Hi-Tech Ambiente n.2/2016

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GREEN FASHION ASSOSISTEMA

Il tessile riutilizzabile Le aziende di sanificazione e sterilizzazione dei tessili riutilizzabili smaltiscono ogni anno in discarica 25.000 tonnellate di prodotti a fine vita. Lo smaltimento dei rifiuti rappresenta per l’impresa un costo vivo e per la società un costo ambientale. L’ideale sarebbe riciclare tali dispositivi tessili per nuovi prodotti da utilizzare nei settori automobilistico, dell’arredamento, della nautica. Incentivando l’utilizzo del tessile riutilizzabile si determina un 53% riscaldamento globale, -30% impoverimento strato di ozono, 45% ossidazione fotochimica, 28% acidificazione del terreno, 95% eutrofizzazione delle acque. Le imprese, consapevoli del valore aggiunto, sono pronte ad investire in un progetto industriale del riciclo dei prodotti tessili riutilizzabili. E’ necessaria però una politica di sostegno affinché si realizzi un’economia circolare su nuovi processi industriali di trasformazione, nuove occupazioni e nuove tecnologie. <<Secondo l’ultima ricerca rea-

lizzata da Ambiente Italia, per conto dell’Ente Bilaterale del settore – spiega Patrizia Ferri, Segretario Generale di Assosistema - l’utilizzo del tessile riutilizzabile determina vantaggi sul piano ambientale sensibilmente miglio-

ri di qualsiasi altro prodotto alternativo. I tessili a fine vita, ossia quei tessili che escono definitivamente dal processo produttivo delle imprese e che finiscono prevalentemente in discarica, genera costi per lo smaltimento oltre che sprechi ambientali. L’ideale sarebbe ritrattare questi indumenti per ottenere nuovi prodotti, ossia materia prima seconda, da utilizzare per altri fini. Dai residui tessili si possono in-

FIBRE TESSILI DA BIOPOLIMERI Il progetto europeo BioAgroTex punta a sostituire, almeno una parte, le fibre tessili derivate dal petrolio con altre prodotte a partire da risorse rinnovabili; le nuove fibre, oltre ad essere biodegradabili, dovranno però essere producibili con i sistemi sviluppati per le fibre sintetiche (come la filatura per estrusione) e competitive dal punto di vista economico. Nel quadro del progetto europeo sono state sviluppate diverse linee di ricerca, come: - l’utilizzo di fibre naturali riciclate (iuta) e scarti di origine agricola provenienti dalle coltivazioni di lino, canapa e luppolo - l’utilizzo di polimeri sintetici ottenuti da materie prime vegetali, come il PLA - l’impiego di bioresine furaniche in soluzione acquosa, come

agenti ammorbidenti, battericidi e limitatori della biodegradazio-

ne. Al momento i materiali più promettenti sembrano essere

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fatti ottenere pannelli isolanti fino ad un 1/4 di abiti nuovi. In Italia, però, il riciclo del tessile a fine vita non è una pratica con una rilevanza economica organizzata. Manca una politica industriale a sostegno del riciclo e del riuso che supporti le aziende del settore nella creazione di una nuova economia circolare con evidenti vantaggi economici, sociali e ambientali a beneficio di tutta la collettività>>.

quelli derivanti dal PLA (acido polilattico), che è già stato ampiamente sperimentato nel settore dell’imballaggio. Manufatti in PLA “non woven” per uso agricolo sono già commercializzati dalla ditta olandese Bonar Technical Fabrics, con il marchio “Duracover”, e dalla ditta belga DS Textiles, con i marchi “Hortaflex” e “Weed control”. Anche la società francese Texinov produce reti e altri prodotti per uso agricolo partendo da PLA in fili (monofilo o multifilo). Restano da superare alcuni ostacoli di carattere economico: il PLA è ancora molto più costoso rispetto alle fibre tessili di origine petrolchimica, come il polipropilene. Al progetto BioAgroTex partecipano 17 industrie del settore tessile, appartenenti a 6 diversi Paesi Europei, tra i quali purtroppo non è compresa l’Italia.


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