I magazzini badiali florensi DEPLIANT PIEGHEVOLE 2019

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L’interessamento per Faradomus crebbe all’indomani della distruzione della Proto Domus di Fiore Vetere (estate 1213) e tanto fece Matteo, il successore di Gioacchino, che nel 1215 ottenne il permesso di spostare a Faradomus la Casa madre dei florensi, finendola di costruire nel 1234, anno in cui fu eletto vescovo di Cerenzia. Faradomus, dopo i mutamenti, fu chiamato Fiore. L’ala est dell’abbazia florense costituisce l’ambito principale delle ex strutture conventuali, dove oggigiorno sono visibili le tracce delle strutture più antiche. Non c’è alcuna ombra di dubbio che i locali seminterrati dell’ala est, siano stati costruiti per essere usati, sin dall’origine, come Magazzini Badiali. Gli archetipi di fabbrica antichi ancora presenti, quali le due grandi porte poste sul fonte sud e l’assenza di finestre evidenziano detta destinazione d’uso. La piccola cappella posta in posizione mediana, successiva all’originario impianto florense, altera sensibilmente la spazialità antica di questi locali parzialmente seminterrati la cui destinazione d’uso è confermata anche nelle platee del 1534, 1575 e 1652, dove sta scritto che gli abitanti di San Giovanni in Fiore dovevano pagare la decima portando quanto di spettanza ai magazzini dell’abate Commendatario entro il mese d’agosto di ogni anno. L’indagine archeologica condotta sui piani fondali di questi locali nel 2007 ha restituito pochi reperti rimescolati, essendo stato il sito raschiato fino alla roccia, qui detta“sanzu”, al tempo della costruzione del complesso badiale, e forse anche prima. Persistono tuttavia visibili sui piani fondali alcune buche di palo, non databili e dei canali di scolo, realizzati in diverse epoche, per la raccolta e la regimentazione verso l’esterno dell’acqua d’infiltrazione. Sugli stessi piani fondali si scorgono dei grossi setti murari ortogonali all’andamento dell’edificio, che corrispondono ad alcuni archi in rovina visibili, anche se inglobati, tra le parti elevate delle mura. Nell’ambito esterno del fronte meridionale dallo scavo eseguito nel 2007 sono emerse diverse strutture murarie stratificate e inglobate a tratti tra le strutture florensi, alcune delle quali certamente preesistenti al loro arrivo a Faradomus. In futuro, uno scavo archeologico più ampio potrà chiarire l’origine e gli usi delle strutture interrate e inglobate nella fabbrica florense. Resta la certezza che l’ambito di Faradomus (la casa della Fara più a sud d’Europa), fu colonizzato dai Longobardi, i quali assegnarono al luogo l’etnotoponimo di radice linguistica indubbia, poi, dall’886 passò ai monaci bizantini dell’abbazia dei Tre Fanciulli, che stava sotto l’obbedienza della Metropolia di Santa Severina e, infine, dal 21 ottobre 1194 fu assegnato ai florensi guidati dall’abate Gioacchino da Fiore.

COMUNE DI SAN GIOVANNI IN FIORE

I MAGAZZINI BADIALI FLORENSI per informazioni Museo Demologico tel. 0984-970059


DA FARADOMUS ALL’ABBAZIA FLORENSE grafica, impaginazione digitale e fotografie Andrea Lopetrone

testi arch. Pasquale Lopetrone

A

lla fine del sec. VI buona parte del territorio della Calabria settentrionale entrò negli ambiti assoggettati ai Longobardi di Benevento capeggiati da Arechi, i quali nel 596 riuscirono perfino a conquistare Crotone bruciandola. Le ricerche sin qui compiute non hanno chiarito il confine che si determinò agli inizi del sec. VII tra il Ducato bizantino di Calabria e i Gastaldati Longobardi di Cosenza e Cassano. Di certo è che alla fine del sec. VI sulla direttrice geografica Cosenza-Crotone, contrassegnata dalla valle del Neto, non era presente alcun centro abitato. La traccia del più importante insediamento fondato in Sila dai Longobardi perviene dal toponimo Faradomus, che compare nella documentazione florense di fine sec. XII e inizi sec. XIII. Con questo termine i cancellieri reali indicavano il luogo dove sorse l’abbazia florense a partire dal 1194. Faradomus, pertanto, è un etnotoponimo che indica il luogo d’insediamento della colonizzazione longobarda, ovvero la casa della FARA, che era formata da un gruppo parentale costituente un corpo di spedizione, l’unità di base del popolo in armi cosi diviso durante le migrazioni compiute dai Longobardi all’interno della penisola italiana. Nell’886 il generale bizantino Niceforo Foca riconquistò la Calabria e cacciò dalla Regione i Longobardi, quindi Faradomus rientrò tra i possessi bizantini fino a che nel 1194 quest’ambito di territorio non fu concesso da Enrico VI ai florensi guidati dall’abate Gioacchino da Fiore. Questa assegnazione fu contestata dai Bizantini dell’abbazia Trium Puerorum, ubicata sulle pendici orientali di Monte Gimmella, che rivendicavano il possesso plurisecolare di Faradomus, Calosuber (Buonolegno) e altri fondi da loro goduti, da tempi immemorabili, prima che questi fossero assegnati ai florensi. Dato che ognuno rivendicava i propri diritti, i monaci Bizantini, capeggiati dall’abate Isaia e sorretti da 200 uomini armati abitanti di Caccuri, passarono dalle parole ai fatti, quindi irruppero nei fondi di Faradomus e Calosuber, finendo per malmenare i florensi, distruggere le colture in atto e le fabbriche in costruzione. La lite finì in giudizio presso la Corte Reale che, con vari passaggi e atti, giunse alla fine a dare ragione ai florensi e a moderare le pretese avanzate dall’abate Isaia controbilanciandole con altre rendite e territori. Nel 1215 L’abbazia dei Tre Fanciulli fu poi assoggettata definitivamente divenendo una filiazione dell’abbazia florense. Dal 1195 in poi i florensi dissodarono i terreni di Faradomus per metterli a coltura e a edificare su essi una loro Domus religionis, forse coincidente con l’attuale “cripta”. Non si esclude, però, che sul luogo preesistesse una piccola e antica chiesa. (continua)


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