilitazione del pavimento pelvico. - Valutazione funzionale del pavimento pelvico, valutazione segmentaria e posturale. - Proiezioni di immagini e filmati di pratica diagnostica. - Le principali tecniche riabilitative (chinesiterapia, elettrostimolazione, biofeedback). - L’applicazione delle tecniche riabilitative. - Filmati di casi clinici con visione delle sedute riabilitative.

12.00-13.30 Pranzo 13.30-16.30 LO STUDIO INTEGRATO DEL PAVIMENTO PELVICO (G. Dodi, D. Grassi) - La fisiopatologia del tratto urinario, genitale e ano-rettale. - Le principali patologie dei tre comparti anteriore, centrale e posteriore. - Le disfunzioni dei tre comparti. - Interazioni fra i tre distretti anatomici e visione unitaria nella diagnostica e nella terapia.

13.00-13.15 Discussione 13.30 Chiusura lavori

16.30-16.45 Discussione 17.00 Chiusura dei lavori (prima giornata)

Educazione Medica Continua - E.C.M.

È stata inoltrata richiesta di accreditamento dell’evento presso la Commissione E.C.M. della Regione Veneto per le seguenti figure professionali: medico chirurgo, infermiere, ostetrica e fisioterapisti

INFORMAZIONI UTILI QUOTA ISCRIZIONE: 300 EURO + IVA SEDE DEL CORSO: Padova Per l’iscrizione e ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria Organizzativa del corso: SABI Work s.r.l. - Via Ospedale Civile, 33 35121 Padova – www. sabiwork.it Tel. 049/7387069 - Fax 049/7387061 – segreteria@sabiwork.it Responsabile scientifico: Prof. G. Dodi Responsabile didattica: Dott.ssa A. Cavalieri Per altre informazioni: www.centropelvi.it

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Monitoraggio della Gittata Cardiaca e dei parametri emodinamici ACCURATEZZA RAPIDITĂ€ bAssA InvAsIvITĂ€

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