Italy - Media Literacy

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MEDIA LITERACY Le chiavi per interpretare i messaggi dei media

Art Silverblatt

Sara Gabai

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Capitolo1: Introduzione alla Media Literacy “Noi genitori, noi educatori dobbiamo ‘smontare il giocattolo’ e non averne più paura, per poter orientare i nostri figli o i nostri allievi a fare le giuste scelte, anche nel campo dei media. Smontato il giocattolo, si scoprirà che in fondo esso è meno pericoloso di quanto si potesse pensare, e che un buon supporto ‘umano’ potrebbe evitare la massima parte dei problemi ingenerati dall’uso non appropriato di tali strumenti”. (Michele Zansucchi cit. in Meazzini, 2009)

I media stanno rivestendo sempre di più un ruolo importante nella vita degli Italiani: • L’Italia è il paese in Europa in cui gli internauti hanno la più alta frequenza di accesso (oltre il 91% accede regolarmente ogni giorno, mentre la media EU27 è del 79%). 38 milioni d’italiani dichiarano di accedere a internet da qualunque luogo e device. (Autorità per le garanzie nelle comunicazioniAGCOM, 2013) • La televisione continua ad avere un pubblico di telespettatori che coincide sostanzialmente con la totalità della popolazione (il 98,3%: +0,9% di utenza complessiva rispetto al 2011). (Censis, 2012) • Le televisioni generaliste continuano ad avere una quota considerevole dell’audience. (AGCOM, 2013) • Un quarto degli italiani collegati a Internet (24,2%) ha l’abitudine di guardare programmi dai siti web delle emittenti televisive e il 42,4% li cerca su YouTube. (Censis, 2012) • La radio resta un mezzo a larghissima diffusione di massa (la ascolta 83,9% della popolazione). (Censis,2012) • Ogni italiano consuma in media l’equivalente di 8 DVD al giorno (36 GB), attività che occupa circa 4 ore e 30 minuti della giornata. (AGCOM, 2013) • Continua la forte diffusione dei social networks; è iscritto a Facebook il 66,6% delle persone che hanno accesso a Internet, che corrispondono al 41,3% dell’intera popolazione e al 79,7% dei giovani. (Censis, 2012) • A fronte della riduzione dei consumi di quotidiani, i portali web d’informazione generici, che non fanno riferimento alle testate giornalistiche, sono utilizzati da un terzo degli italiani (il 33% nel 2012). In Italia, la media literacy, quella branca delle scienze della comunicazione che si occupa dello studio dei linguaggi mediali, è praticamente sconosciuta, al contrario di quanto accade in altri paesi, soprattutto in Canada, negli Stati Uniti, in Australia, in Inghilterra e nel Nord Europa. La definizione

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tradizionale di alfabetizzazione (literacy), intesa come apprendimento della lettura e della scrittura, deve essere rivista alla luce della diffusione dei mezzi di comunicazione di massa come la stampa, la fotografia, il cinema, la radio, la televisione, e i media digitali. I nuovi mezzi di comunicazione stanno modificando i costumi sociali e i processi cognitivi delle persone, di conseguenza, nel ventunesimo secolo non basta acquisire le competenze basilari per scrivere e leggere. L’adozione di una prospettiva media educativa richiede un approccio verso la comunicazione e la cultura il più inclusivo possibile, un approccio nel quale da un lato si problematizza il predominio della cultura scritta nell’educazione formale, e dall’altro si propone di inquadrare lo studio delle strategie e convenzioni formali delle diverse forme di comunicazione (non solo la stampa, dunque) all’interno di una più ampia comprensione dei contesti sociali, economici e storici entro cui queste forme sono prodotte, distribuite e adottate. (Cappello, p.13) La media literacy è l’esito delle competenze acquisite attraverso tale percorso educativo- formativo. Il National Telemedia Council definisce la media literacy “l’abilità di scegliere e di comprendere i contenuti, la forma, lo stile, l’impatto, l’industrializzazione e la produzione di presentazioni mediatiche; porsi domande critiche, valutare, creare e/o produrre e rispondere consapevolmente ai media che consumiamo. La media literacy è visione cosciente e giudizio riflessivo” (in Silverblatt & Elicieri, 1997). Inoltre, alla National Conference sulla Media Literacy tenutasi nel dicembre 1992 all’Aspen Institute, esperti di educazione ai media si sono accordati su una definizione base di media literacy: “L’abilità di un cittadino di accedere, analizzare e produrre informazione per scopi specifici”.1 La nostra definizione è costruita sui principi delle precedenti definizioni enfatizzando in particolar modo i seguenti elementi:

1. La media literacy promuove le capacità di pensiero critico che permettono alle persone di scegliere in modo indipendente: 1) quale programma mediatico selezionare; e 2) come interpretare l’informazione ricevuta attraverso i mass media. La media literacy è prima di tutto la capacità di sviluppare il pensiero critico quando si riceve informazione attraverso i mass media. Per una serie di ragioni di cui discuteremo più avanti in questo capitolo, il più delle volte accettiamo passivamente le informazioni che riceviamo dai media, ignorando le conseguenze disastrose che questi hanno sull’individuo e la società. Diventiamo fedeli consumatori di marche che spesso non coincidono con la qualità del prodotto acquistato. Accettiamo indiscutibilmente la visione che i giornalisti hanno del nostro mondo. Votiamo per candidati politici in base ai loro spot pubblicitari e le loro campagne politiche architettate nei minimi dettagli da professionisti della comunicazione. Invece di accendere il televisore per guardare un programma 1

Harper’s Index, January 1996 http://www.harpers.org

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specifico, spesso lo spettatore guarda il mezzo (“Guardo la televisione”); molti non sfogliano in anticipo la guida dei programmi, fanno invece zapping, scorrendo tutti i canali finché non trovano il programma d’interesse. Nel ventunesimo secolo, diventare una persona istruita comporta lo sviluppo delle competenze critiche che permettono di comprendere l’ambiente in cui viviamo–un’ambiente sempre più plasmato dai media. Come osserva Bill Moyers (1989), “in ballo c’è la nostra concezione di significato e di linguaggio, di storia, di democrazia, di cittadinanza, e la nostra nozione di bellezza e verità”.

2. Comprendere il processo della comunicazione di massa. Il mezzo di per sé non è altro che un canale attraverso il quale avviene la comunicazione e di conseguenza non è né benefico né nocivo. Diversi fattori determinano l’impatto di una presentazione mediatica, inclusa la nostra conoscenza degli elementi che interagiscono durante il processo della comunicazione: 1) il comunicatore mediatico: colui o colei che produce la presentazione; 2) la funzione (la motivazione o il fine) per produrre la presentazione; 3) media comparati –la distinzione delle caratteristiche di ciascun mezzo di comunicazione; e 4) lo spettatore/ il pubblico della presentazione mediatica. (Per ulteriori informazioni consultare dal capitolo due al cinque)

3. La consapevolezza dell’impatto dei media sull’individuo e la società. I media hanno trasformato il modo in cui vediamo il mondo, gli altri e noi stessi. Le presentazioni mediatiche trasmettono messaggi che plasmano, riflettono e rinforzano atteggiamenti, valori, comportamenti, preoccupazioni e miti che definiscono una cultura. A tale riguardo, alcuni studi, come quello sull’Utilizzo Delle Campagne di Comunicazione di Massa per la Modifica di Comportamenti di Salute,2dimostrano come i media possono produrre cambiamenti positivi o prevenire cambiamenti negativi rispetto ai comportamenti di salute (fumo, abuso di alcol e di droghe, comportamenti a rischio legati al sesso, sicurezza stradale, ecc.).

4. Strategie attraverso le quali poter analizzare e discutere i messaggi dei media. La media literacy offre delle strategie o chiavi di lettura per analizzare e interpretare in maniera critica l’informazione e i discorsi che riceviamo attraverso i mass media. Queste chiavi ci permettono anche di iniziare in modo semplice e accessibile un dialogo e un confronto sui contenuti dei media sia quando ci relazioniamo con i produttori di programmi mediatici, che in situazioni informali con bambini, amici o colleghi.

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DoRS, 2010, http://www.dors.it/alleg/newcms/201105/revisione_massmediait.pdf

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5. Una consapevolezza dei contenuti dei media come “testi” attraverso i quali poter comprendere la cultura contemporanea e noi stessi. Come vedremo nel capitolo sei (Il Contesto Culturale), le presentazioni mediatiche spesso riflettono gli atteggiamenti, i valori, i comportamenti, le preoccupazioni, le linee di pensiero e i miti che definiscono una cultura; viceversa, conoscere bene una cultura, può aiutarci a comprendere meglio la natura delle presentazioni mediatiche e il perché della scelta di determinate tecniche di produzione e contenuti.

6. Divertirsi, comprendere e apprezzare i contenuti dei media. La media literacy non deve essere fraintesa come un’attività sterile rivolta esclusivamente alla critica dei media. Al contrario, l’analisi critica dei messaggi dei mass media che fanno parte della nostra quotidianità (articoli, notiziari, film, insegne pubblicitarie, poster, fotografie, ecc.) se fatta attraverso le lenti della media literacy, può diventare un’attività divertente, dinamica e vicina alle esperienze dei giovani. Si può rivelare un’opportunità per ampliare la nostra consapevolezza sul mondo che ci circonda e apprezzare ulteriormente i contenuti dei media che consumiamo e produciamo.

7. Comunicatori mediatici: l’abilità di produrre messaggi in modo responsabile ed efficace. Per essere comunicatori di successo bisogna conoscere il backstage del processo di comunicazione, i soggetti coinvolti, e le tecniche e le strategie di produzione. Inoltre, per migliorare la qualità del settore della comunicazione e dei media è fondamentale capire quali sono gli interessi degli spettatori e produrre programmi che soddisfino al meglio i loro bisogni informativi.

Gli Ostacoli alla Media Literacy Alcune persone credono che con lo sviluppo, la distribuzione e l’accessibilità dei mezzi di comunicazione di massa, si possano eliminare barriere come l’analfabetismo. Educarsi attraverso i media come ad esempio la televisione, il cinema, YouTube, Internet, i blog è sicuramente una tendenza dei giovani nel ventunesimo secolo e un modo più interattivo e coinvolgente se paragonato alla classica lezione sui libri di scuola. D’altro canto, nonostante la pervasività dei media e le promettenti prospettive future per l’insegnamento attraverso i contenuti mediatici, la media literacy rimane ancora un problema per vari motivi: Elitarismo In un sondaggio in cui è stato chiesto “a che livello i media influenzano la società?”, l’80% della popolazione ha risposto “fortemente concorde” che i media hanno un impatto sull’ intera società; tuttavia, solo il 12% dei rispondenti ha ammesso che i media hanno una forte influenza anche

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sull’individuo ed i suoi comportamenti ed atteggiamenti (Tiedge, 1980). Le implicazioni di questo sondaggio sono sia intriganti sia sconcertanti. I partecipanti non hanno avuto nessuna difficoltà nel intercettare l’influenza che i media hanno sulla società e sugli altri, ma sono stati incapaci di riconoscere l’impatto che i media hanno sulle loro stesse vite. Inoltre, da un secondo sondaggio si è scoperto che la differenza di percezione dell’influenza dei media sugli altri e la società, e sul singolo individuo, non è dovuta al livello di istruzione delle persone (Tiedge, Silverblatt, & Havice 1991). I laureati, come gli studenti liceali hanno entrambe negato l’influenza che i media hanno sulle loro vite personali. Una possibile spiegazione per questi risultati è che le persone non vogliono pubblicamente ammettere di guardare programmi televisivi come “forum” o di sfogliare settimanali come “Chi”. Il risultato è una generale mancanza di coscienza e consapevolezza della popolazione (a prescindere dal suo livello d’istruzione) dell’impatto che i media hanno sul singolo individuo. Un primo passo nel processo educativo della media literacy è di ammettere che ognuno di noi è esposto ogni giorno a numerosi messaggi mediatici e che questi possono influenzare i nostri atteggiamenti, valori e comportamenti.

La Natura Affettiva-emotiva della Fotografia, del Cinema, della Radio e dei Media digitali Immaginate di alzare gli occhi da questo libro e di fissare lo sguardo fuori dalla finestra. All’improvviso vedete un bambino piccolo girovagare per la strada. La vostra prima reazione potrebbe essere quella di: • Sobbalzare dalla sedia mentre il vostro sistema nervoso sta inviando l’informazione al cervello. • Provare una sensazione di disagio nello stomaco. • Cominciare a sudare freddo. • Cercare in tutti i modi di tradurre queste sensazioni in parole e azioni per portare soccorso al bambino. Gli stimoli visivi e auditivi, se paragonati alla forma scritta, hanno un maggior impatto sulla sfera affettiva o emotiva dell’individuo. Come osserva lo storico dell’arte E.H. Gombrich (1974) nel discutere l’impatto dell’immagine visiva, Il potere delle impressioni visive di risvegliare le nostre emozioni è stato osservato sin da tempi antichi…Predicatori e maestri hanno preceduto gli inserzionisti moderni nella conoscenza del modo in cui l’immagine visiva incide su noi stessi, a prescindere da se lo vogliamo oppure no.

Il frutto succulento, il nudo seduttivo, la caricatura ripugnante,

l’orripilante horror può giocare con le nostre emozioni e attrarre la nostra attenzione. (pg.244) Vista la natura affettiva dei media visivi e uditivi, può sembrare più naturale e facile accedere alle

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nostre emozioni attraverso una canzone o un film, anziché concettualizzare, articolare e analizzare da soli le nostre risposte emotive. Questo ragionamento ha ridotto enormemente il discorso dei programmi dei media, oggi intesi il più delle volte solo come stimolatori delle nostre risposte emotive. L’apprezzamento di un programma è divenuto direttamente proporzionale al livello di stimolazione affettiva –emotiva che questo ha su un individuo. Più un programma ci emoziona, più lo apprezziamo e lo ricordiamo. Siccome in apparenza le risposte emotive-affettive non richiedono un grande impegno da parte dello spettatore (dato che i programmi dei media fungono da tramite per la stimolazione emotiva), spesso queste non sono un incentivo per iniziare una discussione accesa. Chi pratica la media literacy non si accontenta solo di ricevere stimoli dai programmi dei media; al contrario, esplora la natura dei contenuti visionati, chiedendosi perché abbiamo avuto quella reazione mentre guardavamo un determinato programma. (Per saperne di più sull’argomento consultare il capitolo quattro, Processo: risposte affettive).

Schemi Comportamentali del Pubblico Durante il processo della comunicazione, il pubblico o gli spettatori selezionano e memorizzano solo una parte dell’informazione; quella che reputano più rilevante. Inoltre va detto che il più delle volte non siamo esclusivamente concentrati sui messaggi che riceviamo dai media. Può capitare di svolgere molteplici attività contemporaneamente, per esempio guidare mentre si ascolta la radio, rispondere al telefono o lasciare la stanza durante un programma televisivo. In circostanze come queste e molte altre in cui si manifestano delle interferenze nel processo della comunicazione, l’informazione che riceviamo si altera e di conseguenza rischiamo sia di non cogliere sottili sfumature dei messaggi, che di ricevere un messaggio completamente diverso da quello voluto in origine dall’emittente/ comunicatore. (Per saperne di più sull’argomento consultare il capitolo quattro, Processo: gli spettatori).

Le Aspettative del Pubblico Nella maggior parte dei casi, la motivazione che ci spinge a interagire ed essere coinvolti in un’attività mediatica non ha nulla a che vedere con l’analisi critica dei contenuti dei media. Per esempio, dopo una lunga e stressante giornata di scuola, è comune voler accendere il televisore e liberare la mente dai propri pensieri. Questa forma di “mediazione elettronica” segnala agli altri che in quel preciso momento non siamo predisposti ad avere una conversazione–ci siamo solo noi e il televisore! È chiaro che in occasioni come queste, non saremo particolarmente inclini ad analizzare il contenuto dei media. Come inizia dunque il processo investigativo della media literacy? Per scoprire i messaggi dei media bisogna andare alla loro ricerca.

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La Natura della Programmazione Il sistema mediatico italiano è diventato un’industria sempre di più orientata verso il mercato e il profitto. Il cinema, la pop music e i giornali devono continuamente attirare l’attenzione dello spettatore per sopravvivere alle regole del mercato. Ai giornalisti viene sempre più spesso richiesto di presentare le notizie in format che riprendono lo stile dei programmi d’intrattenimento e, l’infotainment, un mix d’informazione e intrattenimento che ha portato alla spettacolarizzazione dell’informazione, ha severamente compromesso la qualità dei contenuti di numerosi notiziari. Programmi mai destinati a istruire il pubblico, si fanno oggi portatori di verità su come funziona il mondo, proponendo quei modelli comportamentali accettabili o condannabili dalla società e rinforzando definizioni culturali socialmente costruite sul significato di successo o fallimento.

Credibilità dei Media Gli spettatori tendono a credere a tutto ciò che vedono nei mass media. Una delle supposizioni più pericolose è quella che l’informazione trasmessa dalla televisione o dai giornali, che si presuppone debbano essere fonti attendibili e oggettive, sia necessariamente veritiera. Negli ultimi anni, in Italia si è affrontato spesso il tema della credibilità dell’informazione. Andrea Melodia, presidente dell’Ucsi, ha affermato che “nel rapporto Censis- UCsi 2011, il 49.8 % degli italiani considera i giornalisti poco affidabili, il 53,2% poco oggettivi ed il 67,2% poco indipendenti” (cit. in Famiglia Cristiana.it, 2012). Come afferma Michele Sorice, uno dei curatori del libro Yes, Credibility (2010), in Italia “emerge innanzitutto una crisi generale nella percezione della credibilità del sistema dell’informazione… sembra essersi incrinato (in qualche caso rotto) il rapporto fiduciario fra le testate e i pubblici” (in Caramellino, 2010). L’avvento dei nuovi media digitali e la possibilità di autoprodurre e condividere informazione bypassando la logica del top- down dei mass media tradizionali ha anche inciso notevolmente sulla credibilità dell’informazione trasmessa dai mass media. La fotografia è un altro medium che ci permette di mettere in discussione la credibilità dei media, creando un’illusione di verosimiglianza e rappresentando un soggetto in maniera simile a come lo vediamo nella realtà. Dobbiamo però ricordare che ciò che vediamo rappresentato non è altro che un simulacro, un’immagine distorta della realtà. Quando il fotografo scatta una fotografia, riesce a catturare solo un breve istante di quel momento e non tutto il contesto circostante. Guardando l’immagine decontestualizzata, l’attenzione dello spettatore è dunque confinata all’inquadratura scelta per lo scatto. Di fatto vediamo solo quello che il fotografo o il regista vuole farci vedere senza poter accedere a ciò che si trova al di fuori del confine della lente della macchina fotografica o della telecamera. Inoltre, con l’avvento delle tecnologie digitali e dei software per modificare immagini (per esempio Photoshop), è ancora più difficile accedere a una fedele rappresentazione della realtà.

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Dove Evolution Commercial

Clicca qui: http://www.youtube.com/watch?v=hibyAJOSW8U L’interferenza dei media senza dubbio altera l’evento che si vuole catturare. Basti pensare a quando durante un matrimonio il fotografo non esita a interrompere la cerimonia per scattare foto agli sposi. Come delle foche ammaestrate, la sposa e lo sposo si mettono in posa, mantengono il bouquet, si preparano per il taglio della torta, si posizionano per la foto di gruppo con i famigliari. L’intera cerimonia e l’esperienza reale del matrimonio sono state mediate attraverso le lenti della macchina fotografica e trasformate in un evento fotografico da rivivere in seguito sfogliando l’album di foto. A questo proposito, come afferma la Canadian Association for Media Literacy,3uno dei punti salienti della media literacy è la nozione che “tutti i media sono una costruzione della realtà”: Questo è presumibilmente uno dei concetti più importanti. I media non riflettono semplicemente la realtà esterna. Piuttosto, presentano costruzioni della realtà che sono attentamente fabbricate, che riflettono numerose decisioni e che sono il risultato di molti fattori determinanti. La media literacy si impegna a decostruire queste costruzioni (ad esempio, estrapolandole dal loro contesto ed esponendo gli elementi che le costituiscono). Coloro che praticano la media literacy hanno imparato a esaminare l’informazione trasmessa e presentata attraverso i media con un sano scetticismo e sviluppando una consapevolezza critica nell’appurare l’accuratezza dei contenuti mediatici.

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Canadian Association for Media Literacy, http://www.medialit.org/reading-room/canadas-key-

concepts-media-literacy

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La Complessità del Linguaggio dei Media In generale lo spettatore è in grado di identificare alcune strategie, segni e simboli che costituiscono il sistema mediatico. Se pensiamo al cinema, ci accorgiamo che anche se la sequenza narrativa in un film è solitamente presentata in ordine cronologico, il regista può usare diverse strategie narrative in modo da organizzare le relazioni tra gli attori, i luoghi e gli eventi. Il flashback, ad esempio, è una delle tecniche narrative di montaggio usata per manipolare la sequenza temporale in un film e rievocare in una scena del presente, degli eventi accaduti nel passato (per esempio attraverso il sogno o il ricordo). Nonostante lo spettatore riesca a cogliere, seppure in maniera superficiale, alcune delle tecniche, dei segni e dei simboli che costituiscono il sistema mediatico, ancora molto spesso si sottovaluta “il linguaggio” mediale. Le persone si soffermano sulla rappresentazione delle immagini senza indagare sul significato dei segni e dei simboli che costituiscono le presentazioni mediatiche. Per esempio, molti bambini non sono in grado di rilevare le inferenze spaziali e temporali rappresentate sullo schermo. Come spiega Daniel Anderson (1985), “l’incapacità dei bambini di comprendere le transizioni cinematografiche porta loro a comprendere lunghe narrazioni televisive in modo frammentato. Solo crescendo e acquisendo una maggiore esperienza visiva, il bambino comincia più rapidamente e in modo automatico a collegare le inferenze necessarie per raggiungere una comprensione lineare della narrazione”(p.191). I momenti in cui si articola il processo di comprensione sono fondamentalmente tre: • L’analisi delle informazioni fornite dal programma televisivo; • L’interpretazione, che permette di creare dei significati, mettendo in connessione insiemi privi di senso; • La valutazione, che aggiunge la reazione personale al significato, portando lo spettatore a provare un senso di attrazione o di repulsione nei confronti del contenuto. (Aiart4) Attraverso la media literacy è possibile non solo espandere le nostre capacità di comprensione dei contenuti dei media e della realtà in cui viviamo; ma anche iniziare un percorso educativo- formativo (per tutte le fasce d’età) rivolto all’apprendimento dei nuovi linguaggi mediali, lo sviluppo e l’esercizio del pensiero critico e l’integrazione di processi collaborativi nella formazione accademica, professionale e personale dell’individuo. Comprendere i diversi linguaggi mediali è diventato un prerequisito anche nel mondo del lavoro. Come dichiara l’Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori (ISFOL), “le nuove tecnologie hanno un ruolo crescente nelle imprese e il processo di competenze digitali sarà sempre più indispensabile per avere maggiori opportunità di lavoro (…) Diventa pertanto cruciale investire nelle competenze digitali al fine di sostenere i cambiamenti in atto nelle imprese e favorire una maggiore occupabilità della forza lavoro” (2012). Oggi nove aziende su dieci utilizzano 4

Aiart Bambini e Tv: un rapporto complesso. http://www.aiart.org/ita/web/item.asp?nav=215

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connessioni Internet a banda larga, quasi due terzi delle imprese hanno un sito web, sette imprese su cento partecipano a gare di appalto online, più della metà utilizza lo scambio elettronico di dati, una su due utilizza software per condividere al proprio interno informazioni sulle transazioni, più di un quarto delle aziende effettua acquisti online (Cfr.Istat, 2011). Inoltre, le aziende tendono a valorizzare sempre di più coloro che hanno le capacità di interpretare, creare, e divulgare messaggi, utilizzando diversi linguaggi mediali, come ad esempio la videografia, i social networks e Internet. La conoscenza di diversi elementi di produzione come il montaggio, la modifica dell’immagine e dei colori, l’uso delle luci e la selezione degli scatti fotografici, può anche fare accrescere la nostra comprensione e il nostro apprezzamento dei contenuti dei media. (Per saperne di più sull’argomento “elementi di produzione” consultare i capitoli dieci e undici).

I Livelli di Significato: Messaggi Evidenti o Latenti I messaggi evidenti sono quelli più diretti e chiari allo spettatore e di conseguenza quelli riconoscibili più facilmente in una presentazione mediatica. Per esempio, avete mai notato quante pubblicità vi dicono di fare qualcosa? • “Think Different” (Apple)

Clicca qui: http://www.youtube.com/watch?v=e5LH78Vy5Ck

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• “Just Do It” (Nike)

Clicca qui: http://www.youtube.com/watch?v=aPkyPdubqDs Esistono anche messaggi meno diretti, più nascosti e che spesso sfuggono alla nostra attenzione. Questi si chiamano messaggi latenti. I messaggi latenti possono sia rinforzare il significato dei messaggi evidenti, oppure comunicare significati completamente diversi da quelli originari. Per capire meglio il concetto, vale la pena riflettere sulla linea di giocattoli da guerra degli “G.I. Joe”. Negli Stati Uniti esiste da sempre un collegamento tra i giocattoli, il cinema di Hollywood e il Ministero della Difesa. Generazioni di ragazzi sono cresciuti ammirando soldatini e super eroi come Spiderman e Batman in lotta per la democrazia e per i patriottici valori americani. Il soldato giocattolo G.I. Joe è nato negli anni ottanta in piena guerra fredda; oltre a mostrare i muscoli dell’esercito americano, questo gioco aveva la funzione di incoraggiare i ragazzi ad arruolarsi nell’esercito americano. La strategia era quella di presentare la guerra in una forma gloriosa e affascinante, soprattutto dopo gli anni settanta, quando durante la guerra del Vietnam un grande movimento sociale si mobilizzò contro la partecipazione degli Stati Uniti nella guerra. Il messaggio latente che si nasconde dietro al giocattolo G.I. Joe è quindi dato dal trinomio gioco, cinema ed esercito, e la motivazione storica, politica, economica e sociale per la produzione di questa tipologia di giocattolo.

Gli Effetti Cumulativi dei Media I messaggi dei media che hanno effetti cumulativi sono quelli che offrono allo spettatore una visione comune e condivisa del mondo. I messaggi trasmessi dai mezzi di comunicazione di massa, come ad esempio la televisione, possono omogenizzare una determinata cultura creando un sistema coerente in cui si definiscono chiaramente quali sono i valori culturali giusti e quelli sbagliati. Gli effetti

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cumulativi sono particolarmente visibili nelle presentazioni mediatiche che rappresentano i ruoli di genere (maschile e femminile). In questi programmi, gli stereotipi di genere socialmente diffusi relegano la donna a ruoli femminili come madre, casalinga, donna-oggetto, a fronte dell’immagine dell’uomo connotato di potere, forza, ricchezza e successo. I messaggi dei media che hanno effetti cumulativi tendono a giustificare determinati stereotipi culturali e raziali, assumendo che questi siano validi ed universali. Possiamo comprendere meglio il concetto di effetti cumulativi dei messaggi dei media se pensiamo alla percezione che gli stranieri hanno degli italiani. Analizziamo la seguente campagna pubblicitaria apparsa in Norvegia (2012): “Obos: Mamoni”

Clicca qui (1): http://www.youtube.com/watch?v=I0uV3O7imOk Clicca qui (2): http://www.youtube.com/watch?v=NgQpe9GjZ4c

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Campagna pubblicitaria Obos

Questa campagna pubblicizza Obos, un’importante agenzia Norvegese che lavora nell’ambito del mercato immobiliare. Il messaggio della campagna pubblicitaria è diretto ai giovani norvegesi, motivandoli a iscriversi ad Obos per acquistare una casa e non diventare come gli uomini italiani, che dopo i trent’anni sono ancora a casa con i genitori. L’effetto cumulativo di questo messaggio rinforza lo stereotipo dell’uomo italiano, rappresentato come pigro, viziato e “mammone”; un uomo che anziché lavorare per comprarsi una casa e costruire una famiglia, preferisce essere accudito dalla mamma nella propria casa.

Punto di Vista In qualsiasi presentazione mediatica, la storia può essere raccontata da molteplici punti di vista: • Dal comunicatore mediatico • Dai personaggi presenti nella presentazione • Dal punto di vista dominante dell’epoca in cui la presentazione è stata prodotta • Dal proprio punto di vista Il punto di vista ha un impatto 1) su come la storia è raccontata; 2) sulla scelta delle informazioni da trasmettere; e 3) su come gli spettatori rispondono alla presentazione mostratagli.

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Identificare il punto di vista predominante in una presentazione mediatica ci permette di filtrare l’informazione e giungere alle nostre conclusioni. Per esempio, i TG Rai ed i TG Mediaset presentano l’informazione da punti di vista differenti. Mentre il TG3 è più rappresentativo degli interessi della sinistra, il TG5 ha una posizione ideologica in linea con la destra. Non c’è nulla di sbagliato nel guardare programmi Rai o Mediaset, l’importante è distinguere le loro differenze e riconoscere le loro affiliazioni politiche. Il pericolo sussiste quando crediamo ingenuamente che questi canali mediatici fortemente ideologici presentino notizie oggettive. (Per saperne di più sull’argomento consultare il capitolo dodici, Giornalismo). Attraverso le chiavi per interpretare i messaggi dei media, possiamo identificare quale è il punto di vista in una presentazione mediatica.

Strategie Affettive Come abbiamo visto in questo capitolo, i media visivi e auditivi (la fotografia, il cinema, la televisione, la radio e i media digitali) riescono facilmente a stimolare le nostre emozioni, conferendo ai comunicatori mediatici il potere di influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti degli spettatori per raggiungere qualsiasi interesse. Per esempio, per vendere un prodotto, è comune che gli inserzionisti usino emozioni come il senso di colpa, la paura o il bisogno di essere accettati. Elementi tecnici di produzione come la messinscena, gli angoli di ripresa, gli effetti sonori, la luce, i colori, le forme e le dimensioni del prodotto, le immagini connotative, hanno anche un impatto sulle risposte emotive degli spettatori.

Valori Integrati L’analisi fatta attraverso le lenti della media literacy ci porta a capire quali sono i valori dei comunicatori mediatici, identificando la loro spiegazione preferita di una narrativa. I comunicatori mediatici danno una spiegazione preferita che detta quali sono le risposte possibili da parte degli spettatori. In modo non esplicito, questo tipo di spiegazione richiede agli spettatori di identificarsi con il ruolo e il punto di vista dell’eroe, che in molti casi è un surrogato dello stesso comunicatore mediatico. Inoltre, elementi di produzione come la musica, la colonna sonora di un film, l’illuminazione e gli angoli di ripresa dei personaggi, distinguono gli eroi dagli antagonisti, e di conseguenza il modo in cui gli spettatori simpatizzano con i personaggi (in linea con il punto di vista dominante del comunicatore mediatico). La scelta delle parole e degli slogan da usare in una presentazione mediatica è anche una strategia attraverso la quale comprendere il punto di vista del comunicatore rispetto alla presentazione mediatica. Le parole del 4 febbraio 2013 di Paolo Berlusconi hanno fatto discutere i media di tutto il mondo e possono essere usate come un valido esempio per comprendere meglio la leggerezza dell’Italia rispetto al resto del mondo nell’usare un linguaggio razzista nei media.

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“Balotelli, negretto di famiglia”

Clicca qui: https://www.youtube.com/watch?v=ggQyq8tkwkw Quella che i giornali italiani hanno fatto passare per una “gaffe”, per il New York Times ed il Guardian è un’offesa razziale. Le parole di Paolo Berlusconi, “E adesso andiamo a vedere il negretto di famiglia… Un ragazzo pazzo” hanno messo ancora una volta l’Italia sotto il mirino dei media. Come afferma Carlotta Sami, direttore esecutivo di Amnesty International Italia, “la gente qui ricorre a linguaggio discriminatorio con grande libertà… L’Italia è una nazione che non è ancora giunta alla maturità sull’integrazione degli stranieri e delle persone di colore.”

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