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Anziani e non autosufficienza

n Italia oggi abbiamo 3,8 milioni di anziani non autosufficienti ed è presente una crescita del numero degli anziani ed in particolare del numero dei grandi anziani, gli over 80. Inoltre i profili che i grandi anziani hanno sono sempre più problematici e differenti come per esempio la disabilità di tipo fisico e disabilità di tipo cognitivo, per cui una persona allettata e una con Alzheimer hanno bisogni molto differenti tra di loro. Un altro problema è l’indebolimento delle famiglie. Ad ogni lustro diminuisce il numero dei figli per anziano, mentre il welfare italiano è ancora disegnato sul fatto che ci siano dei figli attorno all’anziano. Tutto questo implica dare risposte a dei bisogni non riconosciuti da collegarsi con la eterogeneità dei bisogni.

Il primo problema è la frammentazione delle risposte, fatto di prestazioni e interventi non coordinati; infatti, ti devi rivolgere ad una molteplicità di punti diversi. Una seconda criticità è che molti servizi offerti agli anziani non autosufficienti in realtà non sono pensati per la non autosufficienza. L’esempio più lampante è quello dell’assistenza domiciliare integrata (adi) che in media dura tre mesi, utile per affrontare un periodo post-ospedaliero, ma non per accompagnare anni ed anni di non autosufficienze spesso i servizi sono disegnati per le non autosufficienze funzionali e non per le demenze. I familiari per queste criticità che si protraggono per anni sono costretti a rivolgersi alle badanti o a dei ricoveri in RSA (in Provincia di Pavia sono presenti 84 RSA che mettono a disposizione circa sei mila posti letto) e ques to implica che si vanno ad erodere i risparmi delle famiglie. Non possiamo disconoscere che in Italia non è mai stata fatta una riforma dell’assistenza alla non autosufficienza.

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Dapprima è nato l’accompagnamento, poi l’Adi e poi le RSA e da qui si evince che la non autosufficienza è un settore del welfare senza coor- dinamento. La non autosufficienza è uno dei nuovi rischi sociali, emersi solo negli ultimi decenni, ma è indispensabile modificare lo stato sociale.

Sino ad ora abbiamo espresso le criticità della problematica non autosufficienza, ora vediamo cosa è previsto per sostenere un sistema integrato di assistenza sociale, sanitaria e sociosanitaria multiprofessionale e integrata, con una strut turazione permanente in cui i servizi del pubblico, sanitario e sociale, svolgano un lavoro secondo una modalità complementare in base all’evoluzione dei bisogni delle persone anziane. Il PNRR prevede un investimento di 2,7 miliardi sull’Adi, ma le criticità espresse in precedenza richiedono un’introduzione della nuova assistenza domiciliare integrata sociosanitaria che somma le attuali Adi e Sad con risposte di durata adeguata ai bisogni degli anziani. Un discorso a parte meritano le RSA e le badanti. Non è vero che non ci vogliono RSA, ma ci vogliono buone RSA che sappiano rispondere alle problematiche dei ricoverati che nell’ultimo decennio sono diventati sempre più anziani e con multipatologie organiche e funzionali. Altro nodo, le badanti, rispetto a cui serve immaginare sia percorsi di qualificazione sia di sostegno ai costi. Attualmente è presente un piano nazionale non autosufficienza (PNNA) che è stato recepito dalla Regione Lombardia ed è rivolto agli anziani e ai disabili. In teoria la presa in carico dei fragili deve passare presso ogni casa di comunità (gestite da ASST) dove dovrebbe esistere il PUA (punto unico di accesso) dove sarà effettuata una valutazione multidimensionale (medico, infermiere, assistente sociale). È indispensabile definire le modalità di formazione del personale addetto al supporto e all’assistenza delle persone anziane mediante definizione di percorsi formativi. Da tutto quello descritto si evince la complessità della problematica non autosufficienza e soprattutto quanto lavoro debba essere ancora fatto da parte di varie componenti assistenziali. Non ci resta che incrociare le dita.

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