Ncaa time maggio

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Anno 3 Numero 8

Maggio 2016

Numero speciale con tutto il meglio della nostra produzione durante tutta la stagione...BUONA LETTURA!



SPACE CITY di Luca Caslini........................................................6-7 INTERVISTA: AARON WHITE di Glauco Barbero.......................8-9 LA MIA STAGIONE di Elisa Penna...........................................10-11 INTERVISTA: VENKY JOIS di Stefano Bei..............................12-13 VILLANOVA, LA STAGIONE di Riccardo Di Stefano...............14-15 Lâ€&#x;ESTATE ITALIANA di Isabella Agostinelli..............................16-19 IL TORNEO FEMMINILE di Isabella Agostinelli.......................22-25 INTERVISTA: BINELLI-STEFANINI di Isabella Agostinelli.......26-29 INTERVISTA: KEVIN WARE di Stefano Bei.............................30-31

Hanno collaborato:

Stefano Bei di NBA-Evolution.com Glauco Barbero di Rushandslam.blogspot.it Isabella Agostinelli di College Basketball Tour Riccardo Di Stefano Luca Caslini Elisa Penna (Wake Forest University)

INTERVISTA: CANYON BARRY di Glauco Barbero.....................32 INTERVISTA: MATT LONEGRAN di Glauco Barbero..............34-35

Tutte le immagini inserite in questo numero appartengono ai rispettivi proprietari




DiLuca Luca Caslini Di Caslini

In questo articolo ci addentreremo proprio tra le vie della Space City ,così soprannominata data la presenza dell'agenzia spaziale NASA. Con i suoi 2.2 milioni di abitanti é la quarta città per abitanti della nazione. Fondata nel 1836 é una delle metropoli a più alto tasso di sviluppo degli Stati Uniti con un' economia basata sul settore aereospaziale, petrolifero e di ricerca. Curiosamente, Houston detiene un triste primato essendo la città più grassa d'America con il 25% dei suoi abitanti in sovrappeso. Allo stesso tempo é, però una città multiculturale ricca di musei tra cui ricordiamo il Museum of Fine Arts che accoglie più di 40000 opere, il Contemporary Art Museum e il museo dell'olocausto.

L'alto tasso di crescita della cittá é stato raggiunto anche grazie all'apparato universitario. Tra le principali e più affermate ricordiamo l'Università di Houston, la Ricerca University e la Texas Southern University. Il Texas terra di Football, Rodeo, cowboy e grandi scontri razziali non ancora risolti tra bianchi e neri ha avuto proprio nel basket universitario una squadra che ha cambiato il modo di giocare e pensare pallacanestro. La suddetta squadra é la leggendaria Texas Western Miners, che anche se ha sede ad El Paso merita di essere citata in questo articolo. I ragazzi del Texas Western College oggi conosciuta come University of Texas at El Paso furono la prima squadra a schierare un intero quintetto di giocatori di colore e riuscire nell'impresa di vincere il titolo nazionale nella stagione 1966.

La città é ricca di festival che richiamano moltissimi turisti.

La squadra subí, durante tutta la stagion, vari problemi razziali, venendo sfavorita negli arbitraggi, subendo insulti e sassaiole al pullman durante le trasferte.

Il Bayou City Art Festival é uno dei più importanti della nazione e il Livestock Show and Rodeo é il più grande e importante del mondo che ha una durata di ben 20 giorni.

Quando in finale batterono Kentucky per 72-65 nessuno portó una scala sotto il canestro per il classico taglio della retina e i ragazzi dovettero arrangiarsi come poterono.


Senza dilungarsi troppo, questa pietra miliare della pallacanestro rese possibile il processo di integrazione dei giocatori di colore all'interno della Southern Conference che nella stagione 1967 li ammise durante le partite. La squadra, introdotta nella Hall of Fame nel 2007 ha ispirato un libro e il successivo film dal nome Glory Road. Superata questa doverosa digressione ritorniamo al tema principale dell'articolo. Come detto le università della città non sono poche e lo sport al pari delle squadre professionistiche riveste un ruolo molto importante negli atenei. La più riconosciuta nel panorama cestistico é sicuramente l'University of Houston. I Cougars competono nella Division I nella American Athletic Conference. Disputano le partite casalinghe al Hofheinz Pavillion (capienza 8500) e sono allenati da Elvin Sampson al secondo anno alla guida della squadra. Il programma sportivo inizió dalla stagione 1945-1946 con qualche anno di ritardo rispetto al programma femminile. La squadra allenata da Pasche ottenne buoni risultati ma fu con il suo successore Guy Lewis che la squadra salí di livello costruendosi una grande reputazione. Lewis, che a sua volta fu un Cougar, guidó la squadra a 27 stagioni vincenti consecutive e a 14 apparizioni al torneo. Houston disputò le Final Four in cinque occasioni (67-68-82-83-84) ed arrivó a due finali (83 e 84). Nella stagione 1968 i Cougars di Elvin Hayes, sfavoriti batterono ed eliminarono gli UCLA Bruins di fronte ai 50000 fan in delirio dell' Houston Astrodome. La gara venne soprannominata " Game of the Century" e divenne un grandissimo sponsor per la pallacanestro collegiale. Nel 1983 i Cougars arrivarono alla finale dove affrontarono NC State. I Cougars erano una squadra solida e ricchissima di talento composta da giocatori del calibro di Benny Anders, Reid Gettys, Michael Young, Dave Rose ma soprattutto le future stelle Nba Clyde Drexler e Hakeem Olajuwon che venne nominato MVP del torneo. Tutto questo talento non bastò e la finale fu decisa dalla schiacciata vincente allo scadere di Lorenzo Charles che fissó il punteggio sul 54-52. L'anno successivo Clyde Drexler andò in NBA e la squadra di Olajuwon tornó nuovamente in finale battendo in serie LSU, Memphis State, Wave Forest e Wirginia. Purtroppo l'esito della finale fu lo stesso dell'anno precedente e la Georgetown di Patrick Ewing si impose per 84 a 75. Nel 1966 i Cougars cambiarono Conference e si unirono all USA Conference sotto la guida di Alvin Brooks

i risultati tardarono ad arrivare. Tra il '98 e il 2000 arrivó sulla panchina proprio quel Clyde Drexler ma solo dopo due anni lasció e venne sostituito da Ray Mccallum e negli anni successivi da svariati coach che non riuscirono a replicare le gesta di Lewis. Arrivano alle stagioni più recenti, quella appena terminata si é conclusa con un record di 22-10 e la squadra si é qualificata per il NIT vendendo però eliminata al primo turno. I Cougars verranno sicuramente ricordati per la squadra delle annate dall' '82 all '84 che venne soprannominata PHI SLAMA JAMA per il suo stile di gioco fatta di transizione, velocità e schiacciate. Oltre a questa gloriosa università c'é anche la Rice University, situata nel District Museum della cittá. Compete nella Divison I Conference USA ed é allenata da Mike Rhoades. Gli Owls hanno partecipato a quattro torei Ncaa ed hanno raggiunto nel 1954 le Sweet Sixteen. Un'alta università dal buon programma cestistico é Texas Southern che con i suoi Tigers partecipa alla Division I nella SWAC Conference. Vantano sei titoli di Conference e sei partecipazioni al torneo, l'ultima nel 2015. Questa piccola università nel 2014 riuscì a battere Michigan State che poi nel torneo arrivó alle Final Four. Nel suo complesso anche Houston non ha nulla da invidiare alle altre metropoli statunitensi potendo contare su strutture universitarie che hanno sfornato svariati campioni. La finale del torneo appena disputata ha portato entusiasmo ed energia nelle vie della metropoli sperando che, quando il carrozzone della Ncaa tornerà in città per un' altra finale ci sarà una squadra della Space City a difendere o conquistate il torneo.


Di Glauco Barbero

In una BIG10 dominata da Wisconsin, nelle ultime stagioni giocava, con la maglia degli Hawkeyes, Aaron White. Giocatore dotato di ottima mano e capace di mantenere la doppia cifra di media in tutte le sue quattro stagioni al college e chiudere da senior con 16+7. Grazie all'ufficio stampa della Telekom Bonn siamo riusciti a raggiungerlo per chiedergli cosa ne pensa della sorprendente stagione di quest'anno della sua Alma Mater, dell'esplosione di Uthoff e del suo futuro in Europa o nuovamente oltreoceano. Che cosa pensa della stagione degli Hawkeyes e dove potranno arrivare in BIG10 e nella March Madness? Sono un ex studente di Iowa molto fiero di guardare Iowa giocare in questa stagione. E' divertente vederli giocare bene, essere anche nelle top 5 del ranking ed avere una

stagione speciale. Penso che siano abbastanza bravi da poter vincere la Big10 e competere per andare alle Final Four. In questa stagione Uthoff ha migliorato le sue capacità e può essere considerato uno dei migliori della division I. Ci racconti qualcosa su di lui ? Pensavi che potesse diventare un giocatore come quello che vediamo in questa stagione? Essendo stato compagno di Jarrod negli ultimi 3 anni ho visto quanto talento avesse e non sono sorpreso di quanto stia giocando bene. Quando la sua fiducia nei proprio mezzi è alta è uno dei migliori giocatori al college. Non vedo l'ora di seguire la sua stagione da senior e la sua carriera da professionista.


Che cosa ne pensi della BIG10 ora che non c'è Wisconsin così dominante? La Big10 è una delle conference migliori del college basket e questa stagione non vedo una squadra dominante come nel passato. Questo creerà una divertente corsa al titolo e rende ogni notte interessante. Raccontaci di te, come ti trovi in Europa e quali sono, per te le principali differenze tra la NCAA e l'Europa? Il mio passaggio verso il gioco in Europa è stato buonissimo ed il basket qua mi diverte. Penso che le mie caratteristiche si adattino bene con questo stile di gioco. Le principali differenze sono le chiamate dei passi, il goaltending offensivo ed ovviamente il fatto di essere in campo contro contro giocatori talentuosi con più esperienza. Quali sono le capacità che stai cercando di migliorare? Che cosa ti chiede la squadra? Preferisci giocare da ala o da centro, dato che in Europa l'altezza spesso porta dad avvicinarsi al canestro? Sto cercando di migliorare le mie qualità nella mia metà campo e di continuare a tirare bene costantemente. Il mio ruolo è quello di PF o SF. Non ho mai giocato centro, ma mi piace essere una "stretch four".

Pensi che un giorno andrai a giocare in NBA o che l'Europa si adatti meglio al tuo gioco? Il mio traguardo è giocare in NBA e spero che questo accada. Ma, come ho detto prima, mi diverto veramente nel basket europeo e mi piacerebbe giocare in Eurolega nella mia carriera. Sono emozionato di giocare e spero di avere una lunga carriera professionistica.


Di Elisa Penna

La mia esperienza americana ha avuto inizio il 26 dicembre con destinazione Wake Forest University, WinstonSalem (North Carolina). La mia scelta è ricaduta su questo college perché lo staff, che mi ha cercata e mi ha offerto una borsa di studio per studiare e giocare negli States, mi ha fatto sentire fin da subito un membro della famiglia. Mi hanno aiutata moltissimo, soprattutto nel momento in cui ne avevo più bisogno. Per questo lato umano ho scelto Wake Forest e ne sono davvero felice. Lo staff è composto da persone fantastiche e le mie compagne di squadra sono tutte brave ragazze. Mi hanno dato una grande mano nel mio primo periodo di adattamento alla nuova vita negli Stati Uniti. In campo, e non solo, mi sono venute in contro, cercando di farmi sentire a mio agio e parte del gruppo fin da subito. Essendo arrivata solamente per la seconda parte del campionato, ho giocato solo nella regular season, che abbiamo terminato il 28 Febbraio, collezionando 9 vittorie e 8 sconfitte, concludendo così al decimo posto in Confe-

rence. Nonostante il brutto inizio di campionato, dove abbiamo perso cinque partite di fila, e le varie difficoltà che abbiamo incontrato durante il nostro cammino, siamo riuscite a crescere costantemente non solo sotto l‟aspetto individuale, ma soprattutto di squadra. Credo che se guardiamo come eravamo quando siamo partite e lo mettiamo a confronto con ciò che siamo adesso, non possiamo che essere soddisfatte dell‟ottimo lavoro che abbiamo svolto. Abbiamo raggiunto grandi risultati battendo squadre come Duke, cosa che non succedeva dal 1993, e abbiamo scritto un nuovo pezzo di storia per il nostro programma sportivo vincendo nella stessa stagione contro tutte le altre scuole della Carolina del Nord, cosa che non succedeva da moltissimo tempo. Il decimo posto in Conference ci ha permesso di giocare contro la quindicesima in classifica nell‟ACC Tournament, ovvero Clemson (in cui gioca una mia cara amica, Francesca Tagliapietra).Vincendo ci siamo aggiudicate il secondo round, dove abbiamo incontrato Georgia Tech


(dove milita un’altra mia grandissima amica, Antonia Peresson). Purtroppo il nostro cammino nel torneo si è concluso presto, in quanto abbiamo perso con un canestro quasi allo scadere. Sconfitta molto amara. Dopo l‟ACC Tournament abbiamo atteso circa due settimane prima di sapere di essere stati selezionati per il WNIT (Women‟s National Invitation Tournament), non avendo avuto i requisiti necessari per poter accedere all‟NCAA Tournament. Nel primo round del torneo abbiamo incontrato UNC Charlotte. E‟ stata una partita molto combattuta, una di quelle tirate fino alla fine e molto divertenti da giocare. Alla fine siamo riuscite a portarla a casa, combattendo insieme per 40 minuti. Al secondo round, invece, abbiamo giocato, e purtroppo perso, contro FGCU (che ha poi vinto il WNIT). E‟ stata una partita al di sotto delle nostre potenzialità, non avendo giocato come davvero possiamo fare. Questa sconfitta ha segnato la fine della nostra stagione, fatta di alti e bassi, ma che, a ripensarci, porta a delle grandi emozioni e bellissimi ricordi. Ora che la stagione è conclusa, il tempo lo si divide tra studio, per poter superare al meglio gli ultimi esami dell‟anno, e palestra, dove stiamo facendo molto lavoro individuale; il che è davvero stimolante perché ti danno la possibilità di lavorare su ciò in cui sei carente. Insomma, l‟obiettivo è uno solo: migliorare, alzare ogni giorno, ogni settimana l‟asticella per poter superare i propri limiti e cercare di diventare qualcosa di più. Personalmente sono davvero molto felice della scelta che

ho fatto, perché mi è stata data la possibilità di vivere un sogno. Non è sempre facile; ci sono alti e bassi, ma ne vale sicuramente la pena… al 110%!! Elisa Penna, Wake Forest University. Go Deacs!


Di Stefano Bei

Lo scorso anno sono stati una delle squadre rivelazioni del campionato NCAA trasportati da un grandissimo Tyler Harvey. Quest‟anno senza il miglior realizzatore della stagione il compito di portare al successo gli Eastern Washingtion Eagles spetterà al giocatore australiano Venky Jois che dovrà ulteriormente aumentare il suo apporto alla squadra sia come numeri che come leadership. Senza Tyler Harvey come cambieranno gli equilibri della squadra? Tyler è stato un giocatore fantastico e sicuramente ci mancherà come compagno di squadra, ma penso che come gioco non avremmo problemi segnando in attacco. Non credo ci saranno degli stravolgimenti nel nostro tipo di gioco, anche se non potremmo più vedere le sue spettacolari triple in stepback!

L’anno scorso hai mostrato buone qualità come combattente, la maggiore responsabilità sarà un peso o uno stimolo? Senza Tyler avrò sicuramente più resposabilità per me, ma abbiamo grandi tiratori e questo renderà le cose più facili. Rispetto a marzo penso di essere un giocatore migliore e speriamo che questo si rifletta nel nostro record a fine stagione. Quale squadra vedi come principale avversaria nella Big Sky? Weber State e Montana sono sempre nel discorso quando si tratta di indicare una favorita per la vittoria della Big Sky, ma ci sono molte squadre in grado di battere chiunque, non è possibile scommettere su nessuno se non su noi stessi.


Dopo aver raggiunto il torneo NCAA, quali sono le prospettive per questa stagione? Prima di tutto vogliamo davvero tornare al torneo, Ovviamente questa volta vorremmo vincere qualche partita ma sarei entusiasta anche solo giocare di nuovo il torneo. Nel roster ci sono 5 giocatori australiani, quanto è importante per l’unione dello spogliatoio? Australiani o no abbiamo un grande gruppo di ragazzi nella squadra, io adoro i miei compagni di squadra e non credo che la nazione di provenienza siano importanti. Ovviamente per alcune matricole è bene avere alcuni Aussies per parlare in modo da non sentire la nostalgia di casa come è stato per me durante il mio primo anno. In molti aspetti Eastern Washingtion sembra Creighton con Doug McDermott, la tua opinione? Non ho molta conoscenza di Creighton soprattutto quando McDermott giocava li, ma so che ha portato la sua squadra al torneo NCAA e ha guidato la nazione per punti segnati. Quindi se posso portare la nostra squadra nuovamente nel torneo sarò molto felice di tale confronto. Bogdan Bliznyuk ha mostrato grandi qualità di realizzazione, cosa vi può dare? Bog è sicuramente una superstar emergente per noi e penso che avrà una grande stagione davanti a se, potrà beneficiare dello spazio lasciato libero da Tyler in termini

di realizzazione e può diventare uno dei giocatori più efficenti della nazione. Se riesce a tirare con il 60% dal campo e con il 55% da 3 ancora una volta avremo una grande stagione. Domanda finale, quali sono le tue favorite per la Final 4? E‟ difficile scommettere contro Duke o Kentucky, ma non tendo ad osservare tutte le squadra se non i nostri avversarsi, non posso fare una previsione affidabile. Ringraziamo Venky Jois per la disponibilità


Di Riccardo Di Stefano

Villanova era stata una delle delusioni del torneo 2015, perdendo al secondo turno da North Carolina State. L‟ossatura della squadra è rimasta la stessa della stagione precedente, eccezion fatta per l‟arrivo di Jalen Brunson, freshman da Lincolnshire, Illinois. I Wildcats erano 11esimi nel ranking AP prestagionale. „Nova era la favorita per vincere la Big East e ci si aspettava una stagione solida da parte loro ma in pochi la consideravano una seria candidata al titolo nazionale; i più pensavano che si sarebbero sciolti con l‟arrivo del mese di marzo, come nelle precedenti due stagioni. La stagione è iniziata con sette agevoli vittorie contro avversarie modeste, compresa Saint Joseph‟s, sconfitta 86-72 nella rivalità chiamata “Holy War”. La prima sconfitta arriva il 7 dicembre contro la n.7 Oklahoma ad Honolulu, Hawaii. E‟ una sconfitta pesante, 55 a 78, che verrà vendicata qualche mese dopo. La risposta arriva con una vittoria di 29 punti su La Salle ma nel match successivo la squadra di coach Jay Wright perde ancora in casa di Virginia. Dopo due vittorie contro squadre poco competitive Villanova debutta in Big East il 31 dicembre mandando un messaggio chiaro alle dirette rivali, battendo la #6 Xavier 95-64. I Wildcats inaugureranno il 2016 con sei vittorie, comprese quelle a domicilio

contro Butler e Seton Hall. Il 23 gennaio arriva la prima sconfitta nel calendario di conference contro Providence. I bianco blu della Pennsylvania reagiranno alla grande con una striscia di 7 successi, compreso quello del rematch contro gli stessi Friars. E‟ proprio grazie alla vittoria al Dunkin‟ Donuts Center di Providence che „Nova ottiene la numero 1 del ranking dell‟Associated Press per la prima volta nella sua storia, restando in cima per tre settimane consecutive. A frenare il momento di grazia degli uomini di Wright ci pensa Xavier, stracciata un paio di mesi prima. Seguiranno tre agevoli vittorie, tra cui quella contro Georgetown che sancisce il termine della stagione regolare. Villanova chiude con un record complessivo di 27 vittorie e 4 sconfitte(16-2 nella conference), conquistando per il terzo anno di fila il titolo di campione della regular season della Big East. Jay Wright viene votato allenatore dell‟anno della storica conference a pari merito con Kevin Willard di Seton Hall, mentre la guardia Josh Hart ha trovato posto nel quintetto ideale. I Wildcats sono la prima testa di serie del torneo della Big East che, come ogni anno, si disputa al Madison Square Garden di New York, perciò hanno potuto riposare durante la prima giornata. Nessun problema all‟esordio contro Georgetown, battuta


per la seconda volta nel giro di sei giorni. La difesa di Villanova riuscirà, il giorno successivo, a limitare la stella di Providence Kris Dunn a soli 9 punti e sconfiggere i Friars 76-68 qualificandosi per la finale dove verranno sconfitti a sorpresa da Seton Hall 69-67, grazie ai 26 punti della guardia Isaiah Whitehead. Piccola consolazione per Kris Jenkins(23 punti in finale) e Josh Hart, inclusi nel primo quintetto del torneo. La Selection Sunday riserva ai „Cats la testa di serie n.2 della South Region del Torneo NCAA e un esordio sulla carta facile contro UNCAsheville, ma si sa che nella March Madness può succedere di tutto. Tuttavia Villanova vince di 30, portando cinque giocatori in doppia cifra. Due giorni dopo arriva un altro facile successo contro la #7 Iowa, per 87-68, che vuol dire che i Wildcats hanno già fatto meglio rispetto alle recenti partecipazioni al Torneo. Nelle Sweet Sixteen li aspetta la #3 Miami, sulla carta avversario ostico, che in realtà viene sconfitto agevolmente con il punteggio di 9269, grazie ai 21 punti a testa di Kris Jenkins e Ryan Arcidiacono. Nel giorno del ventiduesimo compleanno di quest‟ultimo, „Nova parte da sfavorita nel match di Elite Eight contro Kansas, campione della Big 12 e n.1 del South Regional. Sarà una partita tiratissima dalla palla a due fino alla sirena finale ma i Wildcats limitano il temibile attacco dei Jayhawks e vincono 64-59, raggiungendo la quinta Final Four della loro storia e la prima dal 2009. Il destino li mette di fronte ad Oklahoma, che li aveva battuti con uno scarto di 23 punti a dicembre. Sarà una dolcissima vendetta per Villanova che vincerà 95-51 stabilendo il maggiore margine di vittoria nella storia della Final Four(44 punti), limitando il giocatore più in forma della nazione, Buddy Hield, a soli 9 punti. Nelle fila biancoblu spiccano i 23 di Hart ed i 18 di Jenkins. Il 4 aprile 2016, davanti ai 74.340 spettatori

dell‟NRG Stadium di Houston, va in scena la finale nazionale, dove i „Cats affrontano da sfavoriti i North Carolina Tar Heels, testa di serie n.1 dell‟East Region e campioni della ACC, che hanno facilmente sconfitto Syracuse in semifinale e vanno a caccia del sesto titolo della loro storia. Per Villanova è la terza finale di sempre. Nel primo tempo le squadre rimangono molto vicine nel punteggio, con Carolina che però chiude meglio ed entra in spogliatoio sopra di 5. I Wildcats alzano il livello nella ripresa e con poco più di cinque minuti da giocare si portano sul +10. UNC, però, non ci sta e ricuce lo svantaggio fino a pareggiare a meno di 5 secondi dalla fine grazie ad una tripla semi-impossibile di Marcus Paige. Jay Wright chiama il timeout e disegna una giocata che si dimostrerà impossibile da fermare: Ryan Arcidiacono prende la rimessa da fondocampo e corre fino alla linea dei tre punti, seguito da Kris Jenkins che riceve il suo scarico e spara la tripla allo scadere che consegna il titolo NCAA ai suoi, il secondo della storia dopo quello del 1985. Coach Jay Wright darà il merito al “Wildcat minute”, in cui i suoi giocatori allenano le situazioni che potranno servire nei finali di partita. Phil Booth chiude a sorpresa come migliore realizzatore di Villanova con 20 punti ma il premio di Most Outstanding Player della Final Four va a Ryan Arcidiacono, che ha affidato nelle mani di Kris Jenkins il pallone più importante della storia dei Villanova Wildcats. I Wildcats hanno stabilito un nuovo record di vittorie nella storia dell‟ateneo con 35, sconfiggendo quello della precedente annata(33). Solo 5 sconfitte in stagione per „Nova: 4 in regular season, tutte contro squadre presenti nel ranking quando affrontate(Oklahoma, Virginia, Providence e Xavier) ed una in postseason, ovvero la finale del torneo della Big East contro Seton Hall.


Di Isabella Agostinelli

L'arcinoto stereotipo secondo il quale l'Italia è per gli americani sinonimo di “pizza, pasta e mandolino” è ormai acqua passata. Almeno nel mondo del basket NCAA. Certo, i giovani atleti quando vengono nel nostro Paese mangiano quintali di pizza e pasta, ma da quattro anni a questa parte l'Italia è diventata la meta ideale per prepararsi al meglio alla nuova stagione. Tante sono infatti le squadre di college statunitensi che percorrono in lungo e in largo lo Stivale per sostenere vari scrimmage test prima di iniziare la vera e propria pre-season. Se questa nuova concezione ha preso sempre più piede negli USA è stato soprattutto grazie al College Basketball Tour (CBT) un evento che quest'anno è riuscito a portare in Italia ben 23 college americani di Division I e II (maschili e femminili) per tutto il mese di agosto. E che l'idea piaccia agli americani è evidente: “L'anno scorso abbiamo perso tre giocatori fondamenti e abbiamo cambiato gran parte della squadra; un evento come il College Basketball Tour è cruciale per permettere ai ragazzi di creare un gruppo coeso, affiatato e in sincronia che possa affrontare al meglio la prossima stagione” ha confermato coach Dawkins

degli Stanford Cardinal. Non c'è quindi da stupirsi se quest'anno tra i 23 College americani partecipanti spiccassero nomi del calibro di Michigan - finalista NCAA 2015 con coach Izzo dato come prossimo allenatore della nazionale USA dopo Rio 2016; Marquette, il college da cui sono usciti Dwyane Wade e Travis Diener; USC, squadra che ha visto crescere il nostro Daniel Hackett, Stanford, l‟università vincitrice del prestigioso NIT che ha mancato la NCAA per un soffio, e Oregon State , laureatesi campionesse della PAC 12 nella scorsa stagione sotto la guida di coach Rueck, nominato coach dell'anno. Giunto alla sua quarta edizione, in CBT non smette di siglare record su record, regalando tante soddisfazioni ai suoi organizzatori. “Il bilancio di quest'anno, oserei dire che è stato stupefacente, o almeno... io sono decisamente sorpreso” ha confessato Ales Masetto. Una reazione comprensibile davanti ai numeri ottenuti lo scorso agosto: “23 College americani, oltre 40 partite organizzate diretta-


mente ed altre 20 comunicate, otto regioni italiane 12 città, quattro gare trasmesse in diretta su FoxSport negli USA, otto gare trasmesse da SportItalia, otto gare in diretta streaming. per oltre 40.000 visualizzazioni. oltre 10.000 fan sui social per 750.000 utenti unici raggiunti nel mese di Agosto, oltre 5.000.000 di visualizzazioni nel corso del 2015 nei canali social. oltre 10.000 spettatori nei palazzetti. Quattro squadre nazionali, due squadre di A1 maschile, tre di A” maschile, diverse squadre di A femminile e tante tante squadre All Star in tutta Italia”. Ma non si tratta solo di numeri. Intorno al CBT si è ormai creato un entusiasmo collettivo che ha contagiato un po' tutti, dal pubblico agli addetti ai lavori, dai social media alle televisioni. “Il momento che ricorderò come un flash impresso nella mia mente” ha raccontato Andrea Sciarrini, organizzatore della tappa marchigiana “è l'alley-oop Christon-McKissic in VL-Stanford davanti a 1100 spettatori in delirio che più non ce ne stavano al PalaDionigi di Montecchio (PU)... lì mi son reso proprio conto di quanto fossimo stati in grado di creare, di crescere e di coinvolgere persone, pubblico,partner, sponsor, tv, giornali... Proprio una bella soddisfazione!”. Il segreto è soprattutto nella qualità di questo evento che è riuscito a conquistare la fiducia dei college americani che investono sempre di più in questa “trasferta italiana” in preparazione della prossima stagione, tanto da far esclamare Coach Izzo di Michigan State “This trip was as good as anything I‟ve done in my 20 years”. “250 volontari (dai ragazzini che pulivano il campo agli atleti e tecnici

impegnati sotto le plance) in tutta Italia che hanno permesso col loro preziosissimo lavoro di tenere alta la bandiera italiana del basket nei confronti del “professori” del basket” - ha spiegato Ales - “i blogger che hanno popolato il sito internet e i canali social di una quantità di bellissimi articoli, video e foto prima durante e dopo le gare”. Gli fa coro Andrea: “Il grande sforzo di avere collaboratori di qualità fa tutta la differenza del mondo! Ma sai qual è la cosa più bella? E' il senso di appartenenza al progetto in se' che è favoloso, l'entusiasmo che si crea e quell'attesa, quella curiosità “frizzantina” che si ha prima di vedere le squadre in campo...decisamente da spettacolo americano! Questo siamo!”. Un lavoro e un entusiasmo che hanno saputo coinvolgere sempre di più gli addetti ai lavori e soprattutto anche le squadre italiane. La partecipazione delle squadre di serie A ha segnato infatti una vera e propria svolta nell'evento. Così che, se lo scorso anno, solo i Mantova Sting avevano risposto presente all'appello, quest'anno oltre alla nazionale Italiana che se l'è vista con Michingan, si sono aggiunte anche la Consultinvest Pesaro (impegnata contro Stanford), la Virtus Bologna, la Fileni Jesi, la Tezenis Verona e in campo femminile la Umana Reyer di Venezia-Mestre e la ASD FE.BA di Civitanova. “Considerando che il calendario delle gare si concilia malissimo con l‟inizio della stagione dei nostri Club” - ha spiegato Ales “cosa che porta a confrontarsi con una quantità infinita di


“no non possiamo” da parte di club, tecnici, giocatori ecc… , è giusto dire GRAZIE a chi ci ha creduto, a chi e‟ stato in campo in un momento davvero difficile a inizio preparazione, ma consci del fatto che il confronto con la patria del Basket sia un occasione davvero unica, per gli spettatori in primis, ma secondo noi anche per i giocatori, i tecnici e persino per noi organizzatori, dato che la professionalità degli americani e‟ sempre impressionante”. E a proposito di giocatori e giocatrici, il CBT è stato galeotto per alcuni incontri importanti: Milovan Daskovic, della scuderia di Capicchioni, è stato appena scritturato dall'Arkadia Lions di Traiskirchen (serie A austriaca) dopo aver passato alcune settimane anche con la Enel Brindisi;

Katerina Pazzaglia, che ha vestito le maglie di vari all star, ha ricevuto ben due proposte per il prossimo anno (Longwood University e Boston College, squadra nella quale milita l'azzurra Martina Mosetti, quest'anno anche nella rappresentativa nazionale U20); i coach americani poi non potevano staccare gli occhi di dosso dalla nostra Jasmine Keys; e se per in campo maschile i talenti nostrani hanno meno possibilità di inserirsi nelle franchigie americane, gli americani hanno invece la possibilità di farsi vedere dalla squadre italiane ed europee di serie A sempre alla ricerca di nuovi talenti.

Ma non solo squadre di serie A. Quest'anno il CBT ha aperto le porte anche ad una nazionale femminile: quella del Camerun allenata da Stefano Bizzozi, allenatore storico di Desio, Pesaro e Bologna che nel 2009 è approdato sulla panchina delle “Leonesse” africane e che ha reso possibile questa storica partecipazione. “Lo sport è un mezzo di riscatto molto importante nei paesi africani” - mi spiega - “in Camerun lo sport è molto legato alle scuole e alle università e qualche club, come il nostro, è privato. C'è un campionato sia femminile che maschile; naturalmente, a causa della conformazione del Paese, si tratta di campionati molto meno strutturati, ma intorno si è creato un movimento di giovani pieni di passione e voglia di fare

bene: è stupefacente vedere che nonostante le mille difficoltà si sia riusciti a creare tutto ciò e che gli atleti camerunesi siano ricercati anche all'estero per le loro doti fisiche e atletiche straordinarie”. Con questa collaborazione si è così messa una pietra miliare per un percorso che potrebbe aprire nuovi scenari per il CBT. Per quel che riguarda le sfide, le squadre americane hanno un po' dominato in lungo e in largo contro le selezioni All Star e hanno dato filo da torcere, non solo alle franchigie di serie A, ma anche alla nazionale italiana. Ales ricor-


da come finalmente accomodato in tribuna a Trieste, in mezzo al nutrito gruppo di Fan di Michigan State, si sia goduto la gara in cui “i ragazzini terribili di Coach Izzo hanno fatto sudare non poco la nostra Nazionale, (sotto di cinque punti a quattro minuti dalla fine) forse una delle Nazionali migliori di sempre come si è visto poi all‟Europeo. In quel momento ho avuto la prova che quando riusciamo a contenere il passivo in 20/30 punti con le nostre selezioni All-Star di fatto stiamo facendo un'impresa!”. Si può quindi immaginare la soddisfazione vissuta a Pesaro quando la VL Consultinvest ha strappato la vittoria a fil di sirena imponendosi su Stanford per 84 a 81 o quando Gallo & Company hanno messo a segno l'allungo che li ha portati a superare gli Spartans per 90 a 69 . Per concludere, il CBT è diventato un' occasione per tutto il movimento cestistico italiano per confrontarsi con il meglio del College Basketball americano - che fortunatamente viene a visitare il nostro splendido paese tutti gli anni! “Quest‟anno abbiamo dimostrato ancora una volta che il pubblico, se ben informato e con la giusta tempistica, non manca nei palazzetti nemmeno a ferragosto” - ha voluto sottolineare Ales - “dopo l'interesse della FOX, è chiaro che il CBT può essere un ottimo prodotto televisivo addirittura da trasmettere in diretta negli Stati Uniti, (con ovvia soddisfazione degli sponsor più internazionali del campionato). Certo, per le squadre del nostro massimo campionato questi test possono essere probanti ad inizio stagione, ma piacciono tantissimo ai loro fan e sono

un'occasione di visibilità unica per il Club, gli sponsor e per il Basket in generale! Ignorare tutto questo sarebbe quindi davvero miope da parte di tutto l'intero movimento”.


Rushandslam nasce come blog di un appassionato di sport americani per tutti coloro che condividono la stessa passione. Nato nel 2013 con quattro sezioni di base (NBA-NCAABB-NFL-NCAAFB) presto riesce a trovare un discreto numero di lettori, fatto che porta all'inizio del 2014 alla creazione di una pagina Facebook dedicata

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Sempre nel 2014 nascono anche diverse collaborazioni con siti importanti e la partecipazione ad eventi LIVE quali il College Basketball Tour a Vicenza ed il 2K Classic a New York oltre all'annuale report da Londra per le NFL International Series. Il blog non si colloca nel panorama dei siti web di basket e football americano come una pagina di aggiornamenti giornalieri, ma come una punto di ritrovo per opinioni sugli argomenti che nascono dalle Leghe americane.


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Di Isabella Agostinelli

“Sta alle altre squadre giocare meglio, non noi a fare peggio”. Queste le parole di Morgan Tuck che possono riassumere un'altra strabiliante stagione di UConn: le Huskies, infatti, hanno fatto semplicemente quello che da quattro anni stanno facendo alla perfezione senza dar segni di cedimento...le altre, semplicemente, non riescono a contrastarle. Merito di un allenatore, Geno Auriemma, capace di creare quella che a tutti gli effetti possiamo chiamare una “dinastia” che è valsa alla franchigia il soprannome di “Celtics in pony tails” (i Celtics con il codino). Merito soprattutto di un gruppo di giocatrici che ha saputo tramutare in azione le indicazioni del coach della nazionale femminile americana e aggiudicarsi tutto quello che era possibile, dai quattro titoli consecutivi ai premi individuali. A partire dalle tre colonne portanti del gruppo: Brenna Stewart, Morgan Tuck e Moriah Jefferson che da sole hanno messo insieme 151 vittorie, un record nella storia della NCAA. Brenna ha vinto di tutto, dal premio come

MVP delle Final Four al 2016 Naismith Trophy , diventando l'unica atleta ad esserne aggiudicata quattro; Moriah si è aggiudicata il 2016 Dawn Staley Award e insieme a Brenna e Morgan sono state nominate nella 2016 AllAmerica Team. Ma basta con gli elogi. Andiamo a ripercorrere insieme questa “parata trionfale” delle Huskies, iniziando il nostro viaggio dalle Sweet 16 (giocatesi il 26 marzo), dove non sono di certo mancate le sorprese. La parola che meglio potrebbe riassumerle, infatti, è “uspet” che possiamo ben tradurre come “capovolgimenti inaspettati delle gerarchie”. I risultati parlano chiaro: in tutti i quattro lati della griglia che ha portato alle quattro finaliste, le squadre di classifica più bassa hanno estromesso quelle di classifica più alta; e così Syracuse si è imposta sulla prima della sua conference (South Carolina), Standford ha fatto lo sgambetto a Notre Dame; Washington si è liberata invece egregiamente di Kentucky, una vittoria che ha davvero


sorpreso tutti; e infine, Tennesse ha beffato Ohio. UConn si è presentata all'appuntamento con il solito rullino di marcia che al 26 marzo segnava 32 vittorie e 0 sconfitte. Solo Baylor ha fatto meglio in termini di vittorie, ma ha “macchiato” il suo tabellino con una sconfitta contro Oklahoma State per 52 a 45. Le Huskies vantano un altro primato: non perdono in Sweet 16 dal lontano 1996 quando non esisteva nemmeno Facebook e a superarle fu Georgia. Da quel giorno, 84 squadre hanno incontrato UConn e sono uscite sconfitte dal terreno di gioco; Missipi State, al suo debutto assoluto in queste Sweet 16, è diventata l'ottantacinquesima. Nonostante, infatti, le Buldogs abbiano mantenuto la maggior parte delle avversarie sotto i 55 punti in tutta la regular season, le ragazze di coach Schaefer hanno scoperto che una cosa è guardare le Huskies in video... tutt'altra trovarsele davanti dal vivo e rimediare un 98 a 38 che lascia spazio a pochi commenti. Nonostante il presidente Obama le avesse scelte come tra le sue favorite, Florida State si è dovuta arrendere a Baylor (70-58) in una partita che era iniziata tutta appannaggio delle Seminoles. È bastato un timeout di coach Mulkie per cambiare le carte in tavola e portare alla vittoria le Lady Bears (e al disappunto di Mister Obama). Intanto Oregon State rendeva onore alla sua prima apparizione nelle Sweet 16 superando per 83-71 De Paul con 38 punti della sua stella, Jamie Weisner. Le Elite 8 (28 marzo) hanno invece seguito molto di più i pronostici: UConn si è imposta facilmente su Texas per 86 a 65 allungando così ancora la propia striscia vincente e qualificandosi imbattute alle Final Four. Più affascinante e più equilibrata è stata invece la sfida tra Baylor e Oregon State, la seconda e la prima delle rispettive conference. Una partita dura, con continui capovolgimenti che non hai mai avuto una dominatrice e che si è conclusa solo allo scadere grazie a tre liberi di Sydney Wiese e a una difesa serrata che ha lasciato le Lady Bears senza vedere canestro per 2 minuti e 19. Oregon State, con il punteggio di 60 a 57, ha così prenotato uno storico pass per le Final Four; la Elite 8 si rivela nuovamente “maledetta” per Baylor che si ferma a questo traguardo per la terza volta consecutiva. Tanta anche l'attesa per la sfida tra le due matricole, Washington e Standford anche perché nelle due sfide precedenti di regular season, il computo vittorie era di 1 a testa. Un equilibrio perfetto che però era destinato a terminare. E lo ha fatto a favore della franchigia dello stato del nord

che si è imposta per 85 a 76 dopo aver dominato nei primi 20 minuti di gara e subito il ritorno delle californiane che si sono portate a – 4 con pochi minuti ancora sul cronometro. La maggior freddezza di Chantel Osahor e compagne ha fatto però la differenza e regalato il pass alle Huskies. Infine, nella sfida tutta arancione tra Syracuse e Tennessee, sono state le newyorkesi a dettare i ritmi del gioco e a portarsi avanti in maniera considerevole nel quarto periodo grazie ad una strepitosa Brianna Butler che con tre triple consecutive ha messo la parola fine alla partita che si è poi conclusa per 89 a 67 per Syracuse. Siamo così arrivati alle tanto attese Final Four che quest'anno si sono giocate il 3 il 5 aprile al Bankera Life Fieldhouse di Indianapolis (Indiana), città che ospita la competizione per la terza volta dopo le edizioni del 2001 e del 2005. Questa del 2016 sarà anche l'ultima edizione le cui fasi si giocheranno a la domenica e il martedì: dal prossimo anno, come per la competizione maschile, si tornerà infatti alla più classica combinazione venerdì/domenica.


A queste Finals si presentano tre squadre al loro debutto assoluto in questa fase finale (Oregon State, Syracuse e Washington) più una che è già arrivata a questo punto per ben nove volte consecutive, una UConn che naturalmente è la favorita alla vittoria finale. Una supremazia che ha fatto storcere il naso a qualcuno e che ha fatto chiedere a molti se l'intero programma non ne stia risentendo. A vedere il numero delle persone presenti e dello spazio dedicato a queste Final Four, si direbbe proprio di no: 15,227 spettatori, numeri impensabili qui in Italia per un match di basket femminile. La prima partita in programma è quella che vede le campionesse in carica contro le Beavers di coach Rueck, una sfida interessante soprattutto per quel che riguarda il background delle due franchigie. Scott Ruek, quando arrivò sulla panchina di Oregon State nel 2011, aveva ereditato a “clean state”, una descrizione “educata” per quel che era un vero e proprio stato di emergenza del programma. Nove atlete se ne erano appena andate e solo due erano rimaste del precedente gruppo. Rueck organizzò così “open call-outs” ai quali presero parti persino una giocatrice di calcio e una di pallavolo – per intenderci. La squadra da sola è già quindi una ragguardevole storia con la S maiuscola e il fatto che, a soli cinque anni da quei call-outs, le Beavers si trovino a giocarsi una Fi-

nal Four, è un vero e proprio miracolo. Un miracolo che si è però scontrato contro la dura realtà firmata UConn. Le bocche da fuoco tra le Huskies sono tante... troppe per le Beavers che sono costrette a fare una scelta, in particolare tra Breanna Stewart e Morgan Tuck. La scelta ricade su Stewart che si limita così a soli due punti nel primo tempo, ma Tuck, lasciata libera, ha letteralmente preso la palla al balzo e in appena tre minuti ha messo insieme 10 punti consecutivi scavando un vero e proprio baratro con le avversarie. In meno di 20 minuti UConn si è portata così sul 26 a 17 e ha chiuso in estrema agevolezza sull'80 a 51. La squadra di coach Auriemma ha messo così a segno la 74esima vittoria consecutiva, senza menzionare i 45 punti di media di margine mantenuti in stagione. Sulla carta, molto più equilibrata è la sfida tra le due newcomers Washington e Syracuse. Da sottolineare il “almeno sulla carta” dato che poi sul campo le Orange hanno dominato per tutta la partita relegando Washington a un ruolo complementare. Classificata quarta nella sua conference, Syracuse non era nemmeno annoverata tra le pretendenti a un posto nella Final Four, men che meno a sbaragliare le Huskies, vittoriose su squadre del calibro di Maryland, Kentucky e Stanford. Syracuse è nota per la sua difesa con pressing a tutto campo e per il suo mici-


Stewart, Tuck e Morgan lasceranno il programma; o ancora del fatto che era da molti anni che intorno alle finali femminili non si creassero così tante aspettative e un circo mediatico così amplio. Che si ami o che si odi infatti UConn ha lasciato la sua impronta nella storia della NCAA che secondo lo stesso Auriemma “sarà un'ispirazione, un modello, non solo per tutte le nostre future giocatrici ma per tutte le generazioni future di atlete nella NCAA”. La domanda rimane quindi una e sola una: riuscirà UConn a mantenere intatta questa sua dinastia anche dopo che le sue tre giocatrici di punta lasceranno? “Non penso che UConn abbia mai avuto un anno di “ricostruzione. Non penso che il programma “ricostruisca” ma che semplicemente si ricarichi”: parola di Breanna. E se questo è vero....sentiremo parlare delle Huskies ancora per molto e molto tempo. Ma questa è un'altra storia.

diale turnover; e in questa sfida hanno decisamente mantenuto fede alla loro nomea. Infatti, Washington non è riuscito a prendere fiato tra un'azione e l'altra, rimanendo schiacciata nella tela arancione che ha così portato a ben 18 palle perse e altrettante ribaltamenti di gioco. Il risultato? 20 punti a favore di Plumm e compagne. Ed è stata proprio la guardia newyorkese, Kelsey Plumm a trascinare la sua squadra a questa storica vittoria con 17 punti. Una vittoria che si traduce nel grido a fine partita di coach Quentin Hill “One More Game” : la finale! Che dire della finale? Vogliamo parlare del risultato che è stato senza storia? Di un 82 a 51 che forse non spiega quanto Syracuse ci abbia provato ma che ha dimostrato nuovamente quanto UConn sia su un altro pianeta rispetto alle altre? Parliamo allora di alcuni momenti che hanno reso questa partita unica, iniziando dal taglio della retina, l'ultima della sua strabiliante carriera da atleta/studentessa di Brianna Stewart; o del fatto che con questa partita si conclude un ciclo per UConn che forse – e sottolineo forse – sarà difficile da ripetere quando


Di Isabella Agostinelli

Il basket statunitense é sempre più azzurro! E non si tratta solo di NBA dove, grazie alla presenza di Gallinari, Bargnani e Belinelli, il fenomeno é ormai consolidato da tempo e neppure di NCAA dove tra maschile e femminile tanti sono i nostri “universitari”! La presenza italiana infatti arriva ancora più nel profondo del basket statunitense, là dove i futuri campioni si costruiscono e si fanno le ossa sperando di entrare nell'Olimpo di questo gioco a fianco di James o Curry. Il caso ha voluto che due di questi indossino persino la stessa maglia: quella della Bergen Catholic High School nel New Jesey. I loro nomi? Thomas Binelli e Gabriele Stefanini. Entrambi classe 99, sono cresciuti insieme prima alla Basket Save My Life di San Lazzaro di Savena e poi alla Pallacanestro Reggiana. Ora condividono un sogno: quello di entrare nella NCAA e perché no....infoltire le fila degli Italians della NBA. Ecco cosa ci hanno raccontato in questa esclusiva intervista doppia!

Un pregio e un difetto del tuo compagno di squadra: Thomas: Essere in due è una cosa molto positiva: ci supportiamo a vicenda dentro e fuori dal campo. Giochiamo insieme da cinque anni e diciamo che qua mostriamo molto la “Italian Connection" di cui tutti parlano; in campo parliamo solo in italiano e molte volte gli avversari ci danno contro per questo perché non sanno cosa diciamo e ora, ad ogni nostra partita, c'è un arbitro italiano per "controllarci" :) Il problema è che siamo costantemente insieme tutto il giorno: ci hanno dato le stesse materie e le stesse classi per aiutarci tra di noi e viviamo nella stessa casa...diciamo che ci controlliamo a vicenda! :) Gabriele: Avere un connazionale in squadra è come avere un pezzo di casa sempre con te, anche se gli piace la pasta stracotta e a me al dente!! :) Quando cuciniamo da soli siamo un disastro! A parte questo, è un ragazzo che sa prendere la vita con molta più filosofia di me..


Il sogno americano e la decisione di partire per gli States: Thomas: La decisione all'interno della mia famiglia è stata unanime: tutti volevano il futuro migliore possibile per me, e sia a livello cestistico che a livello lavorativo, qui in America ci sono molte più opportunità. Non conosco bene i particolari del passaggio dalla mia attuale squadra (la Pallacanestro Reggiana ndr.) ... so solo che mi è stata proposta questa occasione e non me la sono fatta scappare. Credo che andare negli USA, per giocare ma anche per qualsiasi altro motivo (anche solo per viverci) sia un po' il sogno di tutti giovani. Alcune volte rimanevo sveglio per vedere le finali NBA e mi immaginavo come potesse essere giocare lì, nella patria della pallacanestro. Come tanti, mi facevo un po' dei viaggi mentali...ecco :) Ovviamente spero di diventare un giocatore di basket in un futuro e come tutti i giocatori voglio puntare in alto.... anche se so che arrivare in NBA è un percorso difficile e molto lungo. Gabriele: Tutto è nato quando alcuni conoscenti hanno inviato filmati ad allenatori tra cui Coach Armstrong. A febbraio dell'anno scorso abbiamo fatto un viaggio negli States per toccare con mano alcune di queste situazioni tra cui quella della Bergen. Grazie alla bella esperienza di Oliva (Pierfrancesco, quest'anno a Saint Joseph's ndr.) in questa scuola e l'ottima impressione che abbiamo avuto sia dello staff che dell'organizzazione, io e Thomas abbiamo accettato la proposta di Coach Armstrong. Ad agosto ci hanno fatto avere tutti i documenti necessari per chiedere il visto al consolato di Firenze e il 9 di settembre siamo volati qui . Un'occasione unica! Chi gioca a basket, come non può non sognare l'America? Senza contare in fatto che grazie a questa proposta sarei riuscito a conciliare sport e studio allo stesso livello, cosa che in Italia è molto difficile. Voglio arrivare alla laurea e giocare qui, anche se non penso troppo al futuro: cerco di godermi un giorno alla volta con un obiettivo alla volta. La nuova vita a stelle e strisce: Thomas: All'inizio è stato piuttosto difficile adattarsi ai ritmi americani, soprattutto nel basket. Per esempio, gli allenamenti sono completamente diversi: in Italia sono lenti con molti tempi morti. Qua invece c'è sempre qualcosa da fare. Se non stai facendo un esercizio corri dall'altra parte del campo e inizi subito quello successivo. Per dire...se in Italia in 2 ore facevo 15 esercizi, qua se ne fanno almeno 30! Inoltre, abbiamo molte partite sul calendario, soprattutto nei giorni infrasettimanali.

Per quel che riguarda la lingua e la scuola, invece, non ho avuto troppi problemi. In Italia ho frequentato il Liceo Linguistico e quindi ero già "preparato”. Certo, all'inizio a scuola era molto difficile capire e non riuscivo neanche a prendere appunti perché mentre scrivevo qualcosa, il professore aveva già detto altre tre cose. A scuola tutti scherzano sul mio accento: l'accento italiano piace a tutti e.... fa anche colpo! :) In squadra, tutti si divertono a ripetere quello che dico io con il mio accento...ma non mi offendo perché mi rendo conto di parlare proprio così e quindi una risata me la faccio anche scappare. Gabriele: Studio e basket … per me questo era ed è il mio modo di vivere: faccio quello che mi piace e non mi serve altro per ora. Sveglia alle 7, colazione, scuola dalle 8 fino alle 14 quando abbiamo 30 minuti intorno alle 13 per mangiare. Quando abbiamo una partita, quindi spesso, ci alleniamo subito dopo, altrimenti lo facciamo la sera. Considerando che giochiamo ogni 2 giorni - in pratica - è dall‟ inizio di gennaio che non facciamo un giorno di riposo. Tuttavia, almeno per me, i ritmi qui a Bergen non sono poi tanto


diversi da quelli che avevo in Italia.... anzi ho due ore in più per me perché non devo andare da Bologna a Reggio per giocare. :) A parte gli scherzi, giocando un campionato in 3 mesi tutto diventa diverso. Gli allenamenti sono strutturati con la prima parte di fondamentali di palleggio passaggio prima statico poi dinamico: Coach Billy è molto attento a questo aspetto. Poi creiamo situazioni per migliorare nelle letture dei nostri giochi e vediamo le situazioni degli avversari. Il giorno della partita abbiano sempre una sessione di almeno un'ora dove si rivedono tutte le varie situazioni e si tira. Il video si fa quasi sempre il giorno dopo la partita. Prima del campionato la cura degli allenamenti è stata praticamente sul lato fisico: io stesso ho voluto migliorarmi più che potevo per essere da subito competitivo e praticamente tutti i giorni sono andato in palestra a fare pesi e tirare, anche da solo.

sotto per tutta la partita di 7-8, ma anche 10 punti. Io ho segnato 10 punti e fatto l'assist per il canestro della vittoria. Credo di non essermi mai sentito cosi libero come quella volta su un campo da basket. Per quello che riguarda le “americanate”, qui vanno di moda gli handshakes e personalmente ne ho uno con tutti i componenti della mia squadra...è una sorta di rituale che ci carica! Come ascoltare "Lose Yourself" di Eminem, la canzone che mi rispecchia al meglio nel senso che, come dice il testo, quando hai una grande occasione non la devi sprecare e fare di tutto per farla valere al meglio. Ed è anche per questo che ho scelto il numero 0: lo 0 rappresenta l'inizio di qualcosa; io lo interpreto come "ricomincia tutto da 0. Non conta quello che hai fatto prima di arrivare qua. Riparti da 0 e dai il meglio di te in tutto, senza guardare in faccia a nessuno"

Il debutto americano e qualche aneddoto:

Gabriele: Nel torneo preseason che abbiamo fatto, la mia più grande paura era quella di non essere all'altezza …. ma una volta in campo, quando ho visto che potevo dire la mia, è passato tutto. Ma il ricordo più bello è stato quello di essere premiato nel trimestre per i voti che ho preso. E' stata la mia sfida più difficile perché comunque studio in un'altra lingua e qui non ti aspettano: devi poter capire e prendere appunti nelle lezioni e se non ci riesci poi non è facile fare i test..... che sono veramente tanti! Anche perché l'inizio non era stato dei più promettenti. Primo compito di inglese : definizioni di diversi vocaboli

Thomas: Il mio debutto in campo è stato molto particolare: ho segnato solo 3 punti, sbagliando qualche tiro. Ero molto nervoso perché era la mia prima partita ed ero molto emozionato. In campo all'inizio ero quasi spaesato e non potevo credere di essere lì. E se devo essere sincero, ancora non mi sembra vero di giocare nella “patria del basket”! Il ricordo più bello per ora è stato sicuramente una partita vinta allo scadere, dopo essere stati sempre


sbagliavo e ogni tanto me ne pento. Quando non avevamo niente da fare, andavamo in una palestra o al campetto a lavorare un po' e tutto quello che so fare su un campo da basket lo devo a lui. Cerco di ispirare il mio gioco a Dirk Nowitzky: come me lui è molto alto, ma allo stesso tempo è un buon tiratore ; per questo mi ci rivedo molto in lui. Non è molto frequente in America a livello di highschool vedere un tiratore che sia alto più di 2 metri. Nei primi allenamenti nessuno si aspettava che fossi un buon tiratore: così, quando mi hanno visto segnare anche da fuori sembrava che avessero visto un alieno. Vorrei solo avere un po dei suoi movimenti di Dirk e spero di fare la carriera che ha fatto lui. Gabriele: Senza dubbio mio papà (pivot atletico di 188cm delle serie minori ndr.), sia come modello che come influenza in tutto quello che ho fatto e faccio. Per questo ho scelto come maglia il numero 10; lo stesso che indossava lui quando con la nazionale italiana ha vinto un europeo studentesco in Israele a 16 anni e per me non c'erano dubbi su che numero chiedere. Poi prendo spunti da tutti i grandi, dato che sono convinto che guardando si impara: é la prima regola se si vuole crescere, soprattutto in un ambiente così competitivo come quello americano. Per loro tutto e' competizione, ma vista anche su se stessi: vuoi arrivare? Allora devi superare tutti i tuoi limiti! Qui vai avanti se dimostri! E quello che conta è vincere! Semplice! :) (naturalmente difficili). A casa, per prepararmi al meglio sono stato più di due ore sul computer a cercare le definizioni aiutandomi con internet. Contento, consegno il compito e alla sera, vedo il voto: zero! Disperato chiedo il motivo al prof che di tutta risposta mi dice: “Hai preso spunto da internet e per noi è copiare”. A Nulla sono valse le mie spiegazioni: semplicemente....non era un suo problema. E questo è stato il mio ben arrivato negli States. La persona che ti ha influenzato maggiormente nella tua carriera e una lezione che non dimenticherai mai: Thomas: La persona che mi ha influenzato di più di tutte nella mia carriera cestistica è stato sicuramente il mio papà (il mitico Gus Binelli, una delle bandiere della Virtus Bologna, scelto dagli Atlanta Hawks nel draft del 1986 ndr.). È il miglior coach che abbia mai avuto, anche se non mi ha mai veramente allenato perché non ho mai giocato con una delle sue squadre; era più un allenatore personale. Da piccolo ero un po' testardo e non gli davo molto ascolto. Pensavo di essere già bravo senza che nessuno avesse bisogno di insegnarmi niente. Ma mi


Di Stefano Bei

Sono passati ormai due stagioni da quando nel bene o nel male Kevin Ware è diventato conosciuto a livello NCAA, adesso dopo l‟infortunio con Louisville si sta ricostruendo una nuova carriera a Georgia State, noi lo abbiamo intervistato per una chiacchierata su passato presente e futuro. Ormai sono due anni che sei a Georgia State, cosa ti ha spinto a lasciare un programma come Louisville? Quando ho lasciato Louisville mi sentivo che quello era il momento giusto di cambiare, anche se è stata una delle decisioni più difficili che abbia mai dovuto fare nella mia vita. Avevo solo voglia di giocare a basket, sono diventato famoso per le ragioni sbagliate. Sapevo che trasferendomi in Georgia avrei potuto giocare ancora a basket.

Questo sarà la il tuo ultimo anno al college, dove ti vedi nella prossima stagione? In questo momento la mia unica preoccupazione è aiutare Georgia State a vincere un altro titolo di conference e poi tornare al torneo NCAA. Dopo di che mi piacerebbe sicuramente continuare a giocare a basket a livello professionistico. Ovviamente l‟NBA è il mio obbiettivo finale ma quello che voglio è solo continuare a giocare a basket. Torniamo al tuo infortunio, come è cambiata la tua carriera? L‟infortunio mi ha cambiato la vita per un sacco di ragioni diverse. Ovviamente sono stato lontano dal basket per un bel po di tempo e questo me lo ha fatto apprezzare ancora di più. Durante il tempo in cui non potevo giocare ho imparato molto su me stesso. Penso che mi abbia fatto fare uno scatto in più e ora non mi trovo a prendere le cose per scontate sia dentro che fuori dal campo.


Che cosa ha imparato dall’esperienza con Coach Pitino e con Coach Hunter? Ho imparato molto sia da Coach Pitino che da Coach Hunter. Coach Pitino mi ha dato la possibilità di giocare e mi ha sostenuto prima e dopo l‟infortunio. Mi ha spinto duramente per migliorare ed essere una persona migliore dentro e fuori dal campo. Coach Hunter è colui che mi ha dato una seconda possibilità. La mia esperienza con Georgia State è stata assolutamente incredibile e non la cambierei per nulla al mondo. Coach Hunter sa come spingermi per diventare un giocatore migliore e questo spero che porti ad una stagione di alto livello. Quali sono i tuoi pregi e dove pensi di poter migliorare? Credo che il mio più grande punto di forza sia la difesa, sono sempre alla ricerca di ottenere una forzatura da parte degli attaccanti per andare in contropiede. Ho lavorato molto nel corso degli anni per migliorare ad arrivare al canestro nel modo più facile possibile cercando spesso il fallo per avere più possibilità di segnare. Sto continuando a lavorare sul mio tiro in sospensione e sul tiro da 3 e spero che questo mi dia qualche possibilità in più per il proseguimento della mia carriera. Cosa vi siete posti come obiettivi per la stagione? Tutti i miei obiettivi per la stagione da Senior sono legati alla squadra, vogliamo vincere un altro titolo della Sun Belt e il torneo di conference per assicurarci di tornare

nuovamente al torneo NCAA. L‟anno scorso è stato fantastico vincere una partita nel torneo ma ci sentiamo in forma e quest‟anno possiamo arrivare ancora più avanti. Ringraziamo il giocatore per la disponibilità e Mike Holmes dell’ufficio comunicazione della Georgia State University che ha consentito tutto questo.


Di Glauco Barbero Come puoi descriverci il tuo modo di giocare? Ogni volta che scendo in campo mi viene chiesto di segnare più punti possibile, di attaccare il ferro e spingere in contropiede. Ci sono delle abilità che stai cercando di migliorare? Ho cercato di essere un giocatore migliore ogni anno. E' importante per me aumentare la mia esperienza di gioco e migliorare tutte le mie qualità. So che non si può essere un giocatore perfetto, ma sto cercando di migliorare il mio tiro, il mio passaggio ed il mio rapporto assist/palle perse. Come vedi il tuo futuro sportivo? Pensi alla NBA o valuterai anche di giocare in Europa? Amo giocare a basket, giocare in NBA sarebbe stupendo, ma se ci riuscirò valuterò di andare in Oltreoceano. Se il basket uscirà dalla mia vita cercherò di aumentare la mia educazione.

l college basket non è fatto solo di major, ma è spesso nelle squadre delle conference minori che si trovano le storie più belle. Quest'anno nella Colonial Athletic Conference, per la precisione nel college di Charleston, giocava un ragazzo dal cognome importante: Canyon Barry. Barry, junior, figlio del grande Rick Barry, ha guidato la sua squadra con quasi 20 punti ad allacciata di scarpe. Per il suo ultimo anno di eleggibilità sportiva, dopo essersi già laureato a Charleston, ha deciso di provare a giocare in un ateneo di maggiore tradizione e così alla sua porta hanno bussato: Kansas, Miami, Florida Louisville, Ole Miss, Northwestern e California. Oltre alle sue innate doti offensive quello che salta agli occhi e che fa tornare alla memoria suo padre è lo stile nei tiri liberi: da sotto. Grazie al College siamo riusciti a farci rispondere ad alcune domande sul suo gioco, sulla sua carriera e su questo suo modo di tirare i tiri liberi.

Ora sto studiando fisica come materia principale, matematica e science ora sto cercherò di prendere un master in fisica ed ingegneria. L'ultima domanda non può che essere sul tuo tiro dei liberi. Quando hai capito che le tue statistiche sarebbero state buona con quella tecnica? E' un tributo a tuo padre? Le statistiche non sono buone come quelle di mio padre (ride) [Rick Barry ha chiuso la carriera con il 90% ai liberi, Canyon è comunque a 84.5%]. Quando ero ragazzino ho iniziato a tirare così ed ho visto che era un buon tiro perchè la palla arriva morbidamente al ferro. Ora mi trovo bene a tirare in questa maniera e le statistiche sono buone. Ringraziamo ancora una volta il College ed il giocatore che attendiamo di vedere nella sua prossima avventura da senior nella nuova squadra.


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Di Glauco Barbero

La post season del basket NCAA non è fatta solo del Torneo NCAA, ma anche di tanti tornei più o meno importati. Il più quotato, vera e propria sfida tra le squadre che avrebbero potuto essere alla Madness, è il Torneo NIT.

La prima domanda non può che essere sul buonissimo finale di stagione: quanto è stato importante per George Washington vincere un torneo come il NIT?

Le Final Four al Madison Square Garden e le dirette sulla TV nazionale conferiscono al NIT quel valore aggiunto che lo rendono un importante traguardo per il college che lo vince. Quest'anno a trionfare sono stati i Colonials di George Washington.

Far uscire i nostri seniors con una vittoria nel campionato è una cosa particolarmente bella, questo è stato un gruppo molto speciale da allenare.

Squadra della A10 che è partita molto forte trovando anche il ranking durante l'anno, ma che poi ha dovuto lasciare il passo a Dayton, VCU e St. Bonaventure in regular season e St Joseph al torneo per l'automatic bid. La grande partenza non gli è valsa una chiamata alla Madness, ma la squadra ha dimostrato il suo valore trionfando al MSG. Ringraziando per la disponibilità, andiamo a parlare della stagione dei Colonials, che li ha portati anche a battere Virginia (seconda in ACC) e Seton Hall (vincente al torneo nella BigEast di Villanova), con l'Head Coach Matt Lonergan.

E' stato estremamente importante.

Un ottimo 11-2, le vittorie su Virginia e Seton Hall ed un posto nel ranking: pensavate che la stagione sarebbe finita in questo modo a fine dicembre? Si cerca sempre di andare avanti partita dopo partita. Quando abbiamo mancato l'invito al Torneo NCAA è stata sicuramente una delusione, ma tutti noi sapevamo che avremmo dato il massimo al NIT. Il nostro obiettivo era arrivare almeno alle semifinali a New York, quindi vincere è stato veramente grandioso. Prosegue alla pagina successiva


Quali erano le chiavi del vostro gioco in questa stagione? Tyler Cavanaugh ha creato una consistente minaccia in fase realizzativa e siamo stati molto bravi offensivamente per tutto l'anno. Durante la nostra corsa nel NIT abbiamo anche iniziato anche a difendere molto bene, questo ci ha permesso di vincere cinque partite consecutive. In questa stagione la A10 è stata una buona conference: chi è stato il miglior giocatore della A10? DeAndre Bembry di Saint Joseph's. Quale è stato in punto di svolta della stagione? Dopo che vincemmo la nostra prima partita al NIT, tutta la squadra ha deciso che avrebbe voluto arrivare fino a New York (alle Final Four del torneo n.d.r.). Quali è stata la miglior partita della vostra stagione? Abbiamo avuto molte buone partite, vincere contro Virginia che era la numero #6 del ranking in casa, Seton Hall, Penn State e quindi le cinque vittorie consecutive al NIT, tra cui quattro contro squadre che hanno vinto il titolo della loro regular season. Cosa mi può dire sulla prossima stagione? Quanto sarà importante in fase di recruiting la vittoria al NIT? E' stato importante per noi avere la visibilità di questa

stagione. Abbiamo avuto tre partite su ESPN e una su ESPN2, cosa molto grande per noi. Abbiamo forse la miglior classe di freshmen che io abbia mai avuto, quindi farla arrivare in questo "momentum" è grandioso. Ringraziamo ancora l'ateneo ed il Coach per la disponibilità è spero che il prossimo anno possano ancora essere protagonisti.


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