Non di Solo Pane n°718 - 12 Luglio 2015

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Non di solo

PANE Sussidio di preghiera per la famiglia Domenica 12 Luglio 2015 XV del Tempo Ordinario

Anno XV - n°

718

Non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone

Itinerario quotidiano di preghiera


Offerta della giornata “Pregare, forse il discorso più urgente”

Sussidio di preghiera per la famiglia

Sito di Non di Solo Pane:

www.nondisolopane.it

Luglio 2015

Offerta quotidiana Tutta la redazione di Cuore divino di Gesù,

Non di Solo Pane è vi-

io ti offro per mezzo

cina all’amica e inso-

del Cuore Immacolato di Maria,

stituibile collaboratri-

Madre della Chiesa,

ce del nostro settima-

in unione al Sacrificio eucaristico,

nale Cristina Sabatti

le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze

per la perdita della cara nonna

di questo giorno, in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini,

Maria

nella grazia dello Spirito Santo,

Porgendo a lei e alla sua cara famiglia le

a gloria del divin Padre.

nostre condoglianze la rassicuriamo della nostra solidale vicinanza e di un particolare ricordo nella nostra preghiera.

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XV Domenica del Tempo Ordinario Cari figlioli, tornando a casa, troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite: "Questa è la carezza del Papa!" (Papa Giovanni XXIII)

Domenica 12 Luglio III Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: Sant’Agnese Le Thi Tahan Agnese nacque nel 1781 circa a Ba Den, nei pressi di Tranh Hoa in Vietnam. Madre di famiglia, all’età di sessant’anni anni fu imprigionato e sottoposta a crudeli torture per aver nascosto in casa sua un sacerdote. Rifiutatasi di rinnegare la fede cristiana, morì in carcere nella pro­ vincia di Ninh Binh nel Ton ch in o sotto

l’imperatore Thieu Tri in data 12 luglio 1841. Agne­ se Le Thi Thanh fu cano­ nizzata da Papa Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988 con altri 116 martiri che avevano irrorato con il loro sangue la sua patria vietnamita. Il gruppo, noto con il nome “Santi Andrea Dung Lac e compagni”, è festeggiato comunemente dal calendario liturgico

latino al 24 novembre. Sant’Agnese è invece fe­ steggiata singolarmente al 12 luglio dal Martirologio Romano.

Brano Evangelico: Mc 6,7­13

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prende­ re per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né dena­ ro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sa­ rete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi a­ scoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infer­ mi e li guarivano

Contemplo: Il Signore donerà il suo bene (dal Salmo responsoriale) «Il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto» (Sal 84,13). Il Vangelo di oggi riporta le istruzioni che Gesù diede ai suoi discepoli prima di mandarli in missione. Tutti noi siamo chiamati a una missione e forse sia­ mo proprio noi, la nostra vita, il nostro impegno e anche il nostro sacrificio, il bene che il Signore vuole dare agli altri. La nostra fragilità non ci deve spa­ ventare: è il Signore che fa tutto, noi siamo solo suoi servi.

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P a g i n e

I sandali del desiderio

Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Nel brano evangelico di quest’oggi Gesù chiama i suoi discepoli e li manda in missione dandogli potere “sugli spiriti immondi”. Non dobbiamo leggere con superficialità questa pericope evangelica perché in essa troviamo alcuni tratti fond amentali dell’esperienza cristiana e umana che deve caratterizzare la vita del credente. I padri della Chiesa sottolineano che questo brano evangelico è una parafrasi del cammino del credente e dell’uomo in generale nell’amore verso Dio e verso il prossimo. Soffermiamoci su due passaggi del Brano evangelico. “Allora chiamo i dodici”. I Padri interpretano queste parole come l’archetipo di

ogni chiamata, del tempo di Dio e di quello degli uomini: “è il tempo di ognuno di noi, tempo dell’atto creativo e tempo in cui prendiamo coscienza di noi stessi, è la chiamata a vivere la grande vocazione della nostra umanità, che per il credente è la propria fede. I dodici che sono chiamati rappresentano ogni uomo che si sforza di realizzare la propria vocazione, la chiamata a realizzare nell’amore la propria esistenza”. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. G e sù è m o l t o p r eci s o

b i b li c h e

ce deve lasciare. Beda il venerabile commenta in senso spirituale queste indicazioni del Signore. Il pane, la bisaccia e il denaro rappresentano le grandi tentazioni della vita: gli onori (la bisaccia), i piaceri e le delizie temporali (il pane), le ricchezze e l’attaccamento ai beni (il denaro). Il discepolo deve quindi coltivare un salutare distacco dalle cose, vivere con equilibrio il proprio rapporto con gli affetti e con tutto quello che possiede. In altre parole deve sapersi accontentare di quello che ha, coltivare l’essenzialità senza farsi cogliere dalle bramosie dell’avere. Bellissima è l’interpretazione di Beda riguardi invece a quello che il discepolo deve portare con se. Il bastone indica la retta coscienza e la lealtà nei confronti di Dio e degli uomini. La coscienza, la voce di Dio che abita in noi, deve essere infatti il bastone che sostiene l’uomo in questo pellegrinaggio terreno. I sandali hanno un significato mistico: il piede non è ne coperto sopra né nudo sotto, a indicare un cammino fatto con piedi aperti alla salvezza, alla trasparenza, alla trascendenza e all’apertura verso Dio e alla sua santa volontà. Più che la povertà i sandali rappresentano quindi il desiderio dell’uomo di camminare con Dio e i fratelli verso un regno che non ci appartiene e che non è di questo mondo.

nell’indicare ciò che il discepolo deve portare o ciò che inve-

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P a g i n e

b i b li c h e

Preghiamo la Parola

Lectio divina «Lo avete ricevuto gratuitamente». Gesù Cristo percorre il mondo e compie la sua opera tramite i suoi dodici messaggeri. La grazia regale di cui sono forniti i discepoli è la parola di Dio creatrice e redentrice. Poiché l'ordine e il potere dei messaggeri poggia solo sulla parola di Gesù, negli inviati di Gesù non si deve vedere nulla che possa rendere poco chiara o poco credibile questa missione regale. I messaggeri devono rendere testimonianza della ricchezza del loro Si­gnore mediante la loro regale povertà. Quello che hanno ricevuto da Gesù non è un possesso loro con il quale potrebbero acquistarsi altri beni. «Lo avete ricevuto gratuitamente». Essere messaggero di Gesù non attribuisce alcun diritto personale, nessun diritto a onore o potenza. I diritti dell'uomo che ha studiato, le pretese sociali di classe non hanno più alcun valore per chi è divenuto messaggero di Gesù. «Gratuitamente avete ricevuto». Oppure non è stata solo la chiamata di Gesù che ci ha attirati, senza che lo meritassimo, al suo servizio? «Gratuitamente date». Fate vedere chiaramente che con tutte le ricchezze che avete da dare, non chiedete nulla per voi, nessun bene, ma neppure onore, riconoscimento, e neppure gratitudine! Che cosa me ne darebbe il diritto? Tutto l'onore che ricadesse su di noi, sarebbe rubato a colui al quale appartiene realmente, al Si­ gnore che ci ha inviati.

Il fine del nostro cammino Signore Gesù, ti rendiamo grazie per la missione con cui hai inviato i tuoi discepoli: due a due, per ricordare l'un l'altro la necessaria apertura all'alterità, con il solo bastone per ricordarci la povertà che è il nido della grazia e la croce che è la fonte e il fine del nostro cammino per sanare le nostre infermità, olio e Unguento per le ferite dei cuori, Gesù!

(BONHOEFFER, Sequela, Brescia 1975).

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Amen


XV Tempo Ordinario L'Educazione che lascia tracce più profonde è sempre quella di casa. Io ho dimenticato molto di ciò che ho ap­ preso sui libri; ma ricordo benissimo tutto quello che ho appreso dai genitori e dai vecchi. (Papa Giovanni XXIII)

Lunedì 13 Luglio III Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: Sant’Enrico II

Martirologio Romano: Sant’Enrico, che imperatore dei Romani, si adoperò insieme alla moglie santa Cunegon­ da per rinnovare la vita della Chiesa e propaga­ re la fede di Cristo in tutta l’Europa; mosso da zelo missionario,

istituì molte sedi epi­ scopali e fondò mo­ nasteri. A Grona vici­ no a Göttingen in Germania lasciò in questo giorno la vita. Patronato: benedettini

Etimologia: Enrico = possente in patria, dal tedesco Emblema: Corona, Globo, Scettro

Oblati

Brano Evangelico: Mt 10.34­11­1 In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a se­ parare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemi­ ci dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi ac­ coglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

Contemplo: Chi accoglie voi accoglie me (Mt 10,40) A volte Gesù usa parole dure come pietre che attirano la nostra attenzione e rompono il nostro ghiaccio indifferente alla voce di Dio. Noi chiamiamo Gesù «la nostra pace» (Ef 2,14), e lui dice di essere venuto «a portare non pace, ma spada», «a gettare fuoco sulla terra». Gesù usa parole profetiche, ma ha il cuo­ re più tenero di una madre che vede i suoi figli prendere la strada sbagliata. I discepoli di Gesù usano i suoi «stessi sentimenti» di «amore, gioia, pace, be­ nevolenza, bontà, mitezza».

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Meditazione Scelta rassicurante

Preghiamo la Parola

Meditazione di don Carlo Moro

Lasciarci condurre da te È fuoco la presenza di Dio. È una vampa divorante la sua esperienza. È devastante, intensa, destabilizzante la sua amicizia. Tutti i profeti ne hanno parlato, Gesù lo conferma. Credere non è una scelta rassicurante che tranquillizza le nostre presunte certezze. Credere è un incendio che divampa e cresce in noi, giorno dopo giorno. Cosa ha a che fare questa Parola con la visione tiepida della fede che ci rassicura? Cosa ha a che fare con la mediocrità delle nostre scelte? Invochiamo lo Spirito, allora, che davvero possa incendiare i nostri cuori d'amore. E questo fuoco ci spinge a non accettare inutili compromessi: come l'innamorato difende a spa-

Signore Gesù, le nostre paure ci guidano e ci conducono proprio dove tanto temiamo di giungere: paura che genera paura e incubo da incubo. Fa' che invece ci lasciamo condurre da te, Signore, serenamente in cammino, al cuore della nostra storia per portare con risolutezza i nostri pesi, e attenti nell'intuire e pronti nel condividere quelli dei fratelli.

da tratta il suo amore e la sua amata, così l'inAmen

contro reale e intimo con Cristo ci porta a ridisegnare e ridimensionare ogni altra scelta. Quando Matteo scrive il tempio è già distrutto e la

parte

restante

del

giudaismo

ha

"scomunicato" i discepoli del Nazareno. Quella che era una costola della fede ebraica diventa

Agisci

un'eresia provocando grande sconcerto nelle famiglie. Ma più forte dei legami famigliari è la passione per il vangelo, e i discepoli, pur con grande dolore, non verranno meno alla loro fede, preferendola agli affetti.

... Cosa significa per me, oggi, perdere la vita a causa del Signore? Se og­ gi provo a rinunciare a qualcosa (anche a un mio punto di vista) per aiutare di cuore qualcuno, sentirò in me la vita che rinasce.

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XV Tempo Ordinario "Dovere di ogni uomo, dovere impellente del cristiano è di considerare il superfluo con la misura delle necessità altrui, e di ben vigilare perché l'amministrazione e la distribuzione dei beni creati venga posta a vantaggio di tutti."

Martedì 14 Luglio III Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: San Camillo de Lellis

Martirologio Romano: San Camillo de Lellis, sacerdote, che, nato vicino a Chieti in Abruzzo, dopo a­ ver seguito fin dall’adolescenza la vita militare ed esser­ si mostrato incline ai vizi del mondo, matu­ rò la conversione e si

adoperò con zelo nel servire i malati nell’ospedale degli incurabili come fos­ sero Cristo stesso; ordinato sacerdote, fondò a Roma la Congregazione dei Chierici regolari Mi­ nistri degli Infermi.

Patronato: Infermie­ ri, Malati, Ospedali, Abruzzo Etimologia: Camillo = aiutante nei sacrifi­ ci, fenicio

Brano Evangelico: Mt 11,20­24

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrna­ o, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sò­ doma sarà trattata meno duramente di te!».

Contemplo: Ascoltate la voce dei Signore (dal Canto al Vangelo) Gesù rimprovera le città, egli è l'unico Verbo di Dio che può rimproverare nel modo più efficace: egli insegna le «beatitudini», «come innalzarsi alla destra della gioia», e avvisa quando si imbocca una strada sbagliata che conduce alla perdizione: «Guai a te, guai a voi!». Da parte nostra siamo chiamati ad ascol­ tare la voce del Signore, a mettere in pratica i suoi insegnamenti, perché solo così potremo percorrere la via sicura che da questo mondo sale al Padre che è nei cieli.

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Meditazione

Preghiamo la Parola

Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida Meditazione a cura di don don Carlo Moro

L'attività di Gesù è giunta ad un punto cruciale: il popolo di Israele che attendeva il messia non riconosce in lui il definitivo inviato di Dio. Le città in cui Gesù ha compiuto miracoli e segni si chiudono, lo rifiutano anziché convertirsi. E Gesù non può far altro che costatare l'incredulità di queste persone: la sua invettiva segna l'inizio di quel conflitto che lo condurrà alla morte. Ci sono momenti in cui ci troviamo ad invidiare le persone che hanno avuto la fortuna di vedere Gesù in carne ed ossa, di vedere i suoi miracoli, di ascoltare le sue parole: per loro, pensiamo, è stato più facile credere in Gesù. Ma il Vangelo di oggi ci mette in guardia davanti a questa idea: non sempre il semplice vedere i miracoli conduce ad aprirsi a Gesù. I miracoli sono segni ambigui che possono aprire la strada, stimolare domande, ma che possono anche condurre il cuore all'indurimento. Perché i miracoli conducano alla fede è necessario porsi in un atteggiamento di conversione, di apertura ad una relazione che pretende di modellare il nostro cuore. Come ci ricordano altri passi della Sacra Scrittura è questa apertura fiduciosa a Dio che dà stabilità alla nostra vita, che ci libera dall'angoscia e dall'ansia. Nell'Antico Testamento, l'invito alla conversione si concretizza nell'invito a tornare a Dio: solo se c'è questa disponibilità di fondo riusciremo a leggere nei miracoli compiuti da Gesù, nelle sue parole, il compiersi del Regno di Dio.

Cuori Increduli Signore Gesù, Ti rendiamo grazie, perché hai compassione dei nostri cuori increduli città indecifrabili e contorte eppure tanto amate da te, che illumini ogni angolo buio con i miracoli nati dalla tua divina fantasia e dalla tua bontà. Amen

Agisci Come sta il mio cuore? Forse, senza che me ne accorgessi, si è indu­rito in tante sue parti. Oggi chiedo allo Spirito Santo di scioglierlo e ridonarmene uno nuovo, per saper amare Dio, me stes­ so, gli altri

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Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Pagine bibliche: il libro del Profeta Osea/3

Mea

Il Libro di Osea

Una lezione divina di don Luciano Vitton Mea

Tutto è pronto per il processo, per il ripudio di Gomer da parte di Osea, di Dio nei confronti del suo popolo infedele. L’esito è scontato: gli stessi figli sono chiamati a testimoniare contro di lei, verrà spogliata nuda sulla pubblica piazza, gli sarà tolto l’abito nuziale e verrà allontanata per sempre. Tutto è scontato ma non troppo: improvviso e inaspettato si riaccende l’invincibile amore nei confronti di questa moglie prostituta, di questo popolo infedele e duro di cervice: «Oracolo del Signore. Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr

in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore». Quella che doveva essere una dura sentenza di divorzio si trasforma in un nuovo canto d’amore, in un vero e proprio sogno: Gomer delusa dai suoi amanti ritornerà sulla strada di casa, da suo marito, a quel focolare fonte di una semplice ma autentica felicità. Dio si pente dei suoi propositi, cambia idea, si converte; attirerà il suo popolo nel deserto e stringerà con gli uomini un nuovo patto d’amore. Gli spa-

zio aperti del deserto diventano il luogo dove Dio riabbraccia la sua creatura, la sabbia riarsa dal sole il talamo di un nuovo amore. Dio e Israele ritornano nel luogo della loro giovinezza, il Creatore e la sua creatura riscoprono la bellezza di un amore penduto. Dio è grande proprio perché imprevedibile, perché cambia i propri propositi, non cessa di sognare. Noi abbiamo racchiuso Dio in categorie filosofiche ingessate, necessarie da un lato ma riduttive dall’altro. Il Dio di Osea va oltre le nostre definizione, la nostra concezione di perfezione. Nei confronti di Gomer Dio rompe qualsiasi schema e diventa un marito geloso, innamorato, irascibile ma disposto al ravvedimento, ad una vera e propria inversione di rotta. Con questa pedagogia Dio educa il suo popolo, educa ogni uomo. Dio può chiedere al suo popolo e agli uomini la conversione perché per primo sa convertirsi. Una grande lezione: una lezione divina.

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XV Tempo Ordinario Per avere una vera pace, bisogna darle un'anima. Anima della pace è l'amore.

Mercoledì 15 Luglio III Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: San Bonaventura

Martirologio Romano: Memoria della deposizione di san Bo­ naventura, vescovo di Albano e dottore della Chiesa, che rifulse per dottrina, santità di vita e insigni opere al ser­ vizio della Chiesa. Resse con saggezza nello spirito di san

Francesco l’Ordine dei Minori, di cui fu ministro generale. Nei suoi molti scrit­ ti unì una somma erudizione a una ardente pietà. Men­ tre si adoperava e­ gregiamente per il II Concilio Ecumenico di Lione, meritò di

giungere alla visione beata di Dio. Patronato: Fattorini Etimologia: Bona­ ventura = fortunato, significato intuitivo Emblema: Bastone pastorale, cappello da cardinale

Brano Evangelico: Mt 11,25­27

In quel tempo, Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevo­ lenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».

Contemplo: Benedici il Signore, anima mia (dal Salmo responsoriale) Benedici il Signore, anima mia, poiché il Signore Gesù ti ha rivelato la via della purezza e della semplicità. Il Signore non predilige ­ come facciamo noi ­ i grandi e i potenti di questo mondo, ma gli umili, i puri di cuore, i piccoli, coloro che si affidano al Padre con animo di fanciulli. Benedici il Signore, anima mia, poiché in lui hai l'amico fedele che asciuga le tue lacrime e guar­ sce tutte le tue malattie.

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Meditiamo la Parola

Preghiamo la Parola

Il Dio degli ignoranti Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Il mistero di Dio appartiene ai semplici, non ai dotti, a coloro che sanno scorgere Dio nella vita di tutti i giorni e non ai saccenti che riducono la fede ad una serie di sterili concetti. La beatitudine della semplicità è quella che hanno vissuto i nostri genitori e i nostri nonni; volti famigliari segnati da un vero e profondo senso religioso, che respiravano Dio nello stupore del creato e lo sentivano nel rintocco delle campane o nel lamento del povero e dell’ammalato.

Il Dio di Gesù è il Dio degli ignoranti

cioè di coloro che non presumono di conoscere la verità ma che sono perennemente alla ricerca di una luce che sveli il Mistero nascosto nella propria e nell’altrui esistenza. La semplicità è l’anticamera dello stupore e lo stupore è la lente d’ ingrandimento che ci permette di scorgere Dio in un cielo stellato, nella tenue luce dell’aurora o nei bagliori fiammeggianti del tramonto, nel pianto dell’orfano o nella mano tesa del mendico. Dio stesso, nascendo in una stalla, si è fatto semplice, è di-

Signore Gesù, ti rendiamo grazie e facciamo memoria, oggi, della nostra vocazione, dell'incontro con te,nel quale ci siamo riconosciuti e del cammino che abbiamo intrapreso e che, lungo la via, ci definisce e ci plasma: sia questo il luogo santo, la terra benedetta dell'incontro, della relazione e di una sempre rinnovata adesione a te.

ventato il Dio dei pastori e degli emarginati. La legge della semplicità, dopo il Santo Natale, è diventata il pa-

Amen

radigma della divina volontà, l’unica strada per entrare in un Regno che non appartiene ai grandi della terra. Per questo motivo la Madre di Dio, per affidare il suo messaggio di richiamo alla fede, alla preghiera e la pellegrinaggio, non scelse né professori, né notabili, né giornalisti, né altri cristiani ormai `adulti' e `divenuti finalmente

Agisci

maggiorenni'. Per diciotto volte, parlando in dialetto, apparve nella grotta dove sì riparava il branco dei maiali di proprietà comunale a quella povera ignorante per il mondo, a quella meravigliosa sapiente per il vangelo che è Santa Bernadette Soubirous, la figlia di un mugnaio fallito dell'oscura Lourdes. Non è una sorpresa: è solo l'ennesima conferma di una strategia divina

... Il Signore ci affida dei compiti ed è sempre con noi. Oggi, in ogni situa­ zione, cerco di scorgere una possibilità per crescere nell'amore di Dio e nel mio essere cristiano, ricordo

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XV Tempo Ordinario Con donne di qualunque condizione, siano pure parenti o sante, avrò un riguardo speciale, fuggendo dalla loro fa­ miliarità, compagnia o conversazione, come dal diavolo.“

Giovedì 16 Luglio

(Papa Giovanni XXIII)

III Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: Beata Maria Vergine del Monte Carmelo Il primo profeta d'Israele, Elia dimorando sul Monte Carmelo, ebbe la visione della venuta della Vergi­ ne, che si alzava come una piccola nube dalla terra verso il monte, por­ tando la pioggia e salvan­ do Israele dalla siccità. In quella immagine tutti i mistici cristiani e gli ese­ geti hanno sempre visto la Vergine Maria, che portando in sé il Verbo divino, ha dato la vita e la

fecondità al mondo. Un gruppo di eremiti, «Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo», co­ struirono una cappella dedicata alla Vergine sul Monte Carmelo. I monaci carmelitani fondarono, inoltre, dei monasteri in Occiden­ te. Il 16 luglio del 1251 la Vergine, cir­ condata da angeli e

con il Bambino in brac­ cio, apparve al primo Padre generale dell'Ordi­ ne, beato Simone Stock, al quale diede lo «scapolare» col «privilegio sabatino», ossia la promessa della salvezza dall'inferno, per coloro che lo indossano e la liberazione dalle pene del Purgatorio il sabato seguente alla loro morte.

Brano Evangelico: Mt 11,28­30

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e impa­ rate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vo­ stra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Contemplo: Sono mite e umile di cuore (Mt 11,29) Gesù è il nostro «monte» delle beatitudini: «Beati i miti, perché erediteranno la terra». Il Salmo parla di lui: «I poveri vivranno in eredità la terra e godranno di una grande pace» (Sal 36,11). L'umile e mite Gesù ha trionfato e siede alla destra Iella gioia: «Ecco il mio servo, che ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiaci­ mento. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una lancia già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta» (Mt 12,18).

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Meditiamo la Parola La volontà di Dio non è un peso.

Preghiamo la Parola

Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Le parole del Vangelo sembrano un controsenso: perché delle persone affaticate, appesantite e provate dalla vita dovrebbero accettare un ulteriore peso? Per comprendere la pericope evangelica dobbiamo conoscere il contesto religioso e culturale del tempo di Gesù. Con l’immagine del giogo la tradizione giudaica indicava la Torah, l’insieme delle leggi: una legge che per molti era diventato un peso insopportabile a causa dell’impossibilità di osservarla compiutamente nei minimi particolari. Dio era stato ingabbiato in una serie di norme esteriori che di fatto avevano svilito la freschezza e la novità della sua Parola e ridotto la sua volontà a mero formalismo. Gesù parlando di un gioco dolce e leggero libera la volontà di Dio da ogni conformi-

Signore del dono Signore Gesù, che ti lasci interrogare da domande che nascono nel profondo di noi, che ti riveli nel mistero immenso della tua incarnazione e nelle pieghe della nostra piccola storia, tu sei Signore del dono. Sempre ti volgi a noi con amore, senza mai essere soltanto nostro: grazie, ora e sempre, Signore!

smo e ridona alla Parola la sua forza creatrice e

Amen

liberante. Un lieto annuncio quindi proprio per i poveri e gli oppressi. Nell’omelia che ha inaugurato il suo pontificato Benedetto XVI ha ribadito con queste splendide parole quanto sopra accennato: «Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi acco-

Agisci

gliamo. E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere qual è la via della vita: questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica — magari in modo anche doloroso — e così ci conduce a noi stessi»

(Benedetto XVI, Omelia per l'inizio del Pontificato, 24 aprile 2005)

.

Cosa penso e provo sapendo che il Signore è sempre fedele verso di me? Oggi mi chiedo anche come io posso essere fedele a lui nelle mie scelte quotidiane. Maria, sposa fedele dello Spiri­to e Vergine del Carmelo, custodisci nella fedeltà.

Non di solo pane ­ Numero 718­ Tempo Ordinario ­ pagina 14


Venerdì 17 Luglio

XV Tempo Ordinario Non basta una misericordia qualunque. Il peso delle iniquità sociali e personali è così grave che non basta un gesto di carità ordinaria a perdonarle.

III Settimana del Salterio

(Papa Giovanni XXIII)

Il Santo del giorno: Sant’Alessio Fattosi povero, da pa­ trizio qual era, Alessio trascorreva le notti sot­ to una scala sul colle romano dell’Aventino. In quel luogo Papa O­ norio III gli dedicò nel 1217 una chiesa, scelta ancora oggi per molti matrimoni che si cele­ brano nell’Urbe. Ma quella della scala è sol­ tanto una delle due tra­ dizioni esistenti sul

santo. Secondo quella siriaca, infatti, il giova­ ne fuggì la sera delle nozze per recarsi a E­ dessa, dove visse da mendicante e morì. La variante greco­romana introduce il ritorno a Roma(raffigurato nelle pitture della chiesa in­ feriore della basilica San Clemente). Qui Alessio visse sempre da mendico e non venne

riconosciuto dal padre. Fu Papa Innocenzo a scoprirne l’identità e a comunicarla ai genitori, che, straziati, si recaro­ no al capezzale del fi­ glio ormai morente. Una scena spesso raffi­ gurata nell’arte. Della figura di Alessio si è impadronita anche la letteratura.

Brano Evangelico: Mt 12,1­8

In quel tempo, Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato». Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Contemplo: Misericordia io voglio (Mt 12,7)

Il tempio di Gerusalemme era sede della «presenza» di Dio. Il popolo di Israele saliva spesso al tempio: «Quale gioia quando mi dissero: "Andremo alla casa del Signore". Innalzo Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia» (Sal 121,1). La «presenza» nel santuario ricordava che Dio era amico degli uomini. Il tempio di pietra, dove si immolavano i sacrifici, è stato sostituito dal tempio del cuore, dove si canta la miseri­ cordia del Signore.

Non di solo pane ­ Numero 718­ Tempo Ordinario ­ pagina 15


Preghiamo la Parola

Meditiamo la Parola Nel mio deserto Meditazione di don Luciano Vitton Mea

Quando si percorre il deserto, quando la terra è ari-

Spiga di grano

da, non si può digiunare, si strappano le spighe che si riescono a trovare, si spigola il campo dove i covoni sono già stati posti nei granai. I poveri vedono la presenza del Signore nel poco che riescono a racimolare, anche di Sabato. Le miserie spirituali richiedono la costante presenza di Dio, tutti i giorni sono santi per chi mendica un tozzo di misericordia. Quando si rincorre Dio per toccargli un lembo del mantello non si ha tempo di rinchiuderlo nel bozzolo di un precetto, nell’astratta definizione di un concetto teologico. Solo chi possiede dei campi, un raccolto sicuro può decidere i giorni del raccolto; chi non possiede deve accontentarsi di raggranellare quello che può.

Fin che posso cerco di godere

della presenza dello sposo, finché la sua presenza

Ti rendiamo grazie, Signore Gesù, per il dono di ogni tuo passaggio che ci sospinge innanzi sulla via della pienezza, grazie per ogni spiga di grano, condivisa in libertà, e ancora grazie per ogni grande e piccolo esodo, che sconvolge le nostre certezze vacillanti: grazie per ogni Pasqua.

non è del tutto offuscata in me, strappo le spighe

Amen

del campo, mangio, come i cagnolini, di quel che cade dal suo Santo Altare. Anche Davide, quando ebbe fame, mangiò del pane dell’offerta; io sono nel bisogno, in un perenne bisogno, non posso aspettare le prime luci del giorno dopo. Non posso comunicare con l’Infinito attraverso le belle idee che mi sono fatto di Lui. Sono vuoto. Il deserto, solo la sabbia arroventata dal sole mi sta dinnanzi, si perde negli angusti orizzonti del mio essere, di questo niente che tende le sue mani vuote per rice-

Agisci

vere le poche spighe che scivolano dal carro

Oggi desidero rin­graziare il Signore per tutti i bene­ fici che mi ha fatto... e sono tanti! Il modo mi­ gliore per farlo è l'amore che si traduce anche in gesti concreti: verso di lui, verso la mia vita e quella di ogni crea­ tura.

dell’eterna misericordia. E diceva loro: “Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato”. Dio passa nel cuore e non nella testa, passa nel mio deserto, non nell’oasi delle umane perfezioni. don Luciano

Non di solo pane ­ Numero 718 ­ pagina 16


Gli approfondimenti di Non di Solo Pane

Pagine bibliche: il Libro di Giobbe/7 Il libro di Giobbe

Troppo enigmatico l’umano soffrire di don Luciano Vitton Mea

«Non lamentarti contro la sofferenza: ascolta piuttosto la sua voce, perché è voce di Dio». Eliu

Eliu non si presenta solo come il difensore di Dio ma ha anche l’ambizione di porsi come arbitro tra Dio e Giobbe; il giovane teologo si pone al di sopra di Elifaz, di Bildad e di Zofar: dove hanno fallito loro riuscirà lui. Dotato di buona dialettica, senza troppi giri di parole, Eliu espone la sua tesi: il dolore è uno strumento di Dio, attraverso la sofferenza Egli si rivela all’uomo. Ascoltiamo con attenzione le sue parole: «Perché ti lamenti di lui, se non risponde ad ogni tua parola? Dio parla in un modo o in un altro, ma non si fa attenzione. Parla nel sogno, visione notturna, quando cade il sopore sugli uomini e si addormentano sul loro giaciglio; apre allora l'orecchio degli uomini e con apparizioni li spaventa, per distogliere l'uomo

dal male e tenerlo lontano dall'orgoglio, per preservarne l'anima dalla fossa e la sua vita dalla morte violenta. Lo corregge con il dolore nel suo letto e con la tortura continua delle ossa; quando il suo senso ha nausea del pane, il suo appetito del cibo squisito; quando la sua carne si consuma a vista d'occhio e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori, quando egli si avvicina alla fossa e la sua vita alla dimora dei morti». Non ci sono dubbi: per Eliu la sofferenza, anche quella estrema, è un teofania, una rivelazione di Dio. La sofferenza inoltre, secondo Eliu, ha un aspetto pedagogico: Dio se ne serve per correggere, purificare e guidare l’uomo. Il giovane teologo propugna una tesi che ha attraversato tutta la tradizione ebraica prima e quella cristiana poi: il valore salvifico della sofferenza; Dio non libera dal male, ma salva mediate il male. Il monologo di Eliu non può soddisfare le attese di Giobbe, ne di coloro che abitano nelle case di fango, tra i rifiuti o nei deserti esistenziali; tra i dirupi dell’umana sofferenza non c’è spazio per argomentazioni aride e distanti dall’uomo, per

una teologia fine a se stessa e ripiegata nei propri schemi. Se da un lato la sofferenza può avvicinare a Dio, essere l’inizio di un cambiamento radicale di vita, dall’altro può diventare un punto di non ritorno, di un definitivo allontanamento dall’esperienza religiosa e di fede. Troppo enigmatico l’umano soffrire, un processo pedagogico dagli esiti imprevedibili e spesso ingiustificati. Il giusto perché dovrebbe essere corretto? Un bambino con una malformazione congenita perché dovrebbe essere purificato da degli errori che non ha commesso? La sofferenza fine a se stessa non ci rivela Dio ma scivola nel non senso, nella negazione di un Dio buono e appassionato dell’uomo. Le croci senza un Crocefisso sono disumane, non possono diventare strumento di redenzione. Nel letamaio di Giobbe ci sono solo croci, non c’è ancora il sangue che redime e che salva. Eliu non ci convince: riconosciamo i suoi sforzi ma l’atteggiamento di fondo è troppo lontano da Giobbe, lo tratta come “un caso” da risolvere, un problema di cui discutere. Troppo poco per Giobbe, per i suoi e nostri interrogativi.

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Sabato 18 Luglio

XV Tempo Ordinario Il mondo non ha più fascini per me. Voglio essere tutto e solo di Dio, penetrato dalla sua luce, splendente della carità verso la Chiesa e le anime.

III Settimana del Salterio

Il Santo del giorno: Simone da Lipnica Simone da Lipnica, sa­ c er d o t e pr ofesso dell’Ordine dei Frati Minori, fu predicatore e grande devoto del nome di Gesù. Trovò la morte nel curare gli appestati. Ricevette la conferma di culto da parte della Santa Sede il 24 febbra­ io 1685, ma solo il 19 dicembre 2005 sono

state riconosciute le sue virtù eroiche. Be­ nedetto XVI lo ha canonizzato il 3 giu­ gno 2007. A Cracovia in Polonia, beato Si­ mone da Lipnica, sa­ cerdote dell’Ordine dei Minori, che fu insigne per la predica­ zione e la devozione verso il nome di Gesù

e, mosso dalla carità a provvedere alla cura dei malati di peste mo­ ribondi, trovò egli stes­ so fra loro la morte.

Brano Evangelico: Mt 12,14­21

In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già in­ crinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni».

Contemplo: Nel suo nome sperano le nazioni

(cf Mt 12,21)

Gesù Cristo è la vera luce, il Sole sorto sulle tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno di luci vicine, di persone che donano luce traendola dalla sua luce e offrono orientamento per il nostro cammino. E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza, lei che con il suo «sì» aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo, lei in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi (cf Gv 1,14), piantò la sua tenda in mezzo a noi? (Benedetto XVI).

Non di solo pane ­ Numero 718 ­ pagina 18


Meditiamo la Parola

Preghiamo la Parola

Difendendo la verità Meditazione a cura della redazione

Fugge i farisei che lo vogliono morto. Non vuole lo scontro, non aizza i suoi discepoli, comunque fedeli e determinati, a difenderlo con la violenza. Non vuole nemmeno sollevare le folle sfruttando la sua notorietà e i miracoli che ha compiuto: chiede ai guariti di tacere, di nascondere i prodigi. Giustamente Matteo evangelista cita un brano di Isaia: Gesù interpreta correttamente un messianismo dimesso, compassionevole, misericordioso, che sa aspettare. Non valuta le conseguenze che ne possono scaturire: sarà la violenza ottusa degli uomini di religione ad ucciderlo. Ma lui non contraddirà mai la sua visione pacificata di Dio. E noi, suoi discepoli, come ci comportiamo? Sempre arroccati sulle difensive, a volte ho paura che nella nostra inutile severità spezziamo tante canne fragili e spegniamo mille lumini fumiganti... Corriamo il rischio, per difendere il vangelo, di ergerci a paladini inflessibili, dimenticando l'esempio che il Maestro ci ha donato: difendendo la verità non ha mai offeso o umiliato chi non l'aveva ancora scoperta. Impariamo dal Signore, allora, ad avere pazienza, ad essere misericordiosi come lui è stato. P. C.

Sapersi viandanti «Camminando... si apre il cammino» e si rinsalda la nostra umanità, si coltiva l'umiltà del sapersi viandanti, la comune speranza delle mete ancora da raggiungere e la consapevolezza del tratto già percorso... e tu, Signore, sempre con noi, nostro bastone, nostra forza, nostra via. Grazie, Signore Gesù! Amen

Agisci ... A volte non ci ac­ corgiamo che, quando parliamo male di una per­ sona o non la trattiamo con amore, facciamo del male a Gesù stesso che vive in lei come in ognuno di noi. Og­ gi mi propongo di usare delicatezza e benevolenza verso gli altri.

Non di solo pane ­ Numero 718­ Tempo Ordinario ­ pagina 19


Sussidio di preghiera per la famiglia

Coordinatrice Fiorella Elmetti Redazione don Luciano Vitton Mea, don Carlo Moro, don Fabio Marini, don Diego Facchetti, Fiorella Elmetti, Tiziana Guerini e Cristina Sabatti

Anno XV- n. 718 Domenica 12 Luglio 2015 Chiuso il 7 Luglio 2015 Numero copie 1400

333/3390059 don Luciano

Grafica e stampa don Luciano Vitton Mea Ideato da don Luciano Vitton Mea

Per la tua vita spirituale visita il

Vi troverai: Ogni giorno una meditazione dei più grandi maestri di spiritualità     

Il settimanale di preghiera Non di Solo pane (da scaricare) I Santi del Giorno Tutte le opere di San Agostino I racconti di un pellegrino russo L’Imitazione di Cristo

Ti aspetto ogni giorno su:

www.nondisolopane.it


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