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UNO ZERO CHE VALE ORO.

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Visioni

Visioni

Costa d’Oro presenta il primo extra vergine in Italia certificato Zero Pesticidi Residui*.

Un olio che riscrive le regole della qualità degli extra vergini d’oliva.

Che sia ferro, rame, ghisa o alluminio, porgo il mio dorso vegetale o animale al maestoso olio che fluttua e ribolle e salta e frizza e canta gioioso il nostro mutare in asciutti e croccanti desideri culinari. Di bocca in bocca leggeri, corposi, fragranti scrocchiamo: un tripudio di fritti benedetti da un olio che nutre e ci rende immortali.

Stefania Morgante

Illustrazione di copertina

Stefania Morgante

stefaniamorgante.com

IG: @stefmorgante

Pubblicazione periodica

Giugno 2023, anno 7, numero 16

ISSN 2611-5239 Olio O cina

ISBN 978-88-94887-47-1

Editore

Olio O cina

Olio O cina Srl

Società unipersonale

Via Francesco Brioschi 86

20141 Milano - Italia

Redazione

Via Giovanni Rasori 9

20145 Milano - Italia

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E-mail redazione@olioo cina.it

Direttore

Luigi Caricato

Coordinamento redazionale

Tamara Lovric

Redazione

Chiara Di Modugno

Art Buyer

Maria Carla Squeo

Art Director

Michelangelo Petralito

Progetto grafico e impaginazione

PR-A, Milano

Fotografie

Gianfranco Maggio, Lorenzo Cerretani, Jacopo Carré et al.

Illustrazioni

Domenico Boscia, Huza Studio, Stefania Morgante, Doriano Strologo

Comitato scientifico

Luigi Caricato, Rosalia Cavalieri, Lorenzo Cerretani, Daniela Marcheschi, Antonio Monte, Massimo Occhinegro, Alfonso Pascale

Hanno collaborato

Giuseppe Capano, Luigi Caricato, Lorenzo Cerretani, Giuseppe De Carli, Chiara Di Modugno, Maria Gabriella Dongarrà, Giovanni Lercker, Daniela Marcheschi, Stefania Morgante, Simona Pahontu, Mario Portera, Maria Carla Squeo

Stampatore

Editrice Salentina, Galatina (Lecce) - Italia

Distribuzione in libreria

Unicopli - Trezzano sul Naviglio, Milano

Pubblicità

Olio O cina, pubblicita@olioo cina.it

Il numero 16 di OOF Magazine, giugno 2023, è il supplemento del numero 507 della testata giornalistica OlioO cina Magazine, registrata presso il Tribunale di Milano, n. 326 del 18 ottobre 2013. Direttore responsabile: Luigi Caricato.

La rivista OOF Magazine viene distribuita in libreria e la si può ricevere anche direttamente al proprio recapito su abbonamento (Info: posta@olioo cina.eu).

Costo dell’abbonamento a quattro numeri di OOF Magazine: euro 60,00 per l’Italia, euro 80,00 per Europa e Bacino del Mediterraneo; euro 100,00 Americhe, Asia, altri Paesi dell’Africa; euro 110,00 per Oceania.

È possibile acquistare copia digitale sfogliabile della rivista su piattaforma Issuu alla voce Olio O cina.

“Frittelle magre di pome e di fichi per piatti sei”, tratta dal Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande secondo la diversità de i tempi così di carne come di pesce, prima edizione nel 1559, autore Cristoforo di Messisbugo, provveditore ducale alla corte Estense di Ferrara.

Indicazioni per l’esecuzione: “Piglia pome monde tagliate minute numero dieci, e libbra una di fichi tagliati minuti; e poi piglia una scutella e mezza di farina bianca, e oncie 2 d’olio buono e oncie 3 di uva passa, e un bicchiero di vino bianco dolce, e un poco di za arano, e incorpora bene ogni cosa insieme, giungendoli tanta acqua che detta composizione venga come una colla. E incorporarai bene ogni cosa insieme; e poi averai la patella con olio caldo, e con la gucchiara gli andrai ponendo le tue frittelle, ad una, ad una, dentro. E fritte, per imbandirsi, gli porrai sopra oncie 6 di miele purgato, e oncie 4 di zuccaro sopra il miele; seranno fatte”.

Nei vocabolari il verbo friggere è associato a molteplici significati, tutti riconducibili all’atto di cuocere in padella, nell’olio o in altro grasso bollente. Dal latino frigere, si tratta di “uno dei modi tradizionalmente più gustosi e di usi di cuocere le vivande”, come appunto opportunamente viene precisato nel Dizionario italiano ragionato diretto da Angelo Gianni. La pratica della frittura rappresenta un metodo di cottura tanto in voga da ricorrere di frequente in diverse espressioni comuni. Dall’esclamazione di fastidio vai a farti friggere alla più drastica esser fritto, propria di chi sente oramai perduto, spacciato, senza più speranze; dal friggere di rabbia, di chi non ne può più, all’impazienza di chi frigge nell’attesa di una notizia o di una risposta importante. Espressioni comuni, ora scherzose, ora di carattere spregiativo, molte delle quali di ampio utilizzo, e altre per contro meno consuete, o datate, o in ogni caso confinate in ambiti strettamente localistici, riconducibili ad antichi proverbi e modi di dire, tanto che in alcuni si tratta – è proprio il caso di dire – di cose fritte e rifritte gni volta che entro in un ristorante, ovunque, in qualsiasi parte del mondo, chiedo sempre, con sguardo supplichevole e un po’ divertito: patatine fritte! È come un mantra, ormai. Tra lo stupore di chi prende nota, incerto se presentare la porzione in apertura o in altro momento del pasto, e il mio appagamento soddisfatto e anche un po’ gaudente nell’apprendere la certezza della disponibilità rapida se non addirittura quasi immediata di quanto richiesto, mi rendo conto di come per me la frittura sia veramente la misura di ogni cosa. Un ristorante che non è in grado di realizzare delle buone patatine fritte è un ristorante da cancellare. È come una cartina al tornasole attraverso la quale ci si rende conto da un pur così mimino dettaglio della buona organizzazione o meno di una cucina professionale. Posso confermare che sono rare, rarissime le volte in cui resto estasiato, nella gran parte delle occasioni è ordinaria amministrazione, ti o rono il minimo sindacale: patate surgelate pronte per la frittura, ma senza alcuna poesia, senza alcuna immaginazione, senza alcun tocco magico che faccia sognare, senza alcuna concessione alla fantasia. Patate già tagliate e pronte per l’impiego. Tutto rientrante nell’ottica del pronto e servito, rare le volte in cui si vada oltre la sfera dell’ordinario. Si apre svogliatamente la busta. Si versano direttamente le patate pronte per l’uso, comode, veloci, a ogandole nel bagno di frittura. Patate magari anche buone, senz’altro buone (si spera) ma senza storia. L’unica consolazione è sperare in un olio ancora fresco, scelto con cognizione di causa, adatto alle alte temperature, senza quella malsana e ricorrente idea di ridurre sempre e ad ogni modo i costi. La frittura deve essere qualcosa che ti sveglia dentro e ti rende felice, pronto alla vita. La frittura è catartica nel momento in cui riesce a sollevarti da ogni pensiero e preoccupazione e ti fa abbandonare al piacere fisico e spirituale quasi fosse un rito di purifica- zione che ti sgancia e libera da ogni contaminazione. È evidente che inquadrata in questo modo la frittura non può assolutamente essere lasciata al caso. Tutto deve essere eseguito al meglio, secondo regole ferree e non badando mai a contenere i costi. Risparmiare sull’esecuzione di un fritto è da dissennati. Salute e gusto sono l’obiettivo da conseguire ogni volta. Vincere i pregiudizi aiuta a essere persone migliori. La scelta del liquido di frittura è anche una scelta etica. Significa avere a cuore le persone per le quali si è provveduto a cucinare. La frittura è la cartina al tornasole che ci permette di giudicare l’operato di una cucina professionale o domestica. Il bello e il buono di un fritto è tutto nella cura che mettiamo nel prepararlo. Mai nessun olio è sprecato in frittura. Più è buono l’olio, più fa bene e più è buono il fritto. Solo così, con queste premesse, la frittura è catartica.

Chi l’avrebbe mai detto che l’esercizio della frittura, e, in un senso più esteso, tutto ciò che si frigge, sia metafora degli organi genitali maschili e femminili? Nel Dizionario storico del lessico erotico italiano gli autori Valter Boggione e Giovanni Casalegno alla voce “frittella” associano l’immagine della ciambella bucata e unta al sesso femminile. Nel Veneto questa si dice frìtola; infatti troviamo citata questa espressione nel romanzo Libera nos a malo di Luigi Meneghello: “Ecco dunque: si possono fare i pettegolezzi sul culo, ma sulla frìtola no”. Con la parola “frìtola” si indicava peraltro una ragazza allegra, di facili costumi. Pure il poeta Giuseppe Gioacchino Belli è altrettanto esplicito: “Noantri fijacci de mignotta / dimo... / sorca, vaschetta, fodero, frittella”. Fin qui i riferimenti alla vagina, ma anche il sesso maschile è implicato in questo gioco di metafore. Nei versi del poeta Carlo Porta si legge questo passaggio: “Oh quanti parentell han tiraa in pee / per nominà i cojon! Gh’han ditt / ... / frittur”. La frittura in questo caso rimanda ai testicoli, secondo l’interpretazione del filologo Dante Isella, che ne ha collegato il senso alla consuetudine di friggere le animelle delle bestie macellate. Infine, pure il vocabolo “frittata”, inteso in senso allegorico, esprime erotismo, lasciando intendere il mescolarsi e intrecciarsi dei sessi, al pari della frittata, appunto, che si ottiene mescolando i diversi ingredienti.

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