Stargazing - Un viaggio alla ricerca delle stelle

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Cecilia Papa Stefano Sales

Stargazing Un viaggio alla ricerca delle stelle



“E quindi uscimmo a riveder le stelle” Dante Alighieri Inferno XXXIV, 139


STARGAZING

UN VIAGGIO ALLA RICERCA DELLE STELLE PROGETTO E REDAZIONE GRAFICA CECILIA PAPA / STEFANO SALES ISTITUTO EUROPEO DI DESIGN, MILANO ARTI VISIVE / GRAPHIC DESIGN A.A. 2019/2020

PROGETTO DI TESI RELATORE MAURO PANZERI CORRELATORE MARCO MORO ASSISTENTE DAVIDE SOTTILE

SI RINGRAZIA PER LA COLLABORAZIONE: MARCO MORO MAURO PANZERI ELENA REDAELLI

E GRAZIE A: CRISTINA CARNELLI GIOVANNI CARNELLI VINCENZO PAPA NICOLA BOLOGNA ELIENE DANTAS LILIANA TRAMONTANA FONT IN USO MONUMENT EXTENDED SOURCE CODE VARIABLE SOURCE SERIF VARIABLE SPORTING GROTESQUE SUPPLY CARTA/E UTILIZZATE FEDRIGONI, CONSTELLATION SNOW, 250GR. CLAIREFONTAINE, CARTA PATINATA, 120GR. STAMPATO IN DIGITALE DA SEF DI MAINARDI MASSIMILIANO VIA GIUSEPPE CANDIANI 124, 20158 (MI) NEL MESE DI LUGLIO 2020 Testi e immagini utilizzati per questo progetto sono stati tratti e elaborati da fonti diverse, a esclusivo uso didattico. I rispettivi autori sono indicati nelle referenze bibliografiche e sitografiche e in didascalia.


Cecilia Papa Stefano Sales

Stargazing Un viaggio alla ricerca delle stelle



Un cielo opaco, senza stelle

Vi è mai capitato di percorrere di notte le strade intorno a casa vostra, persi nei vostri pensieri, e di sollevare la testa cercando le stelle senza però riuscire a vederle? Oggi, per noi cittadini urbani, se è ovvio non sapere più distinguere chiaramente costellazioni, pianeti, galassie, il vero problema è che nemmeno riusciamo a vederle; rimaniamo infatti stupiti quando, nelle serate limpide in montagna o in qualche posto molto isolato e buio, riusciamo a vedere bene il cielo e tutti i suoi astri e addirittura a orientarci grazie alla luce della Luna. Perché nelle nostre città non è più possibile rimanere incantati sotto a un cielo stellato? Se associamo una grande quantità di luci, tra lampioni, case, segnali stradali e insegne luminose, alle zone più densamente popolate, che hanno alta produttività e crescita demografica, sono questi i fattori che portano a un incremento dell’inquinamento e di conseguenza a un cielo opaco, senza stelle. Con questo libro illustrato, risultato del nostro progetto grafico e delle nostre ricerche, accompagniamo il lettore in un percorso:

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dalla celebre Black Marble, foto scattata dallo spazio nel 2012, al tema dell’inquinamento luminoso, a cui oggi il nostro pianeta è particolarmente soggetto, dal turismo del buio ai viaggi spaziali, fino ad arrivare a ciò che ci ha ispirato: le stelle e come possiamo tornare a vederle. Come introduzione a ogni capitolo, abbiamo scelto di rappresentare sette costellazioni, ognuna delle quali è associata a un racconto della mitologia greca che in qualche modo si collega al contenuto del capitolo; e per quanto riguarda le immagini documentarie, abbiamo voluto dedicare loro un grande spazio, proprio per immergere il lettore in un piccolo universo. Vincent van Gogh ha scritto: “Per quanto mi riguarda, non so nulla con certezza, ma la visione delle stelle mi fa sognare”. Con l’augurio che questo libro e tutte le sue stelle possano far sognare ed emozionare chi lo sfoglia, buona lettura. Cecilia Papa e Stefano Sales

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Vincent van Gogh, La notte stellata (particolare), 1883


INDICE

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INTRODUZIONE

UN CIELO OPACO, SENZA STELLE → PAG.

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01

CAPITOLO BLACK MARBLE LʼATLANTE NOTTURNO DELLA NASA → PAG.

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CAPITOLO INQUINAMENTO LUMINOSO PERCHÉ NON VEDIAMO PIÙ LE STELLE?

03

CAPITOLO FONTI LUMINOSE UNA PERENNE NEBBIA LUMINOSA CI IMPEDISCE DI VEDERE IL CIELO → PAG.

34

CITTÀ ILLUMINATA DALLE LAMPADE A GAS A OGGI: LA LUCE CI DÀ DAVVERO SICUREZZA? → PAG.

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ESSERI VIVENTI LA NOTTE È SEMPRE PIÙ LUMINOSA, MA CHI NE STA PAGANDO DAVVERO IL PREZZO? → PAG.

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→ PAG.

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04

CAPITOLO DARK SKY IL PROGRAMMA INTERNAZIONALE DARK SKY PLACES → PAG.

62

ISOLA DI NIUE LA BIODIVERSITÀ VANTAGGIOSA DI NIUE, LA PRIMA DARK SKY NATION AL MONDO → PAG.

72

05

CAPITOLO OVERVIEW EFFECT QUANDO LE DIVERSITÀ E I CONFINI SMETTONO DI ESISTERE → PAG.

82

ASTRONAUTI URBANI RASA: ROTTERDAMSE ACADEMIE VOOR STADSASTRONAUTEN → PAG.

94

INTERVISTA A ELENA REDAELLI, RADIOASTRONOMA → PAG.

100

06

CAPITOLO THE SKY IS THE LIMIT DALLA PRIMA FOTO DELLA TERRA ALLA PRIMA “CASA” SULLA LUNA → PAG.

104

07

CAPITOLO STARGAZING LA LUCE DELLE STELLE NEL BUIO → PAG.

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FONTI

SITOGRAFIA E CREDITI FOTOGRAFICI → PAG.

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Stargazing


Illustrazione della costellazione ispirata alle miniature in stile Mughal di T. Noad (2017)


Dragone Come Ercole sconfigge il Dragone durante la sua dodicesima fatica, anche noi riusciremo a vedere le stelle diminuendo l’inquinamento luminoso.

01 NELLA MITOLOGIA Il Dragone rappresenta Ladone, il guardiano dei pomi delle Esperidi. Questi pomi d’oro erano stati dati come dono di nozze alla dea Era, che li aveva fatti piantare nel suo giardino. Sconfitto da Ercole durante la sua dodicesima fatica, l’immagine di Ladone venne posta in cielo da Era a premio della sua fedeltà.

lat. Draco +86° N; +48° S


Black Marble


CAPITOLO 1

Black Marble: lʼatlante notturno della NASA

Testi tratti da: NASA 1 Wikipedia 2 Giuseppe Porrovecchio 3 Elisabetta Scuri 4 Fabio Falchi 5

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 18 Giugno 2020

Di notte il mondo è un tessuto trapunto di luci, come solo dallo spazio è possibile ammirare, che decorano “l’abito da sera” del nostro pianeta. Le strade sono filamenti dorati che uniscono fitti diademi di brillante compattezza: cittadine, città, metropoli e megalopoli. L’atlante notturno della NASA, realizzato con le immagini scattate dal satellite Suomi NPP, restituisce, attraverso una fotografia, un’affascinante vista sulla Terra quando il Sole scende dietro l’orizzonte: è il “Black Marble”. MATTEO MARINI, giornalista - "Ricami di luci e inquinamento luminoso, il nuovo atlante Nasa della Terra di notte" - La Repubblica 2017

001 ↘ BLACK MARBLE FOTO DI NASA, 2016 Le Americhe in versione notturna

STARGAZING | BLACK MARBLE

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CAPITOLO 1

Il 28 ottobre 2011, viene lanciato in orbita il satellite Suomi NPP (National Polar-orbiting Partnership) sviluppato dalla NASA per l’osservazione terrestre. Il gruppo di ricerca Goddard Space Flight Center della NASA, guidato dallo scienziato Miguel Román, ha analizzato migliaia di dati sulla luce notturna sviluppando un software e un algoritmo capaci di realizzare immagini chiare e accurate del mondo di notte. Il frutto del loro lavoro viene pubblicato per la prima volta nel 2012 col nome di Black Marble, in omaggio all’iconica foto Blue Marble (del 1972), scattata dagli astronauti dell’Apollo 17 mentre facevano rotta verso la Luna. Per la realizzazione del più recente Black Marble (2016), ci sono voluti ben 196 giorni, 5247 orbite e 42 terabyte di dati, per ottenere un atlante terrestre notturno libero dalle nuvole; successivamente questi dati sono stati mappati sulle già esistenti immagini del Blue Marble per avere una visione notturna più realistica del nostro pianeta. Già dagli anni ‘80 però, la NASA era interessata a osservare dallo spazio come utilizziamo la luce: è grazie alle misurazioni dei satelliti DMSP infatti, che all’epoca si era già cercato di ricreare un primissimo atlante notturno. 002 ↘ SUOMI NPP FOTO DI NASA, 2012 Satellite Suomi NPP (National Polar-orbiting Partnership)

CHE COS’ È LA LUCE? La luce, per l’uomo, è l’insieme delle radiazioni elettromagnetiche in grado di produrre uno stimolo sulla retina dell’occhio umano. Queste radiazioni sono quelle che costituiscono lo spettro visibile, le cui lunghezze d’onda vanno da 380 a 780 nm. Lo spettro visibile è solo una piccola porzione dello spettro elettromagnetico, che è infatti composto anche dalle onde radio, dalle microonde, dagli infrarossi, dall’ultravioletto e dai raggi X e gamma; i LED (o lampade a incandescenza) hanno il proprio posto all’interno dello spettro visibile.

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↙ 003 BLUE MARBLE FOTO DI NASA, 1972 Foto scattata dall’equipaggio dell’Apollo 17

↙ 004 BLACK MARBLE FOTO DI NASA, 2016 Africa e Europa


005 ↘ GOLFO DEL MESSICO FOTO DELLA NASA, 2015 Foto realizzata da un satellite, cattura il Golfo del Messico negli Stati Uniti di notte

DALLAS 32°46′45″N 96°48′32″W

HOUSTON 29°45′46″N 95°22′59″W

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NEW ORLEANS 29°57′00″N 90°04′00″W

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↙ 006 IN EUROPA FOTO DI FABIO FALCHI, 2016 Studio scientifico sul reale impatto dell’inquinamento luminoso

↙ 007 BLACK MARBLE FOTO DI NASA, 2016 Ingrandimento sulla parte Europea del Black Marble

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STARGAZING | BLACK MARBLE


DIETRO AL BLACK MARBLE Nel 2016 il fisico Fabio Falchi e l’astronomo Pierantonio Cinzano dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso, insieme a un team internazionale di scienziati, hanno condotto uno studio per aggiornare l’atlante mondiale con gli attuali livelli di inquinamento luminoso utilizzando i dati provenienti dal satellite Suomi NPP, ma anche delle calibrazioni a terra, per la maggior parte fornite da appassionati che, grazie all’app Lost in Night, contribuiscono alla ricerca scientifica. Il quadro emerso è un’altra immagine, questa volta meno bella di Black Marble, che mostra i luoghi in cui è più difficile osservare la Via Lattea proprio a causa delle fonti di luce artificiale ovvero: le aree intorno alla metropoli del Cairo nella regione egiziana del Delta del Nilo, il Belgio e anche la Pianura Padana. L’area italiana, insieme ad alcune regioni della Corea del Sud, risulta una delle più inquinate tra tutte quelle dei Paesi membri del G20. La presenza di luci artificiali è così massiccia da intaccare addirittura siti altrimenti incontaminati quali aree protette e parchi nazionali, poiché di notte è facilmente osservabile a centinaia di chilometri dalla fonte. C’è ancora un ulteriore ingrandimento, che testimonia il futuro passaggio alla tecnologia LED da parte delle grandi città: si tratta di un grosso cambiamento, visibile anche dallo spazio. Ciò che spaventa di più gli esperti è l’adozione dei LED con una temperatura colore elevatissima, che si posiziona nella parte blu dello spettro visibile, dato che la maggior parte dei satelliti che osservano la Terra non è abbastanza sensibile per riuscire a vedere i LED di colore bianco-blu (i più economici e di conseguenza i più utilizzati). Per questo motivo il passaggio a LED potrebbe sembrare meno impattante basandosi sulle immagini, ma in realtà è solo perchè non si hanno ancora gli strumenti necessari al fine di misurarne gli effetti. Nel capitolo 3 (a pagina 34), dedicato alla città illuminata e agli effetti della luce artificiale sugli esseri viventi, approfondiremo questa tematica.

↙ 008 PASSAGGIO A LED, MILANO FOTO DI NASA, 2012 (SOPRA) FOTO DI NASA, 2015 (SOTTO) Passaggio alla tecnologia LED: i LED di colore bianco-blu non vengono percepiti dai satelliti

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Rappresentazione vettoriale stilizzata delle due costellazioni


Cane Maggiore e Cane M i nore Come queste due costellazioni preannunciano l’arrivo del periodo più caldo, così l’inquinamento luminoso contribuisce al riscaldamento globale.

02 NELLA MITOLOGIA Erano i cani che accompagnavano Orione. Dal nome di queste costellazioni deriva il termine canicola con il quale si indica il periodo più caldo dell’anno. Questo perchè nell’antichità, presso gli egizi, la stella Sirio del Cane Maggiore indicava con il suo sorgere, al solstizio d’estate, il periodo più caldo dell’anno.

lat. Canis Major et Canis Minor -11° N; -33° S +13° N; ±00° S


Inquinamento Luminoso


CAPITOLO 2

Perché non vediamo più le stelle?

Testi tratti da: Goef Manuugh e Nicola Twilley 1 Marina Koren 2

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 29 Maggio 2020

Ci stiamo lentamente abituando all’idea di non poter vedere le stelle, non sappiamo neanche cosa voglia dire perdersi nel buio della notte. Abbiamo lentamente modificato il mondo, inquinando e alterando diversi aspetti naturali; l’inquinamento luminoso è forse uno tra quelli più visibili, ma non ce ne rendiamo nemmeno conto.

009 ↘ CHONBURI, THAILANDIA FOTO DI ANEK SUWANNAPHOOM, 2017 Vista dall’alto di una raffineria di petrolio al tramonto

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CAPITOLO 2

010 ↘ GALILEO GALILEI RITRATTO DI JUSTUS SUSTERMANS, 1635 Presso National Maritime Museum di Greenwich, Regno Unito

“Let There Be Night: Testimony on Behalf of the Dark” PAUL BOGARD, 2008 Edizione inglese fornita da University of Nevada Press

La scala di Bortle è stata originariamente pubblicata sulla rivista Sky & Telescope nel 2001. Classifica l’oscurità dei cieli dal punto di vista di un astronomo, con una sequenza che va da 1, un Nirvana per l’osservatore, a 9, in cui gli unici oggetti celesti che offrono davvero piacevoli viste telescopiche sono la Luna, i pianeti e alcuni dei più brillanti ammassi stellari. Le persone pensano di conoscere l’oscurità e di sperimentarla ogni giorno, ma in realtà non è così. Questo è ciò che ha voluto dimostrare l’astronomo americano John Bortle, quando ha creato uno strumento per misurare l’oscurità dei cieli: pensiamo che la notte sia buia ma, sulla scala di Bortle, il cielo sopra alle città corrisponde a un livello 9 (il peggiore per quanto riguarda l’inquinamento luminoso) e la maggior parte delle persone trascorre le notti in quello che viene identificato al massimo con un livello 5, o più probabilmente un 6 o 7; difficilmente oggi si riesce ad arrivare al di sotto di questi livelli senza spostarsi in luoghi specifici. Ci siamo ritrovati in una condizione tale per cui, al fine di contemplare l’universo, siamo costretti a macinare chilometri su chilometri. Prima dell’arrivo della luce elettrica, secondo Bortle, si riusciva facilmente a raggiungere il livello 2 della scala. Paul Bogard, professore e scrittore, in particolare conosciuto per il libro Let There Be Night, sostiene che per vedere la Via Lattea a occhio nudo si debba arrivare almeno al livello 3 o 4 della scala di Bortle. Ci sono pochi posti nel mondo in cui il cielo è classificato al livello di inquinamento minimo: un cielo di livello 1 è così buio che non c’è nessun segno di luce artificiale, la Via Lattea è addirittura in grado di proiettare le ombre, ma la cosa notevole è che più il cielo è buio, più la notte diventa luminosa. È un’esperienza che non abbiamo mai provato perchè siamo abituati a vivere con la luce artificiale, tant’è che non abbiamo mai visto la luce naturale di un cielo notturno. Questo è un paradosso che Bogard spiega così: “Mentre stavo scrivendo il libro, sono andato a Firenze, sulle tracce di Galileo, e ho trovato due dei suoi quattro telescopi. Lì un astronomo mi disse una frase meravigliosa, ovvero che 400 anni fa, a Firenze, tutti potevano vedere le stelle, ma solo Galileo aveva un telescopio. Ora, tutti hanno un telescopio, ma nessuno può vedere le stelle.”

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Ciò che vediamo nel mezzo della notte se ci affacciamo dal balcone di casa, è un’esplosione di luci che provengono dalla strada e dagli edifici: macchine che passano in vie illuminate, luci di case e uffici, insegne di ristoranti e negozi. Ormai il bagliore di una città è visibile da chilometri di distanza da essa e arriva anche a disturbare il nostro sonno. Ciò che conosciamo come notte, non è più così associato alla parola buio; oggi dovremmo intendere la notte, almeno quando parliamo di città, in modo diverso. L’inquinamento luminoso ci porta a chiudere le tapparelle per dormire meglio e causa un grosso impatto ambientale sugli animali, che tuttora usano le stelle per orientarsi.

↙ 011 DEATH VALLEY, CALIFORNIA FOTO DI BABAK TAFRESHI, 2019 Il Death Valley National Park è riconosciuto dal 2013 come un Dark Park dall’International Dark Sky Association. Come si può vedere in lontananza, neanche questo luogo incantato riesce a sfuggire dalle luci di Las Vegas e altre città limitrofe

Negli ‘50 e ‘60, per la prima volta, viene lanciata in orbita la prima generazione di satelliti, che noi ancora oggi utilizziamo per orientarci e per sapere l’ora; gli stargazers (ovvero coloro che osservano il cielo e le stelle) potevano osservare questi enormi oggetti passare sopra alle loro teste durante il crepuscolo. Da quando l’umanità è diventata una specie spaziale, migliaia di satelliti sono stati lanciati in orbita;

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012 ↘ SCALA DI BORTLE

cielo urbano

confine cielo suburbano / urbano

cielo suburbano luminoso

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cielo sopra alle città

FOTO DI JAN MAGUIRE, 2020 Ricostruzione realizzata per mostrare l’impatto dell’inquinamento luminoso, dalla città ai dark sky


cielo suburbano

confine cielo rurale / suburbano

cielo rurale

cielo con buio tipico

cielo con buio eccellente

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013 ↘ SATELLITI STARLINK FOTO DELL’INTERNATIONAL ASTRONOMICAL UNION, 2020 Osservazioni con DECam sul telescopio Blanco da 4 m presso l’Osservatorio interamericano di Cerro Tololo (CTIO), che mostrano almeno 19 satelliti Starlink


la maggior parte di essi fornisce lo stesso insieme di funzioni ovvero comunicazione, navigazione e spionaggio. Recentemente, c’è stato però un incremento per quanto riguarda alcuni usi non proprio convenzionali dei satelliti: l’anno scorso, Rocket Lab ha lanciato un satellite sferico di nome Humanity Star che non aveva alcuna funzione se non quella, come ha affermato il CEO della società, di unire le persone “indipendentemente da dove ti trovi nel mondo, ricco o in povertà, in conflitto o in pace”. A dicembre, un museo del Nevada ha pagato SpaceX per lanciare in orbita un oggetto d’argento, opera di un artista che voleva ricreare nelle persone la sensazione di guardare il cielo di notte con senso di meraviglia. Altri esempi sono quelli di una società giapponese che sta testando satelliti che possono far cadere piccoli oggetti dallo spazio nell’atmosfera, simulando una pioggia di meteoriti, o di un’organizzazione cinese che vuole lanciare satelliti ricoperti di specchi per irradiare luce verso la città di Chengdu, con lo scopo di, forse un giorno, sostituire i lampioni. Tutti questi progetti provocano dei forti dubbi agli astronomi, che sostengono che oggetti luminosi e lucenti, anche se di breve durata, possono essere tremendamente distruttivi per i telescopi terrestri che cercano di scrutare lo spazio. Si arriverebbe al punto, se i satelliti fossero progettati non solo per riflettere la luce solare, ma anche per irradiare luce artificiale propria per ore e se si aggiungessero a essi alcuni sistemi di propulsione, di avere delle vere e proprie costellazioni artificiali con una storia mitologica preprogrammata da terra. Uno sforzo del genere sarebbe costoso e tecnicamente difficile ma, a differenza delle agenzie spaziali nazionali come la NASA, imprenditori spaziali come Elon Musk e Jeff Bezos non hanno nessun obbligo nei confronti dei loro contribuenti. “Man mano che altre compagnie private vengono coinvolte nel volo spaziale, le regole e il controllo di esso cambiano" afferma Lisa Ruth Rand, una storica che studia detriti orbitali. “Negli anni ‘60 non avremmo lanciato nello spazio una Tesla color rosso ciliegia.”

↙ 014 THE HUMANITY STAR FOTO DI ROCKET LAB, 2018 Foto di The Humanity Star prima del lancio

↙ 015 ORBITAL REFLECTOR FOTO DI NAVADA MUSEUM OF ART, 2018 Concept dell’Orbital Reflector realizzato dall’artista Trevor Paglen, con l’appoggio di SpaceX e del Navada Museum of Art

Nel prossimo capitolo parleremo di come è nato l’inquinamento luminoso, dai primissimi esperimenti per illuminare le città in Texas, fino ai giorni nostri con il passaggio alla tecnologia LED, che nasconde sotto di sé molti aspetti controversi, non solo economici ma anche ambientali.

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S. Volskiy 2020, Rappresentazione fotografica a lunga esposizione di Orione


Orione Come Orione è sempre accanto ai suoi cani, il Cane Maggiore e il Cane Minore, anche l’inquinamento luminoso porta sempre con sè delle conseguenze.

03 NELLA MITOLOGIA I greci vedevano in questa costellazione il cacciatore omonimo che la dea Era volle punire per la sua vanità facendolo pungere e uccidere da uno Scorpione. Sempre fedelmente accompagnato dai suoi due Cani, è rappresentato accanto a loro anche nella volta celeste.

lat. Orion +23° N; -11° S


Fonti luminose


CAPITOLO 3

Una perenne nebbia luminosa ci impedisce di vedere il cielo

Testi tratti da: Nadia Drake 1

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 15 Maggio 2020

L’International Dark-Sky Association definisce l’inquinamento luminoso come “l’uso inappropriato o eccessivo della luce artificiale”. Ciò può assumere molte forme, tra cui il bagliore o la luminosità eccessiva, la nebbia luminosa che nasconde il cielo notturno sopra alle aree urbane, l’inquinamento luminoso (o luce diffusa) che si propaga dove non ce n’è necessità e il disordine ovvero una serie di gruppi confusi di fonti di luce intensa.

016 ↘ TAK BAI, THAILANDIA FOTO DI JEFF DAI, 2019 Le stelle sono visibili solo al di fuori della città

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CAPITOLO 3

Anche se potrebbe non essere immediatamente tossico come una fuoriuscita chimica, l’inquinamento luminoso è ora tra le perturbazioni ambientali più persistenti sulla Terra. Nel 2016, gli scienziati hanno stimato che il 99% degli Stati Uniti continentali e dell’Europa, subiscono una certa quantità di inquinamento luminoso. Sulla base delle osservazioni del satellite Suomi NPP, un terzo del genere umano non può vedere la Via Lattea, incluso circa l’80% dei nordamericani. Un altro studio del 2017 suggerisce che in tutto il mondo l’inquinamento luminoso è aumentato di circa il 2% all’anno, tra il 2012 e il 2016, il che potrebbe non sembrare molto, ma le percentuali si sommano tra loro. “Si potrebbe pensare che le organizzazioni ambientaliste combattano principalmente l’inquinamento luminoso, perché è uno spreco totale”

017 ↘ LAMPADINA A INCANDESCENZA XILOGRAFIA, “LA NUEVA LÁMPARA DE EDISON” AUTORE SCONOSCIUTO, 1880 Lampadina incandescente di Thomas Edison con bambù carbonizzato utilizzato per il filamento

afferma Christopher Kyba, scienziato e ricercatore del centro di ricerca tedesco per le bioscienze “È un settore in cui è possibile ridurre il consumo energetico praticamente senza perdite per nessuno”. Per le luci per interni, il passaggio a nuovi tipi di lampadine ha spesso riguardato il risparmio energetico, poiché i proprietari delle case sono passati dalle lampadine a incandescenza convenzionali ad alternative più economiche e luminose come fluorescenti compatte. I LED: LA TECNOLOGIA DEL FUTURO Ora, diodi emettitori di luce o LED, stanno alimentando una rivoluzione dell’illuminazione interna ed esterna che potrebbe far calare drasticamente il consumo di energia sia per i singoli consumatori che per intere città. Quando Los Angeles ha recentemente sostituito più di 150.000 lampioni con i LED, la città ha risparmiato circa $8 milioni di dollari all’anno, più del 60% sui costi energetici. Ma mentre i LED sono più economici delle alternative precedenti, hanno costi nascosti. Le persone tendono a usarle eccessivamente illuminando in modo smisurato le aree; inoltre, senza un’adeguata schermatura, queste ↙ 018 LAS VEGAS, STATI UNITI FOTO DI BABAK TAFRESHI, 2019 Vista dalla Stratosphere Tower a Las Vegas, Nevada, Stati Uniti

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lampadine molto più luminose proiettano grandi quantità di luce in eccesso in tutte le direzioni. Per di più i LED bianchi, che sono i meno costosi e che spesso si trovano nei lampioni, emettono lunghezze d’onda di luce blu che rimbalzano nell’atmosfera, aumentando potenzialmente il bagliore del cielo. È noto che queste frequenze colpiscono gli animali, compresi gli umani, in modo più drammatico delle luci che emettono onde in altre parti dello spettro. 019 LED

WIKEPEDIA, 2007 Nel 1962 nasce il primo LED in uno stabilimento della General Eletric, da una intuizione di Nick Holonyak Jr

Sfortunatamente, misurare l’impatto effettivo dei LED dall’orbita è stato complicato, perché la maggior parte dei satelliti che osservano la Terra non sono sensibili a quelle lunghezze d’onda della luce. Nello studio del 2017 dello scienziato Christopher Kyba, che si basava sui satelliti orbitanti, l’inquinamento luminoso negli Stati Uniti sembrava rimanere più o meno piatto. Kyba sospetta che i nostri cieli stiano effettivamente diventando più luminosi e attribuisce l’apparente planarità ai satelliti che non riescono a vedere i LED bianco-blu. Lui e altri dicono che i LED più scuri, più caldi e schermati potrebbero essere estremamente utili sia per i cieli scuri (dark-skies) che per i budget energetici. “Utilizzati bene, i LED potrebbero salvare il pianeta, nel senso di reprimere l’inquinamento luminoso”, afferma l’astronomo John Barentine, membro della International Dark-Sky Association. “Utilizzati con noncuranza, potrebbero essere devastanti.” ↙ 020 INFOGRAFICA Il passaggio alla tecnologia LED permette un risparmio economico ed energetico

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LAMPADA A INCANDESCENZA

SALVA-ENERGIA A INCANDESCENZA

LAMPADA FLUORESCENTE COMPATTA

LED

$3.50

$1.20

$1.00

3,000 h

15,000 h

25,000 h

COSTO ANNUALE* In dollari

$4.80 DURATA LAMPADINA Per ora

1,000 h TEMPERATURA COLORE Per gradi Kelvin LED bianco caldo Lampada a incadescenza

Fluorescente azzurro-bianco

LED azzurro - bianco

2,700 K

4,500 K

7,500 K

Luce di una candela

Luce diretta

1,900 K

4,800 K

* Costo energetico basato su due ore di utilizzo giornaliero a 11 cent per Kilowattora


La cittĂ illuminata


CAPITOLO 3

Dalle lampade a gas a oggi: la luce ci dà davvero sicurezza?

Testi tratti da: Goef Manuugh e Nicola Twilley 2

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 29 Maggio 2020

L’illuminazione artificiale ha portato molti cambiamenti, probabilmente anche definibili positivi. Siamo in grado di prolungare il giorno nella notte, il che significa che possiamo continuare a lavorare, possiamo perseguire i nostri hobby, possiamo andare a cena fuori, possiamo divertirci - possiamo festeggiare tutta la notte! Siamo in grado di fare tutte queste cose che ci piace fare, ma ci sono altre cose che abbiamo perso a causa di questo processo di nocturnalization che avviene proprio quando cerchiamo di rendere la notte meno buia per poter continuare a vivere e socializzare.

021 ↘ PARIGI DI NOTTE CHARLES COURTNEY CURRAN, 1889, DETTAGLIO DI “PARIS AT NIGHT” La luce artificiale illumina le piovose strade parigine al chiaro di luna

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CAPITOLO 3

022 ↘ GUSTAV ADOLF HALLQVIST FOTO DI GUNNAR LANZ, 1953 Gustav Adolf Hallqvist che accese la sua ultima lanterna a Norrbro il 18 dicembre 1953

023 ↘ MOONTOWER AUSTIN FOTO DI WIKIPEDIA, 2009 Una delle moontower di Austin, costruita alla fine del XIX secolo. Questa in particolare è situata tra 8th Street e Rio Grande Street

I punti di riferimento nella nostra breve storia dell’illuminazione stradale artificiale includono le lampade a gas, che comparvero per la prima volta a New York City nel 1827 e dovevano essere accese a mano singolarmente, e le moontower, che possiamo definire come un modo diverso di intendere l’illuminazione che prende ispirazione dalla natura, in particolare dalla luna. Nel tardo 1800, per un breve e letteralmente splendente momento, il futuro dell’illuminazione municipale americana era a sfere incandescenti sospese in alto sopra le città: torri, simili a torri di petrolio, ricoperte da 4 a 6 lampade ad arco con una potenza da 2.000 a 6.000 candele ciascuna. Di questa piccola parte di storia dell’illuminazione urbana, rimangono 17 moontower ad Austin, in Texas. Le persone presumono che l’oscurità sia intrinsecamente pericolosa: storicamente questa connessione è davvero interessante. I vari stati hanno sempre incoraggiato la diffusione della luce, perché i funzionari sentivano di poter controllare meglio una città ben illuminata. L’illuminazione si è spesso confusa in passato con un’affermazione di potere da parte dello stato; Luigi XIV, il Re Sole, decretò che le candele dovevano essere appese per le strade al fine di dimostrare la sua potenza bandendo il buio. Negli anni precedenti alla Rivoluzione francese, per molti parigini, l’illuminazione pubblica rappresentava la tirannia e la distruzione fisica e simbolica della lampada a olio era una pratica molto diffusa. Ironicamente, quello che è successo ora, è che abbiamo così tanta luce che non possiamo più vedere. Siamo accecati, a volte letteralmente, dalla luminosità della nostra illuminazione di sicurezza, ma a volte anche metaforicamente; vale a dire che quando accendiamo tutte le luci, tutte le città, non c’è davvero motivo di guardare al di là, notare qualcosa e dire “Wow, che cosa strana avere tutta questa luce quando in realtà dovrebbe essere buio”. Quando tutto è così illuminato, perché dovremmo guardare oltre? C’è luce, quindi è sicuro, quindi non ci poniamo quesiti, ma mentre nessuno sta guardando, in realtà abbiamo semplificato la vita ai cattivi. ↙ 024 MOONTOWER AUTORE SCONOSCIUTO, SAN JOSE, 1911 La moontower utilizzata per illuminare l’intera zona centrale di San Jose, California, Stati Uniti

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Alcuni studi dimostrano persino che i criminali preferiscano aree ben illuminate: diversi poliziotti e consulenti di sicurezza sostengono che i criminali abbiano paura del buio, proprio come noi. L’altro aspetto è che, fisicamente, così tanta luce rende difficile ai nostri occhi una visione definita. Non ci adattiamo rapidamente dal chiaro allo scuro, quindi se guardiamo verso la luce non possiamo vedere chiaramente nient’altro: la maggior parte dell’illuminazione stradale è incredibilmente mal progettata e riduce effettivamente il contrasto.

025 ↘ UN FARO NEL CIELO NOTTURNO J. M. W. TURNER, 1796, “FISHERMEN AT SEA” L’opera raffigura una barca che, illuminata dalla sola luce della luna e di una piccola lanterna, cerca di farsi strada tra le acque inquiete in balia di un vento tempestoso

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Alcune luci sono utili, in termini di sicurezza, ma non siamo sicuri o protetti semplicemente dalle luci; siamo al sicuro quando siamo consapevoli di ciò che ci circonda, la maggior parte delle nostre luci di sicurezza sono un enorme spreco di denaro ed energia. Questo è un argomento molto complicato: la maggior parte delle persone sostiene di avere bisogno dell’illuminazione per sentirsi più protetta e sicura. Altri, tra cui alcuni studiosi, pensano invece che non ci sia bisogno di tutta questa luce per la sicurezza, tante volte l’illuminazione è abusata più del necessario e non rende nessuno più sicuro. Statisticamente, il 40% degli americani vive in ambienti così luminosi che i loro occhi non passano mai alla visione notturna.


Risulta quasi automatico a questo punto porsi una domanda: A causa della saturazione della luce artificiale, finiremo forse per perdere uno dei nostri modi di vedere il mondo? Alan Lewis, ex capo della Illuminating Engineering Society of North America, sostiene che non ci sia alcuna prova che la nostra fisiologia stia cambiando in risposta alla scomparsa dell’oscurità, ma non è passato ancora abbastanza tempo per poter analizzare al meglio i dati a nostra disposizione. Un’ipotesi è che, se continuiamo a seguire il percorso di un’illuminazione sempre più artificiale, alla fine perderemo la visione scotopica ovvero la visione in condizioni di scarsa illuminazione, che si ha quando vengono utilizzate solo le cellule dell’asta dell’occhio.

↙ 026 LA LUNA PIENA DI PARIGI JOHN SINGER SARGENT, 1879, “IN THE LUXEMBOURG GARDENS” Una coppia elegante passeggia a braccetto nel parco al crepuscolo; sullo sfondo si scorge la luna piena che, insieme a una serie di lampade a olio, illumina i giardini

Una cosa davvero affascinante della luce è quanto sia simbolica. Il nostro uso della luce in questo momento è estremamente emblematico della nostra mancanza di consapevolezza del modo in cui usiamo le cose e del modo in cui abusiamo di tutto ciò di cui sentiamo di aver più bisogno. Se potessimo effettivamente controllare e limitare il nostro uso della luce e utilizzare l’illuminazione in modo più intelligente, allora potrebbe essere il primo passo per dimostrare finalmente di saperci gestire anche per quanto riguarda molti altri aspetti legati all’individuo, ma soprattutto legati alla preservazione del nostro pianeta. STARGAZING | CITTÀ ILLUMINATA

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Esseri viventi


CAPITOLO 3

La notte è sempre più luminosa, ma chi ne sta pagando davvero il prezzo?

Testi tratti da: Nadia Drake 3

Michael Marshall 4

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 12 Giugno 2020

Le luci elettriche hanno rivoluzionato le nostre vite, ma con l’aumento dell’illuminazione l’impatto sulla fauna selvatica e sulla salute umana sta diventando sempre più difficile da ignorare. Dal Canada alla Florida, dall’Australia a New York, tutti gli esseri viventi stanno subendo gli effetti di questa nuova realtà.

027 ↘ DLUGA STREET, DANZICA FOTO DI SERGEY SHCHERBAKOV, 2019 Questa fotografia, vincitrice dei National Awards of Russia, è stata creata attraverso la sovrapposizione di otto immagini scattate dallo stesso angolo ma con tempi di esposizione differenti

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CAPITOLO 3

028 ↘ OPERA HOUSE, SIDNEY FOTO DI BABAK TAFRESHI, 2019 Un’immagine a lunga esposizione della Sidney Opera House rivela le scie degli uccelli che volano sopra le enormi luci della struttura

GLI UCCELLI DI TORONTO Come in molte città, le luci notturne di Toronto sono spesso letali per gli uccelli. Accecati dal bagliore o attirati dalle luci artificiali, molti uccelli disorientati volano contro finestre o si scontrano con edifici, a volte cadendo per centinaia di metri. Michael Mesure, co-fondatore del Fatal Light Awareness Program (FLAP), stima che gli edifici di Toronto uccidono decine di migliaia di uccelli ogni anno. Passeri, uccelli selvatici, usignoli, fiorrancini e rampichini americani, sono solo alcune delle specie sulla lista delle vittime. Una buona parte di questi incidenti avviene durante il giorno, ma l’illuminazione artificiale rende mortale anche la notte e l’effetto può essere sorprendentemente difficile da vedere.

029 ↘ MICHAEL MESURE FOTO DI VINCE TALOTTA, 2012 Co-fondatore del Fatal Light Awareness Program (FLAP)

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I volontari del FLAP pattugliano infatti ogni giorno i sei blocchi che compongono il distretto finanziario di Toronto, raccogliendo dati riguardanti il numero di uccelli morti prima che i gabbiani o gli addetti alle pulizie delle strade possano rimuoverne i cadaveri dai marciapiedi. Hanno scoperto che la maggior parte delle morti avviene durante la primavera e l’autunno, quando le luci artificiali colpiscono drammaticamente gli uccelli migratori, in particolare quelli che viaggiano durante la notte e sono attirati in ambienti urbani dalle luci luminose della città. Moltiplicando le vittime


di Toronto per ogni città simile in Nord America, è evidente che la luce in eccesso uccide milioni di uccelli migratori ogni anno. Anche lontano dalla folla dei quartieri più chic e illuminati, la nostra sete di luce sta mietendo vittime. I ricercatori hanno già identificato impatti dannosi su una serie scioccante di specie non urbane, tra cui pipistrelli, insetti, piante, pesci, tartarughe, invertebrati marini (compresi i coralli), e anche primati. 030 ↘ COLEOTTERO RINOCERONTE FOTO DI SIMONA TEDESCO, 2016 Il coleottero rinoceronte è un insetto notturno che durante il giorno rimane al sicuro sotto alla corteccia degli alberi; con l’arrivo dell’estate diventa molto attivo, volando al tramonto per trovare un compagno

031 ↘ TARTARUGA MARINA FOTO DI EARTH.COM, 2019 Cucciolo di tartaruga marina appena nato, fotografato su una spiaggia all’alba mentre cerca di raggiungere il mare

LE TARTARUGHE MARINE DELLA FLORIDA Se la battaglia contro l’inquinamento luminoso avesse una mascotte, probabilmente sarebbe una piccola tartaruga marina. Gli effetti dannosi della luce nelle zone costiere su queste creature, sono forse i più comunemente conosciuti. In Florida, le persone che si battono ogni giorno al fine di salvare le tartarughe marine, stanno finalmente cambiando le sorti di questi animali. Tra i vari aiuti di cui hanno bisogno per nuotare e orientarsi, le tartarughe marine utilizzano la luce STARGAZING | ESSERI VIVENTI

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della luna che, riflettendo sulle creste delle onde, le guida verso mare. Negli ultimi anni però altipiani, resort, bar, centri commerciali, ristoranti e case, illuminano le coste della Florida, dove nidifica più del 90% delle tartarughe marine degli Stati Uniti. Queste luci luminose creano innumerevoli lune e orizzonti illusori, e le piccole tartarughe si disorientano, vagando in gran numero per le strade delle città. Per una schiusa, ogni minuto a terra significa schivare una serie di pericoli alati, automobili e pedoni. Quando sorge il sole, una tartaruga disorientata e bloccata sulla terraferma è quasi disidratata, surriscaldata e anche una facile preda; inoltre, anche tra i piccoli che arrivano all’oceano, solo uno su diecimila sopravvivrà fino all’età adulta. 032 ↘ TARTARUGA VERDE FOTO DI ANDREY NEKRASOV, 2012 La tartaruga verde è molto simile alla tartaruga marina comune, dalla quale si distingue solo per le importanti migrazioni anche di più di 2000 km

033 ↘ DAVID GODFREY FOTO DI GAINESVILLE, 2019 Direttore esecutivo della Sea Turtle Conservancy a Gainesville

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David Godfrey, direttore esecutivo della Sea Turtle Conservancy a Gainesville, e alcuni suoi colleghi, stanno lentamente ri-illuminando le coste della Florida con luci adatte, che non disturbino in alcun modo le tartarughe; tutto questo è possibile grazie all’emanazione di ordinanze che preservano le tartarughe marine e grazie a quasi 10 milioni di dollari, che sono stati stanziati dalla National Fish and Wildlife Foundation al fine di recuperare le fuoriuscite di petrolio. Senza alcun costo per i proprietari di immobili, Godfrey e il suo team stanno iniziando a intervenire sui punti più caldi per quanto riguarda il disorientamento di questi animali e sulle proprietà che erano state costruite prima dell’emanazione di queste nuove norme. Sono passati quasi 10 anni da quando è iniziato il progetto e Godfrey dice che i proprietari di immobili e terreni sono così soddisfatti delle nuove luci, molto più efficienti dal punto di vista energetico, che una volta che qualche immobile adotta un’illuminazione a misura di tartaruga, le proprietà vicine spesso fanno lo stesso. Il nuovo design dell’illuminazione segue dei principi principali che possono proteggere non solo le tartarughe, ma anche gli esseri umani e altri animali selvatici. Alcuni di questi principi possono essere adottati dai singoli proprietari di immobili, mentre altri richiedono ai comuni di sostituire lampioni e altre installazioni pubbliche. Soprattutto per gli animali sensibili alla luce, gli apparecchi esterni dovrebbero utilizzare LED a lunghezza d’onda più lunga piuttosto che luci bianche: i piccoli delle tartarughe, ad esempio, non sono infastiditi dai bulbi che emanano un caldo bagliore ambrato. Sulla base di studi su come i nostri


corpi rispondono alla luce blu-bianca comune nelle nuove TV e nei nostri smartphone, questo tipo di luce ambrata è in realtà migliore anche per gli esseri umani. I WALLABY TAMMAR AUSTRALIANI In Australia, Kylie Robert (docente senior in ecologia, ambiente ed evoluzione) ha studiato il ciclo riproduttivo del wallaby tammar. Questo piccolo marsupiale sincronizza il suo periodo di fertilità con la diminuzione dei livelli di luce dopo il solstizio d’estate, che ha come risultato la nascita dei suoi cuccioli sei settimane dopo e le conseguenti richieste di cibo alle madri proprio nel periodo dell’anno in cui le risorse alimentari sono al loro apice. La Robert vide però qualcosa di diverso tra le due popolazioni di wallaby che studiò a Garden Island. Una popolazione viveva vicino a una base navale, illuminata con luci al sodio ad alta pressione, e l’altra viveva vicino ad alcuni grossi cespugli, dove la luna crescente e calante causava la massima fluttuazione della luce notturna. In cinque anni di studio, i wallaby che vivevano vicino al cespuglio hanno sempre prodotto prole al momento giusto, sei settimane dopo il solstizio, mentre gli esemplari che si trovavano nei pressi ↙ 034 WALLABY TAMMAR FOTO DI PETR BAUM, 2007 Un esemplare di wallaby tammar (Macropus eugenii) al Bimbimbie Zoo di Victoria, Australia

della base navale sono sempre stati in ritardo di quattro settimane; questo ha portato a un disallineamento tra le richieste e la disponibilità di cibo per i piccoli, che infatti spesso facevano spuntini nei prati irrigati delle case vicine. La Robert sospetta che le luci notturne sopprimano gli ormoni dei wallaby, che normalmente raggiungono il picco durante i periodi crescenti di oscurità. "Ci aspettiamo di vedere gli stessi effetti in altre specie di allevamento stagionale la cui attività riproduttiva è stimolata dal cambiamento dei livelli di luce" dice la Robert. STARGAZING | ESSERI VIVENTI

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LE LUCCIOLE DI NEW YORK Sara Lewis, professoressa di ecologia evolutiva e comportamentale alla Tufts University di Medford, Massachusetts e autrice di un libro sulle lucciole intitolato Silent Sparks: The Wondrous World of Fireflies, ha intervistato, insieme ad alcuni colleghi, 49 esperti di lucciole provenienti da tutto il mondo, chiedendo loro di indicare delle potenziali minacce per questi piccoli insetti. Secondo gli esperti, tra le più grandi minacce per le lucciole, ci sono la perdita di habitat, i pesticidi e soprattutto l’inquinamento luminoso. Questo prende molte forme, dai lampioni al diffuso skyglow che, come già specificato nei capitoli precedenti, è causa di un cielo mai veramente buio. “La maggior parte degli studi sulla biodiversità ha in gran parte trascurato l’inquinamento luminoso” dice la Lewis “Ma per le lucciole è uno dei principali problemi”. 035 ↘ LUCCIOLA NOTTURNA FOTO DI JAPAN TRAVEL, 2014 Una lucciola notturna illumina il buio della notte come un faro nell’oscurità

Nel 2018, Sara Lewis e Avalon Owens, del dipartimento di biologia della Tufts, hanno identificato cinque modi in cui l’inquinamento luminoso notturno potrebbe influenzare le lucciole, in uno studio pubblicato su Ecology and Evolution. La luce può far perdere loro la cognizione del tempo o della posizione, le lucciole possono fare fatica a riconoscere oggetti importanti, come le lumache, loro prede principali, nelle specie in cui un sesso è basato sull’attrazione verso il bagliore dell’altro, le luci artificiali possono interrompere l’accoppiamento e infine, le luci molto luminose possono abbagliare o persino accecare questi piccoli insetti. Alcune specie sono più vulnerabili di altre all’inquinamento luminoso: per esempio, negli Stati Uniti orientali, le lucciole orientali comuni (Photinus Pyralis) sono molto prospere non essendo legate

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a un habitat particolare e sono infatti facilmente visibili a New York. “Sono nei cortili delle case di Brooklyn” dice la Lewis “Gli esemplari adulti volano nei parcheggi. La loro attività di corteggiamento avviene al tramonto e non sembrano affatto disturbate dagli alti livelli di luce degli ambienti urbani.”

↙ 036 LUCCIOLA FEMMINA FOTO DI JASON STEEL, 2020 Esemplare femmina di lucciola usa il suo bagliore verde per attirare i compagni

Questo è però un fatto molto insolito: molte specie di lucciole si mostrano infatti solo a tarda notte, quando sarebbe naturalmente molto buio. Gli occhi delle lucciole sono particolarmente sensibili a certi tipi di luce artificiale, afferma Alan Stewart dell’Università del Sussex; il suo team ha studiato gli occhi delle lucciole comuni britanniche, specie in cui i maschi sono attratti dalle femmine più luminose. Gli occhi dei maschi erano sintonizzati sulla luce verde delle femmine, ma quando la luce blu si è diffusa, i maschi hanno cominciato ad avere problemi a individuare le femmine. Ciò significa che i nuovi lampioni a LED, che sono più duraturi e quindi benefici per l’ambiente, rischiano di disturbare le lucciole più dei vecchi lampioni al sodio, proprio a causa della loro luce blu. STARGAZING | ESSERI VIVENTI

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037 ↘ LUCCIOLE FOTO DI NORI YUASA, 2010 Lucciole in una foresta di cedri a Tamba, Hyogo Prefecture, Giappone



LE CONSEGUENZE PER GLI ESSERI UMANI Per millenni, lo spostamento ritmico tra il giorno e la notte ha governato anche la nostra fisiologia, innescando spunti biologici che ci aiutano a dormire la notte, a svegliarci la mattina e a rimanere in salute. “La fisiologia notturna dipende dal buio, non dipende dal sonno” dice Richard Stevens, epidemiologo presso l’Università del Connecticut che ha studiato i legami tra l’inquinamento luminoso e la salute umana per decenni. “Quello di cui abbiamo bisogno è un lungo periodo di notte fisiologica.” La connessione tra luce e biologia inizia con i fotoni che colpiscono la retina, innescando segnali che raggiungono un nodo di neuroni noto come nucleo soprachiasmatico; quel nodo è un regolatore cruciale della ghiandola pineale del cervello, che produce l’ormone melatonina. 038 ↘ NOTTI LUMINOSE FOTO DI SERGEY NIKOLAEV, 2019 Una luce proveniente da una finestra illumina l’intera facciata di un palazzo in Russia

Attraverso questo percorso, il livello di melatonina inizia normalmente a crescere al tramonto e raggiunge il suo picco intorno alla mezzanotte, scatenando una cascata di reazioni che regola i cicli sonno-veglia, abbassa la temperatura corporea, rallenta il metabolismo e aumenta la leptina, un ormone che regola l’appetito. ↙ 039 “HOOKED ON THEIR MOBILES” FOTO DI SERGI VILLANUEVA, 2015 Una serie di ritratti di persone di diverse età che giocano con i loro telefoni al buio e le loro reazioni a ciò che stanno vedendo

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“Era molto importante per gli esseri umani non avere fame nel cuore della notte, perché se fossero usciti per cercare cibo, sarebbero diventati cibo” dice Stevens. Che si tratti dello schermo di un computer, della lampadina troppo luminosa del bagno, o di intense luci stradali che brillano e si riflettono sui vetri delle finestre, le luci elettriche interne ed esterne interferiscono con i ritmi del nostro corpo, bloccando il normale flusso di melatonina. L’obesità è una conseguenza della luce che interferisce con la nostra fisiologia notturna, in quanto è probabilmente legata a livelli persistentemente bassi di leptina. Sulla base di un certo numero di studi, bassi livelli di melatonina e disturbi del ritmo circadiano, sono anche ritenuti avere un ruolo per quanto riguarda malattie cardiache, diabete, depressione e cancro, in particolare il cancro al seno. Le conseguenze sono particolarmente evidenti nei turnisti notturni, come i camionisti e gli assistenti di volo, che sono esempi lampanti di ritmo circadiano alterato. Nel 2007, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato il lavoro a turni un fattore di rischio per il cancro e nel 2012, l’American Medical Association ha avvertito che l’uso pervasivo di illuminazione notturna crea effetti potenzialmente dannosi per la salute e/o situazioni pericolose. Anche l’impatto psicologico della perdita del cielo notturno non va sottovalutato. Dacher Keltner, psicologo presso l’Università della California, Berkeley, dice che la tela spruzzata di stelle che ruota sopra di noi nelle notti limpide, suscita un senso di meraviglia e timore che può tradursi in comportamenti umani positivi. Negli studi in laboratorio, i partecipanti che avevano recentemente sperimentato quella sensazione di pace e inquietudine che si prova guardando un cielo pieno di astri, hanno ottenuto un punteggio più alto nella valutazione ed erano più gentili, più altruisti e meno materialisti rispetto a coloro che non avevano provato la stessa esperienza. “I filosofi hanno scritto di come un grande e bellissimo cielo ti faccia sentire parte di qualcosa di grande, come se fosse sacro, come se fosse intenzionale” dice. “Al contrario, un cielo fumoso che incombe su di voi, o un cielo notturno che è pieno di inquinamento, pesa pesantemente sulla vostra coscienza.”

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Illustrazione astratta delle costellazioni


Carena , Poppa e Vele Come Carena, Poppa e Vele sono esclusivamente visibili dall’Emisfero Australe, anche il Dark-Sky Tourism è diff uso solo nell’Emisfero Australe.

04 NELLA MITOLOGIA Inizialmente erano raffigurate tutte assieme nella costellazione della Nave Argo che, costruita con il legno sacro agli dei, era l’imbarcazione con la quale partirono Giasone e gli Argonauti alla ricerca del vello d’oro. La Carena, la Poppa e le Vele (assieme alla Bussola), erano le parti della nave.

lat. Carina, Puppis et Vela -51° N; -76° S -09° N; -39° S -37° N; -57° S


Dark Sky


CAPITOLO 4

Il programma internazionale Dark Sky Places

Testi tratti da: International Dark Sky Association 1 Andrea Indiano 2

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 18 Giugno 2020

Fondato nel 2001 per incoraggiare le comunità, i parchi e le aree protette di tutto il mondo a preservare e proteggere i siti oscuri attraverso politiche di illuminazione responsabili e attraverso l'educazione pubblica, questo programma rende oggi possibile avere dei luoghi bui in cui le stelle sono più luminose che mai.

040 ↘ PORTOBELLO, NUOVA ZELANDA FOTO DI IAN GRIFFIN, 2020 Foto a lunga esposizione che mostra l’intero cielo sopra Portobello alle 6 del mattino. In alto a destra l’inquinamento luminoso dei lampioni, mentre in basso a sinistra scorgiamo le prime luci dell’alba e alcuni satelliti

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CAPITOLO 4

Il cielo notturno da millenni stimola l’immaginazione umana: osservando le stelle e la profondità dello spazio, migliaia di inventori hanno rivoluzionato la storia. Ma il cielo che oggi abbiamo sopra le nostre teste è ben diverso da quello di una volta, in particolar modo di notte, quando le luci artificiali si accendono a dismisura. Preservare la purezza del cielo notturno è diventata perciò una missione per alcuni studiosi che stanno creando nel mondo delle zone protette dove non c’è inquinamento luminoso. Si tratta di luoghi noti singolarmente come Dark Sky Sanctuary, i santuari del cielo notturno. “Un dark sky sanctuary è una terra pubblica o privata che ha una qualità eccezionale o distinta di notti stellate e un ambiente notturno che è protetto per il suo valore scientifico, naturale o educativo, il suo patrimonio culturale e l’apprezzamento pubblico”. 041 ↘ THE JUMP-UP DARK-SKY SANCTUARY FOTO DI AUSTRALIAN AGE OF DINOSAURS MUSEUM, 2019 Le stelle brillano all’Australian Age of Dinosaurs Museum a Winton, il museo ha ricevuto la prima certificazione internazionale come Dark Sky Sanctuary di tutta l’Australia

↙ 042 YOSEMITE VALLEY FOTO DI TAYLOR LEOPOLD, 2016 Le celebri sequoie dello Yosemite National Park incorniciano un cielo stellato che illumina la notte di questa incantevole valle californiana

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Così riporta il sito ufficiale della International Dark Sky Association (IDA), organizzazione nata in America che negli ultimi anni ha creato dodici santuari del cielo notturno in giro per il mondo. In Europa per ora non ce ne sono, ma in Germania, Francia e Galles esistono comunque alcuni luoghi noti come Dark Sky Park, Community o Reserve dove la visuale del cielo notturno non è pura come nei santuari, ma ugualmente straordinaria e meno inquinata da luci artificiali. L’IDA infatti pone diverse regole da rispettare (che seguono i valori della scala di Bortle, vedi a pagina 30) affinché un sito ottenga lo status di Dark Sky Sanctuary e, anche se non ci sono veri e propri vincoli legali, chi intende costruire in questi luoghi deve seguire indicazioni precise riguardo alla quantità di luci artificiali compatibili.



043 ↘ THE JUMP-UP DARK-SKY SANCTUARY FOTO DI AUSTRALIAN AGE OF DINOSAURS MUSEUM, 2019 Vista dalla Terra del piano centrale della nostra galassia, la Via Lattea, fotografata dalla cima del Dinosaur Canyon utilizzando un telescopio computerizzato Nexstar 6SE con una fotocamera D750 con un obiettivo grandangolare montato su un treppiede

DINOSAUR CANYON 22°28′44″S 143°10′57″E


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MASSACRE RIM, IL DARK SKY SANCTUARY IN NEVADA È soprattutto negli Stati Uniti che i santuari del cielo notturno proliferano. Nel 2019, un nuovo Dark Sky Sanctuary è stato istituito in Nevada nella regione nota come Massacre Rim.

“È un’immensa area di oscurità. Il santuario è solo una piccola parte di quella zona. È importante riconoscere questa straordinaria risorsa e promuovere l’opportunità di godere davvero del cielo notturno naturale”, ha detto una portavoce di IDA. “Il Massacre Rim si distingue perché è lontano da tutte le principali aree popolate, cosa che riduce l’inquinamento luminoso al minimo”.

↙ 044

MASSACRE RIM FOTO DI KURT KUZNICKI, FRIENDS OF NEVADA WILDERNESS, 2009 Situato tra il Black Rock Desert e il Sheldon National Wildlife Refuge, questo luogo è uno dei più bui non solo del Nevada ma degli Stati Uniti

La lotta a questo tipo di interferenza con la natura non è solo un dono per gli occhi, ma fa risparmiare sui costi energetici e protegge le specie di uccelli e pipistrelli che possono essere disorientate dall’eccessiva luce artificiale. Difendere la visione delle stelle è quindi oggi un compito necessario, soprattutto dato l’aumento di aree urbane in tutto il mondo. La speranza è che i Dark Sky Sanctuary crescano di numero negli anni a venire.

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Isola di Niue


CAPITOLO 4

La biodiversità vantaggiosa di Niue, la prima Dark Sky Nation al mondo

Testi tratti da: Monica Evans 3

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 18 Giugno 2020

Nel mese di marzo 2020 la piccola isola di Niue, nel Pacifico, è diventata la prima “Dark Sky Nation” al mondo. La International Dark-Sky Association (IDA) ha creato questa designazione per riconoscere la visibilità e la chiarezza delle notti stellate di Niue e l’impegno impiegato dal paese per proteggere il suo ambiente notturno, mitigando l’inquinamento luminoso artificiale. Questa decisione, fornisce un’ulteriore protezione alla biodiversità unica del paese, comprese le specie notturne come volpi volanti e i granchi da cocco. 045 ↘ CAVA AVAIKI A MAKEFU, NIUE FOTO DI DARRYL TORCKLER, 1998 La spettacolare grotta di Avaiki è presumibilmente il luogo in cui approdò la prima canoa di coloni. Le catacombe naturali di Niue sono state tradizionalmente utilizzate per lo stoccaggio delle canoe e come depositi per le ossa degli antenati, ma le meraviglie sotterranee dell’isola sono oggi visitabili anche dai turisti

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CAPITOLO 4

L’isola del Pacifico di Niue, uno dei paesi meno popolati al mondo, è stata designata la prima Dark Sky Nation al mondo dall’International Dark-Sky Association (IDA) il 7 marzo del 2020. Il titolo riconosce la visibilità e la chiarezza delle notti stellate di Niue e l’impegno impiegato dal paese per proteggere il suo ambiente notturno mitigando l’inquinamento luminoso artificiale. Questa decisione fornisce ulteriore protezione alla biodiversità unica del Paese. Per oltre l’80% della popolazione mondiale, secondo uno studio del 2016, i livelli di luce notturna sono stati così alterati dalla luce artificiale che sono considerati inquinati. Un terzo di noi non riesce a vedere la Via Lattea dal luogo in cui vive, l’inquinamento luminoso sta crescendo: uno studio del 2017 ha mostrato 046 ↘ NIUENA FOTO DI GLENN JOWITT, 1998 La Festa della Donna, parte delle celebrazioni del 150º Giorno di Peniamina, onora il ruolo delle donne e il loro contributo alla comunità. Indossando un lei di frangipani e foglie di miglio e un copricapo, Moka Lagavalu Haioti si unisce alle varie performance femminili che consistono in discorsi, canzoni e danze mentre gli uomini preparano il cibo

047 ↘ PESCATORE NIUEANO FOTO DI GLENN JOWITT, 1998 Come gli isolani di tutto il mondo, i niueani traggono sostentamento dal mare. Il crepuscolo è il momento perfetto per catturare dei piccoli sgombri, gli ulihega, usando come esca dei pezzi di cocco legati a un gancio. Queste esche sono poi utilizzate la mattina successiva per catturare pesci come il merluzzo corallo, il dentice e il merluzzo dalla coda lunare, in acque più profonde

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un aumento delle aree illuminate artificialmente di oltre il 2% tra il 2012 e il 2016. Oltre a rovinare la nostra visione dei cieli, l’impatto della luce artificiale sugli ecosistemi del pianeta è di vasta portata. I modelli di migrazione degli animali, le abitudini alimentari e le strategie riproduttive così come i modelli di crescita delle piante e l’allocazione delle risorse, possono essere eliminati o significativamente alterati. “Gli ambienti marini costieri possono essere particolarmente vulnerabili, poiché più di un quinto delle coste del mondo sono esposte alla luce artificiale di notte” ha detto a Mongabay, Mariana Mayer Pinto, scienziata marina presso l’Università del Nuovo Galles del Sud in Australia. “Nelle zone illuminate di notte, le tartarughe non riescono a trovare l’oceano, gli uccelli si disorientano mentre volano e le uova dei pesci pagliaccio non si schiudono. Può anche influenzare l’evento di generazione di massa di molti coralli che costruiscono barriere coralline.” ↙ 048 BARRIERA CORRALLINA FOTO DI MANU SAN FÈLIX, 2016 Bellissimi coralli crescono rigogliosi nella barriera corallina di Niue

Per Niue, un’isola fatta di coralli e che ospita numerose specie endemiche, tenere sotto controllo l’inquinamento luminoso potrebbe essere particolarmente importante secondo Felicity Bollen, nativo di Niue e CEO dell’impresa statale Niue Tourism. Ha detto che alcune delle specie autoctone che sarebbero particolarmente colpite dagli aumenti dell’inquinamento luminoso sono la volpe volante pacifica (Pteropus tonganus tonganus), chiamata anche peka e il granchio da cocco (Birgus latro), detto anche uga, entrambi considerati animali notturni. La peka svolge un ruolo importante nella dispersione dei semi sull’isola e gli uga sono una fonte di cibo molto apprezzata dai Niueani. STARGAZING | NIUE

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049 ↘ NIUE FOTO DI MARK RUSSELL, 2019 Niue è la nazione indipendente più piccola del mondo, si trova in mezzo al triangolo formato da Samoa, Tonga e le Isole Cook e la sua popolazione consta di poco più di 1600 persone. Da poco ha ricevuto l’accreditamento ufficiale dall’International Dark-Sky Association come International Dark Sky Sanctuary e International Dark Sky Community

ALOFI (CAPITALE) 19°03′00″S 169°54′00″E


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050 ↘ LA ROCCIA

PROSPETTIVE COMUNITARIE

FOTO DI GLENN JOWITT, 1998 Con la bassa marea, la barriera corallina lungo la costa di Niue si mostra come un labirinto di crepe e canali attraverso i quali l’acqua si insidia. Sulla costa orientale, invece, la scogliera assume generalmente la forma di una piattaforma terrazzata larga pochi metri, sulla quale si frangono le onde dei mari agitati dagli alisei

Per i residenti della roccia – il nome affettuoso con cui i Niueani chiamano la lastra corallina di 261 chilometri quadrati su cui vivono – i santuari marini e terrestri sono un concetto familiare. Il 40% della zona economica esclusiva del paese di 390.000 km2 e il 23% della sua terra, sono designati come aree protette. Ma un santuario del cielo? “Quando abbiamo iniziato a parlarne, tutti pensavano che fossimo un po’ strani” ha detto Bollen; “Non potevano assolutamente fare i conti con il motivo per cui ne eravamo così entusiasti, perché davano questo cielo per scontato, perché non è mai stato nient’altro, lo hanno sempre visto così fin dalla loro nascita”. Tuttavia, quando il team ha condiviso le immagini di paesaggi meno stellati di città come Auckland, “le persone hanno iniziato ad apprezzare e capire che ciò che possedevano era qualcosa di speciale”, ha detto Richard Somerville-Ryan. Il team ha formato un certo numero di locali come ambasciatori del Dark Sky, che ora possono utilizzarei telescopi per i turisti e condividere le loro conoscenze sull’astronomia da entrambe le prospettive: indigene e occidentali.

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“I way-finder della Polinesia erano famosi per aver usato le stelle per percorrere le loro rotte tra le isole” – ha detto Bollen – “e la luna è stata utilizzata in modo molto specifico per la semina. Quelle pratiche sono un po’ cadute nelle profondità della storia quindi è davvero bello che alle persone venga ricordato come i loro antenati hanno usato la natura per ottenere il meglio dal Paese”. “Spetterà ai Niueani decidere quante di quelle storie e tradizioni condividere con i turisti curiosi”, ha detto Richard Somerville-Ryan. “Sarà inoltre importante garantire che la necessità di mantenere l’inquinamento luminoso a livelli bassi non influisca sullo sviluppo economico”, ha affermato Bollen. ↙ 051 MATAVAI RESORT FOTO DI DARRYL TORCKLER, 2000 Il Matavai Resort, costruito sul bordo delle scogliere a sud di Alofi, è stato in parte finanziato dal governo di Niue per stimolare il turismo verso l’isola. Il premier Frank Lui ritiene che il numero di visitatori potrebbe salire fino a 20.000 turisti all’anno

Questa è stata una critica chiave di altri progetti di conservazione del Dark Sky in passato. Nel suo saggio del 2017 The Trouble with Darkness: NASA’s Suomi Satellite Images of Earth at Night, la storica ambientalista Sara Pritchard ha messo in guardia contro gli approcci neocoloniali alla conservazione della luminosità naturale del cielo notturno che, come molti approcci del XX secolo per la conservazione della biodiversità, non lasciano spazio, alle comunità delle aree più incontaminate, di modernizzarsi a loro piacimento.

“The Trouble with Darkness: NASA’s Suomi Satellite Images of Earth at Night” SARA PRITCHARD, 2017 Edizione inglese fornita da Oxford Academy

Finora, lo status di Dark Sky Nation ha comportato un cambiamento relativamente semplice per i residenti di Niue, che è stato reso possibile grazie all’istruzione, alla consapevolezza e all’accesso a luci a LED dai toni più tenui. “Tutti sono così orgogliosi del fatto di essere stati in grado di raggiungere questo obiettivo”, ha affermato Bollen. “Solo cambiando le lampadine sotto la loro veranda, hanno contribuito a rendere il loro paese qualcosa di molto speciale.” STARGAZING | NIUE

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P. Horรกlek 2020, Rappresentazione fotografica della costellazione da cui proviene una pioggia di Liridi


Lira Come la Lira di Orfeo era in grado di ammaliare chiunque ne sentisse il suono, così l’Overview Effect incanta chiunque ne provi l’esperienza.

05 NELLA MITOLOGIA La Lira era lo strumento del grande musicista Orfeo, in grado di incantare animali, alberi, persino pietre e corsi d’acqua. Alla morte di Orfeo la Lira fu gettata nel fiume Ebro ma magicamente continuò a suonare. Zeus mandò Aquila a mettere in salvo la Lira e la pose in cielo tra le stelle.

lat. Lyra +47,5° N; +26° S


Overview Effect


CAPITOLO 5

Overview Effect: quando le diversità e i confini smettono di esistere

Testi tratti da: The Overview Institute of Australia 1

Overview Institute 2

ASI 3

Focus 4

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 25 Giugno 2020

L’Overview Effect (in italiano “Effetto della veduta d’insieme”) è un cambiamento cognitivo nella consapevolezza, riportato da alcuni astronauti e cosmonauti durante il volo spaziale. Si riferisce all’esperienza di vedere in prima persona che la Terra è una minuscola e fragile sfera di vita sospesa nel vuoto e schermata da un’atmosfera sottile come un foglio di carta. Questa esperienza spesso trasforma la percezione degli astronauti nei confronti del nostro pianeta ma soprattutto ci fa riflettere sul posto che l’umanità occupa nell’universo. Definizione del termine Overview Effect di FRANK WHITE, tratta dal suo libro The Overview Effect: Space Exploration and Human Evolution (1987/1998/2014)

052 ↘ PASSEGGIATA SPAZIALE FOTO DI CHRISTER FUGLESANG, NASA, 2006 L’astronauta Robert Curbeam lavora sulla travatura S1 della Stazione Spaziale Internazionale durante la missione shuttle Discovery STS-116

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CAPITOLO 5

Durante i precedenti cinquant’anni di voli spaziali con equipaggio, astronauti e cosmonauti hanno riferito che la loro percezione diretta dello spazio e della Terra, che sembra esservi sospesa, hanno prodotto in loro reazioni emotive inattese e cambiamenti intellettuali, prospettici, percettivi e paradigmatici. Questi cambiamenti includono naturalmente un senso più ampio e più accurato della realtà dell’universo e della natura della Terra, in quanto pianeta nello spazio. 053 ↘ PRIMA CAMMINATA SPAZIALE FOTO DI JAMES MCDIVITT, NASA, 1965 Il 3 giugno 1965 Edward H. White II divenne il primo americano a uscire dalla sua astronave e a porsi alla deriva nella gravità zero dello spazio. Per 23 minuti White ha galleggiato e si è spostato intorno alla navicella Gemini mentre essa percorreva 10.000 kilometri della sua orbita

Vedere la Terra dallo spazio trasporta l’osservatore a una consapevolezza planetaria fortemente sentita. Questo crea nella mente dello spettatore un contatto diretto con verità più grandi e profonde dell’esistenza, come ad esempio la presenza umana su questo pianeta e produce spesso mutamenti nel modo di vedere le questioni ambientali, politiche e sociali. Questo cambiamento, è sommariamente riassunto dal cosmonauta Boris Volynov: “Durante un volo spaziale, la psiche di ogni astronauta viene rimodellata. Dopo aver visto il sole, le stelle e il nostro pianeta, si diventa più pieni di vita. Si inizia a guardare verso tutti gli esseri viventi con maggiore trepidazione e si inizia a essere più gentili e pazienti con le persone intorno a noi. Questo è quello che mi è successo”. ↙ 054 PASSEGGIATA SPAZIALE FOTO DI ANDREW MORGAN, NASA, 2019 L’astronauta Andrew Morgan ha fotografato la Terra 400 kilometri sotto di lui, con il suo piede in primo piano, durante la terza passeggiata spaziale per aggiornare il sistema di pompe termiche dello Spettrometro Magnetico Alfa

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Nel corso degli anni molti astronauti e cosmonauti sono rimasti colpiti e influenzati da questa esperienza: nonostante tutti avessero studiato e visto foto dello spazio e del nostro pianeta, ognuno di loro ha provato sensazioni ed emozioni totalmente inaspettate quando ha potuto effettivamente osservare la Terra dallo spazio. Ecco i commenti di alcuni astronauti che hanno provato a descrivere la loro Overview experience.



DON L. LIND

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MISSIONE STS-51-B (1985)

“Intellettualmente, sapevo cosa aspettarmi. Avevo guardato talmente tante foto dello spazio, come chiunque, che sapevo esattamente quello che stavo per vedere. Ma non c’è modo di essere preparati all’impatto emotivo… mi ha sinceramente commosso.”

FOTO DI NASA, 1985

EDWARD M. FINCKE 056

FOTO DI NASA, 2011

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MISSIONE STS-134 (2011)

“Eravamo in orbita, ho guardato fuori dal finestrino e ho visto la Terra dallo spazio per la prima volta. Mi ha tolto il respiro, letteralmente, è stato mozzafiato. Non sono riuscito a respirare per 30 secondi.”


EDWARD GIBSON

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MISSIONE SKYLAB 4 (1973)

“Riesci a capire quanto la tua vita e le tue preoccupazioni siano piccole rispetto alle altre cose nell’universo, il risultato è che riesci a goderti la vita molto di più. Ti permette di raggiungere una pace interiore.”

FOTO DI NASA, 1971

↙ 058 IL PIANETA TERRA FOTO DI NASA, 2014 Mentre la ISS passava sopra il Mare di Bering durante la Giornata della Terra, uno dei 39 membri dell’equipaggio a bordo dell’avamposto orbitale scattò questa foto panoramica guardando verso la Russia. In primo piano si può vedere la penisola della Kamčatka, sul lato sinistro invece si scorge un fenomeno chiamato sunglint che avviene quando la luce del sole si riflette sulla superficie dell’oceano con lo stesso angolo in cui un satellite o un altro sensore sta visualizzando la superficie


EDWARD M. FINCKE 059

FOTO WIKEPEDIA, 1987

060 ↘ PASSEGGIATA SPAZIALE FOTO DELLA TERRA, NASA, 2014 FOTO ASTRUNAUTA (BRUCE MCCANDLESS), NASA, 1984

MISSIONE SOYUZ T-3 (1980)

“C’è qualcosa che riguarda l’imprevedibilità di questa vista, la sua incompatibilità con qualsiasi cosa che abbiamo mai sperimentato sulla Terra e che suscita una profonda risposta emotiva. Si prova una sensazione che non si è mai provata prima… Di essere solo un abitante della Terra.”


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LA CUPOLA DELLA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE

061 ↘ L’ESTERNO DELLA CUPOLA FOTO DI NASA, 2010 L’astronauta Nicholas Patrick partecipa alla terza e ultima passeggiata spaziale della missione STS-130

Si tratta di un piccolo modulo dotato di sette oblò che offre agli astronauti una vista privilegiata sulla Terra e sui corpi celesti. Il modulo è stato progettato per l’osservazione di operazioni al di fuori della ISS quali: le attività robotiche, le passeggiate spaziali degli astronauti e l’approccio dei veicoli cargo. Costruita in Europa sotto la guida dell’Italia da Thales Alenia Space Italia (TAS-I) su contratto dell’Agenzia Spaziale Europea, la Cupola è stata lanciata nello spazio l’8 febbraio 2010 con la missione STS-130 dello Shuttle, insieme al Nodo-3, il modulo Tranquility. Il 17 febbraio del 2010 è stata completata l’installazione e resa operativa. Alta 1,50 metri con un diametro massimo di 2,95 metri, la Cupola ha sei finestre laterali e una finestra di osservazione diretta al nadir (ovvero il punto celeste situato agli antipodi dello zenit) ampia 80 cm. Ciò consente una visibilità a tutto campo in un’unica direzione. Le finestre possono essere sigillate con speciali tapparelle per la protezione da micrometeoriti e detriti spaziali. All’interno della Cupola si trova la workstation robotizzata che controlla il braccio robotico Canadarm dell’ISS. Questo modulo può ospitare due membri dell’equipaggio simultaneamente e vi si accede attraverso il Nodo-3, anch’esso italiano. 062 ↘ SCHEGGIATURA DELLA CUPOLA FOTO DI TIM PEAKE, ESA, 2016 La piccola scheggiatura in uno dei finestrini della cupola della Stazione Spaziale Internazionale

↙ 063 L’URAGANO DORIAN FOTO DI NASA, 2019 I membri dell’Expedition 60 si alternano all’interno della cupola della ISS per catturare le immagini del rapido intensificarsi dell’uragano Dorian mentre si agita sopra l’Oceano Atlantico

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La Cupola è certamente la camera con la più bella vista dell’Universo (conosciuto) ma – come ha documentato l’astronauta dell’ESA Tim Peake – questa vista unica sul nostro pianeta non è più la stessa dall’aprile 2016, cioè da quando l’impatto con un piccolo detrito spaziale ha creato una micro frattura di 7 millimetri di diametro in uno dei finestrini. Gli astronauti non rischiano nulla e a dire il vero neppure la possibilità di osservazione è minimamente compromessa, ma il piccolo incidente fa riflettere sulla pericolosità della vita sulla ISS e sulle necessarie misure di sicurezza adottate.



064 ↘ LA CUPOLA FOTO DI NASA, 2015 Foto realizzata il 6 Novembre 2015, cattura con un obbiettivo grandolare la bellezza della finestra della Stazione Spaziale Internazionale, la Cupola

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Astronauti Urbani


CAPITOLO 5

RASA: Rotterdamse Academie voor Stadsastronauten

Testi tratti da: Academy for Urban Astronauts 5-6

C.Fruneaux e E.Gardne 7

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 27 Giugno 2020

Attualmente il 99% degli europei vive in luoghi in cui di notte non si è in grado di vedere la galassia. Questa è una grave perdita, oltre che un ulteriore ostacolo quando si tratta di ricordare a noi stessi che in realtà siamo tutti astronauti. L’Academy for Urban Astronauts (RASA) indaga su come i terrestri possano imparare a vivere come viaggiatori spaziali, potendo sempre ammirare le stelle e percepire la vulnerabilità del nostro pianeta; perché oltre ad essere abitanti di città, siamo anche cosmonauti che girano intorno a una stella nella grande oscurità.

065 ↘ ASTRONAUTI URBANI FOTO DI SANDER VAN IERSEL, 2018 Dimostrazione artistica messa in atto dall’Academy for Urban Astronauts, chiamata anche RASA

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CAPITOLO 5

L’Accademia è ispirata dall’Overview Effect che gli astronauti sperimentano quando vedono la Terra dallo spazio. Per gli astronauti, la visione del nostro pianeta sospeso nell’immenso vuoto nero che è l’universo visibile, coincide con la consapevolezza che siamo tutti legati a questo luogo in modo inscindibile. Ma come possiamo, vivendo nella condizione urbana contemporanea, riportare la natura e il cosmo al centro della nostra visione? Come possiamo emergere dal nostro ombelico urbano e renderci conto che siamo in realtà passeggeri di un’astronave chiamata Terra? L’Accademia organizza passeggiate notturne e workshop: si tratta di un progetto quasi poetico, attivista, che coniuga sostenibilità e ricerca di senso nella programmazione culturale e nell’innovazione urbana. L’Academy for Urban Astronauts è un progetto multidisciplinare dello scrittore e regista teatrale Marjolijn van Heemstra e dello studio di futurologia Monnik. 066 ↘ ASTRONAUTA URBANO FOTO DI ARJEN DE LEEUW, 2018 Divisa artistica realizzata dall’Academy for Urban Astronauts

“Delirious New York. Un manifesto retroattivo per Manhattan” REM KOOLHASS, 1978 Edizione italiana fornita da Mondadori Electa

↙ 067 ASTRONUATI URBANI FOTO DI SANDER VAN IERSEL, 2018 Attività messa in atto dall’Academy for Urban Astronauts, al fine di sensibilizzare i cittadini riguardo l’inquinamento luminoso

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Nel suo libro Delirious New York, del 1978, l’architetto e urbanista olandese Rem Koolhaas scriveva: “Manhattan è il prodotto di una teoria non formalizzata, il Manhattanismo, il cui programma – di esistere in un mondo totalmente fabbricato dall’uomo, cioè di vivere all’interno di una fantasia – era così ambizioso che, per essere realizzato, non poteva essere dichiarato apertamente”. Manhattan è una specie di luogo artificiale creato dalla nostra immaginazione; oggi la maggior parte delle persone vive in un mondo interamente creato sulla base di questa teoria. Quasi tutto del nostro ambiente è concepito, progettato, realizzato, trasportato, acquistato, usato e rivendicato




da noi stessi e quindi riflette noi stessi in un modo o nell’altro. Le cose in quanto tali non hanno più il diritto di esistere, possono quindi essere semplicemente sostituite o ignorate, esattamente come il cielo stellato viene respinto alla vista, per la semplice ragione che non è stato inventato, comprato o posizionato al suo posto da nessuno. Oggi non chiamiamo più questo fenomeno Manhattanismo, bensì usiamo il termine Antropocene, che significa pur sempre Manhattanismo ma su scala planetaria. Si può sperimentare l’Overview Effect senza viaggiare nello spazio? L’Overview Effect esiste in diverse gradazioni. L’esperienza più travolgente è quando si è immersi nella profondità nello spazio e si osserva la Terra galleggiare nel vuoto nero. Si può avere però una sensazione molto simile dalla cima di una montagna, mentre si viaggia su un aereo o semplicemente guardando un’immagine della Terra per un po’ di tempo. Un altro modo ancora è quello che è definito come una sorta di Overview Effect invertito: guardando verso l’alto di notte e scorgendo la galassia, mentre ci si rende conto che il Sole è solo una tra milioni di stelle o giacendo di notte sotto un cielo limpido, guardando le stelle attraverso il “parabrezza” dell’astronave Terra. Un altro sistema attraverso il quale provare questa esperienza è semplicemente guardare più spesso di notte verso il cielo. Il cineasta e scrittore Wylie Overstreet porta frequentemente il suo telescopio per le strade di Los Angeles per dare ai passanti la possibilità di vedere la Luna da vicino, e le reazioni delle persone sono commoventi. A Kerkerade (Olanda), si può visitare il Columbus Earth Center dove si ha l’illusione di galleggiare sopra la Terra in un planetario rovesciato. L’iSpace Lab della Simon Fraser University, in Canada, studia come la realtà virtuale potrebbe aiutare a simulare l’Overview Effect attraverso il progetto Virtual Earthgazing. Più banalmente grazie a un computer o a uno smartphone, con l’applicazione gratuita Google Earth o l’applicazione a pagamento Living Earth che ti mostra una sorta di simulazione della Terra con meteo e città illuminate inclusi, è possibile osservare dall’alto tutto quello che ci circonda e rimanere affascinati e stupiti di quanto il mondo intorno a noi, che ai nostri occhi sembra immenso, costituisca in realtà solo una parte infinitesimale dell’universo.

↙ 068 MODELLINO DELLA TERRA FOTO DI ANNA BERKHOF, 2014 Ricostruzione della terra, realiazzata dal collettivo Academy for Urban Astronauts

069 ↘ VEDERE LA LUNA FOTO DI WYLIE OVERSTRETT, 2018 Reazioni delle persone alla vista della luna, dal corto “A New View of the Moon” realizzato da Wylie Overstreet

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070 ↘ ELENA REDAELLI Davanti al 30 meter telescope di Pico Veleta, Spagna, 2018

Incuriositi dal fatto che fosse possibile provare questa sorta di Overview Effect invertito senza il bisogno di andare nello spazio, abbiamo voluto intervistare Elena Redaelli, radioastronoma presso il Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics di Monaco di Baviera, per cercare di capire meglio come funziona il mondo della radioastronomia, come si può accedere ai telescopi, cosa si percepisce durante l’osservazione del cielo da questi luoghi e soprattutto come cambia la percezione che si ha della Terra. Innanzitutto, come si fa a garantirsi un certo numero di ore di osservazione in un telescopio? Ci si prenota in qualche modo? I telescopi sono strumenti molto costosi, vengono quasi sempre costruiti attraverso co-partecipazioni statali e i fondi vengono impiegati sia per la costruzione che per il mantenimento delle macchine. Il tempo concesso a ogni nazione al telescopio viene distribuito in base ai contributi dati dai diversi stati (proprio come per la ISS). Più volte all’anno i telescopi aprono una call per stabilire a chi assegnare un dato

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numero di ore di osservazione: chiunque voglia partecipare è tenuto a presentare un progetto con allegata giustificazione scientifica che renda chiara a tutti l’utilità di quel determinato studio e anche una stima del numero totale di ore che si pensa di utilizzare al telescopio (solitamente si parla al massimo di qualche decina di ore, meno di 40). Una commissione valuta tutte le richieste sia su base tecnica che scientifica, e vengono assegnate delle priorità ai diversi progetti. Il tempo delle proposte è il più stressante per uno scienziato, in ogni gruppo di lavoro ci sono generalmente persone che già si conoscono e lavorano insieme. Per quanto riguarda ALMA, l’interferometro 1 situato in Cile, la richiesta di ore da parte degli scienziati è sempre altissima perciò spesso si creano collaborazioni con scienziati cileni perché, in quanto residenti, hanno a disposizione un certo numero di ore garantite.

1. Interferometro: in fisica è lo strumento che permette di studiare gli effetti di composizione delle onde, in particolare quelle elettromagnetiche. In astrofisica, lo studio interferometrico della luce visibile e delle onde radio fornisce immagini del cielo in alta risoluzione (fonte: Wikipedia)

071 ↘ ALMA DI NOTTE FOTO DI ESO/C. MALIN, 2013 Antenne dell’Atacama Large Millimeter/ submillimeter Array (ALMA), sull’altopiano di Chajnantor nelle Ande cilene. Al centro della fotografia si possono vedere le Grandi e Piccole Nubi di Magellano, due galassie compagne della nostra Via Lattea

È sicuro che, una volta assegnate le ore, poi effettivamente si possa farne uso? No, non sempre. Quando sono state scoperte le onde gravitazionali per esempio, tutti erano molto curiosi di studiarle e capirle, quindi sono state fatte richieste direttamente ai direttori dei vari osservatori per interrompere ogni altro studio/progetto in corso e focalizzarsi su quella determinata scoperta. Una cosa molto simile è avvenuta durante la cattura dell’immagine del primo buco nero fatta con l’EHT (Event Horizon Telescope); questa fotografia è stata creata con una serie di telescopi collocati in posti lontanissimi l’uno dall’altro (gli istituti partecipanti a questo progetto erano situati in Cile, Hawaii, California, Messico, Germania, Spagna, Giappone e Groenlandia); avere condizioni di cielo sereno in tutti questi luoghi contemporaneamente è un STARGAZING | INTERVISTA

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evento davvero raro, perciò i telescopi coinvolti erano spesso a disposizione di questo unico progetto, indipendentemente dal programma stabilito. Il tempo meteorologico è una grande incognita in generale: se durante le ore a disposizione di un astronomo le condizioni non sono favorevoli, quelle ore non potranno più essere recuperate. Com’è la permanenza in un telescopio? Cosa si fa durante la giornata? Ci sono regole particolari da rispettare?

072 ↘ ELENA REDAELLI Davanti al GBT (Green Bank Telescope) in Virginia, Stati Uniti, 2019

073 ↘ BLACK HOLE FOTO DI EHT COLLABORATION, 2019 La prima immagine di un buco nero, catturata grazie alla collaborazione di vari telescopi in giro per il mondo

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I telescopi sono situati in luoghi estremamente isolati dove spesso non c’è o non si può avere connessione alla rete Internet o telefonica perché crea interferenza: già questo fatto, oggi, è interessante e insolito. Si è quasi portati in un’altra dimensione, nel passato, e si è soli coi propri colleghi; per sentire gli amici o le famiglie ci si dà appuntamento a una certa ora di un certo giorno e si sfruttano aree apposite per telefonare. Quando si lavora di giorno i telescopi possono essere posti affollati, di notte invece si è solitamente soli con un tecnico, a 3.000 metri di altitudine, ben al di sopra di tutte le luci artificiali. Si è proiettati in una dimensione straordinaria, ci si estranea quasi dal mondo, il tempo cambia, non esiste più una netta distinzione tra notte e giorno perché ogni tanto si lavora e ogni tanto si dorme, e sono luoghi naturali molto selvatici, in cui il contatto con la natura è forte. I telescopi sono anche luoghi non facilmente raggiungibili proprio a causa della posizione isolata che devono avere rispetto alle città: per raggiungere il telescopio di IRAM 30m, a Pico Veleta in Spagna per esempio, si prende un aereo per Madrid, poi un altro per Granada, poi un gatto delle nevi oppure una jeep, cosa che dipende dalla stagione. E se inizia a nevicare forte, si rischia di non poter più andare via per giorni. Negli osservatori più grandi e frequentati invece, per esempio ALMA in Cile, dove i telescopi stanno a 5.000 metri d’altitudine, solitamente c’è una foresteria a 2.500 metri dove alloggiano il personale, gli addetti alle sale di controllo e i vari astronomi e scienziati che si recano sul luogo; ci sono anche delle cuoche e ogni settimana vengono portati gli approvvigionamenti. C’è di solito un solo trasporto al giorno (massimo due) e si può andare via solamente sfruttando questo mezzo. Per telescopi come il GBT in Virginia, che invece sono in pianura, il contesto è totalmente diverso: questi macchinari lavorano infatti su lunghezze d’onda più lunghe (per esempio il metrico o il centimetrico).


Green Bank è un posto freddissimo d’inverno, lì vivono delle persone in situazioni a noi incomprensibili: senza Internet, telefono, Bluetooth; si utilizzano motori diesel perché le candele potrebbero altrimenti creare interferenze; i microonde sono rinchiusi in apposite gabbie di ferro, le cucine sono elettriche perché anche la manopola utilizzata per produrre la scintilla potrebbe creare onde radio, la stanza di controllo del telescopio è una specie di bunker la cui porta è sigillata col rame. ↙ 074 GREEN BANK FOTO DI ANDREW PHELPS, PAUL KRANZLER, 2015 Foto realizzata per il progetto fotografico “The Dark Equation”, cattura il Green Bank’s 140-ft Telescope

Come hai deciso di diventare radioastronoma? Mio padre è sempre stato un grande appassionato di tutto ciò che riguarda il cielo, sono cresciuta con le carte del cielo quindi il mio legame è anche affettivo, guardare in alto mi dà una sensazione di gioia. Una volta da piccola, in Sudafrica, ho visto le nubi di Magellano… sono delle galassie! Galassie diverse dalla nostra. Tra le motivazioni che mi hanno spinto a voler dedicare la mia vita a osservare il cielo, c’è quella che la vita umana, soprattutto se comparata a tutto ciò che circonda il nostro pianeta, è una cosa talmente piccola da risultare quasi priva di senso… quindi a quel punto perché non fare una cosa che non ha apparentemente un senso? Come ad esempio studiare il cielo, l’universo… È uno degli studi più antichi fatti dall’uomo: la navigazione, l’agricoltura e tante altre scienze si basano da sempre sulle fasi lunari. È un desiderio ben radicato nell’essere umano: guardando il cielo e l’universo capiamo quanto siamo piccoli: l’universo ha creato me e io osservo lui, è quasi come se osservasse se stesso. Per me è l’osservabile più interessante che c’è. STARGAZING | INTERVISTA

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Rappresentazione vettoriale stilizzata della costellazione


Pegaso Come Pegaso, nonostante la difficoltà dell’impresa, riesce a raggiungere la cima dell’Olimpo, anche l’uomo è riuscito ad arrivare sulla Luna.

06 NELLA MITOLOGIA È il cavallo alato che fu donato a Bellerofonte per sconfiggere la Chimera. Reso raggiante dal successo dell’impresa il guerriero tentò di raggiungere il monte Olimpo, cosa che gli venne impedita da Zeus che lo fece cadere dal cavallo. L’animale riuscì comunque nell’impresa divenendo uno dei preferiti di Zeus.

lat. Pegasus +37° N; +02° S


The sky is the limit


CAPITOLO 6

Dalla prima foto della Terra alla prima “casa” sulla Luna

Testi tratti da: India Today 1 NASA 2

Sandro Iannaccone 3

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 10 Luglio 2020

Noi umani siamo esploratori, pronti ad affrontare sfide difficili, e questo ci rende sempre migliori. Il nostro destino, nell’ambito dei viaggi spaziali, ci conduce spesso al successo o alla sconfitta. Eppure non ci arrendiamo, cerchiamo ancora una speranza nella luna, nelle stelle, nello spazio, nell’esplorazione. L’umanità è attratta dal cielo come una volta eravamo attratti da terre sconosciute o dal mare aperto. Scegliamo di esplorare lo spazio, ciò che non conosciamo, perché così facendo miglioriamo le nostre vite. Testo ispirato da: Our next Mars rover has a name – Perseverance dal profilo Instagram della NASA e Discorso di George W. Bush alla sede della NASA, il 14 gennaio 2004

075 ↘ LUNAR ORBITER 4 FOTO DI NASA, 1967 Lancio del Lunar Orbiter 4, del 4 maggio 1967 alle 22:25:00 UTC dopo un volo senza problemi, raggiunse la Luna e si immise in orbita lunare

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CAPITOLO 6

076 ↘ LUNAR ORBITER 1 FOTO DI NASA, 1966 Il Lunar Orbiter 1 fu lanciato il 10 agosto del 1966, dopo 92 ore di volo si immise in un’orbita lunare ed iniziò con successo la sua missione. Le foto inviate a Terra furono eseguite tra il 18 agosto e il 25 agosto mentre furono trasmesse il 14 settembre. Il 23 agosto la sonda riprese le prime foto della Terra dalla distanza della luna. In totale furono eseguite 42 foto

Il 23 agosto del 1966, un veicolo spaziale della NASA, il Lunar Orbiter I, catturò la prima fotografia della Terra dalla superficie della Luna. All’epoca, l’agenzia si stava preparando per un eventuale allunaggio inviando una serie di veicoli spaziali ad alta tecnologia in orbita al fine di scattare istantanee della superficie del nostro satellite, perché aveva bisogno di foto di ricognizione per trovare il miglior punto possibile in cui effettuare l’allunaggio. In realtà, già nel 1946, un gruppo di scienziati aveva inviato un razzo V2 con annessa una telecamera 35 mm nell’atmosfera; l’endoreattore arrivò a un’altitudine mai raggiunta fino a quel momento, ben 105 km dalla superficie terrestre, tuttavia le immagini catturate erano granulose e appena riconoscibili. L’immagine scattata nel 1966 è considerata la più significativa poiché ha dimostrato che la Terra, effettivamente, è un pianeta rotondo nello spazio profondo. Centinaia di immagini sono state scattate negli anni successivi utilizzando metodi simili, ma solo nel 1972 abbiamo ottenuto la nostra immagine più influente, tra le più conosciute e più riprodotte nella storia dell’umanità, il Blue Marble, scattata dall’equipaggio della missione Apollo 17 (vedi a pagina 19). IL PROGRAMMA APOLLO Nel 1961 il presidente John F. Kennedy lanciò una sfida alla nazione: far sbarcare gli astronauti sulla Luna entro la fine del decennio. La NASA accettò la sfida con il programma Apollo: sarebbe stata la prima volta che gli esseri umani avrebbero lasciato l’orbita della Terra per esplorare un altro mondo. Apollo è stato un programma della NASA che si è concluso nel 1972 con ben 11 voli spaziali e passeggiate lunari. In totale 12 astronauti camminarono sulla Luna, condussero lì ricerche scientifiche, studiarono la superficie lunare e raccolsero rocce per riportarle ↙ 077 IMPRONTA LUNARE FOTO DI BUZZ ALDRIN, NASA, 1969 Impronta di Buzz Aldrin, pilota del modulo lunare dell’Apollo 11. Aldrin fotografò questa impronta a circa un’ora dall’inizio dell’attività extra-veicolare lunare il 20 luglio 1969, come parte delle indagini sulla meccanica del suolo della superficie lunare. Questa foto sarebbe poi diventata sinonimo di avventura umana nello spazio

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078 ↘ FOTO DELLA TERRA FOTO DI NASA In ordine di lettura dalla prima foto della Terra del 1966, catturata dal Lunar Orbiter 1, a quella scattata dagli astronauti dell’Apollo 8 nel 1968, seguita dalle immagini catturate durante le missioni Apollo 10 nel 1969 e Apollo 17 nel 1972




sulla Terra. La prima missione sulla Luna con equipaggio è stata l’Apollo 8 che ha girato intorno alla Luna alla vigilia di Natale del 1968; tuttavia, l’Apollo 8 non è atterrato sulla Luna, ha solamente orbitato intorno a essa e poi è tornato sulla Terra. L’allunaggio avvenne il 20 luglio 1969, durante la missione Apollo 11 il cui equipaggio era composto da Neil Armstrong, Michael Collins e Buzz Aldrin; Armstong e Aldrin camminarono sulla superficie lunare mentre Collins rimase in orbita intorno alla Luna. Neil Armstrong divenne la prima persona a camminare sulla Luna, celebrando il momento con la famosa frase: “Questo è un piccolo passo per l’uomo; ma un grande passo per l’umanità.” VERSO ARTEMIS 2024 Artemis, chiamato così in omaggio ad Artemide, la coraggiosa dea greca della caccia che personifica anche la Luna crescente, è il programma spaziale della NASA che prevede la costruzione di una base sul nostro satellite, da usare sia come casa per gli astronauti che la esploreranno che come rampa di lancio per una destinazione ancora più ambiziosa, il pianeta Marte. L’agenzia spaziale statunitense ha da poco rilasciato un rapporto in cui illustra tutti i dettagli del programma: il primo allunaggio di questa nuova epoca di esplorazione è previsto, al momento, per il 2024.

↙ 079 ROVING VEHICLE FOTO DI DAVID SCOTT, NASA, 1971 Immagine scattata durante la missione Apollo 15 dal comandante David Scott; in primo piano Jim Irwin, pilota del modulo lunare, di fianco al Lunar Roving Vehicle mentre sullo sfondo si scorge il Monte Hadley

“Dopo 20 anni di esplorazione continuata della bassa orbita terrestre,” ha commentato Jim Bridenstine, capo della NASA, “siamo finalmente pronti per una nuova sfida, lo sviluppo di una presenza sostenibile sulla Luna e intorno a essa. Negli anni a venire, Artemis sarà la nostra Stella Polare per l’esplorazione della Luna e per preparare tutto ciò che serve per la prima missione umana verso Marte”. Il cuore del programma è la costruzione del Campo Base Artemis, che secondo il rapporto dovrebbe sorgere dalle parti del polo sud lunare, probabilmente nel cratere Shackleton, il più meridionale del nostro satellite, intitolato all’omonimo esploratore britannico che, nel secolo scorso, fu tra i primi a tentare invano di raggiungere il polo sud terrestre. Questo cratere è un avvallamento largo circa 19 km e profondo 3, che stando alle osservazioni del Lunar Reconnaissance Orbiter potrebbe contenere grandi quantità di acqua ghiacciata. Il campo base dovrebbe, almeno all’inizio, riuscire a ospitare quattro astronauti per permanenze

080 ↘ BUZZ ALDRIN FOTO DI NEIL ARMSTRONG, NASA, 1969 L’astronauta dell’Apollo 11 Buzz Aldrin cammina sulla superficie della luna il 20 luglio 1969, in una fotografia scattata da Neil Armstrong

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di circa una settimana; successivamente, dovrebbe essere dotato anche di infrastrutture per la generazione di energia, il riciclo dei rifiuti, le comunicazioni, insieme a uno scudo dalle radiazioni cosmiche e a una rampa di lancio. Inoltre, la base potrebbe essere il sito ideale per comprendere come sopravvivere alle gelide notti lunari, come trasformare i materiali disponibili in loco in risorse e come sviluppare nuove tecnologie di costruzione e generazione di energia. Il campo base dovrebbe essere equipaggiato anche di sistemi per la mobilità, parti fondamentali per quanto riguarda questa missione, tra i quali un veicolo per facilitare gli spostamenti degli astronauti sulla superficie lunare 081 ↘ GATEWAY ARTEMIS FOTO DI NASA, 2019 Illustrazione di Orion (a sinistra), veicolo spaziale della NASA che si avvicina al Gateway nell’orbita della luna

↙ 082 PROGETTO ARTEMIS

e un modulo abitabile portatile da usare come rifugio per spostamenti più lunghi. Guardando più in là nel tempo, il programma è ancora più ambizioso. Gli esperti della NASA vogliono mettere a punto una stazione lunare orbitante, il Gateway, da utilizzare come rampa di lancio per le future missioni su Marte. Il Gateway dovrebbe poter ospitare quattro astronauti per periodi di tempo di diversi mesi, simulando così la durata di un vero viaggio verso Marte; due di loro dovrebbero poi riuscire a scendere sulla superficie lunare e tornare in sicurezza sulla stazione, dove li aspetterebbero i colleghi.

FOTO DI NASA, 2019 Visualizzazione del progetto Artemis 2024, che prevede il ritorno sulla Luna per la costruzione di una base permanente in superficie e di una orbitante entro il 2028, la quale verrà poi utilizzata per arrivare su Marte

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“Queste missioni saranno le più lunghe nella storia dell’esplorazione spaziale.” dice ancora il rapporto. “Saranno i primi veri test per capire quanto siamo pronti a programmi di lunga durata. Le operazioni di divisione dell’equipaggio – due sulla Luna e due sulla stazione – saranno vitali per pianificare le missioni su Marte”.



ESA/Hubble andamp e NASA 2014, Rappresentazione fotografica dell’Ammasso Globulare di Ercole


Ercole Come Ercole supera le dodici fatiche e sconfigge il Dragone, noi riusciremo a rivedere le stelle sconfiggendo l’inquinamento luminoso.

07 NELLA MITOLOGIA Conosciuto anche come Eracle («gloria di Era»), fu indotto alla pazzia dalla dea. Grazie alla sua leggendaria forza supera le dodici leggendarie fatiche che gli erano state imposte da Euristeo, dodici imprese che nessun uomo avrebbe mai saputo compiere. Molte di queste sono ricordate in cielo.

lat. Hercules +51° N; +04° S


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CAPITOLO 7

La luce delle stelle nel buio

Testi tratti da: Catherine Zuckerman 1

INFN 2

Wikipedia 3

IAMREV Project 4

Adattamento / traduzione Cecilia Papa Stefano Sales 8 Luglio 2020

Queste luminose sfere di gas aiutarono gli esploratori a navigare nei mari nell’antichità e ora aiutano gli scienziati moderni a navigare nell’universo. In un oceano infinito di corpi celesti concludiamo questo viaggio con la speranza che un cielo più buio ci permetta di rivedere la vera luce, quella delle stelle.

083 ↘ POLVERE DI STELLE IMMAGINE DI ALESSANDRO FALESIEDI, 2010 Questa composizione in polvere di stelle copre quasi 2 gradi del cielo; si trova vicino al bordo della costellazione zodiacale dell’Ariete e al piano della nostra Via Lattea

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CAPITOLO 7

Le stelle sono enormi corpi celesti formati principalmente da idrogeno ed elio che producono luce e calore dalle fucine all’interno dei loro nuclei. A parte il nostro Sole, i punti di luce che vediamo nel cielo sono tutti distanti anni luce dalla Terra; sono i mattoni che formano le galassie dell’universo. È impossibile sapere quante stelle esistano ma gli astronomi stimano che solo nella nostra galassia, la Via Lattea, ce ne siano circa 300 miliardi. 084 ↘ NEBULOSA OCCHIO DI GATTO IMMAGINE DI NASA/HUBBLE, 2002 Causata da una stella morente, questa nebulosa planetaria è una delle più complesse mai conosciute. Questa immagine rivela un pattern di anelli concentrici attorno alla stella centrale. Ogni “anello” è in effetti il limite di una bolla sferica di materiali espulsi dalla stella

Il ciclo di vita di una stella si estende per miliardi di anni. Come regola generale, più la stella è massiccia, più breve è la sua aspettativa di vita; la sua nascita avviene all’interno di nubi di polvere a base di idrogeno chiamate nebulose. Nel corso di migliaia di anni, la gravità fa collassare sacche di materia densa all’interno della nebulosa sotto il proprio peso. Una di queste masse di gas, nota come protostella, rappresenta la fase nascente di una stella.

↙ 085 VULPECULA OB1 IMMAGINE DI ESA/HERSCHEL, 2016 Le giganti nel cuore di questa costellazione sono tra le più grandi della galassia. Contenenti dozzine di volte la massa del sole, hanno una vita molto breve, dal punto di vista astronomico

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Quando una protostella diventa più piccola, gira più velocemente a causa della conservazione del momento angolare - lo stesso principio che causa l’accelerazione di un pattinatore sul ghiaccio quando avvicina le braccia al corpo. L’aumento della pressione crea un aumento della temperatura e la stella entra in quella che è nota come la fase T-Tauri che è relativamente breve. Milioni di anni dopo, quando la temperatura del nucleo sale a circa 15 milioni di gradi Celsius, inizia la fusione nucleare che accende il nucleo e innesca la successiva - e più lunga - fase della vita di una stella, conosciuta come la sua sequenza principale. La maggior parte delle stelle nella nostra galassia, incluso il sole, sono classificate come stelle di sequenza



086 ↘ I PROIETTILI DI ORIONE IMMAGINE DI NASA, 2007 Scoperti per la prima volta nel 1983, sono situati all’interno della Nebulosa di Orione. Ogni proiettile ha in realtà le dimensioni del nostro sistema solare e si muove a circa 400 km/sec. I proiettili sono ancora giovani in quanto si stima abbiano 1000 anni; i coni di luce che si vedono nell’immagine possono misurare fino a 1/5 di anno luce

1. Un sistema stellare binario è un sistema di due oggetti (di solito stelle, ma anche pianeti, galassie o asteroidi) così vicini tra loro da essere legati dalla reciproca attrazione gravitazionale, orbitando attorno ad un centro di massa comune (fonte: Wikipedia)

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principale. Esistono in uno stato stabile di fusione nucleare, convertendo idrogeno in elio e irradiando raggi X. Questo processo emette un’enorme quantità di energia, mantenendo la stella calda e brillante. Le stelle trascorrono il 90% della loro vita nella fase di sequenza principale; con un’età di circa 4,6 miliardi di anni, il sole terrestre è considerato una stella nana gialla di medie dimensioni, e gli astronomi prevedono che rimarrà nella sua sequenza principale per diversi miliardi di anni. Quando le stelle si muovono verso la fine della loro vita, gran parte del loro idrogeno è stato convertito in elio. L’elio affonda nel nucleo della stella e ne aumenta la temperatura - causando l’espansione del suo guscio esterno di gas caldi. Queste grandi stelle gonfie sono conosciute come giganti rosse. Ma ci sono diversi modi in cui la vita di una stella può finire, e il suo destino dipende da quanto è massiccia la stella. La fase gigante rossa è in realtà il preludio di una stella che perde i suoi strati esterni e diventa un corpo piccolo e denso chiamato nana bianca. Le nane bianche si sono raffreddate per miliardi di anni. Alcune, se esistono come parte di un sistema stellare binario 1, possono raccogliere materia in eccesso dalle loro stelle compagne fino a quando le loro superfici esplodono, innescando una nova luminosa. Alla fine tutte le nane bianche si oscurano e cessano di produrre energia e a questo punto, che gli scienziati devono ancora osservare, diventano nane nere. Le stelle massicce evitano questo percorso evolutivo e invece si detonano come supernovae (SN). Mentre possono sembrare delle giganti rosse all’esterno, i loro nuclei si stanno in realtà contraendo, diventando alla fine talmente densi da collassare, causando l’esplosione della stella. Questi scoppi catastrofici lasciano dietro di loro un piccolo nucleo che può diventare una stella di neutroni o anche, se il residuo è abbastanza massiccio, un buco nero. Poiché alcune supernovae hanno un modello prevedibile di distruzione e luminosità risultante, gli astronomi sono in grado di usarle come candele standard (ovvero oggetti di cui si pensa di conoscere con certezza distanza e luminosità) per misurare le distanze nell’universo e calcolare il loro tasso di espansione. IL PARADOSSO DI OLBERS Se le stelle sono così grandi, colorate e luminose, perché allora l’universo è buio? Questo è il cosiddetto paradosso di Olbers. Nella sua enunciazione originaria,


il paradosso parte da tre assunti principali: l’universo è infinitamente grande, l’universo è immutabile ed eterno, l’universo è pieno di stelle (o di galassie nell’accezione moderna) disposte uniformemente nello spazio. Nel 1929 l’astronomo statunitense Edwin Hubble dimostrò che l’universo attuale si sta espandendo e che dunque deve aver avuto un’origine nel passato. Dal punto di vista di un osservatore terrestre, le galassie appaiono allontanarsi con velocità proporzionale alla distanza (legge di Hubble-Lemaître), fino a un limite oltre il quale sembrerebbero allontanarsi alla velocità della luce e quindi diventano impossibili da vedere. In altre parole, poiché la luce ha velocità finita, guardare lontano significa anche guardare indietro nel tempo, fin al punto in cui si osserva l’istante della nascita del cosmo, il Big Bang. In pratica l’universo visibile ci appare di dimensioni limitate nello spazio e nel tempo, per cui la luce ci giunge da un numero limitato di stelle e di conseguenza il cielo ci appare nero. Il paradosso non è più tale se si rimuove il presupposto dell’eternità del cosmo. Anche nel caso in cui il cosmo fosse comunque infinito nello spazio, ma non nel tempo, secondo la cosmologia comunemente accettata, per eliminare il paradosso di Olbers basta lo spostamento verso il rosso (detto effetto batocromo): quando gli oggetti sono abbastanza lontani – cioè se la loro distanza dall’osservatore è superiore allo spazio che la loro luce può aver percorso dal Big Bang – la loro luce non giungerà all’osservatore; anche nel caso in cui gli oggetti siano più vicini di questo limite,

087 ↘ WESTERLUND 2 IMMAGINE DI NASA/ESA, 2020 Si è recentemente scoperto che il materiale che circonda le stelle vicino al centro di questo ammasso globulare è misteriosamente privo delle grandi e dense nubi di polvere che dovrebbero diventare pianeti in pochi milioni di anni. Questa è la prima volta che gli astronomi analizzano un ammasso stellare estremamente denso per studiare quali ambienti sono favorevoli alla formazione di un pianeta

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088 ↘ LA BARRIERA CORALLINA COSMICA IMMAGINE DI NASA/ESA, 2020 Questa immagine raffigura la nebulosa gigante NGC 2014 e la sua vicina NGC 2020, che insieme compongono parte di una vasta regione di formazione stellare nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, a circa 163.000 anni luce di distanza. Queste nebulose costituiscono la “Barriera Corallina Cosmica”, chiamata così per il colore caratteristico e la somiglianza al mondo sottomarino



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↘ M78

IMMAGINE DI NASA, 2015 Le nubi di polvere interstellari e le nebulose luminose abbondano nella costellazione di Orione: una delle più luminose è M78. La nebulosa bluastra stessa ha un diametro di circa 5 anni luce La sua colorazione blu è dovuta alla polvere che riflette la luce blu delle giovani stelle calde della regione

090 ↘ MYSTIC MOUNTAIN IMMAGINE DI NASA/ESA, 2010 Le radiazioni incandescenti e i flussi di particelle cariche provenienti dalle stelle appena nate nella Nebulosa della Carena stanno modellando e comprimendo il pilastro, causando la formazione di nuove stelle

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non arriverà comunque nulla della loro luce, se la velocità di recessione (dovuta allo stiramento e all’espansione spazio-temporale dell’universo stesso) è maggiore di quella della luce. Quindi anche in un universo infinito nello spazio ma finito nel tempo non avremmo il paradosso. Secondo il cosmologo statunitense Edward Robert Harrison, la soluzione del paradosso non si trova nell’espansione dell’universo, in quanto anche un universo statico avrebbe un cielo notturno buio. La soluzione, secondo Harrison, risiede nel fatto che le stelle brillano da troppo poco tempo per riempire tutto l’universo con la loro radiazione. “ AND THE STARS LOOK VERY DIFFERENT TODAY” DAV ID BOWIE, SPACE ODDITY Le culture antiche guardavano al cielo per ogni sorta di motivo: identificando diverse configurazioni di stelle note come costellazioni e tracciando i loro movimenti potevano seguire le stagioni per l’agricoltura e tracciare i loro percorsi in mare. Molte di queste costellazioni prendono il nome da figure mitiche, come Cassiopea e Orione il Cacciatore, altre sono nominate come gli animali a cui assomigliano, per esempio l’Orsa Minore (Piccolo Carro) e il Cane Maggiore. Oggi gli astronomi usano le costellazioni come guide per nominare le stelle appena scoperte, ma le costellazioni continuano a servire come strumenti di navigazione: nell’emisfero australe, ad esempio, la famosa costellazione della Croce del Sud è usata come punto di orientamento, mentre invece gli abitanti dell’emisfero boreale possono contare su Polaris (parte della ben nota costellazione dell’Orsa Minore) o sulla Stella Polare.

↙ 091 PROXIMA CENTAURI IMMAGINE DI ESA/NASA, 2013 È la stella a noi più vicina, dista solamente 4 anni luce dalla Terra. Nel 2016 è stato individuato un pianeta potenzialmente dotato di acqua liquida superficiale nella sua fascia orbitale abitabile. Data la sua natura di nana rossa ci sono possibilità che sul pianeta possano svilupparsi forme di vita

Già nel 1300 Dante Alighieri aveva compreso che solo partendo dal buio – anche se si tratta del buio di una notte infernale – è possibile tornare a vedere le stelle. Una delle saldature più belle e significative di tutta la Divina Commedia è costituita dal fatto che la stessa parola stelle brilla di luce propria alla fine di tutte e tre le cantiche: nell’Inferno è “E quindi uscimmo a riveder le stelle”, nel Purgatorio “Puro e disposto a salire le stelle”, nel Paradiso “L’Amore che move il sole e l’altre stelle”. È come se nel suo viaggio, alla fine di ciascuna cantica, in un estremo tentativo di ricognizione e ricalcolo, Dante, come uomo e poeta, non potesse fare a meno di inciampare nelle stelle e dalle stelle poi lasciarsi guidare e orientare lungo il cammino, come se le stelle conoscessero la strada, meglio della polvere. STARGAZING

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Andy Holmes, La Via Lattea (fotografia scattata a Cerro Azul, Portogallo)




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unsplash.com/photos/CpHNKNRwXps

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flickr.com/photos/edwingardner/28033571008/in/album-72157696354263195/

066 →

flickr.com/photos/edwingardner/40038842930/in/album-72157696354263195/

067 →

flickr.com/photos/edwingardner/28033557438/in/album-72157696354263195/

068 →

flickr.com/photos/edwingardner/41128918484/in/album-72157696354263195/

069 →

eoimages.gsfc.nasa.gov/images/imagerecords/144000/144150/blueridge_vir_2018297_lrg.jpg

070 →

Immagine gentilmente concessa da Elena Redaelli

071 →

www2.mpia-hd.mpg.de/Public/Aktuelles/PR_2/2013/PR_2013_06/bilder/PR_2013_06_3gr.png

072 →

Immagine gentilmente concessa da Elena Redaelli

073 →

projects.iq.harvard.edu/files/styles/os_files_xlarge/public/eht/files/20190410-78m-800x466.png?m=1554877319&itok=2B0WfBET

074 →

oxfordamerican.org/images/_WEB/EOTS/2018/05_May/2018-05-31_Kranzler-Phelps/KranzlerPhelps_05.jpg

CAPITOLO 6 SITOGRAFIA 1 →

India Today, The first Earth photo from Moon was taken on this day, 52 years ago

2 →

NASA, What Was the Apollo Program?

indiatoday.in/education-today/gk-current-affairs/story/first-earth-photo-from-moon-html-1321237-2018-08-23

nasa.gov/audience/forstudents/5-8/features/nasa-knows/what-was-apollo-program-58.html 3 →

Sandro Iannaccone, Così la Nasa sogna la sua base sulla Luna repubblica.it/scienze/2020/04/10/news/la_nasa_vuole_costruire_una_base_sulla_luna-253635176/

CREDITI FOTOGRAFICI 075 → upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/11/Atlas_Agena_launching_Lunar_Orbiter_4.jpg 076 → upload.wikimedia.org/wikipedia/it/b/b9/Lunar_Orbiter1_launch.jpg 077 → upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/89/Apollo_11_bootprint.jpg/1280px-Apollo_11_bootprint.jpg 078 → nasa.gov/multimedia/imagegallery/image_feature_623.html 078 → upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/d/d6/First_View_of_Earth_from_Moon_-_reprocessed_wide.jpg 078 → upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a8/NASA-Apollo8-Dec24-Earthrise.jpg/1280px-NASA-Apollo8-Dec24-Earthrise.jpg

134 STARGAZING | FONTI


078 → nasa.gov/image-feature/apollo-10-view-of-the-earth 078 → upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/97/The_Earth_seen_from_Apollo_17.jpg/1280px-The_Earth_seen_from_Apollo_17.jpg 079 → upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/2e/Apollo_15_Lunar_Rover_and_Irwin.jpg 080 → unsplash.com/photos/e5eDHbmHprg 081 → cdn.mos.cms.futurecdn.net/dPrCpXQXxatvGdxhLxdWKZ-1024-80.jpg 082 → static.scientificamerican.com/sciam/cache/file/555F38A3-E04F-4835-806F717C19D285BC_source.jpg

CAPITOLO 7 SITOGRAFIA 1 →

Catherine Zuckerman, Everything you wanted to know about stars nationalgeographic.com/science/space/universe/stars/

2 →

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Cosa è il paradosso di Olbers? scienzapertutti.infn.it/chiedi-allesperto/tutte-le-risposte/545-40-cosa-e-il-paradosso-di-olbers

3 →

Wikipedia, Paradosso di Olbers it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Olbers#Soluzione_moderna

4 →

IAMREV Project, A riveder le stelle iamrevproject.com/blog/2019/01/25/a-riveder-le-stelle/

CREDITI FOTOGRAFICI ERCOLE → spacetelescope.org/images/potw1011a/ 083 → apod.nasa.gov/apod/ap101125.html 084 → hubblesite.org/contents/media/images/2004/27/1578-Image.html 085 → esa.int/ESA_Multimedia/Images/2016/05/The_Little_Fox_and_the_Giant_Stars#.XwpDwGpDrG8.link 086 → apod.nasa.gov/apod/ap130110.html 087 → cdn.spacetelescope.org/archives/images/screen/heic1509c.jpg 088 → esa.int/ESA_Multimedia/Images/2020/04/Tapestry_of_blazing_starbirth#.XwpGQTiBnAc.link 089 → apod.nasa.gov/apod/ap190308.html 090 → apod.nasa.gov/apod/ap190308.html 091 → esa.int/ESA_Multimedia/Images/2013/10/Proxima_Centauri_our_nearest_neighbour#.XwpFaxdDbWE.link IMMAGINE DI STACCO → unsplash.com/photos/LUpDjlJv4_c

STARGAZING | FONTI

135


Le stelle sono buchi nel cielo da cui filtra la luce dell’infinito. Confucio VI-V secolo a.C.


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