90 ANNI DI ASTE: CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE

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Note biografiche Jacopo Vignali venne battezzato a Pratovecchio (Casentino) il 6 settembre 1592 e dopo i primi insegnamenti nel paese d’origine, ricevuti sotto la guida di un “molto ordinario pittore”, si trasferì a Firenze presso la bottega di Matteo Rosselli, come documentato da Sebastiano Benedetto Bartolozzi, autore della Vita di Jacopo Vignali pittor fiorentino nel 1753. Tale apprendistato, secondo un’ipotesi di Carlo Del Bravo, potrebbe collocarsi intorno al 1605 anche se la prima notizia dell’artista a Firenze risale al 1614, anno in cui divenne confratello della Compagnia di San Benedetto Bianco. Al 1615 risale l’importante incarico ricevuto da Michelangelo il Giovane di eseguire uno degli scomparti minori del soffitto della Galleria di Casa Buonarroti raffigurante l’Amore verso la Patria (1616). Tra gli anni ’20 e ’30 il pittore emerge per le sue doti di originalità, in linea con le ricerche dei condiscepoli Giovanni da San Giovanni e Domenico Pugliani, distinguendosi per il suo interesse per la luce che sembra derivare sia dalle soluzioni dei luministi in chiaro che dall’esempio di Guercino. A causa dell’assenza di notizie del pittore a Firenze tra il ’17 e il ’19 è possibile ipotizzare un viaggio a Roma e in Italia settentrionale. Al 1621 risale il Sogno di Giacobbe, affrescato nel soffitto di una stanza al piano terreno di Casa Buonarroti che segna la ripresa del rapporto di committenza tra Vignali e Michelangelo il Giovane che proseguirà fino al 1628. Tra i vari incarichi quello per il ciclo della Camera degli angeli, che per via del carattere carico di humor preannuncia gli esiti di Baccio del Bianco e di Cecco Bravo, a cui si può ricollegare il Calendimaggio della Galleria Corsini di Roma. Da segnalare inoltre l’intervento del pittore, al fianco di Rosselli, nel 1622 per il Casino Mediceo di Ferdinando I, su commissione del cardinal Carlo dalla cui collezione proveniva il Tobiolo e l’angelo, oggi nella Pinacoteca di Lucca. Nell’anno seguente partecipa, sempre al fianco del maestro, alla grande impresa pittorica della Villa del Poggio Imperiale in cui nella sala delle Vergini Martiri, Vignali è riconoscibile nella lunetta raffigurante la Santa Lucia. Nel 1625 si ricorda un viaggio a Roma del pittore, compiuto in occasione del Giubileo, e l’esecuzione di due dipinti: la Natività della Vergine in Sant’Agostino a Sansepolcro e il Ritrovamento di Mosè qui presentato. Alla fine degli anni ’20 risale la prestigiosa commissione per l’altare della famiglia Bardi a Santo Spirito per il quale Vignali dipinse la pala raffigurante Cristo comunica la Beata Chiara da Montefalco, i monocromi della predella e dei pilastri, nonché l’ovale con San Giovanni Evangelista che ricorda l’originaria dedicazione della cappella. Il 1630 costituisce un anno particolarmente produttivo per il pittore al quale risalgono: il San Bruno della Certosa di Calci, in cui vengono recuperati i giovanili contrasti luministici; l’Agar e l’angelo già nella collezione Mannucci Benincasa Capponi di Firenze e il Mosè e il serpente di bronzo di collezione privata fiorentina, probabilmente eseguito in relazione al diffondersi della peste. L’importanza di questi anni trova inoltre giustificazione dalla retrodatazione di opere già ritenute posteriori come la pala firmata e datata 1631 con Cristo muta il cuore a Santa Caterina da Siena dei Depositi delle Gallerie e la decorazione (anticipata al 1632 dai documenti) per la cappella Bonsi dedicata alla Croce nella chiesa dei Santi Michele e Gaetano. Allo stesso anno risale l’Agar e l’angelo (già Colnaghi), siglato e datato nel quale è ravvisabile l’accostamento di Vignali a Francesco Furini, in particolare per la ripresa della torsione del busto della figura dell’angelo e di certe morbidezze di modellato, e a Lorenzo Lippi per la ricchezza cromatica. Contemporaneo al periodo della peste il San Francesco a Santo Stefano in Pane del 1634, in cui si coglie la partecipazione del pittore al dramma che sembra già superato nei dipinti degli anni immediatamente successivi. Nella metà degli anni ’30 Vignali si avvicina al tema profano trattandolo in accezione classicista come nella Educazione di Achille (1635) compagno del Teti porge le armi ad Achille realizzato da Bilivert per il medesimo committente Benedetto Dragomanni. A tale periodo risale il rinnovato interesse di Carlo de’ Medici che commissionò il Ruggero ritrovato da Melissa e Leone della Galleria Palatina il cui pagamento risale al 1636. All’aprirsi degli anni quaranta si datano i cartoni forniti all’Arazzeria medicea per i quattro arazzi delle Stagioni (Firenze, Palazzo Medici Riccardi) e procedendo nel decennio si rileva un incupirsi del sentimento, l’uso di una tavolozza smorzata e l’esercitarsi sull’indagine psicologica su teste senili come nell’Adorazione dei pastori del Seminario Maggiore, un tempo in San Benedetto Bianco, composizione in linea con il recupero rosselliano del Dolci. Il Martirio di Santa Lucia per la cappella Colloredo alla Santissima Annunziata, terminato nel 1649 costituisce una delle sue opere più importanti che mostra quanto fosse sensibile alle sollecitazioni dell’ambiente artistico fiorentino già individuate da Carlo Del Bravo in Salvator Rosa e Felice Ficherelli. L’ultimo decennio dell’attività del Vignali risulta a tutt’oggi poco documentato forse a causa di un’effettiva diminuzione delle commissioni. Morto a Firenze nel 1664 fu sepolto nella chiesa di San Michele Visdomini.

Bibliografia dell’artista S.B. Bartolozzi, Vita di Jacopo Vignali pittor fiorentino, Firenze 1753; C. Del Bravo, Per Jacopo Vignali, in “Paragone”, 135, 1961, pp. 28-42; G. Ewald, Opere sconosciute di Jacopo Vignali, in “Antichità Viva”, III, 7-8, 1964; Jacopo Vignali (1592-1664), catalogo della mostra a cura di C. Del Bravo, Galleria degli Uffizi, Firenze 1964; F. Mastropierro, Jacopo Vignali. Pittore nella Firenze del Seicento, Milano 1973; P. Bigongiari, Il caso e il caos I. Il Seicento fiorentino tra Galileo e il “recitar cantando”, Milano 1974; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole 1983; A. Batistoni, Jacopo Vignali da Pratovecchio, pittore, in “Corrispondenza”, Fiesole 1985; G. Pagliarulo, Jacopo Vignali, in Il Seicento fiorentino. Arte a Firenze da Ferdinando I a Cosimo III, catalogo della mostra, Firenze 1986, Pittura, pp. 246-254; Biografie, pp. 183-187; G. Pagliarulo, Jacopo Vignali e gli anni della peste, in “Artista” 1994, pp. 138-198; E. L. Goldberg, Jacopo Vignali in the history of Florentine Seicento painting, in Studi di storia dell’arte in onore di Mina Gregori, Cinisello Balsamo 1994, pp. 258-262; F. Baldassari, La pittura del Seicento a Firenze. Indice degli artisti e delle loro opere, Milano 2009; S. Bellesi, Catalogo dei pittori fiorentini del ‘600 e ‘700. Biografie e opere, Firenze 2009; G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento. Aggiornamento, Pontedera 2009; C. Del Bravo, Il cuore del Vignali, in “Artista”, Firenze 2011, pp. 152-169. CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE - 28 ottobre 2014

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