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Tormaresca sul premium

TRE TENUTE, 2,5 MILIONI DI BOTTIGLIE PRODOTTE E PROSPETTIVE DI ULTERIORE ESPANSIONE. LA SFIDA DELLA FAMIGLIA ANTINORI IN PUGLIA È DARE VALORE INTERNAZIONALE AI VINI DEL TERRITORIO

di Andrea Guolo

L’ingresso di Antinori in Puglia risale al 1998, con l’acquisizione della tenuta Bocca di Lupo nella doc Castel del Monte. Ventidue anni dopo, sono tre le proprietà acquisite nella regione e raggruppate sotto il marchio Tormaresca: nel 1999 si è aggiunta Masseria Maime in Salento e, più recentemente, la tenuta Carrubo nella zona di Manduria.

CONTESTO SFIDANTE “La cosa di cui andiamo più fieri – racconta Vito Palumbo, brand manager di Tormaresca – è il valore che siamo riusciti a dare ai vini del territorio, in termini di posizionamento e anche di mix di referenze. Quello pugliese è un contesto molto sfidante, perché la concorrenza spinge sulle politiche di prezzo in maniera piuttosto aggressiva; ciononostante, cerchiamo di uscire sul mercato con etichette di qualità ed eccellenza e con un posizionamento alto”. Il ‘fenomeno Primitivo’ è una realtà anche nel caso dell’azienda della famiglia Antinori. Su 2,5 milioni di bottiglie prodotte da Tormaresca, il vitigno principe pugliese pesa per un terzo della produzione complessiva.

Ed è croce e delizia, perché il Primitivo è certamente diventato un traino internazionale per i vini di Puglia (“In Germania, Svizzera, Brasile e Far East la fa da padrone”) ma la presenza nel mercato di imbottigliatori che ne sfruttano l’appeal e fanno pushing di prezzo finisce per penalizzare l’immagine della denominazione agli occhi dei buyer internazionali. “Questo – sostiene Palumbo – è il lato critico della ‘moda’ legata al vitigno. La considerazione del suo successo si accompagna alla consapevolezza che la Puglia esprime alta qualità, ma c’è ancora tanta strada da fare per affermare il prestigio dei suoi vini al livello delle migliori produzioni toscane o piemontesi”. Con la recente uscita di Carrubo (prima annata 2017), frutto dell’investimento nell’omonima tenuta a Fragagnano (Taranto), Tormaresca ha offerto la propria interpretazione premium del Primitivo di Manduria doc, mirata alla produzione di un vino moderno, elegante e complesso senza per questo dimenticare i tratti più identitari del vitigno autoctono. L’obiettivo è ripetere nella doc il successo ottenuto in ambito igt da Torcicoda, il Primitivo del Salento entrato per ben due volte nella Top 100 di Wine Spectator. Cambiando tipologia, Tormaresca ha ottenuto ottimi risultati con il rosé Calafuria in termini di critica (miglior rosato italiano secondo Wine Spectator) e anche di vendite. “Si tratta di uno dei vini di maggior successo all’interno del portafoglio completo di Antinori. Il suo primo mercato è la Puglia stessa, da sempre grande estimatrice e consumatrice di rosé”, commenta il brand manager.

ESPANSIONE IN VISTA Oggi, dunque, Tormaresca è l’unica azienda a coprire direttamente le aree più vocate della regione e non è finita qui. Si prospetta infatti una quarta acquisizione, perché la famiglia sta valutando altre opportunità per disporre di una gamma completa dei migliori vini del territorio. “La rinascita della Puglia, a livello turistico ed enogastronomico, è sotto gli occhi di tutti. E noi vogliamo alimentarla con l’imprinting di Antinori, che consiste nel dare valore”, conclude Palumbo.

Dall’alto, vendemmia a Tenuta Carrubo, bottaia a Bocca di Lupo (foto di Henrik Blomqvist) e il Primitivo Torcicoda

In apertura, il rosé best seller Calafuria (foto di Alessia Rollo)

SASSICAIA E ORNELLAIA, DUE TRA I VINI ITALIANI PIÙ QUOTATI ALL’ESTERO, SONO PENSATI E “FIRMATI” AL FEMMINILE. UN FENOMENO IN ESPANSIONE IN TUTTA ITALIA, SUPERANDO LA DIFFIDENZA DI UN MONDO TRADIZIONALMENTE MASCHILE. LA LORO FORZA? “QUESTIONE DI SENSIBILITÀ”

L’ENOLOGO È DONNA

di Fabio Gibellino

Graziana Grassini è uno degli enologi italiani più famosi del mondo. Lo è perché nel 2010 ha raccolto l’eredità di Giacomo Tachis nella produzione del Sassicaia e perché, già sul finire degli anni ‘80, è stata una delle prime donne a intraprendere la via della libera professione. Senza allontanarsi troppo, e restando sempre nella Maremma livornese, proprio ai confini della Tenuta San Guido, ci sono i vigneti di Ornellaia. Filari accomunati da una storia di famiglia, perché Piero Antinori e Mario Incisa della Rocchetta erano cugini, e da un comune denominatore chiamato eccellenza. Ma non solo, perché dal 2016 anche le bottiglie appartenenti al gruppo Frescobaldi sono affidate alle cure di una donna: Olga Fusari, entrata in azienda nel 2005 attraverso uno stage e da allora cresciuta giorno dopo giorno. Così, se nel 2020 due delle più importanti realtà di Bolgheri parlano al femminile, e lo fanno da qualche anno ormai, il significato è solo uno: il mondo del vino è cambiato laddove è più difficile farlo ovvero in cantina. E lo ha fatto in modo compiuto, perché come sottolineava Agatha Christie, “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. E anche il terzo indizio ha un significato ben preciso. Dal febbraio dello

scorso anno infatti, la sezione Piemonte di Assoenologi, cioè terra di Barolo e Barbaresco, è diretta da Daniela Pesce. Una prova che non solo è servita in un calice d’argento, ma è anche suggellata dai numeri forniti da Riccardo Cotarella, qui nei panni di presidente nazionale di Assoenologi: “Certo, la presenza femminile tra i nostri iscritti è notevolmente in crescita. Nel 2005 quando ho iniziato la mia presidenza, le enologhe erano al 6%, oggi siamo all’11%, su un totale di circa cinquemila iscritti”. Una mappa che, per lo stesso Cotarella, “vede un aumento diffuso in tutte le regioni, che trova conferma anche nelle università e che, a mio avviso, nel prossimo quinquennio potrebbe portare l’incidenza ad attestarsi intorno al 20 percento”.

IL PLUS DI COMUNICAZIONE Quantità ben diverse da quelle degli anni ‘80, come precisa Daniela Pesce, diplomata nel 1983 e oggi, dopo 25 anni di Mombaruzzo, alla guida dei vini etichettati La Maranzana: “Ricordo bene quando a scuola, ad Alba, eravamo 15 studentesse su un totale di 600”. Realtà un po’ diversa da quella vissuta in questo inizio di secondo millennio proprio da Olga Fusari che sottolinea come: “Oggi sicuramente il passo in avanti è netto, ma era comunque iniziato al momento dei miei studi, dove noi donne eravamo già il 40% degli studenti”. Dunque la via è tracciata. Per Riccardo Cotarella, il merito iniziale innanzitutto: “È del vino, che funziona e che attrae sempre più appassionati. E se si è arrivati a questo punto, è anche per il lavoro svolto dagli enologi precedenti. Poi certo, è cambiato anche il ruolo stesso dell’enologo, da figura nascosta a elemento di comunicazione e marketing; passaggio sdoganato dalla preparazione e dalle esigenze del nuovo consumatore”. Ed è proprio in questa chiave che le donne potrebbero avere qualche vantaggio. Per il presidente di Assoenologi infatti: “Donne e uomini naturalmente hanno le stesse percezioni, le differenze sono ovviamente nei soggetti; forse le donne hanno una marcia in più sulla comunicazione, che è più naturale per loro”. Considerazione che trova consensi nel pensiero di Graziana Grassini quando dice che: “Noi donne abbiamo una sensibilità maggiore, un approccio materno, per questo riusciamo a trasmettere al consumatore qualcosa di più

Dall’alto, Graziana Grassini e diverse annate di Sassicaia

In apertura, la barricaia di Ornellaia a Bolgheri

A destra: Olga Fusari, enologa di Ornellaia (in alto, le bottiglie)

stretto e coinvolgente nel raccontare la storia”. Non solo, perché un altro aspetto fondamentale “è stato il sempre maggior consumo di vino da parte delle donne, che ha portato a esigenze diverse sotto ogni punto di vista”. Diversità che per un enologo contemporaneo devono partire, oggi a maggior ragione, dalla vigna, perché il lavoro, naturalmente, parte da lì: “Nonostante all’inizio ci vedevano un po’ solo in laboratorio”, racconta Olga Fusari, “e se in Ornellaia da sempre si è dato molto spazio alle donne, ricordo ancora una potatura invernale fatta in Chianti dove gli operatori erano un po’ straniti”. Il passo è poi stato breve, in particolare nell’ultimo trentennio quando, intorno al vino, sono nate alcune organizzazioni esclusivamente rosa. A partire dall’associazione nazionale Donne del Vino, nata nel 1988 su iniziativa di Elisabetta Tognana e oggi presieduta dalla signora del Brunello di Montalcino, Donatella Cinelli Colombini, che, giusto per rafforzare il suo credo, nel 1998 ha dato vita al Casato Prime Donne, prima cantina in Italia con un organico tutto femminile e guidato dall’enologa Barbara Magnani. Realtà però, che un po’ si scontra contro la posizione, ferma e assoluta, di Graziana Grassini: “Io sono e desidero essere chiamata enologo, è ciò che volevo essere ed è ciò che sono diventata. Anzi, a dir la verità non nutro grandi simpatie per associazioni femminili e cose del genere”. Punto di vista condiviso anche da Daniela Pesce: “Sono un enologo perché sono un professionista, non è una vocale che fa la professionalità”.

FENOMENO IN ESPANSIONE Al di là di tutto questo, resta comunque una realtà che, scorrendo lo stivale da nord a sud, isole comprese, tratteggia una realtà

sempre più chiara. Così, e senza considerare la categoria degli enologi-imprenditori e le già citate Graziana Grassini, Olga Fusari e Daniela Pesce, ha per protagoniste della scena enologica italiana figure come Barbara Tamburini, consulente con oltre quindici collaborazioni e Premio Giacomo Tachis 2019 come miglior enologo d’Italia assegnato da Bibenda e Fis-Fondazione Italiana Sommelier (seconda donna a ricevere il riconoscimento dopo Graziana Grassini nel 2012). Sempre nella categoria libere professioniste ci sono anche Paola Manera che è alla direzione di Sinergo laboratorio analisi e Gabriella Tani, anche lei con oltre una decina di clienti. In seno alle aziende invece, tra le altre, ci sono: in Piemonte, Franca Maria Ratti da Ceretto e Lella Burdese da Araldica; in Toscana, Cecilia Leoneschi da Castiglion del Bosco e Antonella Baini da Tenuta Rubbia al Colle; mentre, in Sicilia, protagoniste sono Laura Orsi a Tasca d’Almerita, Patricia Tóth da Planeta, Irene Vaccaro da Vivera, Lorenza Scianna da Fondo Antico e Maria Carella da Cantine Nicosia. Una realtà compiuta, tanto che, come ha sottolineato Daniela Pesce: “Ora non ci facciamo più caso, perché le donne si sono create il loro spazio e senza fatica siamo sempre di più, e siamo parte di in un mondo in cui stiamo bene”. D’altronde anche Graziana Grassini, che tra le altre cose ha appena iniziato la sua sfida in Veneto con Giusti Wine e che, per sua stessa ammissione, sogna un bianco in Friuli, ha precisato: “Non ho mai avuto un problema, e quando l’ho avuto è stato in Chianti, ma perché mi dicevano: maremmano, ma che vuoi da noi?”. Spiegando inoltre che: “Io sono un enologo da cantina, ho sempre avuto agronomi che mi hanno assistita, e penso che oggi occorra andare verso la specializzazione”. Il tutto con la considerazione che essere enologo significa “stare sempre all’erta e per cercare di essere sempre i migliori nel risultato, a prescindere dall’essere un uomo o una donna”, ha detto Olga Fusari, che guardando alla sua realtà personale in Ornellaia, ha aggiunto: “C’è pressione nel sapere di avere tra le mani un prodotto di questa caratura”. E dire che un tempo, e nemmeno così lontano, alle donne era assolutamente vietato entrare in una cantina, perché si diceva avessero il potere (o la sfortuna) di trasformare il vino in aceto!

Dall’alto, Daniela Pesce e il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella

IL NUOVO CEO MASSIMO TUZZI ILLUSTRA I PUNTI PRINCIPALI DEL SUO MANDATO, CHE COINCIDE CON IL CAMBIO GENERAZIONALE E CON LA PRESIDENZA A FRANCESCA MORETTI. IL METODO? DECISIONI RAGIONATE E CONDIVISE

TERRA MORETTI ALLA SVOLTA MANAGERIALE

di Andrea Guolo

Massimo Tuzzi è un manager pronto per le sfide più dure. Dopo aver guidato Zonin 1821 nel momento forse più movimentato nella storia recente del gruppo di Gambellara, gestendo l’ingresso del socio di minoranza 21 Invest, è arrivato in Terra Moretti in una situazione turbolenta per altre ragioni: il suo ingresso ha coinciso con l’inizio della seconda ondata pandemica. Provando a vedere il lato positivo delle cose, Tuzzi ha avuto l’opportunità di conoscere a fondo la nuova realtà, complessa per organizzazione e per proprietà aziendali diffuse dalla Lombardia alla Sardegna passando per la Toscana, riducendo l’ansia da prestazione e avendo il tempo necessario per iniziare a imprimere il suo tocco da amministratore delegato con le prime nomine, tra le quali spiccano quella di Giacomo di Feo (altro ex Zonin) a direttore commerciale Italia e quella di Giovanni Pinna a dg di Sella&Mosca. Intanto, c’era da “salvare” un Natale complicato per un gruppo particolarmente presente in horeca, con i ristoranti chiusi proprio nel momento di maggior consumo per le bollicine metodo classico di Franciacorta.

Com’è andata, Tuzzi?

Abbiamo chiuso tra -17 e -18% rispetto al 2019. Se mi avessero prospettato una diminuzione simile ad aprile,

La tenuta di Bellavista in Franciacorta e, nell’altra pagina, le cantine del metodo classico

avrei probabilmente firmato a occhi chiusi. Certo, dopo un’estate elettrizzante come quella del 2020 avevamo pensato di poter contenere maggiormente la flessione, ma poi è arrivata la seconda ondata, e per un gruppo come Terra Moretti, il cui fatturato dipende per il 75% dall’Italia e per 50 milioni su 62 di ricavi consolidati 2019 dall’horeca, alla fine non è un dato troppo negativo.

E il Natale?

Senza lo sbocco della ristorazione, ci siamo parzialmente rifatti con l’online e con la regalistica. In sostanza, abbiamo provato a spingere su quei canali che in passato, avendo prodotti come Bellavista e Contadi Castaldi tutti destinati in assegnazione, non potevamo nemmeno utilizzare per mancanza di disponibilità. C’è stato inoltre l’apporto della grande distribuzione, che ha contribuito a compensare la differenza.

Superata la prova delle feste, è tempo di pensare al futuro. Come intende portare avanti il suo mandato?

I punti fissati sono tre. Il primo è la managerializzazione del gruppo, un processo avviato nel 2017 a seguito delle acquisizioni di Sella&Mosca e di Teruzzi, con il contemporaneo ingresso di Nuo Capital come socio di minoranza in Terra Moretti Distribuzione; la famiglia Moretti ha dimostrato di essere pronta e di aver voglia di strutturarsi per aumentare il livello di efficienza. Il secondo punto è la gestione del passaggio generazionale, con la presidenza affidata da Vittorio a Francesca Moretti. Il terzo è la crescita di valore del gruppo, che non significa soltanto aumento di fatturato ma ha un’accezione ben più ampia.

Com’è il rapporto con la famiglia Moretti?

Nel mondo del vino, e in Italia in generale, sono poche le famiglie che arrivano a maturare l’idea di fare un passo indietro nell’operatività della loro azienda, mantenendo il controllo ma lasciando la guida ai manager. Chi lo fa, dimostra di aver raggiunto consapevolezza e lungimiranza, e ne va dato atto alla famiglia Moretti. Da parte del management, occorre la sensibilità necessaria per capire che le decisioni vanno prese quando i tempi sono maturi e devono essere comunque condivise con la proprietà. Il nostro è un ruolo delicato, perché dobbiamo preservare un capitale destinato alle generazioni future e lo dobbiamo fare prendendo le giuste decisioni, accompagnandole alle aspettative degli azionisti e coinvolgendoli nel cambiamento. È un metodo che dà i suoi frutti. Ora siamo affrontando cambiamenti importanti, che forse in passato non sarebbero stati capiti, invece ora è la stessa famiglia che mi spinge ad andare avanti. In queste condizioni, l’evoluzione finisce per essere più rapida ed efficace.

Ci anticipa uno di questi cambiamenti?

Al di là del primo bilancio preventivo legato al budget 2021, gestito in maniera pianificata e con una visione di assieme che si estende anche al piano industriale in via di definizione, in questo momento siamo concentrati sui brand book ovvero sulla definizione dei fondamentali di ciascun marchio dal punto di vista dei valori, degli obiettivi e delle attività compatibili con il marketing. Ed è chiaro che non si tratta di un semplice “ritocco” alle etichette. Stiamo raccogliendo in maniera scritta tutto quel che fino a ieri era solo verbale, lasciato alla comunicazione individuale e alle riunioni degli agenti, per formalizzare e direi quasi cristallizzare un posizionamento legato a ciascun marchio. Per farlo, abbiamo coinvolto uno specialista come Robilant Associati che ha iniziato con Bellavista per poi arrivare ad analizzare Sella&Mosca e, a seguire, gli altri brand del gruppo.

Sella&Mosca è un asset di particolare valore e sappiamo che le sta a cuore...

In effetti ha una storia incredibile, è qualcosa che va oltre un’azienda agricola. Visitandola, ti accorgi che in Sella&Mosca si respira un’aria unica grazie anche al senso di appartenenza dei suoi oltre 200 dipendenti. E io avverto una responsabilità molto forte verso il terzo capitolo della storia di questa realtà, dove partiamo da un dna nel quale è ancora impresso il metodo di Mario Consorte (amministratore delegato nell’era Campari, ndr) che l’ha gestita con professionalità, buon senso e visione del futuro. Sella&Mosca dovrà rafforzarsi in gdo con un posizionamento adeguato al suo prestigio, continuare con forza e convinzione a inserirsi in horeca e, al tempo stesso, consolidare e crescere nel suo ruolo di leader della Sardegna in un mercato più allargato.

Quali sono i vostri marchi da tenere assolutamente fuori dalla gdo?

La risposta immediata è Petra. Per gli altri marchi valgono diverse considerazioni. Prendiamo Bellavista e Contadi Castaldi: in grande distribuzione troviamo anche gli Champagne e penso sia giusto presidiarla, perché è un canale che subisci anche se non vuoi essere presente, tra mercato parallelo o grossisti che finiscono per rifornirla. Credo pertanto, anche considerando il momento storico, che governarla con disciplina sia meglio che subirla.

Quali progetti avete in cantiere per Teruzzi?

Parliamo di un marchio che si è espresso in modo straordinario nei Paesi di lingua tedesca, anche in termini di valore. Dovrà potenziare la sua identità e la sua presenza nel territorio di San Gimignano, aprendo le porte alla domanda enoturistica che, non appena le condizioni torneranno alla normalità, rappresenta un potenziale incredibile e sopito. Ci stiamo lavorando.

E per La Badiola?

La riflessione è in corso. Oggi, pur avendo tutte le caratteristiche per diventare un’azienda vitivinicola autonoma, rappresenta soprattutto la cornice dell’Andana. Ha sicuramente bisogno di raggiungere una sua dignità, di diventare protagonista più di quanto lo sia oggi. L’alternativa è scegliere di chiudere il cerchio, facendo de La Badiola un elemento di servizio al resort.

Quali saranno le prossime mosse per gli incarichi manageriali?

Le prossime mosse si baseranno sulla specializzazione, e a breve le dovremmo annunciare. In generale, ogni marchio avrà una figura dedicata al marketing e una alle vendite, le quali riporteranno rispettivamente alla direzione centrale marketing e al direttore della tenuta o al ceo. Le due reti agiranno secondo una convergenza di strumenti e di obiettivi. Non escludo di reperire qualche figura all’esterno, ma devo riconoscere che il livello di professionalità all’interno del gruppo è eccellente.

Il gruppo va bene così o state cercando di realizzare qualche ulteriore acquisizione?

La priorità è legata all’esistente, perché è il momento di consolidare e di ripartire con la crescita dopo un anno così impegnativo e particolare, tenendo peraltro conto del fatto che arriviamo da un biennio nel quale non abbiamo particolarmente brillato. Il portafoglio del gruppo è nutrito ed eterogeneo, e richiede professionalità specifiche per far esprimere al meglio ogni realtà. Alle acquisizioni penseremo più avanti.

PAMBIANCO ACADEMY,

e-commerce e sostenibilità

di Alessia Perrino

“Vogliamo diventare il punto di riferimento nella formazione professionale dei settori fashion, design e beauty. La necessità di orientarsi nei nuovi scenari del consumo rende necessario per i professionisti un aggiornamento costante, verticale e dal forte orientamento digital e sostenibile”, ha commentato David Pambianco. Le tematiche scelte per il nuovo calendario di master di Pambianco Academy, la piattaforma di formazione realizzata da Pambianco, sono in linea con le ultime tendenze in materia di gestione aziendale, con una netta caratterizzazione legata alla grande richiesta di punti di riferimento di cui questi settori hanno necessità per rimodulare i propri modelli di business in tempo di pandemia. Fresco di realizzazione, il Master “Aprire e gestire un

e-commerce: come sviluppare una strategia di vendita

efficace” ha l’obiettivo di far comprendere ai partecipanti come poter avviare e utilizzare in maniera efficace questo canale di vendita, che riveste un ruolo ormai centrale nelle strategie di crescita di ogni brand, sia attraverso canali proprietari che marketplace Il secondo Mater proposto è “Sostenibilità nel Fashion, Design e Beauty”, che si propone di fornire ai partecipanti tutti gli strumenti per avviare e gestire un percorso verso la sostenibilità all’interno della propria azienda. Il programma si suddivide in 4 aree specifiche, la prima delle quali dal titolo ‘Come iniziare un percorso di sostenibilità’ per proseguire poi con i macro-focus su ‘Responsabilità ambientale’, ‘Sviluppo delle risorse umane’ e ‘Trasparenza nella governance aziendale’. Il Master più venduto continua invece a essere “Progettare e costruire una strategia digitale integrata”, in cui parliamo di: rivoluzione digitale, nuovo customer journey e impatto sulle aziende, come scegliere la piattaforma e-commerce e come gestire il Customer Relationship Management, fondamenti di base della SEO, Inbound Marketing, i segreti del Content Marketing, del luxury Brand Storytelling e del Social Media e Community Marketing con moduli dedicati a ciascun canale, e ancora Email Marketing, Digital PR, Influencer marketing, marketing automation, e molto altro. La proposta si avvale di un sistema di formazione con video-lezioni sempre disponibili, docenze di professionisti qualificati e numerose testimonianze di manager delle più importanti aziende di settore. Per programma e costi, potete visitare il sito academy.pambianconews.com oppure scriverci a e-academy@pambianco.com

Giorgio Fipaldini: il nuovo Chief Business Officer in Lagardère Travel Retail Italia Giorgio Fipaldini: il nuovo Chief Business Officer in Lagardère Travel Retail Italia

Laureato in Ingegneria Gestionale a Padova, dopo aver conseguito un MBA alla Cardiff Business School Laureato in Ingegneria Gestionale a Padova, dopo in UK, ha maturato un’esperienza pluriennale come aver conseguito un MBA alla Cardiff Business School consulente di Accenture in progetti di ristrutturazione in UK, ha maturato un’esperienza pluriennale come aziendale e piani industriali, presso gruppi internazionali quali Fiat Group, Electrolux Professional e General Electric. consulente di Accenture in progetti di ristrutturazione aziendale e piani industriali, presso gruppi internazionali quali Fiat Group, Electrolux Professional e General Electric. Entrato nel 2006 a far parte del Gruppo Save, come Entrato nel 2006 a far parte del Gruppo Save, come responsabile della Pianificazione Strategica, Business responsabile della Pianificazione Strategica, Business Development e Investor Relations, a partire dal 2010 Development e Investor Relations, a partire dal 2010 ha assunto, inoltre, la responsabilità del controllo ha assunto, inoltre, la responsabilità del controllo di gestione del Gruppo Airest, prendendo in carico di gestione del Gruppo Airest, prendendo in carico successivamente la posizione di CFO della società. successivamente la posizione di CFO della società.

Alla fine del 2013, a seguito dell’acquisizione di Airest Alla fine del 2013, a seguito dell’acquisizione di Airest da parte del Gruppo Lagardère, ha assunto la carica di Chief Financial Officer di Lagardère Travel Retail Italia. da parte del Gruppo Lagardère, ha assunto la carica di Chief Financial Officer di Lagardère Travel Retail Italia. Nominato a gennaio 2021 anche Chief Business Officer di Lagardère Travel Retail, supervisionerà le tre linee di business del Gruppo: Duty Free & Fashion, campo in cui Lagardère è leader mondiale, Travel Essentials, un settore dinamico e consolidato, in grado di soddisfare i bisogni di tutti i viaggiatori, Nominato a gennaio 2021 anche Chief Business Officer di Lagardère Travel Retail, supervisionerà le tre linee di business del Gruppo: Duty Free & Fashion, campo in cui Lagardère è leader mondiale, Travel Essentials, un settore dinamico e consolidato, in grado di soddisfare i bisogni di tutti i viaggiatori, e Foodservice, business trainante in Italia, con 65 e Foodservice, business trainante in Italia, con 65 punti vendita in tutto il Paese nei canali aeroportuale, punti vendita in tutto il Paese nei canali aeroportuale, ferroviario e autostradale. ferroviario e autostradale.

Amante dei viaggi, dello sci ed appassionato di auto, Amante dei viaggi, dello sci ed appassionato di auto, il nuovo CBO ha così commentato la sua nuova il nuovo CBO ha così commentato la sua nuova avventura in Lagardère: avventura in Lagardère:

Il nuovo ruolo che assumo in azienda rappresenta una Il nuovo ruolo che assumo in azienda rappresenta una grande sfida non solo da un punto di vista personale grande sfida non solo da un punto di vista personale ma anche per la fase storica che sta vivendo il nostro ma anche per la fase storica che sta vivendo il nostro settore. Il business del Travel Retail è crollato per settore. Il business del Travel Retail è crollato per effetto della pandemia e, sebbene la gente ritornerà a effetto della pandemia e, sebbene la gente ritornerà a viaggiare, ci vorrà tempo per raggiungere i volumi previaggiare, ci vorrà tempo per raggiungere i volumi preCovid. Ritengo che i fondamentali del nostro business non verranno del tutto stravolti, ma è prevedibile che cambieranno in qualche modo i comportamenti di chi viaggia e le preferenze di acquisto. Sarà fondamentale cogliere con rapidità questi cambiamenti e reinventarsi dove necessario, senza però perdere di vista alcuni Covid. Ritengo che i fondamentali del nostro business non verranno del tutto stravolti, ma è prevedibile che cambieranno in qualche modo i comportamenti di chi viaggia e le preferenze di acquisto. Sarà fondamentale cogliere con rapidità questi cambiamenti e reinventarsi dove necessario, senza però perdere di vista alcuni elementi che rimangono sempre vincenti per attrarre elementi che rimangono sempre vincenti per attrarre il consumatore e stimolare l’acquisto: l’innovazione di il consumatore e stimolare l’acquisto: l’innovazione di prodotto, la qualità del servizio e il “value for money”. prodotto, la qualità del servizio e il “value for money”.

WHAT’S NEW?

Comfort zone

La stagione è ancora fredda, ma il vento sta cambiando e alla primavera non manca poi molto. Per superare gli ultimi momenti, chiusi in casa e in pieno coprifuoco, servirebbe un po’ di cioccolato… Il suo potere consolatorio aumenta con le novità proposte dai brand italiani premium, sempre più orientati alla qualità e sempre più apprezzati nel mondo. Un aiuto arriva anche dal vino: in mancanza di eventi, dove dominano le bollicine, spazio dunque alle grandi etichette da meditazione, per degustare in solitudine e immersi tra pensieri e ricordi da cui trarre ispirazione. In piena evoluzione, un simbolo del made in Italy come la pasta mostra carattere e grinta, con il lancio di nuovi formati e con la svolta green nel packaging.