capolavori da collezioni italiane

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Quindi, il conte Giuseppe Lucchesi Palli di Campofranco, collezionista e scrittore di libretti, impresario teatrale, e Carlo Castone della Torre di Rezzonico, letterato e critico d’arte, panegirista dell’Adone e Venere canoviano: tutti affiliati, come il marchese Berio, alla massoneria. Le affermazioni non mancano, e Napoli si conferma quale centro all’avanguardia in questi anni, meta di personaggi di primo piano, viaggiatori e artisti, Canova in primis, che vi soggiorna nel 1780 e nel 1787, subito dopo l’inaugurazione del Monumento funerario di Clemente XIV2. Oltre a dipinti mitologici, Pellegrini esegue numerosi ritratti, filone privilegiato nella produzione dell’artista, mentre il contatto ravvicinato con la pittura tizianesca fu certo di stimolo per inoltrarsi su quel percorso di approfondimento coloristico che sarà una costante nei decenni a venire. Dalla lettera di Calzabigi a Canova del 2 ottobre, veniamo a sapere che Egli ha molti lavori da far qui a mia premura. Ne tiene già tre cominciati: quello del conte Rezzonico Domenico Pellegrini, Ritratto di Caterina e Vettor Pisani come Amore e Psiche, Venezia, palazzo Pisani Moretta

da lei conosciuto presidente dell’Accademia delle Belle Arti di Parma: quello di madamigella Hart bellezza inglese che sta in casa del cavalier Hamilton ministro brittannico in Napoli; quel ritratto egli lo fa a confronto di altro che ne dipinge madama Le Brun a lei nota; ed un altro per un mio amico. Giovedì ne comincia (parola data) uno istoriato di due ragazzi di uno de’ primarj signori di questo paese, il quale doppo vuole anche il suo; ed in breve altro pure istoriato dovrà farne di una delle principali dame di questa corte con 3 ragazzi suoi figli3. L’aristocrazia napoletana – «uno de’ primari signori di questo paese» – è qui rappresentata da Giovann’Andrea de Marinis, marchese di Genzano, il quale, oltre al ritratto «istoriato di due ragazzi [...] vuole anche il suo». Abbiamo la certezza che nella galleria degli eredi del marchese, i principi di Fondi, esistevano, di Pellegrini, un Ritratto di famiglia e un dipinto raffigurante Amore e Psiche4. Un testo di metà Ottocento informa che nel palazzo napoletano si con- servava «un bel quadro, a grandezza naturale che rappresenta un’Allegoria, opera di un pittore del tempo, certo Pellegrini, ove son due figure i cui tratti rammentano il fratello e la sorella de Marini»5. Si è ipotizzato che quei personaggi menzionati nelle carte d’archivio non siano altro che i «due

Antonio Canova, Amore e Psiche, New York, Metropolitan Museum of Art

ragazzi» del «ritratto istoriato» citato da Calzabigi, vale a dire i figli del marchese Giovann’Andrea de Marinis, Filippo e Costanza, raffigurati come Amore e Psiche 6. Possiamo ora, grazie al recupero di questo importante dipinto, confermare quell’ipotesi. Reali sono, infatti, i volti dei due giovani personaggi, compaginati secondo la moda del ritratto di gruppo «istorico», alla Kauffmann, esplosa pure all’ombra del Vesuvio. Palese l’omaggio alla pittrice e al mondo di Canova: ambedue avevano effigiato, nel solco del ritratto allegorizzante, il giovane Henryk Lubomirski come Eros7, e ancora la

2 G. Pavanello, Canova e Napoli, in Antonio Canova. La cultura figurativa e letteraria dei grandi centri italiani. 2. Milano, Firenze, Napoli, Bassano del Grappa 2006, pp. 279-294. 3 A.L. Bellina, Ultime lettere di Ranieri Calzabigi. Corrispondenze amichevoli e “versetti” encominastici per Antonio Canova, in Studi in onore di Vittorio Zaccaria in occasione del settantesimo compleanno, a cura di M. Pecoraro, Milano 1987, pp. 344-345. 4 L’inventario, databile intorno alla metà dell’Ottocento (Catalogo de’ quadri componenti la galleria del Principe di Fondi: Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direz. Gen. AA.BB.AA., Div. Musei, Gall. e Pinac., I vers. (1860-1890), b. 250, fasc. 117-121), è stato pubblicato da G. Manieri Elia, La quadreria napoletana de Marinis-de Sangro. Dall’influenza del classicismo romano al dissolvimento del collezionismo aristocratico, in Collezionismo e ideologia. Mecenati, artisti e teorici dal classico al neoclassico, a cura di E. Debenedetti, Roma 1991, pp. 329-337 (p. 329 per i dipinti di Pellegrini: Amore e Psiche nella prima anticamera e Ritratto di famiglia nella seconda anticamera). 5 M. d’Ayala (Vita degli Italiani benemeriti della libertà e della Patria uccisi dal carnefice, Roma 1883, p. 237), segnalato da Giulio Manieri Elia, il quale ipotizza che si tratti del «Ritratto di famiglia» elencato nell’inventario del palazzo (si veda nota precedente). 6 P. Fardella, Tra antico e moderno: Antonio Canova e il collezionismo napoletano, in Antonio Canova. La cultura figurativa e letteraria dei grandi centri italiani. 2. Milano, Firenze, Napoli, Bassano del Grappa 2006, p. 316. La studiosa, al contempo, scrive che il marchese commissionò a Pellegrini «anche un’Allegoria per commemorare la morte del figlio Filippo, martire del Novantanove, citata dal D’Ayala» (P. Fardella, Riflessi della Repubblica sul collezionismo privato napoletano, in Novantanove in idea. Linguaggi miti memorie, a cura di A. Placanica e M.R. Pelizari, Napoli 2002, p. 244); G. Pavanello, Domenico Pellegrini 1759-1840. Un pittore veneto nelle corti d’Europa, Verona 2013, p. 17. 7 Cfr. H. Honour, Gli Amorini del Canova, in “Arte illustrata”, VI, 55-56, 1973, pp. 312-320.

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