Sicilia: terra d'Amare

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Sicilia, Terra d....Amare Con Ricettario siciliano


La Sicilia, terra d.....amare! A cura di Roberta d’Ancona Fotografie: Roberta d’Ancona Paolo Ercolani Impaginazione a cura di Paolo Ercolani Ricettario a cura di Roberta d’Ancona

1° Edizione 2012

www.dimagrire-correndo.com


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Alla scoperta di alcuni dei luoghi pi첫 belli della Sicilia: da San Vito lo Capo a Marsala, da Cefal첫 a Palermo passando per lo splendido borgo di Marzamemi

Questa guida, assolutamente informale, nasce dalla voglia di raccontare la Sicilia attraverso testi e immagini che possano esprimere tutti i colori e i sapori di una terra che ha una storia millenaria da raccontare. Leggetela, quindi, come una storia appassionante e gustatevela anche attraverso il racconto minuzioso di gustosissime ricette


SAN VITO LO CAPO

IL PARADISO PUO’ ATTENDERE

Il nostro viaggio alla scoperta di alcuni dei luoghi più affascinanti della Sicilia parte proprio dalla provincia di Trapani e in particolare da San Vito lo Capo, luogo che gli estimatori del buon cibo riconoscono come la patria del couscous. San Vito lo Capo è una cittadina che non teme paragoni con nessun altro luogo. D’estate brulica di turisti fino alla fine di settembre, quando da ogni luogo accorrono per assistere al Festival internazionale dedicato proprio al couscous.

Visitare San Vito significa assistere a spettacoli naturali di grande bellezza, come ad esempio la Riserva dello Zingaro. Grazie alle escursioni in barca ci si trova davanti a un angolo di paradiso incontaminato, l’acqua azzurra e cristallina fa da sfondo a un fondale ricchissimo di specie di ogni genere; ma altrettanto belle da vedere sono Scopello con la sua Tonnara, i faraglioni, e, se si è fortunati, qualche delfino che si diverte ad accogliere i turisti.

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In questo luogo di inestimabile bellezza si trovano racchiusi i segreti della cucina trapanese, crocevia delle più diverse stratificazioni culturali, avvicendatesi in Sicilia negli ultimi tremila anni. Greci, fenici, romani, arabi, normanni e spagnoli hanno lasciato segni indelebili del loro passaggio, ancora oggi leggibili nella tradizione gastronomica locale. La provincia di Trapani, si caratterizza per la presenza di alcuni prodotti tipici locali la cui fama è riconosciuta a livello nazionale. L’aglio rosso di Nubia, confezionato in trecce molto grandi formate da cento bulbi, comunemente chiamate “teste”, fa bella mostra di sé nei mercati locali. Si tratta di un prodotto molto interessante, la cui produzione è localizzata nella contrada di Nubia e si estende ai territori dei comuni di Paceco, Trapani, Erice, Marsala e Salemi


Che dire poi dei capperi che da Pantelleria sono partiti alla conquista dei mercati di tutto il mondo. Grazie alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo, questi sono piccoli e dal sapore inconfondibile. La pianta cresce spontaneamente sulle rocce e sulle scogliere ed

è coltivata da secoli dai contadini panteschi. I suoi splendidi boccioli floreali si raccolgono dal mese di maggio ad agosto e vengono tenuti in salamoia per una settimana. In seguito, si ripongono in contenitori con l’aggiunta di poco sale.

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Tutto parte dall'incocciare la semola con l'acqua e un po' di sale così da formare dei granelli. La farina di semola deve essere messa in un apposito recipiente chiamata mafaradda, un recipiente di

Trapani, con San Vito lo Capo in testa, è la terra d’elezione di un piatto meraviglioso: il couscous con la zuppa di pesce. Questo piatto di matrice araba, ha una preparazione lunga e laboriosa ma è un vero capolavoro di gusto. Viene infatti servito con pesci e crostacei di ogni tipo. Localmente, si può

anche trovare il couscous preparato con carne di maiale e il cavolfiore, oltre che in altre prelibate varianti. A Pantelleria ad esempio si usa guarnirlo con verdure fritte, a Marsala invece c’è chi lo prepara con le lumache e le verdure

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terracotta a pareti svasate. Si spruzza dell'acqua salata, con le dita la si deve raccogliere e manipolare con un moto rotatorio tra le dita in modo da ricavarne delle palline non più grandi di una capocchia di spillo. Il cous cous deve essere lasciato asciugare per tre ore su una tovaglia. Poi va cotto a vapore in un tegame simile ad uno scolapasta, la cuscussiera: la semola va posta nella pentola solo quando l'acqua che viene posta in un'altra casseruola – la marga - comincia bollire. Dopodiché, bisogna coprire il couscous con una tela bagnata. Ci vorranno 45 minuti. Poi la semola va nuovamente posta nella mafaradda, spruzzata con l'acqua fredda e lasciata a riposare per 15 minuti.


Ingredienti per 4 persone

Cuscus con pesce

500 g semola di grano duro 1 kg di pesce misto per zuppa 500 g di pomodori maturi 5 spicchi d’aglio 1 grossa cipolla 1 mazzetto di prezzemolo 50 g di mandorle pelate 1/2 kg di cozze

Versate la semola a pioggia nella “mafaradda” (recipiente di terracotta a pareti svasate) e legatela con poca acqua leggermente salata, con un movimento circolare. Trasferite man mano i granelli su una tovaglia pulita e, alla fine, lasciateli asciugare per un paio d’ore. Trascorso il tempo necessario, rimettete il cuscus nella “mafaradda” e irroratelo con 1/2 bicchiere d’olio, manipolandolo delicatamente, in modo che assorba bene il condimento. Conditelo con qualche ciuffo di prezzemolo, 2 spicchi d’aglio e 1/2 cipolla tritati e cospargetelo con poco peperoncino. A questo punto, versate la semola

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1 kg di gamberi 1/2 kg di scorfani 1/2 kg di boghe farina alloro olio extravergine d’oliva peperoncino sale, pepe

lavorata nella “cuscusiera” (speciale tegame di coccio con i buchi, sostituibile con un colapasta dello stesso diametro della pentola su cui andrà montato), in cui avrete distribuito 3 foglie di alloro spezzettate, in modo da coprire i buchi. Ponete il recipiente su una pentola piena fino a metà di acqua e sigillate la linea di congiunzione delle due casseruole con un impasto molle di farina e acqua oppure con un canovaccio annodato, per impedire la dispersione del vapore. Cuocete per circa 1 ora. Preparate intanto la zuppa di pesce:


Sulla via del sale alla scoperta dello Stagnone suggestivo e sensuale Approdo mediterraneo di tanti popoli, la splendida Lilybelo, l'araba Marsa Allah, ha candidato all'Unesco l'isola di Mozia e la Laguna dello Stagnone. Questa è la riserva naturale, con saline e mulini a vento, habitat per fenicotteri e aironi, sulle cui meraviglie vigila il greco giovinetto della fenicia isoletta.

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Suggestiva e sensuale, la Riserva Naturale Orientata dello Stagnone si estende, entro il territorio di Marsala, per un lungo tratto che va da capo Lylibeo a San Teodoro. Stiamo parlando di un luogo molto speciale: dal punto di vista zoologico, esso rappresenta un laboratorio naturale in cui nuovi organismi si formano e si evolvono prima di confrontarsi con il mare aperto. Unico ambiente europeo ad avere tale privilegio, merita per questo un rispetto particolare. Il nome della riserva si riferisce al fatto che l’ampio tratto di mare interessato è separato dal resto del Mediterraneo grazie ad un grande frangiflutti naturale, l’Isola

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Grande, che rende le sue acque placide e tranquille. All’interno della laguna è presente un piccolo arcipelago di isolette: isola Grande, Mothia, S. Maria e il piccolo scoglio di Schola, così chiamata per la convinzione popolare che in epoca romana vi fosse una scuola di retorica. Il mare qui si mantiene molto basso tanto che è possibile percorrerlo per lunghi tratti senza che il suo livello superi l’altezza delle ginocchia. Nei suoi punti più profondi l’acqua raggiunge i 3 m. ma da S. Teodoro è anche possibile raggiungere l’Isola Lunga a piedi e fino a qualche decennio fa carretti e cavalli si immergevano in acqua per arrivare fino a Mothia.


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Vi basterà guardare lo Stagnone dalla riva per innamorarvene: la strada corre proprio accanto all’acqua ed una passeggiata in bicicletta, o se preferite in auto, vi permetterà di osservare le isole, tutte in bella mostra l’una accanto all’altra, l’acqua bassa e tranquilla, i ciuffi di vegetazione spontanea che crescono qua e là e, infine, le saline con i loro mulini a vento. La Riserva dello Stagnone è infatti un meraviglioso connubio di natura, storia e azione umana che si sono fusi insieme creando un paesaggio unico e mozzafiato. L’isola di Mothia custodisce numerosi reperti archeologici di quell’epoca in cui la sua posizione del Mediterraneo ne aveva fatto un importante scalo commerciale fenicio tanto da nuocere a Dionisio di Siracusa che la distrusse nel 397 a.C. Le saline sono una delle più antiche e più produttive attività di questa zona a cui la natura ha donato un clima perfetto per raccogliere dalle sue acqua il sale, farlo asciugare con il calore del sole e infine asciugarlo al vento, cosicché ai passanti sia data l’opportunità di godere dello spettacolo di quelle enormi montagne bianche dietro cui va a dormire il sole mentre, appena più in là, fanno capolino le sagome delle piccole isole.


Le montagne di sale, parzialmente ricoperte di tegole costituiscono un paesaggio davvero suggestivo anche grazie ai mulini sulle cui pale si applicano le vele; il vento fa girare le ruote che trasferiscono l’acqua da una vasca all’altra, oppure macinano il sale, che per evaporazione, nei mesi più caldi, lascia i cristalli bianchi sul terreno. Da giugno a settembre, i

raccoglitori accumulano il sale in mucchi che vengono poi ricoperti da tegole proprio per impedire che la pioggia riaggreghi i cristalli. Si ottiene così un sale prodotto secondo metodi artigianali che risalgono ai Fenici, asciugato al sole, che mantiene tutte le sue caratteristiche ed è ricco di iodio, fluoro, potassio e magnesio. Pagina 14


Se visitate la Riserva dello Stagnone non perdetevi lo spettacolo naturale offerto dalla natura, quando tramonta il sole

Il Sale è un prodotto preziosissimo nella cucina trapanese, lo stesso infatti viene utilizzato per la salatura dei prodotti della bottarga di tonno rosso, tipica dell’Isola di Favignana. Bottarga, cuore di tonno, lattume assumono grazie al sale marino caratteristiche e sapori del tutto particolari

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Marsala e la scoperta del suo vino storico


"La Sicilia! La Sicilia! Pareva qualcosa di vaporoso laggiù tra mare e cielo, ma era l'isola santa. Abbiamo a sinistra le Egadi, lontano in faccia al monte Erice che ha il culmine nelle nubi...Eccola lì Marsala, le sue mura, le sue case bianche, il verde de' suoi giardini, il bel declivio che innanzi". Credo che la descrizione di Giuseppe Cesare Abba, Da quarto al Volturno, sia perfetta per descrivere Marsala, una cittadina in provincia di Trapani, in cui credetemi sarebbe bello vivere per sempre.

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Credo che Marsala sia il luogo ideale per far riaffiorare quella voglia di essere viaggiatori ancor prima che turisti, perchè infinite sono le sensazioni e le emozioni che suscita giungere in questa punta estrema d'Italia. La città è bella e ricca in ogni suo aspetto. E' bello svegliarsi al mattino presto e passeggiare per il mercato che sembra più un salotto, a dir la verità. Il mercato, in particolar modo quello del pesce è ordinatissimo e i pesci sui banchi sembrano quasi dei gioielli esposti in vetrina.


Marsala e il mercato del pesce Qui, la pesca è senz'altro la principale fonte di sopravvivenza, insieme naturalmente ai vini per i quali Marsala è famosa ovunque.

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Marsala e i suoi musei Usciti dal mercato, ricco di ogni ben di Dio, si può passeggiare lungo il corso e andare alla scoperta dei Musei, aperti al pubblico e curatissimi sotto ogni aspetto. Particolarmente affascinanti sono il Museo Civico che sorge in un'antica struttura molto prestigiosa, che rende ancora piÚ piacevole la visita alle tre sezioni in cui si articola il museo stesso: la

Risorgimentale garibaldina, l'Archeologica e quella dedicata alle tradizioni popolari. Molto bello anche il Loggiato e le numerose chiese del centro. A parte le bellezze architettoniche, Marsala è splendida anche per il suo mare, un pò selvaggio e indomabile, e per la ricchezza dei paesaggi, dove fra tutte le coltivazioni spicca naturalmente la vite. Pagina 20


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MARSALA E IL SUO VINO

La cantina più antica e importante della città è senza dubbio l'azienda Florio produttrice di Marsala dai primi del 900. Può sembrare strano, ma il merito della nascita del Marsala si deve a una tempesta. Fu solo grazie alle avversità climatiche se nel 1773 John Woodhouse, ricco commerciante di Liverpool, approdò con la sua nave nel porto di Marsala, invece che a Mazara del Vallo dove era diretto per concludere un affare. Una volta sbarcato, l'inglese si recò in una bettola dove ebbe modo di assaggiare un vino particolarmente buono Pagina 22

prodotto da quelle parti, il Perpetum, un vino molto simile al Madera o al Porto che piaceva agli inglesi. Da qui nacque la decisione di acquistarne una grossa scorta da vendere in patria, ma a quel tempo il trasporto del vino per mare comportava grossi problemi di conservazione E così per ovviare a questo problema, l'inglese decise di aggiungere dell'alcool, aumentandone così la gradazione alcolica e assicurandosi la conservazione


Fu un grande successo, tanto che Woodhause decise di dar vita a una vera e propria attività commerciale. Alla fine del 18° il Marsala era ormai abitualmente bevuto su tutte le navi di Sua Maestà Britannica. Nel 1832 Vicenzo Florio diventa il principale produttore di Marsala. In quell'anno Vincenzo fa costruire le storiche cantine, in pietra di tuo, che Pagina 23

rispecchiano lo stile tipicamente anglosassone dell'epoca, con ampi archi a sesto acuto e pavimento in battuto di polvere di tufo. La struttura rappresenta il cuore della produzione del Marsala: da qui partivano le navi della compagnia Florio cariche del prezioso nettare e qui ancor oggi si produce il Marsala più famoso al mondo.


Marsala e le sue specialità I pregiatissimi vini locali: dal Marsala all’Alcamo doc ai vini passiti di Pantelleria sono protagonisti indiscussi della gastronomia locale. Naturalmente, una parte molto importante rivestono anche gli uliveti, grazie alla coltivazione di alcune varietà come la Nocellara del Belice diffusa nelle campagne di Castelvetrano, Partanna e Campobello di Mazara. Non a caso ci sono stati importanti riconoscimenti come la D.O.P. “Valli Trapanesi” e “Valle del Belice”. Pagina 24

In questi luoghi la gastronomia si fonde su ottimi primi piatti a base di pesci di ogni sorta: dalle specie azzurre, che nei mercati locali vengono venduti a prezzi ancora economici alle varietà più pregiate come ad esempio i granchi della vicina isola di Favignana, le aragoste, i gamberoni. Ottimi anche i formaggi di pecora, le carni e naturalmente anche i dolci.


Ricotta e mandorle sono quasi immancabili nella maggior parte dei dolci che fanno bella mostra di sé nelle vetrine delle rinomate pasticcerie. Questi dolci vengono apprezzati proprio perché frutto della commistione di diverse culture, ognuna delle quali ha lasciato un segno indelebile nelle ricette del luogo. Tra le specialità locali, ad esempio ci sono le cosiddette “Pesche”, ovvero due pagnottini di pan di Spagna inzuppati di alchermes con un ripieno di crema di ricotta. Ancora, possiamo ricordare le Spagnolette marsalesi di pasta

savoiarda farcita di crema di ricotta; le famosissime “Cassatelle o Cappidduzzi” una sorta di sfoglia farcita di ricotta, canditi e cioccolato. Fra i fritti: i sfinci di patate, servite con una spolverata di zucchero e cannella o con il miele. Anche la biscotteria, vanta numerose preparazioni; miliddi, Regina, taralli, sciambellette, mustazzoli al vin cotto, biscotti coi fichi. Grazie poi all’intensa attività dei conventi di clausura, la pasticceria locale può vantare anche la frutta di Martorana e tutta una serie di dolcetti a base di pasta di mandorle. Pagina 25


Insalata pantesca Ingredienti per 4 persone 4 patate medie 3 pomodori 1 cipolla rossa

2 costole di sedano olio extravergine d’oliva origano sale, pepe

2 cucchiai di capperi sotto sale 150 g di olive verdi 200 g di sgombro sott’olio

Spazzolate le patate; lavatele con cura e lessatele con la buccia in acqua leggermente salata. A fine cottura, scolatele e lasciatele raffreddare; poi pelatele, tagliatele a pezzetti e trasferitele su un piatto da portata. Lavate i pomodori; apriteli a metĂ ed

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eliminate i semi. Riduceteli a spicchi e uniteli alle patate. Aggiungete le olive, il sedano a rondelle, la cipolla ad anelli, i capperi dissalati e lo sgombro, sgocciolato e spezzettato. Condite l’insalata con olio, origano, sale e pepe e servite.


Spaghetti ai gamberoni Ingredienti per 4 persone

400 gr di spaghetti 350 gr di pomodorini Pachino 600 gr di gamberoni 3 filetti di pesce spatola prezzemolo fresco 1 peperoncino fresco uno spicchio d'aglio

1 bicchiere di vino bianco secco olio extravergine d'oliva sale

In un tegame, fate rosolare uno spicchio d'aglio, unite quindi del pesce spatola a tocchetti e fate insaporire per pochi minuti. Aggiungete anche i gamberoni (potete scegliere se lasciarli col carapace oppure privarli dello stesso). Saltate ancora qualche minuto e sfumate col vino.

peperoncino fresco, del prezzemolo spezzettato al momento. Lasciate cuocere coprendo il tegame per non piĂš di dieci minuti. Cuocete la pasta molto al dente e terminate la cottura in tegame, mantecando per bene. Se apprezzate il sapore della panna, aggiungetene qualche cucchiaiata alla fine. Servite con prezzemolo fresco

Unite i pomodorini tagliati a metĂ e insaporite con i semini di un

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MAZARA DEL VALLO Ed il suo Satiro Danzante La cittadina si caratterizza per un paesaggio ricco e diversificato, dove a fare da sfondo c’è un mare cristallino, una campagna rigogliosa intervallata da bagli, casali, torri difensive, cave di pietra, antiche necropoli e molto altro ancora. La cittadina ha un’economia basata prevalentemente sulla pesca, essendo il suo porto uno dei porti pescherecci principali d’Italia. La buona cucina, i vini pregiati costituiscono certamente ulteriori elementi di richiamo per il turista. Mazara, vista la felice e strategica posizione geografica, ha conosciuto il passaggio di diverse popolazioni. Fenici, Romani, Bizantini, Arabi e

Normanni. Nel medioevo, dopo la venuta dei Normanni, a Mazara erano presenti quattro gruppi etnici diversi: latini, greci, musulmani ed ebrei. I segni di questa compresenza sono riscontrabili non solo nel linguaggio ( molte parole d'uso comune sono di derivazione araba) ma anche nella toponomastica. Nell'antica città ci furono quattro quartieri: S.Francesco, S.Giovanni, Giudecca, Xitta. E proprio in questi quartieri, poco distanti l'uno dall'altro, le diverse comunità riuscivano nonostante tradizioni, cultura e religioni diverse a convivere pacificamente

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Nel Centro storico sono ancora visibili le tracce dei popoli antichi, come ad esempio i tratti caratteristici dei quartieri a impianto urbanistico islamico tipico delle medine, chiamato Casbah. Il quartiere è quello di S. Francesco (a nordovest del quadrilatero dell’antica cittĂ murata), il quartiere islamico per

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eccellenza. Lo si riconosce soprattutto dalle viuzze strette e tortuose per meglio difendersi dal sole, dal vento e dagli attacchi dei nemici, vicoli ciechi, cortili con pozzi e pile, arcate in tufo e scalette in pietra. In questi quartieri, abita ancora oggi la maggior parte delle famiglie Arabe.


Da non perdere durante una visita alla cittadina è il Museo del Satiro che espone reperti provenienti dalle acque del canale di Sicilia, fra cui il frammento bronzeo di zampa di elefante di epoca punicoellenistica, un calderone bronzeo di epoca medievale, una selezione di anfore da trasporto di epoca arcaica, classica, ellenistica, punica, romana e medievale. Sono esposti anche due cannoni in ferro provenienti da Torretta Granitola, da cui provengono alcuni capitelli corinzi e ionici anch'essi esposti. Un pezzo importante dell’esposizione è la statua del Satiro danzante, rinvenuta nella primavera del 1998 durante una battuta di pesca nel canale di Sicilia, è un rarissimo esempio di

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statuaria bronzea greca. Flesso sul fianco destro, con le braccia distese in avanti, è colto nell'attimo in cui sta compiendo un salto sulla punta del piede destro sollevando contemporaneamente la gamba sinistra. La statua è alta poco più di 2 metri e pesa 96 Kg. Secondo l'iconografia del satiro in estasi, già nota dal IV sec., la statua doveva tenere con la mano destra il tirso, attributo di Dioniso mentre il braccio sinistro reggeva una pelle di pantera e la mano sinistra una coppa di vino.


Anche il Portale del Collegio dei gesuiti è molto interessante da visitare, con le sue 24 colonne doriche e la meraviglia degli archi imponenti e solenni che lo cingono come in un abbraccio. Magnifico esempio di architettura, la prima pietra della costruzione fu posata nel dicembre 1675. La monumentale costruzione con l'imponente portale barocco, lo scalone, i telamoni che sostenevano i capitelli e la trabeazione, l'atrio, la loggia, sono indicativi dell'autorità e del prestigio dell'Ordine. Per oltre mezzo secolo, il Collegio dei Gesuiti fu un importante centro di studi, e per quasi dieci anni fu anche sede di Università con facoltà di Filosofia e

Teologia. Mazara è una meta molto frequentata dai turisti, grazie anche alla sua vicinanza ad altri centri caratteristici come Erice, S. Vito lo Capo, la riserva WWF di Capo Feto Pagina 31


SEGESTA

Segesta e il suo anfiteatro

Nella provincia Trapanese, non lontano da San Vito lo Capo, si erge l'antico sito greco di Segesta, dove si possono ammirare un meraviglioso tempio ed uno spettacolare anfiteatro in pietra. Ma in antichità, questa città era un nodo importantissimo. Alleata prima con i greci, poi con i cartaginesi, fu impegnata per circa un secolo nella guerra contro la città rivale, Selinunte, anch'esso sito meraviglioso e visitabile.

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Il tempio di Segesta si erge solitario su una collinetta ed il paessaggio è davvero bello e rende ancora più incredibile la visita. Su un'altra collina c'è l'anfiteatro che gode di un panorama ancora più suggestivo, visto che domina tutta la vallata. Alcuni studiosi affermano che questo tempio non fosse mai stato terminato, mentre altri non sono d'accordo. Inoltre, non si è potuto risalire alla divinità a cui questo era dedicato.


Il tempio

Il tempio dorico, che ha 6x14 colonne, è meravigliosamente conservato e può competere per bellezza anche con i più blasonati monumenti agrigentini. Venne eretto in stile dorico nel 430 a.c. e alcuni studiosi ritengono che non venne mai finito a causa dell'avvento dei cartaginesi nel 409 a.c. a Segesta. Non si può visitare l'interno, che può essere invece osservato dall'esterno, per via di una recinzione che gira tutto intorno al tempio stesso. Pagina 33



Il teatro Nel III secolo a.c., sotto la dominazione romana (seppure in periodo ellenistico) venne edificato questo meraviglioso teatro, che ha un diametro di circa 63 metri. La sua caratteristica principale è rappresentata dal fatto che alle spalle degli attori, impegnati in commedie e drammi, si estendeva il meraviglioso panorama che caratterizza questo sito e gli spettatori potevano avere quindi un doppio spettacolo. Il teatro ed il tempio sono collegati tramite una navetta a pagamento, ma è possibile anche procedere a piedi, anche se il percorso è tutto in salita e la strada non è delle migliori. Pagina 35


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SELINUNTE

Selinunte e i suoi gioielli archeologici

Una colonia greca arrivata in Sicilia costruì Selinunte, mirabile città che divenne subito importante centro, in grande rivalità con l'odiata Segesta e protetta dalla forte Siracusa, che però non riuscì ad impedirne la distruzione ad opera della città rivale e dei cartaginesi. Oggi Selinunte è un sito magico ed affascinante, di cui poco è rimasto intatto. Si può quindi girare tra le macerie dei numerosi templi in stile dorico, osservando pezzi di colonne e capitelli dorici. Pagina 37

La città era protetta da un alto muro di cinta a gradoni, di cui ancora oggi si può ammirare una parte intatta nella zona EST. La posizione leggermente alta sul livello del mare (circa 50 metri) permette di ammirare sullo sfondo un paesaggio davvero incredibile che, insieme alla posizione favorevole (acqua e pesce in abbondanza), spiega la scelta del luogo fatta dai greci, da sempre amanti del bello, per erigere Selinunte.


La vita a Selinunte era decisamente agiata e sfarzosa. Ricchi banchetti, feste eleganti, abiti meravigliosi, edifici possenti erano soltanto alcune delle caratteristiche che rendevano questa città bellissima ed unica. Qui c'erano i ricchi borghesi e intellettuali. Ma Selinunte era anche molto ambiziosa e mirava all'espansione, curando il suo esercito ed il sistema di difesa. Diviene un impero molto potente e si espande fino a Sciacca. Raggiunge i 200.000 abitanti, di cui almeno 33.000 solo nella città principale. All'espansione verso occidente, seguì quella verso Mazara e verso Segesta, con cui la rivalità e l'odio inevitabilmente crebbero a dismisura fino a sfociare in vere e proprie guerre.

Il sito archeologico Visto che non si conoscono le divinità a cui erano dedicati, i templi sono stati nominati con le lettere dell'alfabeto. Tre sono le zone che in cui è suddiviso il sito: su una collina nella parte orientale della città vi sono i resti di tre templi,

G, F ed E. Lontano da questi, ci sono altri 5 templi: O, C, D, A e B. Ad ovest, invece,i resti di un antico santuario di nome Malaphoros.

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L'espansione di Selinunte preoccupava molto Segesta, che ricevette il vano aiuto di Atene, che però subì una disfatta catastrofica. Nel 409 a.C., però, l'impero di Cartagine, arrivato in aiuto ancora della rivale, assediò Selinunte per nove giorni, dopo i quali ebbe il sopravvento e la rase al suolo.


Il tempio E Venne costruito intorno al 500 a.C. ed è l'unico che è possibile ammirare "sano", visto che venne rialzato in tempi recenti ed è largo circa 70 metri per 27, per una superfice totale occupata di circa 1900 mq. E' circondato da colonne (6x15). In antichità, il tempio aveva un tetto spiovente, architettonicamente ed esteticamente meraviglioso. Come gli altri, anche il tempio C è rivolto ad oriente e, secondo studi recenti, doveva essere dedicato alla dea Hera. Pagina 39


Il tempio G Il tempio G era dedicato a Zeus, come testimonia una tavola rinvenuta al suo interno. Era uno dei piÚ imponenti e grandiosi dell'era antica, anche grazie alle sue mastodontiche proporzioni (113 m. x 54, per un totale di 6.126 mq occupati ed un'altezza di 30 metri). Nella parte frontale vi erano 8 colonne, mentre su ogni lato 17. La sua costruzione iniziò attorno all'anno 530 a.C. e non fu mai completata, visto l'arrivo di Annibale e dei cartaginesi che rasero al suolo la città . Pagina 40


Il tempio C Dopo una passeggiata molto interessante, si giunge all'area dove ci sono gli altri templi, le case ed i negozi. Qui i templi sono cinque, ma su tutti si erge quello dedicato ad Apollo, al momento della nostra visita, in fase di ristrutturazione. Anche questo tempio era molto elegante ed importante. Sembra che questo tempio venne distrutto da un violentissimo terremoto e la leggenda afferma che questo sarebbe avvenuto nel momento preciso in cui GesĂš morĂŹ sulla croce. 13 colonne vennero comunque rialzate intorno all'anno 1925 da Iole Bovio Marconi. Pagina 41


Da Palermo a Trapani L’incanto continua


Palermo è a ragione la regina della Sicilia, grazie all’invidiabile posizione geografica, al clima e alle importanti testimonianze artistiche e storiche. Furono i Normanni nel1072 a trasformare Palermo in una delle più splendide città del tempo. Palermo è una città dalla doppia anima: quella popolare e quella nobiliare che nei secoli hanno imparato a convivere fra loro. La città è distesa in un’ampia insenatura ai piedi del Monte Pellegrino e ai margini della Pagina 43

Conca d’Oro, un tempo ricoperta di agrumeti. D’impianto medievale, si contraddistingue per strade strette e irregolari d’impronta islamica. La zona più interna della città è tagliata da due assi: corso Vittorio Emanuele e via Maqueda. Formata da due strade, la grande croce simbolica divideva la città in quattro quartieri: Capo, Loggia, Kalsa, Albergheria. Attorno al nucleo antico si è andata sviluppando la città moderna.L’asse principale di questa espansione è stata via Libertà


Palazzo Reale Palermo è una città grande ma facilmente si può girare a piedi per le sue vie centrali. L’arteria principale è via Maqueda, che dalla stazione ferroviaria prosegue verso nord cambiando nome in via Ruggero Settimo. Presso piazza Castelnuovo ha inizio via Libertà, un viale su cui si affacciano isolati residenziali del XIX secolo che segnano l’inizio della Palermo moderna. Via Maqueda è intersecata da Corso Vittorio Emanuele, la

direttrice che corre dal Porto della Cala fino alla Cattedrale e a Palazzo dei Normanni. L’incrocio delle due strade, noto come crocevia dei Quattro Canti divide il centro storico di Palermo in quattro rioni tradizionali: la Kalsa (ad est), la Vucciria (a nord), il Capo (ad ovest) e l’Albergheria a Sud. In questi quartieri si concentra la maggior parte dei luoghi d’interesse della città

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Palermo è una città dal fascino antico, fascino che si respira tutt’oggi in alcuni dei suoi mercati come il Capo, Ballarò o la Vucciria. Localizzato nell'attuale quartiere Palazzo Reale- Monte di Pietà, il Capo è un tipico mercato di impianto arabo e sfocia nell'omonima piazza, fra le vie Beati Paoli, Porta Carini, S. Agostino, Cappuccinelle e la discesa dell'Eternità. Sorto nella parte superiore dell'antico Hârat-as- Saqâlibah o quartiere degli Schiavoni, denominato in periodo normanno "Seralcadio", prende il nome dal fatto che la contrada su cui sorse, occupava la parte superiore del quartiere. Di sicura origine araba, ne compare il nome in alcuni documenti della fine del Pagina 45

XIII Secolo, come «platea publica Seralcadii» e successivamente, in un altro documento, come «platea magna». Vi si trova testimonianza oltre che della presenza della "grascia" (alimenti) in genere anche del pesce, e a tutt'oggi è assai noto per l'ottima qualità del pescato. Insieme con Ballarò e la Vucciria è dunque il mercato che consente d'immaginare la vita di una Palermo saracena, offrendo gli odori, i sapori, i colori e i suoni più caratteristici dell'aria panormita e consentendo di avvicinarsi ad un contesto sociale che, fra attività di antichi mercanti e di nuovi venditori da un lato, e problemi di quartiere di una città moderna, dall'altro, vive e fa vivere, non isolandole, le sue più sane tradizioni.



Montepellegrino Tra Palermo e Mondello si erge Montepellegrino (606 metri) con il Santuario di Santa Rosalia. La Santa Patrona di Palermo visse da eremita all’interno di una grotta su questo monte, e qui nel XVII secolo fu eretto un santuario a lei dedicato. Sul versante settentrionale del Monte Pellegrino si apre la Grotta dell’Addaura dove pitture rupestri risalenti al Paleolitico superiore e al Neolitico si sono conservate pressochè intatte sino a i giorni nostri

Mondello è la spiaggia di Palermo. Nata come porto, all’inizio della sua storia Mondello era un malsano villaggio afflitto dalla malaria. Divenne una località veramente alla moda solo nel XIX secolo quando i villeggianti vi si recavano in carrozza. In questo periodo fu costruito l’imponente molo liberty che domina il lungomare, dove oggi prosperano i tanti

stabilimenti balneari privati. Il lungomare è fiancheggiato da numerosi ristoranti di pesce e chioschi di ambulanti. Mondello è oggi per gli abitanti del capoluogo il centro più vicino dove recarsi per una piacevole passeggiata e dove gustare dell’ottimo pesce fresco

Vivace cittadina a 8 km a sudovest di Palermo, Monreale è adagiata su uno sperone dominante la valle dell’Oreto e la Conca d’Oro. E’ il principale centro turistico dei dintorni del capoluogo, noto per la bellezza dei suoi panorami e per il superbo Duomo. L’abitato si formò a partire dal XIII secolo intorno all’abbazia benedettina, divenuta sede dal 1183 di un arcivescovado tra i più vasti e ricchi dell’isola. Lo sviluppo successivo si consolidò nel XVI secolo con l’insediamento di numerosi ordini religiosi, seguito dall’edificazione tra Sei e Settecento, di diverse strutture


La cucina di strada

Non si può lasciare Palermo senza prima aver gustato le sue specialità di strada. Se vi capita di passeggiare tra i mercati, soprattutto alla Vucciria, fermatevi ad assaggiare il panino ‘ca meusa, farcito con milza, polmone e interiora di vitello bollite e poi fritte. Questo è senza dubbio il più conosciuto dei cibi di strada della città. Di derivazione araba forse l’abitudine di confezionare la “guastedda”, il pane casereccio siciliano, con carni miste bagnate con il limone (c’è anche una versione

schietta, con ricotta di pecora soffritta nello strutto e caciocavallo). Non potete mancare di assaggiare, poi il panino con le panelle, che altro non sono che delle frittelle di farina di ceci, gli arancini di riso, lo sfincione, pane condito con sarde, cipolle, primosale, olio,origano e salsa di pomodoro. Vi consigliamo di gustare queste specialità all’Antica Focacceria San Francesco, presso l’omonomia chiesa, che dal 1834 è divenuto il locale simbolo della città.


L’offerta gastronomica non si limita certo alla sola cucina di strada, ma può raggiungere il massimo dell’eccellenza quando sulla tavola si trovano piatti come la pasta con le sarde (con aggiunta di finocchietto selvatico, pinoli e uvetta), ‘ca muddica (ovvero con la mollica insaporita con una sorta di pesto di acciughe e prezzemolo e tostata in padella con dell’olio). E ancora la pasta con i broccoli in tegame, con le melanzane. La pasta gioca un ruolo di primo piano nella cucina palermintana in tutte le sue infinite varianti. Fu intorno al 900 che a Trabia, vicino Palermo, fu impiantato il primo stabilimento per la produzione di ytria, lo spaghetto in arabo, da cui deriva pure il nome del paese. Di pasta si nutrirono tutti i siciliani: nobili e plebei, ricchi e poveri. Pare che dobbiamo al cuoco di un generale arabo, Eufemio, l'invenzione di quello che è uno dei più conosciuti piatti

siciliani: la pasta con le sarde. Nelle intenzioni di quell'uomo si trattava di sfamare le truppe, attestate attorno a Siracusa, con un piatto unico e sostanzioso. I finocchietti selvatici servivano a smorzare il tanfo delle sarde non proprio fresche, e contro l'intossicazione alimentare ci misero i pinoli conosciuti allora come antidoto. Che dire poi delle sarde a beccafico, degli involtini di pesce spada e di tantissimi altri cibi eccellenti. La pasticceria, poi, raggiunge i vertici dell’eccezionalità e si basa su prodotti i cui ingredienti principali sono soprattutto la ricotta e la pasta di mandorle. Famosissimi sono i fruttini di Martorana, i cannoli, la cassata, i mustazzola (preparati con farina, mosto cotto e cannella). Nota gastronomicamente per i suoi vini è Monreale che può vantare un’ottima doc


I cannoli siciliani Ingredienti per 4 persone Per le cialde: 110 gr di farina 15 gr di burro o strutto 40 ml di vino Marsala 1 cucchiaino di caffè 1/2 cucchiaino di aceto un pizzico di sale olio di semi per friggere

Per la crema: 400 gr di ricotta di pecora 100 gr di frutta candita 100 gr di gocce di cioccolato 180 gr di zucchero la buccia grattugiata di un'arancia ciliegine candite zucchero a velo granella di cioccolata

Sul piano di lavoro, fate una fontana con la farina setacciata: al centro ponete un cucchiaio di zucchero, una presa di sale, il caffè, l'aceto, il burro o lo strutto e il Marsala. Impastate il tutto in modo da ottenere un composto consistente e mettete a riposare per mezz'ora in frigorifero. Intanto, preparate la crema alla ricotta. in una ciotola versate la ricotta passata al setaccio, profumatela con la buccia dell'arancia grattugiata, aggiungete lo zucchero, i canditi e del cioccolato in scaglie e mettete in frigorifero. Stendete l'impasto a due mm di spessore e con l'aiuto di un taglia

pasta ricavate dei dischi che avvolgerete poi sugli appositi cannelli metallici. Sovrapponetene i lembi e legateli con un composto fatto di un uovo, 2 cucchiai di farina e un cucchiaio d'acqua o in alternativa, con dell'albume d'uovo. Friggeteli in abbondante olio e quando saranno ben dorati, scolateli e sfilateli via dai cannelli. Quando si saranno freddati, con una tasca da pasticcere farciteli di ricotta e completate guarnendo i vostri cannoli a pacere con: ciliegine candite, scorza di arancia candita, pistacchi tritati, granella di cioccolato. Spolverizzate di zucchero a velo e servite


Sarde a beccafico Ingredienti per 4 persone 800 g di sarde fresche 150 g di pangrattato 80 g di filetti di acciuga sott’olio 1 cucchiaio di pecorino (o parmigiano) grattugiato 50 g di uvetta 50 g di pinoli

1 ciuffo di prezzemolo 2 limoni 2 spicchi d’aglio olio extravergine d’oliva foglie di alloro sale, pepe

Pulite accuratamente le sarde; apritele a libro, eliminando lische e testa e risciacquatele. Stendetele, quindi, su fogli di carta da cucina ad asciugare e preparate la farcia.Fate imbiondire l’aglio, pelato e schiacciato, in padella con 1/2 bicchiere d’olio; eliminatelo e lasciate insaporire il pangrattato nel condimento. Spegnete la fiamma e aggiungete il formaggio grattugiato, i filetti di acciuga sciolti in poco olio, i pinoli, l’uvetta e il prezzemolo tritato. Condite con sale e pepe e

amalgamate bene tutto. Stendete su un piano le sarde; insaporitele con una presa di sale e distribuite su ciascuna di esse una parte del composto. Arrotolatele e formate degli involtini. Infilzate, quindi, i rotolini in spiedini di legno, alternandoli con mezze fette di limone e foglie di alloro e disponete le sarde così preparate in una teglia unta d’olio. Irrorate con un filo d’olio e poco succo di limone e cuocete in forno a 180°, per circa 15 minuti.


Il borgo marinaro di Cefalù Chi ha visto Nuovo cinema Paradiso, celebre film di Giuseppe Tornatore, sarà rimasto incantato dagli scorci naturali di maestosa bellezza ripresi più volte nell’ambito della famosissima pellicola

cinematografica. Ebbene si, si tratta di una delle cittadine balneari più amate e rinomate a livello mondiale, ovvero Cefalù.


Képhalos, testa, in greco, Cefalù si estende ai piedi di un promontorio roccioso. Si caratterizza per il suo cerchio di case sul mare, un tempo ricovero dei pescatori e delle barche, la superba Cattedrale normanna dai mosaici preziosi, il cratere greco col venditore di tonno e il celeberrimo sorriso del “Ritratto d’uomo” di Antonello da Messina del Museo Mandralisca. A Cefalù si arriva lungo costa da Palermo, oltre Termini Imerese, lambendo un paesaggio di colture ortofrutticole in cui entra anche l’olivo. La cittadina ha un fascino mozzafiato e

non potrete che rimanere incantati passeggiando per le sue vie, le sue piazze, le sue chiese. La popolarità di questa cittadina è senz’altro meritata per le sue viuzze medievali giunte intatte fino a noi, i suoi monumenti storici e una fantastica spiaggia sabbiosa che si dispiega quasi per l’intera lunghezza del centro abitato. Nella parte centrale si dispiegano tutte le attività della cittadina. Corso Ruggero e i suoi vicoli laterali sono presi d’assalto dai turisti intenti a girovagare per i negozietti del centro ricchi di artigianato locale, prodotti tipici e famosi ristoranti con affaccio sul mare assolutamente da non perdere



Agrigento e la Valle dei Templi

Conosciuta nella storia come “città magnifica”, grazie a Federico II, che nel 1932 la designò come tale per la Cattedrale, i suoi palazzi, monasteri e santuari, la città di Agrigento è nota al mondo intero per la Valle dei Templi, uno dei siti archeologici meglio conservati e testimoni della civiltà greca classica. Non a caso l’Unesco ha inserito nel 1998 questo sito archeologico nell’elenco del Patrimonio Mondiale. Arrivando alla Valle dei Templi, si ha l’impressione di un tuffo nella storia. Ti trovi sull’autostrada, guardi fuori dal finestrino e imponenti davanti ai tuoi occhi si pongono i resti dei templi dorici, di incerta attribuzione. Qui un tempo sorgeva l’abitato classico ed oggi se ne

possono ammirare diversi resti: Hera (Giunone) Lacinia, Concordia, Eracle (Ercole), Zeus (Giove) Olimpico, Castore e Polluce (Dioscuri) e Hephaistos (Vulcano). Più in basso, la piana di San Gregorio attraversata dal corso del fiume Akragas, alla cui foce si trovava il porto e emporion della città antica. Vicino al fiume, il tempio dedicato al dio della medicina, Asclepio Già una normale visita al Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi è di per se un viaggio affascinante, ma diventa un’impresa indimenticabile se si decide di visitarlo al tramonto o di sera.



Agrigento è una città meravigliosa che merita una visita non solo per la Valle dei Templi, ma anche per la ricchezza dei suoi monumenti, chiese, palazzi e per il mare. La provincia di Agrigento vanta, infatti, una delle più belle e variegate coste della Sicilia. Le spiagge di sabbia fine, il mare cristallino e incontaminato sono certamente fra le caratteristiche del posto. Basterebbe citare Porto Palo a Menfi, Sciacca, Ribera, Porto Empedocle, Realmonte. Realmonte, in particolare, è meta di tantissimi turisti grazie allo spettacolo naturale offerto dalla La Scala dei Turchi, uno sperone scogliero bianco assolutamente unico nel suo genere. Se vi capita di scegliere Agrigento come meta delle vostre vacanze, vi consiglio di rendere ancora più suggestiva la vostra sosta, scegliendo uno dei bellissimi bagli adibiti a strutture ricettive. Si tratta di edifici circondati da possenti mura, che richiamano

l’attenzione di quanti si trovino ad effettuare delle escursioni nelle aree più interne, alla ricerca degli antichi baluardi di difesa del feudo. Eretti per lo più nei secoli XVII e XVIII, alcuni di essi risalgono agli inizi del secondo millennio e sorgevano di frequente in vicinanza di sorgenti d’acqua e su modeste alture, da dove era più agevole vigilare sulle zone circostanti. Il Baglio un tempo era espressione della cultura rurale a prevalenza cerealicola-pastorale, tipica dell’area. Oggi molte di queste strutture sono state recuperate e trasformate in stabilimenti vinicoli, in musei (come Baglio Anselmi a Marsala) o in strutture ricettive per ospitarvi il turismo rurale. Si tratta di costruzioni straordinariamente suggestive dove si può godere di un’ottima ospitalità, di una cucina che vi farà conoscere le prelibatezze del posto e di assoluto relax


LA SCALA DEI TURCHI La Marna è il materiale argilloso e calcareo da cui è formata la scala dei Turchi e che è condiviso anche da luoghi nel nord Italia o sugli Appennini. Posti così lontani e magari, senza saperlo, così simili. La caratteristica di questa roccia è il forte colore bianco e qui è scolpita e levigata in modo magistrale dalla Natura.

In questo punto della costa i venti sono più deboli, pertanto in antichità i pirati turchi venivano qui per un approdo più sicuro e da loro, oltre che dalla sua forma a gradoni, questa scogliera prende il nome, anche se probabilmente, anche saraceni e arabi né usufruivano.

Scogliera argillosa e calcarea a picco sul mare, la Scala dei Turchi, ogni anno vede aumentare l'afflusso di turisti. Un luogo che avrebbe tutti i diritti di diventare Patrimonio dell'Umanità, se non fosse per qualche "piccolo" ecomostro. Camminando sul bagnasciuga della spiaggia che va da Porto Empedocle fino a Realmonte, d’un tratto, dietro una curva della costa, compare una grande macchia bianca che si butta a picco nell’acqua. Anche da lontano, se il sole è alto, il suo è un riflesso importante che ti fa stringere un po’ gli occhi. E’ la Scala dei Turchi e mano a mano che ti avvicini, lo spettacolo diventa sempre più bello. L’imponenza e la magnificenza di questa parete rocciosa è davvero notevole e a guardarla da sotto si rimane a bocca aperta. Ovviamente, siamo in Sicilia, in provincia di Agrigento, e la cornice è davvero unica: un mare meraviglioso e pulito che a guardarlo sembra di vedere una di quelle foto di posti caraibici così lontani, eppure spesso così simili. Sulla scala dei turchi la gente prende il sole. Ragazzi, ragazze, famiglie si sdraiano su queste rocce come fosse la spiaggia. Per arrivare in cima bisogna fare attenzione perché la salita può essere ripida, ma il paesaggio da lassù è incredibilmente bello.


MARZAMEMI Marzamemi, a 3 km da Pachino, in provincia di Siracusa è uno dei borghi marinari più belli della Sicilia. La storia di questo borgo si intreccia con quella di principi (proprietari di borgate seicentesche) e con quella del mare e delle tonnare dal fascino antico. La cittadina deve il suo nome all’abbondante passaggio di tortore durante la stagione primaverile, da qui la parola araba “Marsà al hamen”, che vuol dire Rada delle Tortore. La graziosa cittadina è bagnata dal mar Ionio e su questo mare si incontrano le due isolette di

Marzamemi: la Piccola, su cui sorge un elegante villino, di proprietà della famiglia del Prof. R. Brancati e la Grande, che forma come una curva d’entrata in un recente porto formato dalla stessa isoletta e da un braccio di imponenti mura a calcestruzzo, che si prolunga nel mare. In questo piccolo borgo marinaro, la gente del posto da sempre si dedica all’attività di pesca. Pensate che la tonnara di Marzamemi, fin da tempi antichi, era la seconda in Sicilia dopo quella di Favignana (presso Trapani) e ormai funziona solo saltuariamente ogni cinque anni.


Ai primi dell'800 la tonnara di Marzamemi era considerata la migliore tra quelle di ritorno del regno (si dicono di ritorno le tonnare che intercettano i branchi di tonni che “ritornano” a sud dopo aver solcato i mari più a nord, come l'Adriatico). Verso la fine del secolo, ci fu una curiosa lotta per il primato nel pescato con il barone Pietro di Belmonte, proprietario della vicina tonnara di Capo Passero. Da allora fu un calo continuo delle attività; col passare del tempo molti dei locali furono adibiti alla salagione del pesce azzurro di piccole imprese artigianali, fino al

completo abbandono delle fabbriche che oggi si presentano in condizioni molto degradate. La Tonnara, aveva attorno schiere di casette di pescatori e una chiesetta. In più la fabbrica del ghiaccio e il deposito degli "scieri", le barche dei tonnaroti che all'interno avevano una barriera circolare di legno per parare i colpi di coda dei tonni. Le casette di Marzamemi, il palazzo, la chiesa, lo stabilimento della lavorazione del tonno, il deposito degli scieri sono quasi tutti di proprietà del principe Corrado Nicolaci di Villadorata.


In questi anni sono stati condotti diversi tentativi per cercare di adibire la Tonnara ad uso pubblico, Turisticoculturale, museo del mare, sala convegni, mostra permanente della memoria storica di un popolo, ma purtroppo la speculazione sembra aver avuto la meglio e così alcuni dei propetari hanno finito con ristrutturare parte dei magazzini (ex Fabbrica del Ghiaccio) e delle vecchie casette, adibendole poi a negozi o a mini appartamenti per le vacanze. D’estate comunque il borgo marinaro diventa punto di attrazione turistica per tantissima gente, proveniente non solo dalla vicina Pachino, ma anche dal resto d’Italia e anche dall’estero. Tra le cose da vedere a Marzamemi, ci sono il palazzo dei Villadorata, al termine del vicolo Villadorata, grande, silenzioso e cadente, anche se ha resistito meglio della vecchia chiesa attigua di cui resta solo la facciata. Fu

costruito nel 1752 insieme alla Chiesa della Tonnara. Il Centro storico della cittadina si svolge lungo piazza Regina Margherita, attorniata da strade in cui convergono la Via Letizia e La Via Principe Villadorata, ed è limitata in parte dalle casette dei pescatori che danno al paesaggio un aspetto uniforme. Pensate che queste case risalgono al 1600, anno in cui fu costruita la Tonnara. Nel 1752, furono poi ristrutturate in occasione della costruzione del Palazzo del Principe di Villadorata. Col tempo molte di queste case sono state abbandonate per via dell’inevitabile deterioramento. Le stesse, sono state costruite con blocchi di pietra, hanno forma quadrata e tetto a spiovente. Tra le più caratteristiche, la Casa del forno, così detta perché provvista all’interno di un grandissimo forno in muratura. Il forno forniva il pane a tutti gli abitanti della tonnara.


La Chiesa antica è costruita tutta in pietra arenaria, è sopraelevata, ha tre gradini in pietra che portano al portone di ingresso. Purtroppo visibili restano solo una parte del campanile e accanto un arco. Come dicevamo la storia di Marzamemi è legata a quella della Tonnara, la quale fu impiantata dagli arabi durante la loro dominazione in Sicilia. Nel 1630 un nobile spagnolo residente a Palermo decise di vendere la tonnara al Principe di Villadorata, discendente da un ammiraglio inglese di origine russa di nome Nicolajev, il quale naufragò con il suo carico nei pressi del lido di Noto dove fu ben accolto dal Governatore di Noto. I Nicolaci di Villadorata migliorarono il caseggiato della tonnara e fecero affluire esperti carpentieri da Avola e da Siracusa, i quali presero definitiva residenza a Marzamemi. Nel 1752 furono costruiti il palazzo e la chiesa della tonnara e furono riadattate tutte le casette dei marinai. Nel 1912 a Marzamemi fu costruito uno stabilimento per la lavorazione prima del tonno salato e poi di quello sott’olio. La pesca della tonnara fu abbondante fino al 1951, nel 1952 entrò in funzione la Rasimo di Augusta e cominciò il sensibile calo della pesca in tutte le tonnare che erano sette: Santa Panascia, Terruzza,

Fontane Bianche, Avola, Bafuto Vendicari, Marzamemi e Capo Passero. Marzamemi è dotata di due porti naturali: la Balata e la Fossa. La Balata è come una piccola piazza, limitata in parte da case e in parte dal mare. E’ pavimentata con lastricati di calcare compatto, di forma rettangolare. All’interno dello spazio “Balata” si trovano due fabbricati: la vacchia Fabbrica e la Casa Cappuccio. La Vecchia Fabbrica, dove si produceva il ghiaccio, è preceduta da una grande arcata, è di antica costruzione e appartiene al principe di Villadorata. Accanto a questa, la Casa Cappuccio è un’antica abitazione, oggi diroccata, chiamata così dal nome di un affittuario della tonnara, ha molta importanza per il punto in cui si trova, infatti, tre delle quattro facciate sono rivolte al mare. Oggi gran parte dell’economia locale si fonda sull’attività di pesca e sulla lavorazione dei prodotti ittici: famosa è, ad esempio, la bottarga di tonno rosso, lavorata usando artigianalmente antichi sistemi di essiccazione derivati dalla cultura arabo-fenicia. La cittadina, sta puntando molto sul turismo e in questi anni ha cercato di offrire la possibilità di numerosi approdi attrezzati per imbarcazioni da diporto


Ricettario Gli antipasti Stuzzicanti e dal sapore intenso e deciso, gli antipasti nell’ambito della cucina siciliana sono in grado di rappresentare talvolta dei piatti completi, grazie alla presenza del riso, degli ortaggi, delle sarde e tanto altro ancora. Caponata di melanzane, arancini di riso, bottarga di tonno e molto altro ancora sono pronti a regalarvi un mondo di sapori


Arancini di riso Ingredienti per 4 persone 400 g di riso 200 g di polpa di vitello tritata 1/2 carota 1/2 cipolla 1 cuore di sedano con le foglie 2 cucchiai di concentrato

di pomodoro 1 ciuffo di prezzemolo 100 g di caciocavallo fresco 100 g di piselli sgranati 4 uova 1 bustina di zafferano parmigiano grattugiato

Rosolate il tritato, in un tegame, con 2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva, burro e un soffritto di sedano, carota e cipolla. Bagnate con il vino e lascia- te evaporare. Aggiungete, quindi, i piselli e fate brevemente insaporire; poi, unite il concentrato, sciolto in una tazza d’acqua calda, il prezzemolo tritato, una presa di sale e una spolverata di pepe e cuocete per 30 minuti, mescolando di tanto in tanto. Lessate il riso in acqua salata; sgocciolatelo e versa- telo in una terrina. Amalgamatevi lo zafferano, stemperato in poca acqua, 1 uovo sbattuto e una manciata di

pangrattato farina vino bianco secco burro olio extravergine d’oliva sale, pepe

parmigiano e aspettate che il composto si intiepidisca. Prelevate un cucchiaio di riso e schiacciatelo sul palmo di una mano, in modo da creare un incavo. Riempitelo con 1 cucchiaio scarso di ragù e qualche dadino di caciocavallo e coprite tutto con un altro cucchiaio di riso. Modellate l’arancina e passatela nella farina, nelle uova sbattute con poco sale e, infine, nel pangrattato. Friggetele le arancine in olio caldo fino a doratura. Sgocciolatele; ponetele su carta da cucina a perdere l’unto in eccesso e servite.


Parmigiana di melanzane Ingredienti per 4 persone 4 melanzane 2 barattoli di pomodorini 1 cipolla piccola 1 spicchio d'aglio 150 gr di formaggio primosale

parmigiano grattugiato olio extravergine d'oliva sale un pizzico di zucchero olio di semi per friggere

Fate imbiondire l'aglio schiacciato in un tegame con un filo d'olio e la cipolla intera. Versate i pomodorini, salate, pepate, aggiungete un pizzico di zucchero e cuocete per una decina di minuti. A fine cottura eliminate aglio e cipolla e tenete da parte. Affettate le melanzane, ben lavate, cospargetele di sale e lasciatele per un'ora in uno scolapasta a perdere il liquido di vegetazione. Trascorso questo tempo, tamponate le fette di melanzana con della carta da cucina e friggetele in olio di semi caldo, quindi sgocciolatele perfettamente. A questo punto fate delle torrette di

melanzane procedendo a strati. Sul fondo di una teglia, versate una cucchiaiata di pomodoro, adagiate la prima fetta di melanzane, cospargetela con altro pomodoro e sopra adagiate una fettina di primo sale. Cospargete di parmigiano e origano fresco e proseguite per almeno tre o quattro strati. Completate con un pomodorino, origano e olio extravergine. Spolverizzate di parmigiano e passate in forno per non più di 20 minuti. Servite a vostra scelta le torrette calde oppure fredde. In ogni caso, il gusto sarà delizioso

N.B.La parmigiana di melanzane è un piatto che rientra a pieno titolo tra le ricette della tradizione gastronomica siciliana. Anche se erroneamente il nome indurrebbe a pensare che ci sia un qualche riferimento al parmigiano, in realtà lo stesso deriverebbe invece dal termine "parmisciana", il quale indica le stecche delle persiane, con riferimento alla disposizione delle fette di melanzane, tipica di questa preparazione. Pensate che già nel XIII secolo si parla di questo piatto nell'ambito della gastronomia siciliana. Naturalmente col tempo il piatto ha varcato i confini siciliani diffondendosi con numerose varianti nel resto del Sud Italia. A Palermo la componente che lo caratterizza è l'uso del caciocavallo, mentre invece nella provincia di Trapani si usa prepararlo con il primo sale


Taboulé

Insalata di arance rosse

Per 4 persone 300 g di cuscus precotto 1/2 peperone rosso 1/2 peperone giallo 2 limoni 2 pomodori rossi sodi 1 cuore di sedano 80 g di tonno sott’olio 1 ciuffo di prezzemolo 1 ciuffo di basilico 1 ciuffo di menta olio extravergine d’oliva sale, pepe

Per 4 persone 2 arance sanguinelle 2 arance gialle 2 finocchi pancarrè burro prezzemolo olio extravergine d'oliva sale e pepe

Fate rinvenire il cuscus in 350 g di acqua bollente salata e aggiungete 1 cucchiaio di olio. Trasferitelo, quindi, su un vassoio; allargatelo e lasciatelo raffreddare. Tritate finemente le foglioline di menta, il basilico e il prezzemolo e incorporateli ad un’emulsione di olio, succo di limone e pepe, sbattendo delicatamente tutto con una forchetta. Sgranate il cuscus freddo con le mani o con due forchette; poi, versatelo in una terrina e conditelo con la salsina preparata. Aggiungete i peperoni e il sedano, ben puliti e tagliati a dadini, i pomodori, privati dei semi e ridotti a cubetti e il tonno sminuzzato. Rimestate con cura e lasciate riposare il taboulé in frigo per qualche ora, prima di servire.

Pulite le arance e privatele della pellicina esterna, tagliatele a spicchi e adagiatele su un piatto. Pulite e tagliate a julienne i finocchi e sistemateli nello stesso piatto delle arance. Condite con dell'olio extravergine d'oliva e un pizzico di sale e servite con delle fettine di pancarrè sulle quali avrete spalmato una crema al burro e prezzemolo tritato


Carpaccio di tonno

Insalata di arance rosse

Per 4 persone 400 g di tonno fresco a fettine molto sottili 4 limoni 1 ciuffo di prezzemolo 1 ciuffo di basilico 1 ciuffo di menta olio extravergine d’oliva sale, pepe

Per 6-8 persone 500 g di farina di ceci olio di semi sale, pepe

Lavate e asciugate con cura il tonno. Adagiate, quindi, le fettine in un solo strato su un largo piatto e irroratele con il succo di limone filtra- to e un filo d’olio. Cospargete il pesce con un trito di erbe, una presa di sale e una spolverata di pepe e lasciate marinare per qualche ora, prima di servire

Stemperate la farina in un tegame con 1,500 litri d’acqua leggermente salata. Ponete su fiamma bassa e, mescolando sempre nello stesso senso, lasciate addensare la polenta per circa 40 minuti. A questo punto, il composto dovrebbe staccarsi dalle pareti della casseruola. Spegnete il fuoco e trasferite la preparazione in una teglia rettangolare, leggermente inumidita. Livellate la superficie e fate raffreddare. Appena l’impasto si sarà solidificato, rovesciatelo su un piano e tagliatelo a fettine sottili da cui ricaverete dei triangoli o altre forme di vostro gradimento. Friggete le panelle in olio caldo; sgocciolatele e servitele cosparse di sale e pepe


Peperonata Per 4 persone 1 kg di peperoni 300 g di pomodori maturi 600 g di patate 1 grossa cipolla 1 ciuffo di basilico olio extravergine d’oliva sale, pepe

Pulite i peperoni, privandoli del picciolo e dei semi e tagliateli a listarelle. Pelate le patate e tagliatele a spicchi. Fate appassire la cipolla affettata in un tegame con abbondante olio extravergine d’oliva. Aggiungete i peperoni e lasciate brevemente insaporire; poi, unite le patate e cuocete coperto per una decina di minuti. A questo punto, versate nel tegame i pomodori, pelati, privati dei semi e spezzettati, il basilico sminuzzato, una presa di sale e una spolverata di pepe e proseguite la cottura, su fiamma moderata, mescolando di tanto in tanto e incorporando, se occorre, qualche cucchiaio d’acqua. Lasciate intiepidire la peperonata, prima di servirla

Caponata di melanzane Per 4 persone 3 melanzane tre coste di sedano 1 manciata di capperi olive nere denocciolate 1 confezione di passata di pomodoro 3 cucchiai di zucchero 1 cipolla sale olio

La caponata di melanzane è un piatto tipicamente siciliano, un vero trionfo di sapori. Per chi ama l'agrodolce è davvero un piatto da rè. La prima cosa da fare è tagliare le melanzane a quadrucci piuttosto grossi e metterle sotto sale. Sgocciolatele e friggetele un pò alla volta in abbondante olio. Intanto, in un tegame piuttosto capiente, versate la passata di pomodoro, allungatela con l'aceto mescolato alla zucchero e fate sobbollire. Aggiungete la cipolla affettata finemente e il sedano tagliato a cubetti e lasciate cuocere 6 minuti. A questo punto, aggiungete anche i capperi e le olive e da ultimo le melanzane. Allungate con poca acqua, salate e lasciate cuocere per almeno 15 minuti. Freddatela e servite


Peperoni ripieni Ingredienti per 4 persone 4 peperoni 200 g di pangrattato 1/2 cipolla 6 filetti di acciuga sott’olio 1 spicchio d’aglio 1 ciuffo di prezzemolo 1 cucchiaio di pinoli 1 cucchiaio di uvetta

1 cucchiaio di pecorino grattugiato olio extravergine d’oliva sale, pepe

Lavate con cura i peperoni e asciugateli; poi, arrostiteli interi. Pelateli, privateli del picciolo e dei semi e tagliateli a falde. Con 2/3 dei peperoni ricoprite il fondo e le pareti di uno stampo da forno, spennellato con olio extravergine d’oliva e tenete da parte. Tritate finemente la cipolla e lasciatela appassire in padella con 1/2 bicchiere d’olio. Aggiungete i filetti di acciuga spezzettati e scioglieteli nel condimento; unite il pan- grattato, mescolate e spegnete la fiamma. Incorporate,

quindi, il pecorino grattugiato, i pinoli, l’uvetta (ammorbidita in acqua tiepida e strizzata) e un trito di aglio e prezzemolo. Condite il composto con una presa di sale e una spolverata di pepe e trasferitelo nella teglia con i peperoni. Coprite la farcitura con le falde rimaste; irrorate con un filo d’olio e cuocete in forno, a 180° C, per circa 30 minuti. A fine cottura, lasciate intiepidire la preparazione, prima di sformarla su un piatto da portata


Polpo a insalata

Insalata di arance

Per 4 persone 1 kg di polipi 2 spicchi d’aglio 2 costole di sedano 4 carote 1 ciuffo di prezzemolo origano olio extravergine d’oliva aceto bianco sale, pepe

Per 4 persone 3 arance grandi una manciata di olive nere olioextravergine d'oliva sale e pepe

Lessate i polipi in acqua bollente salata; poi, spegnete la fiamma e lasciateli intiepidire nel liquido di cottura. Sgocciolateli e separate la testa (che eventualmente servirete a parte) dai tentacoli che taglierete a pezzetti. Trasferite, quindi, il preparato su un piatto da portata e aggiungete il sedano a rondelle e le carote a fiammifero. Preparate un trito di aglio e prezzemolo e mettetelo in una ciotola. Unite 1/2 bicchiere d’olio, una spruzzata di aceto, un pizzico di origano, una presa di sale e una spolverata di pepe ed emulsionate con cura. Versate la salsina sull’insalata e fate insaporire per qualche minuto, prima di servire.

Pelare le arance eliminando la pellicina interna.Conservate il succo che si formerà durante il taglio. Affettate le arance a fettine sottili e sistematele su un piatto da portata. Aggiungete le olive denocciolate, il succo precedentemente raccolto. Completate con sale e pepe e un filo d'olio A Palermo, cedri, limoni, aranci e mandarini, hanno modificato nel tempo il paesaggio, tanto da far meritare alla città la nomina di "Conca d'oro". L'irresistibile aroma di questi agrumi è penetrato nelle cucine, diventando molto spesso ingredienti fondamentali di numerosi piatti. E' il caso di questa ricetta dove le arance si prestano alla preparazione di alcune insalate, alle quali a piacere si possono aggiungere olive, finocchi e anche aringhe


PRIMI PIATTI

Un ruolo di primo piano nella cucina siciliana gioca la pasta in tutte le sue infinite varianti. Fu intorno al 900 che a Trabia, vicino Palermo, fu impiantato il primo stabilimento per la produzione di ytria, lo spaghetto in arabo, da cui deriva pure il nome del paese. Di pasta si nutrirono tutti i siciliani: nobili e plebei, ricchi e poveri. Pare che dobbiamo al cuoco di un generale arabo, Eufemio, l'invenzione di quello che è uno dei piÚ conosciuti piatti siciliani: la pasta con le sarde.

Nelle intenzioni di quell'uomo si trattava di sfamare le truppe, attestate attorno a Siracusa, con un piatto unico e sostanzioso. I finocchietti selvatici servivano a smorzare il tanfo delle sarde non proprio fresche, e contro l'intossicazione alimentare ci misero i pinoli conosciuti allora come antidoto. Dai primi piatti, alle minestre passando per le zuppe, la cucina siciliana vanta tantissimi primi a base di ortaggi, carni, pesci, che si tramandano di generazione in generazione in infinite varianti


Linguine alla marinara Ingredienti per 4 persone 400 gr di linguine 500 gr di passata di pomodoro 1 cucchiaino di concentrato di pomodoro 600Â gr di cozze 600 gr di vongole una decina di gamberi 1 calamaro di media grandezza 2 spicchi d'aglio

1 ciuffo di prezzemolo 1 bicchiere di vino bianco olio extravergine d'oliva sale peperoncino

Per prima cosa dopo aver lasciato spurgare le vongole e pulito e lavato con cura le cozze, preparate un soffritto con l'olio e l'aglio e versatevi le cozze e le vongole, coprite con un coperchio in modo che in pochi minuti si aprano. Spegnete e filtrate il liquido di cottura, che userete piĂš avanti. Intanto, in un altro tegame preparate un altro soffritto in cui farete saltare il calamaro tagliato a listarelle sottili e i gamberi, bagnate col vino bianco e lasciate sfumare. A questo punto

aggiungete la passata di pomodoro e il cucchiaino di concentrato, che rafforzerĂ ancor di piĂš il sapore del vostro piatto, il liquido di cottura di cozze e vongole. Lasciate cuocere a fuoco medio per 15 minuti, a fine cottura aggiungete anche le cozze e le vongole e spegnete. Intanto, cuocete le linguine e scolatele al dente. Versatele nella salsa e fatele mantecare sul fuoco, aggiungete del prezzemolo tritato al momento e servite calde


Pasta al forno alla palermitana Ingredienti per 4 persone 500 gr di spaghettoni 1 melanzana 3 patate di medie dimensioni 4 uova sode 350 di pisellini 350 gr di macinato di vitello una bottiglia di salsa di pomodoro un bicchiere di vino rosso

una carota una costa di sedano una foglia di alloro una cipolla olio extravergine d'oliva parmigiano grattugiato pangrattato sale e pepe

Per prima cosa prepariamo un bel ragĂš di carne. In un tegame capiente, versate la foglia di alloro e la cipolla, il sedano e la carota che avrete passato al mixer. Fate imbiondire ed aggiungete il macinato di vitello. Fate rosolare e bagnate col vino, sfumate e aggiungete la salsa di pomodoro. Proseguite la cottura a fiamma bassa. Intanto in un pentolino mettete a stufare i pisolini in poca acqua e un filo d'olio e fate cuocere per pochi minuti. Affettate la melanzana e mettetela sotto sale per almeno un'ora. Pelate le patate e tagliatele a fette sottili. In un altro pentolino mettete a bollire le uova fino a che saranno ben sode. Quindi friggete sia le melanzane a fette che le patate e mettetele su un piatto con

della carta assorbente in modo che perdano l'olio in eccesso. Cuocete la pasta e scolatela al dente. Versatela nel tegame col sugo e unite anche i pisellini e insaporite con del parmigiano. A questo punto prendete una teglia da forno di forma rettangolare e versate del pangrattato sul fondo e un filo d'olio. Sistemate su questo fondo un primo strato di pasta e adagiate su questa, prima alcune melanzane a fette, poi le patate e infine le uova sode tagliate anch'esse a fettine sottili. Proseguite cosÏ fino ad esaurimento degli ingredienti e chiudete con un ultimo strato di pasta. Cospargete ancora col pangrattato e col parmigiano e un filo d'olio e passate a gratinare in forno per almeno 20 minuti a 200°


Pasta al nero di seppia

Spaghetti ai ricci

Per 4 persone 400 gr di spaghetti una seppia fresca da 1 kg completa di sacca con il nero alcuni cucchiai di concentrato di pomodoro 1 peperoncino 1 spicchio d'aglio un bicchiere di vino bianco prezzemolo fresco sale olio extravergine d'oliva

Per 4 persone 350 gr di spaghetti 3 confezioni di polpa di ricci di mare 1/2 bicchiere di vino bianco 40 gr di fumetto di pesce prezzemolo peperoncino una manciata di bottarga di tonno

Per prima cosa, acquistate dal vostro pescivendolo di fiducia una bella seppia fresca e fatevela pulire, raccomandandogli di tenere da parte la sacca del nero. Una volta a casa, tagliate la seppia a listarelle. In un tegame, fate soffriggere con dell'olio lo spicchio d'aglio con il peperoncino, unite le seppie e fate cuocere qualche minuto. Bagnate con il vino bianco, lasciate sfumare e intanto diluite qualche cucchiaio di concentrato di pomodoro in mezza tazzina di acqua bollente. Mescolate e aggiungete il concentrato alle seppie. Da ultimo, unite la sacca del nero che avrete cura di aprire con molta attenzione all'interno del tegame, pungendola con uno stecchino. A questo punto, insaporite con un pizzico di sale e lasciate cuocere non piÚ di 20 minuti o finchè le seppie risultano tenere. Fate cuocere gli spaghetti in acqua bollente, scolateli al dente e serviteli con il sughero al nero di seppia un po' piccante. Cospargete con il prezzemolo fresco tagliuzzato a mano e servite

In un tegame, fate imbiondire uno spicchio d'aglio e del peperoncino in olio extravergine d'oliva. Bagnate con del vino bianco e quando è evaporato unite il fumetto di pesce. Verso fine cottura, aggiungete la polpa di riccio al naturale e aggiustate di sale. Intanto, avrete fatto cuocere gli spaghetti al dente. Uniteli alla salsa e mantecateli in tegame, fino a che gli spaghetti risultino perfettamente amalgamati. Servite in un piatto da portata caldo, con del prezzemolo fresco spezzettato e una spolverata di bottarga di tonno


Tagliatelle alle triglie

Cavatelli con broccoli arriminati e muddicca

Per 4 persone 500 grammi di tagliatelle 500 grammi di triglie di scoglio 400 grammi di finocchietto di montagna 1 spicchio d’aglio 200 grammi di pomodoro fresco Olio extravergine d’oliva ½ bicchiere di vino bianco Sale e pepe q.b.

Per 4 persone 400 gr di cavatelli un broccolo romanesco una manciata di uva passa una manciata di pinoli uno spicchio d'aglio alcune acciughe salate olio extravergine d'oliva caciocavallo grattugiato pangrattato sale e pepe

In una pentola con acqua salata bollire i finocchietti, precedentemente lavati. Scolarli, tagliarli a pezzetti e metterli da parte. Conservare anche l’acqua di bollitura dei finocchietti perché servirà per cuocervi la pasta. Pulire le triglie privandole delle squame delle lische e delle eventuali spine. Pelare i pomodori e tagliarli a filetti. A questo punto mettere in una padella (grande abbastanza per poi potervi amalgamare la pasta) due cucchiai d’olio, l’aglio intero, il finocchietto messo da parte in precedenza e il pomodoro a filetti. Appena il pomodoro sarà appassito, togliere l’aglio, unire le triglie e far rosolare a fuoco lento. Quando le triglie avranno raggiunto la cottura versarvi il vino e far sfumare. Cuocere la pasta al dente quindi farla mantecare per qualche minuto assieme al condimento. Prima di servire spolverare con del finocchietto selvatico tritato e un filo d’olio

Mettete a bollire il broccolo in acqua salata, dopo averlo lavato con cura e diviso in cimate. Una volta cotto scolatelo. In un tegame, versate poco olio extravergine d'oliva, fate rosolare l'aglio e le acciughe e con una forchetta mescolate fino a che si saranno dissolte. Aggiungete le cime di broccolo e fatele saltare per bene. Da ultimo unite anche l'uva passa e i pinoli e lasciate cuocere ancora per 5 minuti. In un padellino, intanto, rosolate il pangrattato in poco olio. Cuocete la pasta e una volta al dente, versatela nel tegame con i broccoli. Mescolate e spadellate per pochi minuti. Una volta che la pasta si sarà insaporita, versatela in un piatto da portate e cospargete con il pangrattato tostato e del buon caciocavallo grattugiato


Penne con ragù di tonno

Mezze maniche piccanti

Per 4 persone 400 gr di penne 400 g di tonno fresco in un solo pezzo 2 spicchi d’aglio 1 ciuffo di menta 1 cipolla 250 g di piselli sgranati 1 foglia di alloro 7 dl di passata di pomodoro olio extravergine d’oliva vino bianco secco olio extravergine d’oliva zucchero sale, pepe

Per 4 persone 350 gr di mezze penne 500 ml di polpa di pomodoro uno spicchio d'aglio 1 peperoncino piccante foglie di basilico una manciata di origano olio extravergine d’oliva sale

Lasciate il tonno a bagno in acqua fredda per 30 minuti; poi, asciugatelo e praticate delle piccole inci- sioni in cui inserirete un trito di aglio e menta. Soffriggete 1/2 cipolla tritata, in un tegame, con un filo d’olio e insaporitevi i piselli, rimestando; versate la passata di pomodoro e condite con sale, pepe e un pizzico di zucchero. Mescolate e lasciate addensare per 15 minuti. Scaldate 4 cucchiai d’olio in una padella con l’allo- ro e la cipolla affettata; unite il tonno e rosolatelo bene. Bagnate con 1 dl di vino e fate evaporare; poi, trasferite il pesce nella casseruola con la salsa. Incorporate 1 tazza d’acqua calda e cuocete per circa 40 minuti. Lessate la pasta in acqua bollente salata e scolatela al dente; conditela con il sugo preparato e completate con il tonno a pezzetti.

Scaldate un tegame, versate al suo interno un filo d'olio e soffriggetevi leggermente lo spicchio d'aglio privato dell'anima. Se vi piace potete aggiungere anche delle alici tritate finemente. Versate la polpa di pomodoro, insaporitela con il peperoncino e un pizzico di sale, aggiungete le olive e ultimate con una manciata di profumatissimo origano. Fate sobbollire pochissimi minuti. Intanto, cuocete la pasta al dente, scolatela e versatela nel sugo. Fate mantecare sul fuoco e servite con del parmigiano o del pecorino grattugiato e del basilico spezzettato a mano


Pasta acciughe e muddicca Per 4 persone 400 gr di penne 1 cucchiaio di capperi 1 spicchio d’aglio Olio Sale 150 gr di pangrattato 8 filetti di acciughe dissalate

Tagliate a pezzettini le acciughe dopo averle accuratamente lavate. Fate soffriggere in un tegame uno spicchio d’aglio con dell’olio d’oliva. Al soffritto così ottenuto aggiungete i filetti di acciuga e i capperi dissalati, rimescolando il tutto fino ad ottenere una salsina densa. Abbrustolite in una padella a parte il pangrattato , rimescolando continuamente fino a farlo imbiondire, aggiungete olio, rimescolando in continuazione e toglietelo dal fuoco. Condite le farfalle cotte e scolate con la salsina precedentemente ottenuta e cospargete col pangrattato abbrustolito

Pasta e polpette Per 4 persone 400 gr di penne rigate una confezione di salsa di pomodoro 4 uova una manciata di uva passa una manciata di pinoli un ciuffo di finocchietto selvatico uno spicchio d'aglio mezza cipolla qualche cucchiaiata di caciocavallo grattugiato olio extravergine di oliva sale e pepe

Prepariamo il sugo: in un tegame capiente mettiamo a soffriggere in poco olio la cipolla tritata e lo spicchio d'aglio intero. Aggiungiamo la passata di pomodoro e allunghiamo con un bicchiere d'acqua. Abbassiamo il fuoco e facciamo cucinare a fuoco lento. Intanto prepariamo le polpette: in una ciotola mescoliamo le uova con il caciocavallo, aggiungiamo l'uvetta precedentemente ammollata, i pinoli leggermente tostati, qualche ciuffetto di finocchietto tritato completiamo con sale e pepe. In una padella versiamo abbondante olio per friggere e col cucchiaio ricaviamo delle polpette che friggeremo un po' alla volta. Mettiamole ad asciugare su della carta assorbente e gettiamole quindi dentro al sugo, proseguendo la cottura ancora per 20 minuti a fuoco basso. Intanto, cuociamo la pasta. Scoliamola al dente e versiamola dentro al tegame col sugo. Mescoliamo con cura e serviamo la pasta con qualche polpetta sopra, conservandone qualcuna da mangiare come secondo piatto con abbondante sugo sopra. Completiamo con del caciocavallo grattugiato e serviamo


Cucuzza longa alla siciliana Per 4 persone Una zucchina lunga 4 patate 1 cipolla bianca peperoncino pomodorini Pachino basilico fresco grana grattugiato

La zucchina lunga siciliana va consumata privandola della buccia esterna. Con l'aiuto di un pelapatate quindi privatela della buccia e tagliatela in tocchi di medie dimensioni. Pulite le patate e tagliate anche queste a quadrucci piuttosto grossi. In un tegame capiente, mettete alcuni semi di peperoncino e tagliate finemente la cipolla. Fatela rosolare, aggiungete la zucchina e le patate e lasciate insaporire alcuni minuti. Unite quindi i pomodorini Pachino e allungate il sughetto o con del brodo vegetale o semplicemente con dell'acqua. Lasciate andare la cottura fino a che il sughetto si sarà ristretto e la zucchina risulterà ammorbidita. Potete portare in tavola la zuppetta accompagnandola con dei crostini di pane abbrustolito, un filo d'olio extravergine d'oliva e del basilico spezzettato che darà un intenso aroma al piatto

Pasta e patate Per 4 persone 1 kg di patate 200 g di pasta corta 2 lt di brodo di carne 1 cipolla 1 ciuffo di prezzemolo olio extravergine d’oliva sale, pepe

Lasciate appassire la cipolla tritata, in un tegame, con un filo d’olio. Aggiungete le patate pelate e tagliate a dadini e rosolatele per un paio di minuti, mescolando. Cospargete di pepe nero; coprite con il brodo caldo e cuocete, su fiamma moderata, per circa 40 minuti. A questo punto, regolate di sale, versate la pasta e portate a cottura, rimestando di tanto in tanto. Appena la minestra sarà pronta, profumatela con un’abbondante manciata di prezzemolo tritato e servitela calda.


Minestra del mare

Pasta con zucchine

Per 4 persone 1/2 kg. di pesce da minestra (scorfano, gallinella, tracina, sarago, parago, altri pesci dalla carne bianca) 100 gr di linguine 1 cipolla 1 spicchioaglio prezzemolo polpa di pomodoro sale pepe

Per 4 persone 400 g di pasta corta 4 zucchine verdi 2 spicchi d’aglio 1 ciuffo di basilico olio extravergine d’oliva peperoncino

Fate rosolare l’aglio e la cipolla tritati grossolanamente, quindi unite il pesce pulito e lavato, senza togliere la testa, e dopo alcuni minuti la polpa di pomodoro, il sale e il prezzemolo. Fate cuocere finché non vedrete che i pesci si staccano dalla lisca centrale. Fate raffreddare e togliete con le mani i residui più grossi (teste e lische), quindi passate al passatutto. Alla fine risulterà una crema, che dovrete diluire fino ad ottenere un brodo, non molto fluido. Rimettete sul fuoco, aggiungete un po’ di pepe e, quando spicca il bollore, fatevi cuocere le linguine spezzettate

Spuntate e lavate accuratamente le zucchine; poi, tagliatele a rondelle e cospargetele di sale. Affettate l’aglio e lasciatelo imbiondire in padella con 1 bicchiere d’olio e il peperoncino spezzettato. Eliminate l’aglio e friggete le zucchine; sgocciolatele e tenetele in caldo. Lessate gli spaghetti in acqua bollente salata; scola- teli al dente e saltateli in padella con l’olio delle verdure. Aggiungete le zucchine e mescolate con cura. Completate con le foglioline di basilico e servite.


SECONDI PIATTI

Sgombro, pesce spada, tonno, baccalà sono certamente fra le specie maggiormente utilizzate nell’ambito della cucina siciliana. Cotti sulla brace e semplicemente insaporiti con il salmoriglio oppure preparati a ghiotta, in guazzetto vengono proposti in infinite varianti, offrendo al palato gusti diversi. Anche le carni, tuttavia nella cucina siciliana rivestono una

certa importanza. Soprattutto se parliamo di coniglio, capretto o agnello. Il vitello, infatti, si può dire sia stata una conquista più recente, fatta eccezione per il falsomagro, quasi certamente di origine francese


Guazzetto di cernia in salsa di olive

Tranci di tonno in salsa di limone

Per 4 persone 4 filetti di cernia 1 baratollo di sugo alle olive olio extravergine d'oliva 1 bicchiere di vino bianco 1 cipolla bianca origano 1 spicchio d'aglio prezzemolo sale

Per 4 persone 4 tranci di tonno 2 pomodori rossi una manciata di capperi di salina burro 2 limoni freschi

In un tegame fate soffriggere in olio extravergine d'oliva una cipolla affettata finemente, uno spicchio d'aglio, un piccolo peperoncino e una manciata di origano Aggiungete i filetti di cernia e fateli insaporire per pochi minuti da entrambe i lati. Bagnate con il vino bianco e lasciate evaporare. A questo punto aggiungete il sugo alle olive, allungate con pochissima acqua e fate cuocere per una decina di minuti. Servite i vostri filetti con del prezzemolo fresco e ancora un pò di profumatissimo origano

Mettete a macerare i tranci di tonno in una salsa ottenuta spremendo i limoni e aggiungendo sale e pepe. Lasciateli insaporire per almeno 1 ora. In un tegame capiente, sciogliete qualche noce di burro, unite i filetti di tonno e fateli insaporire in questa salsa. Da ultimo aggiungete i capperi di salina. Intanto, preparate i pomodori concassè: in un pentolino mettete dell'acqua e fate bollire; con l'aiuto di un coltellino fate una croce alla base dei pomodori e gettateli per un minuto nell'acqua bollente. Scolateli e freddateli in una ciotola con acqua fredda. Spellateli, apriteli in due parti. Privateli dell'interno e tagliateli a piccoli quadrucci regolari. A questo punto siamo pronti per la presentazione finale del piatto. Sistemiamo i nostri filetti di tonno completandoli con il pomodoro concassè e qualche fogliolina di insalatina di stagione


Palombo alla siciliana

Totani farciti

Per 4 persone 1 kg. di tranci di palombo 1 bicchiere di vino bianco 700 gr, di polpa di pomodoro 2 spicchi d’aglio 1 cipolla una manciata di capperi 200 gr. di olive nere 50 gr. di pinoli 3 patate prezzemolo sale pepe

Per 4 persone 8 totani di media grandezza 200 gr di pangrattato 2 uova 100 gr di olive bianche 30 gr di capperi Un bicchiere di vino bianco secco Olio Sale

Metete l’olio in una padella, soffriggete l’aglio e la cipolla, aggiungete il vino, le olive, i pinoli. Lasciate evaporare il vino e unite il pomodoro, il sale, il pepe e le patate tagliate piuttosto grossolanamente. Cuocete per 10 minuti, poi unite il palombo. Fate cuocere a fuoco medio, fino a quando le patate non avranno raggiunto una consistenza morbida ma non troppo. Servite su un vassoio di portata e cospargete con il prezzemolo tritato e del peperoncino

Ripulite i totani delle interiora e lavateli bene con acqua corrente. Tagliate a pezzettini i tentacoli e dopo averli asciugati, soffriggeteli in un tegame con olio d’oliva ; aggiungete sale e cuoceteli poi a fuoco lento con un po’ di vino, sgocciolateli e metteteli da parte. Preparate una salsina aggiungendo nello stesso olio di cottura 250 di pomodoro pelato, uno spicchio d’aglio schiacciato, prezzemolo tritato e un po’ di sale. Rimescolate e cuocete la salsa per circa 10 minuti a fuoco lento. Preparate nel frattempo il ripieno in una scodella, sbattendo le uova ed aggiungendo i tentacoli soffritti, il pangrattato, i capperi tritati, la polpa delle olive sminuzzata e una spruzzata di pepe. Il tutto va bene amalgamato ed impiegato per riempire le borse dei totani, cuocendone le estremità con del filo bianco. Servite i totani con la salsa di pomodoro


Polipetti affogati

Involtini alla palermitana

Per 4 persone 1 kg di polipetti 300 g di pomodori pelati 1 spicchio d’aglio 1/2 cipolla 1 ciuffo di prezzemolo vino bianco secco olio extravergine d’oliva sale, pepe

Per 4 persone 12 fettine sottili di vitello 300 g di pangrattato 2 cucchiai di pecorino grattugiato 1 cucchiaio di uvetta 1 cucchiaio di pinoli 1 cipolla 1 ciuffo di prezzemolo foglie di alloro olio extravergine d’oliva sale, pepe

Tritate l’aglio, la cipolla e il prezzemolo e fateli appassire, in un tegame, con un filo d’olio. Bagnate con qualche cucchiaio di vino e lasciate evaporare; poi, aggiungete i pomodori, privati dei semi e spezzettati e una presa di sale e cuocete per 5 minuti. A questo punto, unite i polipetti puliti e ben lavati; coprite e portate a cottura, su fiamma molto bassa. Quando i polipetti saranno cotti, regolate di sale e cospargete di pepe.

Tritate un pezzetto di cipolla e lasciatela appassire, in padella, con un filo d’olio. Aggiungete metà del pangrattato e tostatelo brevemente, mescolando; poi, fate raffreddare e trasferite tutto in una terrina. Unite il pecorino, l’uvetta, i pinoli, il prezzemolo tritato, una presa di sale e una spolverata di pepe e amalgamate tutto, ammorbidendo il composto con poco olio. Stendete le fettine di vitello sul piano di lavoro e battetele leggermente. Distribuitevi sopra il preparato e arrotolatele in modo da formare degli involtini. Ungeteli d’olio e rotolateli nel pangrattato rimasto. A questo punto, infilzateli in spiedi di legno, alternandoli con spicchi di cipolla e foglie di alloro. Adagiateli in una teglia unta d’olio e infornate per una ventina di minuti


Falso magro Ingredienti per 4 persone 1 fetta di carne di vitello da circa 800 gr pangrattato uva passa pinoli caciocavallo a tocchetti parmigiano grattugiato 3 uova sode alcune fette di salame

Per il ragù: 2 bottiglie di salsa di pomodoro un battutto di cipolla, carota, sedano qualche foglia di alloro 1 bicchiere di vino rosso olio extravergine d'oliva sale e pepe

Sistemate sopra la fetta di vitello del pangrattato leggermente abbrustolito, le fette di salame, i pezzettini di caciocavallo, l'uva passa precedentemente ammollata in poca acqua tiepida, i pinoli leggermente tostati e le uova sode a fettine. Arrotolate la carne in modo da creare una sorta di salsicciotto e chiudetela con dello spago da cucina. A questo punto in una pentola capiente preparate un ragù: soffriggete nell'olio il battutto di cipolla, carota, sedano e alloro; aggiungete la carne e fatela dorare da entrambe le parti. Bagnate col vino rosso e dopo che questo sarà evaporato, aggiungete il pomodoro e lasciate cuocere per almeno 2 ore e mezzo. Quando la carne avrà assunto una consistenza tenera, fatela freddare su un piatto e tagliatela a

fettine. Servite la carne cosparsa col ragù ben caldo. Con il ragù se volete potrete condire anche dell'ottima pasta fatta in casa. Vi assicuro che rimarrete entusiasti dal sapore Anche se il nome potrebbe trarre in inganno (Falso Magro), in realtà si tratta di un piatto assai ricco visto che si tratta di carne bovina imbottita con uova sode, formaggi, salami e quant'altro la fantasia possa suggerirvi. Falso magro è, a dire il vero, "farci de maigre), cioè farcito di verdure, di magro ed è un piatto antico la cui preparazione si deve all'arte dei nobili Monsù, ai quali era affidato il compito di rendere degne della tavola le carni fibrose e dure dei "bovi da guasto", ovvero gli animali stroncati dalla fatica e dalla vecchia che non potevano più essere utilizzati per tirare l'aratro o le pesanti carrette


Coniglio in agrodolce Ingredienti per 4 persone coniglio pulito e tagliato a pezzetti 1 foglia di alloro 1 cipolla 1 cuore di sedano 1 limone 2 spicchi d’aglio 500 g di pomodori maturi 1 ciuffo di basilico

origano olio extravergine d’oliva aceto bianco zucchero sale, pepe

Pestate l’aglio nel mortaio con le foglie di basilico e una presa di sale; aggiungete il pomodoro pelato, privato dei semi e spezzettato e continuate a lavorare il composto, fino ad ottenere una crema omogenea. Versatela in una ciotola e incorporate 6 cucchiai d’olio, un pizzico di origano e una spolverata di pepe. Lavate il coniglio e sbollentatelo per 5 minuti in una pentola con 1 foglia di alloro e la buccia di limone; sgocciolatelo e asciugatelo con carta da cucina. Trasferitelo, quindi, in un tegame con 1/2

bicchiere d’olio, e un soffritto di cipolla e sedano. Lasciate rosolare dolcemente il coniglio, rigirandolo spesso con un cucchiaio di legno e bagnando di tanto in tanto con 1 cucchiaio d’acqua calda, per evitare che si attacchi al fondo della casseruola. Quando sarà dorato in modo uniforme, versate 1 dl d’aceto in cui avrete sciolto 1/2 cucchiaio di zucchero e fate evaporare lentamente, a tegame coperto. Scoprite qualche istante prima di spegnere la fiamma e servite la preparazione cosparsa con il pesto di pomodoro.


I DOLCI


Cassata siciliana Ingredienti per 4 persone Per il Pan di Spagna: 250 g di uova intere, 175 g di zucchero semolato,150 g di farina 00, 50 g di fecola di patate,1 bacca di vaniglia bourbon. Per la crema di ricotta: 500 gr di ricotta di pecora, 300 gr di zucchero, 50 gr di zuccata, 100 grammi di cioccolato fondente, 1/2 bustina di vaniglia. Per la finitura: 200 g di marzapane

65% di mandorle, 20 g pasta di pistacchio, 200 g di canditi. Per la ghiaccia decorativa: 50 g di albume, 400 g di zucchero a velo. Per la bagna: succo d'arancia, maraschino Per la glassatura: 300 g zucchero fondente, Acqua q.b., 250 grammi di pasta reale colorante verde per alimenti

Montate le uova intere con lo zucchero e la vaniglia nella planetaria con la frusta, fino ad ottenere un composto spumoso e chiaro. Togliete dalla macchina ed aggiungete a mano con un cucchiaio la farina setacciata insieme alla fecola di patate, miscelando il tutto delicatamente dal basso verso l'alto. Mettete immediatamente il composto cosí ottenuto in uno stampo imburrato ed infarinato, cuocete subito in forno a 190° C per 20 minuti circa. Per la crema di ricotta: prendete la ricotta freschissima e passatela al setaccio, aggiungete lo zucchero, la vaniglia, pezzetti di cioccolato, dadini di frutta candita e mescolate bene in modo da farne una crema omogenea. Con il marzapane e la pasta al pistacchio preparate un composto omogeneo che poi stenderete col mattarello per la finitura. Ricoprite di carta forno il fondo dello stampo e sul bordo formate una cornice composta da bande di pan di Spagna e bande di marzapane al pistacchio; mettete sul fondo dello stampo un disco di pan di spagna, inzuppate leggermente con una bagna al maraschino o all'arancio, e riempite lo stampo con il ripieno di ricotta. Chiudete

con un altro disco di pan di spagna, sempre inzuppato e mettete a freddare al frigo per almeno un'ora. A questo punto, sfilate via dallo stampo la preparazione e glassate con la glassa di acqua e zucchero. Decorate il bordo con la ghiaccia decorativa fatta montando l'albume ed aggiungendo poco alla volta lo zucchero a velo setacciato. Guarnite la superficie con i canditi ed il bordo con la granella di pistacchio. Spianate col mattarello la pasta reale a foglie dello spessore di circa mezzo centimetro e tagliatele a rettangoli dell'altezza dello stampo e di larghezza di 4 centimetri. Foderate i bordi dello stampo alternando la pasta di mandorle con il pan di Spagna. In questo modo otterrete un bel gioco di colori. Al fondo dello stampo sistemate delle fette di pan di Spagna alte un dito.Quindi, coprite con la crema di ricotta e completate con ancora uno strato di pan di Spagna. Fate asciugare mettendo la preparazione al frigo almeno per un'ora. Una volta fuori dal frigo, voltatela sul piatto da portata e condite come più vi piace con la frutta candita e la zuccata. Coprite infine con glassa di zucchero


Frutta Martorana

Brioscia

Per 4 persone 1 kg di farina di mandorle 1 kg di zucchero a velo 100 gr di glucosio 110 gr di acqua 1 fiala di aroma alle mandorle 1 bustina di vaniglia Per la colorazione: colori alimentari alcool per alimenti gomma lacca liquida decerata e de resinata amido per dolci stampi in silicone di vari tipi di frutta

Per 4 persone 500 gr di farina manitoba 15 gr di lievito di birra 70 gr di zucchero semolato 80 gr di latte intero 4 uova 180 gr di burro ammorbidito 15 gr di miele 7,5 gr di marsala 8 gr di sale un tuorlo qualche cucchiaio di latte intero per pennellare

Miscelare in una ciotola la farina di mandorle, lo zucchero a velo, la vaniglia, il glucosio e alcune gocce di aroma di mandorle. Impastare bene con le mani ma non per molto tempo perché altrimenti si rischia di rendere l’impasto oleoso e non utilizzabile. Passate le mani nell’amido per dolci e formate con l’impasto delle palline. Spennellate gli stampi di silicone con l’amido e disponetevi le palline di impasto, pressate leggermente ed estraetele. Togliete con un pennello le tracce residue di amido e lasciate riposare per 24 ore prima di procedere alla colorazione. Per colorare, utilizzate i coloranti alimentari sciolti in una soluzione di acqua e alcool al 50 per cento. In mancanza dell’alcool potete ricorrere ad un liquore (gin, vodka, cognac). Se volete lucidare la frutta, dopo aver fatto asciugare i colori per almeno un giorno, potete passare la gomma lacca per dolci con un pennello asciutto. Infine, divertitevi con le ultime decorazioni, che consistono nell’ornare i frutti con foglioline, tralci, piccioli, ecc

Per l'impasto sarebbe meglio utilizzare la planetaria. In caso contrario potrete procedere anche a mano. Sistemate nella planetaria (o sulla spianatoia) la farina setacciata, il lievito spezzettato e lo zucchero. Mettete in moto la planetaria e aggiungete il latte e le uova poco alla volta, in modo che vengano assorbite dalla farina. Continuate a lavorare finchè l'impasto non risulterà liscio ed omogeneo. A questo punto aggiungete il burro morbido poco per volta fino ad esaurimento. Nel frattempo miscelare il Marsala con il miele e tenere da parte. Aggiungetelo quindi all'impasto facendolo assorbire perfettamente. Aggiungere il sale e lavorare ancora per qualche minuto. Prelevate l'impasto e mettetelo su una spianatoia spolverizzata di farina. Formate una palla e mettetela a riposare in frigorifero per un'ora. Trascorso il tempo, staccare dei pezzetti di pasta, arrotolarli con il palmo delle mani sul piano da lavoro infarinato, in modo da formare delle palline grandi come un'arancia (circa 60 gr) e depositarle su una teglia sulla quale avrete disposto della carta forno. Formare quindi altre palline più piccole che serviranno per dare la forma tipica alle brioche. Praticare al centro una pressione col pollice e pigiando un pò adagiate le palline più piccole su quelle più grandi. Mettete a lievitare per circa 2 ore in un luogo tiepido. Il volume deve raddoppiare. A questo punto spennelate la superfice delle brioche col tuorlo battuto e il latte e mettete in forno preriscaldato a 200° per 15 minuti. Spegnete e lasciate ancora qualche minuto in forno fino a completa doratura.


Granita di caffé con panna

Cannoli

Per 4 persone 150 grammi zucchero semolato due cucchiaini di glucosio 2 dl di caffè ristretto 300 grammi di panna da montare fresca 2 cucchiai di zucchero a velo Una bacca di vaniglia

Per 4 persone Per le cialde: 110 gr di farina 15 gr di burro o strutto 40 ml di vino Marsala 1 cucchiaino di caffè 1/2 cucchiaino di aceto un pizzico di sale olio di semi per friggere Per la crema: 400 gr di ricotta di pecora 100 gr di frutta candita 100 gr di gocce di cioccolato 180 gr di zucchero la buccia grattugiata di un'arancia ciliegine candite zucchero a velo granella di cioccolata

Dobbiamo innanzitutto preparare uno sciroppo. In un tegame, mettiamo mezzo litro d’acqua e vi sciogliamo lo zucchero semolato e il glucosio. Mescoliamo e mettiamo sul fuoco, portiamo ad ebollizione per pochi minuti quindi facciamo raffreddare completamente lo sciroppo. Prepariamo il caffè molto ristretto, lo facciamo intiepidire e lo mescoliamo con lo sciroppo. A questo punto lo riponiamo in freezer avendo cura di mescolare di tanto in tanto. Questo, infatti, è il segreto per mantenere granulosa la nostra granita ed evitare che diventi un blocco di ghiaccio. Al momento di servire, e a seconda dell'ora in cui si sceglie di consumarla, si può fare un piccolo assaggio versandola in bicchierini da caffè e aggiungendo da ultima la panna montata. Se, invece, abbiamo proprio voglia di farci una scorpacciata vi consiglio di riempire una bella coppa larga e di servire con tanta panna, all'insegna della golosità. Il massimo per una granita è essere accompagnata dalla mitica brioche siciliana. A Messina, la granita si serve rigorosamente accompagnata da questa delizia

Sul piano di lavoro, fate una fontana con la farina setacciata: al centro ponete un cucchiaio di zucchero, una presa di sale, il caffè, l'aceto, il burro o lo strutto e il Marsala. Impastate il tutto in modo da ottenere un composto consistente e mettete a riposare per mezz'ora in frigorifero. Intanto, preparate la crema alla ricotta. in una ciotola versate la ricotta passata al setaccio, profumatela con la buccia dell'arancia grattugiata, aggiungete lo zucchero, i canditi e del cioccolato

in scaglie e mettete in frigorifero. Stendete l'impasto a due mm di spessore e con l'aiuto di un taglia pasta ricavate dei dischi che avvolgerete poi sugli appositi cannelli metallici. Sovrapponetene i lembi e legateli con un composto fatto di un uovo, 2 cucchiai di farina e un cucchiaio d'acqua o in alternativa, con dell'albume d'uovo. Friggeteli in abbondante olio e quando saranno ben dorati, scolateli e sfilateli via dai cannelli. Quando si saranno freddati, con una tasca da pasticcere farciteli di ricotta e completate guarnendo i vostri cannoli a pacere con: ciliegine candite, scorza di arancia candita, pistacchi tritati, granella di cioccolato. Spolverizzate di zucchero a velo e servite


Zeppole di San Giuseppe Per 4 persone 180 g di farina 50 g di burro 150 g di zucchero semolato 4 uova 1/2 cucchiaio di lievito in polvere 400 g di ricotta 2 cucchiai di cioccolato a scaglie scorze d’arancia candite olio di semi sale

Versate 250 g d’acqua in un tegame; aggiungete il burro, 1 cucchiaio di zucchero e una presa di sale e portate ad ebollizione. Togliete dal fuoco e aggiungete tutta la farina in un solo colpo, rimestando energicamente; poi, rimettete su fiamma bassa e cuocete il composto fino a quando comincerà a sfrigolare e si staccherà dalle pareti della pentola.A questo punto, lasciate intiepidire e incorporate, uno per volta, le uova mescolando bene. Alla fine, unite il lievito e amalgamate fino a quando il preparato sarà morbido e omogeneo; copritelo con un canovaccio e lasciate lievitare per circa 1 ora. Scaldate abbondante olio di semi e friggete la pastella a cucchiaiate, rigirando le bignole durante la cottura per ottenere una doratura uniforme. Sgocciolatele e ponetele su carta da cucina a perdere l’unto in eccesso.Amalgamate la ricotta con lo zucchero rimasto e le scaglie di cioccolato. Quando gli sfincioni saranno freddi spalmateli con la crema preparata e decorateli con le scorzette candite

Gelo di anguria

Per 4 persone 1 kg di polpa di anguria 100 g di amido 200 g di zucchero semolato 1 bustina di vanillina

Passate al setaccio la polpa di anguria e raccogliete- ne il succo in un tegame. Aggiungete l’amido e lo zucchero e fate addensare il composto, su fiamma dolce, mescolando. Incorporate, quindi, la vanillina e versate la crema in stampini appena inumiditi. Lasciate raffreddare e ponete in frigo per 24 ore, prima di servire.


Biancomangiare

Semifreddo alle mandorle

Per 4 persone 1 litro di latte di mandorla 100 gr di amido per dolci 120 gr di zucchero semolato una buccia di limone 50 gr di cioccolato fondente cannella 1 cucchiaio di mandorle tostate 1 cucchiaio di pistacchi pelati

Per 4 persone 350 g di mandorle pelate 1/2 l di panna montata 300 g di zucchero semolato 4 uova 200 g di cioccolato fondente 1 cucchiaio di burro latte sale

Stemperate l'amido in poco latte di mandorla a temperatura ambiente; incorporate, quindi, lo zucchero e il latte rimasto e, mescolando, lasciate addensare la crema, su fiamma moderata aggiungendo alla stessa la buccia di un limone durante la cottura. Versatela su un piatto da portata o in stampini e fatela raffreddare. Quando sarà completamente fredda cospargetela con la cannella in polvere e con cioccolato a scaglie e servite

Versate 200 g di zucchero in un tegame con 1 cucchiaio d’acqua e ponete su fiamma bassa, mescolando. Dopo un paio di minuti, aggiungete le mandorle e rigirate tutto con un mestolo di legno, fino a quando lo zucchero sarà caramellato, velando le mandorle. Rovesciate il preparato su un piano di marmo oleato e staccate le mandorle una dall’altra; lasciate raffreddare completamente. Separate i tuorli dagli albumi e montate questi ultimi a neve ferma con un pizzico di sale; poi, lavorate i rossi con lo zucchero rimasto, fino ad ottenere un composto gonfio e spumoso. Tritate le mandorle in un robot da cucina e incorporate la granella alle uova, tenendone da parte 3-4 cucchiai per la decorazione. A questo punto, amalgamatevi la panna e le chiare. Trasferite la crema in uno stampo (oppure in stampini da porzione) e fate solidificare in freezer, per almeno 8 ore. Sciogliete il cioccolato, a bagnomaria, con il burro e qualche cucchiaio di latte e tenete sul fuoco fino a quando il preparato sarà fluido e omogeneo. Sformate il semifreddo e adagiatelo in un piatto su un letto di salsa di cioccolato; cospargetelo con la granella tenuta da parte e servite.


Vi lasciamo con quest’immagine augurandovi di innamorarvi della Sicilia e dei suoi tesori


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