Pambianco Magazine N.16 X

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ma fuori dalle porte bavaresi sembra difficile immergersi in ambienti cool. Nike, la cui crescita pare intaccabile, ha sede nella vivace Portland, città dell’Oregon considerata la patria dell’abbigliamento sportivo. Tanto patria da convincere anche i teutonici a cambiare ‘bandiera’. Il primo step della trasformazione di Adidas, infatti, è stato, sempre qualche mese fa, la promozione di Paul Gaudio a global creative director, carica creata ad hoc e voluta dallo statunitense Eric Liedtke, nominato da poco capo dei brand Adidas e Reebok a livello globale. Gaudio, però, su decisione di Mark King, presidente dell’area nordamericana di Adidas Group, è stato trasferito da Herzogenaurach, appunto, a Portland, nella sede americana dove il gruppo bavarese conta circa mille dipendenti (contro gli oltre gli 8mila di Nike), con l’obiettivo di avvicinarsi di più ai consumatori statunitensi. Il secondo step ha riguardato, invece, l’ingaggio di un trio di designer con una caratteristica comune: provengono tutti dal competitor Nike. Mentre Denis Dekovic

si occupava di calcio e Marc Dolce era specializzato nel basket, Mark Miner, specialista del design di footwear, aveva lasciato proprio Adidas nel 2008 per lavorare in Nike. Il terzo step, dunque, è il passaggio più rivoluzionario per il marchio creato da Adi Dassler sulle rive del fiume Aurach. Ossia, la preparazione di uno studio creativo a Brooklyn, considerata l’area più alla moda di New York, dove il trio dal 2015 lavorerà in sinergia con la sede tedesca e gli uffici di Portland con l’obiettivo di captare le tendenze sport e lifestyle della Grande Mela, storicamente patria dello streestyle. La scelta di spostare (o moltiplicare) i centri “neuronali” era stata annunciata qualche anno fa anche da Prada. Nel 2011, la società guidata da Patrizio Bertelli aveva comunicato la creazione di due uffici stile internazionali. Uno nel cuore della tradizione del lusso, a Parigi. L’altro, nel cuore del lusso del futuro, in Cina. La società spiega che entrambi sono stati inaugurati, pur precisando che “si tratta di centri ricerca periferici”, secondari, dunque, in rapporto all’importanza dell’ufficio creativo italiano. Per Prada, la scelta di localizzare un ‘recettore’ oltre la Grande Muraglia è coerente col fatto di essere quotata a Hong Kong, scelta adottata per essere prossimi agli investitori orientali. Tuttavia, sembra che per il lusso un conto sia spostare il cervello. Un altro conto spostare effettivamente il cuore. sopra, il negozio di adidas a new York e a sinistra la boutique Prada di Hong Kong. nella pagina accanto, un paio di scarpe adidas originals by Jeremy scott. 4 dicembre 2014 pambianco magazine 39


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