Il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza

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Sommario Introduzione

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1.  Decreto Salvini e Decreto Minniti nella distopia europea

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2.  La propaganda sull’immigrazione alla prova dei fatti 3.  Il paradigma della sicurezza fra pratiche di lotta

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10 ed esclusione sociale 4.  Il Decreto nel processo di stabilizzazione del governo del (non) cambiamento

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Titolo 1. Rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario, protezione 15 internazionale e immigrazione 1.  Protezione umanitaria e Permessi di soggiorno speciali

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2.  Durata della detenzione nei CPR

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3.  Lavori di costruzione o di ristrutturazione dei CPR

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4.  Risorse finanziarie al Fondo Rimpatri

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5.  Diniego e revoca della protezione internazionale

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6.  Lista nazionale dei «paesi sicuri»

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7.  Modifiche dei centri SPRAR

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8.  Riconoscimento della cittadinanza

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9.  Diritto al gratuito patrocinio

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10.  Reiterazione delle richieste di protezione internazionale

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11.  Riduzione dei CAS

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12.  Iscrizione anagrafica

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13.  Altre misure

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Titolo 2. Sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa

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1.  Blocco stradale

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2.  Invasione di terreni ed edifici

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3.  Reato di accattonaggio

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4. Daspo

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5.  Processo penale minorile ed esecuzione delle pene

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6.  Allontanamento dalla casa familiare

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7.  Accesso alle banche dati da parte delle forze di polizia

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8.  Adozione del taser

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9.  Altre misure

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Titolo 3. Funzionalità del ministero dell’interno e organizzazione e funzionamento dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

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2.  Riorganizzazione dell’Agenzia nazionale beni confiscati

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3.  Assunzioni di personale di polizia municipale

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1.  Riduzione delle figure dirigenziali del Ministero dell’Interno 38

4. Videosorveglianza 39 5.  Modifica articolo 50 Testo unico sull’ordinamento degli enti locali

6.  Altre misure

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Introduzione Il decreto legge 113 del 2018, convertito con modificazioni con la legge del 1 dicembre 2018, n. 132, meglio noto come decreto Salvini,1 è stato per molto tempo uno dei nodi centrali del dibattito politico. Per la Lega, oltre che per il social media manager di Matteo Salvini, è diventato un baluardo identitario estremamente importante attorno a cui continuare ad agglomerare sostegno e costruire consenso elettorale – anche a fronte delle difficoltà riscontrate durante la stesura della legge di stabilità di reperire coperture finanziare alla flat tax, un altro dei temi agitati con più forza in campagna elettorale e che aveva perso terreno nel discorso pubblico in termini di credibilità. La sua natura liberticida, razzista e repressiva merita ai nostri occhi un approfondimento che sia in grado di dare una lettura politica a quegli aspetti che sembrano più «neutralmente» tecnici. Purtroppo, molte volte si è avuto prova del fatto che la politica non è attenta alla tenuta costituzionale delle leggi ma al mantenimento dello status quo, che siano poltrone, come per i cinquestelle, o che sia la ben più pesante tenuta della compatibilità europea, come è stato per Mattarella al momento della promulgazione. L’insussistenza dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza per l’emanazione di un decreto-legge (ex art. 77 Cost.) – format di produzione normativa che spesso è servito ad aggirare le lungaggini e i rischi di rallentamento che caratterizzano i lavori parlamentari –; l’eliminazione del permesso di soggiorno umanitario, senza introdurre istituti che coprano completamente lo spazio lasciato vuoto, che comporta un peggioramento delle condizioni di vita dei titolari dei nuovi permessi speciali, limitando la possibilità di accedere al Servizio Sanitario Nazionale (ledendo il diritto alla salute, art. 32 Cost.) ed, essendo notevolmente più brevi (invece che i vecchi 2 anni, ora saranno di 6 mesi o massimo 1 anno), ostacolando l’accesso alle prestazioni di assistenza sociale o agli alloggi di edilizia residenziale pubblica;2 la mancata previsione e specificazione di quali siano i   In tutto il testo utilizzeremo questa espressione per ragioni di comodità e riconoscibilità.   Garantiti dal Testo Unico sull’Immigrazione soltanto ai titolari di permesso di soggiorno di 2 anni (art. 40, co. 6).

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luoghi pertinenti alle autorità di pubblica sicurezza, diversi dai CPR, dove il richiedente asilo possa essere trattenuto in attesa dell’espulsione (in violazione dell’art. 13 Cost. in materia di restrizioni della libertà personale); il mancato rispetto della presunzione di non colpevolezza (art. 27, co. 2, Cost.) per i richiedenti asilo con processi penali in corso, nei confronti dei quali le Commissioni procederanno subito all’esame della domanda; la lesione del diritto di difesa attraverso l’introduzione della possibilità di revoca del gratuito patrocinio in caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso; ancora, le pene elevatissime per il reato di blocco stradale, se in concorso di più persone, soprattutto in una valutazione comparata rispetto ad altri ben più gravi e pericolosi reati (violando l’art. 27 Cost.). Questi e molti altri profili di incostituzionalità non hanno impedito a Mattarella di firmare il decreto3 e non sono bastati ai cinquestelle per bloccarne l’approvazione in senato (ricordiamo che al Senato bastavano solo sei voti contrari nella maggioranza per non far passare il decreto). In ogni caso, prima di arrivare a un ricorso di fronte alla Corte Costituzionale, i tempi sono sempre lunghi e le circostanze segnate da eventualità.4 Allo stato attuale, soltanto Basti pensare al fatto che a luglio la Cassazione ha salvato la costituzionalità della legge Minniti-Orlando di fronte a un ricorso che toccava tutti i punti più critici, rigettandolo in quanto le questioni sollevate sono state definite «irrilevanti e manifestamente infondate». Bisogna pertanto abituarsi all’idea che, nel caso in cui diventi legge, con buone probabilità legge rimarrà.

1.  Decreto Salvini e Decreto Minniti nella distopia europea Se Minniti si era almeno preso la briga di fare due decreti separati, pur conseguenti, Salvini ha deciso di accorpare in un unico testo la materia dell’immigrazione e della sicurezza pubblica-antiterrorismo-antimafia. Si ripropone quindi il fatale binomio immigrazione-(in)sicurezza, in un   Cfr: contropiano.org/altro/2018/10/05/il-decreto-insicurezza-contro-migranti-e-attivisti-0108241. 4   Ad oggi, solo le regioni Piemonte e Toscana hanno mandato il ricorso, ma si attende ancora il vaglio di ammissibilità della Corte Costituzionale. Sono state annunciati anche altri ricorsi da parte di altre regioni italiane (Umbria, Sardegna, Emilia Romagna). 3

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clima alimentato ad arte dai massmedia e dal tenore del discorso pubblico nell’era della comunicazione di Salvini, e che ha portato nei mesi scorsi a frequenti attacchi fascisti a danno dei migranti. Ciò avviene nonostante i numeri parlino chiaramente di una diminuzione delle entrate di migranti dal Mediterraneo5 (in conseguenza soprattutto degli accordi di Minniti con la Libia) e della diminuzione delle domande di protezione accolte,6 oltre che dell’inesistenza di una correlazione reale tra immigrazione e delinquenza – la sovrarappresentazione della popolazione migrante in carcere rispetto alla totalità dei detenuti è un fenomeno complesso che meriterebbe un approfondimento a parte.7 Il decreto Salvini però, se si inserisce chiaramente nel solco tracciato da quelli di Minniti, riesce ad essere quasi «chirurgico» nell’individuare precisi nodi strategici per, da un lato, alimentare la tensione sociale scaricata sui migranti e, dall’altro, colpire precisamente l’opposizione sociale principale di questo paese. Già dopo l’attentato di Macerata avevamo parlato di «nuova strategia della tensione», in cui si tenta di costruire una bomba sociale costituita dai migranti su cui scaricare il peso della crisi a cui le classi dirigenti continuano

Secondo i dati Unhcr, tra l’1 gennaio e il 30 settembre 2018 sono sbarcate in Italia 20.571 persone, corrispondenti all’80% in meno rispetto ai primi nove mesi del 2017, in cui il numero di migranti sbarcati sulle coste italiane è stato pari a 119.247 persone. Cfr.: data2. unhcr.org/en/situations/mediterranean/location/5205. 6   In Italia nel 2017 sono state complessivamente riconosciute 35.130 domande di protezione internazionale (cfr.: www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01076617.pdf, pag. 11) su un totale di 128.850 domande presentate (cfr.: ec.europa.eu/eurostat/tgm/refreshTableAction.do?tab=table&plugin=1&pcode=tps00191&language=en). Non si ha ancora l’elaborazione annuale dei dati per l’anno corrente, ma si può constatare un calo effettivo di domande accolte nel 2018 rispetto al primo trimestre dell’anno precedente: 19mila ca. a fronte dei 38mila ca. (cfr.: www.vita.it/it/article/2018/05/02/richieste-di-asilo-dimezzate-tra-gennaio-e-marzo-2018/146701/). 7   Su un totale di 55.187 presenze in carcere il 5 novembre 2018, 19.553 sono cittadini non italiani (cfr.: dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCV_DETENUTI#). La sovrarappresentazione rispetto alla presenza di cittadini non italiani fuori del sistema penale, peraltro fortemente disomogenea sul territorio, è dovuta a fattori quali l’utilizzo molto più frequente della custodia cautelare o le minori opportunità di usufruire di misure alternative alla detenzione (cfr.: www.antigone.it/tredicesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/01-carcere-e-stranieri/ e www.antigone.it/quattordicesimo-rapporto-sulle-condizioni-di-detenzione/stranieri/). 5

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a non dare soluzioni8. Si può affermare quindi che in qualche modo si prosegue nell’intento: se Minniti aveva permesso una drastica riduzione delle entrate di migranti – bloccandoli fisicamente nei lager in Libia – e aveva velocizzato le pratiche di riconoscimento togliendo in toto un grado di giudizio, ora Salvini punta più sulla predisposizione di meccanismi giuridici che impediscono ai migranti, una volta entrati, l’inserimento sul territorio.

Le misure «interne» disposte da Salvini si instaurano quindi su quelle «esterne» di Minniti, di enorme rilevanza strategica dal punto di vista geopolitico: aveva di fatto chiuso il punto di sbocco più importante sul Mar Mediterraneo, mentre la Merkel nel marzo 2016 chiudeva la rotta balcanica attraverso l’accordo con Erdogan al prezzo di sei miliardi di euro. E, in questo modo, aveva avuto una moneta di scambio in ambito europeo per maggiori flessibilità in termini di bilancio. Il decreto va poi inserito nel preciso contesto sovranazionale in cui ci troviamo, nel quale il polo imperialista europeo vira sempre più a destra, innalzando barriere verso l’esterno e permettendo invece la libera circolazione di merci e persone soltanto nello spazio interno – un sogno cosmopolita dell’abbattimento delle frontiere che vale però soltanto per i cittadini europei, mentre il Regolamento Dublino III impone alle persone provenienti da paesi terzi o agli apolidi di fermarsi nel primo stato di approdo per l’esame della domanda di protezione senza poter liberamente scegliere. La globalizzazione, che ha segnato l’era del liberismo economico più sfrenato, si sta dirigendo sempre più velocemente verso una frammentazione in blocchi geopolitici in competizione tra loro, in una guerra economica giocata tra accordi bilaterali e barriere doganali alla circolazione delle merci (vedi il caso americano). I rappresentanti delle classi dominanti stanno infatti prendendo atto dell’attuale crisi sistemica del modo di produzione capitalistico, in cui non è più ravvisabile una crescita comune di tutti gli attori in gioco, e si stanno «armando» (non s’intende solo dal punto di vista economico, ma anche puramente militare) per sopravvivere in un contesto di frammentazione in blocchi soltanto a spese degli altri.

Cfr: noirestiamo.org/2018/02/08/la-nuova-strategia-della-tensione-sabato-10-febbraiotutti-macerata-2/.

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2.  La propaganda sull’immigrazione alla prova dei fatti Diversi sono i modi con cui il decreto impedisce di fatto una permanenza legale e regolare a persone fisicamente presenti sul suolo italiano. Facciamo qualche esempio: si toglie la protezione umanitaria (quella che veniva concessa più facilmente)9 e si impedisce a tutte quelle migliaia di persone che sono già in possesso di un permesso umanitario – come previsto dalla vecchia normativa – di ottenerne il rinnovo negli stessi termini;10 si velocizza la valutazione della domanda di protezione internazionale per il migrante che ha commesso reati – puramente politici, come resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, o di pura criminalità urbana, come furto e rapina, «ipotesi delittuose di particolare gravità che destano allarme sociale»11 – e si prevede l’espulsione anche in caso di pendenza di ricorso contro la decisione della Commissione; si rende impossibile per i richiedenti iscriversi all’anagrafe tramite il permesso, la cui conseguenza è una maggiore difficoltà, se non una reale impossibilità, di accesso ai servizi territoriali (art. 13); si rende più difficile effettuare domande di protezione reiterate (dopo che una prima volta si è terminato l’iter di definizione fino alla Cassazione, senza l’ottenimento); si restringe e si razionalizza il campo della seconda accoglienza nei progetti SPRAR,12 così relegando tutti coloro che non hanno già ottenuto la protezione internazionale o che non sono minori nel circuito eccezionale dei CAS, più volte oggetto di scandali legati al business dell’accoglienza.13 In questo modo si condannano centinaia di migliaia di persone all’irregolarità, che la destra italiana (ma anche il Partito Democratico, che nelle recenti proteste in Senato si è appropriato del discorso leghista, nello stesso modo in cui un anno fa Renzi aveva fatto twittando «Aiutiamoli a casa loro») definisce con enfasi «clandestinità», con tutto ciò che comporta in termini   Nel 2017, su 35.130 domande accolte, il 18% riguardavano l’asilo politico (6.275), il 25% la protezione sussidiaria (8.835) e il 57% la protezione umanitaria (20.015) (cfr.: www.senato. it/service/PDF/PDFServer/BGT/01076617.pdf, pag. 11). 10   Spiegheremo in seguito le differenze fra il PDS umanitario previsto dalla normativa precedente e il nuovo PDS con dicitura «protezione speciale» rilasciato dal questore. 11   Relazione illustrativa al decreto, pag. 29. 12   Si badi che l’ANCI ha calcolato che questa manovra peserà sulle casse locali, da quelle dei comuni a quelle dei servizi sociali e sanitari, circa 280 milioni di euro. 13   Cfr: contropiano.org/news/2018/09/01/prefetti-e-coop-insieme-per-il-business-deimigranti-0107144. 9

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di precarietà di vita, di sfruttamento del lavoro e di ricattabilità nelle lotte per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Una ricattabilità che rischia di ripercuotersi direttamente sullo sviluppo della lotta di classe, una classe in cui la componente migrante è sempre più significativa, sia numericamente sia per la capacità di esprimere alti livelli di rivendicazione e conflitto. E che rischia di cedere il passo – e con sé a traino il resto della classe – sotto il ricatto della concessione di uno status giuridico. Il decreto impedisce, inoltre, di avere un percorso minimo e continuativo di inserimento sul territorio anche rendendo impossibile la conversione dei nuovi PDS speciali in PDS per motivi di lavoro – pur essendo concesso lo svolgimento di attività lavorativa nel periodo di durata del permesso – «parcheggiando» letteralmente un numero indefinito di persone in un limbo. Alla gravissima abolizione del PDS umanitario, introdotto nell’ordinamento giuridico italiano come una sorta di forma integrativa della protezione internazionale prevista dalla normativa europea e di salvaguardia del sistema d’asilo, si accompagna questa disposizione affatto irrilevante, se si pensa a come potrà influire nella determinazione della funzione che i nuovi arrivi rivestiranno all’interno del mercato del lavoro italiano. A riprova della tendenza alla marginalizzazione dei migranti nella società Salvini ha, inoltre, introdotto i nuovi capitolati tra Prefetture ed enti gestori dell’accoglienza, secondo le quali si taglieranno «i servizi di integrazione e inserimento nel territorio» (nelle parole della direttrice del Dipartimento immigrazione e libertà civili del Ministero Gerarda Pantalone) per i richiedenti asilo, destinandoli soltanto a coloro che sono già titolari di protezione. Si parla di un taglio di servizi essenziali, quali l’insegnamento della lingua italiana, l’assistenza psicologica e l’orientamento al territorio e al lavoro. E contemporaneamente diminuiranno i famosi 35 euro al giorno, i quali diventeranno 19, troppo spesso sbandierati dalla propaganda leghista come fonte di reddito per i migranti e che invece finiscono nelle mani delle cooperative e non certo della persona. Sul fronte dei rimpatri poi, come lo stesso Minniti ha detto (sic!), servono accordi con i paesi di provenienza e attività diplomatica, non basta quindi destinare più risorse al Fondo Rimpatri. Il meccanismo del rimpatrio non ha sostanzialmente mai funzionato, in quanto ha riguardato solo pic8


colissimi numeri.14 Un alto numero di migranti che non ha titolo legale per rimanere in Italia e che non ha accesso alle strutture più complete dell’accoglienza, così come ai canali e servizi territoriali, crea proprio quel bacino di «clandestinità» – secondo la definizione più consona alla destra reazionaria e xenofoba – su cui continuare a giocare con la retorica della delinquenza e dell’insicurezza percepita, fino al prossimo Traini o chi per lui (poco importa che si sia «pentito» e che sia stato condannato con un processo lampo a 12 anni con l’aggravante dell’odio razziale). Siamo ben consci però del fatto che non esiste un filo rosso che inevitabilmente collega immigrazione, soprattutto irregolare, e delinquenza: ciò è il frutto di una distorta equazione funzionale soltanto al mantenimento del consenso da parte della destra in generale e in particolare della Lega al potere. Al contrario, è anche nostro compito rilevare e denunciare che spesso è proprio la difficoltà di regolarizzazione che, insieme al generale approccio repressivo rispetto all’immigrazione – che porta per esempio a una maggiore incidenza delle persone migranti nei controlli di polizia –, crea una «irregolarità istituzionalizzata» a cui nessuna scelta politica ha mai inteso dare soluzioni in termini di stabilità di vita. Anzi, con il dl Salvini si dà proprio avvio a un nuovo processo di iper-irregolarizzazione dei migranti, attorno a cui si continuerà a costruire il paradigma di nemico pubblico e capro espiatorio.15 La pratica dei rimpatri, quindi, non può essere la soluzione, ma è soltanto uno spauracchio ineffettivo e intrinsecamente razzista che non tiene conto delle motivazioni e delle condizioni di guerra, fame, crisi economica che hanno spinto le persone a muoversi dal paese d’origine. Un ultimo punto che forse merita di essere sottolineato riguarda il riferimento che nella Relazione Illustrativa al decreto si fa più volte al potenzia  Più precisamente, nel 2017 i rifugiati rimpatriati sono stati soltanto 1.515 (cfr.: www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01076617.pdf, pag. 11). I problemi principali che impediscono il ricorso più massiccio a tale meccanismo sono i costi da un lato e dall’altro gli accordi diplomatici con i paesi di provenienza. È necessaria in primo luogo l’approvazione dello stato stesso e in ogni caso non è possibile effettuarlo in base al principio generale inderogabile di diritto internazionale di non refoulement, che consiste nella valutazione del pericolo e del rischio di violazione di diritti umani che il richiedente potrebbe correre nel paese d’origine. 15   Cfr.: studiquestionecriminale.wordpress.com/2018/10/12/il-dl-salvini-tra-nuovi-internamenti-e-irregolarizzazioni-di-massa-vecchi-ingranaggi-di-controllo-che-ritornano-di-omid-firouzi-tabar-universita-di-padova/. 14

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mento del contrasto al «ricorso strumentale della domanda di protezione» e dei controlli sull’acquisizione della cittadinanza iure matrimonii. È significativo fare un accenno al caso Riace e all’arresto del sindaco Mimmo Lucano per i reati di «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina», inserito nel Testo Unico sull’immigrazione del 1998 dalla legge Bossi-Fini, e di «affidamento fraudolento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti», insieme alla sua compagna Tesfahum Lemlem. Viene infatti contestata la pratica dei cd. «matrimoni di comodo» tra cittadini italiani e richiedenti asilo, che viene utilizzata da tempo per allentare le maglie della burocrazia – spesso puramente discrezionale, come attuata dagli uffici delle Questure e dalle Commissioni territoriali – in materia di immigrazione. Sebbene sia vero che le indagini erano iniziate già durante il mandato di Minniti circa un anno fa, nell’ottobre del 2017, si rileva come siano «sopravvissute» al decadimento soltanto due accuse, la prima delle quali in particolare – quella di favoreggiamento – ha permesso l’avvio di un processo di criminalizzazione di un modello di accoglienza che non soggiace alla dinamica di deresponsabilizzazione, infantilizzazione e segregazione che riveste l’intera normativa in materia di immigrazione e del sistema di accoglienza. Questo episodio è stato un’effettiva materializzazione di quello che questo decreto vuole significare.

3.  Il paradigma della sicurezza fra pratiche di lotta ed esclusione sociale Dicevamo inizialmente che il decreto Salvini mira inoltre a colpire con precisione gli agenti delle principali forme di lotta e di resistenza sociale del paese. Nello stesso testo è contenuta una parte (il Titolo II) interamente dedicata alla «sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa». Dal punto di vista della repressione nuda e cruda, infatti, si interviene più accuratamente sulla parte di avanguardia dell’opposizione sociale costituita dagli occupanti di case e dal settore esplosivo della logistica, caratterizzato da una presenza di manodopera migrante non di certo irrilevante (circa il 20%, concentrata soprattutto al nord) e da una fortissima esplosività con-

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flittuale.16 Si raddoppiano così le pene per il reato di invasione (prevedendo pure le intercettazioni «nei confronti di promotori o organizzatori», mirando così a individuare i «vertici» delle organizzazioni sindacali, politiche o dei movimenti) e si reintroduce il reato di blocco stradale, prima punito solo in via amministrativa, facendo risorgere una norma depenalizzata nel 1999. Il pugno duro sugli sgomberi è in ogni caso da legare al discorso fatto prima sulla bomba sociale che i migranti potrebbe costituire, i quali, esclusi dal circuito ufficiale dell’accoglienza, troverebbero solo nelle occupazioni un tetto sopra la testa. L’azione puramente repressiva è accompagnata da quella invece più preventiva, vale a dire con un ricorso più ampio alle misure di prevenzione personale, cioè il Daspo. È esteso adesso anche a fiere, mercati e pubblici spettacoli nonché ai «presìdi medici», elemento che assume un senso se si considerano i tagli alla sanità e il sovraffollamento del pronto soccorso e delle guardie mediche come unica maniera per curarsi che non sia aspettare mesi per una visita o pagare un privato. Trovano spazio infine alcune norme in materia di antiterrorismo di matrice jihadista che puntano al blocco migrante – per esempio si permette la revoca della cittadinanza per reati di eversione e con finalità di terrorismo – ma che poi sappiamo servire in primis contro chi pratica la lotta politica e sindacale, come il potenziamento dei sistemi informatici e della circolazione delle informazioni tra i corpi di polizia nazionali.

4.  Il Decreto nel processo di stabilizzazione del governo del (non) cambiamento Il contesto – e i tempi – in cui si inserisce il decreto, poi, mirano a completare il quadro. Il decreto è stato infatti presentato a ridosso del processo di definizione della legge di bilancio e della discussione sui decreti relativi a pensioni e reddito di cittadinanza e, messi a sistema, sembrano essere stati partoriti strumentalmente per far contenti tutti i target di riferimento di questo governo, in maniera, come si diceva, quasi chirurgica. La tenuta del consenso attestato il 4 marzo e in continua crescita (almeno per quanto ri  Cfr: www.osservatoriorepressione.info/decreto-salvini-piedi-uniti-sulla-logistica)/.

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guarda la Lega) assume infatti in questa fase un ruolo cruciale in termini di stabilizzazione del governo, legittimazione delle due forze politiche che lo compongono e definitivo superamento del PD e delle altre forze politiche precedentemente a capo dell’amministrazione statale. Proviamo a tagliare con l’accetta, giusto per dare il senso. Alla borghesia di riferimento leghista – incarnata nel prototipo dell’imprenditore del nord in crisi – ci pensano blocco temporaneo degli aumenti dell’IVA, flat tax, condono fiscale, tagli delle imposte per le imprese che reinvestono i profitti e assumono lavoratori aggiuntivi, liberalizzazioni e investimenti nelle infrastrutture. Alla classe media impiegatizia, legalitaria e filo grillina ci si pensa tramite il superamento della legge Fornero, il bonus bebè, il reddito e la pensione di cittadinanza, lo stanziamento di risorse per i risparmiatori danneggiati dalle crisi bancarie e, ovviamente, il decreto sicurezza. Alle mafie – e alla classe imprenditoriale di destra che ci gira intorno – è stato invece dedicato in particolare il programma di investimenti sulle infrastrutture e le liberalizzazioni, oltre che le politiche fiscali. Al popolo dei social network dei sostenitori di Salvini, inutile dirselo, è intitolata la parte sull’immigrazione. Infine, il tutto è stato riportato nei limiti delle norme europee – perché nonostante le (strumentali) reazioni scomposte di UE e mercati finanziari, l’aumento al 2,4% del rapporto deficit/PIL è ben al di sotto delle soglie imposte –, un po’ per la natura stessa del governo, un po’ per tenere il confronto con l’opposizione e non creare allarmismi o vacillamenti in chi ancora non sa come pensarla sull’UE. Chiaramente, all’infuori delle misure volte a favorire la classe imprenditoriale, le misure spacciate come people-oriented sono risultate fin dall’inizio assolutamente blande (quando non peggiorative), basti pensare primo su tutti al reddito di cittadinanza e alla replicazione del modello tedesco dell’Hartz IV,17 che ha intrappolato centinaia di migliaia di persone in una condizione di semi-povertà e sfruttamento del lavoro. Tuttavia, in questa fase, che questi provvedimenti annunciati fossero immaginati come reali cambiamenti o come semplice fumo negli occhi, l’importante era far contenti tutti. A ciascuno il suo direbbe Pirandello, purché quel ciascuno sia   Cfr: contropiano.org/news/news-economia/2017/07/21le-riforme-del-lavoro-hartz-iv-non-funzionano-neanche-germania-094159;   contropiano.org/news/politica-news/2018/02/24/dietro-reddito-cittadinanza-ce -lo-spettro-hartz-0101216.

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ritenuto «compatibile», aggiungiamo noi. Il DEF e il decreto Salvini, infatti, oltre a favorire le classi medio-alte (già compatibili), sembrerebbero mirare a recuperare il recuperabile delle classi subalterne (con diritto di voto) e a riportarlo entro la soglia della compatibilità. Reddito e pensione di cittadinanza, superamento della legge Fornero, risorse per i risparmiatori danneggiati dalle crisi bancarie sembrano, infatti, improntate a favorire i settori popolari, così come le fasce che hanno subìto maggiormente la crisi, in quanto ancora reintegrabili nel modello di cittadino tratteggiato da questo governo. Sono quelli che hanno lavorato e contribuito alle casse statali, o quelli in grado di farlo, in sintesi. Sono espulsi fuori e contestualmente criminalizzati, al contrario, gli incompatibili, che per sfortuna di questo governo non sono pochi e che diventeranno sempre di più e sempre più visibili. Stiamo parlando di quella povertà così povera da potersi permettere solo di vivere in un’occupazione, o costretta all’illegalità; dei migranti e dei richiedenti asilo, cui il decreto preclude qualsiasi velleità di inserimento sul territorio; e, ovviamente, di chi fa uso della lotta politica e sindacale per il miglioramento delle condizioni di vita di questi incompatibili. La realtà, tuttavia, risulta estremamente diversa rispetto ai propositi voluti dalla narrazione dominante. Perché più passa il tempo e più anche le azioni mirate ai settori popolari (reddito di cittadinanza, superamento della legge Fornero, ecc.) mostrano tutta la loro natura neoliberale, oltre che la loro completa inconsistenza e inapplicabilità. Un esempio su tutti è quello del reddito di cittadinanza, che da sostegno al reddito delle famiglie e dei disoccupati e da strumento di aumento della forza contrattuale finirà per divenire un ulteriore strumento di ricattabilità e controllo: come noto, le cosiddette «norme anti-divano» prevedono alla terza offerta l’accettazione di qualsiasi lavoro venga proposto, in tutta Italia, per non perdere il diritto al reddito.18 Fattore che decreterà un ulteriore passaggio verso la disgregazione e passivizzazione dei lavoratori e il definitivo abbandono di territori – soprattutto del meridione – dove già i tassi di emigrazione sono alle stelle, soprattutto fra i giovani. Inoltre, la formazione professionale e gran parte del ricollocamento sarà gestito da enti privati, considerando che i Centri per   Ne abbiamo parlato anche qui:   noirestiamo.org/2019/01/18/reddito-schiavitu-qualche-nota-caldo/.

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l’Impiego pubblici sono attualmente incapaci di sopperire alle necessità del sistema per com’è stato pensato e che passerà tempo prima che la loro riforma dia qualche risultato visibile. Il che, oltre a riprodurre i presupposti per una nuova Mafia Capitale, significa finanziare organismi privati e ridurre le risorse a disposizione per i destinatari, restringendo ancora di più le possibilità di accesso, già di per sé vincolate da requisiti di ammissione estremamente restrittivi (al limite del ridicolo, come il possesso di un’auto o una moto) e dagli obblighi da parte dei disoccupati. Nella pratica, pertanto, oltre agli «incompatibili» identificati scientificamente dal decreto Salvini, nel bacino degli esclusi dalle politiche di governo continueranno de facto a rimanere i settori popolari e le fasce maggiormente colpite dalla crisi, non interessati da alcun sostanziale miglioramento delle proprie condizioni. D’altronde, i vincoli di bilancio imposti dall’UE non permettono, pur volendo, alcuna significativa modifica in tal senso, e il governo del (non) cambiamento ha fatto presto a capirlo.

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Titolo 1. Rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario, protezione internazionale e immigrazione 1.  Protezione umanitaria e Permessi di soggiorno speciali Viene abolito il permesso di soggiorno umanitario e sono parallelamente introdotti permessi di soggiorno (d’ora in poi PDS) «per casi speciali»19 nelle seguenti ipotesi: a. condizioni di salute di particolare gravità, tali da determinare un irreparabile pregiudizio alla salute in caso di rientro nel paese d’origine, per il quale è rilasciato un PDS per cure mediche valido per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, di durata non superiore a un anno e valido solo sul territorio nazionale, rinnovabile finché persistono tali condizioni di salute e non convertibile in PDS per motivi di lavoro; b. calamità nel paese di origine, per il quale è emesso un PDS di 6 mesi, rinnovabile una sola volta per lo stesso periodo di tempo in   Nel Testo Unico Immigrazione erano già presenti dei «casi speciali», non intaccati dal decreto, quali: a.  per violenza o grave sfruttamento, cioè «per motivi di protezione sociale», della durata di 6 mesi, rinnovabile per un anno o più per motivi di giustizia (cioè relativi al procedimento in corso), consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio e lo svolgimento di attività lavorativa, è convertibile in PDS per motivi di lavoro o di studio; b.  per violenza domestica (maltrattamenti in famiglia, lesioni, sequestro di persona, violenza sessuale e altro), della durata di un anno, che consente l’iscrizione all’anagrafe, l’accesso ai servizi assistenziali e lo svolgimento di attività lavorativa, convertibile in PDS per motivi di lavoro o di studio; c.  per particolare sfruttamento lavorativo, solo se lo straniero ha presentato denuncia e coopera nel procedimento penale contro il datore di lavoro, della durata di 6 mesi, rinnovabile una sola volta per un anno o per il periodo di durata del processo, può essere revocato per «condotta incompatibile» o se vengono meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio, consente di svolgere attività lavorativa e può essere convertito in PDS per motivi di lavoro.

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caso di permanenza di tali condizioni «contingenti ed eccezionali», è valido solo sul territorio nazionale, consente di svolgere attività lavorativa ma non è convertibile in PDS per motivi di lavoro; c. atti di particolare valore civile,20 per il quale è rilasciato un PDS della durata di 2 anni, rinnovabile, che consente accesso allo studio e permette lo svolgimento di attività lavorativa ed è convertibile in PDS per motivi di lavoro; d. protezione speciale, quando non è riconosciuto nessun altro tipo di protezione, ma al tempo stesso non è possibile effettuare l’espulsione o il respingimento nel paese d’origine a causa del pericolo di persecuzione o di sottoposizione a tortura; ha la durata di un anno, è rinnovabile previa decisione della Commissione territoriale e consente di svolgere attività lavorativa, ma non può essere convertito in PDS per motivi di lavoro. •• La formula precedente relativa al permesso umanitario era più ampia («seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano») ed era possibile ricondurvi svariate circostanze personali che non rientrassero nella protezione «classica»21, che in sostanza veniva riempita dai provvedimenti della Commissione e dai giudici. Nella pratica, il PDS umanitario era concesso quando non si riconosceva il diritto alla protezione internazionale, ma comunque il diritto a una forma di tutela: mediamente il 27% di richiedenti otteneva la protezione umanitaria (per la maggior parte donne)22, a fronte del 7,1% a cui era rilasciato il rifugio politico e del 5% la protezione sussidiaria23. La durata era fino a 2 anni, era rinnovabile (ovviamente il   Si rimanda alla l. 13/1958, art. 3: «Per premiare atti di eccezionale coraggio che manifestano preclara virtù civica e per segnalarne gli autori come degni di pubblico onore». 21  Con tale espressione «informale» intendiamo le altre due forme di protezione internazionale: a.  l’asilo politico, che si ottiene quando sussiste fondato timore di subire una persecuzione personale, garantisce lo status di rifugiato per 5 anni; b.  la protezione sussidiaria, quando si riesce a provare il rischio di un danno grave, cioè la condanna a morte, la tortura, o la minaccia derivante da situazioni di conflitto armato, garantisce un PDS per 5 anni. 22   Dati del 2017 della Commissione nazionale per il diritto di asilo. 23   Dati del Ministero dell’Interno dall’1 di agosto del 2017 al 31 luglio 2018. Non sarebbe corretto affermare che, rispetto a coloro che richiedevano la protezione internazionale, 20

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parere della Commissione veniva dato sulla base di diversi presupposti), consentiva di svolgere lavoro subordinato e autonomo e poteva essere convertito in PDS per motivi di lavoro. Il PDS umanitario rappresentava, in questo senso, la maggiore possibilità per un migrante di ottenere uno status giuridico che gli permettesse di permanere regolarmente sul territorio italiano nonché, a livello di sistema, la migliore possibilità per sopperire al collasso del sistema di accoglienza e di inserimento dei migranti. •• Le prime due fattispecie (condizioni di salute di particolare gravità e calamità naturali) sono state introdotte, come si legge nella relazione introduttiva al decreto, con la giustificazione che tali casi eccezionali non consentirebbero di eseguire il provvedimento di espulsione senza determinare una violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano e internazionale. In sostanza, sono la copertura normativa che è servita a garantire l’approvazione del decreto e a mascherare una troppo palese incostituzionalità. •• Il caso del particolare valore civile, a nostro avviso, può assumere due diverse funzioni. La prima è quella di fare da contraltare «morale» all’accelerazione delle procedure e ai provvedimenti di espulsione nel caso in cui si commettano alcuni tipi di reati, come dettagliato nei prossimi punti, suggerendo un (finto) sistema di meritocrazia e deterrenza dal crimine. Questo elemento è ancora più paradossale se si considerano le centinaia di migliaia di migranti che si troveranno senza documenti proprio a causa di questo decreto e che per forza di cose potrebbero dover delinquere per sopravvivere. La seconda è quella di assegnare una funzione di utilità/compatibilità rispetto alla società italiana. Per dirla alla Malcom X, oltre ai negri da fatica - quelli dei PDS per motivi di lavoro o anche quelli che sono senza documenti ma che lavorano nei campi a un salario da fame -, si garantisce la presenza sul territorio per i negri da cortile: quelli del PDS per particolare valore civile appunto, rispetto ai quali nel decreto si parla esplicitamente di finalità premiale e per i quali è previsto l’unico PDS speciale convertibile in PDS per motivi di lavoro autonomo o subordinato. fossero molti i PDS umanitari concessi, ma risaltava più che altro la differenza rispetto al numero ancora più basso delle altre due forme di protezione.

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•• Tali casistiche predeterminano in maniera molto rigida le situazioni che vi rientrano e i parametri da rispettare per il rilascio dei PDS, lasciando un margine minore per includere i casi limite o marginali. Questo fattore, considerando l’evoluzione della normativa, la circolare del Ministero dell’Interno di settembre e soprattutto la fase politica complessiva in cui ci troviamo, non può che portare a una politica restrittiva delle emissioni dei permessi.24

2.  Durata della detenzione nei CPR La durata massima della detenzione nei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR, cioè gli ex CIE), ai fini dell’identificazione, passa da 3 a 6 mesi. •• Si tratta di un aumento spropositato, giustificato dalla ben nota lentezza delle procedure di rimpatrio e dalla difficoltà a reperire i relativi costi annessi. •• Considerando che attualmente i posti nei CPR sono 880 e che con le aperture programmate si arriverà a circa 1.300, se si aggiungono questi tempi lunghi di turnover c’è da chiedersi dove saranno collocati tutti coloro che sono destinatari di procedimenti di espulsione (a causa dei reati previsti dal decreto o perché non in possesso di permesso di soggiorno, in crescita esponenziale dopo l’approvazione del decreto). •• Nel decreto si riporta poi che nel corso della convalida del provvedimento di espulsione emesso dal questore, laddove non fossero disponibili posti nei CPR, i migranti possono essere alloggiati in «strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza» e in «locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato». Questi spazi non ben specificati saranno il luogo di un’ulteriore forma di detenzione al di fuori delle garanzie che si accordano – almeno formalmente - a chi si trova nel circuito penitenziario.

Cfr: www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-12-10/dopo-decreto-sicurezza-e-boom-domande-asilo-respinte-sono-quattro-cinque-184230.shtml?uuid=AEMSdDxG. Dopo l’entrata in vigore del decreto, sono stati rilasciati soltanto il 5% dei permessi «speciali» per motivi umanitari richiesti. In realtà, il trend negativo era stato avviato con la circolare di luglio del Ministero dell’Interno a prefetti e presidenti delle Commissioni territoriali. Cfr: www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-09-03/protezione-umanitaria-permessi-calo-lastretta-invocata-salvini-173043.shtml?uuid=AE5UQwiF.

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•• I CPR sono di fatto carceri e in quanto tali contemplano gravi problematiche, sia dal punto di vista igienico-sanitario e delle condizioni basilari di vita (chiusura degli alloggi ad orari specifici, mancanza di mobilio, vita dietro le grate, ecc.), sia di carattere psicologico, soprattutto considerando che si tratta di persone che molto spesso hanno affrontato carcerazioni in Libia e difficoltose traversate nel Mediterraneo.

3.  Lavori di costruzione o di ristrutturazione dei CPR È possibile procedere ai lavori di costruzione o di ristrutturazione dei Centri per i Rimpatri attraverso appalti cosiddetti «negoziali». Le amministrazioni, anziché prevedere una gara di appalto aperta a qualsiasi soggetto, individueranno preventivamente un gruppo di cinque operatori – già ritenuti potenzialmente eleggibili – tra cui scegliere. •• Questo punto crea degli (ulteriori) interrogativi rispetto al M5S, da sempre avverso alle procedure ristrette e che ha sempre supportato gli appalti pubblici a procedura aperta. Ci si chiede, in tal senso, se si tratti della dimostrazione del poco peso del movimento nella redazione del decreto o se si siano già scontrati con la realtà dell’apparato statale. •• Restringere la platea dei partecipanti alle gare può comportare che le procedure di gara vengano influenzate dal ridotto numero di soggetti concorrenti – ad esempio in termini di aumento dei costi – e, soprattutto, possono lasciare ampi spazi a favoritismi e ad infiltrazioni mafiose.

4.  Risorse finanziarie al Fondo Rimpatri Sono destinate maggiori risorse finanziarie al Fondo Rimpatri: 500.000 euro nel 2018, 1.500.000 euro nel 2019, 1.500.000 euro nel 2020. Queste risorse sono sottratte ai fondi per i servizi che forniscono attività informative, di supporto e di assistenza ai migranti che intendono accedere ai programmi di rimpatrio volontario assistito, in quanto «già svolte dalle organizzazioni internazionali» (cit. decreto). •• Oltre a palesare ancora una volta le priorità del governo in tema di immigrazione, questa misura rappresenta un attacco alle organizzazioni internazionali, ad esempio a OIM (Organizzazione Internazionale per le 19


Migrazioni) che si occupa dei programmi di rimpatrio volontario assistito. Al contrario, con UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) il decreto va molto più coi guanti di velluto, assegnandogli un contributo di più di 100.000 euro nelle voci di spesa relative alle nuove sezioni per i rimpatri istituite presso punti di frontiera. •• Si confermano poi le finalità propagandistiche del decreto. Viene dettagliato precisamente l’ammontare delle risorse e gli anni ma senza alcun riferimento alla destinazione di questi fondi: quello che non si dice è, infatti, che per quanto possa sembrare una cifra cospicua in termini assoluti, considerando i costi di un rimpatrio si parlerebbe al massimo di un migliaio di migranti in più rimpatriati in tre anni. E che, soprattutto, questi ipotetici rimpatri sono comunque al momento bloccati dall’assenza di accordi con i paesi di provenienza.

5.  Diniego e revoca della protezione internazionale Si prevede il diniego o la revoca della protezione internazionale in quanto «lo straniero costituisce un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica» oltre che per i reati di maggiore allarme sociale (strage, associazione mafiosa, riduzione in schiavitù, violenza sessuale aggravata, e altri), anche per: lesioni aggravate, lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, furto in abitazione e con strappo, furto aggravato per possesso di armi o narcotici, produzione, traffico e detenzione ad uso non personale di stupefacenti e mutilazione genitale femminile. Per i richiedenti asilo è predisposta l’immediata audizione e la contestuale decisione della Commissione territoriale, anche solo in presenza di procedimento penale pendente o condanna non definitiva per gli stessi reati sopra elencati tali reati; per i già beneficiari di protezione, invece, la conseguenza sarà l’espulsione dal territorio italiano. •• In generale, con questo tipo di misura sembrano accavallarsi due livelli distinti: quello dello status giuridico e quello della responsabilità da reato. Non ci risulta, per usare un paradosso, che un cittadino italiano perda tale status nel caso commetta un reato. Analogamente, se sussi20


Fonte: ll vademecum elaborato dall’associazione Naga (www.naga.it/wp-content/ uploads/2018/10/Scheda-Naga-Decreto-Salvini-SINTESI-29.10.18.pdf).

stono dei motivi che hanno portato all’accoglimento della domanda di protezione internazionale, significa che sono presenti – soprattutto alla luce delle nuove disposizioni restrittive – delle ragioni relative all’impossibilità a fare ritorno nel paese di origine (per rischi personali, condizioni di salute o calamità naturali), garantite dal diritto internazionale. Ragioni che non smetteranno di sussistere, anche in caso venga commesso un reato. In questo senso ritorna l’ottica premiale della «concessione» della protezione internazionale che si intreccia con un sistema di deterrenza verso reati che oltretutto, per alcune fattispecie, si potrebbero ascrivere a reati di necessità dettati da contingenze materiali. Infine, va sottolineato che c’è una bella differenza tra l’essere stati giudicati con sentenza definitiva e avere un procedimento a proprio carico in fase di definizione, su cui il giudice non si è ancora espresso (il punto cruciale 21


del principio di non colpevolezza fino al giudizio finale definitivo). Potrebbero essere rimpatriati, con la preliminare detenzione nei CPR e i rischi personali da affrontare nei paesi di origine, richiedenti e beneficiari di protezione internazionale che un giudice potrebbe valutare non colpevoli alla fine di un processo.

6.  Lista nazionale dei «paesi sicuri» È adottata una lista nazionale di «paesi sicuri» con decreto del Ministro degli Affari Esteri – di concerto con Ministri dell’Interno e della Giustizia – con la previsione di un aggiornamento periodico e la notificazione alla Commissione UE. Il criterio generale per la definizione di un paese sicuro è che «sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione (…) né tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale». Tale criterio può valere anche soltanto per una porzione territoriale del paese o per alcune categorie di persone. La valutazione si basa sulle informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo, avvalendosi delle informazioni elaborate dal suo centro di documentazione, e da altre fonti di informazione fornite da altri stati UE, dall’EASO, da UNHCR e dal Consiglio d’Europa. •• La domanda di protezione internazionale, quindi, può essere considerata infondata sulla base della provenienza da un paese rientrante in questa lista di paesi o addirittura da una zona di questi, quando non si riesce a dimostrare la sussistenza di gravi motivi per ritenerlo non sicuro. In questo modo, è compromesso l’intero iter per il riconoscimento della protezione internazionale, basato sull’analisi da parte delle Commissioni Territoriali della condizione e della storia complessiva del richiedente e non del solo dato territoriale. Le valutazioni e i report internazionali, peraltro, non riescono sempre a cogliere tutti gli aspetti relativi alla storia di un paese e a dare un quadro complessivo della situazione, utilizzando spesso un’ottica occidentale ed eurocentrica.

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7.  Modifiche dei centri SPRAR I progetti SPRAR di seconda accoglienza, ora rinominati SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), saranno riservati esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati. I titolari di protezione umanitaria (secondo la legislazione precedente al decreto) e i richiedenti asilo attualmente presenti potranno rimanere soltanto fino alla scadenza del progetto. I minori richiedenti potranno rimanere anche dopo il compimento della maggiore età e fino al termine della procedura di definizione della protezione. Il problema principale riguarda coloro che risulteranno titolari dei nuovi e vecchi permessi di protezione speciale: essi, in via meramente ipotetica, possono essere accolti – a discrezione degli enti territoriali e probabilmente dello spazio disponibile – qualora non accedano ad altri sistemi di protezione specificatamente dedicati. •• I progetti ex SPRAR, sebbene soggetti alle criticità date da un sistema a parziale gestione privata esternalizzata, rappresentano in generale la parte meno «viziata» del sistema di accoglienza, in quanto definiti tramite progetti di accoglienza e «integrazione» più avanzata (dal punto di vista abitativo, lavorativo, ecc.) e soggetti a partecipazione e controllo da parte degli enti pubblici territoriali (nello specifico i Comuni) e a un preciso sistema di rendicontazione dei costi. Al contrario, i centri di prima accoglienza (ex CARA, ma in particolare ex CAS) sono totalmente a gestione privata, vedono solo sporadici controlli da parte delle Prefetture e ricevono l’erogazione delle risorse finanziarie dallo stato (i famosi 35 euro ad personam destinati agli enti gestori) solo sulla base della presenza numerica dei richiedenti nei centri, senza una puntuale rendicontazione dei costi. Inoltre, è proprio nei CAS che sono stati documentati i peggiori casi di mala gestione e di corruzione25. Tenendo presenti queste differenze risulta evidente come, tramite il decreto e le nuove linee guida sull’accoglienza26, si destinano i progetti di accoglienza più avanza  Vedi per esempio: contropiano.org/news/2018/09/01/prefetti-e-coop-insieme-per-il-business-dei-migranti-0107144. 26   Cfr: www.vita.it/it/article/2018/11/08/analisi-del-nuovo-capitolato-per-la-gestione-dei-centri-di-accoglienza/149676/. 25

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ta e più controllabili ai soli «meritevoli», mentre si concede ai richiedenti (tra cui i potenziali «irregolari» del futuro) soltanto il sistema della prima accoglienza, che garantisce loro la sola assistenza di base. Si opera in questo modo una polarizzazione: sistema SIPROIMI solo per beneficiari di protezione internazionale (con diritto ad accedere ai servizi di «integrazione» più avanzata, nel senso di inserimento nei canali/servizi territoriali) vs. sistema di prima accoglienza per i richiedenti asilo con i soli servizi essenziali (cure mediche, assistenza legale e poco altro). •• La ridefinizione dei destinatari rappresenta uno effettivo snaturamento degli obiettivi di quelli che erano gli SPRAR. Questi rappresentano i sistemi di inclusione sul territorio più strutturati, contemplando percorsi di inserimento lavorativo, sociale e abitativo. Utili, quindi, sia per coloro che già sono titolari di protezione internazionale, sia per chi la sta richiedendo, al fine di avere degli strumenti minimi di inserimento sul territorio da utilizzare durante il periodo di permanenza. Riservare questi progetti ai soli (già) titolari di protezione internazionale significa razionalizzare le risorse destinate all’»integrazione» concentrandole su coloro che hanno la titolarità a rimanere sul territorio nazionale almeno per qualche tempo, che il governo lo voglia o no. I richiedenti si troveranno così, al termine dell’iter di definizione della propria domanda di protezione, in una posizione assolutamente precaria. Chi avrà una risposta positiva avrà l’opportunità – ricominciando da zero nonostante sia presente nel paese da tempo – di accedere ai servizi di inserimento sul territorio, chi l’avrà negativa si troverà invece completamente senza strumenti e supporto forniti dallo stato (a parte quelli forniti dalle proprie comunità di appartenenza). •• Possiamo infine avanzare un’altra considerazione. Se nei SIPROIMI fosse assente la parte «pubblica» di co-progettazione e controllo attraverso i Comuni, con tutta probabilità ci troveremmo davanti alle stesse identiche problematiche presenti negli ex CAS (che sono interamente a gestione privata), in quanto i servizi dei SIPROIMI, come negli ex SPRAR, sono in ogni caso già esternalizzati a enti privati attraverso gare d’appalto. Si potrebbe, al contrario, prevedere un miglioramento del sistema se si pensasse di estendere quella parte «pubblica» a tutto il servizio, e quindi incaricando direttamente i Comuni della gestione del servizio SIPROIMI. 24


Alcune esperienze di gestione diretta sul territorio da parte dei Comuni (ad esempio tramite Consorzi di Comuni) già sono state sviluppate, dimostrando in tal senso l’effettiva praticabilità e funzionalità di un’ipotesi di re-internalizzazione e ri-pubblicizzazione dell’intero sistema di accoglienza. A fronte, chiaramente, di volontà politica e di investimenti nel pubblico. Rimane chiaro, comunque, che ciò rappresenterebbe solo un miglioramento delle condizioni generali e non una reale soluzione: l’intero sistema di accoglienza si basa su fini e modalità sbagliati a monte, l’unico obiettivo reale non può che essere quello del suo superamento in favore di un permesso di soggiorno per tutti e tutte.

8.  Riconoscimento della cittadinanza Si allunga fino a 4 anni (prima solo 2 anni) il termine per la Pubblica Amministrazione per definire il procedimento di riconoscimento della cittadinanza. •• Si legge nella relazione introduttiva che questa razionalizzazione delle procedure è dovuta all’aumento delle domande determinate dal numero sempre più alto di immigrati. Il ministero vuole quindi allungare i tempi per avere «la massima accuratezza» nello stabilire chi può essere cittadino e chi no, e si fa esplicito riferimento all’acquisizione della cittadinanza iure matrimonii.27 Tutto ciò ovviamente per avere una gestione «col contagocce», dunque ben controllata e oculata. Inoltre, si evidenziano altri aspetti. Innanzitutto, la cittadinanza italiana è ottenuta solo se si è in possesso di un certificato di lingua italiana B1, cosa già di per sé complicata considerando la limitazione dei percorsi di accoglienza e i costi per sostenere la certificazione. In secondo luogo, può essere revocata per condanna definitiva per alcuni delitti, quali quelli con finalità di terrorismo o di eversione, associazione sovversiva, banda armata, assistenza agli associati di organizzazioni terroristiche, addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale. Questo aspetto è particolarmente preoccupante, giustificato dal governo in base a politiche criminali in materia di antiterrorismo, poiché introduce ex novo un’ipotesi per cui vale il medesimo ragionamento avanzato in precedenza: se   Quasi un riferimento esplicito al caso Riace, come esplicitiamo anche nell’introduzione.

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Fonte: ll vademecum elaborato dall’associazione Naga (www.naga.it/wp-content/ uploads/2018/10/Scheda-Naga-Decreto-Salvini-SINTESI-29.10.18.pdf).

per gli italiani la condanna per quei reati vale il carcere, per gli stranieri vale l’espulsione dal territorio, con annessa revoca dello status giuridico conquistato. Anche in questo caso, l’impianto rimane legato al carattere di «premialità» che abbiano descritto in più passaggi.

9.  Diritto al gratuito patrocinio Non viene retribuito il compenso al difensore e al consulente di parte se la domanda è ritenuta inammissibile o se la consulenza appare irrilevante o superflua. •• In sostanza, gli avvocati valuteranno preventivamente e in maniera totalmente discrezionale se ci sono buone possibilità per il richiedente con risposta negativa in commissione di ricevere invece una risposta positiva in sede di ricorso al tribunale. Gli avvocati dunque potrebbero non avere alcun interesse nel prendere in carico i procedimenti per l’incertezza su chi pagherà il loro lavoro in caso di rigetto del ricorso, soprattutto considerando che la maggior parte dei richiedenti asilo riesce a pagarsi le spese legali proprio con il gratuito patrocinio. Il risvolto di questo elemento è che soltanto i richiedenti che possono permetterselo avranno la possibilità di pagare un avvocato, con qualche speranza di ottenere una risposta positiva, mentre a tutti gli altri sarà negato il pieno rispetto del diritto di difesa. Se Minniti aveva direttamente eliminato il secondo grado di giudizio, velocizzato enormemente le procedure e limitato pesantemente l’oralità nel processo davanti al giudice - dato fondamentale in quanto tutta la procedura di riconoscimento della protezione si basa 26


sul racconto della storia da parte della persona che l’ha vissuta -, Salvini scoraggia pesantemente i richiedenti ma soprattutto gli avvocati a sobbarcarsi una causa fino alla Cassazione, proprio per l’incertezza del pagamento delle spese da parte dello stato in caso di indigenza.

10.  Reiterazione delle richieste di protezione internazionale Si restringono le possibilità di reiterazione della richiesta di protezione internazionale dopo che è stata respinta una domanda precedente. Ad esempio, se la domanda reiterata è presentata in fase di allontanamento dal territorio italiano, questa è dichiarata inammissibile perché si presume sia presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’espulsione e non si procede all’esame. In generale si velocizzano enormemente i termini temporali dell’esame delle domande in casi di particolare fragilità, per esempio quando la persona si trova nei CPR o nei nuovi centri di frontiera. •• Già prima non avveniva così spesso che gli avvocati si sobbarcassero una domanda reiterata, perché molto difficile e spesso rigettata. La norma ha quindi puramente un intento deflattivo, giustificato dal fatto che si vuole così impedire spreco di soldi e tempo per domande considerate dal punto di vista governativo «strumentali» da parte dei migranti. La riduzione delle tempistiche delle procedure inoltre è funzionale alla definizione dello status della persona, non tanto per garantire un’adeguata forma di protezione, quanto per valutare il prima possibile chi ha diritto e chi no a una permanenza legale sul territorio.

11.  Riduzione dei CAS È previsto il monitoraggio da parte del Ministro dell’Interno, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, dei flussi di arrivi, al fine della progressiva chiusura dei CAS, i Centri di Accoglienza Straordinaria. •• Ciò suggerisce, con la progressiva chiusura dei CAS, gestiti interamente dai privati, che si andrà al concentramento dei richiedenti in strutture governative, centri di grandi dimensioni con caratteristiche simili ai CIE e che presentano condizioni strutturali talvolta precarie (tendopoli, tendostrutture, moduli abitativi, ecc.). 27


12.  Iscrizione anagrafica Il PDS dei richiedenti il riconoscimento della protezione internazionale – quello che è rilasciato in attesa della definizione della domanda, che dura sei mesi ed è rinnovabile fino alla definizione della procedura – costituisce un documento di riconoscimento ma non sarà più valido per l’iscrizione all’anagrafe. •• Nonostante il PDS di un richiedente in attesa di definizione della domanda sia valido ai fini del riconoscimento dell’identità, la mancanza della carta d’identità fisica crea delle difficoltà pratiche. Per esempio, spesso i potenziali datori di lavoro non accettano il solo PDS o la ricevuta provvisoria rilasciata dalla questura, sebbene sarebbero formalmente equiparabili ai fini del contratto, oppure le banche non aprono conti correnti. Vengono insomma palesemente ignorate da parte del governo le difficoltà pratiche che accadono nella quotidianità. •• Permane inoltre il problema per i richiedenti non accolti nei circuiti dell’accoglienza: se da un lato è possibile indicare come domicilio il centro di accoglienza, dall’altro per chi non ha una dimora fissa o per chi paga un affitto in nero può essere impossibile indicare anche solo il luogo di domicilio e conseguentemente avere accesso ai servizi o anche solo riuscire ad ottenere la concessione di misure alternative alla detenzione. •• Se la principale conseguenza problematica (e incostituzionale) della mancata iscrizione all’anagrafe è l’impossibilità di accedere ai servizi per una determinata categoria di persone – attuando una sorta di discriminazione razziale –, questo effetto negativo può essere neutralizzato tenendo in considerazione un’altra disposizione normativa precedente, che garantisce espressamente l’accesso ai servizi «comunque erogati sul territorio» sulla base del domicilio28. Sono state infatti elaborate alcune interpretazioni secondo le quali non si tratterebbe di un esplicito divieto per una certa categoria di persone ma, se considerata la norma all’interno del sistema legislativo complessivo, sarebbe comunque possibile l’iscrizione all’anagrafe per i richiedenti29.

Art. 5, co. 3, d. lgs. 142/2015.   Cfr: www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/liscrizione-anagrafica-e-laccesso-aiservizi-territoriali-dei-richiedenti-asilo-ai-tempi-del-salvinismo/

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•• Il clamore mediatico suscitato dalla norma è stato enorme, soprattutto per le prese di posizione dei sindaci (in primis Orlando a Palermo30 e De Magistris a Napoli 31). Sottolineiamo però che le generiche dichiarazioni sulla disapplicazione tout court del Decreto Salvini da parte dei sindaci si limitano soltanto a questo articolo 13, in quanto l’unico che può interessare la carica istituzionale e i poteri dei sindaci e poiché il resto delle norme riguardano prevalentemente altri poteri dello stato.32

13.  Altre misure •• Si crea un apposito nucleo di polizia penitenziaria a supporto del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. •• Gli istituti penitenziari minorili e degli istituti a custodia attenuata per detenute madri, ogni semestre, devono obbligatoriamente trasmettere al procuratore della repubblica presso il tribunale dei minorenni l’elenco di tutti i minori con indicazione specifica di: località di residenza dei genitori, rapporti con la famiglia, condizioni psicofisiche. Il procuratore, in base a ciò, può adottare provvedimenti o effettuare ispezioni. I pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che entrano a contatto con minori devono riferire al più presto al direttore dell’istituto riguardo a condotte pregiudizievoli dei genitori, il quale informa poi il procuratore.

Cfr: questionegiustizia.it/doc/Direttiva_sindaco_Palermo_21_dic_2018_n_1807620.pdf.   Cfr: www.napolitoday.it/politica/migranti-anagrafe-comune-napoli-de-magistris.html. 32   Il sindaco stesso è infatti tecnicamente un ufficiale dell’anagrafe e affida con delega ai dipendenti del comune tali funzioni. 30 31

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Titolo 2. Sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa 1.  Blocco stradale Si prevede la reclusione da uno a sei anni per chiunque blocchi o ingombri con oggetti una strada o dei binari, quando questo non integra il reato di interruzione di pubblico servizio o ufficio o di violenza privata (prima c’era solo una sanzione amministrativa dopo la depenalizzazione avvenuta nel 1999). La pena è raddoppiata nel caso di: A) commissione da parte di più persone, anche se non riunite; B) con minaccia o violenza a persone o cose. È prevista anche una sanzione amministrativa da 1.000 a 4.000 euro per ostruzione della libera circolazione stradale con l’uso del proprio corpo. Inoltre, questo reato è inserito nei reati ostativi all’ingresso nel territorio italiano da parte di stranieri, in caso di condanna con sentenza irrevocabile. •• Emerge la convergenza dei provvedimenti contro i migranti con quelli contro la conflittualità sociale legata alla rivendicazione di diritti:33 si va a colpire con precisione scientifica il settore della logistica, dove gli operai migranti rappresentano oltre il 16% dei lavoratori e la forte conflittualità spesso si manifesta in blocchi stradali.34 •• Il concetto di blocco stradale può essere facilmente interpretato con elasticità. Un reato per corteo non autorizzato potrebbe ad esempio allargarsi senza difficoltà anche a questa fattispecie, rappresentando un aggravamento delle accuse. Analogamente, un presidio (anche se autorizzato) che vada a ingombrare parzialmente una strada potrebbe intendersi come blocco stradale. E così via, lasciando spazio all’inventiva che

Cfr: A. Avvisato su Contropiano «Decreto insicurezza contro migranti e lavoratori» http://contropiano.org/altro/2018/10/05/il-decreto-insicurezza-contro-migranti-e-attivisti-0108241. 34   Cfr: osservatoriorepressione.info/decreto-salvini-piedi-uniti-sulla-logistica. 33

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caratterizza le forze dell’ordine e la magistratura nelle accuse a danno dei soggetti politici e sindacali. •• Inoltre, si ricordi che esiste già il reato di interruzione di pubblico ufficio o servizio (art. 340 cp, pena della reclusione fino a 1 anno – da 1 a 5 anni per promotori/organizzatori) e di violenza privata (art. 610 cp, pena base della reclusione fino a 4 anni), che sembrerebbero potersi parzialmente accavallare con questo reato ma che in realtà potrebbero invece avere una funzione complementare. Per esempio, ora sarebbe così punibile anche una condotta più residuale e meno grave, che non ostacolerebbe effettivamente la circolazione, stradale o ferroviaria che sia. Un altro esempio: se prima il mero posizionarsi su una ferrovia non integrava immediatamente la fattispecie del reato di interruzione di pubblico servizio (poiché quantomeno il PM doveva provare che questo aveva realmente ostacolato la circolazione) ora potrebbe essere punibile anche il semplice attraversamento. In ogni caso, se prima i due reati sopra menzionati erano applicati per blocchi stradali, ferroviari e picchetti sindacali attraverso uno sforzo interpretativo e probatorio, ora invece i pm avranno a disposizione due fattispecie fatte e finite che calzeranno perfettamente nei contesti di picchetti e manifestazioni. Si vedrà certamente in seguito la casistica giurisprudenziale, ma bisogna tener presente i contesti in cui le azioni avverrebbero principalmente: picchetti e manifestazioni, ossia contesti prettamente politici e sindacali su cui il decreto non cela una precisa finalità di criminalizzazione.

2.  Invasione di terreni ed edifici

Si inaspriscono le pene per invasione di terreni ed edifici: la pena carceraria prevista diventa da 1 a 3 anni (in precedenza era fino a 2 anni). Diversamente, nei casi in cui chi agisce si trovi in gruppo di 5 persone o la persona che agisce è palesemente armata si passa da un massimo di pena di 2 anni a un massimo di pena di 4 anni, congiuntamente a multa fino a 2.046 euro. Si prevede un ulteriore aumento per i promotori e gli organizzatori quando gli agenti sono in più di due persone e viene introdotta inoltre la possibilità di disporre di intercettazioni per questi soggetti, cosa che invece prima non era prevista. 31


•• Il passaggio alle camere parlamentari ha aggiunto la possibilità per il prefetto – che, si ricorda rappresenti il governo cioè un potere esecutivo sul territorio e non il Comune - di impartire direttamente direttive con il fine di prevenire le occupazioni nonché di definire delle misure emergenziali (per massimo 90 giorni) per tutelare soggetti in situazione di fragilità che a seguito di sgombero non sono in grado di reperire autonomamente una sistemazione alloggiativa alternativa. •• Ai proprietari dei beni immobiliari occupati si aggiunge, al già previsto risarcimento da parte degli autori del reato di occupazione abusiva, una indennità per mancato godimento dell’immobile che viene liquidata dal prefetto. Il fondo di finanziamento statale per tali operazioni sarà di 2 mln di euro a partire dal 2018. •• Anche in questo caso si attesta la convergenza dei provvedimenti contro i migranti con quelli contro la conflittualità sociale. Tale inasprimento va a colpire infatti maggiormente i soggetti migranti, spesso occupanti di case. Va considerato, in aggiunta, che appena il decreto entrerà in fase di attuazione le centinaia di migliaia di migranti senza un titolo di soggiorno nel paese ed esclusi dal circuito dell’accoglienza non avranno la possibilità di affittare una casa e pertanto avranno come unica soluzione l’occupazione o la vita in strada. •• Lo stesso vale per le occupazioni organizzate da soggetti politici e sindacali. A questi si aggiunge la questione delle intercettazioni, inserita in ottica di individuazione e controllo dei «vertici» delle organizzazioni politiche, sindacali e di movimento. Facile pensare che l’accesso alle intercettazioni per queste casistiche possa fornire elementi utili per altri tipi di indagini. •• Questa misura si aggiunge alla circolare sugli sgomberi del 1° settembre 2018: una circolare del Ministero dell’Interno che raccomanda ai prefetti tempestività nell’identificazione degli occupanti e il loro allontanamento dalle case. Una svolta che andrà a colpire complessivamente centri sociali ed edifici occupati.

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3.  Reato di accattonaggio

Viene reintrodotto il reato di accattonaggio molesto, benché nel ’99 la Consulta ritenne incostituzionale il reato di elemosina. La molestia è così indicata dalla norma: «con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà». La pena prevista arriva fino a 6 mesi in aggiunta ad una sanzione fino a 6.000 Euro (!). Viene aumentata poi la pena per i «parcheggiatori abusivi» con una sanzione fino a 3.101 Euro, tranne nel caso in cui il soggetto abbia in precedenza ricevuto una sanzione per violazioni analoghe in cui la pena sarà l’arresto da sei mesi a un anno in aggiunta ad una sanzione pecuniaria da 2.000 a 7.000 euro. •• In continuità con il Decreto Minniti ritorna – e si estende – il concetto di «decoro», andando a colpire i poveri, reputati «indecorosi» nella rappresentazione di città (o meglio, centro città) vetrina che si sta andando sempre più a costruire. Totalmente assente è invece il senso di responsabilità da parte del governo rispetto a persone costrette a vivere in condizioni indegne e a dover trovare espedienti per sopravvivere.

4.  Daspo Si prevede un più ampio ricorso alle misure di prevenzione personale,35 sulla base di semplici sospetti. È esteso l’ambito di applicazione del Daspo per le manifestazioni sportive anche agli indiziati di terrorismo e che hanno compiuto azioni per sovvertire l’ordine dello stato. Il Daspo Urbano, misura introdotta dall’ex ministro Minniti che consente l’allontanamento da stazioni, aeroporti, strade o zone turistiche di chi ne «ostacola la libera fruizione» (cioè senza fissa dimora e altri «indesiderabili»), verrà disposto anche nelle aree su cui si trovano presìdi medici e dove si svolgono «mercati, fiere e pubblici spettacoli», «ai fini dell’applicazione delle misure a tutela del decoro di particolari luoghi». In caso di reiterazione della condotta che aveva motivato il DASPO, il questore, per motivi di pericolo per la sicurezza, può disporre divieto di accesso a   Già condanna della Corte di Strasburgo nel 2017 all’Italia per l’uso eccessivo di tali misure di prevenzione personale.

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specifiche aree per 12 mesi (prima erano 6). È introdotta la pena dell’arresto fra 6 mesi e 1 anno per il contravventore di tale divieto di accesso. Il divieto di accesso è di durata fra 1 e 2 anni, se i soggetti sono stati condannati negli ultimi 5 anni per reati contro persona o patrimonio. In caso di contravvenzione da parte di questi, è introdotto l’arresto fra 1 e 2 anni. Inoltre il questore può disporre il divieto di accesso nei locali o in esercizi pubblici analoghi e il divieto di stazionamento nelle zone limitrofe per coloro che hanno commesso reati negli ultimi 3 anni (con condanna con sentenza confermata in appello o definitiva) in occasione di gravi disordini avvenuti dentro gli stessi pubblici esercizi o locali di pubblico intrattenimento. •• Anche in questo caso, in perfetta continuità con il decreto Minniti, ma operando ancora più al setaccio, si va a insistere sulla questione del decoro urbano al fine di escludere le soggettività ritenute incompatibili: senza fissa dimora, poveri, migranti, ambulanti.

5.  Processo penale minorile ed esecuzione delle pene Si autorizza l’espulsione dal circuito penitenziario minorile, previo parere del magistrato di sorveglianza competente, dei soggetti che abbiano recato problemi di sicurezza all’interno degli istituti ovvero rifiutino il trattamento minorile (prima era possibile solo per coloro che avessero più di 21 anni, ora invece si estende ai maggiori di 18 anni). Inoltre, si vieta che il maggiorenne che sta scontando una pena nel circuito penitenziario ordinario possa espiare la pena per un fatto commesso quando era minorenne in un istituto penitenziario minorile. •• Una considerazione in merito attiene al fatto che nel circuito penale minorile la componente migrante è sovrarappresentata e dunque questa nuova disposizione, già meno garantista, risulta anche discriminatoria verso i giovani migranti. Ai ragazzi migranti, a parità di reato, viene comminata più spesso una condanna detentiva, e con molta meno frequenza sono destinatari di misure diverse, quali ad esempio il collocamento in comunità-alloggio o in famiglia. Le condizioni di vita dei minori immigrati sono diverse rispetto a quelle degli italiani, soprattutto dal punto di vista delle relazioni con la famiglia e con la comunità territo34


riale, quindi gli interventi dell’apparato socio-giudiziario sono inevitabilmente diversi. Una volta entrati in contatto con il sistema penale italiano, è facile quindi riscontrare come i cittadini stranieri subiscano ulteriori discriminazioni.36

6.  Allontanamento dalla casa familiare Si estendono i casi in cui è disposto l’allontanamento dalla casa familiare anche per il reato di maltrattamenti e atti persecutori contro familiari e conviventi (art. 572 cp) e introduzione della possibilità di controlli attraverso braccialetto elettronico, per verificare se il maltrattante si avvicina alla vittima. •• A prescindere dall’appropriatezza della norma, ci si chiede come possa essere giustificata la sua presenza in un testo del genere, relativo all’immigrazione e alla sicurezza. L’impressione è che si tratti di un’operazione di cosiddetto «Pinkwashing», tramite l’introduzione pretestuosa in questo contesto legislativo di una norma che mal cela la mera volontà da parte del governo di ammantarsi di securitarismo «a favore delle donne».

7.  Accesso alle banche dati da parte delle forze di polizia Si ampliano le possibilità di accesso da parte dei Corpi e servizi della polizia municipale, nei Comuni con popolazione superiore ai centomila abitanti, a specifici archivi presenti nella banca dati del CED interforze (Centro di Elaborazione Dati comune a tutte le forze di polizia) e l’introduzione di altre forme di coordinamento e di scambio di informazioni tra corpi di polizia. •• Si assiste all’aumento del controllo per militanti politici e sindacali a tutti i livelli, attuati anche dalla polizia municipale che sta assumendo sempre più un ruolo repressivo e di controllo territoriale all’interno delle metropoli. Il rafforzamento della polizia municipale appare anche preoccupante in quanto non possiedono di fatto la preparazione delle forze dell’ordine, probabilmente una delle ragioni alla base del manifestarsi di situazioni di mancato autocontrollo da parte di questi agenti durante

Cfr: http://www.ristretti.it/areestudio/minorile/inchieste/cimmino.htm#La%20 giustizia%20e%20i%20minori%20immigrati

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operazioni non tipiche del proprio mandato, scenario che così andrebbe a verificarsi con più frequenza aumentando i pericoli che ne derivano.

8.  Adozione del taser Si prevede una nuova dotazione per la polizia municipale dei comuni con più di 100 mila abitanti: il taser. Sarà in prova per 6 mesi e poi si andrà a verifica. •• Oltre alla pericolosità fisica dello strumento, rappresenta un precedente in termini di adozione di altre cosiddette «armi non letali». Questa introduzione ricorda ciò che è successo in altri paesi europei (come Francia, Germania, Austria, Olanda), dove si è rapidamente passati dai taser ai «flash ball», i fucili coi proiettili di gomma, o alle granate stordenti. •• Anche in questo caso si rafforza il ruolo della polizia municipale, aumentando il livello di militarizzazione del territorio e assegnando un «giocattolo» pericoloso a un organo che di fatto non è addestrato come le forze dell’ordine.

9.  Altre misure •• Vengono date minori garanzie e maggiori restrizioni per indagati ex codice antimafia il cui ambito applicativo non è circoscritto agli appartenenti alle cosche. Alcuni strumenti previsti nel codice antimafia sono stati utilizzati spesso contro militanti e sindacalisti, si ricorda ad esempio il caso del sindacalista USB Guido Lutrario sottoposto al regime di sorveglianza speciale37. •• Nuovi fondi per l’acquisto e il potenziamento dei sistemi informativi per il contrasto del terrorismo internazionale nonché per il finanziamento di interventi diversi di manutenzione straordinaria e adattamento di strutture ed impianti. A tal fine si provvede ad autorizzare, a favore del Ministero dell’interno, una spesa complessiva di 15.000.000 per l’anno 2018 e di euro 49.150.000 per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025. •• Misure sul noleggio di autoveicoli (per evitare attacchi terroristici con camion noleggiati): la richiesta con i dati del richiedente deve essere trasmessa ad un Corpo dello stato.   Cfr. contropiano.org/news/lavoro-conflitto-news/2016/07/12/de-magistris-aderisceallappello-081596

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•• Potenziamento dei canali informativi tra le diverse amministrazioni interessate dal fenomeno della criminalità organizzata, con la possibilità di nominare commissari antimafia nei comuni in cui sono emerse irregolarità. •• Controlli maggiori sui subappalti (sanzionati con la reclusione da uno a cinque anni) e sui cantieri, la cui apertura dovrà essere comunicata al prefetto per i controlli antimafia.

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Titolo 3. Funzionalità del ministero dell’interno e organizzazione e funzionamento dell’agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata 1.  Riduzione delle figure dirigenziali del Ministero dell’Interno Riduzione di 29 posti dirigenziali relativi ai prefetti assegnati agli Uffici centrali del Ministero dell’Interno. •• Tale azione sembra indicare, da un lato, una spinta verso la centralizzazione dei poteri verso il Ministro dell’Interno, andando a tagliare figure dirigenziali potenzialmente «scomode», a fronte invece del mantenimento delle figure dei viceprefetti e viceprefetti aggiunti e della dotazione di amministrativi. Dall’altro, sembra palesare una tendenza al taglio delle vecchie risorse professionali - ancora legate presumibilmente in termini politici ai governi passati –, magari in favore di un possibile futuro turnover con nuove risorse maggiormente inclini a forze politiche spurie come quelle del governo attuale.

2.  Riorganizzazione dell’Agenzia nazionale beni confiscati Riorganizzazione dell’Agenzia che si occupa della gestione dei beni confiscati dalla mafia e privatizzazioni: ampliamento della platea dei possibili acquirenti, ora circoscritti a determinati enti pubblici, associazioni di categoria e fondazioni bancarie. Salvo alcuni limiti, viene invece prevista la possibilità

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di vendita tramite aggiudicazione a tutti i privati utilizzando come criterio la migliore offerta in termini di offerta economicamente più vantaggiosa. •• Ricomincia in tal senso, anche in questo comparto, il circolo vizioso degli appalti agli enti privati che ha portato a Mafia Capitale e alle distorsioni del sistema di accoglienza.

3.  Assunzioni di personale di polizia municipale Assunzione a tempo indeterminato di personale di polizia municipale da parte dei Comuni. •• Il fine è precisamente ed esplicitamente quello di «rafforzare le attività connesse al controllo del territorio e di potenziare gli interventi in materia di sicurezza urbana». Inoltre, come dicevamo prima, ciò è funzionale al rafforzamento anche dal punto di vista numerico del ruolo della polizia municipale.

4.  Videosorveglianza Con l’obiettivo di «potenziare gli interventi in materia di sicurezza urbana» e di «prevenire e contrastare i fenomeni di criminalità diffusa e predatoria (...) nelle zone maggiormente interessate da fenomeni di degrado» (ultima cit. presa dal decreto Minniti, alle cui finalità il decreto Salvini esplicitamente rimanda), si autorizza un incremento di spesa da parte dei comuni per l’acquisto e l’installazione di impianti di videosorveglianza. •• Ancora una volta, torna il concetto di «degrado» urbano in opposizione al «decoro», quale obiettivo principale da salvaguardare nelle città, sempre a scapito dei soggetti sociali più deboli o comunque, a prescindere, senza nessuna intenzione di tutela delle loro condizioni materiali e di vita. In questo caso, incrementando la spesa per la videosorveglianza, si evidenzia di nuovo la continuità con il decreto Minniti, che aveva introdotto la «videosorveglianza urbana integrata» con cui i comuni possono richiedere finanziamenti al Ministero presentando i propri progetti. Infatti, tale incremento di spesa si effettua proprio aggiungendo risorse ai fondi già stanziati da Minniti un anno e mezzo fa. La questione che più preoccupa è che ciò comporta parallelamente una riduzione della spesa per lo sviluppo infrastrutturale nei settori relativi a trasporti, sicurezza stradale e 39


riqualificazioni delle stazioni ferroviarie (dopo il crollo del ponte Morandi di Genova ci vuole un bel coraggio) e dell’edilizia pubblica e scolastica (con buona pace della vastità degli interventi necessari soprattutto nell’edilizia residenziale pubblica e nelle scuole di questo paese).

5.  Modifica articolo 50 Testo unico sull’ordinamento degli enti locali Le ordinanze non contingibili e urgenti del sindaco della durata di massimo 30 giorni potranno essere disposte anche, e più in generale, «in altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione notturna», oltre che in casi specifici di svolgimento di eventi. Il contenuto delle ordinanze riguarderà non solo limitazioni sugli orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche, ma anche «di esercizi del settore alimentare e misto, e delle attività artigianali di produzione e vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori automatici». Inoltre, in caso di contravvenzione, è prevista ex novo la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 5.000 euro. Se la violazione si ripete per due volte, si sospende l’attività per massimo 15 giorni. •• Si estende il potere dei sindaci di emanare le ormai ben note ordinanze di limitazione di esercizi commerciali in determinate zone della città, per esempio in quartieri strategici. Anche se può sembrare una modifica di poco conto, è rilevante non solo dal punto di vista degli esercizi commerciali, ma anche perché si aumenta il portato repressivo di tale strumento prevedendo una sanzione in caso di violazione dell’ordinanza e addirittura integrando in questo senso una specifica norma del decreto Minniti. Si riesce ancora una volta a evidenziare la perfetta continuità con la linea di Minniti sul controllo della città e sul concetto di «decoro urbano».

6.  Altre misure •• Aumento dei compensi per gli appartenenti alle Forze di Polizia e incremento della spesa per la retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. 40


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