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Confimi Edilizia: "si parta dalla riforma della casse edili e dal social housing" pag
MiSe | Confimi Edilizia al Min Patuanelli: "si parta dalla riforma della casse edili e dal social housing"
"abbiamo assistito ad anni di cantieri bloccati, di deregolamentazione che ha ingolfato il settore, di enti locali e grandi stazioni appaltanti che invece di promuovere la qualità del lavoro hanno privilegiato il massimo ribasso. oggi Ministro è sempre più urgente una politica industriale in favore del settore delle costruzioni, per adeguare e rilanciare la rete infrastrutturale, con particolare attenzione al Sud e alla "riconnessione" del paese" così Sergio ventricelli, presidente di Confimi Edilizia in occasione del tavolo organizzato dal Ministro patuanelli ieri al MiSe.
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Secondo Confimi Edilizia infatti occorre operare scelte coraggiose e, perfino impopolari, come nel caso delle casse edili: un sistema che va riformato, che spesso tiene in pancia milioni di euro accantonati non si sa per cosa ma di certo non utilizzati. E, per restare in tema di investimenti - stavolta - privati, ventricelli prende ad esempio il social housing e quindi il coinvolgimento di imprese in progetti di demolizione e ricostruzione, e poi ancora la necessità di rendere il paese più sicuro, investendo nella manutenzione. E proprio in occasione del proprio intervento al tavolo di patuanelli, Confimi Edilizia ha ricordato le misure che stanno andando in questa direzione: bene il bonus facciate, bene la conferma - ancorché sempre di breve periodo - dei bonus per efficienza energetica e sismica nonostante per infissi e schermature solari continui ad applicarsi il 50% e non il 65%, bene l'approccio alla stesura del Regolamento del Codice degli appalti.
E ancora, nel settore immobiliare bene la conversione a regime della cedolare secca al 10% mentre sul tema della patrimoniale Confimi ritiene opportuna l'esenzione degli immobili inagibili, di quelli dei piccolissimi comuni e di quelli non allacciati ai servizi pubblici, e, bene l'impegno sulla manutenzione del territorio, se si traduce finalmente in pratica. Rimanendo sul territorio Confimi Edilizia dalla voce del suo presidente Sergio ventricelli ha ricordato l'importanza di estendere il bonus sisma anche alle attività legate alla ristrutturazione con adeguamento sismico, soprattutto in virtù dell'impossibilità di demolire e, quindi, ricostruire gli edifici dei centri storici.
nota polemica dell'associazione sulla questione Imu legata agli edifici inagibili che oggi prevede un'imposta del 50% e su progetto Italia: "abbiamo appreso dai giornali gli aspetti di governance – ha sottolineato il presidente ventricelli - ma assai poco delle regole di "ingaggio" di mercato. È opportuno sapere dove e su quale tipologia di appalti intende lavorare quello che da solo varrà gran parte del mercato delle grandi imprese in Italia". l'associazione di via tagliamento rappresentata al MiSe oltre che dal presidente di categoria anche dal vice presidente vicario alessandro Sbordoni e dalla vice presidente Carla tomasi (nella foto, col presidente ventricelli) ha poi presentato al Ministro le
proposte di intervento: occorre snellire le procedure, la fattibilità di un progetto è strettamente rapportata all'aspetto temporale dal quale dipende la sostenibilità economica complessiva; effettuare una riforma organica delle norme urbanistiche, per fare della rigenerazione urbana del recupero, della riduzione degli sprechi energetici il futuro dell'intero settore; ripensare l'edilizia, il ruolo delle pmi edili e gli interventi nell'ambito delle costruzioni, del territorio e dell'ambiente; investire nei processi di riqualificazione dell'esistente, del patrimonio immobiliare obsoleto e insicuro, delle aree degradate. E in chiusura il presidente ventricelli ha toccato il tema della giustizia "l'attuale sistema pare minare la base di un collante fondamentale nella convivenza che è la certezza e la rapidità del diritto - e quindi, dei creditori – e che ha mostrato ripetute crepe strutturali". fonte: Comunicato stampa



tra la senten- tra la sentenza della CGUE e la posizione e la posizione dell’ANAC dell’ANAC
I limiti al subappalto: chiarezza e distinguo tra la sentenza della CGUE e la posizione dell’ANAC
A cura del dott. Tommaso Mazziotti Direttore generale Cred.it Spa
La sentenza della Corte di Giustizia UE C-63/18 del 26.9.2019 ha dichiarato il contrasto col diritto comunitario del limite generale del subappalto di cui all’art. 105 del Codice, ha suscitato, come era prevedibile, una profonda incertezza e inquietudine tra gli operatori circa l’obbligo o meno di disapplicazione della norma nazionale nelle nuove procedure di affidamento di appalti pubblici. Nella prassi delle stazioni appaltanti si stanno già delineando i due (ovvi) orientamenti: da un lato, coloro che propendono per la difesa del limite interno nelle more di un urgente intervento legislativo, anche (e non solo) in considerazione del rilievo penalistico del subappalto non autorizzabile a norma della L. 646/1982; dall’altro coloro che, al contrario, in ossequio al primato del diritto comunitario e all’obbligo di disapplicazione delle disposizioni nazionali in contrasto, hanno praticamente liberalizzato al 100% il subappalto nei bandi di gara.
Sulla questione si registrano due recenti interventi dell’ANAC che convergono nel senso di demandare al legislatore – e non nell’immediato alle stazioni appaltanti – la risoluzione della questione, mediante un ineludibile e improcrastinabile modifica del testo dell’art. 105 del Codice. Il Comunicato del Presidente dell’ANAC del 23 ottobre 2019, col quale sono state fornite prime indicazioni per l’aggiornamento del Bando-tipo n. 1 a seguito delle modifiche al Codice apportate dalla legge di conversione dello sblocca-cantieri. Come si dà conto nelle premesse del Comunicato “l’art. 1, comma 18, l. 55/2019 ha previsto che fino al 31 dicembre 2020 la quota subappaltabile non può superare il 40% dell’importo complessivo del contratto. Sul limite della quota subappaltabile è intervenuta di recente la sentenza della Corte di giustizia, sez. V, 26 settembre 2019, causa C-63/18”. Orbene, pur avendo ben presente la recente sentenza dei giudici di Lussemburgo sul subappalto, si precisa che “Nelle more delle modifiche al Bando-tipo n. 1/2017, al fine di orientare l’attività interpretativa delle stazioni appaltanti ed evitare prassi applicative discordanti e/o erronee delle nuove disposizioni codicistiche, si segnalano le clausole del citato bando, che devono reputarsi sospese o non conformi alle disposizioni sopra richiamate. Più precisamente: (…) il paragrafo 9 “Subappalto”, (pag. 22), non è conforme all’art. 1, comma 18, l. 55/2019 in quanto fino al 31 dicembre 2020 il limite massimo della quota subappaltabile è pari al 40% dell’importo complessivo del contratto. Devono, inoltre, ritenersi automaticamente sospese le clausole in cui si fa riferimento alla terna dei subappaltatori e ai controlli in sede di gara sui subappaltatori, stante la previsione dell’art. 1, comma 18, l. 55/2019”. Dunque, l’Autorità ritiene ancora applicabile per i futuri bandi di gara, pur a seguito della sentenza della CGUE, il limite generale del subappalto pari al 40% dell’importo totale del contratto. Peccato che nel Comunicato sul bando-tipo, l’Autorità non espliciti la motivazione che l’ha condotta a confermare la validità della previsione nazionale rispetto alle conclusioni rassegnate dai giudici comunitari.
Nello stesso senso, ma con maggiore approfondimento, si colloca il più recente Atto di Segnalazione dell’ANAC del 13 novembre 2019, col quale, nell’esercizio del potere di segnalazione di cui all’art. 213, comma 3, lett. d), del Codice, l’Autorità ha inteso “formulare alcune proposte per una urgente modifica normativa ine-
rente la disciplina del subappalto di cui all’art. 105 del Codice alla luce della sentenza Corte di Giustizia della UE (CGUE) del 26 settembre 2019 (causa C-63/18) che, nell’esaminare una domanda di pronuncia pregiudiziale del TAR Lombardia, ha statuito la non conformità al diritto UE della norma nazionale che prevede un limite quantitativo al subappalto”. Secondo l’Autorità si tratta di individuare nuovi equilibri nel bilanciare le esigenze di flessibilità organizzativa ed esecutiva per gli operatori incaricati della commessa con una adeguata, irrinunciabile, prevenzione di rischi corruttivi, collusivi, e di turbative in fase di affidamento ed esecuzione. Nell’adeguare la disciplina nazionale in senso conformativo all’orientamento della Corte si dovrebbero prevedere alcuni accorgimenti e “contrappesi” rispetto alla tendenziale espansione della subappaltabilità della commessa.
Il primo aspetto di rilievo evidenziato dall’ANAC è quello per cui la Corte di Giustizia, “pur stabilendo la non conformità al diritto UE del limite quantitativo al subappalto, non sembra aver sancito la possibilità per gli offerenti di ricorrere illimitatamente al subappalto”. Se da un lato il Giudice europeo ha censurato il limite al subappalto previsto dal diritto interno, dall’altro non sembra aver stabilito la possibilità di garantire un subappalto al 100%. Infatti, in un passaggio della sentenza si legge che “Tuttavia(…) una restrizione come quella di che trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo”. Con ciò il Giudice lascerebbe in qualche modo intendere che la limitazione non è in sé inammissibile quanto, piuttosto, che l’entità del limite in essere (pari 30% al momento della decisione) appare eccessiva rispetto allo scopo da perseguire.
La Corte ha segnalato che il problema del limite quantitativo deriva da un’applicazione indiscriminata rispetto al settore economico interessato, alla natura dei lavori o all’identità dei subappaltatori e al fatto che la disciplina interna non lascia alcuno spazio a valutazioni caso per caso da parte della stazione appaltante circa l’effettiva necessità di una restrizione al subappalto stesso. Se ne ricava – osserva l’Autorità – un quadro normativo in cui la regola generale dovrebbe essere quella del subappalto senza limitazioni quantitative a priori, al chiaro fine di favorire l’ingresso negli appalti pubblici delle piccole e medie imprese, promuovere l’apertura del mercato e la concorrenza in gara.
Un eventuale subappalto del 100% delle prestazioni oggetto del contratto, ovvero di una parte talmente rilevante di esse, comporterebbe, di fatto, che la commessa verrebbe svolta sostanzialmente da terzi e non dal soggetto aggiudicatario. Sul punto, l’ANAC richiama anzitutto la disposizione dell’art. 105, comma 1, del Codice, secondo cui “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi, le forniture compresi nel contratto. Il contratto non può essere ceduto a pena di nullità, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 106, comma 1, lettera d).” Con tale norma, chiaramente finalizzata a consentire una ordinata esecuzione delle commesse, il legislatore ha inteso stabilire la regola generale secondo cui l’operatore economico deve eseguire in proprio l’appalto, anche al fine di evitare che una impresa partecipi alla gara al solo fine di aggiudicarsi il contratto per delegarne poi la sostanziale esecuzione a soggetti terzi non verificati in gara. Sotto altro profilo, osserva ancora l’ANAC, il subappalto dell’intera prestazione o quasi, specie se necessario al fine di ottenere la qualificazione in gara (c.d. “subappalto necessario”), snaturerebbe il senso dell’affidamento al contraente principale, dovendosi in tal caso favorire – a fronte di un massiccio coinvolgimento di soggetti terzi – la partecipazione diretta alla gara da parte di tali soggetti, con assunzione della responsabilità solidale verso la stazione appaltante, analogamente a quanto avviene in altri istituti (ad esempio, nei raggruppamenti temporanei di impresa e nei consorzi ordinari, cfr. art. 48, comma 5, del Codice), atteso che il subappaltatore non ha alcun obbligo nei confronti della stazione appaltante. Ai sensi del comma 8 dell’art. 105, infatti, “Il contraente principale è responsabile in via esclusiva nei confronti della stazione appaltante”. Dunque, un primo aspetto che l’ANAC segnala al legislatore è dunque quello di valutare il mantenimento del divieto (formale o sostanziale) di subappalto dell’intera commessa o di una sua parte rilevante. Per gli altri casi, si osserva, una possibile soluzione per superare i rilievi della Corte di Giustizia potrebbe essere quella di prevedere la regola generale dell’ammissibilità del subappalto, richiedendo alla stazione appaltante l’obbligo di motivare adeguatamente un eventuale limite al subappalto in relazione allo specifico contesto di gara, evitando di restringere ingiustificatamente la concorrenza.
Fonte: appaltiecontratti.it

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