Ncaa Time Aprile 2016

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Anno 3 Numero 7

Aprile 2016

Villanova conquista il suo secondo titolo nazionale dopo quello del 1985, e anche quella volta partĂŹ da sfavorita



VILLANOVA, LA STAGIONE di Riccardo Di Stefano...................6-8 IL GRANDE BALLO di Glauco Barbero....................................10-12 LA MIA STAGIONE di Elisa Penna................................................13 DUE PAROLE CON...MATT LONEGRAN di Glauco Barbero..14-15 OCCHIO ALLE DONNE di Isabella Agostinelli.........................18-21 THE SPACE CITY di Luca Caslini............................................22-23 IL TAGLIO DELLA RETINA di Stefano Bei....................................25 ONE SHINING MOMENT di Stefano Bei.......................................26

Hanno collaborato:

Stefano Bei di NBA-Evolution.com Glauco Barbero di Rushandslam.blogspot.it Luca Caslini Riccardo Di Stefano Isabella Agostinelli ELISA PENNA Ala Wake Forest University

Tutte le immagini inserite in questo numero appartengono ai rispettivi proprietari




Di Riccardo Di Luca Caslini Di Stefano

Villanova era stata una delle delusioni del torneo 2015, perdendo al secondo turno da North Carolina State. L‟ossatura della squadra è rimasta la stessa della stagione precedente, eccezion fatta per l‟arrivo di Jalen Brunson, freshman da Lincolnshire, Illinois. I Wildcats erano 11esimi nel ranking AP prestagionale. „Nova era la favorita per vincere la Big East e ci si aspettava una stagione solida da parte loro ma in pochi la consideravano una seria candidata al titolo nazionale; i più pensavano che si sarebbero sciolti con l‟arrivo del mese di marzo, come nelle precedenti due stagioni. La stagione è iniziata con sette agevoli vittorie contro avversarie modeste, compresa Saint Joseph‟s, sconfitta 86-72 nella rivalità chiamata “Holy War”. La prima sconfitta arriva il 7 dicembre contro la n.7 Oklahoma ad Honolulu, Hawaii. E‟ una sconfitta pesante, 55 a 78, che verrà vendicata qualche mese dopo. La risposta arriva con una vittoria di 29 punti su La Salle ma nel match successivo la squadra di coach Jay Wright perde ancora in casa di Virginia. Dopo due vittorie contro

squadre poco competitive Villanova debutta in Big East il 31 dicembre mandando un messaggio chiaro alle dirette rivali, battendo la #6 Xavier 95-64. I Wildcats inaugureranno il 2016 con sei vittorie, comprese quelle a domicilio contro Butler e Seton Hall. Il 23 gennaio arriva la prima sconfitta nel calendario di conference contro Providence. I bianco blu della Pennsylvania reagiranno alla grande con una striscia di 7 successi, compreso quello del rematch contro gli stessi Friars. E‟ proprio grazie alla vittoria al Dunkin‟ Donuts Center di Providence che „Nova ottiene la numero 1 del ranking dell‟Associated Press per la prima volta nella sua storia, restando in cima per tre settimane consecutive. A frenare il momento di grazia degli uomini di Wright ci pensa Xavier, stracciata un paio di mesi prima. Seguiranno tre agevoli vittorie, tra cui quella contro Georgetown che sancisce il termine della stagione regolare. Villanova chiude con un record complessivo di 27 vittorie e 4 sconfitte(16-2 nella conference), conquistando per il terzo anno di fila il titolo di campione della regular


season della Big East. Jay Wright viene votato allenatore dell‟anno della storica conference a pari merito con Kevin Willard di Seton Hall, mentre la guardia Josh Hart ha trovato posto nel quintetto ideale. I Wildcats sono la prima testa di serie del torneo della Big East che, come ogni anno, si disputa al Madison Square Garden di New York, perciò hanno potuto riposare durante la prima giornata. Nessun problema all‟esordio contro Georgetown, battuta per la seconda volta nel giro di sei giorni. La difesa di Villanova riuscirà, il giorno successivo, a limitare la stella di Providence Kris Dunn a soli 9 punti e sconfiggere i Friars 76-68 qualificandosi per la finale dove verranno sconfitti a sorpresa da Seton Hall 69-67, grazie ai 26 punti della guardia Isaiah Whitehead. Piccola consolazione per Kris Jenkins(23 punti in finale) e Josh Hart, inclusi nel primo quintetto del torneo. La Selection Sunday riserva ai „Cats la testa di serie n.2 della South Region del Torneo NCAA e un esordio sulla carta facile contro UNCAsheville, ma si sa che nella March Madness può succedere di tutto. Tuttavia Villanova vince di 30, portando cinque giocatori in doppia cifra. Due giorni dopo arriva un altro facile successo contro la #7 Iowa, per 87-68, che vuol dire che i Wildcats hanno già fatto meglio rispetto alle recenti partecipazioni al Torneo. Nelle Sweet Sixteen li aspetta la #3 Miami, sulla carta avversario ostico, che in realtà viene sconfitto agevolmente con il punteggio di 9269, grazie ai 21 punti a testa di Kris Jenkins e Ryan Arcidiacono. Nel giorno del ventiduesimo compleanno di quest‟ultimo, „Nova parte da sfavorita nel match di Elite Eight contro Kansas, campione della Big 12 e n.1 del South Regional. Sarà una partita tiratissima dalla palla a due fino alla sirena finale ma i Wildcats limitano il temibile

attacco dei Jayhawks e vincono 64-59, raggiungendo la quinta Final Four della loro storia e la prima dal 2009. Il destino li mette di fronte ad Oklahoma, che li aveva battuti con uno scarto di 23 punti a dicembre. Sarà una dolcissima vendetta per Villanova che vincerà 95-51 stabilendo il maggiore margine di vittoria nella storia della Final Four (44 punti), limitando il giocatore più in forma della nazione, Buddy Hield, a soli 9 punti.


Nelle fila biancoblu spiccano i 23 di Hart ed i 18 di Jenkins. Il 4 aprile 2016, davanti ai 74.340 spettatori dell‟NRG Stadium di Houston, va in scena la finale nazionale, dove i „Cats affrontano da sfavoriti i North Carolina Tar Heels, testa di serie n.1 dell‟East Region e campioni della ACC, che hanno facilmente sconfitto Syracuse in semifinale e vanno a caccia del sesto titolo della loro storia. Per Villanova è la terza finale di sempre. Nel primo tempo le squadre rimangono molto vicine nel punteggio, con Carolina che però chiude meglio ed entra in spogliatoio sopra di 5. I Wildcats alzano il livello nella ripresa e con poco più di cinque minuti da giocare si portano sul +10. UNC, però, non ci sta e ricuce lo svantaggio fino a pareggiare a meno di 5 secondi dalla fine grazie ad una tripla semi-impossibile di Marcus Paige. Jay Wright chiama il timeout e disegna una giocata che si dimostrerà impossibile da fermare: Ryan Arcidiacono prende la rimessa da fondocampo e corre fino alla linea dei tre punti, seguito da Kris Jenkins che riceve il suo scarico e spara la tripla allo scadere che consegna il titolo NCAA ai suoi, il secondo della storia dopo quello del 1985. Coach Jay Wright darà il merito al “Wildcat minute”, in cui i suoi giocatori allenano le situazioni che potranno servire nei finali di partita. Phil Booth chiude a sorpresa come migliore realizzatore di Villanova con 20 punti ma il premio di Most Outstanding Player della Final Four va a Ryan Arcidiacono, che ha affidato nelle mani di Kris Jenkins il pallone più importante della storia dei Villanova Wildcats. I Wildcats hanno stabilito un nuovo record di vttorie nella storia dell‟ateneo con 35, sconfiggendo quello della precedente annata(33). Solo 5 sconfitte in stagione per „Nova: 4 in regular season, tutte contro squadre presenti nel ranking

quando affrontate(Oklahoma, Virginia, Providence e Xavier) ed una in postseason, ovvero la finale del torneo della Big East contro Seton Hall.


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Di Glauco Barbero (www.rushandslam.blogspot.it)

Andiamo a ripercorrere il Torneo 2016, un torneo che è stato inizialmente criticato per il mancato seed #1 a Michigan State e per alcune esclusioni eccellenti, ma poi ha dimostrato di avere il miglior tabellone degli ultimi anni con poche sorprese dal secondo round in poi.

lone e lo ha fatto vendicando la beffa dello spareggio dello scorso anno.

FIRST FOUR e FIRST ROUND

La sfida 9-8 che sulla carta dovrebbe essere la più equilibrata, la gara più sorprendente di questo accoppiamento è stata UCONN che ha battuto Colorado.

La selection Sunday ci ha consegnato quattro gare iniziali di buon livello con Vanderbilt-Wichita State che avrebbe potuto essere tranquillamente una gara dei turni successivi. Michigan ha battuto Tulsa, Holy Cross ha superato Southern e Florida Gulf Coast è tornata al torneo dai tempi in cui sorprese tutti diventando Dunk City. Il seguente primo round è stato quello che ha riservato più sorprese. Alcune delle squadre presenti sono state delle novità o dei graditi ritorni come ad esempio Stony Brook, che finalmente ha esordito al Torneo dopo aver perso la finale della America East nelle ultime stagioni, oppure Yale, che, pur senza avere un torneo in Ivy League, ha dovuto aspettare tanti anni per tornare nel tabel-

Gli upset sono stati diversi, in quasi tutti gli accoppiamenti. Vediamo una rapida carrellata seguendo i vari accoppiamenti.

La #10 Syracuse ha battuto la #7 Dayton. Tra le numero #6 solamente Notre Dame è riuscita a passare contro la #11, così Northern Iowa è avanzata al secondo round, grazie ad un buzzer beater da centro campo, ed anche Gonzaga e Wichita State hanno superato la squadra con il seed migliore. Yale una volta al Torneo non ha perso tempo per piazzare l‟upset, ma la sconfitta di Purdue #5 contro Little Rock #12 è stata sicuramente più sorprendente tra quelle con quell‟accoppiamento.


Ci stiamo avvicinando ai primi seed e California #4 ha sprecato il suo talento uscendo sconfitta contro Hawaii #13. Se le numero #1 hanno superato il primo round, sono West Virginia tra le seed #3 e proprio la grande perdente della Selection Sunday Michigan State tra le #2 ad uscire sconfitte in due importanti upset contro Stephen F Austin e Middle Tennessee State. Proprio la sconfitta degli Spartans pregiudicherà l‟intero Midwest Regional.

SECOND ROUND Una volta che ci eravamo abituati alle sorprese, questo Torneo ha rallentato ed al secondo weekend si sono qualificate quasi tutte le squadre più quotate. Le uniche partite non scontate sono state quelle tra Indiana e Kentucky con la campionessa della Big10 che ha superato la squadra di Coach Calipari, Gonzaga-Utah con la prima che ha vinto e sembrava avere finalmente un roster pronto a fare il grande salto verso le Final Four, e Wisconsin-Xavier con i Badgers che hanno chiuso la stagione in grande crescita dopo lo shock del disfacimento della squadra che fu di Bo Ryan ed hanno battuto i Musketeers, reduci da una bella versione della Big East. La gara più entusiasmante è però stata quella tra gli Aggies di Texas A&M ed i Panthers di Northern Iowa. Dopo essersi salvati allo scadere da Texas i ragazzi di UNI sembravano avere in mano la gara, ma gli ultimi 35 secondi hanno ribaltato tutto e portato Texas A&M alla sfida contro i Sooners.

SWEET16 Le Sweet16 sono state avare di sorprese portando alle Elite8 ben 4 numero #1, 2 numero #2, Notre Dame con la #6 e Syracuse #10. In questo turno è scomparsa dal tabellone la Big10 ed abbiamo visto la vittoria di quattro squadre della ACC con la certezza di vederne una sicuramente in finale. Tutto come previsto, quindi con i Fightin‟ Irish che tornano dove erano rimasti lo scorso anno, quando quasi eliminarono la super Kentucky 2014-15, eliminando Wisconsin. Il seed minore a vincere alle Sweet16 è stato il #10 di Syracuse. Gli Orangemen hanno iniziato la stagione con il ban al loro coach dovuto alle irregolarità che sono state penalizzate dalla Lega dopo anni di indagini e si sono trovati al Torneo grazie ad un'altra penalizzazione, quella di Louisville, ma hanno poi saputo approfittare del “buco” lasciato dagli Spartans battendo alle Sweet16 Gonzaga grazie alla loro difesa 2-3, attaccata male dagli Zags.


ELITE8 Dopo aver fatto percorso netto le seed #1 sono crollate prima delle Final Four. Le Elite8 hanno visto l‟esplosione di Villanova, che ha superato la super favorita Kansas, l‟affermazione di Hield, che con 37 punti ha battuto Oregon, ed il solito crollo di Virginia, che sul +14 non ha contrastato la rimonta di Syracuse. L‟unica numero #1 che ha dimostrato il suo valore è stata North Carolina, che è così diventata la nuova favorita per la vittoria finale.

FINAL FOUR Eccoci, quindi, a Houston, come sempre in uno stadio, davanti a oltre 75000 persone. Villanova arriva come possibile sorpresa dopo una stagione che l‟ha portata anche ad essere la #1 del ranking, Oklahoma ha un Hield in grande forma e spera di arrivare fino in fondo, Syracuse è l‟underdog che, però, ha dimostrato di rimanere sempre aggrappata alle gare con secondi tempi di grande valore e North Carolina fa paura a tutti, talento da vendere e tanti punti nelle mani… puntare su di loro è fin troppo facile. Con queste premesse eccoci arrivati alla sfida tra Villanova e Oklahoma.

Oklahoma parte bene, ma poi crolla davanti alla difesa di Villanova ed al suo 71% al tiro e, dimenticandosi di avere in squadra il giocatore dell‟anno, naufraga ad oltre 40 punti di scarto. E‟ quindi il turno di North Carolina – Syracuse, sfida che porterà almeno una squadra della ACC in finale. North Carolina inizia attaccando al meglio la 2-3 degli Orangemen e si porta presto in vantaggio, ma la rimonta del secondo tempo di Syracuse non si fa attendere. Una strigliata di Roy Williams riporta la gara sui binari consoni per i Tar Heels e neanche un eroico Cooney può salvare coach Boeheim. Il Championship sarà quindi Villanova contro North Carolina, con i secondi grandi favoriti. La partita vive di equilibri dettati dall‟ottima vena al tiro per entrambe le squadre ed il gran finale chiude una stagione che ha visto tanti padroni, ma che laurea campione una squadra che è stata tre settimane al vertice del ranking e nelle ultime gare della stagione ha superato Kansas, Oklahoma e North Carolina. Villanova vince grazie al buzzer beater di Jenkins sulla sirena, dopo che Paige aveva impattato la gara con un canestro da 3 funambolico, in una gara che ha visto percentuali al tiro altissime e porta sulla vetta della NCAA la Big East che spesso è stata considerata sorella minore tra le top conference.


Di Elisa Penna (Ala - Wake Forest University)

La mia esperienza americana ha avuto inizio il 26 dicembre con destinazione Wake Forest University, WinstonSalem (North Carolina). La mia scelta è ricaduta su questo college perché lo staff, che mi ha cercata e mi ha offerto una borsa di studio per studiare e giocare negli States, mi ha fatto sentire fin da subito un membro della famiglia. Mi hanno aiutata moltissimo, soprattutto nel momento in cui ne avevo più bisogno. Per questo lato umano ho scelto Wake Forest e ne sono davvero felice. Lo staff è composto da persone fantastiche e le mie compagne di squadra sono tutte brave ragazze. Mi hanno dato una grande mano nel mio primo periodo di adattamento alla nuova vita negli Stati Uniti. In campo, e non solo, mi sono venute in contro, cercando di farmi sentire a mio agio e parte del gruppo fin da subito. Essendo arrivata solamente per la seconda parte del campionato, ho giocato solo nella regular season, che abbiamo terminato il 28 Febbraio, collezionando 9 vittorie e 8 sconfitte, concludendo così al decimo posto in Conference. Nonostante il brutto inizio di campionato, dove abbiamo perso cinque partite di fila, e le varie difficoltà che abbiamo incontrato durante il nostro cammino, siamo riuscite a crescere costantemente non solo sotto l‟aspetto individuale, ma soprattutto di squadra. Credo che se guardiamo come eravamo quando siamo partite e lo mettiamo a confronto con ciò che siamo adesso, non possiamo che essere soddisfatte dell‟ottimo lavoro che abbiamo svolto. Abbiamo raggiunto grandi risultati battendo squadre come Duke, cosa che non succedeva dal 1993, e

abbiamo scritto un nuovo pezzo di storia per il nostro programma sportivo vincendo nella stessa stagione contro tutte le altre scuole della Carolina del Nord, cosa che non succedeva da moltissimo tempo. Il decimo posto in Conference ci ha permesso di giocare contro la quindicesima in classifica nell‟ACC Tournament, ovvero Clemson (in cui gioca una mia cara amica, Francesca Tagliapietra).Vincendo ci siamo aggiudicate il secondo round, dove abbiamo incontrato Georgia Tech (dove milita un’altra mia grandissima amica, Antonia Peresson). Purtroppo il nostro cammino nel torneo si è concluso presto, in quanto abbiamo perso con un canestro quasi allo scadere. Sconfitta molto amara. Dopo l‟ACC Tournament abbiamo atteso circa due settimane prima di sapere di essere stati selezionati per il WNIT (Women‟s National Invitation Tournament), non avendo avuto i requisiti necessari per poter accedere all‟NCAA Tournament. Nel primo round del torneo abbiamo incontrato UNC Charlotte. E‟ stata una partita molto combattuta, una di quelle tirate fino alla fine e molto divertenti da giocare. Alla fine siamo riuscite a portarla a casa, combattendo insieme per 40 minuti. Al secondo round, invece, abbiamo giocato, e purtroppo perso, contro FGCU (che ha poi vinto il WNIT). E‟ stata una partita al di sotto delle nostre potenzialità, non avendo giocato come davvero possiamo fare. Questa sconfitta ha segnato la fine della nostra stagione, fatta di alti e bassi, ma che, a ripensarci, porta a delle grandi emozioni e bellissimi ricordi. Ora che la stagione è conclusa, il tempo lo si divide tra studio, per poter superare al meglio gli ultimi esami dell‟anno, e palestra, dove stiamo facendo molto lavoro individuale; il che è davvero stimolante perché ti danno la possibilità di lavorare su ciò in cui sei carente. Insomma, l‟obiettivo è uno solo: migliorare, alzare ogni giorno, ogni settimana l‟asticella per poter superare i propri limiti e cercare di diventare qualcosa di più. Personalmente sono davvero molto felice della scelta che ho fatto, perché mi è stata data la possibilità di vivere un sogno. Non è sempre facile; ci sono alti e bassi, ma ne vale sicuramente la pena… al 110%!! Elisa Penna, Wake Forest University. Go Deacs!


Di Glauco Barbero (www.rushandslam.blogspot.it)

La post season del basket NCAA non è fatta solo del Torneo NCAA, ma anche di tanti tornei più o meno importati. Il più quotato, vera e propria sfida tra le squadre che avrebbero potuto essere alla Madness, è il Torneo NIT. Le Final Four al Madison Square Garden e le dirette sulla TV nazionale conferiscono al NIT quel valore aggiunto che lo rendono un importante traguardo per il college che lo vince. Quest'anno a trionfare sono stati i Colonials di George Washington. Squadra della A10 che è partita molto forte trovando anche il ranking durante l'anno, ma che poi ha dovuto lasciare il passo a Dayton, VCU e St. Bonaventure in regular season e St Joseph al torneo per l'automatic bid. La grande partenza non gli è valsa una chiamata alla Madness, ma la squadra ha dimostrato il suo valore trionfando al MSG. Ringraziando per la disponibilità, andiamo a parlare della stagione dei Colonials, che li ha portati anche a battere Virginia (seconda in ACC) e Seton Hall (vincente al torneo nella BigEast di Villanova), con l'Head Coach Matt Lonergan.

La prima domanda non può che essere sul buonissimo finale di stagione: quanto è stato importante per George Washington vincere un torneo come il NIT? E' stato estremamente importante. Far uscire i nostri seniors con una vittoria nel campionato è una cosa particolarmente bella, questo è stato un gruppo molto speciale da allenare. Un ottimo 11-2, le vittorie su Virginia e Seton Hall ed un posto nel ranking: pensavate che la stagione sarebbe finita in questo modo a fine dicembre? Si cerca sempre di andare avanti partita dopo partita. Quando abbiamo mancato l'invito al Torneo NCAA è stata sicuramente una delusione, ma tutti noi sapevamo che avremmo dato il massimo al NIT. Il nostro obiettivo era arrivare almeno alle semifinali a New York, quindi vincere è stato veramente grandioso.


Quali erano le chiavi del vostro gioco in questa stagione? Tyler Cavanaugh ha creato una consistente minaccia in fase realizzativa e siamo stati molto bravi offensivamente per tutto l'anno. Durante la nostra corsa nel NIT abbiamo anche iniziato anche a difendere molto bene, questo ci ha permesso di vincere cinque partite consecutive. In questa stagione la A10 è stata una buona conference: chi è stato il miglior giocatore della A10? DeAndre Bembry di Saint Joseph's. Quale è stato in punto di svolta della stagione? Dopo che vincemmo la nostra prima partita al NIT, tutta la squadra ha deciso che avrebbe voluto arrivare fino a New York (alle Final Four del torneo n.d.r.). Quali è stata la miglior partita della vostra stagione? Abbiamo avuto molte buone partite, vincere contro Virginia che era la numero #6 del ranking in casa, Seton Hall, Penn State e quindi le cinque vittorie consecutive al NIT, tra cui quattro contro squadre che hanno vinto il titolo della loro regular season. Cosa mi può dire sulla prossima stagione? Quanto sarà importante in fase di recruiting la vittoria al NIT? E' stato importante per noi avere la visibilità di questa

stagione. Abbiamo avuto tre partite su ESPN e una su ESPN2, cosa molto grande per noi. Abbiamo forse la miglior classe di freshmen che io abbia mai avuto, quindi farla arrivare in questo "momentum" è grandioso. Ringraziamo ancora l'ateneo ed il Coach per la disponibilità è spero che il prossimo anno possano ancora essere protagonisti.


Rushandslam nasce come blog di un appassionato di sport americani per tutti coloro che condividono la stessa passione. Nato nel 2013 con quattro sezioni di base: NBA-NCAABB-NFL-NCAAFB, presto riesce a trovare una discreta base di lettori che portano all'inizio del 2014 alla creazione di una pagina Facebook dedicata

www.facebook.com/rushandslam

Il 2014 porta anche la nascita di diverse collaborazioni con siti importanti e la partecipazione ad eventi LIVE quali il College Basketball Tour a Vicenza ed il 2K Classic a New York oltre all'annuale report da Londra per le NFL International Series. Il blog non si colloca nel panorama dei siti web di basket e football americano come una pagina di aggiornamenti giornalieri, ma come una punto di ritrovo per opinioni sugli argomenti che nascono dalle Leghe americane.


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Di Isabella Agostinelli

“Sta alle altre squadre giocare meglio, non noi a fare peggio”. Queste le parole di Morgan Tuck che possono riassumere un'altra strabiliante stagione di UConn: le Huskies, infatti, hanno fatto semplicemente quello che da quattro anni stanno facendo alla perfezione senza dar segni di cedimento...le altre, semplicemente, non riescono a contrastarle. Merito di un allenatore, Geno Auriemma, capace di creare quella che a tutti gli effetti possiamo chiamare una “dinastia” che è valsa alla franchigia il soprannome di “Celtics in pony tails” (i Celtics con il codino). Merito soprattutto di un gruppo di giocatrici che ha saputo tramutare in azione le indicazioni del coach della nazionale femminile americana e aggiudicarsi tutto quello che era possibile, dai quattro titoli consecutivi ai premi individuali. A partire dalle tre colonne portanti del gruppo: Brenna Stewart, Morgan Tuck e Moriah Jefferson che da sole hanno messo insieme 151 vittorie, un record nella storia della NCAA. Brenna ha vinto di tutto, dal premio come MVP delle Final Four al 2016 Naismith Trophy , diventan-

do l'unica atleta ad esserne aggiudicata quattro; Moriah si è aggiudicata il 2016 Dawn Staley Award e insieme a Brenna e Morgan sono state nominate nella 2016 AllAmerica Team. Ma basta con gli elogi. Andiamo a ripercorrere insieme questa “parata trionfale” delle Huskies, iniziando il nostro viaggio dalle Sweet 16 (giocatesi il 26 marzo), dove non sono di certo mancate le sorprese. La parola che meglio potrebbe riassumerle, infatti, è “uspet” che possiamo ben tradurre come “capovolgimenti inaspettati delle gerarchie”. I risultati parlano chiaro: in tutti i quattro lati della griglia che ha portato alle quattro finaliste, le squadre di classifica più bassa hanno estromesso quelle di classifica più alta; e così Syracuse si è imposta sulla prima della sua conference (South Carolina), Standford ha fatto lo sgambetto a Notre Dame; Washington si è liberata invece egregiamente di Kentucky, una vittoria che ha davvero sorpreso tutti; e infine, Tennesse ha beffato Ohio.


UConn si è presentata all'appuntamento con il solito rullino di marcia che al 26 marzo segnava 32 vittorie e 0 sconfitte. Solo Baylor ha fatto meglio in termini di vittorie, ma ha “macchiato” il suo tabellino con una sconfitta contro Oklahoma State per 52 a 45. Le Huskies vantano un altro primato: non perdono in Sweet 16 dal lontano 1996 quando non esisteva nemmeno Facebook e a superarle fu Georgia. Da quel giorno, 84 squadre hanno incontrato UConn e sono uscite sconfitte dal terreno di gioco; Missipi State, al suo debutto assoluto in queste Sweet 16, è diventata l'ottantacinquesima. Nonostante, infatti, le Buldogs abbiano mantenuto la maggior parte delle avversarie sotto i 55 punti in tutta la regular season, le ragazze di coach Schaefer hanno scoperto che una cosa è guardare le Huskies in video... tutt'altra trovarsele davanti dal vivo e rimediare un 98 a 38 che lascia spazio a pochi commenti. Nonostante il presidente Obama le avesse scelte come tra le sue favorite, Florida State si è dovuta arrendere a Baylor (70-58) in una partita che era iniziata tutta appannaggio delle Seminoles. È bastato un timeout di coach Mulkie per cambiare le carte in tavola e portare alla vittoria le Lady Bears (e al disappunto di Mister Obama). Intanto Oregon State rendeva onore alla sua prima apparizione nelle Sweet 16 superando per 83-71 De Paul con 38 punti della sua stella, Jamie Weisner. Le Elite 8 (28 marzo) hanno invece seguito molto di più i pronostici: UConn si è imposta facilmente su Texas per 86 a 65 allungando così ancora la propia striscia vincente e qualificandosi imbattute alle Final Four. Più affascinante e più equilibrata è stata invece la sfida tra Baylor e Oregon State, la seconda e la prima delle rispettive conference. Una partita dura, con continui capovolgimenti che non hai mai avuto una dominatrice e che si è conclusa solo allo scadere grazie a tre liberi di Sydney Wiese e a una difesa serrata che ha lasciato le Lady Bears senza vedere canestro per 2 minuti e 19. Oregon State, con il punteggio di 60 a 57, ha così prenotato uno storico pass per le Final Four; la Elite 8 si rivela nuovamente “maledetta” per Baylor che si ferma a questo traguardo per la terza volta consecutiva. Tanta anche l'attesa per la sfida tra le due matricole, Washington e Standford anche perché nelle due sfide precedenti di regular season, il computo vittorie era di 1 a testa. Un equilibrio perfetto che però era destinato a terminare. E lo ha fatto a favore della franchigia dello stato del nord che si è imposta per 85 a 76 dopo aver dominato nei primi 20 minuti di gara e subito il ritorno delle californiane

che si sono portate a – 4 con pochi minuti ancora sul cronometro. La maggior freddezza di Chantel Osahor e compagne ha fatto però la differenza e regalato il pass alle Huskies. Infine, nella sfida tutta arancione tra Syracuse e Tennessee, sono state le newyorkesi a dettare i ritmi del gioco e a portarsi avanti in maniera considerevole nel quarto periodo grazie ad una strepitosa Brianna Butler che con tre triple consecutive ha messo la parola fine alla partita che si è poi conclusa per 89 a 67 per Syracuse. Siamo così arrivati alle tanto attese Final Four che quest'anno si sono giocate il 3 il 5 aprile al Bankera Life Fieldhouse di Indianapolis (Indiana), città che ospita la competizione per la terza volta dopo le edizioni del 2001 e del 2005. Questa del 2016 sarà anche l'ultima edizione le cui fasi si giocheranno a la domenica e il martedì: dal prossimo anno, come per la competizione maschile, si tornerà infatti alla più classica combinazione venerdì/domenica.


organizzò così “open call-outs” ai quali presero parti persino una giocatrice di calcio e una di pallavolo – per intenderci. La squadra da sola è già quindi una ragguardevole storia con la S maiuscola e il fatto che, a soli cinque anni da quei call-outs, le Beavers si trovino a giocarsi una Final Four, è un vero e proprio miracolo. Un miracolo che si è però scontrato contro la dura realtà firmata UConn. Le bocche da fuoco tra le Huskies sono tante... troppe per le Beavers che sono costrette a fare una scelta, in particolare tra Breanna Stewart e Morgan Tuck. La scelta ricade su Stewart che si limita così a soli due punti nel primo tempo, ma Tuck, lasciata libera, ha letteralmente preso la palla al balzo e in appena tre minuti ha messo insieme 10 punti consecutivi scavando un vero e proprio baratro con le avversarie. In meno di 20 minuti UConn si è portata così sul 26 a 17 e ha chiuso in estrema agevolezza sull'80 a 51. La squadra di coach Auriemma ha messo così a segno la 74esima vittoria consecutiva, senza menzionare i 45 punti di media di margine mantenuti in stagione.

A queste Finals si presentano tre squadre al loro debutto assoluto in questa fase finale (Oregon State, Syracuse e Washington) più una che è già arrivata a questo punto per ben nove volte consecutive, una UConn che naturalmente è la favorita alla vittoria finale. Una supremazia che ha fatto storcere il naso a qualcuno e che ha fatto chiedere a molti se l'intero programma non ne stia risentendo. A vedere il numero delle persone presenti e dello spazio dedicato a queste Final Four, si direbbe proprio di no: 15,227 spettatori, numeri impensabili qui in Italia per un match di basket femminile. La prima partita in programma è quella che vede le campionesse in carica contro le Beavers di coach Rueck, una sfida interessante soprattutto per quel che riguarda il background delle due franchigie. Scott Ruek, quando arrivò sulla panchina di Oregon State nel 2011, aveva ereditato a “clean state”, una descrizione “educata” per quel che era un vero e proprio stato di emergenza del programma. Nove atlete se ne erano appena andate e solo due erano rimaste del precedente gruppo. Rueck

Sulla carta, molto più equilibrata è la sfida tra le due newcomers Washington e Syracuse. Da sottolineare il “almeno sulla carta” dato che poi sul campo le Orange hanno dominato per tutta la partita relegando Washington a un ruolo complementare. Classificata quarta nella sua conference, Syracuse non era nemmeno annoverata tra le pretendenti a un posto nella Final Four, men che meno a sbaragliare le Huskies, vittoriose su squadre del calibro di Maryland, Kentucky e Stanford. Syracuse è nota per la sua difesa con pressing a tutto campo e per il suo micidiale turnover; e in questa sfida hanno decisamente mantenuto fede alla loro nomea. Infatti, Washington non è riuscito a prendere fiato tra un'azione e l'altra, rimanendo schiacciata nella tela arancione che ha così portato a ben 18 palle perse e altrettante ribaltamenti di gioco. Il risultato? 20 punti a favore di Plumm e compagne. Ed è stata proprio la guardia newyorkese, Kelsey Plumm a trascinare la sua squadra a questa storica vittoria con 17 punti. Una vittoria che si traduce nel grido a fine partita di coach Quentin Hill “One More Game” : la finale! Che dire della finale? Vogliamo parlare del risultato che è stato senza storia? Di un 82 a 51 che forse non spiega quanto Syracuse ci abbia provato ma che ha dimostrato nuovamente quanto UConn sia su un altro pianeta rispetto alle altre? Parliamo allora di alcuni momenti che hanno reso questa partita unica, iniziando dal taglio della retina, l'ultima della sua strabiliante carriera da atleta/studentessa di Brianna Stewart; o del fatto che con


questa partita si conclude un ciclo per UConn che forse – e sottolineo forse – sarà difficile da ripetere quando Stewart, Tuck e Morgan lasceranno il programma; o ancora del fatto che era da molti anni che intorno alle finali femminili non si creassero così tante aspettative e un circo mediatico così amplio. Che si ami o che si odi infatti UConn ha lasciato la sua impronta nella storia della NCAA che secondo lo stesso Auriemma “sarà un'ispirazione, un modello, non solo per tutte le nostre future giocatrici ma per tutte le generazioni future di atlete nella NCAA”. La domanda rimane quindi una e sola una: riuscirà UConn a mantenere intatta questa sua dinastia anche dopo che le sue tre giocatrici di punta lasceranno? “Non penso che UConn abbia mai avuto un anno di “ricostruzione. Non penso che il programma “ricostruisca” ma che semplicemente si ricarichi”: parola di Breanna. E se questo è vero....sentiremo parlare delle Huskies ancora per molto e molto tempo. Ma questa è un'altra storia.


Di Luca Caslini

Si é appena conclusa una delle finali del torneo più emozionanti e avvincenti di tutti i tempi. I Villanova Wildcats sono saliti sul gradino più alto del podio con una tripla spaziale allo scadere che ha sconvolto i 75.000 presenti all' NRG Stadium di Houston. In questo articolo ci addentreremo proprio tra le vie della space city ,così soprannominata data la presenza dell'agenzia spaziale NASA. Con i suoi 2.2 milioni di abitanti é la quarta città per abitanti della nazione. Fondata nel 1836 é una delle metropoli a più alto tasso di sviluppo degli Stati Uniti con un' economia basata sul settore aereospaziale, petrolifero e di ricerca. Curiosamente, Houston detiene un triste primato essendo la città più grassa d'America con il 25% dei suoi abitanti in sovrappeso. Allo stesso tempo é, però una città multiculturale ricca di musei tra cui ricordiamo il Museum of Fine Arts che accoglie più di 40000 opere, il Contemporary Art Museum e il museo dell'olocausto. La città é ricca di festival che richiamano moltissimi turisti. Il Bayou City Art Festival é uno dei più importanti della nazione e il Livestock Show and Rodeo é il più grande e importante del mondo che ha una durata di ben 20 giorni.

L'alto tasso di crescita della cittá é stato raggiunto anche grazie all'apparato universitario. Tra le principali e più affermate ricordiamo l'Università di Houston, la Ricerca University e la Texas Southern University. Il Texas terra di Football, Rodeo, cowboy e grandi scontri razziali non ancora risolti tra bianchi e neri ha avuto proprio nel basket universitario una squadra che ha cambiato il modo di giocare e pensare pallacanestro. La suddetta squadra é la leggendaria Texas Western Miners, che anche se ha sede ad El Paso merita di essere citata in questo articolo. I ragazzi del Texas Western College oggi conosciuta come University of Texas at El Paso furono la prima squadra a schierare un intero quintetto di giocatori di colore e riuscire nell'impresa di vincere il titolo nazionale nella stagione 1966. La squadra subí, durante tutta la stagion, vari problemi razziali, venendo sfavorita negli arbitraggi, subendo insulti e sassaiole al pullman durante le trasferte. Quando in finale batterono Kentucky per 72-65 nessuno portó una scala sotto il canestro per il classico taglio della retina e i ragazzi dovettero arrangiarsi come poterono. Senza dilungarsi troppo, questa pietra miliare della pallacanestro rese possibile il processo di integrazione dei giocatori di colore all'interno della Southern Conference che nella stagione 1967 li ammise durante le partite.


La squadra, introdotta nella Hall of Fame nel 2007 ha ispirato un libro e il successivo film dal nome Glory Road. Superata questa doverosa digressione ritorniamo al tema principale dell'articolo. Come detto le università della città non sono poche e lo sport al pari delle squadre professionistiche riveste un ruolo molto importante negli atenei. La più riconosciuta nel panorama cestistico é sicuramente l'University of Houston. I Cougars competono nella Division I nella American Athletic Conference. Disputano le partite casalinghe al Hofheinz Pavillion (capienza 8500) e sono allenati da Elvin Sampson al secondo anno alla guida della squadra. Il programma sportivo inizió dalla stagione 1945-1946 con qualche anno di ritardo rispetto al programma femminile. La squadra allenata da Pasche ottenne buoni risultati ma fu con il suo successore Guy Lewis che la squadra salí di livello costruendosi una grande reputazione. Lewis, che a sua volta fu un Cougar, guidó la squadra a 27 stagioni vincenti consecutive e a 14 apparizioni al torneo. Houston disputò le Final Four in cinque occasioni (67-68-82-83-84) ed arrivó a due finali (83 e 84). Nella stagione 1968 i Cougars di Elvin Hayes, sfavoriti batterono ed eliminarono gli UCLA Bruins di fronte ai 50000 fan in delirio dell' Houston Astrodome. La gara venne soprannominata " Game of the Century" e divenne un grandissimo sponsor per la pallacanestro collegiale. Nel 1983 i Cougars arrivarono alla finale dove affrontarono NC State. I Cougars erano una squadra solida e ricchissima di talento composta da giocatori del calibro di Benny Anders, Reid Gettys, Michael Young, Dave Rose ma soprattutto le future stelle Nba Clyde Drexler e Hakeem Olajuwon che venne nominato MVP del torneo. Tutto questo talento non bastò e la finale fu decisa dalla schiacciata vincente allo scadere di Lorenzo Charles che fissó il punteggio sul 54-52. L'anno successivo Clyde Drexler andò in NBA e la squa-

dra di Olajuwon tornó nuovamente in finale battendo in serie LSU, Memphis State, Wave Forest e Wirginia. Purtroppo l'esito della finale fu lo stesso dell'anno precedente e la Georgetown di Patrick Ewing si impose per 84 a 75. Nel 1966 i Cougars cambiarono Conference e si unirono all USA Conference sotto la guida di Alvin Brooks i risultati tardarono ad arrivare. Tra il '98 e il 2000 arrivó sulla panchina proprio quel Clyde Drexler ma solo dopo due anni lasció e venne sostituito da Ray Mccallum e negli anni successivi da svariati coach che non riuscirono a replicare le gesta di Lewis. Arrivano alle stagioni più recenti, quella appena terminata si é conclusa con un record di 22-10 e la squadra si é qualificata per il NIT vendendo però eliminata al primo turno. I Cougars verranno sicuramente ricordati per la squadra delle annate dall' '82 all '84 che venne soprannominata PHI SLAMA JAMA per il suo stile di gioco fatta di transizione, velocità e schiacciate. Oltre a questa gloriosa università c'é anche la Rice University, situata nel District Museum della cittá. Compete nella Divison I Conference USA ed é allenata da Mike Rhoades. Gli Owls hanno partecipato a quattro torei Ncaa ed hanno raggiunto nel 1954 le Sweet Sixteen. Un'alta università dal buon programma cestistico é Texas Southern che con i suoi Tigers partecipa alla Divison I nella SWAC Conference. Vantano sei titoli di Conference e sei partecipazioni al torneo, l'ultima nel 2015. Questa piccola università nel 2014 riuscì a battere Michigan State che poi nel torneo arrivó alle Final Four. Nel suo complesso anche Houston non ha nulla da invidiare alle altre metropoli statunitensi potendo contare su strutture universitarie che hanno sfornato svariati campioni.


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Per comprendere la storia americana è bene iniziare dalla città di Filadelfia per poi scoprire i suoi dintorni storici. Il suo nome, di origine greca, significa "città dell' amore fraterno". Filadelfia e‟ stata la casa di Benjamin Franklin e di George Washington e dei Padri Fondatori, fondata nel 1682 dal quacchero William Penn, è riconosciuta come la culla della democrazia americana, una delle più antiche città degli Stati Uniti d'America e, fra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX, la città più grande del Paese. Proprio in quell'epoca vi furono redatte la dichiarazione di Indipendenza (1776) e la costituzione statunitense. Philadelphia è la sesta città per grandezza dopo New York, Los Angeles, Chicago, Washington e San Francisco e si trova nello Stato della Pennsylvania. Philadelphia è perfettamente collocata tra New York e Washington DC, sulla Costa Est, facile dunque da raggiungere nel corso di un viaggio negli Stati Uniti anche con escursioni di una giornata in partenza da New York o con escursioni di 2 giorni unendola alla capitale Washington DC. Le attrazioni e i siti storici da visitare sono diversi, iniziare dall' enorme complesso dell' Independence National Historical Park, il parco urbano conosciuto come "il chilometro quadrato più storico d' America", e che ospita alcuni tra gli edifici storici più importanti della nazione, come la Independence Hall, dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall' UNESCO, è probabilmente l' edificio di maggiore interesse storico di tutti gli Stati Uniti, vicino e sempre all'interno del Parco si trova la Congress Hall e Indepdence Square dove venne letta pubblicamente per la prima volta la Dichiarazione d' Indipendenza. Tutto il complesso è visitabile gratuitamente. La Liberty Bell, la campana di 936 kg con l'iscrizione: “Proclamo la libertà in tutto il territorio e per tutti i suoi abitanti” è custodita nell' edificio chiamato Liberty Bell Pavillon che si trova di fronte all' Independence Hall, è probabilmente l' attrazione più famosa di Philadelphia, veniva utilizzata nelle occasioni più importanti, l‟ultima occasione in cui venne suonata fu per la commemorazione del compleanno di George Washington nel 1846.

Phi

Resta il simbolo più rappresentativo della lotta nella storia dell‟indipendenza americana. Sempre visitando il centro storico e la Old City, vi ricordiamo di visitare la Betsy Ross House, non tanto per un valore storico quanto per il valore simbolico visto che si racconta che in questa casa la sarta Betsy Ross abbia cucito la prima bandiera degli Stati Uniti; poi non mancate una passeggiata lungo Elfreth' s Alley, la più vecchia strada residenziale degli Stati Uniti, con alcuni edifici storici che si possono visitare internamente. La Christ Church del 1744, le piazze di Washington Square e Franklin Square. Il maestoso Municipio, la City Hall, del 1901, si tratta di un edificio alto 165 metri sormontato dall' imponente statua di William Penn. Il Love Park, nella J.F. Kennedy Plaza, con la famosa scritta "LOVE" dell' artista Robert Indiana. Invece una delle attrazione particolari della città è l' Eastern State Penitentiary, prigione del 1829, che ha ospitato nelle sue celle i maggiori criminali d'America compreso Al Capone. Musei: Philadelphia vanta un patrimonio museale come pochi. Sicuramente tutti conoscono il Philadelphia Museum of Art, uno dei più importanti degli USA, con T N Crociere e un'enorme quantità di O O tour opere d'arte antica, asiatiU T ca, rinascimentale e con R T capolavori dell' impressioU nismo, lo ricorderete se R non altro per la sua scaliN nata principale resa famosa nel 1976 con il film I Rocky con V G Sylvester Stallone. I S I

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BIGLIETTI E PASS


Di Stefano Bei

Uno degli eventi piu imprevedibili nello sport ha uno dei finali piu prevedibili di tutti, qualunque cosa accada lunedì notte nella finale del torneo, la squadra vincente si riunisce sotto il canestro per tagliare la retina per celebrare la vittoria, un po‟ come la doccia di Gatorade dopo il Superbowl della NFL. Qualche anno fa tutto lo sport americano e non solo si è commosso nel vedere questo pezzo di rete venire tagliato da Kevin Ware pochi giorni dopo il suo terribile infortunio che rischiò seriamente di mettere fine alla sua carriera da giocatore. Non importa se si tratta di Kentucky, Duke, Butler o VCU, i giocatori e gli allenatori salgono sulla scala per portare via un pezzo di campo che farà bella mostra nella stanza dei trofeo o in qualche ufficio di alto rango all‟interno del campus. La storia di quest‟ usanza parte nel 1920 quando un ragazzo della Frankfort HS taglio un pezzo di retina come souvenir. La quadra era allenata da Everett Case che vinse 4 titoli fra il 1925 e il 1938, con l‟inizio della seconda guerra mondiale Case si arruolo nella marina nel 1941

per rimanervi fino al 1946 e quando torno un civile gli venne affidata la panchina dei Wolfpack di North Carolina State che condusse immediatamente al titolo della South Eastern Conference riprendendo a tagliare le retine in segno di vittoria. Ai tempi che furono questo rituale era molto spontaneo con i giocatori che si tiravano su verso il ferro salendosi sulle spalle, ora invece riveste un ruolo molto importante all‟interno dei vari tornei, le scale sono messe a disposizione dalla Ncaa cosi come le forbici che portano il marchio Ncaa e vengono ampiamente pubblicizzate durante l‟evento. Nel 1964 Everett Case taglio la sua ultima retina, afflitto da un melanoma dovette lasciare la guida della squadra e assistette in sedia a rotelle alla finale che vide i suoi Wolfapck cedere a Duke. A partita finita, alcuni giocatori si misero sulle spalle il coach con la sua sedia e con grande sforzo tagliò la sua ultima retina simbolica. Mori il 30 aprile 1966 e fu indotto nella Basketball Hall of Fame nel Maggio 1982.


Di Stefano Bei

Una delle piu belle tradizioni fuori dalle arene del college basketball. La canzone di David Barrett ha una storia particolare; 1986, siamo in uno dei tanti bar del Michigan, Barrett siede al bancone e in tv ci sono i Celtics di Larry Bird, affianco a lui siede una avvenente cameriera che fa uscire il suo lato più spensierato, vedeva la tv e guardava la bella ragazza, cercando di fare colpo parlando delle emozioni che poteva regalare una partita di basket e lei lo ascoltava, poi la svolta, Bird va in contropiede, David si gira e…la bella ragazza era scomparsa. Quasi inconsciamente si rese conto di sapere più cose sul quel magnifico sport di quante ne immaginasse, prese un tovagliolo e iniziò a scrivere alcune parole “Un Momento di Gloria”. La mattina dopo Barrett aveva un appuntamento con un suo amico, l‟amico tardo qualche minuto, Barrett allora ripenso alla sera prima, prese un tovagliolo e iniziò a scrivere. Tornò a casa con questi tovaglioli pieni di parole e in 20 minuti scrisse anche la parte musicale. Un anno dopo il cantautore era ricercatissimo dalla Tv per la sua canzone, la CBS voleva metterla alla fine del XXI

SuperBowl per onorare i vincitori. La partita fu però più lunga rispetto a quanto i montatori della CBS immaginassero e decisero di tagliare proprio la parte con la canzone, Barrett non prese bene questa decisione. La seconda occasione però era dietro l‟angolo, la CBS che deteneva i diritti anche della Finale del torneo NCAA si riorganizzo e decise di mettere questa canzone come sottofondo alle migliori immagini della stagione 1987, il destino ha voluto che proprio quell‟anno la finale fosse un Syracuse-Indiana, partita tiratissima che si chiuse proprio all‟ultimo tiro, Keith Smart a pochi secondo dal termine fissò il punteggio sul 74-73 per Indiana, il momento di gloria era arrivato per tutti. Kenny Smart vinse il premio di miglior giocatore delle finali e David Barrett in seguito al successo di questa canzone entrò nella storia del college basket e dello sport per aver scritto una delle piu belle canzoni a tema sportivo.


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