Dolomia

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SOMMARIO In primo piano

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UN FOTOGRAFO NELLE DOLOMITI Intervista a Ernesto Da Zolt: il racconto di tutto ciò che si nasconde dietro uno scatto, dallo studio all’ attrezzatura, l’ attesa, il fallimento, e infine lo scatto della foto perfetta

Focus

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50 sfumature di rosa Il fenomeno dell’ Enrosadira, che ha reso le Dolomiti leggendarie in tutto il mondo

La regina dei cieli Alla scoperta dell’ aquila, maestoso volatile dominatore dei cieli dolomitici


Storie Transumanza Patrimonio dell’ Unesco le affascinanti migrazioni dei greggi assumono ora anche un valore ufficiale: è un’ altro incredibile traguardo culturale per l’ Italia

Le Dolomiti in due parole I monti pallidi raccontati attraverso le parole di colui che forse le ha conosciute meglio di tutti, Dino Buzzati

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EDITORIALE

AMARA VERITA’ Il fotografo e il cacciatore Di Paolo Alpago-Novello

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“Amano e rispettano la natura”. E’ questo uno dei principi su cui si basa lo scoutismo, è questo uno dei valori che ho abbracciato 12 anni fa. Uno stile di vita, quello dello scout: una consapevolezza, un approccio al mondo diverso, essenziale e sincero. E’ grazie allo scoutismo che ho imparato ad osservare e a godere dell’ incredibile miracolo della vita, ad apprezzare e a dare valore a tutto ciò che mi circonda. “Dolomia” è anche questo: una celebrazione del bello, una condivisione di ciò che mi ha fatto innamorare del posto in cui vivo, nella speranza di colpire un pò anche te che sfogli queste pagine. Un paio di mesi fa pensando a questa tematica mi è venuto in mente un amico, con la passione per la fotografia ma sopratutto con un grande amore per la vita. Da qui quindi è nata l’idea dell’ intervista che è proposta in questo numero. Il fotografo naturalista credo sia il celebratore del creato per eccellenza: ama i dettagli, le piccole cose, coglie il valore e la magia in ciò che per altri è banalità. Le sue azioni sono il meno invasive possibile, ha pazienza e un immenso rispetto: si veste i maniera da non spaventare le creature, le nutre anche dopo lo scatto desiderato, non fa mai nulla che potrebbe urtare il benessere dell’ animale: l’uomo è solamente un fortunatissimo ospite dello spettacolo della natura e pertanto deve mantenere un atteggiamento profondamente rispettoso. Eppure accade poi che la dura realtà mostri anche l’ uomo cacciatore, che agisce in maniera molto simile al fotografo, nonostante l’ obbietivo finale sia esattamente l’ opposto: l’uno celebra la vita nella sua totalità, l’ altro la stronca, la calpesta violentemente.


Ammira Rispetta Proteggi

Foto di Ernesto Da Zolt

Poiane in accoppiamento

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Quando il sole si assopisce, e il rosso divampa, un’ armonia di colori dipinge i monti pallidi.

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E’ magia.


FOCUS

Un’antica leggenda narra di Laurino, Re dei nani, proprietario di un meraviglioso giardino di rose (Rosengarten, appunto, o Catinaccio) innamorato della bellissima principessa Similde. Laurino rapì la fanciulla, promessa ad un altro uomo, con l’aiuto di un cappello che lo rendeva invisibile; la condusse al castello e poi nel roseto colmandola di attenzioni. Il legittimo promesso sposo, Hartwig, con l’aiuto di Re Teodorico, liberò la principessa. Re Laurino colto da profonda tristezza pietrificò il roseto pronunciando una formula magica secondo la quale le rose non sarebbero più state viste da nessuno né di giorno né di notte. Ma… dimenticò l’alba e il crepuscolo! Da allora, al tramonto e al sorgere del sole, le rose riappaiono e le Dolomiti si tingono di rosa…

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Damiano Baschiera Unsplash

Fabio Disconzi Pixabay

Simone Simoni

Francesca Franchini

FOCUS


Marco Bonomo Unsplash Xuuxuu Pixabay Salmen Bejaoui Unsplash David Sigglin Unsplash

L’Enrosadira, che deriva dal ladino e significa “diventare rosa”, è un fenomeno che conferisce il caratteristico colore rosa-viola a queste montagne ed è causato principalmente dalla costituzione chimica delle Dolomiti: magnesio e carbonato di calcio. Si può osservare soprattutto all’alba e al tramonto durante le giornate nitide.

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IN PRIMO PIANO

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UN FOTOGRAFO NEL


Per tutto il servizio Ernesto Da Zolt

LLE 13


IN PRIMO PIANO

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DUE PAROLE CON ERNESTO DA ZOLT Originiario Cadorino, cuoco di professione, con la passione per il mondo della


Parcheggiamo in uno spiazzo sulla destra della strada e infreddoliti ci mettiamo in cammino. Faccio del mio meglio per seguire lo spinto passo del fotografo, anche se la tenetazione fermarmi ad ammirare ogni singola meraviglia che ci circonda è fortissima: tutti i boschi del Comelico innevati, un totale silenzio, e un’ atmosfera a tratti surreale. Improvvisamente, nell’immensità del bosco circostante, giungiamo ad un piccolo capanno, totalmente ricoperto di neve e a tratti invisibile a occhio nudo. Sorrido: quanto può essere piccola e insignificante l’ opera dell’uomo se messa a confronto con la forza della natura. “Questo è il mio rifugugio”, afferma Ernesto. Non sicuro se intendesse in senso materiale o se alludesse alle emozioni che solo qui, in solitudine, si possono provare. Appoggiamo gli zaini e ci versiamo una tazza di the caldo. Gli chiedo come tutto è inziato. “ho comprato la mia prima reflex nel 2009 una canon 1000d, inizialmente mi sono cimentato in vari generi fotografici, ma visto gli impegni universitari e lavorativi scattavo poco e le uscite fotografiche erano piuttosto deludenti, poi dopo la laurea per alcuni anni avevo praticamente smesso di fotografare sempre a causa dei molteplici impegni lavorativi. Tuttavia nel 2015 grazie anche ad un cambio di lavoro ho iniziato a dedicarmi con maggior impegno e passione alla fotografia concentrandomi sul genere naturalistico. Sicuramente il 2016 è stato un vero e proprio anno di svolta legato al mio primo grande sogno fotografico che tutt’oggi mi fa appassionare a questo hobby, ossia l aquila reale. Dopo aver lasciato il lavoro in cucina ho iniziato a fare l’insegnante part time alle scuole medie quindi avendo molto più tempo libero ho deciso insieme ad un mio amico di costruire un capanno sul fiume Piave per fotografare i merli d’acqua, poi visto i primi discreti risultati ho scelto di cambiare attrezzatura e passare a Nikon e infine dall’inverno di quell’anno ho iniziato ad inseguire il sogno dell’aquila.

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IN PRIMO PIANO

Nel corso degli ultimi anni Ernesto ha pian piano acquistato un valido corredo fotografico. Solitamente pianifica le uscite e in base a quello che vorrebbe fotografare sceglie l’attrezzatura da portare e anche l’abbigliamento più consono: gli orari migliori per fotografare sono le prime ore del mattino, quando il sole mostra i suoi primi

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raggi, tra le 7 e le 8: in inverno le temperature quindi possono scendere anche fino ai 20 gradi sottozero e ciò nonostante il fotografo deve mantenere una posizione di totale immbolità per molte ore consecutive: non manca mai infatti nello zaino di Ernesto un thermos con un litro di caffè caldo.


Essenziale è la mimetica, necessaria per confondersi nell’ ambiente circostante e diminuire il rischio di essere notati dalla fauna circostante. La sua attrezzatura principale presenta poi due reflex e una serie di obiettivi che vanno dall’ ultragrandangolare fino al teleobiettivo per la caccia fotografica.

Ernesto nel suo capanno. Si tratta di un semplice punto strategico, dal quale può effettuare scatti rendendosi il meno visibile possibile. Spesso poi crea dei complessi ambienti per gli animali nei pressi di esso per invitarli ad appoggiarsi su questi e fotografarli direttamente dal capanno.

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In foto un esemplare di cardellino

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“Mi ha sempre affascinato la capacità di volare degli uccelli oltre ovviamente alla loro incredibile varietà di colori e suoni. Nell’enorme molteplicità di specie ed esemplari è poi possibile scoprire un campionario eccezionale di atteggiamenti, comportamenti e pose che a mio avviso li rendono un soggetto particalarmente adatto alla ripresa fotografica; estremamente affascinanti sono in tal senso i complessi rituali di corteggiamento durante il periodo degli amori e poi la meticolosità con cui i genitori preparano il nido per la nascita dei piccoli ed infine l’enorme sacrificio che compiono per lo svezzamento alla continua ricerca di insetti, larve e altro per nutrirli.”

“La complessità dei rituali e della vita quotidiana dei volatili li rende incredibilmente emozionanti e


In foto un upupa mentre imbecca i suoi cuccioli. A sinistra il corteggiamento tra merli acquaioli

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conservati

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Periodo di feste natalizie, le luci sullo sfondo sono quelle dei mercatini di Natale di Campolungo di Cadore. Sullo sfondo le Tre Terze, i raggi della luna crescente, e la costellazione di Orione

di ottima qu


000 scatti annuali

sto umeri 00

ualitĂ

di attrezzatura 23


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12000 €

IN PRIMO PIANO


Aspettando il momento giusto “ Sono solito cancellare gran parte delle foto fatte durante la giornata. E’ infatti elevatissimo il numero di scatti effettuati per un determinato animali, anche se poi quelli davvero buoni sono pochi o nulli. L’ermellino ad esempio ha richiesto grande sfronzo; animale raro, piccolo e veloce, bisogna avere la fortuna di trovarlo, e di immortalarlo in una buona posizione. , Soprattutto per la fotografia di animali inoltre è indispensabile essere perseveranti e continuare a studiarne sul campo le abitudini, saper individuare e distinguere le tracce e riconoscere le zone dove possono essere più facilmente avvicinabili. Tuttavia anche la fotografia di paesaggio richiede un notevole impegno fatto di numerosi sopralluoghi per capire la luce e la giusta inquadratura.”

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L’ Ermellino bianco. Difficile da trovare, è stato fotografato anche grazie all’aiuto di amici fotografi di Ernesto, che ne hanno rivelato la posizone. Più di 400 scatti sono stati necessari prima di ottenere risultati soddisfacenti


400 scatti dopo

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IN PRIMO PIANO


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IN PRIMO PIANO

ogni giorno, curare l’ ambiente circostante, e lasciare quotidianamente del cibo per renderlo appetibile agli animali, e far sopratutto si che si abituino ad esso. E’ nell’ autunno 2019 che la struttura inizia a dare i suoi frutti: la ghiandaia, la poiana, lo sparviero, iniziano a frequentare sempre più spesso “La Beverata”, cosi ha chiamato Ernesto questo complesso posatoio.Sono questi quindi giorni importanti, in cui il fotografo potrebbe finalmente riuscire ad effettuare lo scatto cosi a lungo cercato. Il periodo invernale tra Settembre e Dicembre porta la luce ad essere già molto alta nel primo pomeriggio: le migliori ore sono quindi quelle del mattino dove i raggi sono magari piu soffusi e meno pronunciati: è infatti una credenza sbagliata l’ idea che più luce colpisce un soggetto migliore è il risultato, anzi, questa tenderebbe solo ad ovattare la foto appiattendo i dettagli. Ecco che allora è appena dopo l’ alba, tra le 8 e le 9 in una giornata con cielo coperto che si verificano le condizioni ideali per lo scatto perfetto. Di primaria importanza è infine la collocazione del capanno da cui scattare le foto: per avere le condizioni ideali è necessario rivolgerlo verso Nord, verso le montagne, per non ritrovarsi dopo le prime ore di luce controsole; in questa maniera si avrà il sole e la luce a favore per Occorreva quindi ricominciare da capo. tutta la giornata. Per i tre mesi successivi il fotografo si è dedicato alla costruzione del laghetto: preparata Assolutamente affascinato da tutto il conla superfice, ha continuato a far circolare l’ testo, ho avuto l’incredibile fortuna di poter acqua per non farla ristagnare e renderla tor- passare una giornata con lui: proprio in bida, ha posizionato alcune piante l’edera e questa occasione si è verificata l’ occasione delle felci e ha inoltre trapiantato abeti rossi per lo scatto alla ghiandaia; un insieme di e bianchi, in maniera da creare un habitat tecnica, fortuna, e pazienza, un semplice protetto anche per gli esemplari più piccoli; scatto dal valore per me straordinario. Sono un elemento fondamentale di cui bisogna le 6.00 del 18 Novembre 2019 quando mi tenere presente è infatti che in spazi aperti la sveglio pronto per per questa esperienza. luce è senza dubbio migliore, ma la presenMi incontro con Ernesto e assieme giunza di animali è decisamente più ridotta in giamo a Col D’ Avara, piccola località della quanto si sentono più scoperti e vulnerabili. zona di Pulè, in Comelico: qui lasciamo la Essenziale è inoltre la manutenzione del luo- macchina per incamminarci a piedi verso il go che si decide di costruire per gli scatti più capanno e in pochi minuti, intorno alle 6,50, studiati: occore far circolare l’ acqua ogni arriviamo alla Beverata, l’opera d’arte del

i siamo trovati a Cison alle 7.oo di martedi 18 Novembre. Era una giornata bellissima, e tutto poteva solo migliorare: forse sarei stato così fortunato ad osservare dal vivo lo scatto alla ghiandaia che Ernesto stava rincorrendo da mesi. Durante le nostre conversazioni mi aveva sempre accennato a questo animale, cosi complesso e diffidente, e per questo, nonostante abbastanza diffuso nel territorio, molto difficile da fotografare. E’ iniziato tutto nel Dicembre del 2015, quando Ernesto ha inziato a costruire il capanno fotografico e un piccolo stagno appositamente pensato per l’animale. Il primo tentativo si è rivelato subito fallimentare, la luce che arrivava al capanno era sbagliata e la ghiandaia, diffidente, spesso arrivava ma dopo 2-3 giorni si allontanava definitivamente.

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Tra le 7.00 e le 9.00 vi è la luce migliore per fotografare


fotografo. Mi metto subito in disparte, nella speranza di interferire il meno possibile. Ernesto si posiziona all’ interno del capanno, nato da un vecchio fienile diroccato e molto ben mimetizzato: coperto da un telo nero su ogni lato, vi sono solo piccole feritoie dove piazzare l’obiettivo. Nella routine di ogni giorno gran parte del tempo è trascorsa in attesa, talvolta passa anche tutto il giorno senza concludere nulla a temperature rigidissime. In casi di appostamenti come questo poi Ernesto è solito lasciare sempre delle esche, come semenze, arachidi, bacche di girasole, per invitare gli animali ad avvicinarsi; lui è però prima di tutto un ospite rispettoso della natura ed è per questo che poi anche dopo lo scatto spesso continua a lasciare qualcosa per non rovinare l’ habitat a cui i volatili si erano abituati. Sia prima che dopo lo scatto serve sempre costanza e presenza pressochè quotidiana, per mantenere tutto il sistema intatto e invariato. La giornata era perfetta, cielo coperto e vento totalmente assente, l’ ideale per scattare una bella foto. Sono più o meno le 7,45 quando la ghiandaia comincia a sorvolare la Beverata, appollaiandosi sporadicamente per poi risollevarsi nuovamente in volo. Ernesto, immobile, prepara l’ obiettivo e osserva, è vicinissimo, non più di 6-7 metri dalla creatura. E poi improvvisamente si presenta l’occasione giusta: il piccolo volatile si appoggia sul posatoio e gira un po la testa assumendo una posizione a 3/4: osservo ammirato, sembra si sia messa d’ accordo per posare, è tutto in armonia: la la luce che le accarezza le coloratissime piume, l’edera rossa sulla sinistra, e poi il capolavoro di quella coda che si adagia al millimetro sulla cresta dell’ acqua immobile e limpida, creando un riflesso perfetto, a tratti surreale. Ore 7,56, lo scatto perfetto. Di tutte le foto che ho visto di Ernesto questa è senza dubbio la mia preferità perche contiene l’essenza del fotografo naturalista: pazienza, dedizione, attenzione hai dettagli, e tanto tanto rispetto, oltre che ad ovviamente la fortuna di osservare la ghiandaia in una posizione cosi scenografica. Ricordo alcune parole di Ernesto a riguardo:

Sembrava si fosse messa in posa, come invitando Ernesto allo scatto. Era tutto assolutamente perfetto. “Ovviamente serve anche un po’ di fortuna poichè spesso può capitare di alzarsi alle 3 di notte per andare a fotografare un ‘alba o un tetraonide ed arrivare sul posto e torvarsi immersi nella nebbia oppure di salire in quota ad attendere un tramonto e proprio mentre sta per imbrunire improvvisamente il cielo si copre di una foschia che ti fa tornare a casa senza neppure uno scatto. Altre volte invece la fortuna è della tua parte e ti capita di imbatterti negli occhi ipnotici di una civetta nana che ti fissano proprio mentre stai ritornando a piedi verso l’auto o magari aspettare che compaia la via lattea e nel frattempo all’orizzonte si scatenano alcuni temporali che infiammano la notte buia. “ Una giornata che non dimenticherò facilmente, dove ho davvero visto una celebrazione della vita, oltre ad un altissimo livello tecnico e fotografico. Sarò sempre grato ad Ernesto per la disponibuilità e la pazienza dimostrata durante questo viaggio che mi ha fatto fare nel mondo della fotografia

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IN PRIMO PIANO


La ghiandaia. Lo scatto a sinistra è stato effettuato alle 7.53.

Quello qui sotto invece sempre nella stessa giornata ma in condizioni di luce diverse, erano le 12.33

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FOCUS

TRANSU

Patrimonio culturale material 34

STORIE


UMANZA

le e immateriale dell’Unesco 35


STORIE

La transumanza è la migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che si spostano da pascoli situati in zone collinari o montane (nella stagione estiva) verso quelli delle pianure (nella stagione invernale) percorrendo le vie naturali dei tratturi

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Per tutto il servizio foto di Marie-ThÊrèse Van Roy


Migrare inseguendo il ritmo delle stagioni, alla ricerca del clima perfetto, del pascolo migliore, quello in grado di assicurare al gregge nutrimento e benessere. Uomo, animale e natura, insieme, in un rapporto sempre più intimo e profondo, di isolamento, silenzio. Momenti di passaggio, di rituali, gesti ripetuti, ritmi ben scanditi: ogni giorno, da capo. Ripartire e ricominciare. Una delle tradizioni più antiche d’Italia (e non solo, la candidatura è stata avanzata insieme a Grecia e Austria), finalmente riconosciuta Patrimonio Immateriale dell’Umanità: la transumanza.

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FOCUS

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Orizzontale, se fatta nelle zone in cui si alternano aree montuose e pianure, verticale se praticata lungo l’arco alpino. Un’ altra bellissima notizia per l’ Italia, che in campo culturale non smette mai di stupire: La decisione è stata approvata all’unanimità dai 24 Stati membri del Comitato intergovernativo. È la terza volta, si legge in una nota del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), dopo la pratica tradizionale della coltivazione della vite ad alberello della comunità di Pantelleria e l’arte dei muretti a secco, che viene attribuito questo prestigioso riconoscimento a una pratica rurale tradizionale. L’Italia acquisisce così il primato di iscrizioni in ambito rurale e agroalimentare superando Turchia e Belgio.


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MOMENTI

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Ernesto Da Zolt


Attimi Vivi ogni attimo come se fosse l’ultimo: perché è l’ultimo. Ornella Angeloni Accatino

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STORIE

I MONTI PA IN DUE PAR


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ALLIDI ROLE

Salmen Bejaoui


STORIE

Le dolomiti, il rifugio di Dino Buzzati “Le impressioni più forti che ho avute da bambino appartengono alla terra dove sono nato, la valle di Belluno, le selvatiche montagne che appartengono alle dolomiti”

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Così scriveva Dino Buzzati (1906-1972), cronista del Corriere della Sera e scrittore, autore di romanzi immortali come “Il deserto dei tartari“ e “Bàrnabo delle montagne”. Un poeta simbolo dei Monti Pallidi, ai quali è stato legato forse di più di chiunque altro. Un’ influenza totale, che lo ha accompagnato in tutta la sua vita di pittore, artista, scrittore, opinionista: la Schiara, ad esempio: c’è una foto che lo ritrae a 15 anni sulla vetta, con due amici. Da adulto le dedicò anche uno scritto, L’amico Schiara (1964), dove rievoca gli anni delle arrampicate giovanili. Un amore quasi fraterno, un legame eterno, troppo forte per poter essre spezzato.Quando, nel 1940, l’incarico di corrispondente del Corriere della Sera in Africa prima, durante la guerra, e negli incrociatori che pattugliavano il Mediterraneo poi, lo allontanano dalle Dolomiti lo strazio è evidente;. in un articolo per il Corriere d’informazione del 1941 scrive: “Tutte le sante notti, da una ventina d’anni a questa parte mi sognavo le montagne”. Dopo l’entrata in guerra l’orrore della morte gli avvelena l’animo, ma alle montagne chiede fortemente di riprovare, di tornare a fargli visita di notte, di farlo viaggiare ancora una volta tra le loro pareti rosa: “Aspettate qualche tempo tranquille, e poi provate di nuovo. Un bel giorno ritroverete via libera, spero. Nei miei sogni, chissà, tornerete a innalzare le vostre muraglie coronate di nubi e di sole”.


“ Intanto sulle alte crode giungono i primi raggi di sole. Adesso Barnabo vede le montagne. Non assomigliano veramente a torri, non a castelli, nè a chiese in rovina, ma solo a se stesse, così come sono, con le frane bianche, le fessure, le cenghe ghiaiose, gli spigoli senza fine a strapiombo piegati fuori nel vuoto” Da “Barnabo delle montagne”

Lorenzo Moschi

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STORIE

Ernesto Da Zolt

“Sono pietre o sono nuvole? Sono vere oppure è un sogno?”

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Korddi_vahle unsplash


“Si inoltrarono nel bosco vecchio puntando verso il Corno, la zona più selvaggia e quasi del tutto sconosciuta. I tronchi sembravano farsi sempre più neri e massicci, la nebbia sempre più fitta… il colonnello restò seduto ad aspettare il nuovo giorno e per la prima volta nella sua vita conobbe i rumori delle foresta… Ma due o tre volte, quella notte, ci fu anche il vero silenzio, il solenne silenzio degli antichi boschi, non comparabile con nessun altro al mondo e che pochissimi uomini hanno udito.”

Da “Il segreto del bosco vecchio”

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STORIE

“Mentre il bosco si fa sempre più tenebroso avvicinandosi la sera, le pareti si illuminano di rosso. Le ombra salgono per i ghiacciai, le poche nubi si dileguano nell’ azzurro. Nelle valli è scuro e i venti notturni intondano la loro voce. I rami si agitano. Il canto degli uccelli si è fermato. Le cime ricrescono ancora a toccare i raggi del sole; si alzano portentose come nubi”

Da “Barnabo delle montagne”

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Eberhard Grossgasteiger_unsplash


Esistono da noi valli che non ho mai visto da nessun altra parte… Invece esistono: con la stessa solitudine, gli stessi inverosimili dirupi mezzo nascosti da alberi e cespugli pencolanti sull’abisso le cascate d’acqua La valle del Mis per esempio con le sue vallette laterali che si addentrano in un intrico di monti selvaggi e senza gloria, dove sì e no passa un pazzo ogni trecento anni, non allegre, se volete, alquanto arcigne forse, e cupe. Eppure commoventi per le storie che raccontano, per l’aria d’altri secoli, per la solitudine paragonabile a quella dei desert Da “La mia Belluno”

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MOMENTI

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Ernesto Da Zolt


Sguardi Raramente, e in modo imprevedibile, la vita ci regala attimi di perfezione, questi momenti squisitamente personali risplendono di una lucecosi vivida da farci balzare il cuore: prendiamo fiato, spalanchiamo gli occhi e ci sentiamo sprofondare in un mare d’ incanto. Poossono nascere da un odore, da un tocco, da suoni come parole o musica, oppure dalla vista di qualcosa che trascende la nostra quotidianità Chris Packham

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FOCUS

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Dominatrice delle valli dolomitiche, l’ aquila reale è uno dei predatori più temibili del territorio


Robert C._Pixabay

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FOCUS

Un volo spettacolare caratterizzato da veloci ascensioni, picchiate spericolate e improvvisi attacchi alle prede, una vista acutissima una ferocia spietata. Non c’è da stupirsi se l’aquila reale è stata amata e venerata dall’uomo in ogni epoca e cultura. Da sempre fonte di ammirazione e discussione, l’ aquila reale è sempre stata protagonista di storie, leggende e miti, dato il suo maestoso aspetto e l’ elegante volo: sopratutto all’ alba dei tempi, quando le domande erano tante e le risposte pressochè nulla, l’ aquila era spesso un mezzo per darsi delle risposte, attraverso storie racconti leggendari. Tra tutti gli animali l’aquila, considerata

la “regina del cielo” è infatti da sempre uno degli uccelli più ammirati, amati, persino adorati. L’aquila reale è uno dei rapaci diurni italiani più affascinanti. Pesa in media tra i 4 e i 7 chilogrammi e per una lunghezza tra gli 83 e i 92 cm (dal becco alla coda). Facile da riconoscere per le sue grandi dimensioni e per la silhouette caratteristica, l’aquila reale ha un piumaggio bruno castano che solo sul capo presenta bellissime striature dorate che svelano l’origine del suo nome scientifico Aquila chrysaetos che letteralmente significa “Aquila d’oro”. Ma il dato più sorprendente sull’aquila reale è la sua apertura alare che spesso tocca i 2,4 metri. Queste ali da Guinnes dei primati, unite a una muscolatura potente, sono il vero segreto della straordinaria abilità di volo dell’aquila che può superare in picchiata i 200 chilometri orari ed è capace di acrobazie aeree impressionanti come picchiate, virate improvvise e persino capriole.

E’ questa l’ incredibile velocità che può raggiungere il volatile in picchiata. Nel momento di caccia, l’aquila afferra la preda, si alza in volo, e poi la lascia cadere, per poi riprenderla ed effettuare nuovamente la stessa tecnica. E’ cosi che il maestoso animale toglie la vita alle sue prede.

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(1) È infatti questa la soluzione migliore per poter avere sempre sott’ occhio i suoi piccoli, e nel caso di pericolo, accorrere in pcchiata a salvarli, avendo una posizione di vantaggio. L’ aquila è inoltrre un animale molto sensibile e leale: pone grande cura e attenzione nella creazione di un ambiente comodo e accogliente per i propri cuccioli ed eè estremamente fedele al proprio partener, una volta formatosi la coppia.

Il nido dell’ aquila è costruito molto al di sotto della sua quota di volo (1)


Paul Gilmore

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MOMENTI

Uccelli E uccelli, uccelli, uccelli, col ciuffo, con la cresta, col collare: uccelli usi alla macchia, usi alla valle: scesi, dal monte, reduci dal mare: con l’ali azzurre, rosse, verdi, gialle: di neve, fuoco, terra, aria le piume: con dentro il becco pippoli e farfalle. Giovanni Pascoli

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Ernesto Da Zolt


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CREDITS: Free University of Bolzano - Bozen Faculty of Design and Art Bachelor in Design and Arta - Major in Design WUP 19/20 | 1st-semester foundation course PROJECT MODUL: Editorial Design DESIGN BY: Paolo Alpago-Novello Dolomia | Lo scatto perfetto SUPERVISION: Project leader Prof Antonino Benincasa Project assistants Maximilian Boiger, Andreas Trenker PAPER: Inside pages - Gradmatt art, 135 g/m2 Cover - Curios Skin Black, 270 g/m2 FORMAT: 172 x 254 mm FONTS | FONT SIZES & LEADING Body Text Futura Book , Adelle Regular 9/11,75 pt

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Caption text Futura Book, Adelle Regular 6/8 pt

Main Titles Adelle Condensed Bold 210/190 pt 150/120 pt Title text Futura Bold, Adelle Condensed Bold 86/80 pt 55/60 pt Subtitles Futura Bold Regular&Condensed, Adelle Bold Condensed 30/32 pt LAYOUT GRID: 8 Column Grid MODULE PROPORTION: 1:1.477 CPL | Characters per line - Body text 45 characters including spaces BINDING: Glue binding PRINTED: Bozen-Bolzano, January 2020 Inside pages - Digital Print | Canon Cover - Roland UV


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