Notiziario della Marina marzo 2022

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L’insidia delle mine Ventiquattro aprile 1941, la fine della torpediniera Schiaffino di Gabriele Bagnoli

u grazie all’equipaggio del cacciatorpediniere Nicolò Zeno che poterono essere tratti in salvo trentasei naufraghi italiani della Torpediniera Simone Schiaffino, affondata in appena tre minuti dopo aver urtato con la poppa una grossa mina marina. Scriverà immediatamente dopo la tragedia a cui assistette Vero Roberti dall’incrociatore Eugenio di Savoia, all’epoca dei fatti corrispondente di guerra per la Regia Marina e testimone diretto mentre si trovava a bordo dell’Incrociatore Eugenio di Savoia: “Si apprende che l’equipaggio dello Zeno, contrariamente alle disposizioni ricevute, aveva armato la motolancia di salvataggio per recuperare i naufraghi dello Schiaffino che si

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trovavano nella zona minata. Non si poteva lasciar morire degli uomini! Bisognava salvarli anche a rischio di saltare con la motolancia su una delle terribili mine ad antenna. Dell’armamento della motolancia si dirà che in quella dolorosa circostanza, esso dimostrò grande slancio e sprezzo del pericolo”. Era il ventiquattro aprile 1941, e la vecchia Torpediniera Schiaffino, reduce della Grande Guerra, mentre sovrintendeva ad alcune operazioni di minamento nei pressi di Capo Bon (Tunisia), affondava con buona parte del suo equipaggio, tra cui il comandante, capitano di corvetta Riccardo Argentino, dopo essere stata sventrata dalla deflagrazione di una delle

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centinaia di mine posate. Tutto ebbe inizio la sera precedente. Giunto nell’area prestabilita alcune ore prima delle unità navali della Settima Divisione Incrociatori assieme al gemello Giuseppe Dezza, lo Schiaffino avrebbe condotto un rastrellamento antisommergibile nello specchio di mare prescelto per la stesa dei campi minati. Non avendo riscontro della presenza di attività subacquea nemica, il comandante Argentino, attese l’arrivo degli Incrociatori dell’ammiraglio Ferdinando Casardi, con i fanali di via accesi per segnalare la propria esatta posizione per la posa degli ordigni marini. Giunto in prossimità dell’area, l’ammiraglio Casardi fu costretto a contat-


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