Arrivano dal mare

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I profughi

porte, massacrano di botte chi ci trovano e ogni giorno speri che non capiti a te, che fai? Scappi”. E Matenin, 24 anni, è scappatodalla periferia diTripoli. Anche lui. Dopo esser fuggito, anche lui, da Kidal in Mali e aver lasciato lì sua moglie e suo figlio di tre anni. Anche lui è stato vittima degli scontri con i ribelli Touareg che lo hanno catturato una mattina mentre stava dando fuoco alle sterpaglie nel suo campo. Con l’accusa di voler appiccare un incendio, volevano scaraventarlo in galera. Ma Matenin è riuscito a liberarsi e a fuggire lontano, fino in Libia. A differenza di Gimbala, lui non ha potuto salutare nessuno. E ora i suoi sono ancora là, a Kidal, che aspettano il momento per potersi ricongiungere al marito e al padre. Stiamo in silenzio. Il presente adesso è tutto lì. In quell’assenza di parole, inutili di fronte al carico che hanno lasciato i racconti, rimasti appesi nella stanza in un groviglio di perché. A interrompere il peso, una domanda con una parola che suona magica. Desir in francese, monia in arabo. Avete un desiderio? I volti si sollevano. Tre paia di occhi si alzano verso il soffitto e poi fissano un punto lontano, indefinito, all’unisono, come diretti da un regista invisibile.


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