a scuola con i bisogni educativi speciali

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Adriano Grossi

A scuola con bisogni educativi speciali “La persona funziona. Il nuovo ICF tra servizi sanitari e scuola�

28.11.06 Seminario provinciale


Rispetto alle specifiche OMS vanno evidenziati i seguenti concetti: •

L’ ICD (International Classification of Diseases ), ora ICD 10 descrive la diagnosi, l’eziologia e la manifestazione clinica della disabilità.

L’ICF (InternationalClassification of Functioning and Health” 2001) descrive il funzionamento e la disabilità, vede la persona non come una sommatoria di ciò che le manca per funzionare correttamente, ma come una realtà strettamente correlata con le capacità residue o potenziali e quindi di salute e benessere.

Entrambe le specifiche nel DPCM 23.2.2006 vengono considerate complementari. Che cosa dobbiamo trarre sotto il profilo pedagogico-didattico? Se l’ICD è conforme alla visiono medica, occorre focalizzare la nostra attenzione sull’ICDH -International Classification of Impairment, Disability and Handicap 1980-

la cui versione

successiva (ICDH2,1999 ) ha rappresentato il germe concettuale dell’ICF. La specifica ICDH presenta una vision più articolata che non è data dalla mera classificazione delle conseguenze delle malattie. Detto modello è confluito nella definizione di persona handicappata acclarata dall'art 3 della l.104/92: “1 È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale. stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. 2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua o all'efficienza delle terapie riabilitative. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo o globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici."

Minorazione, disabilità ed handicap Come si vede dalla definizione, tre sono le parole chiave che si desumono dall'ICDH: 1)minorazione o deficit (impairment):si intende qualsiasi perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni psicologiche, fisiologiche o anatomiche; può essere transitoria o permanente. Essa rappresenta l'esteriorizzazione di uno stato patologico e, in linea di principio, riflette i disturbi a livello d'organo (danno funzionale di un apparato). 2) disabilità; riduzione parziale o totale (restrizione) della capacità di compiere un'attività nel modo e nell’ampiezza considerati normali. E’ l’oggettivazione della menomazione. La disabilità sta tra la capacità di compiere un'azione e l'incapacità; meglio: un individuo può avere una specifica Piacenza, 28.11.06

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disabilità, ma anche precise abilità. Cioè non riesce a fare quello che il normale fa, ma ha altre abilità, piccole e grandi che siano. 3) handicap; svantaggi esistenziali conseguenti riduzione dello svolgimento di un ruolo in relazione all’età, sesso, fattori socio-culturali a seguito di minorazione e/ disabilità. E’ la restrizione della partecipazione. Lo svantaggio è allora situazionale e contestuale ed è una condizione che può scaturire dall'azione degli altri o dell'individuo stesso. È un vissuto che può presentarsi in alcune circostanze e non in altre, così come anche la restrizione della capacità di compiere l'azione è strettamente dipendente dalla richiesta e dal compito da svolgere. L’ ICDH, pur prevedendo l’origine dell’handicap nella minorazione del soggetto, sposta l'attenzione sull'individuo che, inserito nel contesto, fronteggia le conseguenze della patologia. In altre parole, l'ICDH aveva allargato il campo visivo fino ad includere l'individuo, l'attività dello stesso e l'ambiente, specificando che proprio dall'interazione di questi fattori poteva – o non – presentarsi la disabilità e lo svantaggio. Al centro di questo approccio c'è la persona disabile che combatte la sua malattia; ella è relativamente handicappata; mentre infatti

il deficit è evidente, l'handicap è relativo, è una

condizione di incontro tra le persone e una situazione. E’ uno svantaggio che può essere riducibile e o aumentabile.

La disabilità come ambiente sfavorevole L'ICF (International Classification of Functioning and Health” 2001) -in italiano “Classificazione internazionale delle funzionalità, disabilità e salute” nella presentazione dell’aprile 2002 a Trieste -, è uno sviluppo coerente di questo pensiero, anzi evidenzia aspetti propositivi che valorizzano il singolo. Esso infatti pone in primo piano il concetto di salute e di funzionamento e lo correla a tutte le situazioni e condizioni interne ed esterne dell'individuo che possono inficiare la condizione di benessere bio-psico. ICDH

ICF

Minorazione (deficit), Disabilità , Handicap ( l’handicap è contestuale, riducibile.)

Attività (competenze ed abilità) al posto di disabilità Partecipazione (‘spendersi’ deve funzionare, ‘sentirsi parte’ giocare socialmente.)

Nell'ICF la parola handicap è stata eliminata, in quanto ciò attribuiva alla persona una caratteristica negativa. Oggi rimane la considerazione che esistono delle condizioni di svantaggio, Piacenza, 28.11.06

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ma si afferma anche che tali condizioni derivano da una relazione tra le persone e il mondo che non produce una condizione di handicap sempre e comunque. Oggi si tiene in considerazione il fatto che alcune caratteristiche sono legate alla mancanza di sviluppo personale ma anche ad elementi sociali, non solo individuali, legati a una mancanza di attenzione a determinate caratteristiche dei cittadini. Disabilità non è da considerare una condizione oggettivamente negativa quanto piuttosto in relazione con un ambiente fisico, culturale e sociale che non è in grado di valorizzare le potenzialità. Lo spettro semantico della parola si allarga includendovi non solo una restrizione di attività, ma anche la limitazione di partecipazione. La disabilità è allora una condizione ordinaria di vita e non è legata ad una condizione di malattia: viene definita come conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra condizioni di salute di un individuo e fattori personali, e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive e lavora. Bisogna pertanto costruire un linguaggio che faccia capire che le persone sono un insieme di caratteristiche e che questo insieme compone una persona che non può essere ridotta ad una di queste

caratteristiche

(spesso

solo

quelle

considerate

negative).

Non

più“invalido”,

“handicappato”, “disabile”, quanto piuttosto “persona con disabilità, che è diversamente abile." Il nuovo passaggio compiuto dall'ICF elimina quindi l'ultima parte di negatività che veniva attribuita alle persone per effetto della minorazione e parla di strutture e attività, termini più generici che appartengono a tutti. Due sono le parti principali di questo strumento classificatorio: 1. )funzionamento e strutture corporee comprensivo di attività e partecipazione; 2.)fattori

contestuali

comprensivi

di

fattori

personali

e

ambientali.

Interazione di Concetti ICF 2001 Condizioni di salute (disturbo / malattia) )

Funzioni e strutture corporee (Menomazione)

Fattori Ambientali

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Attività (Limitazione) )

Partecipazione (Restrizione)

Fattori Personali


Al centro del nuovo ICF c'è dunque la descrizione dello stato di salute delle persone in generale, in relazione ai loro ambienti di vita, al fine di individuare le difficoltà che nel contesto socio- culturale possono causare disabilità. Con l’ICF si costruisce un teorema secondo il quale al centro c’è la capacità di fare (attività) che può essere più o meno sviluppata a seconda delle condizioni proprie dell’individuo, ma anche derivanti dal mondo esterno. Molti fattori personali hanno infatti le loro radici nei fattori ambientali (stili di vita). L’elaborazione concettuale dell’ICF evidenzia i seguenti principi: – Il riconoscimento della diversità e della peculiarità della persona umana come evento normale sì da configurare lo sviluppo estremamente variabile e soggettivamente rilevante. L’ordinario funzionamento della persona incontra nella quotidianità la specialità, la differenza e la peculiarità anche estrema di alcune caratteristiche in considerazione della molteplicità dei fattori in gioco nello sviluppo. – Le compromissioni di funzionamento non sono solo organiche, ma anche inevidenti, psicologiche ed ambientali, al punto da configurare la disabilità come esito di un ambiente sfavorevole. – Anche la persona con disabilità non va trattata con impostazione medicalizzante e/protesica e riabilitativa, né prevalentemente associata ad una dimensione dove la mancanza e la carenza di competenze inglobano tutta la personalità dell’individuo e il suo contesto. Occorre in ogni caso esplorare la salute della persona con disabilità andando oltre la specifica disabilità programmando obiettivi in termini di incremento delle abilità, intervenendo sulle condizioni ambientali in modo da diminuire lo svantaggio e facilitare l'integrazione (Berlini- Canevaro, 1996).

Alunni con bisogni educativi speciali Come corollario di questi principi troviamo ordinariamente presenti nelle nostre classi una gamma estremamente poliedrica e sfaccettata di diversità, di alunni con specie e caratteristiche non riconducibili solo alla certificazione dell’handicap, ma a ragioni psicologiche, ambientali, a cause endogene ed esogene che insieme ‘compromettono’ il funzionamento apprenditivo dello studente. Troviamo la speciale normalità in quel crescente numero di alunni cosiddetti «normali» che però presentano bisogni educativi speciali, che vanno affrontati adeguatamente, ad esempio: – disturbi dell’apprendimento: il disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività, la dislessia, la disgrafia, la discalculia; – deficit di autostima; – deficit di motivazione; Piacenza, 28.11.06

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– situazioni emotive problematiche; – comportamenti devianti; – anche la diversità originata dalla presenza di culture altre a volte produce difficoltà. Potrei aggiungere sempre maggiore consapevolezza delle normalissime differenze individuali, delle «specialità» e singolarità di tutti gli alunni, che richiedono differenziazioni nella didattica e varie individualizzazioni, ad esempio: – le differenze di stile nell’elaborazione delle informazioni e nell’apprendimento; – la pluralità delle intelligenze e degli stili di pensiero. Anche nell’alunno apparentemente più normale si trovano notevoli differenze e specialità, che vanno incontrate, conosciute, e a cui va data la possibilità di esprimersi e valorizzarsi. (Berlini, Canevaro,1996) “Gli alunni con bisogni educativi speciali” rientrano in un filone di studi e di ricerca acquisito da tempo dalla letteratura anglosassone con la dizione Special Educational Needs ed utilizzato nei Rapporti internazionali. Da noi il termine viene tradotto con Difficoltà di apprendimento. Questa categoria di alunni esprime ordinariamente bisogni educativi che sono gli stessi che manifestano gli alunni in formazione, e cioè identità, autonomia, sentirsi parte, sicurezza, vivere in un clima sociale positivo, solo che manifestano i loro bisogni in condizioni un po’ speciali e complesse. Rispondere ai “bisogni speciali” non significa costruire categorie separate; piuttosto formare insegnanti, dirigenti e operatori educativi che facciano proprie, oltre che una cultura della diversità, conoscenze e competenze speciali per rispondere ai bisogni “educativi speciali”. La ricerca pscopedagogica ci mette a disposizione un software gestionale fondato sul sistema di classificazione ICF( Ianes, Bisogni educativi special ed inclusione, Erickson, 2005) che vuole aiutare i consigli di classe nella loro individuazione. L’argomento è al centro di una recente indagine di docenti universitari di pedagogia speciale (www.pedagogiaspeciale.it/ricerche.htm). L’ampiezza del fenomeno disagio, specchio della realtà contemporanea che appare complessa e contrassegnata ' normalmente' da diversità e da eterogeneità, impone poi alla scuola un ripensamento circa la sua funzione. Se

il disagio pluriforme e pervasivo è visto come scostamento della ‘norma’ , come ‘

incidente’ da chiudere tra parentesi (punto.... e a capo), allora l’atteggiamento è la ricerca del colpevole e della ‘normalizzazione’ per tornare a fare scuola il più presto possibile. Qui la preoccupazione è di ripristinare un circuito comunicativo che avviene con la spiegazione e l’interrogazione; l'alunno ha il compito di restituire il messaggio dell'insegnante nel modo più pulito possibile senza inquinamenti di sorta. Piacenza, 28.11.06

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Disagio e difficoltà possono però costituire un’ occasione per la qualità della scuola e di successo per tutti gli allievi come prevede il Regolamento dell’autonomia che parla di successo formativo per la cui realizzazione le scuole impegnano le quote per la flessibilità e la personalizzazione. Si profila pertanto un modello di scuola inclusiva attenta alle molteplici diversità non solo di quella degli alunni certificati, ma in specie di coloro che esprimono bisogni educativi speciali rendendo significativa la loro presenza a livello cognitivo, comportamentale e psicologico di ciascuno . La persona è un’entità che ha i suoi problemi, ma anche le sue risorse non solo espresse, ma anche potenziali e residue. Di conseguenza non assegnare etichette (‘svantaggiato’ ‘lento’ ‘svogliato’) che possono introdurre distorsioni nella relazione educativa ma ‘comprendere’ per disegnare un percorso di crescita e di accompagnamento. L'ipotesi è: l’esperienza scolastica di cura di bisogni educativi speciali è sinonimo di didattica di qualità.

Un nuovo paradigma La formulazione di piani e progetti di sviluppo utilizzando funzioni esistenti o prossimali compatibili con i dispositivi concettuali del sistema di classificazione ICF comporta l’assunzione di un diverso paradigma di lettura della realtà: non più ricerca delle cause secondo il paradigma positivista che ci ha abituato a leggere la realtà cercando i nessi causa effetti propri del modello eziologico, ma spostamento dell’attenzione sui soggetti esterni e sulla relazione tra soggetto e il contesto relazionale in cui è inserito. Subentra un diverso paradigma,:interazionista costruttivista, che si sofferma sulla rete dei legami, sul contesto e non sul nesso causa effetto; per cui studiare un fenomeno non significa chiedersi “quale sia l’origine”, ma “ fa corpo con …”. Conta l'ambiente come vien percepito e quindi vissuto attraverso una fitta trama di scambi e di connessioni che da un lato determinano stati e condizioni che influenzano il soggetto senza escludere la possibilità allo stesso soggetto di creare e modificare le esperienze attribuendovi nuovi significati.

Didattica speciale con nuove regole d'ingaggio Nella didattica è importante acquisire quelle qualità (autostima, fiducia , sicurezza, attività proattiva) che consentono di vivere l’esperienza scolastica in termini di benessere psicologico e di costruire la propria identità all’interno di relazioni significative con gli altri. Diventa essenziale insistere sulla dimensione socio-affettiva e sulla costruzione del gruppo classe, sulle interazioni di conflitto socio-cognitivo di posizioni diverse assicurando funzionamento e partecipazione di ogni relazione educativa. Piacenza, 28.11.06

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La promozione di interventi centrati sul soggetto e sul contesto di vita diventano strategici per assicurare una prospettiva promozionale dello sviluppo di tutti e ciascuno al di fuori di una prospettiva compensativa e contenitiva di risanamento di episodi contingenti problematici: bullismo, ansia, iperattività, ecc. Occorre pertanto che in primo luogo l’insegnante polarizzi il proprio fare su quelle funzioni tutoriali inopinatamente previste nel passato recente per un tutor, che gli permettono di “essere efficace” (Gordon). Insegnante che incoraggia, crea un clima interattivo in risposta ai bisogni di socialità, stima appartenenza, simpatia, favorisce competenze socio-affettive, promuove orientamento con un sostegno personalizzato con cui si prende cura (ma non si fa carico sostituendosi) e accompagna ciascuno. L’insegnante assume così una fuzione di scaffolding come impalcatura di sviluppo che coglie il peso delle potenzialità infantili secondo i canoni di una nuova didattica che si estende alla cura del conoscere, ovvero dell’imparare e non solo del piacere di stare insieme disegnando così un curricolo come ambiente di apprendimento. Per disegnare setting di apprendimento si possono utilizzare diverse fonti: interessanti prospettive vengono sia dall’assunzione del Programma Feurstein di Arricchimento Strumentale, sia dal Metodo Gordon , dal Metodo integrato di educazione socio-affettiva (Francescato- Putton ) e dal coagulo di esperienze collaborative che vanno sotto il nome di cooperative learning e peer education, che sostanziano la didattica relazionale. Vale la pena ‘provarci’!

Tre proposte di didattica speciale 1. Studio ed impiego del software gestionale dell modello ICF di Ianes Bisogni educativi speciali ed inclusione. 2. La prospettiva metacognitiva Programma Feurstein di Arricchimento Strumentale. 3. Le didattiche relazionali (Metodo Gordon, Metodo integrato, cooperative learning, peer education) Riferimenti bibliografici Ianes Bisogni Educativi Speciali e inclusione, Erckson,2005 Canevaro, L’integrazione in prospettiva inclusiva ,Monolite Editrice Roma Berlini-Canevaro, Potenziali individuali di apprendimento, La Nuova Italia, 1996 Francescato Putton e S. Cudini, Star bene insieme a scuola un metodo integrato per l’educazione socio-affettiva , La Nuova Italia Scientifica, Roma,. 1986

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Gordon Insegnanti efficaci, Giunti Lisciani, 1991

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