SALVATORE E FRANCESCO ROMANO ANTIQUARI A FIRENZE L’epigrafe che Salvatore Romano dettò nel 1946 a sigla della donazione di un importante nucleo di sue opere alla città di Firenze riassume l’essenza del suo sentire e la sobrietà nella conduzione del suo progetto di vita dedicato all’arte: “Per onorare la memoria di mio padre, Francesco Romano, e il mio paese natio, Meta di Sorrento, dono al comune di Firenze queste opere da me raccolte con pazienza ed amore, grato della lunga ospitalità concessami”. L’iscrizione accompagna le ceneri del grande antiquario, raccolte nel grande sarcofago sormontato da un coperchio di epoca paleocristiana che si staglia in fondo al Cenacolo di Santo Spirito, sede dalla Fondazione Salvatore Romano, che raccoglie i pezzi più rari della sua collezione e dai quali Salvatore Romano non volle separarsi neanche dopo la morte. Erede di una dinastia di armatori, che affondava al sue radici nell’aristocratico villaggio di Meta, patria tradizionale di navigatori, situato nel bellissimo piano di Sorrento, Salvatore, nato nel 1875, venne avviato sulle orme del padre e del nonno alla scuola dei capitani di lungo corso, per poi passare a Genova grazie ad una borsa di studio in Ingegneria navale. È proprio a Genova che il suo spirito vivace e sensibile si aprì all’esperienza artistica e la sua curiosità intellettuale si orientò inizialmente verso il mondo della musica, prendendo difatti lezioni di violino grazie alla conoscenza di un allievo di Paganini. Rimasto affascinato dalla bellezza dello strumento, ne ricercò gli esemplari più antichi e belli, avviandosi con la loro prima compravendita a quella che sarà l’attività di una vita. Ritornato a
Salvatore Romano (1875-1955) a destra con Carmine Ciardiello alle Giubbe Rosse, Firenze 12