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PARLIAMO DI
Tre mesi di coronavirus che sembrano un’eternità
di DANIELE FOGLI
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L’emergenza sanitaria e il forte incremento di mortalità con cui ci siamo dovuti confrontare nei mesi scorsi, ha portato alla luce una serie di gravi lacune delle norme che regolano il settore funerario e cimiteriale italiano.
In tre mesi di coronavirus non pochi si sono resi conto delle carenze delle norme di Polizia Mortuaria e ancor di più della mancanza di loro conoscenza da parte della filiera funeraria italiana.
Molto è dipeso dalla regionalizzazione di norme funebri, cimiteriali e di polizia mortuaria, un fenomeno che ha creato un marasma legislativo da cui difficilmente si riesce ad uscirne.
Anche lo Stato ha le sue colpe, visto che per anni ha abbandonato il settore funerario al proprio destino, e solo di recente ha deciso di impugnare norme regionali palesemente illegittime, come lo erano anche
altre che mai sono state impugnate.
Le colpe maggiori sono però, a nostro avviso, da imputare alle Regioni, desiderose di innovare, molte volte senza nemmeno sapere che effetti avrebbero provocato quel che andavano ad approvare.
In mezzo sta un popolo di operatori, desiderosi di ampliare il proprio business, spesso a scapito di altre attività confinanti. Tutto funzionava col buon senso e con la necessità di fare un funerale in tempi accettabili, visto che le carenze di una rotella del sistema venivano risolte, non senza tensioni, da altre rotelle del sistema: l’importante era concludere il funerale. E le rotelle erano e sono tante: gli operatori delle camere mortuarie delle strutture sanitarie, i medici intervenuti, i sacerdoti per la ritualità, gli impiegati del Comune per le autorizzazioni e la disponibilità di sepoltura, gli operatori di cimiteri e di crematori per la sepoltura o la cremazione. Solo per ricordare le principali. Tutti guidati e sincronizzati dall’impresa funebre, che con propri necrofori e addetti alle onoranze funebri, trova quasi sempre la maniera di concludere il funerale.
Poi, a febbraio, si è entrati in tempi di coronavirus. Quasi tutte le Regioni, nell’approvare le normative territoriali, hanno ritenuto di richiamare le norme statali in caso di defunto con malattia infettiva diffusiva. Norme vecchie, o meglio vecchissime, in diversi casi difficilmente applicabili al giorno d’oggi, specie


con una epidemia numericamente imponente come quella che ci ha colpito.
Per un’analisi dettagliata della vetustà di queste norme si rimanda al confronto, nello schema elaborato dal Dott. Antonio Dieni (pagg. 20- 21), tra le norme emanate durante la Seconda guerra mondiale (il R.D. 1880/1942, che per inciso era già in molti casi ripetizione di quelle vigenti alla fine dell’Ottocento) e le ultime norme statali di cui al D.P.R. 285/1990.
Perché queste norme sono di difficile applicazione? Perché ora si è in presenza di una parte rilevante del Paese (il Nord, Roma e la Campania) dove la cremazione è la scelta preponderante delle famiglie e l’inumazione è divenuta residuale e la tumulazione di feretri è parimenti in forte declino, mentre nella restante parte d’Italia è ancora la tumulazione la scelta principale delle famiglie.
Il famigerato virus ha scelto di infettare principalmente le zone del Nord, ed è lì che il meccanismo si è inceppato: si è inceppata dapprima la macchina sanitaria (intasando (continua a pag. 22)
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MONITORAGGIO
OSSERVAZIONE
RAPIDO DEPOSITO TEMPORANEO
CADAVERE ESEQUIE
AUTORIZZAZIONE TRASPORTO Art. 9. Nei casi in cui la morte sia dovuta a malattia infettiva-diffusiva [omissis] su proposta dell’ufficiale sanitario, il podestà può ridurre il periodo di osservazione a meno di 24 ore. Art. 10. [omissis] i cadaveri di deceduti per malattia infettiva-diffusiva devono essere protetti, mediante opportuni veli, dalle mosche e da altri insetti e devono essere adottate altresì quelle speciali misure cautelative, prescritte dall’ufficiale sanitario, per evitare ogni contatto diretto o indiretto. Art. 15. Quando la morte è dovuta ad una delle malattie infettive-diffusive comprese nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero dell’Interno, il cadavere, trascorso il periodo di osservazione, deve essere deposto nella cassa con gli indumenti di cui è rivestito e avvolto in un lenzuolo imbevuto di soluzione disinfettante. È consentito di rendere al defunto le estreme onoranze, osservando le prescrizioni dell’autorità sanitaria salvo che il Prefetto non ne vieti netta contingenza di manifestazione epidemica della malattia che ha causato la morte. Art. 22. Per i morti di malattie infettive-diffusive, di cui all’apposito elenco pubblicato dal Ministro per l’Interno, l’autorizzazione al trasporto prevista dal precedente articolo, può essere data soltanto quando risulti accertato che il cadavere, trascorso il periodo di osservazione, è stato composto nella duplice cassa, prevista dall’art. 27, seguendo le prescrizioni degli articoli 15 e 29. Ove tali prescrizioni non siano state osservate, la autorizzazione anzidetta può essere concessa soltanto dopo due anni dal decesso e con l’osservanza delle speciali cautele che, caso per caso, saranno determinate dall’ufficiale sanitario. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai trasporti di cadaveri da o per l’estero previsti dagli articoli 24, 25 e 26 quando la morte sia dovuta ad una delle malattie infettive-diffusive di cui al sopraindicato elenco.
COMPARAZIONE TRA LE NORME EMANATE DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE E LE ULTIME NORME STATALI DEL 1990
(a cura del Dott. Antonio Dieni)
R.D. 1880/1942 D.P.R. 285/1990
Art.1. [omissis] 2. Nel caso di morte per malattia infettiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità, il Comune deve darne informazione immediatamente all’unità sanitaria
locale dove è avvenuto il decesso. Art. 10. Nei casi in cui la morte sia dovuta a malattia infettiva-diffusiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità su proposta del coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale il sindaco può ridurre il periodo di osservazione a meno di 24 ore.
Art. 11. [omissis] Nel caso di deceduti per malattia infettiva-diffusiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità il coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale adotta le misure cautelative necessarie.
Art. 15. 3. [omissis] si provvede a dotare gli obitori di celle frigorifere isolate per i cadaveri portatori [omissis] o di malattie infettive-diffusive, in ragione di una ogni centomila abitanti.
Art. 18. Quando la morte è dovuta ad una delle malattie infettive-diffusive comprese nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità, il cadavere, trascorso il periodo di osservazione, deve essere deposto nella cassa con gli indumenti di cui è rivestito ed avvolto in un lenzuolo imbevuto di soluzione disinfettante. È consentito di rendere al defunto le estreme onoranze, osservando le prescrizioni dell’autorità sanitaria, salvo che questa le vieti nella contingenza di manifestazione epidemica della malattia che ha
causato la morte. Art. 25. 1. Per i morti di malattie infettive-diffusive di cui all’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità, l’autorizzazione al trasporto prevista dall’art. 24 può essere data soltanto quando risulti accertato che il cadavere, trascorso il periodo di osservazione, è stato composto nella duplice cassa prevista dagli articoli 30 e 31 seguendo le prescrizioni degli articoli 18 e 32.
2. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai trasporti di cadaveri da o per l’estero previsti dagli articoli 27, 28 e 29 quando la morte sia dovuta ad una delle malattie infettive-diffusive di cui all’elenco previsto nel comma 1.
MONITORAGGIO SPOSTAMENTI POST SEPOLTURA PIANO REGOLATORE CIMITERIALE

Art. 36. I risultati dei riscontri diagnostici [omissis] devono essere comunicati al podestà per la eventuale rettifica, da parte dell’ufficiale sanitario, della scheda di morte contemplata dall’art. 1. Quando come causa di morte risulta una malattia infettiva-diffusiva, la comunicazione deve essere fatta d’urgenza ed essa vale come denuncia ai sensi dell’art. 254 del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265.
Art. 40. [omissis] I risultati delle autopsie devono essere comunicati al podestà per la eventuale rettifica, da parte dell’ufficiale sanitario, della scheda di morte contemplata dall’art. 1. Quando come causa di morte risulta una malattia infettiva-diffusiva, la comunicazione deve essere fatta d’urgenza ed essa vale come denunzia ai sensi dell’articolo 254 del testo unico delle leggi
sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265. Art. 63. Salvo i casi ordinati dall’Autorità giudiziaria non possono essere eseguite esumazioni straordinarie: [omissis] b) quando trattisi della salma di persona morta di malattia infettiva contagiosa, a meno che non siano già trascorsi due anni dalla morte e che l’ufficiale sanitario dichiari che essa può essere eseguita senza alcun pregiudizio per la pubblica salute.
Art. 88. L’area destinata ai campi di inumazione deve essere almeno dieci volte più estesa dello spazio necessario per il numero presunto dei morti da seppellire in ciascun anno, calcolato secondo i criteri di cui all’art. 47. Se per il turno di rotazione è stato fissato un periodo diverso dal decennio, l’area viene calcolata proporzionalmente.
Devesi, inoltre, calcolare una maggiore assegnazione di terreno, per la eventualità di epidemie, equivalente ad un sesto dell’area totale occorrente per le inumazioni ordinarie. Art. 37. [omissis] 2 Il coordinatore sanitario può disporre il riscontro diagnostico anche sui cadaveri delle persone decedute a domicilio quando la morte sia dovuta a malattia infettiva e diffusiva o sospetta di esserlo, [omissis]
Art. 39. 1. I risultati dei riscontri diagnostici devono essere, dal direttore sanitario dell’ospedale o della casa di cura, comunicati al sindaco per eventuale rettifica della scheda di morte di cui all’art. 1. [omissis] 2. Quando come causa di morte risulta una malattia infettiva e diffusiva, la comunicazione deve essere fatta d’urgenza ed essa vale come denuncia ai sensi dell’art. 254 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modifiche.
Art. 45. 2. I risultati delle autopsie devono essere comunicati al sindaco e da quest’ultimo al coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale o delle unità sanitarie locali interessate per la eventuale rettifica della scheda di morte di cui all’art. 1. Il contenuto della comunicazione deve essere limitato alle notizie indispensabili per l’eventuale rettifica della scheda. 3. Quando come causa di morte risulta una malattia infettiva-diffusiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della Sanità, il medico che ha effettuato l’autopsia deve darne d’urgenza comunicazione al sindaco e al coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale comprendente ed essa vale come denuncia ai sensi dell’art. 254 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modifiche.
Art. 84. 1. Salvo i casi ordinati dall’autorità giudiziaria non possono essere eseguite esumazioni straordinarie: [omissis] b) quando trattasi della salma di persona morta di malattia infettiva contagiosa, a meno che siano già trascorsi due anni dalla morte e il coordinatore sanitario dichiari che essa può essere eseguita senza alcun pregiudizio per la salute pubblica.
Art. 58. 1. La superficie dei lotti di terreno, destinati ai campi di inumazione, deve essere prevista in modo da superare di almeno la metà l’area netta, da calcolare sulla base dei dati statistici delle inumazioni dell’ultimo decennio, destinata ad accogliere le salme per il normale periodo di rotazione di dieci anni. Se il tempo di rotazione è stato fissato per un periodo diverso dal decennio, l’area viene calcolata proporzionalmente. [omissis] Si tiene anche conto dell’eventualità di eventi straordinari che possono richiedere un gran numero di inumazioni.
le camere mortuarie di ospedali e RSA) e, a seguire, quella autorizzatoria comunale; poi quella necessaria per il trasporto funebre e infine la rete dei crematori. Diciamo che sostanzialmente ha retto solo il sistema di accoglimento cimiteriale (che sappiamo sovrabbondante come posti, al Nord).
Ora la Protezione Civile ci ha messo una pezza con due ordinanze: prima la OCDPC 655 e poi la 664. Sulla prima, emanata nei giorni di massima difficoltà per l’alta mortalità nella Bergamasca, stendiamo un pietoso velo proprio perché assunta in giorni terribili. La seconda ha principalmente velocizzato il sistema autorizzatorio ed è e sarà molto utile. Non osiamo pensare però a cosa sarebbe successo se il coronavirus avesse deciso di colpire al Sud, già in crisi per garantire le ordinarie sepolture!
E veniamo infine al problema maggiore degli effetti di questa pandemia: spesso gli operatori funebri si sono trovati all’oscuro sia su che cosa si deve fare in una situazione epidemica di questo genere, e sia perché lo si deve fare. Sono stati principalmente guidati dal sapere tramandato dalla pratica quotidiana che, in casi come questo, non può funzionare: - per la dimensione quantitativa dell’epidemia; - per gli effetti del virus che si stanno scoprendo solo nel tempo; - per una babele di provvedimenti e di centri decisionali che sono propri dell’italico modo di affrontare le cose: ovvero come complicare le cose facili, figuriamoci quelle difficili!
Eppure, quelle stesse norme regionali, che diverse federazioni di categoria avevano sponsorizzato, avevano previsto corsi obbligatori con un minimo di ore di frequenza, con programmi che certamente comprendevano pure le norme sulle malattie infettive. I maligni dicono che in diversi casi i corsi erano visti più come un sistema per ottemperare ad un obbligo di legge, prendersi il pezzo di carta necessario per poter poi avere accesso alla possibilità di operare in un determinato territorio, piuttosto che un sistema di arricchimento di conoscenze di base e specialistiche.
Mi pare ingeneroso dare giudizi, ma certamente vi è una differenza tra chi opera in altri Paesi europei, dove per poter svolgere l’attività funebre occorrono centinaia e centinaia di ore di formazione con un sistema di aggiornamento continuo, e l’Italia che si ferma a qualche decina di ore, fatte in una qualche maniera.
E allora che fare? L’esperienza vissuta in questi mesi ci deve servire per ricostruire, ci si augura ben prima dell’ottobre prossimo, una normativa emergenziale degna di questo nome e farla conoscere per tempo all’intera filiera. Non arrivare come al solito con l’acqua alla gola. Allo stesso tempo sarebbe auspicabile avviare un percorso virtuoso che permetta di riscrivere le norme valide per l’ordinarietà, superando una volta per tutte la logica delle norme regionali.


