Io sono quello

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consapevolezza che né tu né l'uomo che hai di fronte siete meri corpi; se la tua consapevolezza è colma, un errore è meno probabile. ______________________________________________________ 64. 31 Luglio 1971

I.: Sono un ragioniere in pensione e mia moglie si occupa di assistenza sociale. Nostro figlio è in partenza per gli Stati Uniti e siamo venuti a salutarlo. Siamo del Punjab ma viviamo a Nuova Delhi. Abbiamo un maestro di fede Radha-Soami, e onoriamo il satsangha. Ci reputiamo molto fortunati di essere qui. Abbiamo accostato molti sant'uomini, e siamo lieti d'incontrarne un altro. M.: Avete accostato anacoreti e asceti, ma un uomo pienamente realizzato, consapevole della sua divinità (swarupa), è raro. I santi e gli yoghi, con sforzi immensi e sacrifici, acquistano poteri miracolosi a vantaggio dei devoti, suscitandone la fede; questo tuttavia non li rende perfetti. Non è una strada verso la realtà, ma un consolidamento del falso. Non c'è sforzo che non porti a uno sforzo maggiore; tutto ciò che è stato costruito deve essere conservato; tutto ciò che è stato acquistato va protetto dal decadimento e dalla perdita. Tutto ciò che si può perdere non è realmente nostro; e ciò che non è tuo, a che ti serve1? Nel mio mondo non c'è sforzo, avviene tutto da sé. L'esistenza è nello spazio e nel tempo, delimitata e temporanea. Non mi riguarda né che cosa, né chi esiste. Sto al di là, dove sono ambedue e nessuno dei due. Le persone che riescono a soddisfare le loro ambizioni, raggiungendo alti livelli di esperienza e attività, sono di solito acutamente consapevoli della loro posizione; classificano gli individui a seconda delle loro capacità di realizzazione, e li ordinano in gerarchie dall'infimo al massimo. Per me tutti sono uguali. Ci sono differenze estrinseche, ma di poca importanza. Come la forma del gioiello non altera l'oro, così l'essenza dell'uomo resta inalterata. Dove manchi questo senso di uguaglianza, vuol dire che non si è toccato la realtà. La mera conoscenza non basta: si deve conoscere il conoscitore. I pandit e gli yoghi possono sapere molte cose, ma a che serve quando non si conosce il sé? Sarà una competenza vuota. Non c'è pace senza la conoscenza del conoscitore2. I.: Come la si ottiene? M.: Posso solo dirti ciò che so per esperienza personale. Quando incontrai il mio maestro, mi disse: "Tu non sei quello che credi di essere. Scopri ciò che sei. Osserva l' "io sono", scopri il vero te stesso". Gli obbedii perché mi fidavo di lui, e feci come mi aveva detto. Tutto il tempo libero lo passavo osservandomi in silenzio. Che rapido cambiamento! Mi occorsero solo tre anni per realizzare la mia natura. Il maestro morì poco dopo, ma non fece alcuna differenza. Tenni a mente ciò che mi aveva detto e perseverai. E il frutto è ora qui, con me. I.: Che genere di risultato? M.: Mi conosco come sono in realtà. Non sono il corpo, né la mente né le sue facoltà. Sono oltre. I.: Non siete proprio nulla? M.: Eh via, non fraintendere! Certo che sono, e anche molto tangibile. Ma non chi credi tu. Questo ti spiega tutto. I.: Non mi spiega niente. M.: Infatti non puoi spiegartelo, ma solo provarlo da te. Sei abituato a trattare con cose, fisiche e mentali. Io non sono una cosa e tu neppure. Non siamo né materia né energia, né corpo né mente. Quando avrai un'idea chiara di ciò che sei, non ti sarà difficile capirmi. Crediamo in tante cose per sentito dire, in terre e genti lontane, paradisi e inferni, dei e dee, perché ce ne hanno parlato. Similmente, ci hanno descritto noi stessi, i nostri genitori, il nome, la posizione, i doveri e così via. Non ci siamo mai preoccupati di verificare. La strada che conduce alla verità passa attraverso la distruzione del falso. Per farlo, devi mettere in questione le credenze più inveterate. La peggiore di queste è l'idea di essere il corpo. Con il corpo arriva il mondo; con il mondo, Dio, che si suppone abbia creato il mondo, e così s'incomincia: paure, religioni, preghiere, sacrifici, ogni sorta di sistemi, per proteggere e sostenere l'uomo-bambino, terrorizzato da mostri di sua fattura. Renditi conto che ciò che sei non può nascere né morire, e che tutte le sofferenze cessano quando scompare la paura. Ciò che la mente inventa, a sua volta distrugge. Ma il reale non è inventato e non può essere distrutto3. Attieniti a ciò su cui la mente non ha potere. Quello di cui ti parlo non è nel passato o nel futuro, o nella vita quotidiana come si svolge ora. Non è eterno, neppure: è fuori del tempo4, e la sua totale assenza di tempo è al di là della mente. Il maestro e le sue parole: "Tu sei me", mi si sono connaturati, al di fuori del tempo. Al principio, dovevo fissarvi sopra la mente, poi è diventato come respirare. Il punto in cui la mente accoglie le parole del maestro per vere, e vi si attiene spontaneamente in ogni particolare della vita quotidiana, è la soglia della realizzazione. In un certo senso è una salvezza attraverso la fede, purché questa sia intensa e duratura. La fede, da sola, non basta, e quella che si esprime nell'azione non è che uno strumento in vista della realizzazione. Tuttavia è il metodo più efficace. Taluni insegnanti negano la fede e si affidano unicamente alla ragione. Non negano la fede, ma condannano la cecità delle credenze. La fede non è cieca. È la volontà di tentare. I.: Ci è stato detto che tra le forme di disciplina spirituale la più valida è lo sviluppo e il risveglio del testimone interno. Ha rapporto con la fede? M.: Sviluppare lo stato di testimonianza è una forma di fede - in se stessi -. Si cessa d'identificarsi coi sentimenti e le passioni, e si guarda tutto come da una grande distanza. Nel testimoniare non c'è sforzo. Capisci che sei il testimone e basta, e quella comprensione ha un effetto immediato. Altro non ti occorre, solo ricordare che sei il testimone. Se in quello stato ti domandi: "Chi sono?", la risposta ti giunge immediata, benché sia muta e silenziosa. Cessa di essere l'oggetto, e diventa il soggetto di


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