Ncaa Time Febbraio 2016

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Anno 3 Numero 5

Febbraio 2016

La stagione si avvia verso il suo ultimo mese di regular Season, molte le squadre alla ricerca del pass per accedere al Torneo NCAA



DUE PAROLE CON...di Stefano Bei................................................6 Lâ€&#x;ARTE DI VINCERE di Stefano Bei.............................................8-9 Big 12-SEC CHALLENGE di Glauco Barbero..........................10-11 WEST VIRGINIA, INCUBO TOTALE di Manuel Follis..............12-15 IL GIOCATORE: DE ANDRE BEMBRY di Riccardo Gentilini...16-17 RINASCITA CREIGHTON di Stefano Bei.................................18-19 LA CLASSIFICA TOP 10 UNIFORMI di Stefano Bei................21-26 ITALIAN DREAM di Isabella Agostinelli....................................28-31 CARNIVAL TIME di Luca Caslini..............................................32-34 FLORIDA DERBY di Julian Gualtieri..............................................36 RANKING ANALYSIS di Riccardo Di Stefano..........................38-39

Hanno collaborato:

Stefano Bei di NBA-Evolution.com Glauco Barbero di Rushandslam.blogspot.it Riccardo Gentilini di Hoopscience.it Manuel Follis di ncaabasket.net Isabella Agostinelli di College Basketball Tour Luca Caslini Riccardo Di Stefano Julian Gualtieri del Basket Santarcangelo in serie B

CALENDARIO DEL MESE.............................................................41

Tutte le immagini inserite in questo numero appartengono ai rispettivi proprietari




Di Stefano Di Luca Caslini Bei

MAURICE WATSON

WILL FERRIS

Nonostante le tre recenti sconfitte siete in buona forma, pensi sia possibile una chiamata per il torneo NCAA?

Dopo la partenza di Tyler Harvey molti pensavano ad una squadra più debole, invece siete ancora competitivi, quel è il segreto?

C‟è ancora del lavoro da fare, ma nonostante tutto abbiamo ottenuto tre buone vittorie nelle ultime partite per costruirci il nostro biglietto da visita

Ovviamente è difficile uno come come Tyler, cosi abbiamo dovuto trovare di nuovo la nostra identità assumendo tutti le nostre responsabilità. Austin McBroom ha umentato la sua intensità in attacco e Vanky Jois sta tirando con una percentuale assurda nel pitturato. Siamo una squadra difficile da difendere per la nostra combinazione di tiri da fuori e gioco interno.

Sei il nuovo leader della squadra, come ci si sente a d avere questo ruolo dopo Doug McDermott? E‟ una sensazione familiare. Sono stato il leader di tutte le squadre in cui ho giocato durante la mia crescita. Questo mi sarà di grande aiuto per poter ricoprire questo ruolo durante un periodo di ricostruzione come sto facendo adesso.

Nel roster ci sono molti giocatori australiani, questo ha aiutato per l’integrazione di tutta la squadra? Decisamente. E‟ ottimo avere in squadra ragazzi proveniente da altre culture. Come si può vedere stanno giocando un ruolo chiave nel successo della nostra squadra.



Di Stefano Bei (www.nba-evolution.com)

Uno dei più grandi e vincenti allenatori che la storia del basket conosca, il Phil Jackson della NCAA, un uomo nato per vincere e che sulle sue vittorie ha basato la sua storia personale durata quasi 100 anni: John Robert Wooden.

Wooden entrò alla Purdue University e, come giocatore di basket, si guadagnò la reputazione di atleta senza paura che gioca in modo molto veloce. È stato All-American per tre anni consecutivi oltre che inserito nella Basket Hall of Fame.

Wooden nasce nella fattoria dei suoi genitori a Centeron, una tranquilla città dell'Indiana. La vita per i Wooden è tutt'altro che facile, la loro proprietà era senza luce e acqua corrente e molte volte il denaro scarseggiava. Durante la sua quasi secolare presenza terrena, Wooden ha messo in pratica la sua attitudine al lavoro e alla disciplina, che i suoi genitori gli avevano insegnato nei primi anni di vita in campagna. Nel 1920 i Wooden, che nel frattempo avevano perso la fattoria, si trasferiscono a Martinsville, una piccola città che, come molte altre in Indiana, ha una forte tradizione nel basket liceale. Nei suoi te anni alla HS, grazie alle sue capacità, si trasforma in leader della squadra, che porterà per tre anni consecutivi al torneo statale, vincendolo due volte. Proprio al liceo Wooden conosce Nellie Riley, che di lì a qualche anno sarebbe divenuta sua moglie.

Dopo la laurea, nel 1932, gli fu offerto un posto per giocare nei Boston Celtics, ma preferì iniziare la carriera da insegnante di inglese e sposare Nellie. Passò un anno a Dayton nel Kentucky, dove insegnò inglese e allenò tutte le squadre della scuola. Curiosamente, l'unica squadra con un record perdente fu quella di basket. Quella fu l'unica stagione in cui Wooden chiuse con meno del 50% di vittorie nella sua vita. L'anno seguente si trasferì con la moglie a South Bend in Indiana. Gli era stata affidata la squadra della South Bend Central High School. In undici anni la scuola vinse 218 partite, perdendo solo 12 volte. Durante la guerra servì nella Marina Militare, ma gli dei del basket avevano capito che lui era diverso dal resto degli allenatori. Gli fu ordinato di partire per il Pacifico, ma


fu colpito da un attacco di appendicite. Un aereo kamikaze nipponico colpì la nave con la quale avrebbe dovuto partire, uccidendo proprio l'ufficiale che aveva preso il suo posto. Finita la guerra, trascorse un paio di stagioni in quella che sarebbe poi diventata Indiana State University, portando buoni risultati. Nel 1948 arriva l'offerta dell'UCLA. In quel momento i Bruins erano considerati i più deboli e meno attrezzati di tutta la West Conference. La squadra di basket non aveva un campo proprio ed era costretta a condividere le strutture con le altre squadre della scuola. I Bruins stupirono tutti vincendo 22 partite su 29, durante la prima stagione con Wooden in panchina. L'anno successivo si attestarono su 24 vittorie e 7 sconfitte, oltre al titolo di Conference. Alle direttive del coach più vincente della storia NCAA, i Bruins vinsero ancora la Conference negli anni 1952, 1956, 1962 e 1963. Ma è il 1964 l'anno del principale obiettivo raggiunto da John Wooden: UCLA completa la stagione perfetta, vincendo il titolo statale senza perdere nemmeno una partita. L'anno successivo la squadra di Los Angeles conquista nuovamente il titolo nazionale, perdendo soltanto 2 partite in tutta la stagione. La stagione 1965/1966, però, segna uno stop improvviso alla macchina perfetta, che non viene chiamata per il torneo nazionale. Negli anni successivi i Bruins dell'UCLA

domineranno, vincendo ben 7 titoli consecutivi, fino al 1973, e furono addirittura tre le stagioni vinte senza subire nemmeno una sconfitta. Furono 7 anni indimentivabili anche grazie alla presenza in squadrea di Lew Alcindor. Quando, nelle stagioni 1973 e 1974, UCLA stabilì il record di 88 vittorie consecutive, ad occupare l'area c'era niente meno che Bill Walton, il quale nei suo tre anni nella Città degli Angeli mantenne una media di 20 punti e quasi 16 rimbalzi. Nel 1975 arriva il decimo e ultimo titolo per Wooden. I suoi Bruins, dopo essere stati ad un soffio dall'eliminazione, riescono a battere Louisville di un solo punto in semifinale, mentre in finale affrontano la sempre temibile squadra del Kentucky, battendola 92-85. In tutta la sua carriera da allenatore, John Wooden ha vietato ai suoi giocatori di utilizzare un linguaggio che non fosse educato e lui stesso si attenne a questa regola. Nonostante questo, nei suoi primi 12 anni all'UCLA, aveva una terribile reputazione, viste le sue reazioni nei confronti di arbitri e avversari. Uno dei momenti che il coach Wooden ricordava con più orgoglio era quando, in risposta alla domanda di un giornalista sulle possibili tensioni razziali all'interno dello spogliatoio, un suo giocatore afroamericano rispose così: “Tu non conosci il nostro coach; lui non vede il colore della pella, lui vede solo giocatori”. Wooden rimase in contatto con molti suoi allievi fino alla morte che lo colse il 1° giugno 2007 a Los Angeles. Avrebbe compiuto 100 anni il mese successivo.


Di Glauco Barbero (www.rushandslam.blogspot.it)

Sulle pagine di NCAA Time Magazine abbiamo parlato del Challenge tra ACC e Big10, ma da tre anni durante le partite di conference è stato organizzato anche quello tra SEC e Big12. Purtroppo per la SEC, gli ultimi tre anni sono stati un periodo molto positivo per la conference sua avversaria ed il record è attualmente di 3-0 per la Big XII. Quest'anno, con una Kentucky molto sotto tono, la vittoria è stata netta ed inappellabile “7-3”, ma il record totale di 20-10 fa capire come le due conference siano ancora molto distanti come qualità dei propri college. Tra le partite di questa stagione ci sono state due gare tra squadre del ranking: la prima tra Iowa e Texas A&M, che andremo tra breve ad esaminare; l‟altra tra Kansas e Kentucky, in cui 16300 spettatori hanno potuto vedere quanto ancora siano freddi i motori della squadra di coach Calipari. Inoltre è andata in scena la sfida tra Simmons e Hield che ha visto Oklahoma vincere soffrendo. Alla Reed Arena è andata in scena una delle quattro partite del Texas oltre a Georgia-Baylor, Tennessee-TCU e Vanderbilt-Texas, quella tra i Cyclones di Iowa State e gli Aggies di Texas A&M.

La gara si presentava equilibrata tra una squadra molto quotata ad inizio stagione e poi incappata in qualche stop di troppo ed una che, partita nell'ombra, è esplosa nell'ultimo mese. Gli ospiti oltre al loro leader Niang sono partiti con Thomas, Morris, McKay e Nader mentre Texas A&M ha scelto di schierare Collins, Jones, Caruso, House e Davis. Due difese a uomo ed una propensione alla corsa in campo aperto per avere un vantaggio iniziale accomunano le due squadre, ma l'attacco è diametralmente opposto. Da una lato i Cyclones preferiscono un penetra e scarica, mentre Texas A&M cerca di avere soluzioni migliori dopo pick and roll. Iowa State è partita nella metà campo avversaria con un cinque fuori, mentre i padroni di casa si sono schierati 1-4 con il centro, Davis o Trocha-Morelos, e Jones in lunetta, House e Caruso in posizione di guardia e Collins a portare palla. Ogni squadra ha, però, subito proposto anche un'alternativa allo schema d'attacco principale, McKay in area per i Cyclones e un pick and roll sul lato sinistro portato in genere ad House dopo che Collins gli aveva passato la palla e preso un blocco cieco del centro per gli Aggies.


Il primo tempo scorre sui binari dell'equilibrio, l'unica scossa arriva a cinque minuti dalla fine quando, dopo due falli in attacco di Iowa State, gli Aggies vanno sul +4, subito ripresi da un tiro da 3 di Cooke. Il vaso di Pandora sembra, però, essere stato aperto e contro la 2-3 dei Cyclones i padroni di casa iniziano a cercare maggiormente il tiro dalla lunga distanza e Jones non sale più in lunetta, ma rimane a fare il pendolo basso. Il primo tempo si chiude pari, ma la partita appare già diversa rispetto a quella vista per i primi 15 minuti. Ad inizio del secondo tempo Iowa State torna a uomo e, complici alcuni errori sotto canestro da parte dei padroni di casa, avrebbe anche la possibilità di andare sul +6, ma non si riesce a rompere l'equilibrio neanche questa volta. A dieci minuti dalla fine il risultato è 51-50 per Iowa State, ma sembra che solo un momento con buone percentuali di tiro e qualche amnesia difensiva per gli Aggies tengano in partita gli ospiti. Spesso il marcatore di McKay si è fatto superare dal pallone quando è andato in aiuto e questo ha aperto la strada per qualche tiro ad altissima percentuale per i Cyclones. A 5.31 dalla fine, arriva il momento critico per i Cyclones. Niang, già penalizzato dai quattro falli, cade male e torna in difesa zoppicando vistosamente, dopo la stoppata di McKay ed il nuovo possesso degli ospiti, Prohm non può che chiamare timeout e farlo uscire. Niang rimane fuori solo per un‟ azione, ma al suo rientro l'attacco di Iowa State appare troppo rallentato per poterlo coinvolgere e le sue due conclusioni consecutive sbagliate si trasformano nel trampolino per Texas A&M, nelle cui fila House è on fire. Il parziale parla chiaro: 9-0. Lo strappo è decisivo dato

che quando si chiude con un libero di Niang, arriva anche il quinto fallo del 31 di Iowa State.Dalla caduta di Niang il parziale finale recita 16-6 e la partitia si conclude 72-62 per gli Aggies. La gara è apparsa piacevole, tra due squadre ben allenate e con una precisa organizzazione offensiva e difensiva. Entrambe hanno, inoltre, importanti bocche da fuoco in attacco: Niang ed House. La differenza l'hanno fatta una certa dipendenza dal proprio leader per Iowa State e una maggiore compattezza di squadra per Texas A&M. Quello che è mancato ai Cyclones è stato qualcuno capace di limitare House nella maniera in cui Jones è riuscito a fare con il 31 di Iowa State. La prima vittoria della SEC è rimandata al prossimo anno, quando molti protagonisti cambieranno, ma la Big XII rimarrà verosimilmente favorita.


Di Manuel Follis (www.ncaabasket.net)

Così non va, così proprio non va. Nella primavera del 2014 coach Bob Huggins gira come un tarantolato nella palestra di West Virginia. Allena da 29 anni e, prima delle ultime tre terribili stagioni ,solo due volte è rimasto sotto le 20 vittorie. Ma adesso è diverso: i ragazzi non difendono come vuole lui, non ci mettono la grinta che vuole lui. Huggins a Cincinnati ha allenato Danny Fortson, quello che prendeva tutti i rimbalzi anche se era alto come una guardia, ha avuto in squadra gente come Art Long, famoso per aver abbattuto un cavallo con un pugno (sull’equino c’era un poliziotto. Long arrestato, ovvio), ma anche perché con lui sotto canestro non si patteggiava. Invece niente. Stagione 2012 chiusa 19-14, appena accettabile, le due successive 13-19 e 17-16, una addirittura (il 2013) con un record perdente. Niente torneo Ncaa per due stagioni consecutive, cosa che non accadeva dal 1991. No, così proprio non va. Coach Huggins è così incazzato che decide di cambiare tutto, di ripartire quasi da zero. E come le più belle storie del college basket, si ricorda che a metà degli anni 80 c‟era un allenatore, un

suo amico, che con la difesa press tutto campo aveva fatto tremare tutta la Ncaa, portando un college minore comeCleveland State alle Sweet 16 nel 1986. Quell‟allenatore si chiama Kevin Mackey e prima di raccontarvi cosa successe quando Mickey incontro Huggins, ci fermiamo un attimo perché anche la storia dell‟ex coach di Cleveland State meriterebbe un approfondimento. Non possiamo dilungarci, quindi facciamo solo un inciso. Mai nella loro storia i Vikings sono arrivati così in alto come sotto la guida di Mackey, ma come in una favola tutto è finito da un giorno all‟altro. La Ncaa ha sospeso il programma di Cleveland State a causa di reclutamenti irregolari già nel 1987 (l‟anno dopo il torneo delle meraviglie) e l‟università pochi anni dopo ha licenziato il coach, arrestato strafatto appena uscito da un covo di spacciatori di crack. Alè. Ma Huggins non ha problemi a trattare con gente difficile. Mackey ne è venuto fuori: oggi fa lo scout per i Pacers e poi è un amico. Quando Huggins è capo allenatore di Akron (all‟inizio della carriera), affronta da avversario pro-


prio quel “coach-amico” in 6 gare, vincendo solo una volta. Diciamo che gli rimane ben impresso che quella difesa funziona. E così nell‟estate del 2014 decide di alzare il telefono: “Kevin sono Bob, dobbiamo parlare della press a tutto campo”, che è un po‟ come chiedere a Bubba (Forrest Gump) di parlare di gamberi. E infatti ne parlano a lungo. Il primo incontro avviene a Morgantown, la casa di West Virginia. “Bob, ti consiglio di partire con una versione light, in modo da far apprendere la cosa ai ragazzi gradualmente”. Huggins fa la faccia scura. “Cosa? Ma sei matto? No, non hai capito, non se ne parla: io voglio che i miei giocatori divorino gli avversari”. Così, giusto per far capire il concetto. E allora fuori il blocco con tutti gli appunti. Studiano così approfonditamente che la nuova versione di West Virginia è pronta a fare la sua comparsa già nella stagione 2015. Nel corso della conferenza stampa di pre-campionato chiedono a Huggins: “Coach, cosa ci dobbiamo aspettare per quest‟anno?”. Risposta: “Beh, diciamo che forse ho trovato una soluzione per fare in modo che i miei giocatori si decidano a difendere un minimo”. E in effetti è così, ha trovato la soluzione in una sorta di “ritorno al futuro”: la soluzione è una difesa asfissiante riesumata dagli anni ‟80. Anche se qualcuno sostiene che l‟espressione non sia mai stata pronunciata e sia stata invece inventata per creare una sorta di alone leggendario, quella storia del “divorare gli avversari” pare funzionare. West Virginia l‟anno scorso ha stupito la Ncaa. La squadra ha finito la stagione al primo posto per percentuale di palle perse generate e percentuale di palle recuperate. A fine gennaio, il “turnover ratio” inflitto agli avversari si assestava al

31,1%, una cifra che in 14 anni di statistiche di Kenpom nessuna squadra aveva mai raggiunto, nemmeno la VCU di Shaka Smart, nemmeno la Louisville di Rick Pitino. West Virginia chiude il 2015 in malo modo, segnando solo 39 punti contro Kentucky al terzo turno del torneo Ncaa. Dopodiché la nazione si chiede: quando non ci sarà più il principale attaccante, cioè la guardia Juwan Staten, come faranno i Mountaineers? La risposta è arrivata quest‟anno e sembra abbastanza semplice: faranno meglio. Adesso i ragazzi di Huggins conoscono la difesa press, l‟hanno potuta sperimentare per una stagione intera. Tradotto: corrono e difendono più e meglio di prima. West Virginia nel 2015-2016 è stabilmente inserita fra le squadre d‟elite del college basketball. E se l‟anno scorso ha solo assaggiato la fama, quest‟anno ci sta banchettando. Record 173 in stagione e 6-2 nella Big 12, la Conference più combattuta ed equilibrata della nazione. I Mountaineers tra il 12 e il 16 gennaio hanno sconfitto la numero 1 del ranking (Kansas) e hanno combattuto fino all’ultimo contro la numero 2 (Oklahoma).


“Sono la squadra più tosta contro la quale mi sia capitato di giocare” ha commentato al termine della gara Buddy Hield, la star di Oklahoma che dovrebbe avere un futuro anche in Nba. Eh sì, è così. Giocare contro West Virginia è un incubo. Gli avversari dei Mountaineers tengono il pallone in mano per 15,2 secondi (la metà dei 30 disponibili), statistica nella quale i ragazzi di Huggins sono primi in Ncaa. Quest‟anno rimangono poi stabilmente in testa alla classifica per la percentuale di palle perse e recuperate (rispettivamente 28,1% e 15,5%). Tirare da 3 contro di loro è molto complesso e infatti concedono la terza peggiore percentuale dal campo (27,4% e dire che hanno

affrontato le due squadre che tirano meglio in tutta la nazione) perché è prassi che, quando l‟avversario sta caricando il tiro, ci sia qualcuno che sta facendo uno zompo assurdo pur di oscurargli la visuale. Dove poi sono migliorati ulteriormente rispetto alla scorsa stagione è nella percentuale di rimbalzi offensivi: da quarti sono passati al secondo posto (fa meglio solo SMU). C‟è poi un dato interessante dal punto di vista statistico, West Virginia è tra i college che concedono più liberi rispetto ai tiri dal campo. Una scelta ben precisa, visto che la squadra che tira meglio in assoluto in tutta la Ncaa è Norfolk State (79%), mentre la prima della Big 12


è Baylor con il 74,9%. Come dire: se vuoi batterli devi essere preciso dalla lunetta. Che poi è proprio quello che ha fatto Oklahoma. Anzi, facendo una simulazione (non implica necessariamente che il risultato sarebbe cambiato) i Sooners hanno vinto contro West Virginia di 2 punti, tentando 32 liberi e tirando con l‟84,4% dal campo, segnandone quindi 27. Ecco, se Oklahoma avesse tirato secondo la media stagionale (72,4%), i punti a segno sarebbero stati 23 e i Sooners avrebbero segnato 4 punti in meno. Per quanto il calcolo a posteriori sia solo un gioco, rende l‟idea di come la strategia di West Virginia possa avere un senso, tanto più che i Mountaineers ruotano in 11 (con 9 giocatori in doppia cifra per minuti e due che ne giocano 9,9 e 8 di media e con 9 giocatori che segnano da 9,2 punti in su) e quindi i problemi di falli sono limitati. Per dare qualche volto a questa squadra (che come detto ruota in 11 quando non in 12) il miglior giocatore è il junior Devin Williams, tra i più efficaci della nazione a rimbalzo difensivo (8,5 a partita) e prolifico in attacco (13,5 punti), mentre le guardie titolari sono Dexter Miles eJevon Carter, entrambe poco sotto il metro e 90, con rapidità di piedi e di mani elevatissime. La pedina fondamentale in difesa è Jonathan Holton, un 2 metri tutto fisico e valocità, che quando è in campo è il giocatore che sulla press tutto campo difende fin dalla rimessa avversaria, ma che soprattutto è un vero “mostro” a rimbalzo offensivo. Chi spesso invece cambia le partite in attacco è Jaysean Page, altra guardia poco sotto 1,90 che però con il suo 36,6% è il tiratore più affidabile dall‟arco. Insomma, Bob Huggins ha di che essere soddisfatto. Anzi no, sbagliato, non è soddisfatto per niente. “Possiamo difendere ancora meglio commettendo meno falli”. Quindi

boh, forse prima o poi il coach chiederà ai suoi giocatori di volare. Eppure lui è fatto così. Continua ad avere questo atteggiamento da “affamato” che ha trasmesso ai suoi ragazzi trovando il modo migliore, cioè la “difesa” migliore, per farlo. West Virginia avrà un gioco rozzo e con poca esecuzione offensiva, spesso i tiratori sono poco affidabili, ma, se volete vedere grinta, corsa e atleti che non mollano mai, avete trovato la vostra squadra.


Di Riccardo Gentilini (www.hoopscience.it)

Ala Piccola | Saint Joseph‟s Hawks | Senior Altezza: 198cm Peso: 95 kg Data di Nascita: 4/7/1994 High School: The Patrick School

in arresto e tiro dal palleggio sia in penetrazione. Le sue qualità infine contengono un più che discreto gioco dal post basso, dove solitamente conclude l‟azione con un tiro in fadeaway, ed un potenziabile attacco in isolamento 1-vs-1, in cui batte gli avversari grazie ad un primo passo fulminante. Visione di gioco

PRO Abilità realizzativa Non è un caso che le fortune dell‟ala di Saint Joseph‟s provengano dalla parte offensiva del suo gioco. Ciò che lo contraddistingue è la sua versatilità in attacco, parte del gioco dove esprime il meglio di sé. La sua velocità in campo aperto lo rende immarcabile per qualsiasi difensore tenti di fermarlo, grazie soprattutto alle abilità realizzative di questo ragazzo, capace di utilizzare in ogni momento finger rolls ed eurosteps. C‟è da lavorare sul tiro che non è sempre continuo, anche se come tiratore in uscita dai blocchi non è niente male, mentre nel pick-and-roll dà l‟impressione di essere sempre una costante minaccia sia

Grande pregio è la sua visione di gioco, nella quale è spesso sottovalutato. È capace di effettuare passaggi in transizione ai giocatori meglio posizionati di lui, sia sotto canestro sia sull‟arco dei tre punti, ed i cosiddetti crosscourt passes, passaggi molto rischiosi che consistono di passare da una parte all‟altra del campo in maniera rapida. Last but not least, l‟uso del pick-and-roll, nel quale può sia passare la palla al lungo –alley-oop- o scaricare fuori ai tiratori. Essendo un‟ala, la sua visione di gioco è un aspetto non trascurabile che potrà colpire numerosi addetti ai lavori.


Potenziale difensivo Sebbene non sia ancora un ottimo difensore in tutto e per tutto a causa della sua incostanza, mostra ampi margini di miglioramento nella metà campo difensiva. La sua stazza, il suo istinto e il suo atletismo lo rendono un più che discreto difensore sia nella difesa in post basso contro le ali più grosse e fisiche di lui, sia nella difesa perimetrale, dove grazie alla sua altezza può contenere benissimo le guardie nei cambi difensivi. Nella stagione attuale sta viaggiando a 1.7 palle rubate e 1.4 stoppate a partita.

CONTRO Costanza offensiva Proprio quello che si diceva pocanzi: non è un tiratore affidabile. Più che uno shooter vero e proprio –in carriera ha il 30% scarso da tre punti-, gli addetti ai lavori lo definiscono come shot maker, ossia un giocatore che sa creare tiri da qualsiasi posizione, ma che pecca in precisione, fatto quest‟ultimo dovuto alla qualità dei tiri presi in relazione al coefficiente di difficoltà. Infine, la sua percentuale scarsa dalla lunetta –circa il 60% nei tre anni a Saint Joseph‟s- è dovuta prettamente alla sua meccanica di tiro molto ortodossa e poco efficace. Decision Making Molto frequente nei giovani è la mancanza della cosiddetta “Decision Making”, a causa della giovane età. Sebbene abbia doti da playmaker, a volte esagera cercando il passaggio spettacolare anziché la giocata più semplice e perdendo palla banalmente; le palle perse sono un suo grande problema, tanto da essere soprannomina-

to turnover prone, ma anche in questo caso è tutto dovuto all‟età ed alla mancanza di esperienza che si guadagnerà strada facendo. Inoltre, pecca nella selezione dei tiri, la maggior parte di questi di difficile realizzazione, ma, essendo il leader a Saint Joseph‟s, appare talvolta anche costretto a prendersi questa responsabilità Mancanza di creatività La sua mancanza di creatività in fase offensiva non è un grosso problema a livello di basket collegiale, ma lo diverrà al piano di sopra tra i professionisti, quando non potrà prendersi i tiri che si prende attualmente a Saint Joseph‟s. Necessita per questo di migliorare in alcune letture del gioco, limitando i tiri forzati cercando quindi di effettuare la scelta giusta al momento giusto.

DRAFT STOCK Per la non più giovanissima ala di Saint Joseph‟s si prevede con ogni probabilità una chiamata al secondo giro, che sia all‟inizio, a metà o alla fine. Se vorrà scalare posizioni per entrare nel primo giro, dovrà lavorare duramente fino alla fine dell‟anno sulla costanza offensiva e sulle palle perse, suoi problemi principali che al momento gli stanno costando alcune posizioni nei mock draft.


Di Stefano Bei

Dopo l‟arrivo nella Big East molti pensavano che il passo fosse stato più lungo della gamba, si diceva che il prestigio dei BlueJays era determinato esclusivamente dalle prestazioni di Doug McDermott. Ma invece non è stato cosi, dopo un solo anno di ricostruzione i BlueJays sono di nuovo nelle prime posizioni della Big East. Sole 4 le vittorie che la separano da Villanova che oltre ad essere prima in classifica è anche la squadra numero uno nel ranking stilato dalla Associated Press. Rispetto alla passata stagione il roster almeno sulla carta veniva privato di oltre 30 punti ma i nuovi innesti e la crescita di molti giocatori ha fatto tornare Creighton uno dei migliori attacchi del campionato con 79,9 punti di media facendo nuovamente tornare coach McDermott nel gruppo dei migliori allenatori offensivi a questo livello.

Le Novità Senza ombra di dubbio le novità più piacevoli sono Cole Huff e Maurice Watson, i due atleti arrivati via trasferimento, hanno dovuto trascorrere una stagione solo di

allenamenti per via delle regole prima di poter finalmente dare il loro contributo. Maurice Watson viene dalla Boston University dove già aveva fatto vedere ottime cose con 13,3 punti di media. In questa stagione è il leader dei BlueJays con quasi 15 punti di media e ben 6,6 assist oltre ai 3,5 rimbalzi. Il giocatore nativo di Philadefia è stato voluto fortemente da Coach McDermott che subito gli ha dato la possibilità di giocare anche nel tour Italiano chiudendo con 10,3 punti e 6,7 assist. Come detto in precedenza l‟altro giocatore all‟esordio con la squadra del Nebraska è Cole Huff, ala di due metri proveniente da Nevada dove era uno dei titolari inamovibili con oltre 12 punti di media in 32 minuti in campo. In questa stagione sta praticamente replicando le cifre di 2 anni fa giocando la bellezza di 12 minuti in meno. Le sue cifre parlano di 10,2 punti e 4,1 rimbalzi in 20 minuti di utilizzo medio con un record stagionale di 28 punti fatto registrare il 6 febbraio nella vittoria contro DePaul.


Le Conferme Partiamo da uno dei Pupilli di Coach McDermott, Isaiah Zierden. La guardia di Minneapolis era forse attesa ad un salto di qualità più deciso soprattutto dal punto di vista della continuità di rendimento. Zierden sta migliorando solo leggermente i numeri dello scorso anno giocando quasi 5 minuti in più. Giunto ormai alla sua stagione da Junior se vuole restare nel professionismo dovrà cercare di specializzarsi ulteriormente nel tiro pesante, suo marchio di fabbrica. E‟ un giocatore più altruista e più attendo alla fese difensiva del gioco avendo quasi 3 assist di media e quasi triplicato le palle rubate da 0,6 a 1,4. Altro giocatore che forse poteva fare di più è James Miliken, Il senior resta uno dei migliori giocatori della squadra anche se ha visto diminuite il suo minutaggio passando dai 26,2 minuti di media della scorsa stagione ai 23, 7 di quest‟annata. Per lui cifre in diminuzione cosi anche le percentuali, è quel classico giocatore da folate, in grado di fare 20 punti come di farne 0 nel giro di 2 partite, porta esperienza in un roster con non tantissimi minuti giocati. Proprio lui è stato decisivo nella vittoria del 13 febbraio su Marquette grazie ad un tiro da 3 nel minuto finale.

Le Sorprese La vera differenza fra la squadra dello scorso anno e la squadra attuale la fanno i lunghi Geoffrey Groselle e Zach Hanson. Il primo è il classico lungaccione Senior che ve-

de il campo solo nel garbage time anche se quest‟anno si è rivelato decisivo in più di una partita. Grazie alla sua percentuale al tiro che avvicina il 70% mette insieme cifre di tutto rispetto segnando 10,7 punti e raccogliendo 6 rimbalzi nonostante giochi poco più di 20 minuti a partita. Lungo non dotatissimo atleticamente mette in campo tutta la sua grinta per lottare anche con avversari più atletici. Non esce quasi mai dal pitturato ed è un centro vecchio stampo nonostante gli scarsi movimenti in post, energia senza eguali a rimbalzo. Zach Henson ha visto il suo impego passare dagli 11,5 ai 15,1 minuti di media ma il suo fatturato è raddoppiato passando da 3,8 a 7,3 punti segnati raccogliendo anche 3 rimbalzi. Nell‟ultimo periodo sta diventando anche un buono stoppatore con quasi 1 stoppata in media, dato notevole per il tempo passato sul parquet, a differenza di Groselle ha a disposizione ancora una stagione per migliorare ulteriormente la sua effiicenza.


Rushandslam nasce come blog di un appassionato di sport americani per tutti coloro che condividono la stessa passione. Nato nel 2013 con quattro sezioni di base (NBA-NCAABB-NFL-NCAAFB) presto riesce a trovare un discreto numero di lettori, fatto che porta all'inizio del 2014 alla creazione di una pagina Facebook dedicata

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Sempre nel 2014 nascono anche diverse collaborazioni con siti importanti e la partecipazione ad eventi LIVE quali il College Basketball Tour a Vicenza ed il 2K Classic a New York oltre all'annuale report da Londra per le NFL International Series. Il blog non si colloca nel panorama dei siti web di basket e football americano come una pagina di aggiornamenti giornalieri, ma come una punto di ritrovo per opinioni sugli argomenti che nascono dalle Leghe americane.


ei B o n a f e t S di


Di Stefano Bei E‟ indubbiamente una delle migliori maglie da gioco della storia, una divisa storica che a metà degli anni 90 ha dato il meglio di se unendo il colore “Blu Carolina” a i bianco. Nei fianchi compre un motivo con dei rombi colorati di nero, bianco e blu. Con questa maglia la squadra è arrivata fino alle Final Four nel 1995 perdendo contro Arkansas. Del roster facevano parte Jerry Stackhouse e Rasheed Wallace che al termine di quella stagione venero scelti al draft NBA rispettivamente da Philadelphia e Washington.

Di Stefano Bei Praticamente uguale alle prima maglie del „900. Due colori che danno energia e forse è uno dei migliori accoppiamenti del college. La scritta UCLA ha spesso cambiato stile e dimensione ma è sempre il bella vista sul petto di ogni giocatore. Negli ultimi anni la squadra ha vissuto momenti di alti e bassi. Dal duo Westbrook-Love alla delusione Shabazz Muhammad passando per Zach Lavine e Kyle Anderson. Una maglia piena di storia che merita di tornare sulle copertine e allo splendore che gli spetta.


Di Stefano Bei Questa maglia ha segnato un pezzo di storia del basket, fu indossata per diverse stagioni anche dagli ormai leggendari Fab Five nei primi anni 90. Il giallo brillante le scritte nere danno un grande contrasto e la grande M sui pantaloncini erano il segno distintivo della squadra. Una maglia semplice ma che durante gli anni è diventata storica avendo rappresentato uno dei migliori periodo dei Wolverines. Con questa maglia Michigan raggiunse due volte la Finale Statale senza però mai riuscire a vincere il trofeo.

Di Stefano Bei Maglia di perse base ma la storia sta nei dettagli, la banda laterale è un omaggio al continente africano e al cuore nero d‟america dei canestri. Nike è stata la principale artefice di questo puntando anche sul roster della squadra che era composta per la maggior parte da giocatori afroamericani. Una divisa storica e allo stesso tempo piena di significato. Non a caso princlipale rappresentate di quella squadra fu Allen Iverson, il giocatore simbolo del ghetto. Quella squadra disputò un‟ottima stagione arrivando fino alle finali regionali dove fu sconfitta da UMass.


Di Stefano Bei Una delle prime sponsorizzazioni del marchio Jordan, la squadra allenata da Bob Huggins era famosa per il suo gioco duro e cattivo. Il colore nero faceva da cornice al tutto il quadro della squadra. Le bande bianche orizzontali davano un tocco di modernità nel classico della divisa. Da notare le spalle della canotta con delle maniche appena accennate per limitare l‟uso della t-shirt che rovinavano lo stile. Con questa maglia hanno giocato Kenyon Martin e DerMarr Johnson nella stagione 1999-00 che si concluse al secondo turno del torneo co un sconfitta contro Tulsa dove partivano favoriti.

Di Stefano Bei Kansas è una delle scuole dove la tradizione è sacra, dalla mascotte al canto fino alla maglia. Da metà anni 90 fino al 2007 è stata forse una delle più belle divise da gioco di tutti gli Stati Uniti. Distintivo il triangolo bianco sui pantaloncini che fa da sfondo al grande logo del college ma la cosa più importante di questa maglia è la scritta, rimasta invariata per decenni che nel 2007 è stata sostituita con una più standard facendo terminare una storia che aveva fatto innamorare migliaia di persone. Con questa maglia hanno giocato campioni come Danny Manning, Paul Pierce fino a Drew Gooden, Kirk Hinrich e Nick Collison. Ancora oggi ci sono siti che continuano a vendere materiale con la vecchia scritta per protestare contro il consiglio direttivo


Di Stefano Bei Sono l‟unica università ad avere il la parola Beach nel nome e nonostante si chiamino ufficialmente Long Beach State 49ers sono conosciuto molto spesso con il nome “The Beach”. Una vera particolarità per un college avere il suo secondo nickname sulla divisa da gioco. Per Long Beach State ha giocato una conoscenza del basket italiano, Kasper Ware ha infatti indossato la maglia dei 49ers dal 2008 al 2012 prima di arrivare in Italia prima con Casale Monferrato e poi con la Virtus Bologna.

Di Stefano Bei Le divise attuali sono troppo chiare per essere definite Orange. Molto spesso giocano in maglia bianca con la scritta Syracuse color arancione chiaro, lontano dal vero colore della scuola che campeggiava sulle maglie negli anni 90. Arancione scuro, un vero arancione con una fascia bianca ai fianchi che proseguiva sui pantaloncini dove era posizionato lo stemma della squadra. Con questa maglia Syracuse è arrivata fino alla finale del torneo 1996 perdendo contro Kentucky. Miglior marcatore fu John Wallace, 18a scelta al draft dai Knicks e visto in Italia con la maglia della Snaidero Udine


Di Stefano Bei Forse la maglia che durante la storia ultra secolare del basket è cambiata di meno, sempre fedele alla tradizione con la scritta rossa leggermente curvata su sfondo bianco o viceversa. Stesse finiture sui bordi per una squadra che se fosse fotografata in bianco e nero sarebbe praticamente indistinguibile da quella di 30 o 40 anni fa. Un premio alla resistenza verso le case di abbigliamento sportivo che premono sempre per una personalizzazione, ma forse è proprio questa la personalizzazione di Indiana.

Di Stefano Bei UMass, 5 lettere per una squadra passata alla storia. Nei primi anni 90 i Minutemen erano il team più forte del campionato con 3 presenze in 4 anni alle Sweet 16. Alla guida della squadra di Amherst c‟era John Calipari che al suo 8° anno nel 1996 riuscì a portare Marcus Camby e compagni alla Finale persa poi con Kentucky in uno straordinario anticipo del destino del coach. La stagione si chiuse con il record di 35-2ma nel maggio 1997 l‟ncaa appurò che Marcus Camby accettò alcuni regali da un agente e cambiò il record in 31-1 annullando la presenza della squadra alle Final 4 che diventò vacante.


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Di Isabella Agostinelli

Il basket statunitense é sempre più azzurro! E non si tratta solo di NBA dove, grazie alla presenza di Gallinari, Bargnani e Belinelli, il fenomeno é ormai consolidato da tempo e neppure di NCAA dove tra maschile e femminile tanti sono i nostri “universitari”! La presenza italiana infatti arriva ancora più nel profondo del basket statunitense, là dove i futuri campioni si costruiscono e si fanno le ossa sperando di entrare nell'Olimpo di questo gioco a fianco di James o Curry. Il caso ha voluto che due di questi indossino persino la stessa maglia: quella della Bergen Catholic High School nel New Jesey. I loro nomi? Thomas Binelli e Gabriele Stefanini. Entrambi classe 99, sono cresciuti insieme prima alla Basket Save My Life di San Lazzaro di Savena e poi alla Pallacanestro Reggiana. Ora condividono un sogno: quello di entrare nella NCAA e perché no....infoltire le fila degli Italians della NBA. Ecco cosa ci hanno raccontato in questa esclusiva intervista doppia!

Un pregio e un difetto del tuo compagno di squadra: Thomas: Essere in due è una cosa molto positiva: ci supportiamo a vicenda dentro e fuori dal campo. Giochiamo insieme da cinque anni e diciamo che qua mostriamo molto la “Italian Connection" di cui tutti parlano; in campo parliamo solo in italiano e molte volte gli avversari ci danno contro per questo perché non sanno cosa diciamo e ora, ad ogni nostra partita, c'è un arbitro italiano per "controllarci" :) Il problema è che siamo costantemente insieme tutto il giorno: ci hanno dato le stesse materie e le stesse classi per aiutarci tra di noi e viviamo nella stessa casa...diciamo che ci controlliamo a vicenda! :)

Gabriele: Avere un connazionale in squadra è come avere un pezzo di casa sempre con te, anche se gli piace la pasta stracotta e a me al dente!! :) Quando cuciniamo da soli siamo un disastro! A parte questo, è un ragazzo che sa prendere la vita con molta più filosofia di me..


Il sogno americano e la decisione di partire per gli States: Thomas: La decisione all'interno della mia famiglia è stata unanime: tutti volevano il futuro migliore possibile per me, e sia a livello cestistico che a livello lavorativo, qui in America ci sono molte più opportunità. Non conosco bene i particolari del passaggio dalla mia attuale squadra (la Pallacanestro Reggiana ndr.) ... so solo che mi è stata proposta questa occasione e non me la sono fatta scappare. Credo che andare negli USA, per giocare ma anche per qualsiasi altro motivo (anche solo per viverci) sia un po' il sogno di tutti giovani. Alcune volte rimanevo sveglio per vedere le finali NBA e mi immaginavo come potesse essere giocare lì, nella patria della pallacanestro. Come tanti, mi facevo un po' dei viaggi mentali...ecco :) Ovviamente spero di diventare un giocatore di basket in un futuro e come tutti i giocatori voglio puntare in alto.... anche se so che arrivare in NBA è un percorso difficile e molto lungo.

Gabriele: Tutto è nato quando alcuni conoscenti hanno inviato filmati ad allenatori tra cui Coach Armstrong. A febbraio dell'anno scorso abbiamo fatto un viaggio negli States per toccare con mano alcune di queste situazioni tra cui quella della Bergen. Grazie alla bella esperienza di Oliva (Pierfrancesco, quest'anno a Saint Joseph's ndr.) in questa scuola e l'ottima impressione che abbiamo avuto sia dello staff che dell'organizzazione, io e Thomas abbiamo accettato la proposta di Coach Armstrong. Ad agosto ci hanno fatto avere tutti i documenti necessari per chiedere il visto al consolato di Firenze e il 9 di settembre siamo volati qui . Un'occasione unica! Chi gioca a basket, come non può non sognare l'America? Senza contare in fatto che grazie a questa proposta sarei riuscito a conciliare sport e studio allo stesso livello, cosa che in Italia è molto difficile. Voglio arrivare alla laurea e giocare qui, anche se non penso troppo al futuro: cerco di godermi un giorno alla volta con un obiettivo alla volta. La nuova vita a stelle e strisce: Thomas: All'inizio è stato piuttosto difficile adattarsi ai ritmi americani, soprattutto nel basket. Per esempio, gli allenamenti sono completamente diversi: in Italia sono lenti con molti tempi morti. Qua invece c'è sempre qualcosa da fare. Se non stai facendo un esercizio corri dall'altra parte del campo e inizi subito quello successivo. Per dire...se in Italia in 2 ore facevo 15 esercizi, qua se ne fanno almeno 30! Inoltre, abbiamo molte partite sul calendario, soprattutto nei giorni infrasettimanali. Per quel che riguarda la lingua e la scuola, invece, non ho

avuto troppi problemi. In Italia ho frequentato il Liceo Linguistico e quindi ero già "preparato”. Certo, all'inizio a scuola era molto difficile capire e non riuscivo neanche a prendere appunti perché mentre scrivevo qualcosa, il professore aveva già detto altre tre cose. A scuola tutti scherzano sul mio accento: l'accento italiano piace a tutti e.... fa anche colpo! :) In squadra, tutti si divertono a ripetere quello che dico io con il mio accento...ma non mi offendo perché mi rendo conto di parlare proprio così e quindi una risata me la faccio anche scappare.

Gabriele: Studio e basket … per me questo era ed è il mio modo di vivere: faccio quello che mi piace e non mi serve altro per ora. Sveglia alle 7, colazione, scuola dalle 8 fino alle 14 quando abbiamo 30 minuti intorno alle 13 per mangiare. Quando abbiamo una partita, quindi spesso, ci alleniamo subito dopo, altrimenti lo facciamo la sera. Considerando che giochiamo ogni 2 giorni - in pratica - è dall‟ inizio di gennaio che non facciamo un giorno di riposo. Tuttavia, almeno per me, i ritmi qui a Bergen non sono poi tanto diversi da quelli che avevo in Italia.... anzi ho due ore in


basket”! Il ricordo più bello per ora è stato sicuramente una partita vinta allo scadere, dopo essere stati sempre sotto per tutta la partita di 7-8, ma anche 10 punti. Io ho segnato 10 punti e fatto l'assist per il canestro della vittoria. Credo di non essermi mai sentito cosi libero come quella volta su un campo da basket. Per quello che riguarda le “americanate”, qui vanno di moda gli handshakes e personalmente ne ho uno con tutti i componenti della mia squadra...è una sorta di rituale che ci carica! Come ascoltare "Lose Yourself" di Eminem, la canzone che mi rispecchia al meglio nel senso che, come dice il testo, quando hai una grande occasione non la devi sprecare e fare di tutto per farla valere al meglio. Ed è anche per questo che ho scelto il numero 0: lo 0 rappresenta l'inizio di qualcosa; io lo interpreto come "ricomincia tutto da 0. Non conta quello che hai fatto prima di arrivare qua. Riparti da 0 e dai il meglio di te in tutto, senza guardare in faccia a nessuno"

più per me perché non devo andare da Bologna a Reggio per giocare. :) A parte gli scherzi, giocando un campionato in 3 mesi tutto diventa diverso. Gli allenamenti sono strutturati con la prima parte di fondamentali di palleggio passaggio prima statico poi dinamico: Coach Billy è molto attento a questo aspetto. Poi creiamo situazioni per migliorare nelle letture dei nostri giochi e vediamo le situazioni degli avversari. Il giorno della partita abbiano sempre una sessione di almeno un'ora dove si rivedono tutte le varie situazioni e si tira. Il video si fa quasi sempre il giorno dopo la partita. Prima del campionato la cura degli allenamenti è stata praticamente sul lato fisico: io stesso ho voluto migliorarmi più che potevo per essere da subito competitivo e praticamente tutti i giorni sono andato in palestra a fare pesi e tirare, anche da solo. Il debutto americano e qualche aneddoto:

Thomas: Il mio debutto in campo è stato molto particolare: ho segnato solo 3 punti, sbagliando qualche tiro. Ero molto nervoso perché era la mia prima partita ed ero molto emozionato. In campo all'inizio ero quasi spaesato e non potevo credere di essere lì. E se devo essere sincero, ancora non mi sembra vero di giocare nella “patria del

Gabriele: Nel torneo preseason che abbiamo fatto, la mia più grande paura era quella di non essere all'altezza …. ma una volta in campo, quando ho visto che potevo dire la mia, è passato tutto. Ma il ricordo più bello è stato quello di essere premiato nel trimestre per i voti che ho preso. E' stata la mia sfida più difficile perché comunque studio in un'altra lingua e qui non ti aspettano: devi poter capire e prendere appunti nelle lezioni e se non ci riesci poi non è facile fare i test..... che sono veramente tanti! Anche perché l'inizio non era stato dei più promettenti. Primo compito di inglese : definizioni di diversi vocaboli (naturalmente difficili). A casa, per prepararmi al meglio sono stato più di due ore sul computer a cercare le definizioni aiutandomi con internet. Contento, consegno il compito e alla sera, vedo il voto: zero! Disperato chiedo il motivo al prof che di tutta risposta mi dice: “Hai preso spunto da internet e per noi è copiare”. A Nulla sono valse le mie spiegazioni: semplicemente....non era un suo problema. E questo è stato il mio ben arrivato negli States. La persona che ti ha influenzato maggiormente nella tua carriera e una lezione che non dimenticherai mai:

Thomas: La persona che mi ha influenzato di più di tutte nella mia carriera cestistica è stato sicuramente il mio papà (il mitico Gus Binelli, una delle bandiere della Virtus Bologna, scelto dagli Atlanta Hawks nel draft del 1986 ndr.). È il miglior coach che abbia mai avuto, anche se non mi ha mai veramente allenato perché non ho mai giocato con una delle sue squadre; era più un allenatore personale. Da piccolo ero un po' testardo e non gli davo


molto ascolto. Pensavo di essere già bravo senza che nessuno avesse bisogno di insegnarmi niente. Ma mi sbagliavo e ogni tanto me ne pento. Quando non avevamo niente da fare, andavamo in una palestra o al campetto a lavorare un po' e tutto quello che so fare su un campo da basket lo devo a lui. Cerco di ispirare il mio gioco a Dirk Nowitzky: come me lui è molto alto, ma allo stesso tempo è un buon tiratore ; per questo mi ci rivedo molto in lui. Non è molto frequente in America a livello di highschool vedere un tiratore che sia alto più di 2 metri. Nei primi allenamenti nessuno si aspettava che fossi un buon tiratore: così, quando mi hanno visto segnare anche da fuori sembrava che avessero visto un alieno. Vorrei solo avere un po dei suoi movimenti di Dirk e spero di fare la carriera che ha fatto lui.

Gabriele: Senza dubbio mio papà (pivot atletico di 188cm delle serie minori ndr.), sia come modello che come influenza in tutto quello che ho fatto e faccio. Per questo ho scelto come maglia il numero 10; lo stesso che indossava lui quando con la nazionale italiana ha vinto un europeo studentesco in Israele a 16 anni e per me non c'erano dubbi su che numero chiedere. Poi prendo spunti da tutti i grandi, dato che sono convinto che guardando si impara: é la prima regola se si vuole crescere, soprattutto in un ambiente così competitivo come quello americano. Per loro tutto e' competizione, ma vista anche su se stes-

si: vuoi arrivare? Allora devi superare tutti i tuoi limiti! Qui vai avanti se dimostri! E quello che conta è vincere! Semplice! :)


Di Luca Caslini

E‟ da poco passato il Mardi Gras di New Orleans, il carnevale che dal 1875 é festa statale. Questa tradizione, importata dai primi coloni francesi, é una delle maggiori attrazioni insieme alla cultura musicale jazz della zona. I colori che vengono sfoggiati sulle maglie Nba in questo periodo sono il porporache rappresenta la giustizia, l'oro che indica il potere e il verde la fede. La città, con una vasta percentuale di popolazione afroamericana a basso reddito, fu sconvolta nel 2005 dall'uragano Katrina e lentamente si sta riprendendo tornando alla normalità. La squadra Nba degli odierni Pelicans, allora chiamata Hornets, fu costretta a chiedere ospitalità a Oklahoma City, in cui disputò le stagioni '05-'06 e '06-'07 con il nome di New Orleans-Oklahoma City Hornets. La squadra tornò, successivamente, nella Louisiana per disputare la stagione 2008. New Orleans, situata sul delta del fiume Mississipi, prese questo nome in onore di Filippo II D'Orleans, principe di

Francia e il suo porto divenne snodo fondamentale per la tratta degli schiavi. Se la capitale dello stato é Baton Rouge, il primato per popolazione é proprio di New Orleans con i suoi 350.000 abitanti. Addentrandoci nel sistema scolastico, i programmi sportivi non mancano e sul territorio sono distribuite varie università. La University of New Orlenas (UNO) compete nella Southland Conference della Division I. I Privateers si sono qualificati per quattro volte al torneo finale Ncaa in un periodo che va dal 1987 al 1996. L'università ha dato alla Nba vari giocatori tra cui il piú recente Ervin Johnson e i piú datati Wayne Cooper, Tony Harris e Michael McDonald. Un'altra appartenente alla Division I é Tulane University. I Green Wave appartengono alla American Athletic Conference. In quest'ateneo, é il basket femminile a farla da padrone con ben 10 apparizioni al torneo finale. Passando, poi dalla Ncaa alla Naia ( associazione fonda-


ta nel 1940 che raggruppa in varie Conference universitá minori) New Orleans é rappresentata dai Dillard Blue Devils della Dillard University (Gulf Coast Conference), da Southern Knight della Southern University at New Orleans ( Sempre Gulf Coast) e infine da un altro componente della Gulf Coast Conference, gli Xavier Gold Rush. Anche se la cittá non primeggia nel vasto panorama cestistico, dai suoi sobborghi provengono vari giocatori Nba del calibro di DJ Augustin, Clyde Dexter, finalista Nba contro MJ, Danny Grenger, ex stella degli Indiana Pacers, Greg Monroe, uomo di punta dei Detroit Pistons scelto nel 2010 e Thaddeus Young. Ampliando lo sguardo sull'intero panorama statale, si possono osservare floride realtà cestistiche all'interno della Division I. Grambling State University (Cittá di Grambling) e Southern University ( Baton Rouge) militano nella SWAC Conference. University of Louisiana at Lafayette appartenente alla Sun Belt Conference ha raggiunto due Sweet Sixteen nei tornei del 1972 e 1973. Questi traguardi furono, però, cancellati dai libri a causa di vari scandali che coinvolsero giocatori e rappresentanti dell'Università. Vennero scoperte oltre 120 violazioni che comprendevano denaro ai giocatori, utilizzo di carte di credito universitarie per acquisti di auto e vestiti. A tutto questo si aggiunse la Death Penalty (utilizzata direttamente solo 5 volte) che non fece disputare all'università le due stagioni del '73-'74 e '74-'75. In seguito le attività ripresero normalmente sino al 2004

quando vennero riscontrate nuove violazioni. Nella città di Monroe ha sede l'Universitá della Louisiana, che compete nella Sun Belt Conference. Soprannominati WarHawks hanno partecipato a ben sette tornei nazionali. Spostandoci nella cittadina di Ruston, nella C-USA Conference militano i Louisiana Tech Bulldogs di Louisiana Tech University. Con una storia che ha inizio nel 1925 i Bulldogs hanno vinto 19 tornei di Conference e hanno partecipato a 6 tornei finali. Hanno calcato il parquet del Thomas Assembly Center giocatori del livello di PJ Brown, Paul Millsap e l'Hall of famer Karl Malone. The "mailman" prima di disputare ben 18 stagioni Nba ha lottato per tre stagioni con i Bulldogs portandoli per la prima volta al torneo nazionale nel 1984. Non disputò la prima stagione da freshman a causa del basso rendimento scolastico, ma recuperò in fretta!!! I Bulldogs oltre alla sua numero #32 hanno ritirato anche la numero #44 di Jackie Moreland e la #12 di Leon Barmore (allenatore della squadra femminile per 35 anni).


Il panorama universitario viene completato dall' Universitá di Louisiana State University con i suoi Tigers. La squadra della capitale milita nella SEC e disputa le partite casalinghe al Pete Maravich Assembly Center. L'universitá é caratterizzata dalle immancabili cheerleader e dalla Bengal Brass, un gruppo di 60 percussionisti che sostiene la squadra durante i matches. I Tigers hanno raggiunto per ben quattro volte le Final Four, guidati da vari coach tra cui ricordiamo Trent Johnson e Dale Brown. Tra gli studenti che sono stati indotti nella Hall of Fame troviamo Pete Maravich e Bob Petit, il primo giocatore a cui venne assegnato il neonato premio di MVP. Uno dei Tiger piú famosi e riconosciuti è senz'altro Shaquille O'Neal che fece parte della squadra dal 1989 al 1992, diventando due volte All-American e due volte SEC Player Of The Year. In suo onore l'Universitá ha anche costruito una statua situata all'entrata dei campi di allenamento. Questa lunga carrellata di storie e avvenimenti ci ha fatto capire che la Louisiana non é solamente una terra paludosa in cui affondano le radici del Jazz, ma anche una terra in cui la passione per la palla a spicchi batte molto forte.


s n a e rl

. New Orleans, dal francese La Nouvelle-Orléans, è la più grande città dello Stato della Louisiana e uno dei più grandi porti marittimi degli Stati Uniti. Nola è stata fondata dai coloni francesi nel 1718 (dal Mississippi società francese) e prende il nome dal Duca di Orleans. La città è stata fortemente influenzata dalla cultura europea dei coloni, che ha contribuito a creare l‟architettura creolofrancese e spagnola che ancora oggi caratterizza la città. New Orleans è conosciuta anche per il suo patrimonio interculturale e multilingue, la cucina eclettica, la musica (città natale del jazz), e le sue feste annuali come il Mardi Gras (Martedì grasso), che risale al periodo coloniale francese. Questi e molti altri sono i motivi per cui Nola è considerata la città “più unica” negli Stati Uniti d‟America. Nola si trova sulle rive del fiume Mississippi, l‟arteria principale è Canal Street che divide la città in due aree principali, denominate rispettivamente “centro” e “uptown”. Quartieri Downtown includono il quartiere francese, Tremé, e Faubourg; I quartieri Uptown includono il Garden District, Gert Town e Fontainebleau.

O w e N

Crociere e tour

BIGLIETTI E PASS

L‟architettura unica di questa città è ampiamente influenzata dalla sua eredità multiculturale.

V

G

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T A E

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Di Julian Gualtieri

Il 6 Gennaio arrivo a Miami per visitare la mia famiglia nella mini pausa All-Star Game del mio campionato di serie B. Appena varcati i confini americani ed entrando in Florida, ricevo subito 100 messaggi whats app dai miei ex-compagni di squadra di Florida International University (C-USA), che mi obbligano ad essere presente alla loro partita del weekend vs. Western Kentucky University. Ovviamente non ci penso nemmeno un secondo ad assistere alla partita del mio college in parterre, e pur essendo in trasferta, dò subito conferma sulla chat group della squadra. Nella stessa sera mi chiama il Director of Basketball Operations della University of Miami, James Johnson, mio buon amico, dopo avermi chiesto come stavo e come andava il campionato, mi offre due biglietti per il derby piu‟ caldo della Florida, University of Miami vs. Florida State University, io gli dissi “ma i biglietti sono sold out da una settimana almeno” e lui mi rispose “non se sei il Director of Basketball Operations della squadra”. Perdermi una partita cosi‟ sarebbe come perdersi VirtusFortitudo nella vecchia seria A. Ovviamente presi quei biglietti e inventai una scusa con i miei ex compagni di squadra per mancare la partita del mio college. Arriva

sabato ed è tutto pronto, porto mio padre alla Bank United Center per assistere al grande derby assieme a me, entriamo a metà primo quarto e l‟arena e‟ a top, 8 mila persone per la partita. Iniziamo a guardare la partita e rimango subito stupito dal livello fisico, che non ricordavo fosse cosi‟ alto e intenso. Contropiede su contropiede, schiacciate e alley hoop, ma anche un bel basket. Molto divertente davvero, quasi un anno che non vedevo il college dal vivo. Nella mia giovane carriera ho fatto esperienza in Legadue Gold in Italia, al college Division 1 negli Stati Uniti e in serie B di nuovo in Italia, posso dire che le squadre da playoff in Legadue potrebbero competere con queste due squadre, ma non le squadre di serie B. Il gioco va a un altro ritmo, mentre in Italia a volte il gioco stagna molto sulla tattica, al college si corre e si va in contropiede diverse volte nell‟ arco della partita. Dopo aver visto UM spazzare via FSU ho capito quanto volesse dire quella partita per loro e per i loro tifosi. La partita è finita con il risultato di 72 a 59 per UM. E‟ stato emozionante rivedere una partita di di college dal vivo e ancora di più vederla a Miami.


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Di Riccardo Di Stefano

1 Villanova 2 Kansas 3 Oklahoma 4 Iowa 5 North Carolina 6 Maryland 7 Virginia 8 Xavier e Michigan State(ex-equo) 10 West Virginia 11 Miami 12 Arizona 13 Iowa State

Ranking del 15 Febbraio 2016

14 Kentucky 15 Dayton 16 Oregon 17 Purdue 18 Louisville 19 Notre Dame 20 Duke 21 Southern Methodist 22 Indiana 23 Providence 24 Texas 25 Baylor


E‟ Villanova la numero uno del ranking a metà febbraio, dall‟alto del suo record di 22 vittorie e 3 sconfitte. I Wildcats hanno perso solo contro Providence nell‟ultimo mese, al supplementare, in quella che al momento è l‟unica sconfitta stagionale all‟interno della conference per i ragazzi di Jay Wright. Sono arrivate tante vittorie pesanti contro avversari di Big East, come quelle sui campi di Butler e Providence, prendendosi la rivincita sui Friars. Tre sconfitte in due settimane tra il 12 ed il 25 gennaio per Kansas, contro West Virginia, Oklahoma State ed Iowa State. I Jayhawks sono però riusciti a battere squadre di livello come Kentucky, West Virginia nel secondo atto e soprattutto Oklahoma, siglando un 2 su 2 in stagione ai danni dei Sooners, che come Kansas sono stati battuti 3 volte negli ultimi 30 giorni, battendo però Texas nella Red River Rivalry. Segue Iowa, sorprendente capolista della Big Ten, guidata da Jarrod Uthoff(quasi 20 punti di media). Impressionante la vittoria per 76 a 59 sul campo di Michigan State. Le 5 rimanenti partite di regular season sembrano alla portata degli Hawkeyes, che hanno quindi una seria chance di vincere il titolo di conference della stagione regolare. Al numero 5 North Carolina, leader della ACC, attesa da sfide super impegnative, comprese le due contro l‟arcirivale Duke. Sesta Maryland, squadra talentuosa che può battere chiunque, come dimostrato dalla vittoria su Iowa, ma che può anche perdere da squadre nettamente inferiori, ad esempio Michigan e Wisconsin, non presenti nel ranking ma entrambe vincenti contro i Terrapins. Al settimo posto Virginia, seconda migliore difesa della Division 1 con meno di 60 punti concessi a partita. I Cavaliers nell‟altra metà campo si affidano a Malcolm Brogdon, miglior marcatore di squadra a quasi 18 di media. A seguire Xavier e Michigan State, che hanno ricevuto lo stesso numero di voti per l‟ottava piazza. I Musketeers avranno la possibilità di mostrare il

loro vero valore nel match casalingo del 24 febbraio contro la n.1 Villanova, da cui ha perso di 31 nel precedente stagionale. Gli Spartans di coach Izzo sono scesi addirittura al sesto posto in Big Ten per colpa soprattutto delle tre sconfitte di fila subite contro Iowa, Wisconsin e Nebraska. La parte più difficile del calendario è però passata ed MSU ha ritrovato Denzel Valentine, perciò dalle parti di East Lansing potrebbero togliersi parecchie soddisfazioni nel finale di regular season. Chiude la top 10 West Virginia, vicecapolista della stellare Big 12 di questa stagione. I Mountaineers sono avversario poco gradito da chiunque, come provano le recenti vittorie su Kansas ed Iowa State, e la sconfitta per sole due lunghezze sul parquet di Oklahoma. Spiccano la Big 12 e la ACC con 6 squadre presenti nella top 25; 5 per la Big Ten, 3 per la Big East, 2 per la Pac-12, una a testa per SEC, Atlantic 10 ed American Athletic Conference.


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Sabato 20 Febbraio

Texas - Kansas ore 03:00

Louisville - Duke ore 18:00

Martedì 1 Marzo

North Carolina - Miami ore 19:00

Florida - Kentucky ore 01:00

Villanova - Butler ore 20:30

Iowa - Indiana ore 03:00

West Virginia - Oklahoma ore 22:00

Mercoledì 2 Marzo

Kansas State - Kansas ore 00:00

UCLA - Oregon ore 03:00

Texas A&M - Kentucky ore 00:30

Providence - Creighton ore 03:00

Domenica 21 Febbraio

Giovedì 3 Marzo

Maryland - Michigan ore 19:00

Arizona - California ore 03:00

SMU - East Carolnia

Sabato 5 Marzo

Lunedì 22 Febbraio

Baylor - West Virginia orario da definire

Miami - Virginia ore 01:00

Kansas - Iowa State orario da definire

West Virginia - Iowa State ore 03:00

Duke - North Carolina orario da definire

Martedì 23 Febbraio

Virginia - Louisville orario da definire

Kentucky - Alabama ore 01:00

Kentucky - LSU ore 20:00

Baylor - Kansas ore 02:00

Michigan - Iowa ore 02:00

Ohio State - Michigan State ore 03:00

Domenica 6 Marzo

Mercoledì 24 Febbraio

Indiana - Maryland ore 22:30

Xavier - Villanova ore 01:00

Purdue - Wisconsin ore 01:30

NC State - North Carolina ore 02:00 Oklahoma - Oklahoma State ore 03:00 Iowa - Wisconsin ore 03:00

Sabato 27 Febbraio LSU - Florida orario da definire Purdue - Maryland orario da definire Virginia - North Carolina orario da definire Texas - Oklahoma ore 20:00 Miami - Louisville ore 20:00 Marquette - Vilanova ore 20:00

Domenica 28 Febbraio Ohio State - Iowa ore 22:00 Wisconsin - Michigan ore 00:00

Lunedì 29 Febbraio North Carolina - Syracuse ore 01:00


LA NUOVA FRONTIERA DEL COLLEGE BASKETBALL IN ITALIA


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