di dettaglio (ad esempio nel diverso rapporto tra la mano destra della Madre e quella del Bambino) una invenzione ricondotta al lucchese Matteo Civitali, verso il 1461-1462, da Francesco Caglioti (in Matteo Civitali e il suo tempo. Pittori, scultori e orafi a Lucca nel tardo Quattrocento, catalogo della mostra di Lucca, Cinisello Balsamo 2004, pp. 296-301), nell’ipotesi di una sua giovanile frequentazione fiorentina della cerchia di Antonio Rossellino, di cui esistono un marmo bellissimo nella chiesa di San Vincenzo Ferrer e Caterina de’ Ricci a Prato e numerose repliche in terracotta e stucco policromi. Il pittore ha reinventato giusto il velo stretto da un cercine, riproposto nel solco della tradizione lippesca-donatelliana, ma riprende la posa del Bambino che accavalla i piedi in maniera identica e gioca con una lunga collana di perle di corallo che gli passa tra le mani. Egli riprese anche l’idea di un cordiglio con nappe alle estremità e una fibbia sul petto che ferma i lembi del mantello. Va notato che un’altra Madonna col Bambino del gruppo giovanile del probabile Bernardo Rosselli (già Londra, Christie’s 5 luglio 1990, lotto 185) è derivata en revers da un celebre prototipo in marmo di Antonio Rossellino, attestato dal marmo dell’Ermitage e da numerose repliche. È probabile che questa derivazione non abbia tardato di molti anni rispetto alla elaborazione e riproduzione del prototipo nei primissimi anni sessanta. Se è giusta l’identificazione del Maestro della
Fig. 3 Neri di Bicci, Madonna con Bambino in trono tra san Nicola di Bari, san Giacomo Maggiore, sant'Anna e santa Caterina d'Alessandria, 1463 ca., Museo di Arte Sacra, Peccioli (Pisa)
lunetta di via Romana con Bernardo di Stefano Rosselli questi, nato nel 1450, frequentava dal 1460 la bottega di Neri di Bicci e potrebbe avere dipinto un’opera simile, appena affrancato e autonomo, poco dopo il 1465. Bernardo, cugino di Cosimo di Lorenzo Rosselli e del pittore e incisore Francesco di Lorenzo Rosselli, figlio di un fornaciaio, aveva bottega tra via Porta Rossa e piazza Santa Trinita ed ebbe poi una lunga carriera, che è stata ricostruita da Anna Padoa Rizzo (Ricerche sulla pittura del ‘400 nel territorio fiorentino: Bernardo di Stefano Rosselli, in “Antichità viva”, XXVI, 1987, 5-6, pp. 20-27; Ead., in Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento, catalogo della mostra a cura di M. Gregori, A. Paolucci e C. Acidini Luchinat, Milano 1992, pp. 104-105, 2001, p. 82). Tra 1472 e 1474 è documentato operoso nella Badia di Passignano, dove affrescò le lunette con le Storie dei progenitori del refettorio. Come Neri di Bicci con le Ricordanze, anche Bernardo ha lasciato un Libro di bottega, scoperto in collezione privata da Anna Padoa Rizzo e purtroppo ancora inedito. Rispetto alle opere sicure sue ci sono affinità morfologiche, ma anche obiettivamente uno scarto qualitativo. Nei dipinti della maturità di Bernardo, in genere di destinazione provinciale, i tipi si fanno più stereotipi e vacui e i panneggi più piatti, anche se le scene ripropongono paesaggi tersi e marmi luminosi, indizi di un’educazione nel settimo decennio del secolo, tra Neri di Bicci e il cugino Cosimo Rosselli, allora imbevuto in parte degli ideali ancora della “pittura di luce” (si veda ad esempio la pala col Compianto di Cristo e santi di Santa Maria a Lamole presso Brucianesi, o la pala della chiesa dei SS. Bartolomeo e Jacopo a Terrossola presso Bibbiena, datata 1497). Nondimeno l’identificazione del Maestro della lunetta di via Romana con i suoi più promettenti inizi mi sembra altamente probabile. Tale ricostruzione è incoraggiata anche dal riferimento a lui di un gruppo di cassoni notevoli, tra cui spiccano i Trionfi petrarcheschi della Biblioteca civica di Trieste, eseguiti nel 1468 per i Ridolfi di Piazza, e a lui ascritti da Everett Fahy. Nuove attribuzioni, ad esempio in favore di una fronte di cassone con il Cavallo di Troia del Museo Stibbert e di una Scena di battaglia del Museo Horne, da parte di Emanuele Zappasodi (in Le opere ei giorni. Exempla virtutis, favole antiche e vita quotidiana nel racconto dei cassoni rinascimentali, catalogo della mostra a cura di A. De Marchi e L. Sbaraglio, Firenze 2015, pp. 153-157), hanno ulteriormente sostanziato il nesso fra il gruppo del Maestro della lunetta di via Romana e il successivo cursus del maestro. A Bernardo di Stefano, come ad altri pittori – si pensi a Sano di Pietro, partito come Maestro dell’Osservanza – toccò il destino di opacizzare nel corso degli anni la cultura giovanile più vivace, nutrita dal gusto scenico e ambientale, luminoso e divagante, degli anni sessanta del secolo, con un occhio all’ultimo Filippo Lippi e un altro alla vivacità aneddotica dei pittori di cassoni, come lo Scheggia. Andrea De Marchi
CAPOLAVORI DA COLLEZIONI ITALIANE - 9 novembre 2016
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