L'Escursionismo in Montagna

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A cura di Andrea Macchiavelli

L’ESCURSIONISMO IN MONTAGNA Fatti, comportamenti e prospettive


L’ESCURSIONISMO IN MONTAGNA Fatti, comportamenti e prospettive

Immagine di copertina di Tino Rovetta, Sezione di Bergamo.

A cura di Andrea Macchiavelli

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Capitolo 1 Tempo libero e frequentazione della montagna: un rapporto in evoluzione di Andrea Macchiavelli

p. 21

Capitolo 2 L’escursionismo alpino nella ricerca scientifica di Andrea Pozzi

p. 33

Capitolo 3 Immagine e fruizione della montagna nella popolazione del nord Italia di Roberta Garibaldi

p. 54

Capitolo 4 La montagna nello sguardo e nell’esperienza dei giovani di Silvia Biffignandi

p. 81

Capitolo 5 Le sezioni del Cai e l’attività escursionistica di Francesca Forno

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Capitolo 6 Progetto Montagna Amica (MAS) di Renata Viviani

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Capitolo 7 7.1 Montagna e salute - montagna è salute: il profilo medico-sanitario degli escursionisti seniores nel progetto VETTA di Marco Cosentino, Simona Lombardo, Franca Marino, Carlo Plaino

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7.2 “Lo spirito del Senior C.A.I.: Atteggiamenti e benefici nelle escursioni in montagna.


Capitolo 1 Tempo libero e frequentazione della montagna: un rapporto in evoluzione di Andrea Macchiavelli 1

Docente di Economia del Turismo all’Università di Bergamo e direttore del CeSTIT

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1.1. Turismo, sviluppo e attività open air nelle Alpi

Secondo Bätzing, i risultati dell’analisi sui posti letto turistici, portano alla conclusione che “il turismo nelle Alpi non rappresenta un fenomeno capillarmente diffuso e neppure il settore economico dominante” (Bätzing 2005, p.218) e che conseguentemente “Nelle Alpi il turismo è dunque meno importante di quanto spesso si pensi (…). Tuttavia esso è economicamente e culturalmente irrinunciabile come fonte di posti di lavoro diffusi sul territorio di tutto l’arco alpino” (Bätzing 2005, p.231). Non sembrava dello stesso parere circa 20 anni prima Paul Guichonnet quando, in un’altrettanto ponderosa opera sulle Alpi, scriveva “Alla messa in discussione, spesso drammatica, dell’agricoltura e alla riconversione dell’ industria alpina, corrisponde il successo crescente del turismo che diventa l’attività economica specifica della catena alpina” (Guichonnet 1987, p.338). In realtà la contraddizione è più apparente che reale. Come lo stesso Bätzing precisa più oltre, si tratta di mettere meglio a fuoco cosa si intende per Alpi, una regione vastissima, caratterizzata da territori solo in parte di alta quota con una prevalente presenza di insediamenti urbani al di sotto dei 1000 metri e spesso in pianura, se pur circondati da montagne, come del resto le città alpine italiane per eccellenza (Bolzano, Trento, Sondrio e Aosta) stanno a dimostrare. Il turismo, quello alpino, ovvero quello che attrae il turista per la presenza delle sue montagne, fruibili nelle più diverse forme, attive o passive, si colloca nelle zone alte delle valli, dove si sono sviluppati i più consistenti e capaci insediamenti turistici, la maggior parte dei quali in anni lontani, quando il turismo alpino era ben altra cosa rispetto a quello attuale. Ed è qui che il turismo ha giocato il suo peso insostituibile nel mantenere in quota una componente pur minoritaria della popolazione montana, a fronte di uno spopolamento massiccio incominciato già nella metà del XIX secolo, ma poi proseguito con ben maggiore intensità nel secondo dopoguerra del XX secolo, quando le precedenti misere fonti di sostentamento generate dall’agricoltura e dall’attività silvo-pastorale hanno vieppiù perso il loro peso a favore delle altre ben più produttive attività economiche della pianura. Un turismo che ha avuto caratteri e implicazioni sul territorio assai diversi nel corso del tempo, con effetti benefici per le condizioni di vita della gente di montagna, ma anche con conseguenze vistose e irreversibili per il territorio e quindi anche per coloro che ci vivono. Senza avere alcuna pretesa di sintetizzare la storia del turismo montano, di cui molti autori hanno a lungo trattato (Guichonnet 1987, Bartaletti 1994, Bätzing 2005), può essere utile in questa sede richiamarne i passaggi principali, adottando come chiave di lettura l’interesse verso la montagna che ha caratterizzato questi turisti nelle varie epoche e il tipo di attività prevalente che vi veniva praticata. Dalla fine del XVIII secolo alla fine del XIX le Alpi sono state sostanzialmente terreno di scoperta e di conquista per pochi benestanti visitatori, attratti soprattutto dalla necessità di spiegare fenomeni che fino a quel momento venivano interpretati attraverso la superstizione e la magia; il desiderio di felicità spingeva, nell’epoca del razionalismo roussoniano, al dominio dell’uomo e della ragione sulla natura e questo esigeva conoscenza e conquista. Lo stesso de Saussure, considerato lo scopritore del Monte Bianco, giustifica la sua ascesa del 1787 in “Voyages dans les Alpes”, dichiarando: “Del resto il mio scopo era soltanto quello di raggiungere il punto più alto: dovevo soprattutto compiere le osservazioni e gli esperimenti che, soli, davano il senso a quel viaggio”. Ciò non toglie che la nascita dell’alpinismo venga fatto risalire a questa epoca ed emblematicamente proprio all’ascesa del Monte Bianco da parte di Balmat e Paccard l’anno precedente. Un alpinismo che ha tutt’altro che i connotati del piacere e dell’intrattenimento gioioso, ma che negli anni immediatamente successivi, anche per chi non sale sulle cime, esprime invece tutto il contrasto tra una ricerca di infinito ed una montagna te-

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nebrosa e drammatica che respinge il bisogno di una risposta alle inquietudini dell’uomo romantico. I primi valichi alpini della prima metà del 1800 (Sempione, Moncenisio, Montigevro e successivamente quelli dolomitici, per quanto riguarda l’Italia) ebbero una certa influenza nel ridurre l’isolamento delle regioni alpine, ma pressochè nessun impatto sull’interesse dei visitatori per le montagne come ambiente ricreativo, anche per la scarsità e la lentezza de mezzi che li potessero percorrere, tra cui il più diffuso era la carrozza a cavalli. Solo a partire dalla metà del 1800, grazie alla ferrovia e a i primi valichi ferroviari delle Alpi, l’isolamento cominciò a ridursi davvero e le località di montagna cominciarono ad essere collegate con le città di pianura. E’ questo il vero fattore che consente l’accesso ai monti per motivi ricreativi da parte dell’èlite, aristocratica prima e borghese poi, che caratterizzerà il periodo della Bella Epoque e che continuerà sino allo scoppio della prima guerra mondiale. I numeri certo non erano quelli di oggi, ma è in questo periodo che nascono le prime stazioni di vacanza per la stagione estiva, le stesse che continuano oggi a rappresentare destinazioni di grande richiamo; da Saint Moritz a Davos, da Chamonix a Courmayeur, da Cortina a Madonna di Campiglio. “Tra il 1860 e il 1914 nasce la maggior parte dei santuari dell’alpinismo, che formano, secondo la classificazione dei geografi alpini, le stazioni della prima generazione, destinati ai lunghi soggiorni estivi in albergo.” (Guichonnet 1987, p. 309). Ma l’alpinismo era – come oggi del resto – una pratica comunque minoritaria per i frequentatori delle valli alpine, ancorchè molto sentita ed ammirata: le motivazioni prevalenti erano legate alla possibilità di ammirare maestosi paesaggi, del tutto sconosciuti per i comuni mortali che vivevano nelle pianure. Una possibilità alimentata dalla corsa alla costruzione di impianti di risalita prima inesistenti, alcuni dei quali costituiscono ancora oggi infrastrutture assolutamente ardite e oggi irripetibili per molte ragioni; basti pensare alle ferrovie a cremagliera che raggiungono i 3450 metri della vetta della Jungfrau (1896) o al treno che da Zermatt raggiunge i 3130 metri del Gornergrat (1898), ancora oggi balconi incomparabili sui 4000 delle Alpi. La motivazione principale è dunque legata alla possibilità di godere di scenari, allora unici e non visibili altrove (era ancora lontana la possibilità di vedere atolli o deserti, oggi paesaggi che fanno grande concorrenza all’attrazione delle montagne) e l’escursionismo, ancorch è condizionato da un abbigliamento che oggi fa sorridere, era comunque una pratica di una certa popolarità nelle vacanze estive, lunghe anche più mesi per la ricca aristocrazia e borghesia dei primi ‘900. Più modesta e del tutto iniziale la frequentazione invernale, caratterizzata soprattutto da pratiche ludiche sulla neve (slittino, pattinaggio su ghiaccio), essendo lo sci un attività ancora del tutto pionieristica. Ma la realizzazione delle ferrovie consente di dare risposta anche ad un altro bisogno delle popolazioni urbane: la cura della salute, per la quale le aree alpine potevano garantire un’ aria salubre, soprattutto in funzione delle diffuse malattie polmonari, in conseguenza delle quali si diffondono i sanatori nelle località di montagna. Dall’emergenza delle malattie più preoccupanti si passa comunque presto ad una cura della salute a più largo spettro, favorita dall’aria pura e dall’armonia della natura, che ben si fondono con i paesaggi e con l’entusiasmo delle escursioni. Le terme, dove ci sono, diventano l’infrastruttura dedicata per questa prospettiva; la Svizzera, paese montano per eccellenza, è l’ambiente ideale per questo tipo di offerta. Per restare in casa nostra, a Bormio (SO), dove le terme esistono dall’antichità, a metà dell’800 viene costruito l’Hotel Bagni Nuovi, così come San Pellegrino (BG) costituisce una località montana termale in auge nel periodo della Bella Epoque. E’ significativo notare come questa integrazione tra montagna e cura della salute, tra bisogno di natura e di benessere, tra attività fisica e salubrità, torni oggi a costituire una delle motivazioni principali dopo che per anni l’attività sciistica invernale aveva di fatto monopolizzato l’attenzione e con essa gli investimenti e la programmazione delle località turistiche alpine.

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Dopo la prima guerra mondiale e fino allo scoppio della seconda, la frequentazione della montagna cambia sensibilmente. Sfuma progressivamente l’ambiente e il clima che aveva caratterizzato il periodo della Bella Epoque e alla classe più agiata tende a sostituirsi una fascia sociale, pur benestante, ma meno esclusiva, grazie anche alla progressiva modificazione dei tempi di lavoro; non siamo ancora al turismo di massa, ma se ne pongono le premesse. I treni cominciano a diventare “popolari” e la tecnologia consente di “dominare” la montagna attraverso gli impianti di risalita, soprattutto grazie alle funivie; questi, conseguentemente, dotano la montagna di infrastrutture per un accesso di massa da parte dei turisti, che si verificherà poi in forma massiccia nel secondo dopoguerra. “Tra il 1924 e il 1940 vengono realizzate in tutto l’arco alpino non meno di sessanta funivie e, grazie ad esse si afferma una nuova modalità di vivere l’esperienza delle Alpi”(Bätzing 2005 p.193). Da un lato, dunque, la motivazione principale della maggior parte dei frequentatori resta la possibilità di ammirare paesaggi, che ora, grazie alle altitudini facilmente raggiungibili, si moltiplicano; dall’altro, l’accesso alle montagne favorito dagli impianti di risalita induce lo sviluppo di una fase nuova dell’alpinismo, dove alla tensione della scoperta si sostituisce quella della conquista. E’ in questi anni infatti che “ si registra l’ interesse per le Alpi in senso tecnico-sportivo, accompagnato da una visione eroica dell’andare in montagna, molto selettiva, per certi versi molto competitiva, soprattutto nel periodo compreso tra le due guerre mondiali” (Salsa 2010, pag.10). Il fascismo incentiverà questa dimensione per ragioni nazionalistiche e così assisteremo alle imprese dei grandi nomi dell’alpinismo italiano (valga per tutti quello di Riccardo Cassin) anche per effetto di una vibrante competizione con l’alpinismo d’Oltralpe. Lo sviluppo dell’alpinismo porta con sè un ulteriore infrastrutturazione della montagna: non solo gli impianti di risalita, ma anche lo sviluppo della rete sentieristica e la nascita dei rifugi. E tutto questo presto cessa di essere a disposizione di un’élite per diventare un servizio alla collettività: i sentieri diventano rete percorribile da tutti e i rifugi, nati come ricovero per gli alpinisti, diventano presto mete in se stesse per il popolo degli escursionisti, che secondo molti non vanno contrapposti agli alpinisti (Dalla Porta Xydias 2005), proprio perchè ciò che caratterizza entrambi è innanzitutto l’”andar per monti” e in questo “andar per monti” c’è, pur con modalità diverse, un farsi carico della montagna come spazio da ammirare e quindi da salvaguardare quale dimensione culturale immateriale (Salsa 2010). Questa sensibilità non è totalmente fatta propria dal turismo invernale, che pur minoritario comincia ad interessare le località alpine, grazie al primo sviluppo dello sci, favorito dalla realizzazione delle funivie. Negli anni ‘30 “Sestriere e Cervinia si distinguono per essere le più attrezzate stazioni di tutte le Alpi, le uniche dotate di tre funivie.” (Bartaletti 2006, pag.300). In questi anni infatti si verifica un forte impulso al turismo invernale, pur con un certo ritardo rispetto alla Svizzera e all’Austria, e molti degli interventi hanno come oggetto le stazioni ubicate a breve distanza dalle grandi città, dove i cittadini avranno modo di misurarsi con lo sci; le località di Foppolo, della Presolana, dell’Aprica, in Lombardia, o quelle della Val di Susa in Piemonte, pur avendo visto la nascita qualche decennio prima come stazioni di soggiorno, trovano ora un nuovo impulso. Per la maggior parte le località vengono raggiunte in autobus o in treno e l’attività è quella dello sci da discesa, solo in minima parte insidiata dallo sci nordico. La neve, elemento che per i montanari era da sempre considerata una maledizione, comincia a diventare divertimento per chi non vive in montagna e fonte di reddito per chi ci vive. Ma gran parte dell’attività sportiva viene effettuata a piedi, con grande dispendio di energie e quindi con uno sforzo fisico rilevante, visto che le seggiovie e gli skilift faranno la loro comparsa solo nel dopoguerra; tra sci da discesa e sci-alpinismo i confini sono meno labili di quanto non siano oggi. E’ certamente un divertimento, ma è un divertimento che richiede impegno e una buona prestanza fisica.

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Il turismo di massa in montagna vede il suo sviluppo nel dopoguerra, supportato dal boom economico e grazie soprattutto alla diffusione dell’automobile. E’ una delle modalità di impiego del tempo libero (sempre più disponibile) che vede il suo culmine nel decennio ’60-‘70 parallelamente alle altre forme di turismo, dopo che gli italiani nel decennio precedente avevano soddisfatto i bisogni primari che la guerra aveva loro sottratto. E’ un turismo quasi interamente interno e tale è rimasto in gran parte ancora oggi, con eccezione dell’Alto Adige, che nel dopoguerra subisce peraltro notevoli limitazioni ai flussi di italiani per effetto del terrorismo altoatesino e delle tensioni tra la componente autonomista e lo Stato Italiano: nel 1972 erano infatti 8 milioni le presenze di tedeschi contro i 2,7 milioni degli italiani. Anche oggi il Sud Tirolo continua a restare la regione alpina italiana con la maggiore presenza di stranieri (64%), in massima parte tedeschi. La frequentazione della montagna, sia in estate che in inverno, vede in questo periodo il suo massimo sviluppo. Dal punto di vista dell’uso del territorio si verifica un grande sviluppo di insediamenti turistici, inizialmente alberghieri, ma via via sempre più residenziali, con la nascita di vasti insediamenti immobiliari soprattutto nelle valli più prossime ai grandi centri urbani; le ben note “seconde case”, che molte implicazioni avranno sulla gestione delle località turistiche (Macchiavelli 2011). Lo spopolamento della montagna, già iniziato negli anni precedenti, prosegue con forte intensità, frenato nelle alte valli solo dal turismo, che si avvia a diventare l’unica attività economica produttiva della montagna in quota. L’infrastutturazione sciistica è quella che condiziona maggiormente l’uso del territorio esigendo spazi per piste di discesa sempre più ampie, anche a fronte di impianti sempre più capaci, e soprattutto collegamenti con impianti e piste tra una valle e l’altra; indubbiamente questa vasta infrastrutturazione ha garantito, anche negli anni a venire, un importante numero di posti di lavoro. L’attività dei frequentatori della montagna si colloca fondamentalmente su due assi: l’escursionismo in estate, che per una componente minoritaria diventa alpinismo, e lo sci d’inverno. Il confine tra escursionismo ed alpinismo è abbastanza evidente per chi frequenta con assiduità la montagna, ma non per chi la guarda dal basso: lo zaino, l’abbigliamento, persino una parte dell’attrezzatura, sono sostanzialmente gli stessi per i praticanti dell’ uno o dell’ altro e per l’uno e per l’altro sono i sentieri e i rifugi. Le esigenze turistiche hanno contribuito a ridurre la differenza agli occhi del grande pubblico attraverso l’infrastrutturazione delle cime e delle pareti, che grazie alle vie ferrate e ai sentieri attrezzati sono diventate accessibili anche a modesti escursionisti. I frequentatori della montagna hanno quindi concorso, più o meno direttamente e consapevolmente, a conservare viva la montagna, anche se non si può negare che senza la loro ingombrante presenza la natura sarebbe meno compromessa, specie in alcuni luoghi. Di fatto gli escursionisti, soprattutto attraverso le loro associazioni impegnate nella cura di sentieri e ambienti alpini, hanno contribuito alla salvaguardia della montagna e conseguentemente a tenerla viva, finendo per sostituire il lavoro che era proprio dei montanari (Varotto 2009). Ma certo è difficile delimitare il profilo dell’escursionista da quello del “passeggiatore”, come vedremo anche nelle diverse fasi della nostra ricerca, riportate nei capitoli successivi. In questo periodo di grande sviluppo del turismo montano, comunque, quella del percorrere valli e sentieri, per brevi o lunghi tratti, è sostanzialmente l’unica pratica “attiva” propria del frequentatore estivo della montagna, essendo tutte le altre numerose attività attuali ancora lontane: e l’escursionismo si chiamava ancora così e non “trekking”, come è venuto in uso più tardi. A questa si affiancavano le pratiche meno fisiche, che per quanto riguarda il rapporto con il paesaggio, erano certamente favorite, oltre che dall’automobile, dall’abbondanza degli impianti di risalita, grazie soprattutto al grande sviluppo di seggiovie e cabinovie.

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Il turismo invernale era invece dominato dallo sci da discesa, solo timidamente affiancato dallo sci da fondo. L’orientamento – e conseguentemente tutta l’organizzazione dell’offerta turistica che ne derivava - era decisamente “sportivo”, indicando con ciò una pratica che esigeva una buona dotazione fisica e quindi un’età conseguente, un certo tempo per la pratica (la settimana bianca), dei buoni insegnanti/allenatori (i maestri di sci), una costanza di apprendimento (i corsi almeno settimanali) e naturalmente la competizione con premio finale (l’attesa coppa, anche al termine del corso). La disponibilità di skilift e altri impianti ha tuttavia ridotto l’impegno fisico in salita per riservarlo totalmente per la discesa. Le altre pratiche sulla neve (slittino, pattinaggio e anche lo sci da fondo) sono diventate di fatto marginali, più come diversivo che come alternativa allo sci; lo sci-alpinismo era riservato, come oggi del resto, agli alpinisti. Quello che oggi chiamiamo wellness non rappresentava alcunché di significativo; in sostanza era attività riservata ai centri termali, la maggior parte dei quali – almeno in Italia – non erano localizzati in montagna. Interessante notare che laddove invece esistevano, sono diventati subalterni alla primaria attività sciistica¸, a Bormio, ad esempio, che fino all’avvento dello sci era una nota località termale, la società delle Terme ha preso in carico la gestione di impianti e infrastrutture per lo sci, con implicazioni non del tutto positive sotto il profilo economico. 1.2. Nuove esigenze del turista e nuove potenzialità per la montagna

A partire dagli anni ’90 il turismo montano comincia a vivere una stagione di più evidente incertezza. Cominciano a diventare percepibili anche agli operatori meno lungimiranti alcuni fattori che ne limitano le potenzialità o quantomeno che mettono in discussione il ruolo che nel mercato del tempo libero e delle vacanze aveva avuto fino ad allora. Il riscaldamento globale comincia a farsi concretamente sentire con alcuni inverni consecutivi senza neve, ma anche con qualche punta di caldo torrido estivo che induce a fuggire dalla città per trovare refrigerio alle quote più alte. Si comincia a prendere atto che la popolazione invecchia e che la domanda di giovani e giovanissimi per le settimane bianche (che a loro volta diventano sempre meno settimane e sempre più weekend lunghi) tende a diminuire; così come si avverte l’emergere di una domanda giovanile che sulla neve chiede di divertirsi, con lo snowboard, senza vincoli di durata, senza l’abbigliamento tradizionale e con meno regole possibili. Ma l’insidia maggiore viene da un turismo che cresce in ogni direzione e non consente più alla “settimana bianca” di essere l’unica alternativa alla vacanza invernale; il periodo di soggiorno si accorcia, ma le opportunità si moltiplicano e le possibilità di soddisfarle nei modi più diversi sono sempre maggiori anche verso destinazioni lontane, con costi che, grazie alla diminuzione del prezzo dei voli, diventano assolutamente concorrenziali con quelle della settimana sulla neve, che, come è noto, ha complessivamente costi rilevanti. Alla luce di queste tendenze, gli studiosi individuano, nel turismo alpino la classica condizione di un prodotto che ha ormai raggiunto la sua maturità (Keller 2000; Macchiavelli 2008) e che nel trend del suo ciclo di vita esige un rilancio per ritrovare una nuova appetibilità nei confronti dei mercati tradizionali e di quelli emergenti. La prima componente da considerare per favorire un ripensamento della funzione delle destinazioni alpine è proprio quella delle motivazioni e delle attività che coloro che le frequentano si aspettano di praticare. Il modello di offerta della destinazione alpina tradizionale, fondata in estate sull’ambiente, il paesaggio e le attività escursionistiche e alpinistiche, e in inverno su un turismo quasi esclusivamente orientato ad un’attività sportiva per persone attive e in buona salute (lo sci da discesa), soddisfa ormai solo una parte del mercato: i giovani chiedono spazi

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con poche regole, poca organizzazione e poche gare per divertirsi liberamente sulla neve, i meno giovani chiedono percorsi dolci, passeggiate sulla neve, itinerari da percorrere con le “ciaspole” e soprattutto tante opportunità per riempire il tempo di chi non frequenta i pendii innevati o li frequenta solo saltuariamente. Costoro peraltro sono sempre di più, anche perchè il rapporto con la montagna ha i caratteri di un legame un po’ ancestrale, generato dalla consuetudine famigliare, dalla disponibilità di una seconda casa o più semplicemente dall’orientamento culturale, ed è quindi difficile da recidere totalmente. Ecco allora che nell’ultimo ventennio anche le località alpine hanno riscoperto le terme, mentre gli alberghi –ivi compresi i più piccoli e meno dotati di risorse - hanno cercato di ricavare degli spazi per il wellness; nelle destinazioni si è moltiplicata l’offerta di eventi, anche a carattere culturale, e l’offerta di pratiche si è notevolmente arricchita: in estate, con le attività più diverse, a cominciare soprattutto dalla Mountain bike, che è diventata la prima alternativa al tradizionale escursionismo sui sentieri, in inverno affiancando allo sci tradizionale, che continua a restare la principale attività di una località turistica invernale, una varietà di proposte per un’utenza sempre più variegata in termini di aspettative. Anche le località italiane hanno imboccato questa direzione, se pure con un certo ritardo rispetto a quelle degli altri maggiori paesi alpini e soprattutto con una certa difficoltà, dovuta essenzialmente a due fattori: la piccola dimensione delle località, aggravata dalla bassa altitudine di una buona parte di esse (OCSE 2007) e la mancanza di una strategia (e di risorse) a livello centrale, conseguente alla frammentazione territoriale dell’offerta ed anche della politica programmatoria. I frequentatori della montagna, siano essi turisti che vi soggiornano o “pendolari” giornalieri, chiedono quindi alle località alpine una varietà di opzioni per soddisfare le molteplici e differenziate modalità di fruizione degli ambienti montani, alcune delle quali attengono ad esperienze di vita attiva, altre ad esperienze più ludiche o semplicemente rilassanti, che assumono maggior valore proprio alla luce del contesto paesaggistico e ambientale in cui si vivono. In tutti i casi tuttavia la parola “esperienza” non è casuale: ciò che il turista chiede, in montagna come altrove, è di sperimentare nuove sensazioni ed emozioni che quel contesto ambientale nello specifico gli può garantire. Quanto più dunque l’offerta tradizionale di esperienze si arricchisce, tanto più la destinazione sarà considerata con interesse. Senza alcuna pretesa di esaustività, richiamiamo i principali temi attorno ai quali negli ultimi anni sembra convergere il maggior interesse dei frequentatori della montagna: - Esperienze ludico-sportive open air in estate: usiamo l’aggettivo “sportivo” per fare riferimento ad alcune pratiche che hanno anche una loro versione sportiva, ben sapendo tuttavia che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di modalità ludiche di vivere attivamente lo spazio alpino in estate. L’escursionismo, nelle sue diverse forme, costituisce comunque la pratica più diffusa, essendo la più semplice e accessibile per tutti, ma come abbiamo constatato nelle indagini dirette (vedi Cap.3), la maggior parte dei frequentatori ne è interessata relativamente alle forme più brevi e meno impegnative. L’alpinismo vero è riservato ad una minoranza dei frequentatori ed anche per la maggior parte di loro, specie delle fasce giovanili ha assunto sempre più il connotato di un divertimento con implicazioni atletiche più che una espressione della passione per la montagna, come era nel passato. Analogamente, la Mountain Bike, che esige capacità fisiche non indifferenti e rappresenta la più diffusa pratica dopo l’escursionismo, è innanzitutto una pratica emozionale, così come tutte le molteplici forme di fruizione dell’acqua (canoa, rafting, canyoning, ecc.). Ciò che accomuna questi modi di fruire della montagna è comunque una concezione della montagna come spazio da godere e non necessariamente come ambiente a cui appassionarsi, come invece era comune nel passato (cfr. Manto-

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vani 2008a); di più, per molti frequentatori di oggi la montagna è piuttosto il luogo del confronto estremo, della ricerca del limite di sè stessi che gli sport a forte impatto emozionale garantiscono, e questo fa sì che essa abbia perso per costoro la caratteristica di “Altrove” rispetto al “Qui” del fondovalle da cui provengono, ma si manifesti come una sorta di continuum naturale rispetto allo spazio urbano (Bourdeau 2008). Per contro, va anche sottolineato che oggi registriamo una sensibilità alla problematica ambientale che un tempo non era così evidente e che fa da guida proprio alle modalità di frequentazione e di fruizione degli spazi alpini. E’ anche a partire da qui che oggi registriamo addirittura un incremento della popolazione in alcune aree alpine, dovuta proprio ad una nuova domanda di residenza proveniente da coppie giovani o anziane che lasciano la città per trasferirsi a vivere in montagna, talvolta anche avviando nuove attività economiche. E parallelamente da parte di chi in montagna è nato e vive ancora si esprime una sempre maggiore domanda di modernità (cfr. Mantovani 2008). Uno scambio dunque, forse meno intenso che nel passato, ma anche meno univoco. - Esperienze ricreative in inverno: ben consapevoli che lo sci da discesa resterà ancora per molto tempo l’attività ricreativa prevalente delle località invernali in grado di offrire un buon innevamento, anche artificiale, l’evoluzione di questi ultimi due decenni ha mostrato soprattutto la ricerca di attività diverse sulla neve e anche alternative alla neve. Basta andare sul sito di qualche importante stazione invernale alpina (Davos, Saint Moritz o Altabadia, per fare qualche nome) per rendersene conto, dal momento che già la pagina iniziale introduce ad una decina o più “filoni” di attività a cui si è invitati. Entrambe sono essenzialmente connesse a tre fenomeni: la tendenza a concepire la vacanza invernale come un’opportunità di divertimento che non deve avere alcuna implicazione in termini di impegno; l’invecchiamento della popolazione, che esige di individuare modalità di divertimento anche per chi non ha le condizioni per svolgere attività sportive o comunque fisicamente impegnative; le condizioni climatiche che lasciano frequentemente anche località in quota prive di neve. L’analisi dell’andamento della stagione invernale 2010-11, caratterizzata da scarso innevamento su quasi tutto l’arco alpino, ha mostrato che hanno sopportato la mancanza di innevamento decisamente meglio le località dotate di un’ offerta di opportunità molto varia (Macchiavelli 2013). Alcune di queste esperienze trovano nella neve e nel paesaggio invernale l’elemento caratterizzante; per alcuni vissuta in modo attivo (dal freeride alle ciaspole, dal tobogganning alle escursioni su sentieri battuti, ad esempio), altre più orientate a cercare momenti di pura emozione (dalle discese notturne in sci, alla cena in baita con motoslitta). Per tutti, comunque è un imperativo trovare la possibilità di fare attività diverse durante i momenti non dedicati alla neve e comunque per chi la neve non la frequenta proprio, componente che è notevolmente aumentata rispetto al passato. Di questo in Svizzera e Francia, soprattutto, ci è resi conto da tempo e le forme di divertimento che hanno più vistosamente risposto a queste aspettative sono state soprattutto tre: la possibilità di fare shopping, le strutture termali, più o meno dotate di acque veramente termali, e i casinò; tutte le maggiori destinazioni invernali infatti ne dispongono già da tempo. In Italia le opportunità all’interno di una singola località sono mediamente minori e ciò è conseguente a ragioni diverse, che tuttavia sono in qualche modo riconducibili ad una: le località alpine italiane sono mediamente più piccole e conseguentemente meno caratterizzate da una gestione di tipo “manageriale”, che sia in condizioni prevedere e programmare l’offerta di servizi, come invece accade in molte stazioni internazionali dell’arco alpino. E’ anche per questo che il recente “Piano Strategico per lo sviluppo del turismo in Italia può sottolineare che “il Turismo dello sci nelle Alpi genera un mercato di circa 16 miliardi, di cui l’Italia cattura solo il 5% a causa di un’of-

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ferta datata (pochissimi i giovani internazionali in Italia),orientata soprattutto al Turismo nazionale.” 2 - Esperienze di incontro con un’ identità culturale: se l’offerta turistica alpina italiana manifesta elementi di debolezza in molte sue località e soprattutto nell’efficienza della sua organizzazione, dispone tuttavia di risorse che in molti casi sono più ricche di quelle dei paesi concorrenti. Un turista sensibile a nuove motivazioni che lo inducano a frequentare una località è innanzitutto sensibile a ciò che un territorio ha di diverso da offrire rispetto a quanto già vive e conosce. In montagna questo è per lo più passato in secondo piano proprio perchè, come abbiamo visto, le motivazioni principali sono sempre state le attività specifiche da fare in un ambiente alpino; alpinismo, escursionismo, godimento dei paesaggi e dell’ambiente in estate e attività sciistiche in inverno. L’incontro con la cultura alpina, intesa come insieme di espressioni che caratterizzano e identificano un territorio, è sempre stato parte della frequentazione di località e valli, ma spesso scontato, ridotto per lo più a elemento di folklore e comunque poco considerato nel suo contesto storico e nel suo valore di comunicazione culturale (quante volte abbiamo sentito turisti in Alto Adige ripetere “ Se qui siamo in Italia, dovrebbero parlare italiano”… ?). Oggi il turista è certamente più maturo rispetto al passato e la dimensione dell’incontro con l’alterità, che sempre il fare turismo comporta, comincia a diventare un fattore di attrazione anche per chi va in montagna. E’ proprio in questo che le località alpine italiane hanno un punto di forza da giocare; perchè non sono solo un insieme di strutture, infrastrutture e servizi da offrire al turista, ma sono, quasi ovunque, espressione di una vita presente ancora oggi, di cui il villaggio, la piazza, la chiesa e le modalità di organizzazione sociale della comunità ne sono testimonianza. Proprio questa autenticità e vitalità può rappresentare, se ben valorizzata, un fattore competitivo importante alla luce delle aspettative del turista contemporaneo, in grado di compensare le debolezze conseguenti alle meno efficienti condizioni di offerta e anche alle modesta altitudine di molte di esse. L’ esperienza di incontro con l’identità culturale dei territori alpini passa pertanto attraverso la conoscenza della loro storia, le testimonianze della vita sociale, della cultura, della fede, attraverso l’offerta dei prodotti tipici, e anche attraverso la conoscenza delle espressioni artistiche e monumentali di cui le valli alpine italiane sono ricche. Tradurre tutto questo in “prodotto turistico” significa arricchire l’offerta delle località alpine italiane garantendone una maggiore capacità di attrazione. I percorsi del gusto, le strade formaggi o dei vini, i richiami ad una gastronomia di qualità persino nei rifugi (dove in qualche caso operano chef di rango…) sono già segni di un attenzione verso una diversificazione di opportunità per il turista; allo stesso modo lo sono la creazione di musei di qualità afferenti alla cultura locale, come è constatabile in Alto Adige, o i concerti in quota come ormai viene proposto da più parti. Spazi per ampliare ulteriormente queste opportunità peraltro non mancano, soprattutto attraverso la valorizzazione e comunicazione delle risorse artistiche e monumentali che anche nelle aree montane sono numerose, ma per lo più ignorate dal turista. Queste nuove tendenze di diversificazione e di arricchimento dell’offerta sono certamente anche nuove opportunità per l’offerta turistica montana, ma richiedono strategie appropriate per le stazioni più piccole e meno dotate di risorse, che per definizione non sono in grado di garantire una varietà di opportunità, come invece avviene nelle località di maggiori dimensioni. In sintesi esse sono riconducibili a due orientamenti: da un lato alla specializzazione e caratterizzazione della località attorno a qualche specificità, che potrebbe rappresentare il vantaggio competitivo rispetto ad altre località concorrenti; dall’altro, alla capacità di collaborare con altre località del territorio per potere integrare la propria offerta di servizi, limitata nella quantità e per larga parte nella qualità. Di fronte alla varietà

Cfr. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Turismo Italia 2020. Piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia, Roma, 18 gennaio, 2013, pag.21 2

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di domanda da parte del turista, la pretesa di offrire tutto da parte di una località di piccola o media dimensione finirebbe per essere perdente; gli anni a venire tenderanno perciò a prospettarci una più netta segmentazione dell’offerta turistica alpina. 1.3. Il rapporto con la montagna oggi

Il recente rapporto Istat sui viaggi e le vacanze degli italiani3 titola: “In flessione le vacanze lunghe in montagna, in crescita lago, campagna e collina”, indicando nel 14,2% la percentuale di coloro che dedicano alla montagna le vacanze “lunghe”, ovvero le principali. Negli ultimi anni questa percentuale è sempre stata variabile attorno al 15%, con punte che comunque hanno toccato il 20%, a fronte di un’incidenza delle vacanze al mare attorno al 50%. La cosa non stupisce: in primo luogo in Italia la montagna più ricca di cime e di paesaggi, rappresentata dalle Alpi, interessa quasi esclusivamente il nord del paese; in secondo luogo per la maggior parte degli italiani che vanno in vacanza, la destinazione montagna non è la prima vacanza e si propone più frequentemente come destinazione per brevi visite o per qualche giornata sulla neve; infine occorre anche mettere in conto che in un territorio morfologicamente dinamico, come quello italiano, il concetto di “montagna” è per sua natura un concetto soggettivo, che risente cioè del modo con cui il soggetto intervistato la interpreta. Basterà ricordare che esistono ancora oggi, pur dopo alcune revisioni, delle Comunità Montane i cui nuclei abitativi sono prevalentemente a basse quote o che in Liguria o in Abruzzo, ad esempio, è facile raggiungere i 1000 e più metri di quota in brevissimo tempo partendo dalle località balneari. In ogni caso la tendenza che sembra condivisa da molti, anche perchè supportata dalle cifre, è quella che vede una diminuzione della propensione alla vacanza in montagna, messa in evidenza non solo dall’indagine ISTAT citata sulla propensione della popolazione, ma anche da analisi effettuate a partire dalla quantificazione dei flussi turistici; una delle più recenti riguardanti l’Italia, che considera le località sopra gli 800 metri di quota, indica, per il 2008, nel 12% la quota di presenze turistiche “ufficiali” registrate dalle strutture ricettive dei territori alpini, in calo di un punto rispetto al 2000 (ONT 2009, pag. 1). Il dato è peraltro molto simile a quanto rilevato in Francia, dove un approfondita indagine sulla popolazione francese indica nel 13,3% la percentuale delle notti trascorse dai Francesi in montagna, rispetto al totale dei pernottamenti turistici nel paese. Anche in questo caso, tuttavia il rapporto recita “E’ questo lo spazio (nel senso di contesto turistico, ndr) che ha visto la più forte diminuzione del periodo, diversamente dallo spazio urbano” (Atout France 2012, pag.128) e indica attorno al 17% la misura del calo degli arrivi e delle presenze nelle stazioni alpine, tra il 2005 e il 2010, da parte dei Francesi. Se dunque la tendenza generale è quella di una crescente disaffezione alla frequentazione della montagna, è utile mettere a fuoco alcuni elementi che aiutino ad interpretarla, anche al fine di collocare più compiutamente i risultati dell’indagine svolta nell’ambito del progetto VETTA, di cui riferiscono i capitoli seguenti, in un contesto più ampio e comune anche ad altri paesi. Il Consiglio Federale Elvetico, espressione di un paese assai sensibile al problema, stante la rilevanza che questo tipo di turismo rappresenta nell’intero Paese, nella Strategia di crescita per l’offerta turistica svizzera individua cinque sfide4: - la mondializzazione crescente che genera una fortissima concorrenza, soprattutto da parte dei paesi emergenti; - l’evoluzione della clientela con riferimento in particolare all’evoluzione demografica e all’invecchiamento della popolazione;

Cfr ISTAT, Anno 2012. Viaggi e vacanze in Italia e all’estero, 13 febbraio 2013 pag.13 Cfr. Confederation Suisse. Office f èd èrale du development territorial ARE, Tourisme et development durable. Bonnes pratiques et pistes d’action, Berne 2012, pag.10.

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- il progresso tecnologico che genera una crescente mobilità, ma anche una crescente trasparenza dell’offerta, attraverso le tecnologie dell’informazione; - il cambiamento climatico e le minacce sull’ambiente; - i deficit strutturali dell’offerta turistica elvetica, caratterizzata (come quella italiana, del resto) da un modello di offerta datato e conseguentemente meno produttivo. Si tratta di temi, peraltro da noi già richiamati nei punti precedenti, che investono soprattutto le caratteristiche dell’offerta e che sono in larga parte comuni agli altri paesi, soprattutto all’Italia e all’Austria, il cui modello di offerta turistica alpina è assai simile, come dimensioni e come caratteristiche. I Francesi, che hanno avvertito le minacce che investivano il turismo alpino già negli anni ‘90, con la consueta capacità di analisi supportata da una efficiente macchina organizzativa, hanno sviluppato una delle più interessanti ricerche che siano state prodotte sull’evoluzione del ruolo della montagna nel mercato turistico francese e sulle aspettative della popolazione nei suoi confronti (Cofremca 2000). L’analisi si avvale dell’indagine sociologica Cofremca-Sociovision riferita al 2000, realizzata su un campione di 2200 persone di età superiore ai 15 anni, ed esplora soprattutto le caratteristiche e gli atteggiamenti della popolazione nei confronti della montagna, per metterli in relazione con l’evoluzione dell’offerta Ne richiameremo alcuni passaggi principali: La montagna di fronte all’ evoluzione dei comportamenti dei turisti. Per il turista la scelta della montagna può essere stimolata da 3 motivazioni fondamentali, sintetizzate emblematicamente nelle 3 R: la Rottura (Rupture), intesa come stacco dalla quotidianità urbana, il Ritrovarsi (Retrouvailles), ovvero il ritrovare se stesso sentendosi a casa, in un contesto famigliare, e il Rinvigorimento (Ressourcement), ovvero il rimettersi in forma, il ritrovare una buona condizione fisica e psichica. Se queste sono tra le motivazioni più pressanti per tutti coloro che fanno turismo, la montagna ha tutte le caratteristiche per rispondervi adeguatamente. Ma le modalità di scelta e di acquisto del turista sono sempre più condizionate dalla possibilità di reperire facilmente ogni tipo di informazione, attraverso gli amici o la rete, alla quale segue un veloce passaggio all’azione. E la possibilità di cambiare frequentemente, come si fa con i canali televisivi (zapping), è sempre più concreta e attuata. Si riduce la durata dei soggiorni, che tuttavia diventano più frequenti e ciò porta a scelte non programmate verso destinazioni di prossimità. Le aspettative del turista aumentano in termini di qualità e di opportunità e conseguentemente il mercato si segmenta. Queste tendenze e aspettative trovano oggi molte località montane, particolarmente in Italia, impreparate a rispondervi, perchè l’organizzazione turistica è poco flessibile e dinamica e perchè il campanilismo locale e l’autonomia gestionale delle località, anche piccole, è ancora molto accentuata. Queste condizioni suggeriscono la necessità di una forte capacità di organizzazione e integrazione tra le località, così come di stretta cooperazione tra gli operatori. Non è un caso che l’area montana italiana più competitiva sia quella dolomitica, dove opera Dolomiti Superski, un consorzio di società di impianti di risalita, che aggrega 135 società e circa 450 impianti e attorno al quale si muove una vasta rete di operatori turistici di ogni tipo. La montagna di fronte all’ evoluzione socio-culturale dei turisti.

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Il comportamento dei turisti è sensibilmente mutato in forza di un cambiamento di mentalità che attiene alla dimensione socio-culturale. La sensibilità verso la bellezza, la natura, il benessere, la vitalità dolce, così come il rifiuto di ciò che è pre-regolamentato, vincolato ai permessi e ai pagamenti di diritti o di ticket sono tutte caratteristiche che impongono di considerare un tipo di offerta molto più flessibile di quanto la montagna tenda oggi ad offrire. La montagna tende ancora a presentarsi come una destinazione poco accessibile, a partire dalla stessa condizione territoriale, per estendersi poi a quella più culturale, che la mostra ancora come una destinazione severa e che richiede impegno e fatica. Anche nella nostra indagine (vedi cap.3) le dimensioni della “fatica” e del “rischio” vengono associate alla percezione dell’attività fisica in montagna da quasi il 20% degli intervistati; è certamente una componente minoritaria, ma va considerato che la “bellezza del paesaggio” e il “divertimento”, che sono le associazioni espresse dalla maggioranza, non escludono la percezione negativa derivante dalla fatica e dal rischio. Ecco allora l’esigenza di proporre la montagna come una destinazione turistica più facile e accessibile, più facilmente divertente e meno complicata anche nella fruizione; questo comporta, oltre che una facilità di percezione delle proposte, anche minori vincoli e gravami negli aspetti commerciali, ovvero la possibilità di fruire di più opportunità senza dovere ogni volta pagare per il servizio. E’ proprio questa esigenza che sta portando molte località a prevedere delle forme di fruizione dei servizi “all inclusive”, come, ad esempio, si verifica attraverso l’emissione di Card che, a fronte di un pagamento unitario, offrono una serie di servizi già inclusi (impianti di risalita, piscina, ingressi, ecc.). La montagna di fronte all’evoluzione del turismo La montagna non soffre solo di una concorrenza molto più ampia, ma anche di dinamiche che investono l’offerta e che rendono più difficile per le piccole destinazioni affrontare le condizioni attuali del mercato. L’offerta tende infatti a concentrarsi (così come accade in tutti i settori economici) e quindi risultano più forti le località maggiormente dotate di opportunità e di servizi. L’intermediazione assume un ruolo sempre più importante; quella tradizionale soprattutto per il mercato internazionale, e quella tecnologica, che esige una capacità di essere presenti in modo efficace e con standard professionali. Tutto questo rende più difficile emergere nel mercato e più costoso conservare la clientela. Il mercato tende a segmentarsi sempre più e di fronte a tipologie diverse di clientela è indispensabile abbandonare il “pensiero unico”, cioè un unico approccio al mercato per assumere la logica della segmentazione e della diversificazione dell’offerta, all’interno della singola destinazione, quando è grande, o tra destinazioni limitrofe, quando sono piccole. Il marketing che nelle località di montagna è affiorato solo da poco, si pone oggi come strumento indispensabile per una strategia vincente; in particolare un marketing differenziato, che si rivolga in modo diverso ai diversi segmenti potenziali. Montagna d’ inverno, montagna d’estate Le tendenze sul comportamento della popolazione mettono in evidenza una stagnazione nel tasso di partenze verso la montagna e il mercato dello sci dei paesi occidentali sembra essere saturo: solo dall’Est Europa ci si può aspettare qualche segnale di crescita. Lo scenario demografico inoltre annuncia essenzialmente una crescita della popolazione anziana. Tutto questo comporta che non vi sono aspettative per una crescita autonoma della montagna come prodotto turistico; se crescita ci può

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essere, è necessario che sia indotta da qualche nuovo stimolo o da qualche specifica iniziativa. Sul piano degli obiettivi dunque la montagna invernale non può che ambire a mantenere la clientela che ha, mentre quella estiva è soprattutto chiamata a rinnovare la propria immagine per richiamare clientela nuova. La novità potenziale sta nelle stagioni intermedie; il riscaldamento climatico pone le condizioni per sfruttare maggiormente la primavera e l’autunno, ma in questa prospettiva occorre che il prodotto non si presenti radicalizzato attorno alle attività tradizionali (neve d’inverno e montagna in quota d’estate). La valorizzazione delle molteplici potenzialità cui abbiamo fatto riferimento nei punti precedenti va esattamente in questa direzione e necessita di una cooperazione tra le località per ampliare la gamma di offerta e per aumentarne il livello di qualità attraverso la specializzazione funzionale. La nostra indagine sulla popolazione (cap.3) indica in circa due/terzi degli intervistati l’incidenza di coloro che dichiarano di frequentare la montagna. Questa percentuale relativamente elevata sembrerebbe in contraddizione rispetto a tutte le indicazioni che provengono dalle analisi di mercato, ma non è propriamente così. Innanzitutto perchè si tratta di una percentuale che attiene alla sola popolazione del Nord Italia, dove quindi la vicinanza territoriale e culturale alle destinazioni alpine costituisce un fattore importante di differenza: la percentuale sarebbe certamente più bassa se riferita all’intera popolazione italiana. In secondo luogo perch è l’indagine (effettuata tramite interviste telefoniche) fa riferimento ad un generico “andare in montagna”, che non precisa la durata o la frequenza. Infine perch è mentre la nostra indagine ha come oggetto il comportamento della popolazione, molte analisi effettuate sul territorio si fondano sulla quantificazione delle notti trascorse, che quindi implica anche la durata dei soggiorni. A monte di tutte queste considerazioni, per quanto riguarda la situazione italiana, vi è comunque una scarsa conoscenza dei fenomeni che presiedono al rapporto del turista con le località montane, come ha ben messo in evidenza un’analisi approfondita relativa alle terre alte piemontesi (Puttilli 2012) Una considerazione al proposito va fatta. Come è noto, le zone alpine sono abbondantemente segnate dalla presenza di seconde case e il fenomeno non è certamente solo italiano. La seconda casa rappresenta un legame molto forte con la montagna, anche quando viene ben poco utilizzata, come accade in quasi tutte le situazioni (Macchiavelli 2011); soprattutto genera un legame culturale, una famigliarità con il contesto e con le abitudini di un luogo anche quando non vengono praticate attività sportive neppure di modesta portata Il fatto perciò che gran parte degli intervistati risponda di frequentare la montagna non deve stupire più di tanto; la vera variabile è quella delle modalità di frequentazione dell’ambiente alpino. Questa ricerca comincia a rispondere ad alcune questioni che attengono alle attività escursionistiche, ma ben altre analisi sarebbero utili per capire maggiormente il rapporto del turista con il territorio alpino. 1.4. Vivere la montagna

I capitoli che seguono in questo lavoro danno conto delle analisi effettuate sul versante dei fruitori della montagna e contengono perciò una nutrita mole di informazioni che consentiranno al lettore più interessato di analizzare il profilo dell’utenza sia nelle sue linee generali, sia nei livelli di approfondimento che meglio rispondono ai propri interessi. Senza mirare ad alcuna sintesi organica di ciò che è contenuto nei capitoli successivi, essi si rivelano tuttavia molto utili per concludere il percorso sviluppato in questo paragrafo, che è iniziato considerando le modalità di rapporto della popolazione

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con la montagna nelle prime fasi della sua esplorazione e che ha toccato le maggiori problematiche che hanno caratterizzato in tempi più recenti il rapporto tra il turista e la montagna. Lo faremo partendo da quelle che ci sembrano essere le più significative chiavi di lettura di questo rapporto. La montagna come attrattiva E’ confortante rilevare che la maggiore attrattiva della montagna è la bellezza. E’ confortante innanzitutto perch è dietro questa ammissione c’è la constatazione che la bellezza non è un concetto relativo, come spesso si tende a far credere, ed è confortante perchè i tanti altri panorami, ambienti e paesaggi che la mobilità turistica ha reso facilmente accessibili nel mondo, hanno sì ridimensionato il potenziale di attrazione della montagna, ma non ne hanno messo in discussione il fattore generativo. E’un riconoscimento che le viene decretato da tutti, da coloro che la frequentano attivamente, come da coloro che si limitano a considerarla da lontano; dai meno giovani, e anche dai giovani; e la bellezza – e questo è certamente più impegnativo - è anche il fattore decisivo per coloro che oggi decidono di restare a vivere in montagna o di ritornarci, sebbene dobbiamo convenire che per costoro “dire che la montagna è bella non basta, è un complimento da salotto” (Mantovani 2006), perchè le condizioni di vita, pur migliorate, restano comunque difficili e ben altra cosa è la bellezza della montagna vissuta dal turista rispetto a quella vissuta dal montanaro di sempre e quindi anche da quello di oggi. Alla bellezza fa concorrenza, come attrattiva, il senso di libertà, che per i giovani è prevalente e che tende a ridursi con l’età. Ma questo vale solo come percezione della montagna; per coloro invece che la montagna la praticano attivamente, la bellezza non è correlata con l’età e non è insidiata dall’attrattiva del divertimento, quanto piuttosto dal desiderio di “affermazione di sè”, che aumenta con l’età. In altri termini: gli adulti sono propensi a riconoscere nella montagna l’attrattiva della bellezza quando la evocano, mentre quando la praticano sembra prevalere il fine più soggettivo del misurare sè stessi attraverso la montagna. Il dato che emerge dall’analisi sugli atteggiamenti dei giovani in età scolare (Cap. 4) non può non sorprendere positivamente: coloro che la frequentano rappresentano circa il 60% dei giovani delle tre province lombarde considerate (MI, SO, LC) e se si aggiunge la quota di coloro che pur non frequentandola, lo vorrebbero fare, si quantifica nell’80% la quota di giovani che sono attratti dalla montagna. A questa attrattiva contribuisce notevolmente l’accresciuta sensibilità nei confronti dell’ambiente e della natura; lo rileva l’atteggiamento dell’intera popolazione, con il suo interesse al paesaggio ed al benessere, pienamente in linea con le sensibilità evocate dalla ricerca francese COFREMCA richiamata precedentemente, ma lo rivela soprattutto l’atteggiamento dei ragazzi che nel fare escursionismo in montagna non sembrano attratti tanto dal raggiungimento di un rifugio o di una cima, quanto piuttosto dalle caratteristiche paesaggistiche e ambientali della meta. E’interessante notare che questa sensibilità all’ambiente come attrattiva cresce anche grazie alla frequentazione attiva della montagna (Lynn & Brown 2003), in un processo circolare virtuoso che, se alimentato, può contribuire ad un recupero del valore della montagna come espressione oggettiva di bellezza. Del resto, se nelle generazioni precedenti (oggi molto meno, e sarebbe interessante chiedersi perchè…) le parrocchie e le associazioni cattoliche prevedevano vacanze giovanili solo in montagna, forse era dettato anche da una preoccupazione di educazione alla bellezza, come espressione oggettiva del Creato. La montagna come dimensione culturale

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Dalle analisi sono emerse due tendenze importanti, ancorchè prevedibili: da un lato una netta maggiore propensione verso la montagna da parte di chi vive in un ambiente alpino e dall’altro una forte correlazione tra chi frequenta la montagna e la pratica, con chi alla famigliarità con la montagna è stato introdotto fin da piccolo. Due tendenze che ci portano a considerare il rapporto con la montagna come dimensione culturale. Il primo aspetto emerge sia nell’indagine sulla popolazione, sia soprattutto in quella sui giovani, dalla quale si evince che in provincia di Sondrio la quota di coloro che frequentano attivamente la montagna è quasi doppia di rispetto alla provincia di Milano, che a sua volta è decisamente superata dal provincia di Lecco, altra provincia montana. Le indagini sugli escursionisti effettuate in Veneto e in Friuli (Tempesta & Tiene 2003) hanno peraltro evidenziato un alto tasso di pratica escursionistica in montagna, soprattutto giornaliera, in queste regioni, notoriamente caratterizzate da vaste aree alpine. E’ d’altra parte evidente che chi vive con le montagne nei pressi, ha una maggiore facilità di frequentazione e la minore lontananza fisica si traduce anche in un minore distacco culturale; anche se spesso il rapporto con la montagna da parte di chi ci vive è strettamente legato a “quella” montagna, ovvero alla montagna di casa e, sebbene si traduca in una famigliarità con un contesto che per molti versi è abbastanza simile ovunque, non si traduce in una famigliarità con l’intero arco alpino, come invece avviene più frequentemente per chi vive in città non circondate dalla cime. Decisamente più significativo è il ruolo della famiglia nel far diventare dimensione culturale il rapporto con la montagna. Nell’indagine sulla popolazione giovanile appare chiaramente che in tutte le province considerate la maggior parte di coloro che hanno una frequentazione con la montagna (dal 60% di Milano all’85% di Sondrio) ha trovato nella famiglia il fondamentale canale di accompagnamento; se si considera il fatto che nelle province alpine questo tasso è più alto si riscontra come i due fenomeni (vivere in montagna e introduzione da parte della famiglia) si alimentino reciprocamente. E forse il progressivo allontanamento di molte famiglie che vivevano in zone alpine (spopolamento), e, per contro, l’immissione in alcune zone montane di popolazione proveniente da altre regioni (immigrazione) hanno certamente avuto un ruolo sulla minore affezione e famigliarità con le pratiche alpine. La montagna come luogo di compagnia In montagna ci si va con gli amici o con i famigliari; un ruolo ce l’hanno anche le associazioni e i gruppi dedicati, tra cui il CAI è il più conosciuto e qualificato, ma naturalmente la percentuale di frequentanti a queste organizzazioni non può competere con la quota di coloro che si muovono autonomamente (attorno al 90%, sia per la popolazione adulta che per i giovani). E’persino troppo semplice osservare che la causa dell’autonomia sta sostanzialmente nella diffusione dell’automobile, fenomeno peraltro consolidato da tempo; più interessante è osservare che l’automobile ha in realtà condizionato anche il modo di frequentare la montagna da parte delle associazioni. L’indagine presso il CAI ha messo in evidenza che le tradizionali gite collettive organizzate per gli escursionisti domenicali o infrasettimanali, se vengono ancora organizzate con il pullman per chi vive relativamente lontano dalle montagne (es. Milano) o per i più giovani, non hanno invece più bisogno dell’uso del trasporto per chi vive vicino alle mete, dal momento che il ritrovo avviene già sul luogo di inizio della gita, che verrà raggiunto autonomamente in auto. E con il pullman scompare anche un fondamentale momento di aggregazione e socializzazione, tanto da far dire ad un acuto e ironico osserva-

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tore “La crisi dell’associazionismo? Balle. Se le cose sono cambiate, sostiene lui, è perchè non ci sono più i pullman della domenica.”(Mantovani 2005). E’ ben evidente che la crisi dell’associazionismo è fenomeno diffuso e non investe solo il CAI o le associazioni di montagna e richiederebbe una riflessione specifica più approfondita, anche alla luce – per contro – della nascita di gruppi o tour operator specializzati, la cui attività è supportata proprio da una domanda di compagnia, oltre che di sicurezza, per chi intende frequentare la montagna, spesso con il principale scopo di fare dell’attività fisica e di mantenersi in forma. Il fenomeno è emerso anche attraverso l’approfondimento presso le sezioni CAI (Cap. 5), dove si constata una sostanziale differenza tra le caratteristiche e le finalità dei partecipanti alle gite, tra la sezione di Milano e quelle delle province montane (LC e SO). Nel primo caso lo scopo di socializzazione è molto evidente: chi partecipa lo fa soprattutto per andare in montagna in compagnia, non avendo la possibilità di farlo autonomamente, e spesso si tratta di persone che sono a Milano temporaneamente, per lavoro o per studio; la gita è quindi un occasione per avviare e intrattenere dei rapporti e il pullman in questo caso continua ad essere uno strumento di socializzazione. Nelle sezioni montane, i soci si conoscono ormai tutti, vi sono rapporti consolidati e la gita è soprattutto un’occasione di andare in montagna tra amici; come si è detto, non c’è bisogno del pullman, ma ci si dà appuntamento sul posto. Anche tra i giovani la montagna viene frequentata soprattutto con gli amici o i famigliari; il CAI raccoglie mediamente poco più dell’1% delle risposte, ma tale percentuale è doppia nella provincia di Milano, dove costituisce una modalità per fare qualcosa che non sempre i genitori o gli amici possono garantire (accompagnamento e sicurezza). Tra i giovani sono ancora presenti le altre associazioni diverse dal CAI, che nella maggior parte sono rappresentate dagli oratori o dai movimenti giovanili. La montagna come spazio da vivere Il dato più significativo che emerge sulle modalità di fruizione attiva della montagna in estate è definito oggi dalla varietà di opportunità, il che è pienamente coerente con quanto abbiamo sottolineato nei punti precedenti attraverso l’analisi dei comportamenti turistici. Ma è altrettanto evidente che, pur a fronte di molti interessi e di molte opportunità, le pratiche più frequenti sono ancora quelle più tradizionali, definite dalle passeggiate di breve durata (mezza giornata circa) e dall’escursionismo più impegnativo; le altre attività hanno ruoli quantitativamente marginali, con la sola eccezione dell’alpinismo che interessa poco più di un decimo dei praticanti (3% della popolazione) e soprattutto dell’uso della Mountain Bike (MTB) che invece interessa quasi un quarto dei praticanti (oltre il 5% della popolazione). Ritroviamo una piena assonanza di queste tendenze in un’analoga (ma non uguale5) indagine francese, da poco effettuata (Atout France 2012, pag 148). Fatti i dovuti adeguamenti, si riscontra nella popolazione italiana una più elevata propensione all’uso della MTB ed anche una maggiore famigliarità con l’alpinismo; va tuttavia ricordato che non tutto lo spazio alpino francese si presta all’alpinismo e, per contro, che in Italia sono molto sviluppate le vie ferrate, la cui pratica potrebbe essere equiparata da molti praticanti all’alpinismo. La percentuale del 7% dei praticanti riservata da noi alle altre attività sportive in montagna va tuttavia considerata significativa, tenendo conto che si tratta comunque di attività di nicchia. In tutti i casi, e soprattutto nell’analisi sulla popolazione giovanile almeno per quanto concerne circa la metà del campione, emerge chiaramente una domanda di divertimento che non sia troppo impegnativo e che non abbia eccessive implicazioni fisiche. Anche nella fruizione della montagna in inverno emerge l’elevata varietà delle pratiche sportive.

La differenza sta nel fatto che nel caso francese la popolazione intervistata si trovava già nelle località montane per un soggiorno turistico. Nel nostro caso invece la popolazione è stata intervistata presso le proprie abitazioni abituali. E’ quindi giustificata una maggiore propensione alle pratiche alpine nel caso dell’ indagine francese, dal momento che si tratta di popolazione che ha già scelto di recarsi in montagna, anche se non necessariamente di praticare attività sportive.

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Come si è osservato precedentemente, lo “zoccolo duro” della pratica invernale resta lo sci alpino, ma questo oggi interessa circa il 50% dei praticanti, una percentuale ben più bassa di qualche decennio fa. Il restante 50% ruota attorno ad altre attività di cui lo sci alpinismo e le gite con le ciaspole sono le più significative (rispettivamente ¼ e 1/5 dei praticanti). In rapporto alla popolazione del Nord Italia, coloro che praticano lo sci da discesa sono circa il 12%, una percentuale tutto sommato modesta, tenuto conto che si tratta di regioni in cui le opportunità per sciare sono molte. Registrare che coloro che praticano sci da fondo, ciaspole o sci alpinismo sono circa un terzo o la metà degli sciatori da discesa è un dato che deve indurre riflessioni in chi gestisce l’offerta turistica, anche perchè una parte di queste attività non si appoggia sugli impianti sciistici, come avviene invece per lo sci alpino; l’evoluzione delle attività pone quindi seri interrogativi all’intero modello di offerta della vacanza invernale sulla neve. In questo contesto è interessante notare che lo snowboard non rappresenta una pratica tra le più diffuse, visto che si colloca al di sotto del 10% dei praticanti e attorno al 2% della popolazione e che, come nel caso delle attività estive, le “altre attività” rappresentano fenomeni di nicchia. Anche questi dati, per quanto confrontabili, sono pienamente coerenti con quelli dell’indagine francese (Atout France 2012, pag 147) dove si evince che meno del 30% di coloro che in inverno si recano nelle aree montane francesi pratica lo sci da discesa (che tuttavia diventa il 50% nelle Alpi). Lo snowboard avrebbe quindi raggiunto il suo livello di maturità, essendo un’attività prevalentemente riservata ai giovani; nei dati francesi viene addirittura assimilato allo sci da discesa. E’interessante osservare che i giovani che non praticano attività sportive, ma vorrebbero farlo, indicano con prevalenza le attività più divertenti ed anche più impegnative (Cap 4. Tab.A3). Sul comportamento giovanile nei confronti dell’escursionismo non emerge una tendenza univoca, se si esclude l’interesse molto diffuso per l’ambiente e una certa propensione ad evitare la fatica; in sostanza emergono modelli diversi di fruizione della montagna, che ben si coniugano con tutte le precedenti considerazioni sulla varietà di offerta. Anche il contesto temporale in cui si coniuga l’”andare in montagna” da parte della popolazione presenta una buon livello di equilibrio tra le diverse modalità (giornata, weekend, soggiorni brevi o lunghi), in cui comunque i soggiorni lunghi interessano circa 1/5 della popolazione. La conclusione di tutto quanto abbiamo considerato non può che essere una. Le modalità per vivere la montagna sono oggi le più varie e meno scontate e coinvolgono potenzialità diverse dell’ambiente alpino, che vanno ben oltre la fruizione degli spazi verdi in estate e della neve in inverno. Ciò induce a ripensare quel modello di offerta che ha caratterizzato l’offerta turistica alpina negli anni passati, sostanzialmente basato su una sorta di mono prodotto o quasi, per guardare alla montagna come spazio caratterizzato da un’identità forte che si comunica al visitatore attraverso una molteplicità di dimensioni; occorre valorizzare il più possibile ciascuna di queste per offrirla al livello qualitativamente più alto e farle diventare parte di un’unica offerta composita, ricca di opportunità. Riferimenti bibliografici

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Capitolo 2 L’escursionismo alpino nella ricerca scientifica di Andrea Pozzi1

Ricercatore presso ERSAF (Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste) e l’Università degli Studi di Bergamo. 1

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La conoscenza del numero e delle caratteristiche dei frequentatori della montagna a fini turistico-ricreativi risulta particolarmente complessa, vista la sua notevole articolazione dal punto di vista spaziale e temporale. Gli unici dati statistici ufficiali disponibili riguardano i flussi turistici registrati nelle strutture ricettive, i quali tuttavia non forniscono alcuna informazione sulle caratteristiche e sulle attività di chi frequenta la montagna oltre a trascurare il fenomeno dei visitatori giornalieri. In Italia il quadro conoscitivo è stato sino alla metà degli anni novanta assolutamente frammentario ed incompleto, dato che le poche ricerche avevano avuto per oggetto la frequentazione del bosco e quindi della montagna in senso lato2. Ad oggi sono disponibili ricerche specifiche svolte in alcune aree dell’arco alpino italiano, ad esempio in Veneto (Tempesta e Thiene, 2001; Tempesta e Thiene, 2003; Tempesta e Thiene, 2007), in Friuli Venezia Giulia (Assorifugi e Irtef, 1997 cit. in Matto, 2004; Marangon e Gottardo, 2001; Marangon et al., 2002) e in Piemonte (Matto, 2004; Dondona, 2009), le quali permettono una conoscenza più approfondita del fenomeno. Questa fase d’indagine della ricerca ha quindi consistito in un’attività di ricognizione ed analisi della letteratura inerente il tema dell’escursionismo alpino3 al fine di fornire indicazioni utili alle fasi progettuali successive, sia in termini di impostazione che di confronto dei risultati ottenuti. Sono state visionate indagini demoscopiche, principalmente svolte dall’ISTAT, per capire come si è modificata l’attitudine alla frequentazione della montagna in termini di pratica di attività sportiva nel lungo periodo; al contempo sono state analizzate ricerche sul turismo escursionistico montano recenti al fine di conoscere metodologie, ambiti e risultati. Nella prima parte del lavoro sono state presentate e confrontate le diverse definizioni di escursionismo montano presenti nelle indagini considerate al fine di conoscere meglio l’oggetto e i campi di ricerca, fornendo anche informazioni utili per circoscrivere il terreno delle analisi successive. In secondo luogo si è cercato di evidenziare come si è evoluto nel tempo il rapporto degli italiani con la montagna, soprattutto in termini di attività sportive praticate. Infine l’analisi di indagini specifiche sul turismo escursionistico nelle Alpi ha permesso di restituire le caratteristiche principali degli escursionisti delle diverse realtà montane italiane. 2.1. L’escursionismo montano come pratica sportiva

L’Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization) distingue i visitatori di un’area in due categorie, turisti ed escursionisti. Questi ultimi sono coloro che compiono uno spostamento di durata inferiore alle 24 ore, senza pernottamento, per motivi personali (quali ad esempio riposo, vacanza, cultura, sport, ecc) al di fuori del proprio comune di residenza (WTO e UNSTAT, 1994). In Italia tuttavia con il termine “escursione” si indica anche «una gita fatta in montagna finalizzata alla frequentazione della rete sentieristica, indipendente dalla sua durata» (Tempesta e Thiene, 2003). L’escursionismo montano si configura quindi come un’attività sportiva che consiste nella frequentazione di sentieri montani di bassa e moderata difficoltà, differenziandosi dalle più impegnative attività alpinistiche. Le indagini considerate concordano con questa definizione, tuttavia ai fini di una conoscenza più approfondita delle caratteristiche dei frequentatori della montagna ampliano il ventaglio di attività

Cfr. Tosi V. (1989), I servizi turistico-ricreativi dei boschi: esperienze nel triveneto, Annali ISAFA, Vol. X, Trento e Tosi V., Scrinzi G. (1994), Turismo nel Parco Naturale delle Dolomiti di Sesto (Bolzano): un’analisi quali-quantitativa dell’utenza, ISAFA comunicazioni di ricerca n. 1, cit. in Tempesta T, Thiene M. (2003), La montagna veneta e la domanda ricreativa della popolazione residente, in Defrancesco E. (a cura di), Atti del XL Convegno SIDEA “La Liberalizzazione degli scambi dei prodotti agricoli tra conflitti ed accordi: il ruolo dell’Italia”, Università degli Studi di Padova, 18-20 settembre, Franco Angeli, pp.411-425. 3 Per il dettaglio della letteratura considerata si rimanda alla bibliografia a fine capitolo. 2

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considerate in estate e inverno. Ad esempio Tempesta e Thiene, in La montagna veneta e la domanda ricreativa della popolazione residente (2003), hanno considerato attività legate alla frequentazione dei sentieri montani facendo una distinzione in base all’impegno fisico richiesto. Il ventaglio ha quindi compreso passeggiate, escursioni di media difficoltà e alpinismo durante l’estate, relax e sci alpino in inverno. In un lavoro successivo degli stessi autori, dal titolo Eterogeneità delle preferenze e attività ricreative nelle Alpi: due specificazioni di modello a classi latenti a confronto (2007), il campo di indagine si è ristretto alla sola stagione estiva e ha considerato attività quali escursioni di diversa difficoltà ed arrampicate. Anche in Dondona (2009), Escursionisti in Piemonte: chi sono, perchè scelgono la nostra regione, quanto incidono sulla nostra economia, il ventaglio di attività ha incluso passeggiate a piedi di varia difficoltà in estate e lo sci su pista (alpino e nordico) durante la stagione invernale. A differenza dei precedenti Matto, in Il ruolo dell’escursionismo nel rilancio del turismo montano. Il caso della Valle Maira (2004), ha voluto estendere il concetto di turismo escursionistico non limitandosi a considerare esclusivamente le passeggiate lungo i sentieri. Nella sua definizione ha ritenuto utile includere anche «tutte le altre attività (di svago o sportive) che si possono praticare in montagna utilizzando esclusivamente o prevalentemente le proprie forze (attività che presentano problemi e necessità simili a quelle dell’escursionismo in senso stretto)» (Matto, 2004). Rientrano in questa definizione ad esempio l’arrampicata su roccia o ghiaccio, la Mountain Bike, le ciaspolate e lo scialpinismo. Anche la presente ricerca si focalizza sull’escursionismo montano inteso come modalità di fruizione delle aree alpine con mezzi non a motore e che non implicano attività particolarmente impegnative sotto il profilo della preparazione e del grado di rischio. Il tema centrale dell’indagine è l’escursionismo estivo a piedi, senza limitazione di tempo e quindi in una prospettiva molto ampia che contempla le passeggiate di breve durata come i trekking più lunghi. Analogamente a quanto rilevato in Matto (2004), si è ritenuto opportuno allargare il ventaglio di attività da considerare sia in estate che in inverno al fine di avere un quadro della situazione più ampio possibile. In base anche a quanto emerso da un confronto fra le ricerche considerate, nelle fasi progettuali successive si è deciso di misurare l’assiduità della pratica in termini di giornate dedicate considerando le seguenti attività sportive e ricreative: in estate escursionismo a piedi di bassa e media difficoltà4, alpinismo, arrampicata su roccia e Mountain Bike; in inverno sci su pista (alpino e nordico), snowboard, sci alpinismo e passeggiate con le racchette da neve. 2.2. Gli italiani e la pratica di attività sportiva in montagna

Negli ultimi vent’anni si sono registrate profonde modifiche nei comportamenti e negli atteggiamenti degli italiani nei confronti delle attività sportive e ricreative, che possono essere così riassunti: una sempre maggiore attenzione verso il corpo e il benessere fisico, la ricerca verso un nuovo rapporto con la natura e l’ambiente circostante, una ricerca di nuove attività sportive da praticare ed il proliferare dei luoghi dove praticare sport (ISTAT, 2005). La stessa propensione allo sport è andata modificandosi: l’analisi temporale mette in luce una crescita concomitante dell’attività sportiva (continuativa e saltuaria)5 e della sedentarietà, con un decremento abbastanza rilevante nel numero di coloro che praticano semplice attività fisica6. Si registra

La difficoltà è stata misurata in termini di durata dell’escursione: sono considerate semplici le passeggiate di durata complessiva inferiore alle 4 ore, di media difficoltà quelle superiori alle 4 ore complessive. 5 L’ISTAT considera come attività sportiva quella “svolta nel tempo libero con carattere di continuità o saltuarietà dalla popolazione di 3 anni e più, escludendo le persone che partecipano al mondo dello sport per ragioni professionali quali atleti professionisti, insegnanti, allenatori” (ISTAT, 2012). 6 Secondo l’ISTAT semplici attività fisiche sono quelle che richiedono movimento come, ad esempio, fare passeggiate di almeno 2 kilometri, nuotare o andare in bicicletta. 4

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quindi una polarizzazione degli atteggiamenti o verso la pratica continuativa o verso l’inattività, come mostrano i risultati delle indagini multiscopo condotte annualmente dall’ISTAT. Tab. 2.1 – Persone di 3 anni e più che dichiarano di svolgere pratica sportiva. Valore percentuale. Anni 1997, 2005 e 2011. Risposta

Anno 1997 (%)

Anno 2005 (%)

Anno 2011 (%)

- in modo continuativo

17,7

20,9

21,9

- in modo saltuario

8,9

10,3

10,2

Praticano solo qualche attività sportiva

37,4

28,2

27,7

Non praticano

35,5

39,8

39,8

Non indicato

0,4

0,8

0,5

100,0

100,0

100,0

Praticano sport:

Totale

Fonte: Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”. Un approfondimento sulle fasce d’età fra coloro che praticano sport con continuità evidenzia un’attività giovanile che si mantiene alta negli anni. La pratica sportiva risulta diffusa (sempre oltre il 50% fra gli 11 e i 14 anni), tuttavia sono presenti alcuni segnali negativi quali il calo fra i 15 e i 19 anni registrato dal 2005 al 2011. Fra gli adulti si riscontrano comportamenti positivi, seppur differenziati per specifica fascia d’età. Le differenze di genere si sono attenuate nel tempo, grazie ad una crescita della partecipazione femminile che è stata maggiore rispetto a quella maschile (CONI e Censis, 2008). Tuttavia il divario rimane ampio dai 15 sino ai 34 anni per poi calare con il crescere dell’età. Entrando nel merito delle attività praticate, emerge chiaramente una tendenza alla diffusione di altre discipline: a partire dagli anni Ottanta iniziano ad affermarsi accanto al calcio attività sportive quali, ad esempio, ginnastica e nuoto. Oggi queste ultime sono fra le più diffuse a livello nazionale, essendo state scelte da oltre il 20% dei praticanti. A distanza vi sono gli sport ciclistici (11,7%), il gruppo atletica leggera, footing e jogging (11,3%) e gli sport invernali, su ghiaccio e altri sport di montagna (11,3%), tra i quali lo sci alpino riveste da sempre un ruolo prioritario7. Accanto a questa tendenza si è diffuso nel tempo anche un modo diverso di praticare sport, più vicino all’ambiente e al benessere psicofisico. Ciò ha favorito la crescita di discipline sportive che permettono un diretto contatto con gli elementi naturali, fra le quali passeggiate sulla neve con le racchette, la Mountain Bike e il canottaggio (ISTAT, 2005). Questo nuovo atteggiamento verso lo sport ha influito positivamente sul desiderio di praticare attività sportiva in montagna e, soprattutto, di sperimentare nuove discipline. Dati specifici per singola attivtà ad oggi non sono disponibili, tuttavia ISTAT e Coni a partire dal 1959 rilevano il numero di praticanti di alcune attività (sci, bob, escursionismo, alpinismo e simili) che rientrano nella categoria “sport invernali e alpinismo8”.

Dati ISTAT relativi all’anno 2006. Dal 2003 è in uso la classificazione Lispo, che comprende 23 discipline. Per ulteriori informazioni ISTAT (2005), Lo sport che cambia. I comportamenti emergenti e le nuove tendenze alla pratica sportiva in Italia, Roma, pp. 222, 224, 225, 252.

7 8

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Analizzando l’andamento di lungo periodo del numero dei praticanti si nota un fortissimo incremento nel periodo 1959-1982, attribuibile per lo più allo sviluppo economico e non solo all’arco temporale molto lungo (23 anni); negli anni successivi infatti si assisterà ad una sostanziale stabilizzazione. Gli anni Ottanta vedono la diffusione di massa degli sport invernali e dell’alpinismo, come testimoniato dal più alto numero di praticanti registrati nel 1985, a cui segue un decennio di sostanziale stabilità. Lo sci alpino e l’escursionismo ricoprono comunque un posto di rilievo fra gli sport praticati dagli italiani negli anni Novanta. Tab. 2.2 – Persone di più di 3 anni e che praticano sport invernali ed escursionismo con continuità. Anno della rilevazione Anno

Maschi (v.a.)

Femmine (v.a.)

Totale (v.a.)

Totale (per 100 praticanti)

Totale (per 100 abitanti)

1959

103.000

41.000

144.000

11

0,3

1982

564.000

335.000

899.000

10,9

1,6

1985

955.000

595.000

1.550.000

13,1

2,9

1988

757.000

475.000

1.232.000

10

2,2

1995

756.000

334.000

1.090.000

11,1

2,0

2000

811.000

431.000

1.242.000

11,1

2,2

2006

701.000

478.000

1.179.000

10,3

2,0

Fonte: ISTAT. A partire dall’anno 2000 si assiste alla diffusione di sport che possono essere considerati “minori”: in base ai dati dell’ISTAT tra gli sport invernali quello più diffuso rimane ancora lo sci alpino (10,9%), che continua a godere di grande popolarità tra giovani e adulti nonostante l’avvento dello snowboard. Ma in questo gruppo si registrano gli oltre 460 mila sportivi appassionati di altri sport, tra i quali l’alpinismo e l’arrampicata, l’escursionismo, il trekking fino al torrentismo e la speleologia. L’ultima indagine del 2006 conferma il trend di decrescita del numero dei praticanti, il quale passa da 1.242 mila a 1.179 mila. Tuttavia a diminuire è il numero dei praticanti maschi, mentre si registra un aumento fra le donne. Come nelle precedenti indagini lo sport più diffuso in questa categoria rimane ancora lo sci alpino. Focalizzando l’attenzione sulle attività invernali, una recente indagine effettuata da Astra Ricerche per conto della FISI (Federazione Italiana Sport Invernali)9 conferma come negli ultimi decenni il ventaglio di attività sportive sulla neve praticate dagli italiani si sia ampliato notevolmente: accanto allo sci alpino, si sono diffusi sport come lo snowboard, il carving, lo sci-alpinismo e il freestyle. Accanto a ciò, di particolare interesse risulta essere la voglia di provare da parte di tutti gli intervistati, anche non praticanti: oltre a sport “tradizionali” come sci alpino e di fondo, slittino e snowboard, che risultano particolarmente attrattivi, vi sono sport invernali “minori” che riscuotono interesse e ottengono un desiderio di prova elevato quali, ad esempio, lo sci d’erba, il bob e lo sci alpinismo. Questa moltiplicazione delle attività praticabili in montagna è strettamente legata con la necessità

L’ indagine è stata realizzata nel 2011 tramite interviste online ad un campione rappresentativo della popolazione italiana d’età compresa tra i 18 e i 65 anni.

9

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delle destinazioni turistiche alpine di rimanere competitive sul mercato: basti pensare che lo sviluppo di molte attività soft, quali ad esempio le passeggiate con le racchette da neve, sono state indotte dall’aumento dell’età media di chi si reca in montagna (Macchiavelli, 2011). A questa tendenza si accompagna una pratica meno assidua che, tuttavia, non corrisponde ad una diminuzione di interesse verso la montagna, che permane alto in Italia (FISI, 2011). 2.3. Il profilo degli escursionisti in alcune aree montane italiane: riferimenti da indagini esistenti Negli anni passati le indagini che hanno avuto come oggetto la frequentazione della montagna si sono concentrate principalmente su due ambiti, la conoscenza del profilo dei flussi escursionistici presenti in una determinata area (Assorifugi e Irtef, 1997 cit. in Matto, 2004; Matto, 2004; Dondona, 2009) e l’analisi dell’attitudine della popolazione residente alla frequentazione delle aree montane e, in senso lato anche boschive, della propria regione (Marangon e Gottardo, 2001; Marangon et al., 2002; Tempesta e Thiene, 2003; Tempesta e Thiene, 2007). Le modalità d’indagine utilizzate sono risultate essere strettamente legate ad alcuni fattori chiave, quali le dimensioni del territorio considerato e i punti di accesso/rilevazione. Si sono utilizzate interviste telefoniche nel caso di aree montane vaste come quelle del Veneto (Tempesta e Thiene, 2003), oppure son state svolte indagini sul campo in presenza di un limitato numero di punti di accesso e/o rilevazione, come nel caso della Valle Maira in Piemonte (Matto, 2004). Nel presentare un resoconto dei risultati ottenuti nell’ambito di analisi sull’utenza escursionistica condotte in differenti aree turistiche del Nord Italia si è voluto tenere una suddivisione per metodologia utilizzata. Questa distinzione permette infatti di analizzare il fenomeno da due punti di vista differenti – attitudine della popolazione e comportamento dei fruitori effettivi – fornendo così informazioni complementari tra loro. Tutti i casi riportati si riferiscono alla frequentazione a fini turistico-ricreativi, anche se con finalità differenti. 2.3.1. Ricerche effettuate tramite indagini telefoniche

Nel 1999 e nel 2003 sono state svolte due indagini telefoniche nel Veneto e nel Friuli Venezia Giulia finalizzate a conoscere il comportamento turistico-ricreativo della popolazione residente verso le aree montane e/o boschive della propria regione (Tempesta e Thiene, 2003; Marangon et al., 2002). In particolar modo è stato chiesto agli intervistati di indicare la modalità di frequentazione, in termini di numero di gite e/o di giorni di vacanza fatti in estate e d’inverno, e la tipologia di attività praticata. Queste indagini rientravano nell’ambito di ricerche più ampie, le quali hanno avuto come obiettivo la valutazione della funzione ricreativa della montagna (Veneto) e del bosco (Friuli Venezia Giulia). Nonostante la seconda indagine si sia concentrata su aree non esclusivamente montane, vi è da considerare che i boschi occupano più del 50% del territorio friulano e si concentrano maggiormente nelle zone montane e collinari. In secondo luogo, le aree boschive in montagna ed in collina sono da sempre più attrattive grazie alla maggiore presenza di sentieri e rifugi e, di conseguenza, tendono ad essere più frequentate. Per queste ragioni i risultati dell’indagine possono essere indicativi per capire l’attitudine e la modalità di frequentazione della montagna (o almeno di una parte di questa) in Friuli Venezia Giulia. Nel 2003 quasi la metà della popolazione del Veneto10 si è recata nelle aree montane della propria regione durante una gita fatta in giornata (33,6%) o una vacanza (11,4%). Le giornate trascorse sono

Sono state svolte 767 interviste telefoniche ripartite in modo proporzionale alla popolazione residente in ogni strato in cui era stato diviso il Veneto. Tale stratificazione è stata definita suddividendo i comuni in considerazione della distanza rispetto alla montagna e il grado di ruralità (Tempesta e Thiene, 2003).

10

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state ben oltre 16 milioni, concentrandosi principalmente nella stagione estiva. La fruizione estiva della montagna ha consistito in attività all’aria aperta: le persone che l’hanno frequentata hanno preferito fare escursioni o semplici passeggiate; le attività che richiedono maggior impegno fisico, come l’alpinismo, non sono risultate molto diffuse. La montagna in inverno significa non solo sci, ma anche relax: si sono infatti distinte due categorie di fruitori, coloro che la vedono come un luogo dove effettuare attività di medio-elevato impegno fisico e coloro che la considerano principalmente un luogo dove rilassarsi. Fig. 2.1 – Fruizione della montagna da parte dei residenti del Veneto nel 2003.Quadro di sintesi.

Fonte: Tempesta e Thiene (2003) In Friuli Venezia Giulia11 la fruizione turistica delle aree boschive e, in senso lato, della montagna ha interessato nel 1999 quasi il 40% dei residenti. Fra questi, coloro che hanno svolto gite o escursioni (con permanenza di una giornata o fine settimana) sono quasi il 90%; l’incidenza dei residenti che hanno fatto una vacanza è quindi minima. La frequentazione ha riguardato soprattutto le zone montane, dotate di una più articolata rete sentieristica oltre che di strutture di accoglienza come bivacchi e rifugi, spesso meta delle escursioni. Il numero di gite complessivo è stato di oltre 3 milioni su un totale di poco più di 6. A seguire nelle scala di preferenze, le aree prealpine e collinari (con oltre 2 milioni), mentre basso è stato l’interesse per le zone di pianura (poco meno di 1 milione)12. La gamma di attività svolte durante le escursioni ha spaziato su un ampio ventaglio di tipologie. La più segnala-

L’ indagine telefoniche è stata svolta nei mesi di Ottobre e Novembre 1999. La popolazione della regione è stata stratificata sulla base di alcuni indicatori al fine di migliorarne la rappresentatività. In totale sono state concluse 506 interviste (Marangon et al., 2002). 12 Il numero di gite totali per area è stato ottenuto sommando le stime ottenute per ogni singolo distretto in cui è stato suddiviso il territorio friuliano nell’ambito dell’ indagine considerata. Nello specifico sono stato fatti i seguenti raggruppamenti: - zone montane: Valcanale, Canl del Ferro, Carnia e Dolomiti friuliane; - zone prealpine e collinari: Prealpi giulie, Prealpi carniche, Prealpi pordenonesi, Prealpi giulie meridionali, Colline moreniche, Colli Orientali e Collio; - pianura: Carso Go e Ts, Resto FVG. 11

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ta è stata la passeggiata nel bosco (92,7%), seguita dalle escursioni sui sentieri e da quelle verso i rifugi. Altre attività sono state lo svolgimento di picnic, la raccolta di funghi, le gite in Mountain Bike e più generiche attività sportive. Fig. 2.2 – Fruizione delle aree boschive da parte della popolazione del Friuli Venezia Giulia nel 1999. Quadro di sintesi.

Fonte: Marangon et al. (2002) 2.3.2.Ricerche sul campo

Le rilevazioni sul campo effettuate tramite la somministrazione di questionari permettono di conoscere in modo dettagliato l’utenza di una data area montana e di avere anche un riscontro sul livello dell’offerta, in particolar modo rifugistica. A seconda delle circostanze, possono interessare l’intero territorio e riguardare l’intera durata del periodo di osservazione (la stagione estiva per esempio), oppure soltanto un campione del territorio o un campione di tempo (un fine settimana o un numero di giorni scelto a caso nell’ambito di una certa stagione). Indagini di questo genere sono state condotte, ad esempio, in Friuli Venezia Giulia (Assorifugi e Irtef, 1997 cit. in Matto, 2004) e in Piemonte (Matto, 2004). Nel 1997 Assorifugi ed Irtef (Istituto per la Ricerca di Tematiche Educative e Formative)13 hanno condotto presso un campione di escursionisti di media e alta montagna (in totale 1.708) una ricerca conoscitiva sul profilo e sui comportamenti dei frequentatori dei rifugi del Friuli Venezia Giulia. Principalmente si tratta di maschi adulti (tra i 25 e i 44 anni) con titolo di studio medio-alto (diploma) provenienti nella quasi totalità dei casi dall’Italia. Sono per lo più turisti che approfittano della vacanza per fare gite ai rifugi; molto più basso è invece il numero degli escursionisti giornalieri (12%). Preferiscono effettuare escursioni poco impegnative, soprattutto in estate: il trekking, l’alpinismo

La ricerca è stata effettuata in collaborazione con il Collegio delle Guide Alpine, il CAI, l’associazione “Terranostra”, la Comunità Montana della Carnia, le Valli del Natisone e l’Azienda di Promozione Turistica del Tarvisano. 13

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impegnativo e la Mountain Bike sono attività meno diffuse e sono praticate per lo più dai giovani e dagli adulti. Le escursioni sono svolte in compagnia di amici e famigliari, anche se non mancano gite sociali con pranzo al rifugio. Nella Valle Maira, in Piemonte, è stato somministrato nel 2001 un questionario ad un campione di 172 escursionisti presso alcuni rifugi e posti tappa della valle. Anche in questo caso la finalità era conoscere il profilo ed il comportamento dei frequentatori della valle ed avere riscontri sul livello dell’offerta turistica dell’area. L’escursionista “tipo” è risultato essere un maschio adulto (principalmente tra i 40-49 anni) con un titolo di studio medio-alto (diploma o laurea). Nella maggioranza dei casi è uno straniero (85,5%) che frequenta la valle d’estate e predilige soggiorni lunghi, anche di una settimana e più. Le attività svolte sono prevalentemente quelle a contatto con la natura e all’aria aperta: si tratta di passeggiate, escursioni, camminate, trekking e, in alcuni casi, altre attività sportive più impegnative (corse a piedi, scalate e arrampicate, parapendio e lunghi trekking). Meno diffuse sono risultate le attività sportive sulla neve (nello specifico sci alpinismo e fondo).

Comportamento

Profilo

Tab. 2.3 – Profilo degli escursionisti in Friuli Venezia Giulia e in Valle Maira. Quadro di sintesi Friuli Venezia Giulia Anno 1997

Valle Maira (Piemonte) Anno 2001

Genere

Maschio (61%)

Machio (59%)

Età

25-44 anni (47%)

40-49 anni (30%)

Titolo di studio

Diploma (46%)

Diploma (71%)

Nazionalità

Italiana (92%)

Attività sportive

Compagnia

Tedesca (45%)

Passeggiate ed escursioni poco impegnative (48%)

Attività sportive all’aria aperta (85%)

Trekking (18%)

Sci alpinismo e fondo (7%)

Aplinismo impegnativo (7%)

Mountain Bike (5%)

Mountain Bike (2%)

Scalate ed arrampicate (5%)

Amici (37%)

Amici (50%)

Famiglia (29%)

Famiglia (30%)

Gite sociali (17%)

Da solo (7%)

Fonte: Matto, M. (2004) Sempre in Piemonte, nel 2009 l’IRES (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali) ha approfondito la conoscenza del fenomeno dell’escursionismo nelle aree montane della regione attraverso la somministrazione di questionari agli utenti delle stazioni sciistiche14 e ai frequentatori dei rifugi15. A differenza delle altre indagini considerate, questa ricerca ha voluto stimare il numero dei frequentatori e la spesa più che conoscere il profilo degli escursionisti e le attività praticate.

I questionari sono stati somministrati nelle stazioni sciistiche di Pragelato e Sestriere in provincia di Torino, Limone Piemonte in provincia di Cuneo, Alagna Valsesia e Scopello-Alpe Mera in provincia di Vercelli. Nel corso del febbraio 2009 complessivamente sono state intervistate 300 persone. 15 La rilevazione è stata effettuata presso il rifugio “Daniele Arlaud” Parco del Gran Bosco di Salbertrand in Val di Susa, il rifugio “Selleries” Parco Naturale Regionale Orsiera-Rocciavrè in Val Chisone ed il rifugio “P. G. Toesca” in Val di Susa. Sono stati contattati, inoltre, altri gestori di rifugi attraverso un questionario via posta elettronica. 14

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Chi frequenta le piste da sci della regione proviene principalmente dalle zone limitrofe, si muove in auto con famigliari e amici e rincasa la sera. La spesa media per il viaggio, lo skipass e i pasti varia tra i 50 e i 70 Euro, con punte di 100-120 Euro nel caso di noleggio di attrezzature o di lezioni di sci. In estate sono circa 400 mila le persone che frequentano i rifugi della regioni, con una spesa media di 25 Euro. Alcuni di questi, specialmente se raggiungibili da strada carrozzabile, sono scelti come meta di una gita giornaliera, specialmente da famiglie con bambini; altri hanno invece una vocazione più alpinistica e pertanto sono visti più come punti di appoggio per escursioni più impegnative. Tab. 2.4 – Profilo dei frequentatori delle stazioni sciistiche piemontesi. Quadro di sintesi. Area

Provenienza

Spesa media pro-capite

Frequenza media della pratica

Montagne olimpiche

Torino e provincia

€ 50-70 (per sci di discesa)

10-15 volte l’anno

Cuneo e provincia

€ 50-70 con punte di €120

8-10 volte l’anno

Area ligure (Genova e Savona)

(per sci di discesa)

Francia (Montecarlo e Nizza) Piemonte meridionale

Biella e provincia

€ 50-70 (per sci di discesa)

Più di 20 volte l’anno

Vercelli e provincia

2.4. Conclusioni

Il lavoro di ricognizione ed analisi della letteratura inerente il tema dell’escursionismo alpino ha voluto considerare il fenomeno da due punti di vista differenti – attitudine della popolazione alla pratica di sport in montagna e comportamento dei fruitori effettivi – cercando al contempo di fornire informazioni complementari tra loro. Anzitutto si è osservato che la diffusione di un nuovo modo di fare ed intendere lo sport, più orientato al benessere psico-fisico e al contatto con la natura e l’ambiente (ISTAT, 2005), ha modificato il rapporto degli italiani con la pratica sportiva in montagna; oggi chi la frequenta preferisce sperimentare nuove attività oltre a quelle tradizionali, come ad esempio lo sci alpinismo e/o fuori pista in inverno (FISI, 2011), la Mountain Bike o il canottaggio d’estate. Le semplici passeggiate e le escursioni di bassa e media difficoltà lungo i sentieri, che caratterizzano la pratica escursionistica, rimangono comunque le attività estive più diffuse, come peraltro dimostrano le varie indagini sui frequentatori della montagna svolte nell’arco alpino italiano (Assorifugi e Irtef, 1997 cit. in Matto, 2004; Marangon et al., 2002; Tempesta e Thiene, 2003; Matto, 2004; Dondona, 2009). In secondo luogo, l’analisi di queste ricerche ha permesso di conoscere il profilo degli escursionisti. Pur all’interno di una notevole variabilità, è possibile affermare che l’escursionista “tipo” è un maschio adulto (principalmente tra i 25-50 anni) con un titolo di studio medio-alto (diploma o laurea). È per lo più un turista che approfitta della vacanza per fare una gita ai rifugi e svolgere attività a contatto con la natura; si tratta principalmente di passeggiate, escursioni, trekking e, in alcuni casi, di altre attività sportive più impegnative. La natura delle informazioni considerate nell’analisi è stata quantitativa (dati statistici) e qualita-

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tiva. Tuttavia, la disponibilità di queste informazioni è risultata piuttosto frammentaria: si sono riscontrate difformità sia a livello di tematica (attività sportiva invernale ed estiva) che di area geografica (arco alpino italiano e singole aree). Per quanto concerne l’attitudine degli italiani verso le attività sportive, l’ISTAT mette a disposizione report e dati grezzi aggiornati annualmente. Le indagini multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana” forniscono uno sguardo d’insieme, poi approfondito sul tema dello sport attraverso indagini più specifiche16. Focalizzando l’attenzione sulla montagna, le informazioni e i dati più aggiornati riguardano gli sport invernali, in particolar modo lo sci alpino. L’Osservatorio italiano del turismo montano17 fornisce annualmente un resoconto dettagliato sulla situazione del turismo invernale, con dati sull’andamento del settore e sulle tendenze in atto. A livello statistico sono disponibili, ad esempio, dati sui tesserati FISI, sui praticanti (ISTAT e Coni) e sulla frequentazione delle stazioni sciistiche dell’arco alpino italiano (Vanat Consulting). Esistono poi indagini più qualitative sul profilo di chi pratica sport invernali, come ad esempio la recente ricerca commissionata dalla FISI ad AstraRicerche18. Minori informazioni (dati statistici e/o di natura qualitativa) sono disponibili sulla pratica sportiva estiva. Gran parte di queste provengono da indagini realizzate ad hoc (telefoniche o sul campo) svolte a livello regionale (es. Veneto) o di singola vallata alpina (es. Valle Maira in Piemonte). Ciò è legato al fatto che la fruizione delle aree alpine in estate avviene con modalità differenti (es. escursionismo a piedi, alpinismo, Mountain Bike) e in aree molto estese (a differenza, ad esempio, dello sci alpino). In conclusione, il quadro attuale permette di conoscere le caratteristiche ed il comportamento degli escursionisti di specifiche aree alpine in modo dettagliato, e di interpretarle alla luce delle tendenze in atto a livello nazionale sia nel lungo che nel breve periodo. Tuttavia si riscontra la mancanza di indagini più ampie (ad esempio a livello di arco alpino italiano) che, pur dovendosi limitare ad un livello di dettaglio minore rispetto ad indagini svolte sul campo, possono permettere una visione più completa ed evidenziare le differenze di comportamento presenti a livello regionale. Riferimenti bibliografici

CONI – Comitato Olimpico Nazionale italiano, Censis Servizi spa (2008). 1° rapporto Sport & Società, Roma. Dondona C. A. (2009). “Escursionisti in Piemonte: chi sono, perch è scelgono la nostra regione, quanto incidono sulla nostra economia”, Piemonte e Turismo. Scenari internazionali, trend dei mercati e prodotti turistici piemontesi, Regione Piemonte, pp. 222-229. FISI – Federazione Italiana Sport Invernali (2011). Gli italiani, la montagna e gli sport invernali. Principali evidenze delle tre ricerche condotte da AstraRicerche per FISI. ISTAT (2005). Lo sport che cambia. I comportamenti emergenti e le nuove tendenze della pratica sportiva in Italia, Roma. ISTAT (2007). La pratica sportiva in Italia. Anno 2006, Roma. ISTAT (2012). Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo. Anno 2012, Roma. Macchiavelli A. (2011). La montagna nel turismo italiano, in Becheri E., Maggiore G. (a cura di), “XVII Rapporto sul Turismo Italiano”, Mercury, pp.499-520. Marangon F., Gottardo E. (2001). La valutazione monetaria del danno ai boschi del Friuli Venezia Giulia, in Marangon F., Tempesta T. (a cura di), “La valutazione dei beni ambientali come supporto

Cfr. ISTAT (2005). Lo sport che cambia. I comportamenti emergenti e le nuove tendenze della pratica sportiva in Italia, Roma. 17 http://www.osservatorio.skipass.it/. 18 Cfr. FISI – Federazione Italiana Sport Invernali (2011). Gli italiani, la montagna e gli sport invernali. Principali evidenze delle tre ricerche condotte da AstraRicerche per FISI. 16

31


alle decisioni pubbliche. Una riflessione alla luce della normativa comunitaria e nazionale”, Forum Editrice Universitaria, Udine, pp. 207-233. Marangon F., Rizzi L., Tempesta T., Visintin F. (2002). “Il valore ricreativo dei paesaggi forestali”, in Rivista di Economia Agraria, LVII, n. 4, pp. 637-680. Matto M. (2004). Il ruolo dell’escursionismo nel rilancio del turismo montano. Il caso della Valle Maira, Grafica Santhiatese Editrice. Santifaller E., Castlunger L. (2010). “Skitourengeher und Schneeschuhwanderer - Februar 2010. Scialpinisti e ciaspolatori - Febbraio 2010“, astatinfo, n.32. Tempesta T, Thiene M. (2001). Costi e benefici sociali dell’attività escursionistica ed alpinistica. Rapporto fra senti eristica e sicurezza degli escursionisti, in Atti del Convegno “Sentieri al bivio?”, Trento, 1 Giugno 2001. Tempesta T, Thiene M. (2003). La montagna veneta e la domanda ricreativa della popolazione residente, in Defrancesco E. (a cura di) Atti del XL Convegno SIDEA “La Liberalizzazione degli scambi dei prodotti agricoli tra conflitti ed accordi: il ruolo dell’Italia”, Università degli Studi di Padova, 18-20 settembre, Franco Angeli, pp.411-425. Thiene M., Scarpa R., Tempesta T. (2007). “Eterogeneità delle preferenze e attività ricreative nelle Alpi: due specificazioni di modello a classi latenti a confronto”, in Rivista di Economia Agraria, LXXII, n. 4, pp. 633-656. Tempesta T, Visentin F., Marangon F. (2004). “La domanda di ecoturismo nell’Italia Nord-Orientale” in Turistica, n.3, Mercury. WTO - World Tourism Organization, UNSTAT - United Nations Department for Economic and Social Information and Policy Analysis Statistical Division (1994). Recommendations on Tourism Statistics; New York.

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Capitolo 3 Immagine e fruizione della montagna nella popolazione del nord Italia di Roberta Garibaldi1

1

Ricercatore e Professore aggregato di Marketing Turistico presso l’Università di Bergamo.

33


Negli anni passati le indagini che hanno avuto come oggetto la frequentazione della montagna 2 hanno riguardato specifiche aree dell’arco alpino italiano. Alcune di esse hanno analizzato il comportamento turistico-ricreativo dei residenti verso le aree montane della propria regione (Marangon e Gottardo, 2001; Tempesta e Thiene 2003) mentre altre si sono concentrate sulla conoscenza del profilo dei flussi escursionistici presenti in una determinata area montana (Matto, 2004; Dondona 2009). Tutte queste si sono basate sulla rilevazione diretta del numero e delle caratteristiche di questa domanda, vista la mancanza di dati statistici relativi a questo fenomeno. Le modalità di stima e conoscenza sono risultate essere strettamente in relazione con alcuni fattori chiave, quali le dimensioni del territorio e il numero di punti di accesso. Si sono utilizzate interviste telefoniche nel caso di aree montane vaste come quelle del Veneto (Tempesta e Thiene, 2003; Tempesta e Thiene, 2007), oppure son state svolte indagini di campo nel caso di un limitato numero di punti di accesso e/o rilevazione (Matto, 2002; Dondona, 2009). La necessità di fornire un quadro di riferimento per le fasi di indagine successive3 con informazioni di carattere generale sul profilo di chi frequenta le Alpi italiane ha indotto la scelta di svolgere un’indagine telefonica nelle regioni del Nord Italia, le quali costituiscono i principali bacini di provenienza della domanda escursionistica. Questa seconda fase dì indagine si è infatti posta come obiettivo lo studio del rapporto della popolazione con la fruizione della montagna, sia dell’attitudine e della disponibilità all’escursionismo, sia delle condizioni che favoriscono o limitano questa pratica tra coloro che ne sono appassionati. L’indagine ha studiato l’escursionista che si reca in montagna, ovvero, in condivisione con la letteratura esistente4, chi effettivamente svolge un’attività ricreativa all’aria aperta, a prescindere dal fatto che pernotti in una struttura ricettiva o che ritorni alla propria abitazione in giornata. Le aree d’indagine, individuate dopo una fase di ricerca bibliografica che ha permesso di evidenziare gli elementi ricorrenti nelle ricerche precedenti inerenti al tema, sono state le seguenti: la percezione della montagna e delle attività sportive che si possono svolgere tra tutta la popolazione; la frequentazione della montagna; l’attività sportivo/ricreativa praticata; le motivazioni; la compagnia; informazioni socio-demografiche. 3.1. Metodologia

L’indagine è stata svolta su un campione rappresentativo della popolazione del Nord Italia attraverso un’indagine CATI – Computer-Assisted Telephone Interviewing5. L’indagine è stata svolta su un campione proporzionale, non probabilistico, della popolazione delle Regioni del Nord Italia (nello specifico Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli) calcolato per regione, genere e classe d'età. La rappresentatività di tale campione è stata del 95% con un margine massimo di errore dell’1,83%. Il campione è stato di 2.285 rispondenti. I risultati ottenuti sono stati rielaborati utilizzando due differenti tipologie: Analisi delle frequenze e Tavole di contingenza. La prima permette di evidenziare il tasso di risposta per ogni domanda, mentre la seconda di far emergere eventuali interconnessioni fra le variabili.

Per l’analisi approfondita della letteratura inerente al tema dell’escursionismo montano si rimanda al capitolo 2 “L’escursionismo alpino nella ricerca scientifica”. 3 Nello specifico l’ indagine condotta tra gli studenti delle scuole superiori lombarde e quella svolta presso alcune delle sezioni del Club Alpino Italiano (CAI). I risultati sono presentati rispettivamente nei capitoli 4 e 5. 4 Per i riferimenti alla letteratura considerata si rimanda alla bibliografia a fine capitolo. 5 Tale metodologia consiste in una rilevazione diretta attraverso interviste telefoniche: l’ intervistatore legge le domande all’ intervistato e registra le risposte su un computer, tramite un apposito software. 2

34


3.2. Risultati dell’indagine

3.2.1. Percezione della montagna e dell’attività sportiva L’analisi delle frequenze relative alla percezione della montagna e dell’attività sportiva mostra una netta predominanza di immagini positive associate (85,3% nella prima domanda e 81,87% nella seconda). Tab. 3.1 – Frequenze relative alla percezione della montagna. Valori percentuali sul totale delle risposte. Risposte

%

Bellezza

50,7

Libertà

34,6

Indifferenza/noia

7,8

Pericolo

6,9

Totale

100,0

Tab. 3.2 – Frequenze relative alla percezione dell’attività sportiva in montagna. Valori percentuali sul totale delle risposte. Risposte

%

Bellezza del paesaggio

49,4

Divertimento

27,8

Fatica

11,7

Rischio

6,2

Conquista/Affermazione di sè

4,6

Senza risposta

0,3

Totale

100,0

Incrociando i dati, si riscontra che le valutazioni risultano essere maggiormente positive nel caso di soggetti che praticano attività sportive, mentre sono di norma negative per coloro che non si recano in montagna. Questi ultimi associano frequentemente la montagna ai concetti di noia/indifferenza, quando rispondono alla prima domanda, e di pericolo, rispondendo alla seconda domanda. Le stesse persone che associano concetti “negativi” alla prima domanda tendono a rispondere in modo analogo anche alla successiva. Si potrebbe dunque affermare che la percezione “negativa” dell’attività sportiva montana è più forte fra coloro che hanno una visione “negativa” della montagna. La componente femminile tende ad associare maggiormente immagini “positive” di bellezza del paesaggio e “negative” di rischio e pericolo, mentre quella maschile i concetti “positivi” di libertà e

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divertimento e “negativi” di noia e elevato costo. I più giovani associano concetti prevalentemente “positivi”, quali la libertà e il divertimento, mentre con l’avanzare dell’età si nota come divenga preponderante l’attenzione alla bellezza del paesaggio. Analogamente, fra questi ultimi è maggiore la percezione del pericolo del rischio associato sia alla montagna sia all’attività sportiva, mentre nei più giovani risulta preponderante la noia e la fatica. Tab. 3.3 – Percezione della montagna in relazione alla fascia di età. Analisi di contingenza. Valori percentuali sul totale delle risposte. Risposte

<24(%) 25-34(%) 35-44(%) 45-54(%) 55-59(%) 60-64(%) 65-74(%) >75(%)

Bellezza

34,4

39,9

43,0

55,0

45,9

62,4

28,2

59,1

Libertà

50,6

49,3

41,5

31,4

40,7

23,0

26,8

22,6

Indifferenza/noia

3,8

3,4

7,4

6,3

6,2

6,6

8,0

10,6

Pericolo

11,3

7,4

8,1

7,3

7,2

8,0

7,1

7,7

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

Totale

Tab. 3.4 – Percezione dell’attività sportiva in montagna in relazione alla fascia di età. Analisi di contingenza. Valori percentuali sul totale delle risposte. Risposte

<24(%) 25-34(%) 35-44(%) 45-54(%) 55-59(%) 60-64(%) 65-74(%) >75(%) 40,0

27,1

27,7

29,0

28,4

30,1

24,1

22,6

Divertimento

7,5

10,8

4,7

5,4

4,1

3,5

2,4

0,9

Fatica

8,8

6,4

4,3

7,3

4,6

4,4

5,6

10,2

Rischio

11,3

13,8

11,9

11,2

12,9

11,9

9,2

13,6

Conquista/ Affermazione di sè

32,5

41,9

51,5

46,7

49,5

50,0

57,9

51,9

0,0

0,0

0,0

0,5

0,5

0,0

0,7

0,9

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

Bellezza del paesaggio

Senza risposta Totale

Nè l’area geografica nè il titolo di studio sembrerebbero influenzare la percezione. Tra le risposte di chi ha una differente occupazione lavorativa si notano invece alcune differenze per ciò che riguarda le professioni: per quanto concerne la percezione della montagna fra studenti e disoccupati prevale l’idea di libertà, mentre fra le altre professioni quella di bellezza; i primi, inoltre, associano maggiormente l’idea del divertimento all’attività sportiva, probabilmente per via della più giovane età. Per quanto concerne i concetti “negativi” associati alla montagna, tra i commercianti, gli agricoltori e gli artigiani vi è una netta prevalenza dell’idea di noia, mentre tra i lavoratori atipici di pericolo. Stranamente questi ultimi non associano per nulla la stessa idea di pericolo alla pratica di attività sportiva in montagna.

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3.2.2. Frequentazione della montagna

Nonostante la montagna evochi nell’immaginario collettivo prevalentemente immagini “positive”, si nota come oltre il 30% degli intervistati non frequenta la montagna ed il 45% circa vi si reca senza praticare alcuna attività sportiva. Tab. 3.5 – Frequenze relative all’effettiva frequentazione della montagna. Valori percentuali sul totale delle risposte. Risposte

%

Si, senza praticare attività sportiva montana

44,3

No, non vado in montagna

32,8

Si, praticando attività sportiva montana

23,0

Totale

100,0

L’analisi di contingenza mostra una differenza nel comportamento tra i due sessi: le donne tendono infatti a fare meno attività sportiva – solo il 17,3% contro il 29,4% degli uomini. L’età dell’individuo rappresenta un fattore discriminante per la pratica: si nota una flessione al crescere dell’età. Tale fatto può essere considerato naturale, visto che la popolazione più anziana tende a fare meno attività sportiva. All’innalzarsi del titolo di studio conseguito si nota una maggiore tendenza a praticare attività sportiva: infatti, il 38% di coloro che possiedono una laurea va in montagna e fa sport, percentuale che tende a decrescere sino a raggiungere il 4,3% fra coloro che non hanno concluso le scuole medie inferiori. Studenti ed imprenditori preferiscono praticare sport, prediligendo quindi una vacanza di tipo “attivo”. Analizzando poi le ragioni che limitano l’esercizio di attività sportivo/ricreative fra coloro che si recano in montagna senza praticare, risulta essere predominante la fatica e come il “non essere stato introdotto” la seconda ragione. Si potrebbe dunque pensare che questi ultimi potrebbero essere interessate a svolgere sport in montagna, a condizione che qualcuno (amici e/o famigliari ad esempio) li avvicini a una o più attività. Il rischio e l’elevato costo hanno avuto un numero di risposte inferiori. Considerando il titolo di studio conseguito dagli intervistati, si nota una maggiore percezione di fatica fra coloro che non hanno conseguito la licenza media inferiore. Ciò va a rafforzare l’ipotesi di un disinteresse verso la montagna e di una percezione negativa dell’attività sportiva da parte di quest’ultima categoria. Guardando l’età anagrafica, si evidenzia una polarizzazione delle risposte fornite nelle fasce estreme (<24 anni e >75 anni) e comportamenti e motivazioni simili nelle fasce intermedie. Considerando la professione svolta dagli intervistati, emerge che la ragione predominante tende a variare in base al tipo di occupazione. I disoccupati infatti ritengono troppo costosa la pratica degli sport in montagna; studenti ed operai, invece, motivano il fatto di non aver mai svolto attività sportiva in montagna affermando che nessuno li ha mai spinti a svolgere una qualsiasi attività; imprenditori, pensionati e casalinghe la ritengono troppo faticosa. Infine le altre categorie non mostrano una netta preferenza di risposta.

37


Per quanto concerne la modalità di frequentazione della montagna da parte di coloro che praticano attività sportivo/ricreative, la maggior parte delle persone predilige escursioni giornaliere, quindi con ritorno in serata alla propria residenza, e concentrate prevalentemente durante il fine settimana. Un uguale tasso di risposta si è registrato per soggiorni brevi e soggiorni lunghi. Tab. 3.6 – Frequenze relative alla modalità di frequentazione della montagna fra chi effettivamente pratica attività sportiva. Valori percentuali sul totale delle risposte. Risposte

%

In giornata (con ritorno in serata alla propria residenza)

29,0

Nei weekend

28,8

Durante soggiorni lunghi

21,1

Durante soggiorni brevi

21,1

Totale

100,0

La vicinanza e l’accessibilità alle aree alpine tendono ad influenzare la modalità di frequentazione. Infatti, la popolazione residente nel Triveneto privilegia l’escursione giornaliera, con ritorno alla propria residenza in giornata. Nel Nord Ovest, invece, si prediligono sia il soggiorno nei fine settimana che la gita giornaliera. Nelle regioni del Centro-Nord (Lombardia ed Emilia Romagna) non si evidenzia una preferenza predominante, al contrario di quanto riscontrato per le altre due macro-aree. Le fasce d’età più anziane, in particolar modo gli ultrasettantacinquenni, prediligono nettamente la pratica di attività sportive durante soggiorni lunghi. Questa tendenza viene confermata dal fatto che i pensionati privilegiano questa tipologia di soggiorno. Anche i liberi professionisti tendono a svolgere attività sportiva durante vacanze di più giorni. Gli imprenditori invece prediligono il fine settimana, i lavoratori atipici soggiorni brevi e i disoccupati, insieme agli operai, escursioni giornaliere. 3.2.3. Attività praticate durante la stagione invernale

Per quanto concerne le attività praticate, lo sci alpino risulta essere lo sport più diffuso: l’11,7% del campione degli intervistati dichiara di dedicare almeno una giornata a questa attività invernale. Il dato risulta essere in linea con la rilevazione effettuata dall’ISTAT nel 2006, che dichiara una percentuale pari al 9,0% per l’intera popolazione italiana – mentre il dato per area geografica è 14,4% (Nord-Ovest) e 15% (Nord Est). Risultano essere abbastanza diffusi anche sport “minori” quali lo sci nordico, lo sci alpinismo, le ciaspole e lo snowboard, che risulta essere il meno praticato in assoluto. Lo sviluppo e la diffusione di sport invernali alpini tra gli appassionati è un trend già rilevato nelle indagini ISTAT a partire dall’anno 2000 e confermato in questa indagine. Si nota che per queste attività “minori” la frequenza nella pratica è decisamente inferiore rispetto allo sci alpino: la maggior parte degli intervistati praticanti dichiara di aver dedicato da 1 a 10 giornate nell’ultima stagione invernale. Entrando nel dettaglio, fra le altre attività svolte la maggior parte degli intervistati dichiara di svolgere passeggiate all’aria aperta. Seguono il pattinaggio, l’alpinismo, l’arrampicata e l’escursionismo.

38


Tab. 3.7 – Frequenze relative alle differenti tipologie di attività praticate durante la stagione invernale. Valori percentuali sul totale degli intervistati e dei praticanti. % su totale intervistati

% su totale praticanti

Sci alpino

11,7

50,8

Sci alpinismo

5,8

25,0

Ciaspole/Racchette da neve

5,0

21,7

Sci di fondo

4,2

18,1

Snowboard

2,2

9,4

Altre attività

4,2

18,5

Totale

33,1

100,0

Analizzando poi la diffusione degli sport e delle attività invernali fra i due generi, si rileva la presenza di alcuni sport fortemente “maschili”, quali lo snowboard e lo sci alpinismo. Lo sci alpino risulta essere diffuso in entrambi i generi seppure con una pratica più assidua da parte degli uomini, i quali tendono a dedicare un maggior numero di giornate. Le altre variabili socio-demografiche non sembrano invece influenzare la tipologia di sport praticato in inverno bensì l’assiduità – intesa come numero di giornate dedicate. Ciò risulta più rilevante per gli sport considerati “minori”, ossia meno diffusi rispetto allo sci alpino. Esaminando la correlazione con l’area geografica di provenienza, nell’area del Triveneto si nota una maggiore pratica di sport alpini “minori”, quali ciaspole, sci alpinismo e sci di fondo. I giovani sembrano essere meno assidui. Nonostante rappresentino per numero di praticanti la quota maggiore, si nota infatti una minore propensione a dedicare un numero di giornate superiori alla decina rispetto alle altre fasce d’età. 3.2.4. Attività praticate durante la stagione estiva

Durante la stagione estiva, l’escursionismo a piedi – nelle sue due accezioni considerate, passeggiate e trekking – risulta di gran lunga essere l’attività maggiormente praticata, con prevalenza delle passeggiate in montagna (A/R < 4h). La passione per la Mountain Bike risulta essere il terzo sport per frequenza, seguito dall’alpinismo e dall’arrampicata. Esaminando nel dettaglio le altre attività praticate, a differenza della stagione invernale si rileva un maggior numero di attività. Quelle maggiormente praticate sono, nell’ordine, running, canoa e rafting, ciclismo e gite a cavallo. Tab. 3.8 – Frequenze relative alle differenti tipologie di attività praticate durante la stagione estiva. Valori percentuali sul totale degli intervistati e dei praticanti.

39


% su totale intervistati

% su totale praticanti

Escursionismo a piedi/passeggiate (A/R<4h)

21,1

79,3

Escursionismo a piedi/Trekking (A/R>4h)

12,7

55,2

Mountain bike

5,5

23,7

Arrampicata/Alpinismo

2,9

12,4

Altre attività

1,6

7,0

43,8

100,0

Totale

Analizzando poi la diffusione degli sport e delle attività estive fra i due generi, anche in questa stagione si rileva la presenza di alcuni sport fortemente “maschili”, quali l’arrampicata/alpinismo e la Mountain Bike. Per quanto concerne l’escursionismo a piedi (A/R<4h) si registra invece una maggiore assiduità nella pratica da parte degli uomini, nonostante sia diffuso e praticato molto anche tra le donne. Anche in questo caso, le altre variabili socio-demografiche non sembrano influenzare la tipologia di sport praticato in estate bensì l’assiduità – intesa come numero di giornate dedicate. Esaminando la correlazione con l’area geografica di provenienza, si nota una maggiore assiduità nella pratica di sport estivi nell’area del Triveneto. Ciò potrebbe essere legato sia alla maggiore vicinanza alle località turistiche montane, le quali presentano un’offerta sportiva e ricreativa più diversificata e più ampia rispetto alle altre aree (Centro-Nord e Nord-Ovest). A differenza della stagione invernale, la correlazione con l’occupazione mostra che i pensionati ed i disoccupati tendono a dedicare un maggior numero di giornate alla pratica di sport alpini estivi (superiore alle 20), in particolar modo per l’escursionismo nelle sue due accezioni considerate – passeggiate e trekking. Ciò potrebbe essere legato alla maggiore disponibilità di tempo libero a disposizione unitamente al minore costo rispetto alle attività invernali. Fra coloro che non hanno conseguito la licenza media si registra una pratica maggiore delle attività ricreative e sportive in estate, ma non un’assiduità superiore, a differenza di quanto evidenziato per alcuni sport invernali. Infatti, si nota una maggiore concentrazione delle risposte di questi alla voce “da 1 a 10 giornate”. 3.2.5. Motivazioni e compagnia

Per quanto concerne le motivazioni prevalenti che spingono a praticare le attività sportive in montagna, il divertimento e il relax risultano essere le prevalenti. Lo stare in compagnia, che può caratterizzare la pratica di alcune attività, rappresenta la terza motivazione per frequenza di risposte seguita dalla volontà di mantenere la propria forma fisica e dalla voglia di ammirare la bellezza del paesaggio. Tab. 3.9 – Frequenze relative alle motivazioni prevalenti nel praticare attività sportiva in montagna. Valori percentuali sul totale delle risposte.

40


%

Risposte Divertimento

28,8

Relax

28,6

Stare in compagnia

15,3

Forma fisica

14,7

Paesaggio

14,7 100,0

Totale

Le variabili socio-demografiche tendono ad influenzare la motivazione, seppure in modo differente. L’analisi di contingenza mostra una differenza tra i due sessi: nella componente maschile prevale il divertimento e la voglia di mantenersi in forma mentre in quella femminile il relax e lo stare in compagnia. Tab. 3.10 – Motivazioni prevalenti nel praticare attività sportiva in montagna in relazione al genere. Analisi di contingenza. Valori percentuali sul totale delle risposte. Maschi (%)

Femmine (%)

Divertimento

34,7

19,9

Relax

25,3

33,6

Stare in compagnia

10,3

22,7

Forma fisica

17,5

10,4

Paesaggio

12,2

13,3

Totale

100,0

100,0

Risposte

L’area geografica di provenienza non sembra influenzare molto la motivazione che spinge a praticare una qualsiasi attività in montagna: analogamente ai risultati dell’analisi di frequenza il relax e il divertimento, seppure con lievi differenze, sono le ragioni principali. Tuttavia, considerando la terza ragione per numero di risposte ottenute, emergono differenze significative tra le tre aree geografiche considerate: nel Triveneto prevale la voglia di mantenersi in forma fisicamente, nel Centro Nord svolgere tali attività per stare in compagnia mentre nel Nord Ovest il godimento delle bellezze paesaggistiche. L’età dell’individuo rappresenta un fattore discriminante nella motivazione: gli over 75 ritengono “lo stare in compagnia” la principale motivazione che li spinge a praticare attività sportiva montana; gli under 35 il divertimento; tra i 35 e i 54 anni prevale il relax; tra i 60 e i 64 anni si nota una leggera prevalenza per il paesaggio naturale. Come già rilevato in altre analisi, emerge una netta distinzione fra coloro che non possiedono un

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titolo di studio e le altre categorie: laureati, diplomati e coloro che hanno la licenza media ritengono il relax e il divertimento i motivi principali che li spingono a praticare sport in montagna. Motivazioni totalmente differenti si registrano fra coloro che non hanno conseguito la licenza media: questi ultimi sono infatti spinti dalla voglia di mantenere la propria forma fisica e dallo stare in compagnia. La professione sembra influenzare la motivazione considerata prevalente nel praticare attività sportiva, dato che le risposte variano a seconda del tipo di occupazione. Gli imprenditori, ad esempio, prediligono esclusivamente il relax ed il divertimento; le casalinghe lo stare in compagnia; i pensionati mantenersi in forma; i disoccupati, i commercianti e gli artigiani relax e divertimento; lo studente ed il lavoratore atipico il solo divertimento; l’operaio e il libero professionista il relax. Tra coloro che praticano attività sportive si nota un forte orientamento a svolgere tali attività in gruppo, inteso come amicale o famigliare: circa il 90% di coloro che hanno risposto ha indicato tale modalità. Tuttavia l’unione delle due categorie – amici e famiglia – utilizzata nel formulare la domanda non permette di distinguere quale delle due componenti sia predominante. Si nota come il ruolo dell’associazionismo sia poco rilevante (<5%). A differenza di quanto emerso per le motivazioni che spingono a praticare attività sportiva in montagna, le variabili socio-demografiche non sembrano influenzare la compagnia: la pratica in gruppo, sia che si tratti di amici che di famigliari, risulta essere la risposta prevalente a prescindere dal genere, dall’area geografica di provenienza, dall’età, dal titolo di studio conseguito e dalla professione svolta. 3.3. Conclusioni

L’indagine ha osservato un alto interesse verso la montagna (spesso scelta come meta di vacanza o di una semplice escursione giornaliera) e una bassa propensione alla pratica sportiva. Quest’ultima sembra essere limitata da fattori esterni (come l’invecchiamento della popolazione) e da variabili sociali (titolo di studio, occupazione) che incidono nel modo di vedere e frequentare la montagna. Emerge principalmente una propensione alla pratica di più attività sportive accanto a quelle “tradizionali” (sci alpino d’inverno ed escursionismo in estate), caratterizzata tuttavia da una bassa assiduità, soprattutto fra i più giovani. Gli stimoli principali per i praticanti vengono dalla ricerca del benessere psicofisico e sociale (relax/forma fisica, divertimento/stare in compagnia), testimoniato anche dalla pratica in compagnia di amici e famigliari, più che dal desiderio di godere del paesaggio. In conclusione, i risultati ottenuti sottolineano l’esistenza di uno stretto rapporto degli italiani con la montagna, da sempre una delle più importanti aree turistiche e ricreative a livello nazionale. Molti visitatori (vacanzieri e non) la considerano principalmente un luogo dove rilassarsi e non dove fare sport all’aria aperta. Ciò nonostante il numero di praticanti sia elevato: secondo l’ISTAT le attività sportive di montagna risultano tra le più diffuse in Italia, essendo state scelte dall’11,3% di chi fa sport abitualmente 6. Questa bassa propensione alla pratica potrebbe quindi non essere legata tanto ad un problema di attrattività della montagna e degli sport montani, ma ad una mancanza di “occasioni” di prova. Gli italiani non praticanti mostrano infatti un elevato interesse per una prima esperienza sportiva in montagna, specialmente in inverno (FISI, 2011). Chi pratica, invece, tende rispetto al passato a fare più discipline. Il desiderio di sperimentare nuove attività è cresciuto anche grazie ad un nuovo atteggiamento degli italiani verso lo sport, caratterizzato dalla ricerca del benessere psico-fisico e del contatto con la natura (ISTAT, 2005). Basti pensare, ad esempio, a quanto si sono diffusi negli ultimi anni sport invernali come il carving, lo

42


snowboard e lo sci alpinismo (FISI, 2011). In sostanza ciò che caratterizza il turismo montano oggi è la varietà delle opzioni sollecitate dal turista, o indotte dall’offerta. Il frequentatore della montagna può scegliere infatti tra un’ampia gamma di attività sportive e ricreative, che tuttavia pratica con estemporaneità, variando e cercando sempre nuove occasioni di emozioni (Macchiavelli, 2011). Riferimenti bibliografici

Dondona C. A. (2009). “Escursionisti in Piemonte: chi sono, perchè scelgono la nostra regione, quanto incidono sulla nostra economia”, Piemonte e Turismo. Scenari internazionali, trend dei mercati e prodotti turistici piemontesi, Regione Piemonte, pp. 222-229. FISI – Federazione Italiana Sport Invernali (2011). Gli italiani, la montagna e gli sport invernali. Principali evidenze delle tre ricerche condotte da AstraRicerche per FISI. ISTAT (2005). Lo sport che cambia. I comportamenti emergenti e le nuove tendenze della pratica sportiva in Italia, Roma. Macchiavelli A. (2011). La montagna nel turismo italiano, in Becheri E., Maggiore G. (a cura di) “XVII Rapporto sul Turismo Italiano”, Mercury, pp.499-520. Matto M. (2004). Il ruolo dell'escursionismo nel rilancio del turismo montano. Il caso della Valle Maira, Grafica Santhiatese Editrice. Tempesta T, Thiene M. (2003). La montagna veneta e la domanda ricreativa della popolazione residente, in Defrancesco E. (a cura di) Atti del XL Convegno SIDEA “La Liberalizzazione degli scambi dei prodotti agricoli tra conflitti ed accordi: il ruolo dell’Italia”, Università degli Studi di Padova, 18-20 settembre, Franco Angeli, pp.411-425. Santifaller E., Castlunger L. (2010). “Skitourengeher und Schneeschuhwanderer - Februar 2010. Scialpinisti e ciaspolatori - Febbraio 2010“, astatinfo, n.32. Tempesta T, Thiene M. (2003), La montagna veneta e la domanda ricreativa della popolazione residente, in Defrancesco E. (a cura di), Atti del XL Convegno SIDEA “La Liberalizzazione degli scambi dei prodotti agricoli tra conflitti ed accordi: il ruolo dell’Italia”, Università degli Studi di Padova, 18-20 settembre, Franco Angeli, pp.411-425. Thiene M, Scarpa R., Tempesta T. (2007). “Eterogeneità delle preferenze e attività ricreative nelle Alpi: due specificazioni di modello a classi latenti a confronto”, Rivista di Economia Agraria, LXXII, 4, pp. 633-656.

43


Allegato A: Questionario

Percezione della montagna e dell’attività sportiva 1. Quale tra questi concetti collega maggiormente alla montagna? (ne indichi uno solo) • Bellezza • Libertà • Pericolo • Indifferenza/noia 2. Pensi adesso all'attività sportiva in montagna, ad esempio sci, escursionismo. Mountain bike o alpinismo. Quale tra questi concetti collega maggiormente all’attività sportiva in montagna? (ne indichi solo uno) • Divertimento • Conquista/affermazione di sè • Rischio • Fatica • Bellezza del paesaggio Modalità di frequentazione della montagna 3. Lei va in montagna? • Si, senza praticare attività sportiva montana • Si, praticando attività sportiva montana • No, non vado in montagna 4a. In caso di risposta “va in montagna senza praticare attività sportiva montana”. Per quale motivo va in montagna e non pratica alcuna attività sportiva? (indichi solo un motivo) • È troppo faticosa • È pericolosa • Nessuno mi ci ha mai introdotto • È troppo costosa 4b. In caso di risposta affermativa “va in montagna e pratica attività sportiva montana”. Se durante l’anno frequenta la montagna per svolgere attività sportiva alpina, in quali tra queste modalità ciò avviene: (possibile risposta multipla) • Durante soggiorni lunghi (> 1 settimana) • Durante soggiorni brevi (< 1 settimana) • Nei weekend • In giornata (con ritorno in serata alla propria residenza) Attività ricreativo/sportiva praticata *Nota: le domande di questa sezione sono state rivolte solo a coloro che alla domanda 3 hanno risposto “si, praticando attività sportiva montana”.

44


5. Nell’ultima stagione invernale (2010/2011) quante giornate ha indicativamente dedicato a ciascuna di queste attività? Sci alpino: •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Snowboard: •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Ciaspole/racchette da neve: •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Sci alpinismo: •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Sci di fondo: •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Altro (specificare): •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 6. Nell’ultima stagione estiva (2010) quante giornate ha indicativamente dedicato a ciascuna di queste attività? Escursionismo a piedi/passeggiate (A/R<4h): •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Escursionismo a piedi/trekking (A/R>4h): •0 • 1-10 • 11-20

45


• Oltre 20 Mountain Bike: •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Arrampicata/alpinismo: •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Altro (specificare): •0 • 1-10 • 11-20 • Oltre 20 Motivazioni *Nota: le domande di questa sezione sono state rivolte solo a coloro che alla domanda 3 hanno risposto “si, praticando attività sportiva montana”.

7. Quale tra queste motivazione ritiene prevalente nel praticare attività sportiva in montagna? • Relax • Forma fisica • Divertimento • Paesaggio • Stare in compagnia Compagnia *Nota: le domande di questa sezione sono state rivolte solo a coloro che alla domanda 3 hanno risposto “si, praticando attività sportiva montana”.

8. Con chi fa queste attività prevalentemente? • Da solo • In gruppo (famigliari, amici) • Con il CAI (Club Alpino Italiano) • Con altre associazioni diverse dal CAI Dati socio-demografici 9. Genere • Maschio • Femmina

46


10. Anno di nascita 11. Professione • Operaio • Tecnico, impiegato, funzionario • Commerciante, artigiano, agricoltore • Libero professionista (avvocato, medico, geometra) • Imprenditore • Lavoratore atipico (Co.co.co, coll. Occasionale, lavoro senza contratto o non regolamentato) • Studente • Casalinga • Disoccupato • Pensionato 12. Titolo di studio • Scuole media non conclusa • Scuola media inferiore e istituti professionali • Diploma superiore • Laurea 13. Comune di residenza

Allegato B: Tavole di frequenza

Percezione della montagna e dell’attività sportiva 1. Quale tra questi concetti collega maggiormente alla montagna? (ne indichi uno solo) Risposte

v.a.

%

Bellezza

1.172

50,7

Libertà

800

34,6

Indifferenza/noia

180

7,8

Pericolo

159

6,9

2.311

100,0

Totale

2. Pensi adesso all'attività sportiva in montagna, ad esempio sci, escursionismo, mountain bike o alpinismo. Quale tra questi concetti collega maggiormente all’attività sportiva in montagna? (ne indichi solo uno)

47


Risposte

v.a.

%

Bellezza del paesaggio

1.141

49,4

Divertimento

643

27,8

Fatica

270

11,7

Rischio

143

6,2

Conquista/Affermazione di sè

106

4,6

8

0,3

2,311

100,0

v.a.

%

1.023

44,3

No, non vado in montagna

757

32,8

Si, praticando attività sportiva montana

531

23,0

2.311

100,0

Senza risposta Totale

Modalità di frequentazione della montagna 3. Lei va in montagna? Risposte Si, senza praticare attività sportiva montana

Totale

4a. In caso di risposta “va in montagna senza praticare attività sportiva montana”. Per quale motivo va in montagna e non pratica alcuna attività sportiva? (indichi solo un motivo) Risposte

v.a.

%

E’ tropo faticosa

432

42,2

Nessuno mi ci ha mai introdotto

255

24,9

E’ troppo costosa

148

14,5

E’ pericolosa

138

13,5

Senza risposta

20

4,9

1.023

100,0

Totale

4b. In caso di risposta affermativa “va in montagna e pratica attività sportiva montana”. Se durante l’anno frequenta la montagna per svolgere attività sportiva alpina, in quali tra queste modalità ciò avviene: (possibile risposta multipla)

48


Risposte

v.a.

%

In giornata (con ritorno in serata alla propria residenza)

154

29,0

Nei weekend

153

28,8

Durante soggiorni lunghi

112

21,1

Durante soggiorni brevi

112

21,1

Totale

531

100,0

Attività ricreativo/sportiva praticata *Note: le domande di questa sezione sono state rivolte solo a coloro che alla domanda 3 hanno risposto “si, praticando attività sportiva montana”.

5. Nell’ultima stagione invernale (2010/2011) quante giornate ha indicativamente dedicato a ciascuna di queste attività? Sci alpino

Snowboard

Ciaspole

Sci alpinismo

Sci di fondo

Altre attività

Risposte

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

Nessuna giornata

261

49,2

481

90,6

416

78,3

398

75,0

435

81,9

433

81,5

Da 1 a 10 giornate

197

37,1

40

7,5

100

18,8

105

19,8

81

15,3

78

14,7

Da 11 a 20 giornate

49

9,2

7

1,3

9

1,7

19

3,6

6

1,1

6

1,1

Oltre 20 giornate

24

4,5

3

0,6

6

1,1

9

1,7

9

1,7

14

2,6

Totale

531 100,0 531 100,0 531 100,0 531 100,0 531 100,0 531 100,0

Dettaglio altre attività praticate Risposte

v.a.

% su totale

Passeggiate/camminate

49

2,1

Pattinaggio

20

0,9

Alpinismo/arrampicata

8

0,4

Escursionismo

8

0,4

Slittino

4

0,2

Mountain bike

3

0,1

Beauty farm

1

0,0

49


Bob

1

0,0

Corsa

1

0,0

Gioco delle bocce

1

0,0

Pesca

1

0,0

Piscina indoor

1

0,0

Totale

98

4,1

6. Nell’ultima stagione estiva (2010) quante giornate ha indicativamente dedicato a ciascuna di queste attività? Escursionismo a Escursionismo a piedi/passeggia- piedi/trekking Mountain bike te (A/R<4h) (A/R>4h)

Arrampicata/ alpinismo

Altre attività

Risposte

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

Nessuna giornata

107

20,2

236

44,4

405

76,3

465

87,6

494

93,0

Da 1 a 10 giornate

318

59,9

229

43,1

79

14,9

52

9,8

29

5,5

Da 11 a 20 giornate

62

11,7

33

6,2

25

4,7

8

1,5

4

0,2

Oltre 20 giornate

41

7,7

31

5,8

22

4,1

6

1,1

4

0,2

Totale

528

99,5

529

99,5

531 100,0 531 100,0 531 100,0

Dettaglio altre attività praticate Risposte

v.a.

% su totale

Altri sport

6

0,3

Canoa/rafting

5

0,2

Running

5

0,2

Ciclismo

4

0,2

Cavallo

3

0,1

Altro

2

0,1

Campinismo

2

0,1

Piscina

2

0,1

Andare a funghi

1

0,0

Motocicletta

1

0,0

50


Nuoto

1

0,0

Parapendio

1

0,0

Pattinaggio

1

0,0

Pesca

1

0,0

Speleologia

1

0,0

Stretching

1

0,0

Totale

37

1,3

Motivazioni *Nota: le domande di questa sezione sono state rivolte solo a coloro che alla domanda 3 hanno risposto “si, praticando attività sportiva montana”.

7. Quale tra queste motivazione ritiene prevalente nel praticare attività sportiva in montagna? Risposte

v.a.

%

Divertimento

153

28,8

Relax

152

28,6

Stare in compagnia

81

15,3

Forma fisica

78

14,7

Paesaggio

67

12,3

Totale

531

100,0

Compagnia *Nota: le domande di questa sezione sono state rivolte solo a coloro che alla domanda 3 hanno risposto “si, praticando attività sportiva montana”.

8. Con chi fa queste attività prevalentemente? Risposte

v.a.

%

In gruppo (famigliari, amici)

475

89,5

Da solo

34

6,4

Con il CAI (Club Alpino Italiano)

13

2,5

Con altre associazioni diverse dal CAI

8

1,5

Nessuna risposta

1

0,2

531

100,0

Totale

51


Dati socio-demografici 9. Genere Risposte

v.a.

%

Femmina

1.221

52,8

Maschio

1.091

47,2

Totale

2.311

100,0

Risposte

v.a.

%

<24

160

6,9

25-34

203

8,8

35-44

470

20,4

45-54

411

17,8

55-59

194

8,4

60-64

226

9,8

65-74

411

17,8

>75

235

10,2

2.310

100,0

Risposte

v.a.

%

Pensionato

767

33,2

Tecnico, impiegato, funzionario

515

22,3

Operaio, artigiano, agricoltore

285

12,3

Casalingo

279

12,1

Studente

156

6,8

Libero professionista

149

6,5

Commerciante

63

207

Disoccupato

48

2,1

Lavoratore atipico

32

1,4

Imprenditore

15

0,7

2,309

100,0

10. Fascia d’etĂ

Totale

11. Professione

Totale

52


12. Titolo di studio Risposte

v.a.

%

Scuola media non conclusa

322

13,9

Scuola media inferiore e istituti professionali

656

28,4

Diploma superiore

985

42,6

Laurea

656

28,4

Totale

2.310

100,0

v.a.

%

- Valle d’Aosta

11

0,5

- Piemonte

366

15,8

- Liguria

132

5,7

- Lombardia

816

35,3

- Emilia Romagna

378

16,4

- Trentino Alto Adige

90

3,9

- Veneto

412

17,8

- Friuli Venezia Giulia

105

4,6

2.310

100,0

13. Area geografica

Risposte Nord Ovest:

Centro Nord:

Nord Est:

Totale

53


Capitolo 4 La montagna nello sguardo e nell’esperienza dei giovani di Silvia Biffignandi

54


4.1. L’indagine presso i giovani: obiettivi e campione

Comprendere come i giovani si avvicinano alla montagna, come la vivono e percepiscono è un aspetto fondamentale per individuare le azioni opportune da intraprendere per valorizzare la attrattività e fruibilità dell’ambiente montano. A tale scopo, in questo studio, è stata realizzata un’indagine ad hoc presso i giovani. L’intervista, condotta con questionario web, è stata organizzata in due parti. La prima parte si è basata su un questionario volto a sondare la minore o maggiore disponibilità nei confronti della pratica escursionistica in montagna e le origini di questa attraverso l’analisi del rapporto famigliare con la montagna. Questa prima parte di questionario è stata somministrata a tutti gli studenti intervistati. La seconda parte dell’intervista è stata somministrata solo agli studenti che hanno dichiarato di frequentare la montagna in quanto era destinata a cercare di identificare gli aspetti valoriali che attirano o non attirano la popolazione giovanile. Per la rilevazione di questi aspetti si è utilizzato un questionario strutturato secondo i criteri della conjoint analysis (sulla breve descrizione delle caratteristiche metodologiche di questa tecnica ci soffermiamo nel paragrafo successivo, par.4.2). La rilevazione è stata su base campionaria, con campionamento a cluster. Si è deciso di intervistare gli studenti di un campione rappresentativo di scuole. E’ stato perciò estratto un campione di scuole casuale stratificato per provincia. Sono state considerate le province di Milano, Lecco e Sondrio, che sono la popolazione obiettivo considerata nel progetto VETTA. Le tre province sono state scelte in quanto rappresentano tre diverse situazioni logistiche e culturali nei confronti della montagna, cioè una zona non montana, una montana ed una semi montana. Nell’ambito del campione di scuole, le classi sono state considerate come un cluster e tutti gli studenti sono stati intervistati. Le interviste sono state effettuate soltanto nelle classi IV e V superiore, che rappresentano la fascia di età scolarizzata della popolazione che è obiettivo di questa indagine sui giovani. Nel complesso sono state effettuate 940 interviste, suddivise nelle tre province come segue: 310 in provincia di Milano, 303 in provincia di Sondrio e 327 in provincia di Lecco. Il campione effettivo di 940 interviste ha visto la partecipazione di 21 scuole per un totale di 54 classi (27 classi IV e 27 classi V). La Tab. 4.1 riporta la distribuzione per provincia delle interviste e delle sedi di intervista. Il processo di partecipazione effettiva è stato più impegnativo per la provincia di Milano. Ciò è dovuto in parte al fatto che essendo una provincia non montana, probabilmente il tema dello studio è stato percepito come meno rilevante agli occhi dei responsabili delle scuole. A questo fatto, si sono aggiunte oggettive maggiori difficoltà organizzative nell’operare in un grande centro cittadino e con strutture scolastiche tendenzialmente più grosse e complesse. Il campione effettivo è comunque ben bilanciato e il campione complessivo ha raggiunto abbondantemente la numerosità desiderata. Tab. 4.1- Distribuzione per provincia delle interviste Provincia

Interviste svolte Scuole coinvolte

Classi VI

Classi V

Milano

310

7

9

9

Lecco

303

6

8

8

Sondrio

327

8

10

10

Totale

940

21

27

27

55


Come già anticipato, per l’indagine è stato predisposto un questionario web. Ciò ha reso semplice e scorrevole la compilazione. La somministrazione del questionario agli alunni è avvenuta nell’aula informatica1 della scuola in presenza di un collaboratore del gruppo di ricerca che ha brevemente illustrato il progetto e dato semplici istruzioni per la compilazione. 4.2. Alcuni aspetti del metodo di raccolta e analisi dei dati: il questionario e la conjoint analysis

Il questionario utilizzato nella prima parte dell’intervista, e quindi somministrato a tutti, è strutturato in varie sezioni, volte a rilevare l’immagine della montagna, le attività ricreative svolte con continuità, le abitudini di vacanza con la famiglia (o eventualmente con altri), i principali aspetti della frequentazione della montagna sia in passato che attualmente (attività svolte, con chi, distanza della località montana, documentazione raccolta etc.). Sono rilevati, inoltre, i principali caratteri socio-demografici. Il questionario è riportato in Appendice 3. La seconda parte dell’intervista, invece, come già anticipato, è stata somministrata solo a chi ha dichiarato di frequentare la montagna. Questa parte di intervista è stata impostata secondo i criteri della conjoint analysis, che è una tecnica multivariata finalizzata a capire le preferenze per i prodotti o servizi tramite la misurazione dell’importanza di una serie di attributi del prodotto o servizio (per approfondimenti vedasi Furlan e Martone, 2011). Gli attributi o fattori, inoltre, sono valutati dall’intervistato in base a diversi “livelli”, ovvero caratteristiche, di ciascun attributo. E’ perciò possibile identificare per ciascun attributo il peso (utilità parziali) dei diversi livelli. Il concetto di base per l’analisi è l’utilità dei diversi attributi o fattori. L’utilità totale è data dalla somma delle utilità parziali dei diversi attributi, ovvero dalla somma dei livelli degli attributi (modello additivo). Maggiore è l’importanza di un attributo maggiore sarà la sua influenza sulle scelte. Il prodotto con maggior grado di utilità totale avrà maggior probabilità di essere scelto. Obiettivo è quindi definire l’oggetto o prodotto che rappresenta la combinazione ottimale degli attributi ed evidenziare il peso relativo di ogni attributo sulla valutazione complessiva dell’oggetto. In questo studio, abbiamo ipotizzato di confezionare un “prodotto montagna”. L’obiettivo della conjoint analysis nell’ambito di questa indagine è quindi quello di individuare i livelli dei fattori del “prodotto montagna” che hanno maggior importanza per la gioventù e descrivere la combinazione dei livelli di attributi che determina il “prodotto montagna” preferito. Dal punto di vista del metodo, quello qui adottato può essere assimilato al cosiddetto concept testing quantitativo e che viene utilizzato in ricerche per il lancio di nuovi prodotti; nel caso di questo studio, si tratta di un’area di applicazione relativamente innovativa di un concetto tradizionalmente applicato nel lancio di prodotti di largo consumo. La conjoint analysis prevede le seguenti fasi: 1. individuazione degli attributi e dei livelli rilevanti. Questo è un aspetto cruciale della conjoint analysis. Esistono diverse tipologie di attributi; attributi di prodotto, attributi di ricerca (colore del prodotto, confezione trasparente, dimensione e peso del prodotto, prezzo, marca), attributi esperienza (sapore, freschezza, facilità preparazione), attributo di prodotto/processo, attributi fiducia (contenuto residui, protezione e rispetto degli animali, impatto ambientale, tipicità, sicurezza sul lavoro). Gli attributi devono essere facili da comunicare, comprensibili, indipendenti. E’ necessario bilanciare il numero di attributi e il numero di livelli degli attributi in modo da creare un numero di profili di

Soltanto in due scuole non è stato possibile organizzare la rilevazione presso l’aula informatica e pertanto si è distribuito il corrispondente questionario cartaceo. 1

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offerta che sia gestibile. Un altro elemento importante è la selezione della misura per le preferenze dei consumatori, solitamente una scala di misura; 2. predisposizione dei profili di offerta (disegno degli esperimenti). Questa fase si attua quando si adotta un approccio decompositivo e si procede a sottoporre al giudizio degli intervistati i diversi profili (ovvero prodotti) e dall’osservazione del prodotto preferito si ricava il ruolo dei diversi attributi nella preferenza del prodotto. In altri si lavora a posteriori; si adotta cioè un approccio additivo e si perviene all’individuazione del prodotto preferito attraverso la somma degli attributi indicati dai consumatori. In questo studio è stato adottato proprio questo secondo approccio; 3. interviste sul campo. Un elemento decisionale importante in fase di raccolta dati sul campo riguarda la scelta della modalità di presentazione degli stimoli, ovvero degli attributi e relativi livelli sottoposti a valutazione. Esistono vari approcci che si possono adottare: descrizione verbale, impiego di schede (plancards), descrizione estensiva, rappresentazione visiva ( disegni, fotografie, modelli tridimensionali, prodotto reale). In questo studio abbiamo scelto la rappresentazione visiva in quanto presenta i seguenti vantaggi: maggior realismo nella scelta, riduzione del sovraccarico informativo, maggiore partecipazione da parte dell’intervistato, diminuzione dell’effetto fatica; 4. inserimento dei dati nel database ed elaborazione delle informazioni raccolte; 5. interpretazione dei risultati. Nel paragrafo 4.3.2 le scelte effettuate nelle diverse fasi sono descritte insieme ai risultati ottenuti. Ricordiamo che nel corso del progetto illustrato in questo volume sono state realizzate a latere dell’indagine anche ricerche qualitative, quali focus group esplorativi. I risultati emersi in quei contesti sono trattati a parte; essi sono stati utili per la definizione di un quadro conoscitivo complessivo dell’atteggiamento nei confronti della montagna e per la valutazione della coerenza delle informazioni emerse attraverso l’uso di diversi strumenti di ricerca. 4.3. Risultati 4.3.1. Immagine, conoscenza e la frequentazione della montagna

Capire l’immagine che i giovani hanno della montagna, come le attività sportive si collocano nel contesto della loro vita e come si sono avvicinati alla montagna durante la loro vita può consentire un primo punto rispetto al quale analizzare poi la percezione del prodotto montagna da parte dei giovani ed individuare spunti per lo sviluppo di azioni, culturali e di avvicinamento alla montagna, da un lato, e per la creazione di un’offerta più consona alle aspettative ed esigenze dei giovani, dall’altro. Al fine di esaminare i risultati dell’indagine è opportuno non solo guardare i dati complessivamente raccolti in tutte le scuole, ma anche entrare nel merito dei risultati relativi alle singole province. Questo perchè si tratta di province che sono rappresentative di contesti territoriali diversificati rispetto alla vicinanza alla montagna. L’immagine, la conoscenza e la frequentazione di questo tipo di luoghi, pertanto, può risultare differenziata. Un’indicazione quantitativa (peraltro attesa) di questa differenziazione è sinteticamente rappresentata dalla Tab. 4.2 che riporta la composizione degli studenti rispetto all’andare o meno in montagna, mentre la Fig. 4.1 illustra la situazione dal punto di vista grafico. La quota di giovani studenti che va in montagna è decisamente diversificata territorialmente: più elevata nella provincia di Sondrio rispetto a Milano. In situazione intermedia Lecco, che, pur non essendo una provincia montana, ha, almeno in parte, in particolare il capoluogo, prossimità alle

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montagne. Tab. 4.2 - Distribuzione della frequentazione della montagna da parte dei giovani Provincia Totale

Milano

Lecco

Sondrio

Si, vado

60,1

46,5

51,8

80,7

Non vado, ma mi piacerebbe andare

23,3

34,2

28,4

8,3

No, non mi interessa

16,2

19,0

19,8

10,1

Non indica

0,4

0,3

0,0

0,9

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

Fig. 4.1 - Frequentazione e desiderio della montagna: percentuale di giovani per provincia che va in montagna, non va ma gli piacerebbe, non è interessato

Al di là di questi risultati piuttosto scontati proprio per l’atteso impatto del contesto territoriale, è interessante notare che: a) più del 60% dei giovani va in montagna; b) chi non va in montagna mostra un considerevole interesse alla stessa. In particolare, è interessante analizzare per provincia l’importanza delle categorie relative a coloro che non vanno in montagna, che abbiamo suddiviso in base al potenziale desiderio di andare in montagna. Nella provincia montana di Sondrio chi non va in montagna (prevalentemente pochi) è tendenzialmente disinteressato alla stessa, insomma il non andare in montagna corrisponde ad una scelta o necessità, non ad una

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mancanza di accessibilità o di conoscenza delle potenzialità offerte dalla montagna. Nelle altre due province, invece, la manifestazione di un interesse ad andare in montagna è decisamente rilevante (più del 34% dei giovani studenti della provincia di Milano non va, ma dimostra una apertura al desiderio di andare; in provincia di Lecco i giovani interessati alla montagna sono più del 28%). In definitiva, prescindendo dalle situazioni territoriali che fanno sì che nelle province montane sia stato più facile e naturale per i giovani frequentare effettivamente la montagna, possiamo concludere che più dell’80% dei giovani è attratto dalla montagna perchè ci va o vorrebbe andarci. Fig. 4.2 - Immagine: aspetti collegati alla montagna (percentuale dei singoli aspetti)

Il concetto maggiormente collegato alla montagna che emerge come dominante in tutto il campione è quello di libertà: circa il 57% dei giovani associa alla montagna questa idea. Segue, ma a distanza (quasi il 30% dei giovani), la bellezza del paesaggio. Gli altri concetti citati nel questionario (ovvero quelli più negativi di indifferenza, noia e pericolo) sono di scarso rilievo. E’ interessante però osservare come il primo concetto emerso, ovvero la libertà, sia un fattore connesso a sensazioni di vita e non a fattori materiali, diciamo di osservazione. Se consideriamo i concetti positivi non si rilevano differenze di valutazione tra maschi e femmine, mentre se andiamo a guardare i fattori quali la fatica e l’insoddisfazione, le femmine sembrano influenzate da questi fattori più dei maschi. Una situazione simile emerge se analizziamo i concetti collegati maggiormente all’attività sportiva in montagna (Fig. 4.3) anche in questo caso quelli più rilevanti sono legati a sensazioni. In questo contesto, il divertimento assume il ruolo più importante: il 39% dei giovani lo ha indicato. La bellezza del paesaggio - sebbene riconosciuta come concetto apprezzabile – viene indicata da una quota di giovani un po’ più limitata (21%). Un altro concetto di non scarso rilievo, inoltre, è la conquista e l’affermazione di sè (15,5%). Sicuramente questi due concetti hanno il ruolo preminente; essi si differenziano leggermente nelle diverse province poichè chi svolge attività sportive più frequentemente ha maggiori occasioni di poter apprezzare la conquista e affermazione di sè, mentre chi è meno coinvolto in una frequentazione effettiva e in attività sportive ha maggior facilità ad associarla al divertimento.

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Infine, anche in questo caso, possiamo notare che prevalgono nettamente percezioni positive. Il rischio è infatti il concetto meno segnalato. Ciò si ricollega al fatto, precedentemente commentato, che l’interesse dei giovani per la montagna appare legato a concetti positivi associati alla stessa. E’ però interessante osservare come il rischio, pur mantenendo un’importanza limitata rispetto agli altri concetti, sia maggiormente percepito in provincia di Lecco, zona in cui l’attività sportiva di arrampicata è maggiormente diffusa ed è un’attività maggiormente rischiosa. La percezione del rischio appare dunque legata non tanto ad un’idea diffusa di immagine della montagna, ma ad un’idea che si genera in base alla esperienza di vicinanza a situazioni rischiose. Fig. 4.3 - Percezione: concetti collegati all’attività sportiva

Passando ora all’attività sportiva in relazione alla motivazione, possiamo osservare che la motivazione associata alla bellezza del paesaggio figura come fattore all’incirca importante quanto il divertimento: entrambi sono i fattori dominanti (Fig. 4.4). Fig. 4.4 - Motivazione all’attività sportiva

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La forma fisica, invece, è un fattore di rilievo secondario. Tuttavia, coloro che abitano nelle province di Lecco e Sondrio sembrano assegnare alla forma fisica un po’ più di importanza; in realtà, il contesto montano fa sì che lo svolgimento di attività sportive in montagna possa diventare il fattore abitudinale di mantenimento di forma fisica e non solo un momento di svago. Chiediamoci ora nel contesto del tempo libero quali attività svolgono i giovani al fine di valutare il ruolo delle attività sportive. La risposta è chiara e univoca in tutte le realtà territoriali: social network e chat (circa il 25% delle indicazioni) sono al primo posto nell’occupazione del tempo libero (Fig. 4.5). Segue la frequentazione di bar e discoteche (23% con valori un po’ inferiori a Milano e maggiori a Sondrio) e poi appena dietro (22% circa) come ulteriore indicazione di rilievo arrivano le attività sportive. Insomma, viste le limitate differenze di importanza assegnata a questi tre fattori sembra che la maggior parte tenda a bilanciare attività di socializzazione virtuale, di socializzazione/divertimento in luoghi di ritrovo e pratiche sportive. Trattandosi infatti di una domanda che ammette risposta multipla (al massimo 3 risposte) è evidente come le tre attività sopraccitate sono sostanzialmente praticate parallelamente da buona parte dei giovani. Dalla Fig. 4.5 emerge anche il ruolo assunto da attività più specifiche, quali la musica, la frequentazione di oratori etc. che contrariamente alle attività sopraccitate rappresentano delle specificità esercitate da un numero limitato di giovani. Passiamo ora ad esaminare in modo più approfondito il rapporto con la montagna. Ci domandiamo come avviene la conoscenza della montagna, c’è una fidelizzazione alla montagna (chi andava continua ad andare? E quando i giovani vanno in montagna cosa fanno?) Abbiamo visto più sopra (Tab. 1) che circa il 60% va attualmente in montagna. Se però teniamo conto delle esperienze pregresse, notiamo che solo il 2% dei giovani (circa il 4% nella provincia di Milano) dichiara di non essere mai andato in montagna. Per la maggior parte di coloro che sono stati in montagna la conoscenza è avvenuta andando in vacanza con i genitori prima dei 12 anni (Fig. 4.6). La famiglia svolge dunque un ruolo cruciale nell’avvicinamento dei giovani alla montagna (vedasi anche Tab.A.1 e A.2 in Appendice 1). Fig. 4.5 - Attività svolte con continuità dai giovani: percentuale di indicazioni

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La vacanza in montagna con i genitori è la tipologia di vacanza maggiormente indicata da coloro che ora vanno in montagna e il fatto di aver conosciuto la montagna sin dalla tenera età è un altro fattore che caratterizza il profilo di chi va in montagna. La maggior parte di coloro che vanno in montagna, infatti, ha cominciato ad andare fin da piccolo (86%) o comunque con 12 anni o meno (circa il 12%). Chi invece non va, ma gli piacerebbe andare ha conosciuto la montagna più avanti con gli anni: solo il 56% ci è andato prima di 7 anni, mentre il 26% è andato tra gli 8 e i 12 e l’11,4% dopo i 13 anni. Fig. 4.6 - Età a cui il giovane è andato in montagna per la prima volta (percentuale di giovani)

Sì è visto che l’atteggiamento dei giovani nei confronti della montagna è improntato alla ricerca di un rapporto con la natura e l’ambiente circostante, questo è in linea con quanto riscontrato anche da studi sulla popolazione complessiva (ISTAT, 2005) e si collega anche ad un fenomeno di ricerca di nuove attività sportive da praticare che si è riscontrato in recenti studi (Fisi, 2011). Nella nostra indagine, pertanto, tenuto conto del contesto presentato in letteratura e di quanto suggerito in Matto (2004) si è ritenuto opportuno misurare l’assiduità sportiva in termini di giornate e considerare un ventaglio abbastanza ampio di attività sportive da svolgere sia in estate che in inverno al fine di avere un quadro della situazione il più ampio possibile. Ed ecco allora che emerge che i giovani praticano sia in estate che in inverno attività diversificate, si assiste alla crescita di discipline sportive che permettono un diretto contatto con gli elementi naturali, fra le quali passeggiate sulla neve con le racchette, la mountain bike, arrampicate e varie altre attività; la parte più rilevante resta comunque giocata da sci e snowboard per l’inverno e da passeggiate fino a 4 ore per l’estate. Dal punto di vista della diffusione delle diverse attività sportive,la Tab 4.3 mostra la penetrazione degli sport invernali e di quelli estivi. La penetrazione delle diverse attività sportive nei giovani che frequentano la montagna è diffusa su sport vari. La penetrazione dello sci2 è decisamente la più elevata (circa 40).

2

Definita come percentuale di coloro che dedicano qualche giornata ad una specifica attività, in questo caso lo sci.

62


Discretamente importante anche snowboard e le ciaspole (rispettivamente circa 18% e 14%). Non mancano però anche, il fondo (circa 13%) e lo sci alpinismo (circa 10%). In estate, invece oltre alle tradizionali passeggiate brevi (meno di 4 ore), le passeggiate di oltre 4 ore sono praticate da più del 50% dei frequentatori della montagna (52%) e il 32% svolge qualche giornata anche in mountain bike, mentre il 20% dedica qualche giornata all’alpinismo. Sia per la stagione estiva che per quella invernale, infatti, il numero di giornate dedicate a qualche attività (vedasi tabelle A.3 e A.4 Appendice 1) è prevalentemente tra 1 e 10. Relativamente piuttosto numerosi sono anche coloro che ne dedicano tra 11 e 20. Lo sci è lo sport che assorbe il maggior numero di giornate invernali: se infatti consideriamo le giornate dedicate, la quota di coloro che gli dedicano da 11 e 20 è considerevolmente più alta (ammonta a circa 23%), ovviamente il dato è in parte da attribuirsi alla maggiore assiduità di coloro che sono vicini alla montagna e alcuni che fanno allenamenti). Coloro che dedicano da 1 a 10 giornate per attività sportive in montagna d’estate, come già anticipato, sono nello stesso ordine di grandezza di quelli che svolgono attività invernali. Anche in questo caso, però, non manca una discreta quota di coloro che dedicano numero di giornate maggiore (da 11 a 20). Interessante è notare che sono soprattutto coloro che svolgono attività sportive meno impegnative (passeggiate di meno di quattro ore) che indicano di dedicarvi un numero di giornate più elevato. Ciò evidenzia come nei giovani sia diffusa una frequentazione estiva della montagna prevalentemente di vacanza e divertimento e solo in misura marginale di attività sportiva. Il nuovo atteggiamento verso lo sport come motivo di rapporto con la natura e di sperimentazione di nuove discipline che emerge da vari studi (Istat, 2005, Fisi, 2011) fa verosimilmente da sfondo al desiderio di andare in montagna da parte dei giovani che ora non vanno. Essi, infatti, come emerge dalle tabelle A.5 e A.6 in Appendice, manifestano interesse a praticare varie attività. In estate, oltre alle scontate camminate piuttosto brevi ( camminate di meno di 4 ore, circa il 31%), anche mountain bike e arrampicata suscitano un discreto interesse (ciascuno con una quota di circa il 22%). In inverno, oltre al largamente desiderato sci alpino (39,3%), lo snowboard e lo sci di fondo sembrano allettare (rispettivamente circa 20% e 13% desidererebbero praticarlo, con qualche diversificazione territoriale come emerge dalla Tab. A6 in Appendice). Tab. 4.3 – Penetrazione delle attività sportive Penetrazione (%) attività sportive invernali Sci alpino (discesa)

Snowboard

39,3

19,8

Ciaspole Arrampicata Racchette da Sci alpinismo Alpinismo neve 14,7

6,4

Sci fondo

Altro

13,1

3,5

9,6

Penetrazione (%) attività sportive invernali Passeggiata inferiore Passeggiata superiore a 4 ore complessive

a 4 ore complessive

87,4

52,4

Mountain bike

32,2

63

Arrampicata alpinismo

20

Altro

6,5


Abitualmente la frequentazione della montagna avviene con amici o con i famigliari. I giovani milanesi vanno un po’ più spesso con i genitori rispetto a quelli delle province di Lecco e Sondrio. La stagionalità di tipo turistico delle province montane può incidere sulle possibilità di andare con i genitori e spinge – grazie anche al minor impegno di viaggio e di tempo necessario – ad andare in compagnia e a vivere la montagna come ricorrente alternativa alle modalità di utilizzo del tempo libero con gli amici. Il ruolo delle associazioni è piuttosto limitato come emerge dalla Fig. 4.7. Infine, la vicinanza fisica alla montagna, come nel caso di Sondrio, sembra favorire la fruizione da parte del vero appassionato che va in montagna da solo per il piacere della stessa e delle attività in essa svolte. Internet è il canale correntemente utilizzato per documentarsi; in alternativa si raccolgono informazioni attraverso parenti e amici. Tra la documentazione raccolta dai giovani è di gran lunga più importante quella riferita alle previsioni del tempo. Seguono le ore di viaggio e la presenza di infrastrutture, come emerge dai dati riportati nella Tab.A.8 dell’Appendice 1. Fig. 4.7 - Con chi vanno in montagna i giovani?

4.3.2. Percezioni e valori della montagna

Come già anticipato, a coloro che hanno dichiarato di andare in montagna sono state somministrate ancora alcune domande o, meglio, schede, volte a comprendere i fattori o attributi (preferiti) che trainano le scelte nella frequentazione della montagna. Si è adottata un’impostazione grafica da disegno per evitare l’influenza del ricordo di paesaggi o situazioni specifiche. Le schede sono state impostate in modo da utilizzare l’approccio grafico, ovvero di visualizzare i livelli dei fattori. Sono stati analizzati i seguenti 7 fattori (o attributi): meta, variabile ambientale, tipologia alloggio, tipologia vitto, ore cammino complessivo, difficoltà percorso, compagnia. Questi sono stati articolati nei livelli riportati nella Tab. 4.4.

64


La Tab.4.4 illustra la distribuzione percentuale dei livelli dei fattori ritenuti prevalenti nella scelta della gita (di studenti che indica un determinato livello). E’ interessante notare come i giovani che frequentano la montagna (che sono quelli a cui è stato somministrato questo questionario) nelle scelte ritengono di far riferimento prevalentemente agli aspetti naturalistici. Tab. 4.4 – Lista degli attributi (o fattori) e relativi livelli Attributi o fattori

Livelli dei fattori

Meta

Rifugio

Cima

Luogo ambientale

Variabile ambientale

Animali

Aspetti paesaggistici

Vegetazione

Tipologia alloggio

Rifugio con cameretta

Bivacco/tenda

Tenda

Tipologia vitto

Colazione al sacco

di base

Offerta gastronomica di qualità

Ore cammino complessivo

Fino a 4 ore

giornata intera

Più giorni

Difficoltà percorso

Turistico T

sentiero semplice (E)

Sentiero per esperti EE e EEA, A

Compagnia

Solo

famigliari o amici

Associazioni varie

L’aspetto più largamente considerato è il luogo ambientale (54,7%); inoltre, relativamente alla variabile ambientale i diversi aspetti paesaggistici (punti panoramici, cascate etc. ) sono quelli maggiormente indicati. Anche la presenza di fauna assume un certo rilievo nella scelte (20,3%). Proseguendo nell’analisi dei fattori, il profilo che emerge dalle preferenze dei giovani che vanno in montagna è che la maggior parte si avvicina per effettuare gite relativamente brevi (fino a 4 ore il 40,4%), su sentieri semplici (E) o turistici (T), per lo più con associazioni varie (72,3%) o comunque in gruppo. I risultati sono sostanzialmente invariati se consideriamo la graduatoria di importanza assegnata ai diversi livelli dei fattori. Le indicazioni date relativamente al fattore prevalente nella scelta sono coerenti e consistenti con l’importanza attribuita a ciascun fattore. Il quadro ricavato dalle interviste effettuate nell’indagine presso le scuole è un quadro rappresentativo della popolazione studentesca delle province considerate. I risultati, quindi, sono significativi per comprendere le valutazioni e le percezioni in generale. Ci si è però domandati quale tipologia di “prodotto montagna” desiderano coloro che più assiduamente la frequentano e ne sono interessati. Tab. 4.5 - Distribuzione dei livelli di ciascun fattore

Fattore

Livello f.

p

Livello f.

p

Livello f.

p

Totale

Meta

Rifugio

22,9

Cima

19,7

Luogo ambientale

57,4

100,0

20,3

Aspetti paesaggistici

74,0

Vegetazione

5,7

100,0

43,9

Rifugio con camerata

25,5

Bivacco/tenda

11,3

100,0

Variabile ambientale Presenza di animali Alloggio

Rifugio con cameretta

65


Vitto

Colazione al sacco

40,4

Rifugio con cucina base

37,8

Rifugio con offerta gastronomica di qualità

21,8

100,0

Ore di cammino

Fino a 4 ore

62,0

Una giornata

29,3

Più giorni

8,7

100,0

Difficoltà percorso

Turistico (T)

28,2

Sentiero semplice (E)

41,5

Sentiero per esperti EE

23,8

100,0

Compagnia

Da solo

2,8

In gruppo

24,9

Con associazioni organizzative

72,3

100,0

Passiamo perciò a tener conto della graduatoria assegnata ai diversi livelli di ciascun attributo; possiamo calcolare la somma di punteggi assegnata ad ogni combinazione di fattore e di livello. Al fine della definizione dei punteggi complessivi dei diversi “prodotti montagna” la graduatoria rilevata nel questionario è stata ricodificata per assegnare il punteggio più alto al livello considerato più importante. In questo modo, i “prodotti montagna” (combinazione di attributi e livelli) preferiti sono quelli con maggior punteggio totale. Riportiamo nella Tab. 4.5 i primi 10 prodotti preferiti dai giovani e il peso complessivo che viene ad assumere ciascun livello di attributo. E’ interessante commentare quali sono gli attributi che qualificano i diversi prodotti. Va innanzitutto osservato che alcuni livelli di attributo sono stabili nella classifica dei primi 10 “prodotti montagna” preferiti. In particolare, il livello del fattore meta più importante è il luogo ambientale (solo in decima posizione compare il rifugio). Stabile è anche l’importanza assegnata agli aspetti paesaggistici come variabile ambientale, all’andare in gruppo, nonchè alla difficoltà del percorso che è turistico o con semplice necessità di orientamento. Infine anche l’impegno nelle ore di cammino è sempre quello ridotto al minimo, fino a 4 ore; unica eccezione è nel prodotto 9 in cui il tempo di cammino si estende alla giornata intera. I fattori che differenziano i prodotti sono, quindi, quelli legati all’alloggio e al vitto. In particolare, data la durata dell’escursione, il vero fattore importante nella determinazione del prodotto è il vitto, mentre il tipo di alloggio compare più come fattore conseguenza del tipo di meta e della tipologia di rifugio. In realtà, quando come nel caso dei primi 9 prodotti la scelta della meta è guidata dal paesaggio, il vitto appare nella sua espressione più semplice: cucina di base e la colazione al sacco. Non manca però l’eccezione di un prodotto che si colloca in quarta posizione che vede la presenza di rifugio con offerta gastronomica di qualità, ad indicare che anche tra i giovani (probabilmente come riflesso della compagnia degli adulti con cui attuano la gita) questa tipologia di prodotto montagna assume una certa importanza. E’ opportuno precisare che in ogni pacchetto montagna indicato nella Tab.4.5 gli attributi compaiono con un peso abbastanza simile, vale a dire nell’ambito di ogni pacchetto i diversi fattori assumono approssimativamente lo stesso peso (poco più del 10% ciascuno), non si riscontra un fattore che gioca un ruolo determinante. Per finire riportiamo alcune considerazioni sui pacchetti montagna che hanno ricevuto punteggi più bassi, poichè essi sono interessanti perchè rappresentano segmenti diversi di clientela. E’ infatti opportuno sottolineare che il grado di preferenza è anche in relazione con la dimensione del mercato. I prodotti con minor grado di preferenza rappresentano, quindi, preferenze di un segmento di mercato specialistico, più limitato, ma che comunque esiste ed ha una sua specifica domanda. Ad esempio, i prodotti montagna che hanno minor grado di preferenza sono quelli in cui prevale l’interesse per obiettivi intensamente legati alle peculiarità della montagna (cima, paesaggi etc.), la socialità e l’esigenza di alloggio e vitto, ma mantenuto a livelli essenziali (rifugio con camerata e cucina base). Merita inoltre di essere precisato che il punteggio minimo acquisito è in realtà pari al 70% del punteggio acquisito dal prodotto preferito; il divario quindi esiste, ma non è estremamente elevato. La

66


graduatoria di preferenze appare pertanto abbastanza sfumata. Tab.4.6 - Graduatoria dei 10 pacchetti montagna con il maggior grado di preferenza (evidenziati con sfondo grigio di diversa intensitĂ i cambiamenti dei fattori)

67


4.4 Considerazioni conclusive

L’indagine ha evidenziato come da parte dei giovani esiste un generalizzato atteggiamento e interesse positivo nei confronti della montagna, una già abbastanza diffusa di frequentazione della stessa e potenzialità di ulteriore allargamento della frequentazione. Un fattore importante è l’avvicinamento alla montagna sin dall’infanzia e la famiglia gioca un ruolo importante al proposito. Si potrebbe, quindi, pensare che incentivare la frequentazione della montagna da parte delle famiglie con bambini e ragazzi potrebbe avere forti impatti positivi sulla fidelizzazione alla montagna. L’immagine che i giovani hanno della montagna è prevalentemente positiva, legata al concetto di divertimento e bellezza. Si è anche osservato che le attività sportive assumono un ruolo importante nel contesto del tempo libero dei giovani. L’incremento della fidelizzazione e dell’interesse per la montagna non può pertanto che venire ad assumere un ruolo sempre più consolidato nel tempo libero dei giovani. Tra coloro che frequentano la montagna i valori positivi connessi agli aspetti naturalistici vari (paesaggio, animali) sono decisamente fattori importanti di scelta. Sembra evidente che i giovani che frequentano la montagna si suddividono in due ampi segmenti, l’uno per il quale l’attività sportiva è percepita in modo più soft, non intensa e parte di un contesto di vacanza rilassata, anche con amici e famigliari, legata a attività ricreative di vario genere. L’altro, quantitativamente più limitato, legato maggiormente alla pratica dello sport e all’integrazione tra sport ed attività ricreativa e di socializzazione (che avviene in questo caso con gruppi e associazioni). Per tutti comunque fa da sfondo il piacere di divertirsi e di stare insieme. Riferimenti bibliografici

FISI – Federazione Italiana Sport Invernali (2011). Gli italiani, la montagna e gli sport invernali. Principali evidenze delle tre ricerche condotte da AstraRicerche per FISI. Furlan R., Martone D., La conjoint analysis per la ricerca sociale e di marketing, Franco Angeli, Milano, 2011 ISTAT (2005). Lo sport che cambia. I comportamenti emergenti e le nuove tendenze della pratica sportiva in Italia, Roma. Matto M. (2004). Il ruolo dell’escursionismo nel rilancio del turismo montano. Il caso della Valle Maira, Grafica Santhiatese Editrice. Thiene M., Scarpa R., Tempesta T. (2007). “Eterogeneità delle preferenze e attività ricreative nelle Alpi: due specificazioni di modello a classi latenti a confronto”, in Rivista di Economia Agraria, LXXII, n. 4, pp. 633-656.

68


Appendice 1

Tavole statistiche Tab. A.1 - Abitudini vacanze famigliari: composizione percentuale per tipologia di vacanza Totale

Milano

Lecco

Sondrio

Non andavo in vacanza in famiglia

31,3

37,2

28,3

28,9

Montagna estiva

16,3

9,3

16,9

22,0

Montagna invernale

8,7

11,0

7,6

7,7

Mare

34,4

33,0

37,4

32,8

Vacanze itineranti/Viaggi

6,9

7,1

6,7

6,8

Collina/lago/campagna

2,0

2,2

2,9

1,1

Non indica

0,4

0,2

0,2

0,7

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

Totale

Milano

Lecco

Sondrio

Da 13 anni in poi

5,5

9,4

6,3

1,2

Non sono mai andato

2,1

4,8

1,7

0

Quando ero piccolo (meno di 7 anni)

73,9

60

73,3

87,8

Tra 8 e 12

18

25,5

18,8

10,1

Non indica

0,4

0,3

0,0

0,9

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

Tab. A.2 - Età in cui è andato in montagna

Tab. A.3 - Giornate invernali di attività sportiva (composizione del numero di giornate per tipo di attività svolta Sci alpino Snowboard (discesa)

Ciaspole Racchette da neve

Arrampicata Sci alpiniAlpinismo smo

Sci fondo

Altro

1 a 10 g.

65,4

76,4

87,4

82,1

67,9

79,7

48,3

11 a 20 g.

22,9

15,3

11,0

6,4

22,3

9,3

21,5

Oltre 20

11,2

8,1

1,4

11,3

9,6

10,8

26,8

N.1

0,5

0,2

0,2

0,2

0,2

0,2

3,5

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

69


Tab. A.4 – Giornate estive di attività sportiva: composizione percentuale per tipo di attività svolta Passeggiata Passeggiata inferiore superiore a 4 ore complessive a 4 ore complessive

Mountain bike

Arrampicata alpinismo

Altro

1 a 10 g.

70,4

84,4

63,7

76,0

10,8

11 a 20 g.

20,5

9,5

20,2

11,5

7,7

Oltre 20

8,9

5,7

15,5

11,5

27,7

N.1

0,2

0,4

0,6

1,0

53,8

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

Tab. A.5 – Attività che desidererebbe svolgere se andasse in montagna in estate Totale

Milano

Lecco

Sondrio

Passeggiate < 4 ore

31,4

28,6

30,2

47,2

Passeggiate < 4 ore

13,5

15,3

12,3

13,9

Mountain bike

22,0

21,4

26,4

13,9

Arrampicata- alpinismo

22,4

24,5

23,6

16,7

Altro

6,1

6,1

5,7

6,3

Nessuna attività sportiva

4,5

4,1

1,9

2,0

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

Tab. A.6 - Attività che desidererebbe praticare se andasse in montagna in inverno Totale

Milano

Lecco

Sondrio

Sci alpino (discesa)

23,6

30,6

20,00

22,2

Snowboard

33,1

31,6

42,0

22,2

Ciaspole/Racchette da neve

8,1

9,2

6,0

133,9

Sci alpinismo

2,0

2,0

2,0

2,8

Sci di fondo

11,8

9,2

14,0

16,7

Altro

14,7

11,2

16,0

19,4

Nessuna attività sportiva

6,7

6,1

0,0

2,8

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

70


Tab. A.7 - Prima di partire si documenta su: Totale

Milano

Lecco

Sondrio

Meteo

44,9

38,8

44,1

49,3

Ore di viaggio

18,6

17,6

17,8

20,4

Ambiente naturale

11,7

11,8

8,5

13,5

Presenza di infrastrutture per lo sport

12,0

18,3

13,3

7,2

Presenza di luoghi di socializzazione

7,5

9,7

8,9

5,2

Non mi documento

4,1

3,8

4,4

4,1

Altro

034

0,0

1,1

0,2

Non indica

035

0,0

1,9

0,0

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

Totale

Milano

Lecco

Sondrio

Internet

69,38

79,17

74,52

60,98

Guida caracea/cartine

4,78

3,47

3,82

6,06

parenti/amici

14,69

9,03

7,64

21,97

Altro

0,18

0,69

-

-

Non mi documento

7,43

7,64

7,64

7,20

Non indica

3,54

-

6,37

3,79

Totale

100,0

100,0

100,0

100,0

Tab. A.8 - Come si documenta

71


Appendice 2

Esempi di schede grafiche utilizzate per la rilevazione degli attributi e dei loro livelli. Meta

a) ....... b) ....... c) ........

Variabile ambientale

a) ....... b) ....... c) ........

Tipologia alloggio

a) ....... b) ....... c+d) ... Tipologia vitto

a) ....... b) ....... c) ........

72


Appendice 3 Il questionario

Sezione 1: Immagine della montagna 1. Quale tra questi concetti colleghi maggiormente alla montagna? (indicarne solo uno) • Bellezza • Indifferenza o noia • Libertà • Pericolo 2. Pensa adesso all’attività sportiva in montagna, ad esempio sci, escursionismo, mountain bike o alpinismo. Quale tra i concetti riportati sotto colleghi maggiormente all’attività sportiva in montagna? (indicarne solo uno) • Bellezza del paesaggio • Conquista ed affermazione di sé • Divertimento • Fatica • Rischio 3. Quale tra queste motivazioni ritieni prevalente nel praticare attività sportiva in montagna (indicarne solo una) • Divertimento • Forma fisica • Paesaggio • Relax • Stare in compagnia Sezione 2: Attività ricreative 4. C’ è qualcuna tra queste attività che svolgi con continuità? (indicare al massimo 3 attività prevalenti) • Pratico sport • Assisto a eventi sportivi • Frequento pub/bar o discoteche • Frequento centri sociali, associazioni culturali, ambientaliste, di volontariato • Frequento oratori e organizzazioni religiose • Vado al cinema , teatro o ai concerti • Frequento altre attività culturali (es. mostre, conferenze) • Pratico attività musicali • Navigo su social network e chat • Altro (specificare) Sezione 3 : Attività ricreative della famiglia

73


5. Andavi in vacanza abitualmente con la famiglia? • Si • No *Solo in caso di risposta positiva alla domanda 5 5a. Quale tipo di vacanza hai praticato abitualmente? (max 2 scelte) • Montagna estiva • Montagna invernale • Mare • Vacanze itineranti/Viaggi • Collina/Lago/Campagna *Solo in caso di risposta positiva alla domanda 5 5b. Quale tipo di vacanza hai praticato abitualmente? (indicarne solo uno) • Restavo a casa • Andavo in vacanza con parenti o amici • Frequentavo centri estivi/Associazioni/Colonie Sezione 4: Frequentazione della montagna (passato e presente; e con chi) 6. Con chi sei andato in montagna le prime volte? (indicarne solo una) • Famiglia • Altri parenti • Amici • CAI (Club Alpino Italiano) • Oratorio/associazioni religiose • Altre gruppi/ associazioni 7. A che età circa sei andato per le prime volte in montagna? (indicarne solo una) • Quando ero piccolo (meno di 7 anni) • Da 8 a 12 anni • Dopo 13 anni • Non sono mai andato 8. Attualmente vai in montagna? • Si, vado • No, non mi interessa • Non vado, ma mi piacerebbe andare *Solo in caso di risposta negativa (“No, non mi interessa”), passare alla sezione 5 *Solo in caso di risposta positiva (“Si, vado”), alla domanda 8 8.1 Nell’ultima stagione estiva (2011) quante giornate hai dedicato a ciascuna di queste attività?

74


Risposta

0

1-10

11-20

Oltre 20

Passeggiate inferiori a 4 ore complessive Passeggiate superiori a 4 ore complessive Mountain bike Arrampicata- alpinismo Altro (specificare) ...............................................

8.2 Nell’ultima stagione invernale quante giornate hai indicativamente dedicato a ciascuna di queste attività? Risposta

0

1-10

Sci alpino Snowboard Ciaspole/Racchette da neve Sci alpinismo Sci di fondo Altro (specificare) ...............................................

8.3 Con chi fai queste attività prevalentemente? (indicarne solo una) • Da solo • Con i famigliari • Con gli amici • Con il CAI (Club Alpino Italiano) • Con altre associazioni diverse dal CAI *In caso di risposta alla domanda 8 “Non vado, ma mi piacerebbe andare” Che cosa vorresti praticare? (max 2 scelte) In inverno • Sci alpino • Snowboard • Ciaspole/Racchette da neve • Sci alpinismo • Sci di fondo • Altro (specificare) …………………………………………………. • Nessuna attività sportiva

75

11-20

Oltre 20


In estate • Passeggiate inferiori a 4h complessive • Passeggiate superiori a 4h complessive • Mountain Bike • Arrampicata Alpinismo • Altro (specificare) …………………………………………………. • Nessuna attività sportiva *In caso di risposta positiva (”Si, vado”) alla domanda 8 9. Prima di partire per la montagna su quali aspetti ti documenti? (max 2 scelte) • Meteo • Ore di viaggio per raggiungere la località • Ambiente naturale • Presenza di infrastrutture per lo sport (impianti di risalita,….) • Presenza di luoghi di socializzazione (es. bar, discoteche, ecc.) • Altro (specificare) …………………………………………………. • Non mi documento *In caso di risposta alla domanda 9 diversa da “Non mi documento” 10. Se ti documenti, come ti documenti? (indicarne solo una) • Internet • Guida cartacea/Cartine • Parenti/amici • Altro (specificare) …………………………………………………. 11. Nel caso di gite in giornata privilegi località che richiedono? (indicarne solo una) • Fino a 1 ora di viaggio • Da 1 ora a 2 • Oltre 2 ore • Il numero di ore di viaggio non è rilevante Sezione 5: Dati socio-demografici Composizione del nucleo famigliare (risposta multipla): • Padre • Madre • Figli (Indicare il numero con te compreso) ……….. Indicare la tua età in anni compiuti ………………… Sesso ………………… Titolo di studio dei genitori Padre: • Licenza elementare • Licenza media

76


• Diploma scuola superiore • Laurea • Non so • Altro (specificare) ………………… Madre: • Licenza elementare • Licenza media • Diploma scuola superiore • Laurea • Non so • Altro (specificare) ………………… *In caso di risposta positiva (“Si, vado”) alla domanda 8 Per ciascun aspetto scegli il fattore che ritieni prevalente nella tua scelta (metti un X sulla casella corrispondente) Meta

a) Rifugio b) Cima c) Luogo ambientale

Variabile ambientale

a) Presenza di animali b) Aspetti paesaggistici c) Vegetazione

Tipologia alloggio

a)Rifugio con cameretta b) Rifugio con camerata c) Bivacco non gestito d) Tenda

77


Tipologia vitto

a) Nessuno (colazione al sacco) b) Rifugio con cucina di base c) Rifugio con offerta gastronomica di qualità

Ore cammino complessive

a) Fino a 4 ore b) Giornata intera c) Più giorni

Difficoltà percorso

a) Turistico b) Sentiero semplice che richiede orientamento (E) c) Sentiero per escursionisti esperti (EE) d) Percorso attrezzato/ alpinistico (EEA) Compagnia

a) Da solo b) Con i famigliari c) Con gli amici d) Con il CAI (Club Alpino Italiano) e) Altre associazioni

78


Indica l’ importanza che attribuisci a ciascun fattore: importanza da 1 a 3 (1 = massima importanza) Indica il valore nello spazio a fianco Meta

a) Rifugio ........ b) Cima ........ c) Luogo ambientale ........

Variabile ambientale

a) Presenza di animali ........ b) Aspetti paesaggistici ........ c) Vegetazione ........

Tipologia alloggio

a)Rifugio con cameretta ........ b) Rifugio con camerata ........ c) Bivacco non gestito ........ d) Tenda ........ Tipologia vitto

a) Nessuno (colazione al sacco) ........ b) Rifugio con cucina di base ........ c) Rifugio con offerta gastronomica di qualitĂ ........

79


Ore cammino complessive

a) Fino a 4 ore ........ b) Giornata intera ........ c) PiĂš giorni ........

DifficoltĂ percorso

a+b) Turistico/Sentiero semplice che richiede orientamento (E) ........ c) Sentiero per escursionisti esperti (EE) ........ d) Percorso attrezzato/ alpinistico (EEA) ........ Compagnia

a) Da solo ........ b) Con i famigliari ........ c) Con gli amici ........ d) Con il CAI (Club Alpino Italiano) ........ e) Altre associazioni ........

80


Capitolo 5 Le sezioni del Cai e l’attività escursionistica di Francesca Forno1

Ricercatrice di Sociologia presso l’Università degli Studi di Bergamo dove insegna Fondamenti di sociologie e Sociologia dei consumi. 1

81


5.1. Introduzione2

La parte d’indagine sui frequentatori della montagna attraverso associazioni di settore, è stata svolta tramite focus group ed interviste in profondità a titolati CAI (istruttori, accompagnatori e operatori delle diverse specialità) di tre sezioni lombarde: Milano, Lecco e Sondrio. Più nello specifico, questa parte ha previsto: • 3 focus group che hanno coinvolto in totale circa 30 titolati CAI. • 3 interviste in profondità a presidenti o vicepresidenti delle tre sezioni lombarde selezionate Il focus group (o intervista di gruppo) è un colloquio di gruppo, da cui è possibile ricavare un particolare tipo di dati qualitativi. Esso coinvolge simultaneamente un numero limitato di soggetti (generalmente otto o dieci soggetti) che si incontrano attorno ad un tavolo per discutere di un argomento particolare sotto la guida di un moderatore, il cui compito è di promuovere l’iterazione tra i membri del gruppo e di assicurare che la discussione rimanga centrata sull’argomento di interesse (Albanesi 2004, Corrao 2005). Usato da solo o in combinazione con altri metodi, il focus group consente, sulla base delle affermazioni ottenute nella discussione di gruppo, di capire il modo di pensare dei partecipanti su determinati tematiche. L’assunzione che sta alla base del focus group è che le persone diventano più consapevoli dei propri punti di vista quando si confrontano con pareri diversi; da tale confronto sono spinte ad analizzare più approfonditamente la propria visione che non durante un’intervista individuale. Inoltre, il focus group permette di raccogliere informazioni in un tempo decisamente minore di quello che si dovrebbe destinare se ciascun individuo fosse intervistato separatamente tramite colloqui in profondità. Infine il focus group permette al ricercatore di interagire direttamente con i rispondenti, di osservare tutto ciò che è legato alla comunicazione non verbale, come gesti, sorrisi, ecc., che possono fungere da completamento alle risposte fornite. La caratteristica distintiva del focus group riguarda il carattere concreto e specifico della discussione in relazione a un particolare oggetto, evento o situazione. Questo vuol dire che il focus group deve procedere attraverso degli “stimoli” orientati alla comprensione in profondità di determinate questioni. I focus group rivolti ai titolati CAI, nel disegno complessivo del progetto VETTA, avevano diversi obiettivi. Innanzitutto, tramite queste interviste di gruppo a fruitori della montagna, si volevano approfondire i fattori che possono portare a sviluppare questo tipo di interesse. Le attività escursionistiche sono inoltre generalmente attività che si svolgono in gruppo. Da questo punto di vista il CAI, nel contesto italiano, rappresenta un importante studio di caso attraverso cui cercare di comprendere come questo tipo di attività si sia modificato negli anni, sia per quanto riguarda i caratteri socio-economici dei soci CAI, sia rispetto alle domande che i soci pongono all’associazione. L’obiettivo guida dei focus group è stato quindi capire i valori e i cambiamenti tra chi frequenta la montagna rispetto alla fruizione della stessa, nonché comprendere le trasformazioni organizzative che hanno segnato negli ultimi anni il CAI, che ha rappresentato l’associazione simbolo della promozione dell’alpinismo in ogni sua manifestazione. La conduzione dei focus group ha quindi seguito una scaletta comune composta da 6 diverse sezioni di domande orientate ad approfondire: • L’immagine della montagna • Le caratteristiche nel tempo dei soci CAI

Desidero ringraziare Renato Aggio, vicepresidente del CAI Lombardia, che ha rivisto una precedente versione di questo capitolo fornendomi preziosi indicazioni e suggerimenti.

2

82


• La frequentazione della montagna • La gestione dell’escursione • Le attività associative • I rapporto tra i giovani e il CAI Tutti i focus group sono stati moderati da due membri dell’equipe di ricerca, uno dei quali maggiormente attento agli aspetti metodologici legati alla conduzione dell’intervista di gruppo e l’altro più focalizzato sui temi oggetto dell’indagine. Per l’organizzazione dei focus group, che si sono svolti nei mesi di maggio e giugno 2012 nelle tre sezioni dell’associazione oggetto d’analisi, sono stati tenuti presenti i seguenti criteri: • I focus group hanno riguardato un numero limitato di persone, pari a 10 nei casi di Milano e Sondrio e di 8 a Lecco. • Per quanto è stato possibile si è cercato di garantire una certa eterogeneità per età, genere e ruolo ricoperto all’interno della sezione. Solo nel focus group di Sondrio non era presente, ad esempio, alcuna donna (negli altri due casi invece hanno partecipato due socie CAI titolate per gruppo). • Rispetto al ruolo ricoperto dai partecipanti (Tab.1) la composizione dei tre focus group ha cercato di mantenere un rappresentatività dei diversi profili presenti nelle sezioni (tra istruttori e accompagnatori). • I focus group hanno avuto una durata di circa 2 ore ciascuno e sono stati registrati. • Al focus group in alcuni casi (Lecco e Sondrio) ha partecipato anche il Presidente della sezione, precedentemente intervistato personalmente sugli aspetti più legati all’organizzazione. Tab.5.1 – Ruolo dei partecipanti ai focus group per sezione MI

LC

SO

Totale

Istruttore nazionale di sci alpinismo

1

0

2

3

Accompagnatore di escursionismo

5

0

2

7

Istruttore di arrampicata libera

1

0

0

1

Istruttore di alpinismo

0

0

1

1

Gruppi seniores/GEO età d’oro

2

2

0

4

Accompagnatore di alpinismo giovanile

0

4

5

9

Altri

1

2

-

3

Totale

10

8

10

28

Le interviste di gruppo sono state in seguito integralmente trascritte in modo da permettere una lettura e confronto dei contenuti emersi nei tre contesti analizzati. L’analisi del contenuto si è concentrata soprattutto sugli aspetti qualitativi, anche se in alcuni casi si è proceduto con una quantificazione delle ricorrenze nelle risposte. In questo capitolo, dopo aver brevemente ripercorso la storia del Club Alpino Italiano (5.2), la sua organizzazione a livello nazionale (5.3) e le principali attività svolte (5.4), ci si soffermerà sulle tre

83


sezioni analizzate in profondità attraverso i focus group (5.5), mettendo in evidenza continuità e differenze osservabili a livello locale sia rispetto alle questioni più inerenti l’organizzazione interna (il rapporto con i soci, l’organizzazione delle attività, ecc.), sia rispetto al rapporto con il territorio circostante (attività con altre organizzazioni territoriali e comunicazione esterna). 5.2. La Storia

Fondato a Torino nel 1863, il Club Alpino Italiano è la più antica e vasta associazione di alpinisti ed appassionati di montagna nel nostro paese3. Scopo dell’Associazione, che rappresenta la più antica organizzazione di protezione della natura è fare conoscere la montagna4 nei suoi diversi aspetti, promuovendone la tutela e diffondendo la conoscenza dei problemi relativi alla conservazione dell’ambiente montano tramite iniziative, principalmente a livello di prevenzione, di salvaguardia ambientale e culturale5. Oltre a promuovere la cultura e la tutela della montagna, il CAI è impegnato anche nella promozione di una frequentazione sicura della montagna e più in generale di una pratica sicura degli sport di montagna ed affini attraverso corsi di formazione sia organizzati dalle scuole per accompagnatori e istruttori promosse dalla stessa organizzazione, sia tramite rapporti diretti tra il CAI e le scuole o altre istituzioni del territorio. A questo riguardo molto importanti sono la pubblicazione da parte del Club Alpino Italiano di manuali che trattano i diversi aspetti dell’andare in montagna (come “Alpinismo su roccia” o “Medicina e montagna”); la campagna permanente per la prevenzione degli incidenti in montagna “sicuri in montagna”, curata principalmente dal CNSAS e il sito web Montagna Amica e Sicura. Il CAI cura inoltre la manutenzione e la segnaletica dei sentieri e delle vie ferrate e mantiene e aggiorna il catasto sentieri. A contraddistinguere il CAI da altre associazioni di appassionati della montagna è, oltre alla sua lunga storia, anche la forte identità – come emergerà anche nell’analisi dei focus group – che contraddistingue i propri iscritti. Diffusa tra gli associati CAI, ad esempio, era la tradizione di iscrivere i propri figli all’associazione già al momento della nascita. Importante inoltre il ruolo del CAI nell’addestramento delle truppe alpine attraverso una storica collaborazione con l’Esercito Italiano. A livello internazionale il CAI è stato membro fondatore dell’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche (UIAA), che raggruppa la maggior parte delle federazioni nazionali di sport di montagna, e del Club Arc Alpin (CAA), che riunisce i principali club alpini dei paesi dell’arco alpino. Queste collaborazioni sono importanti perché permettono di stabilire dei “trattamenti di reciprocità” tra soci di club alpini di diversi paesi al fine di estendere certi privilegi – come ad esempio la possibilità per i soci di usufruire di sconti o trattamenti privilegianti per esempio per quanto riguarda le tariffe dei rifugi o i prezzi delle pubblicazioni) anche al di là dei propri confini nazionali. Con le sue attuali 496 sezioni, incluse quelle di Lima, C.A.A.I., A.G.A.I., C.N.S.A.S. (dato 31.12.2011), il Club Alpino Italiano copre tutto il territorio nazionale, con una concentrazione di sezioni soprattutto in Piemonte e in Lombardia (rispettivamente 81 e 146, dato 31.12.2011). Come si vede dalla Fig. 5.1, che riporta oltre alla distribuzione delle sezioni a livello regionale anche la percen-

Le notizie sulla storia, l’organizzazione e le attività del CAI riassunte in queste pagine sono tratte in gran parte dal sito http://www.cai.it/ 4 La conoscenza e lo studio delle montagne, dall’Art. 1 dello Statuto Generale del CAI. 5 All’ interno del CAI è attiva a questi fini la Commissione Centrale per la Tutela dell’Ambiente Montano (TAM) che ha l’obiettivo la diffusione della la conoscenza dei problemi della conservazione dell’ambiente, nonché la promozione di iniziative di salvaguardia dell’ambiente naturale e culturale della montagna. La TAM favorisce la conoscenza naturalistica, sia tra soci del CAI che fra i non soci, ritenendola un utile strumento di tutela. 3

84


tuale di iscritti sul numero di abitanti per regione, sono soprattutto le aree del Nord Italia a registrare una maggiore concentrazione di iscritti per numero di abitanti. Evidente come il numero di iscritti sia più elevato nelle aree montane, ma significativa appare la quota di soci CAI anche nell’Italia insulare e in Calabria (dati 2010). Fig.5.1 – Distribuzione delle sezioni e degli iscritti per regione. Fonte: Rapporto sull’attività dell’anno 2011. Nostra elaborazione.

Fonte: Rapporto sull’attività dell’anno 2011. Nostra elaborazione. Durante i suoi 150 anni di storia, il numero e le caratteristiche dei soci CAI sono mutate notevolmente. Come avremo modo di approfondire grazie alle testimonianze ricavate dalle interviste e dai focus group con i titolati CAI delle tre sezioni analizzate, l’associazione soffre di un problema di ricambio generazionale (peraltro comune anche ad altri ambiti associativi). Vi sarebbe inoltre un allentamento della tradizionale identità del CAI basata su una grande attenzione e cultura del territorio, sul gusto per la conoscenza della montagna, insieme ai valori umani della solidarietà ed al rispetto per l’ambiente. Un tema questo affrontato durante il 98° Congresso Nazionale del CAI, svoltosi a Predazzo nel 2008 intitolato “Identità e ruolo del Club Alpino Italiano in una società in trasformazione”6. La Fig. 5.2 mostra come tra il 1994 e il 2005, si registri un consistente aumento del numero dei soci di oltre 60 anni, che passano dal 9% al 20% dei totale degli iscritti. Diminuisce inoltre sostanzialmente la percentuale dei soci con meno di 40 anni.

Si veda a questo proposito il n. Numero 12 - Dicembre 2008 – del mensile “Lo scarpone” dedicato al 98° Congresso Nazionale del CAI. 6

85


Fig.5.2 – Distribuzione dei soci CAI per fasce d’età

Fonte: Rapporto sull’attività dell’anno, varie annate. Nostra elaborazione Proprio dal 2005, tuttavia, come dimostra la Fig. 3, il numero degli iscritti al CAI inizia ad osservare un andamento positivo che fa registrare una consistente crescita con una stabilizzazione del numero dei tesseramenti negli anni più recenti. Come si vede, anche in Lombardia il numero di associati cresce considerevolmente negli ultimi anni. Fig.5.3 – Numero degli iscritti al CAI dal 2000 al 2011.

Fonte: Rapporto sull’attività dell’anno, varie annate, per i dati nazionali e dati forniti dal Gruppo Regionale Lombardo. Nostra elaborazione Come avremo la possibilità di approfondire nell’analisi dei focus group svolti nelle tre sezioni selezionate, oltre alle mutate condizioni dovute alla crisi economica che sembrano in qualche modo favorire una ripresa delle attività di gruppo (che permettono ad esempio un contenimento dei costi per gli spostamenti), il trend di crescita osservato sembrerebbe anche attribuibile a scelte strategiche di tipo organizzativo e promozionale messe in atto dalle singole sezioni volte, ad esempio, a favorire il ricambio generazionale tra gli iscritti CAI, con l’ampliamento delle attività e dei programmi dedicati ai giovani e giovanissimi. La Tab. 5.2 mette in evidenza come l’incremento osservato a partire del 2005 in Lombardia in effetti sia la conseguenza di un aumento progressivo di iscritti sia all’interno delle fasce “seniores” (iscritti con più di 65 anni) sia delle fasce più giovani (0-6 anni e 7-13 anni)

86


Tab.5.2 – Andamento iscritti CAI per fasce d’età in Lombardia (n. assoluti anni 2005-2010). Fascia d’età Anno

0-6

7-13

14-17

18-25

26-35

36-45

46-55

56-65

66-75

75

2005

1.069

4.481

2.652

4.561

13.032 19.004 17.739 15.216

7.473

2.030

2006

1.096

4.509

2.605

4.564

12.549 18.858 17.717 15.601

8.155

2.256

2007

1.068

4.546

2.564

4.494

11.572

18.513 17.938 15.890

8.758

2.459

2008

1.114

5.041

2.693

4.435

11.221 18.032 18.293 16.341

9.194

2.700

2009

1.105

5.451

2.725

4.544

10.875 18.728 18.728 16.751

9.498

2.909

2010

1.158

5.752

2.764

4.476

10.329 19.155

9.872

3.111

19.155

17.195

Fonte: dati forniti dal Gruppo Regionale Lombardo. Come è spesso messo in evidenza, inoltre, il costante flusso di iscritti al CAI si spiega anche con i vantaggi previsti dalla tessera associativa, che vanno dagli sconti per alcuni prodotti in negozi convenzionati, all’abbonamento gratuito alla stampa sociale e l’accesso alle biblioteche. Tra i servizi offerti, particolare importanza ricoprono inoltre le polizze assicurative incluse nel tesseramento e in particolare la copertura assicurativa per il Soccorso Alpino valido in tutto il Continente Europeo, che sono molto convenienti e ideali per chi vuol praticare attività escursionistiche che, come abbiamo visto negli altri capitoli, tendono ad essere attività più frequentemente svolte in gruppo. Infine, come è emerso dai focus group, a favorire l’iscrizione al CAI giocano fattori come la notorietà e la fiducia che l’associazione si è guadagnata nel tempo. 5.3. L’organizzazione

Il CAI ha una organizzazione molto articolata e complessa. Il Club Alpino Italiano è un Ente di diritto pubblico del comparto turistico ed è riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente come Associazione ambientalista d’interesse nazionale7. L’organo sovrano del CAI è l’Assemblea dei delegati, composta dai delegati di ciascuna sezione (il presidente della sezione e un delegato eletto ogni 500 soci della sezione stessa). L’Assemblea dei delegati elegge il Presidente e i tre vicepresidenti generali, i componenti del collegio nazionale dei revisori dei conti e del collegio nazionale dei probiviri. Fra i suoi compiti anche l’adozione dei programmi di indirizzo del Club. Gli organi centrali del CAI, schematizzati anche nella Fig.2, sono: Il Comitato Centrale di Indirizzo e Controllo, che esercita funzioni di indirizzo politico-istituzionale; Il Collegio Nazionale dei Probiviri, che amministra il secondo grado della giustizia interna del CAI (il primo grado è amministrato a livello regionale); Il Collegio Nazionale dei revisori dei conti che esercita il controllo contabile e amministrativo della gestione finanziaria, economica e patrimoniale del CAI; Il Comitato Diret-

7

http://www.cai.it/

87


tivo Centrale, che svolge la funzione di attuazione dei programmi adottati dall’Assemblea dei delegati e degli indirizzi deliberati dal Comitato Centrale di Indirizzo e di Controllo. A questi vanno aggiunte le tre Sezioni Nazionali del CAI che sono sezioni non legate ad una specifica area geografica, e non fanno parte di alcun Gruppo Regionale. Queste sono: • Il Club Alpino Accademico Italiano (CAAI), sezione nata nel 1904 con lo scopo di riunire i soci del CAI che avessero acquisito meriti speciali nell’alpinismo senza guide. Oggi questa sezione riunisce gli alpinisti che hanno praticato alpinismo di alto livello e ha come obiettivo la promozione di questa attività. • L’Associazione Guide Alpine Italiane (AGAI) nata nel 1931, che riunisce le guide alpine italiane. Questa sezione gode di completa autonomia dal CAI. I soci dell’AGAI sono inoltre gli unici a poter esercitare l’attività alpinistica come professionisti. • Il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) che si occupa della prevenzioni degli incidenti in ambiente montano e ipogeo, del soccorso in quest’ambito degli infortunati, dei dispersi e di coloro che si trovino in pericolo, del recupero dei caduti e del soccorso in caso di calamità (in collaborazione con la Protezione Civile). Il CNSAS è diventato la terza sezione nazionale del CAI nel 2010 e anche in questo caso si tratta di una sezione con ampia autonomia dal CAI8. Fig.5.4 – Struttura centrale del CAI

Gli altri organi centrali del CAI sono gli organi tecnici, che operano allo scopo di favorire o svol-

Il CNSAS è un servizio di pubblica utilità e struttura nazionale operativa del servizio nazionale della Protezione Civile. Il lavoro del CNSAS è svolto da tecnici altamente preparati e organizzati su base regionale. Tramite il superamento di severi esami e la formazione continua si può acquisire la carica di: Tecnico di Soccorso Alpino; Tecnico di Soccorso Speleologico; Medico specializzato in emergenza ad alto rischio in ambiente alpino; Medico specializzato in emergenza ad alto rischio in ambiente ipogeo; Tecnico di soccorso in forra; Il CNSAS possiede inoltre unità cinofile di ricerca in valanga e unità cinofile di ricerca in superficie.

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gere specifiche finalità istituzionali (Comitato Scientifico Centrale, Commissione Centrale per l’Escursionismo, Commissione Centrale Alpinismo Giovanile, Commissione Centrale Medica, Struttura operativa Centro Studi Materiali e Tecniche, Commissione Centrale per la Speleologia, Commissione Centrale per la Tutela dell’Ambiente Montano, Commissione Centrale per le Pubblicazioni, Commissione Centrale Rifugi e Opere Alpine, Struttura Operativa Cinematografia e Cineteca, Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo e Scialpinismo, Struttura Operativa Biblioteca Nazionale, Servizio Valanghe Italiano e le Scuole Centrali che coordinano il lavoro che le scuole del CAI svolgono sul territorio (Scuola Centrale di Alpinismo Giovanile, Scuola Centrale di Alpinismo, Scuola Centrale di Scialpinismo, Scuola Centrale di Speleologia, Scuola Centrale di Escursionismo, Scuola Centrale Servizio Valanghe Italiano. Fig.5.5 – Organi centrali del CAI

A livello periferico il CAI è inoltre diviso in raggruppamenti regionali, uno per ogni regione italiana9. Il vero nucleo del CAI sono però le sezioni che raggruppano i soci a livello locale il cui compito è la promozione delle finalità istituzionali in una determinata area geografica. Le sezioni sono una per ogni comune (con l’unica eccezione della SEM, seconda sezione di Milano e della CAI UGET di Torino). Ogni sezione, associazione di diritto privato, possiede un proprio statuto e propri regolamenti, coordina e promuove l’attività sul territorio e gestisce le scuole (quando ne possiede). Altro compito delle sezioni è la gestione dei rifugi alpini gestiti dal CAI. Le sezioni possono dividersi ulteriormente in sottosezioni. Attualmente, come abbiamo visto, sono poco meno di 500 le sezioni attive sul territorio, a cui sono da aggiungere numerose sottosezioni. Ogni sezione del CAI può ospitare gruppi sezionali e scuole sezionali. I gruppi e le scuole seziona-

Fanno eccezione le province autonome del Trentino e dell’Alto Adige, che hanno ciascuna un proprio Gruppo Regionale. 9

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li operano con propri regolamenti (conformi ai regolamenti sezionali e approvati dal consiglio direttivo della sezione di appartenenza), organizzando le proprie attività sotto la supervisione tecnica delle commissioni regionali e centrali e delle scuole regionali e centrali. 5.4. Principali attività

Le principali attività del C.A.I. riguardano quattro aree: la promozione dell’informazione e cultura; la gestione delle riserve, dei rifugi e bivacchi; la didattica e l’alpinismo giovanile. Per quanto riguarda le attività d’informazione e cultura, molto importanti sono le numerose pubblicazioni curate dal CAI, nonché le attività di organizzazione di festival e la creazione di musei della montagna. In molte sezioni, come avremo modo di approfondire più avanti, vengono portate avanti anche numerose attività che coinvolgono gruppi di soci, come è il caso dei cori amatoriali, con repertorio composto solitamente da canti di montagna, canti popolari tradizionali o canti degli alpini. Le riviste a livello nazionale sono: “Lo Scarpone”, settimanale online, che ha lo scopo di informare i soci sugli eventi riguardanti la montagna (fino al 2012 era un mensile cartaceo) e “Montagne 360°”, mensile (in precedenza bimestrale e chiamata solo “La rivista”), che spazia a più ampio respiro su tutte le tematiche che hanno per oggetto le montagne, in Italia e nel mondo. Oltre ai periodici, il CAI pubblica anche molti altri prodotti editoriali, fra cui manuali e annuari, libri dedicati alla cultura e alla storia della montagna e dell’alpinismo. In collaborazione con il Touring Club Italiano l’associazione cura anche la collana “Guida dei Monti d’Italia”10. Nel 1874 il CAI ha fondato il Museo Nazionale della Montagna, che ha come scopo quello di essere un polo culturale che riunisce idealmente tutte le montagne del mondo11. Il museo si trova a Torino sul Monte dei Cappuccini. Nella stessa sede anche la Biblioteca Nazionale del CAI, una biblioteca specializzata di rilevanza internazionale per la quantità e il valore delle opere e dei documenti che vi sono conservati12. Il CAI cura dal 1952 anche il Trento Film Festival, la più antica e seguita rassegna internazionale di film dedicati alla montagna, alpinismo, esplorazione, ambiente e avventura. Il Trento Film Festival comprende, oltre alla rassegna cinematografica, una serie di incontri e mostre, e, dal 1987, ospita l’evento MontagnaLibri, rassegna internazionale dell’editoria di montagna13. Per quanto riguarda la gestione dei rifugi e bivacchi sono 774 le strutture alpine gestite dal CAI14. Scopo di queste strutture è quello di fungere da base di partenza, da punto di arrivo finale o intermedio di traversate o da ricovero d’emergenza in caso di condizioni avverse. Importanti soprattutto nel caso di ascensioni che riguardano percorsi lunghi impossibili da affrontare in una sola giornata, tali strutture vengono anche utilizzate come punto d’appoggio per lo svolgimento di attività sociali (corsi, convegni ecc.) e per iniziative culturali. I rifugi hanno una potenzialità aggregativa.

10 La collana comprende numerosi volumi, ciascuno dedicato ad una determinata area geografica (ad esempio “Sardegna”) o ad un massiccio montuoso (ad esempio “Monte Rosa”). Ogni volume consiste in una guida escursionistica, alpinistica e, spesso, scialpinistica della zona o del gruppo montuoso in questione. 11 Il museo ospita il centro di documentazione del CAI, che si occupa di trovare e conservare i documenti storici riguardanti l’alpinismo e la montagna. È composto dalla fototeca, dalla cineteca e dal Centro Italiano Studio e Documentazione Alpinismo Extraeuropeo (CISDAE). 12 Oltre a tutte le più recenti pubblicazioni di ambito montano e alpinistico, dai periodici alle guide, la biblioteca conserva opere antiche e rare, come descrizioni di itinerari sulle alpi risalenti all’ inizio del ‘700 o riviste alpinistiche di metà ‘800. 13 Durante la rassegna MontagnaLibri si tiene anche la Mostra mercato delle librerie antiquarie della montagna, antichi libri di montagna, cartoline, stampe, incisioni, manifesti e rarità che trattano del mondo alpinistico. 14 L’associazione gestisce 431 rifugi alpini, 228 bivacchi, 71 Capanne Sociali, 28 Punti d’appoggio e 16 Ricoveri per un totale di 23044 posti letto (dato aggiornato al 2011).

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Dal punto di vista della didattica e della diffusione della conoscenza della montagna e della “cultura della sicurezza” dell’andare per monti, sono molte le sezioni che hanno fondato Scuole di alpinismo, scialpinismo e arrampicata15. Le Scuole organizzano corsi, aggiornamenti e stage di formazione di diverso livello. All’interno delle scuole vengono formati istruttori, accompagnatori e altri operatori, che esercitano la loro attività - fondamentale ricordarlo - a titolo completamente gratuito. Per diventare istruttore o accompagnatore CAI in una specifica disciplina bisogna infatti seguire specifici corsi di formazione, superare un esame teorico e pratico, esercitare in maniera continuativa l’attività nell’ambito di una sezione o di una scuola del CAI, nonché seguire periodici corsi d’aggiornamento (pena la perdita del titolo). I titoli riconosciuti dal CAI sono: Istruttore nazionale di alpinismo, Istruttore di alpinismo, Istruttore nazionale di sci alpinismo, Istruttore di sci alpinismo, Istruttore nazionale di arrampicata libera, Istruttore di arrampicata libera, Istruttore snowboard alpinismo, Istruttore nazionale di speleologia, Istruttore di speleologia, Istruttore nazionale di sci fondo escursionismo, Istruttore di sci fondo escursionismo, Accompagnatore nazionale di alpinismo giovanile, Accompagnatore di alpinismo giovanile, Accompagnatore nazionale di escursionismo, Accompagnatore di escursionismo, Operatore nazionale naturalistico del Comitato scientifico, Operatore regionale naturalistico del Comitato scientifico, Operatore nazionale tutela ambiente montano, Operatore regionale tutela ambiente montano, Esperto nazionale valanghe, Tecnico del distacco artificiale, Tecnico della neve, Osservatore neve e valanghe. Infine, importante è l’attenzione che il CAI rivolge alle giovani generazioni. Proprio ai più giovani, infatti, il Club Alpino Italiano ha dedicato un’attività specifica: l’Alpinismo Giovanile e questo nella convinzione che la montagna rappresenti un ambiente altamente educativo e di crescita per i giovani. L’Alpinismo Giovanile ha come scopo principale aiutare il giovane nella propria crescita, proponendogli l’ambiente montano e il gruppo come ambiti di socializzazione e di formazione. Le attività di alpinismo giovanile sono pensate per la fascia di età compresa tra gli 8 e i 17 anni, in modo da avere la necessaria omogeneità in un gruppo di ragazzi e accompagnatori che possa crescere insieme e affiatarsi. Le persone incaricate a portare avanti questa attività (Accompagnatori di Alpinismo Giovanile) devono avere, oltre ad un’ottima formazione tecnica anche una solida preparazione in ambito psicopedagogico. L’Alpinismo Giovanile si propone inoltre di avvicinare i ragazzi alla montagna nel modo più naturale e interessante possibile, per imparare a vivere e godere, con sempre maggiore autonomia, ma in sicurezza e coscienza, un ambiente bello e interessante che necessita di un minimo di “saper fare” per diventare terreno di esperienze, gioco, scoperte, divertimento e passione. Per il raggiungimento delle finalità istituzionali e l’organizzazione delle varie attività, il Club alpino italiano e le sue strutture territoriali dispongono: • delle quote associative, dei contributi ordinari e straordinari dei soci (quota più rilevante); • dai ricavi da servizi diversi (pubblicità, abbonamenti, ecc.); • dai ricavi da pubblicazioni; • dai ricavi dai Rifugi; • dei contributi pubblici; • dei contributi, lasciti e donazioni di soggetti privati; • di altri tipi di entrate, anche derivanti da attività economiche, intraprese a sostegno e per il perseguimento delle finalità dell’associazione. 5.5. Un approfondimento sulle sezioni di Milano, Sondrio e Lecco

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Tra le più antiche e conosciute Scuole del CAI (tra le quali alcune nate poco dopo la fondazione del Club Alpino Italiano), vi sono la Gian Piero Motti e la Giusto Gervasutti del CAI Torino (quest’ultima inizialmente intitolata a Gabriele Boccalatte), la Silvio Saglio della SEM Milano, la Paolo Consiglio di Roma e la Giorgio Graffer di Trento.

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Con un numero pari a 146, la Lombardia è la regione d’Italia con il più alto numero di sezioni CAI. Tra le 146 sezioni Lombarde, quelle di Milano, Sondrio e Lecco (le tre sezioni approfondite) sono tra quelle con il più elevato numero di soci: 7.084 a Milano, 3.603 a Lecco e 1.619 a Sondrio. In Lombardia, infatti, solo le sezioni di Bergamo (10.119, la più numerosa), Brescia (5.138), Como (1.946) e Varese (2.552) hanno un numero di soci superiore o equivalente alle tre sezioni considerate. Oltre ad essere tra le più numerose, le sezioni di Milano, Lecco e Sondrio sono anche tra le più “antiche”, rispettivamente costituitesi nel 1873 (MI), 1874 (LC) e 1872 (SO). Tra le sezioni Lombarde solo quelle di Bergamo (1873), Brescia e Como (1875) vengono fondate in questi anni. Le tre sezioni analizzate si caratterizzano, come vedremo, per alcuni tratti particolari: un forte radicamento territoriale, la complessità della propria articolazione interna e un’offerta di attività molto ampia. Sebbene abbiano alcuni tratti comuni, tuttavia, queste sezioni presentano anche interessanti differenze. La sezione milanese, come vedremo, ha tratti tipici di una sezione di pianura, mentre le altre due realtà analizzate, Lecco e Sondrio, sono sezioni tipiche di città di territori montani. I dati raccolti tramite focus group hanno permesso un approfondimento delle dinamiche sia interne che esterne alle tre diverse sezioni. L’analisi delle interviste e dei focus group procede iniziando con una descrizione dell’organizzazione e delle principali attività delle tre sezioni. Successivamente l’attenzione verrà rivolta ai soci, con un approfondimento delle loro motivazioni, dei cambiamenti osservati nel tempo nel profilo socio-economico dei iscritti al CAI nonché delle domande rivolte dagli iscritti all’organizzazione. Infine si prenderanno in considerazione le questioni legate all’organizzazione delle escursioni, con una particolare attenzione soprattutto all’escursionismo giovanile. 5.5.1 L’organizzazione delle tre sezioni [Milano] La sezione di Milano nasce il 16 novembre 1873, dieci anni dopo la fondazione del Club Alpino a Torino. Sezione storica della Lombardia, il CAI Milano è strutturato in un Consiglio che è composto dai responsabili delle diverse commissioni (sci di fondo escursionismo, sci alpinismo, sci discesa, escursionismo ecc… più la commissione scientifica, quella culturale e quella cinematografica). Da qualche anno, inoltre, all’interno del CAI Milano è stata formata la commissione comunicazione, che ha il compito di collegare le diverse iniziative, in modo da fornire un programma che copre tutto l’anno. Rispetto alle altre sezioni analizzate, una particolarità del CAI milanese è una composizione di soci che è caratterizzata da un elevato numero di professionisti: La composizione del CAI Milano è molto diverso da altri CAI, molti più laureati… professionisti… un profilo molto diverso dalle altre sezioni… [Focus Group MI] Quella di Milano è inoltre una sezione che ha osservato negli ultimi anni una importante crescita di richiesta di partecipazione alle gite. Come sarà approfondito in seguito, tuttavia, si tratta spesso di una domanda di partecipazione con caratteristiche molto diverse rispetto al passato, un cambiamento che ha inciso anche sull’offerta escursionistica della sezione. I nuovi iscritti CAI tendono infatti ad avere un atteggiamento più “consumistico” rispetto alla montagna. L’aumento della domanda non ha portato tuttavia anche ad un aumento dei soci “attivi”, come racconta un intervistato responsabile della Commissione escursionismo:

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Io sono dal 2008 responsabile della commissione escursionismo… e da allora spendo parole perché il martedì sera sia ripristinato, come una volta, una serata di racconto su cosa si è fatto e su cosa si farà la domenica dopo… Ci troviamo qui, alle volte si prende la pizza, ma oramai c’ è talmente tanto da fare che sono poche le persone che partecipano a questi incontri …[Focus Group MI] Il problema del mancato impegno dei soci nella vita organizzativa della sezione, in un momento di crescita della domanda di partecipazione alle gite, è particolarmente problematico per quanto riguarda gli accompagnatori, che nel CAI sono figure volontarie, il cui numero rimane limitato: … forte aumento ma non ci sono abbastanza accompagnatori. Pensando di fare in modo che gli accompagnatori invernali affianchino quelli estivi. Si deve ampliare l’offerta visto l’aumento della domanda.[Intervista presidente MI] [Lecco] Il CAI Lecco (che sovraintende attualmente, dopo il distacco dalla sezione di gruppi che si sono organizzati a livello comunale, anche le sottosezioni di Ballabio, Barzio e Strada Storta) nasce un anno dopo la sezione di Milano. Quella di Lecco è una sezione che appare fortemente radicata nel territorio. Qui le montagne rappresentano una parte importante nella vita dei lecchesi: Lecco ha la montagna e il lago; se dovessi dire dove sta l’ interesse maggiore della popolazione, direi il 30% lago e 70% montagna. Il lecchese nasce con gli scarponcini nei piedi. (Intervista presidente LC) In questa area, l’interesse per la montagna è molto vivo e, complice anche la crisi, si sta negli ultimi anni notando un aumento/ripresa della cultura della montagna: Io direi che la cultura della montagna qui sta incrementando. Viviamo questa fase in cui tutti abbiamo un po’ di paura, viviamo la crisi, i costi si sono un po’ alzati… questo porta oggi ad un aumento del turismo “ locale” e di gruppo. Il lecchese parte da qui e invece di prendere la macchina e andare in Liguria, ritorna a manifestare un interesse per la propria montagna. Un dato che io leggo come un effetto della crisi. Uno dice: dove vado? Parto da Lecco, passo la giornata e spendo di meno. (Intervista presidente LC) A differenza di quanto si è potuto osservare nella sezione di Milano, anche grazie al suo radicamento territoriale, la sezione di Lecco può contare su ampie risorse volontarie che si occupano sia della gestione amministrativa della sezione, sia dell’organizzazione delle gite e delle altre molteplici attività attorno alle quali si svolge la vita della sezione. All’interno della sezione sono attivi sei diversi gruppi: Alpinismo giovanile, Età D’Oro (Gruppo G.E.O.) che si occupa degli anziani, Fondo Escursionismo, Montagnari, Ragni, Speleo e gite sociali. Tutti i gruppi hanno il loro direttivo e la loro struttura organizzativa. Tra questi, il gruppo Ragni gode anche di una ampia autonomia finanziaria e ha al suo interno una propria scuola di arrampicata: Il gruppo Ragni ha un proprio statuto e una propria redazione di bilancio. Tuttavia nel regolamento è previsto che i soci devono essere iscritti alla sezione di Lecco. Quindi è un gruppo autonomo ma fanno sempre riferimento alla sezione. È una forma un po’ ibrida. [Focus Group LC]

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La sezione ha molte relazioni con altre istituzioni e organizzazioni del territorio. Molto importante è la collaborazione della sezione con le scuole, ma diverse sono le collaborazioni anche con altre realtà associative. [Sondrio] La sezione di Sondrio viene costituita lo stesso anno di quella di Milano ed è quindi una delle sezioni più vecchie della Lombardia. Come a Lecco, anche in questo caso siamo in un contesto di montagna in cui la cultura alpina è molto presente tra la gente. A differenza di quanto emerso nell’intervista collettiva a Lecco, tuttavia, i titolati che hanno preso parte al focus group segnalano come la Sezione si trovi immersa in un ambiente sociale permeato da un cultura piuttosto individualistica e chiusa. Sebbene questa sezione sia tra le più numerose, come vedremo, i soci tendono maggiormente a fare attività auto-organizzandosi in piccoli gruppi: Nella nostra zona le persone sono un po’ refrattarie, vanno un po’ per conto loro. Cooperiamo in un ambiente molto individualistico. Tuttavia, la nostra sezione è una delle sezioni con più soci. Ma è una sezione molto diversa da quelle di città. [Intervista vicepresidente SO] La sezione Valtellinese di Sondrio sovraintende 5 sottosezioni: Tirano, Ponte in Valtellina, Valdidentro, Berbenno, Teglio. La sezione Valtellinese e le sottosezioni sono responsabili dell’organizzazione del programma delle escursioni che appare molto ampio e dettagliato, con attività che coprono tutto l’anno e si differenziano per livello di difficoltà: T = Turistica; E = Escursionistica; EE =escursionistica esperti. All’interno della sezione sono attivi anche alcuni gruppi: escursionismo, Sci CAI, Terre Alte, Coro CAI e CAI Giovani che si occupano dell’organizzazione sia di gite sia di attività culturali a tema. La sezione ha inoltre un importante rapporto con la Fondazione Bombardieri con cui vengono portate avanti sia attività culturali che progetti soprattutto rivolti alle scuole superiori. 5.5.2 Le attività della sezione e la comunicazione interna ed esterna [Milano] Una delle caratteristiche qualificanti della sezione milanese è la varietà dell’offerta. Il CAI Milano organizza ogni anno molteplici attività e ha al suo interno una scuola di alta montagna, una biblioteca che contiene 16.000 volumi e un coro di montagna. Questa sezione possiede inoltre 15 rifugi che rappresentano un importante polo di richiamo, come ad esempio il Rifugio Porta al Pian dei Resinelli, che ha 101 anni. Al di là delle gite... la sezione organizza presentazioni di libri, c’ è la biblioteca, ci sono serate a tema, sull’evoluzione dei ghiacciai, ad esempio vengono organizzate delle serate all’esterno, riproponendo degli spaccati del Trento film festival… [Focus Group MI] Tra le varie iniziative culturali organizzate alcune riscuotono maggiore successo, come la rassegna cinematografica a cui partecipano generalmente tante persone, mentre più difficile è interessare le

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persone attorno a iniziative di presentazione di libri. Come segnalano gli intervistati, fino a pochi anni fa la sezione milanese presentava un deficit di comunicazione sia interno che esterno che rendeva il lavoro dei soci volontari molto dispersivo. Le varie commissioni, cioè, tendevano ad agire autonomamente, con poca capacità di collegamento, contando molto sul “passa parola”. Un problema, questo, a cui si sta cercando di porre rimedio con la creazione di una apposita Commissione che si occupa di comunicazione: Quella della comunicazione interna è una nota dolente. A livello di sezione da un paio d’anni questo problema ha iniziato ad emergere. Possiamo dire che una delle nostre caratteristiche era quella di avere tante “chiese” che si parlavano poco… tante “chiesette” dove ognuno faceva la sua attività e promozione al suo interno con il passaparola ecc. Da un paio di anni a questa parte abbiamo notato che le cose stanno cambiando. Abbiamo iniziato a mettere il socio al centro. Abbiamo formato una commissione di comunicazione, che sta iniziando a camminare. Ogni gruppo aveva la sua attività. All’ interno del CAI Milano ci sono diverse commissioni che si occupano di escursionismo ... ecc. E qui perdevamo un po’ i soci perché il socio finiva l’attività di escursionismo perché arrivava la neve e non sapeva che un’altra commissione organizzava attività con gli sci. [Focus Group MI] Da due anni viene inoltre prodotta una pubblicazione in cui viene illustrato tutto il programma delle gite e delle diverse attività della sezione. È stato inoltre sviluppato un sito web e un profilo Facebook. “Mentre prima succedeva che ogni commissione aveva il suo programma ora c’ è un maggiore coordinamento. Con questo modo nuovo di comunicare all’ interno riusciamo a dire al socio: guarda che noi non siamo solo quella cosa lì, ma facciamo anche altro. Questo ha portato a dei risultati. Le persone arrivano in sezione e stanno in sezione tutto l’anno”. [Focus Group MI] Una delle particolarità della sezione è inoltre il fatto che le attività vengono unicamente rivolte ai soci. Questione, questa, su cui c’è un certo dibattito interno: Ci sono delle sezioni che prendono anche degli aggregati. Li chiamano soci non iscritti. Noi invece come sezione di Milano abbiamo stabilito che tutte le persone che fanno attività con noi devono essere iscritte al CAI (CAI nazionale). Altre magari propongono: vuoi provare questa domenica? Provi, ti assicuri e poi decidi. Al nostro interno stiamo discutendo questo….[Focus Group MI] L’investimento della Sezione sulla comunicazione sia interna che esterna è in questo momento una delle questioni centrali. Come sottolineato dai soci titolati intervistati, il lavoro di coordinamento è tuttavia, proprio per il basso numero di volontari disponibili a contribuire alla gestione e organizzazione della sezione, molto difficile: Comunque, per quanto riguarda la comunicazione noi ci stiamo organizzando sia verso l’ interno che verso l’esterno con strumenti moderni. Sempre nel limite del volontariato…. In realtà il problema è che se la sezione fa di più, ma poi non abbiamo i volontari che rendono possibile questi corsi… cosa si fa? Noi siamo tutti volontari. [Focus Group MI]

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[Lecco] Le attività promosse dalla sezione sono le più diversificate. Ogni gruppo della sezione organizza durante l’anno sia escursioni sia attività culturali. Oltre al già menzionato gruppo Ragni, il gruppo Speleo organizza corsi di speleologia e in particolare di speleologia subacquea: Si parte dall’alpinismo di alto livello con il Gruppo Ragni, ma non solo… gestiamo la speleologia e in particolare la speleologia subacquea. Siamo l’unica scuola a livello nazionale che può fare corsi di speleologia subacquea. Facciamo corsi di speleologia con un discreto gruppo anche se la speleologia è sempre un’attività di nicchia. Ma quella decina di persone che fanno il corso sono già un bel successo, di questa pratica dell’alpinismo all’ incontrario. [Focus Group LC] Oltre alla scuola di arrampicata seguita dal Gruppo Ragni, la sezione ha al suo interno anche una scuola di sci di fondo, nonché tre corsi di alpinismo giovanile, organizzati su tre livelli di età: 6-10, 11-14, 15-18, e un trekking organizzato in giro per l’Italia. Tutti corsi, questi, che vedono un ampia quota di partecipazione, come nel caso dei corsi dedicati ai giovani, come racconta il presidente della sezione: La media dei partecipanti … abbiamo circa 100 ragazzi a questi corsi; 60 tra i piccoli e 25-28 sugli altri, forse un pochino di meno nell’ultima fascia anche perché alziamo molto il livello tecnico e quindi non tutti se la sentono… oppure a quell’età vanno da soli… o hanno la morosa… (Intervista presidente LC) Molto intensa è inoltre la collaborazione che la sezione ha con le scuole, soprattutto con le elementari e le medie inferiori. Le attività che il CAI svolge con le scuole spesso, inoltre, coinvolgono anche altre associazioni e cooperative del territorio: Per un anno abbiamo fatto lavorare la scuola con una cooperativa teatrale e su tutto il sentiero abbiamo realizzato balli e musica. Da quest’anno invece vogliamo concentrarci sul sentiero didattico che abbiamo fatto insieme alle cooperative e ai ragazzi per promuovere l’alpinismo giovanile. È un sentiero caratteristico sul Resegone, abbiamo messo informazioni e bacheche che utilizziamo però in questo modo. Ogni 4 mesi cambiamo i cartelli. Nel periodo primaverile mettiamo i fiori… stiamo organizzando un gruppo di persone (la razza in estinzione dei pensionati, ex insegnanti di scienze ecc.) … poi c’ è il periodo dei funghi, mettiamo i funghi… torna l’alpinista, mettiamo delle foto della scalata. Insomma, facciamo nei sentieri dei veri e propri percorsi didattici. Ora vorremo lanciare una proposta con le scuole dicendo che abbiamo queste possibilità, facendo degli opuscoli. Facciamo anche incontri con i professori e interventi nelle classi. [Focus Group LC] Negli anni sono state anche promosse dal CAI di Lecco interessanti collaborazioni con soggetti sociali che si occupano di fasce fragili della popolazione come l’associazione il Gabbiano e la Casa educativa Don Guanella che si occupano dell’assistenza e il reinserimento di soggetti fragili. Da menzionare anche la collaborazione con il Rotary per l’organizzazione di una camminata sul sentiero Rotary, nonché l’iniziativa per i 150 anni della Repubblica. Solidi anche i rapporti che il CAI ha con l’amministrazione comunale. Questa attività coordinata con altri, suggerisce un ruolo del CAI che, in questo territorio, tende a travalicare spesso i temi tradizionali.

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Forse proprio l’aver posto la montagna e la cultura della montagna all’interno di un progetto culturale ampio che intreccia diversi temi e soggetti su progetti di carattere sociale è ciò che garantisce l’ampia partecipazione anche in attività sui temi più specifici dell’organizzazione: Se alle serate letterarie coinvolgiamo circa 60 persone, nelle serate alpinistiche questo numero sale alle volte fino a 500 persone.[Intervista presidente LC] Il CAI di Lecco gestisce inoltre due rifugi che negli ultimi anni hanno notato un incremento di persone. Da due anni inoltre, la sezione produce anche una rivista dedicata esclusivamente all’attività della sezione, poi ci sono le mostre fotografiche e i documentari. A livello di comunicazione esterna poca importanza sembrano ricoprire invece i nuovi sistemi di comunicazione. In generale sembra che a contare principalmente siano le relazioni “off line” e l’uso dei metodi tradizionali di diffusione delle informazioni, come appunto la rivista cartacea e i volantini: Facciamo i volantini, è utilissimo molto il passa parola: il sito non funziona molto bene). [Focus Group LC] In generale sul mancato sviluppo delle potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione (FB, twitter) pesa la struttura del tutto volontaria della sezione: I limiti del volontariato emergono su queste cose. Quando ti trovi di fronte a delle cose che dovrebbero essere gestite a livello professionale, si fa fatica…. Andare fuori con i bambini… uno ci va, ma stare due ore al giorno al computer… Dal punto di vista professionale siamo molto cresciuti… la rivista, c’ è il sito internet, Facebook… La gestione del sito è complesso, se c’ è l’appassionato che gestisce i siti internet… se tu lo dai in mano a lui lo fa diventare il suo sito… e tu ti togli un problema ma te ne trovi un altro… Qui, ognuno nel suo angolino dentro al sito, lo aggiorna, lo fa ecc. La gestione, lo abbiamo provato anni fa… anche con l’esperienza di altri CAI… se dai il sito in mano a qualcuno… poi chi controlla cosa scrive? Il sito ha un potenziale enorme, ma poi va aggiornato… [Focus Group LC] [Sondrio] Anche la sezione di Sondrio è impegnata nella promozione e realizzazione di diverse attività tra cui corsi, scuole e una articolata attività escursionistica: Come sezione portiamo avanti i corsi, oltre al nostro di alpinismo giovanile, ci sono i corsi di alpinismo e di sci alpinismo Per quanto riguarda l’escursionismo ci si occupa di sentieristica e di escursioni di tutti i tipi e per tutte le età sia in campo invernale che estivo, le ferrate. [Focus Group SO] La sezione contribuisce inoltre all’organizzazione, tra le altre, del Sondrio Festival, mostra internazionale dei documentari sui parchi e organizza la manifestazione “Sfinge Alpina”, una manifestazione che si compone di 5 serate molto frequentate in cui vengono proposte alla popolazione i temi dell’alpinismo e delle montagne.

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A cura della sezione anche la produzione del proprio annuario e di alcuni volumi di documentazione come il testo dal titolo “Mostra della montagna e dell’Alpinismo” un volume che raccoglie le fotografie esposte in una mostra organizzata per il 125 anno di fondazione della sezione valtellinese. Anche la sezione di Sondrio rivolge particolare attenzione ai giovani offrendo sia una attività di incontri dedicati alle scuole in progetti sviluppati nell’ambito delle attività promosse con la Fondazione Bombarieri -una fondazione che amministra i beni di Gino Bombardieri che ha lasciato tutti i suoi beni a questa sezione del CAI- come il progetto “la scuola in montagna” il cui obiettivo è quello di educare i giovani alla montagna e che prevede attività in cui si uniscono momenti didattici in cui si trattano argomenti di geologia, meteorologia, cultura alpine, aspetti più tecnici, come quelli relativi alla sicurezza in montagna, a momenti più culturali, legati alla letteratura o legati alla gastronomia (un tema aggiunto nell’ultimo anno). Da due anni, inoltre la sezione ha costituito una scuola provinciale di alpinismo giovanile in collaborazione anche con altre sezioni della provincia. La scuola organizza corsi per ragazzi dagli 8 ai 17 anni. I corsi sono delle uscite semi strutturate comprendente almeno 6 uscite nel campo, generalmente ci sono anche le attività teoriche che però tendiamo a fare sul campo. Come i corsi di alpinismo, anche in questo caso le uscite sono 6. All’alpinismo giovanile si somma lo sci alpinismo con altri corsi con soci superiori a 16 anni (previa dichiarazione del genitore) Quindi noi come alpinismo giovanile abbiamo corsi, e attività promozionale che facciamo nelle scuole elementari, medie, superiori. [Focus Group SO] Le richieste da parte delle scuole sono inoltre in aumento, così come le iscrizioni ai diversi corsi: Così, per darvi il polso della situazione, in primavera avevamo 45 ragazzi; ora [nel mese di giugno 2012 n.d.r.]ho dato i moduli martedì scorso e venerdì eravamo già a 55 iscritti e abbiamo dovuto chiudere. [Focus Group SO] Anche la sezione di Sondrio sta investendo sulle nuove tecnologie della comunicazione. Da poco è online un nuovo sito web e il collegamento internet è stato predisposto nei rifugi (la sezione ne possiede 11). In generale però anche in questo caso l’attenzione per la comunicazione via web appare essere recente, anche per questa sezione sembra prevalere ancora il passa parola fatto tra amici e conoscenti. Il rapporto con le istituzioni è abbastanza consolidato soprattutto per quanto riguarda la promozione di festival e iniziative culturali. Vi è tra l’altro un progetto del Comune di Sondrio per organizzare il museo della montagna. Anche in questo comune il CAI ha una grande autorevolezza: Io sono presidente solo da un anno è mezzo, quando uno inizia a sentire a parlare del CAI si aprono tutte le porte. [Focus Group SO] La sezione di Sondrio ha infine preso parte anche a iniziative su questioni ambientali che in alcuni casi hanno travalicato il tema della montagna come ad esempio la raccolta delle firme delle acque

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pubbliche. Importante è stata anche la presa di posizione contro le motoslitte, iniziativa portata avanti insieme al CAI nazionale. 5.3 I Soci

[Milano] Per quanto riguarda il CAI di Milano, viene evidenziato un importante cambiamento nella tipologia degli associati CAI, soprattutto nel profilo di chi partecipa alle varie attività, dall’escursionismo allo sci ecc. Da un lato viene sottolineato come l’associazione sia invecchiata. Proprio per questo sono state anche avviate delle indagini per capire come stimolare la partecipazione dei giovani. I soci attivi sono molto inferiori rispetto al numero degli iscritti: “Molti soci pagano la quota solo per l’uso della biblioteca la proiezione dei film, le conferenze, ecc. Quanti beneficiano dei nostri servizi è difficile a dirlo; credo che a fare le gite siano più o meno sempre quelli, abbondando direi che girano circa 2.000 persone [int presidente MI]. Nell’anno in media abbiamo circa 1600-1800 presenze di persone che girano e vengono più volte alla gita. Di queste 1800 ne abbiamo 400-500 che costituiscono lo “zoccolo duro” cioè che vengono assiduamente [Focus Group MI] Le gite domenicali sono, per ragioni organizzative, a numero chiuso, circa 53-55 iscritti alla gita, e ci sono molti che rimangono in lista d’attesa. Negli ultimi anni si sta notando tuttavia un forte ricambio generazionale e relativo al profilo sociale tra chi si iscrive alla gita. A Milano si tratta soprattutto di persone che vengono da altre regioni d’Italia o anche dall’estero: Noi stiamo notando che sempre più persone che si iscrivono al CAI hanno dei caratteri particolari: sono qui perché hanno cambiato lavoro o perché sono in vacanza. Ieri c’era un ragazzo nuovo del sud, Nicola, che si è iscritto -ha fatto ieri la sua prima escursione- e mi ha detto che è abruzzese ed è qui in città da solo. Il CAI è conosciuto e ha voluto unire l’aspetto di piacere, atletico, e il fatto di conoscere altre persone. [Focus Group MI] La notorietà del CAI fa in modo che oggi siano molte le persone che si rivolgono all’associazione con motivazioni diverse dal passato, più legate alla socialità rispetto all’interesse per la montagna. Un cambiamento, questo, che si riflette, come vedremo successivamente, anche sull’organizzazione delle gite. Negli ultimi 15-10 anni c’ è stato proprio un cambiamento dell’allievo che si iscrive che è diventato un fruitore occasionale della montagna. Io ho fatto tante cose, ma ho fatto montagna, montagna e ancora montagna. Mentre l’allievo degli ultimi 10 anni sceglie il CAI per la montagna, ma poi fa vela, ecc. Ha molte più offerte che negli anni 60 e 70 non c’erano. [Focus Group MI] Se il numero degli iscritti e di chi partecipa alle gite (o ne fa richiesta) è in aumento, questo però non rafforza l’associazione. Il problema non è tanto, come già accennato, un problema di ricambio dei soci, ma di ricambio degli accompagnatori:

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I giovani che si iscrivono, si iscrivono in tanti, ma alla fine ne rimangono pochi. 2 su 20 faranno gli istruttori e la scuola Parravicini rischia di non avere sufficienti iscritti. Non ci sono più ragazzi giovani che continuano a mandare avanti le cose. È proprio un fatto sociologico…[Focus Group MI] A disincentivare il socio a diventare titolato è, secondo gli intervistati, principalmente un problema di carattere assicurativo: Oramai sono pochissime le persone disposte ad assumersi la responsabilità di un gruppo….Per citare un esempio, si parlava con un socio che sciava bene… per farlo diventare guida… e mi ha subito detto: ma dal punto di visto assicurativo? Magari nasce un po’ di paura anche per questo. Infatti il ruolo di accompagnatore è sempre più affidato a guide che lo fanno per lavoro. [Focus Group MI] Il problema del “mordi e fuggi” è in qualche modo meno sentito nell’escursionismo invernale, che ha caratteristiche diverse, in quanto richiede una maggiore competenza tecnica. Anche qui, però, sembra comunque forte la tendenza –almeno iniziale- ad iscriversi alle attività senza avere le adeguate competenze. Un fenomeno che gli intervistati attribuiscono anche alla diffusione di Facebook e dalla comunicazione online: Tramite Facebook e gli altri social media…le persone vedono e partono in quarta … ma poi fuggono per la fatica. Quelli che restano, due anni, tre anni, si appassionano e restano per diversi anni… ma sono pochi[Focus Group MI] L’età media di chi fa escursionismo invernale va dai 35 ai 50 anni. Importante è l’interesse dimostrato verso il corso di base, che ha raggiunto molta gente giovane: Da quest’anno si sono avvicinati, soprattutto al corso di base, molti giovani. Abbiamo fatto un corso di quasi 60 persone. [Focus Group MI] Più alta la fedeltà tra il gruppo dei Seniores, dove c’è un ricambio annuale dell’ordine del 15%. Al gruppo aderiscono circa 300 persone. In tutti i casi, l’elemento di socializzazione nella gita rimane quello fondamentale. Noi da questi ultimi anni in modo scherzoso diciamo che il CAI sta diventando una sorta di “agenzia matrimoniale”. La gente dà sì importanza alla montagna, ma in modo esponenziale dà importanza alla relazione sociale. Vengono, poi quando conoscono l’anima gemella, spariscono completamente. Sono delle piccole cose che notiamo: da una parte ci dispiace, però dall’altra siamo felici che il CAI riesca ad accogliere. [Focus Group MI] [Lecco] A differenza di quanto avviene nella sezione di Milano, le caratteristiche dei Soci nella sezione di Lecco si sono mantenute pressoché costanti sia nel numero che nel profilo degli associati. Da noi non c’ è stato un grande cambiamento nelle caratteristiche di chi si associa. Non c’ è ad esempio il fenomeno dell’ invecchiamento… è una cosa che mi gratifica molto, noi abbiamo il gruppo giovanile, che si occupa di giovani, è formato da una quarantina di persone. Io sono uno dei più anziani, se non il più

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anziano [intervista presidente LC]. Sul territorio l’associazione ricopre da sempre un importante ruolo ed è molto riconoscibile. Al CAI ci si associa, come dice il Presidente dell’associazione, molto spesso per tradizione: Le ragioni che spingono le persone ad associarsi al CAI? Se devo immaginarmelo, a Lecco c’ è tanta tradizione. Mio nonno era associato al CAI, io sono associato al CAI… [Intervista presidente LC] La percentuale dei soci che partecipano alla vita del CAI è inoltre elevata: La partecipazione all’attività della sezione è altissima. Se parliamo di Alpinismo giovanile questa quota è di circa 100 ragazzi, i GEO sono 300 persone. Le gite sociali coinvolgono 60-70 persone per gita, che non sono sempre le stesse, anzi alle volte c’ è poca integrazione. Direi che di quelli che partecipano alle attività sono circa 1000 persone: c’ è chi partecipa allo sci alpinismo, allo sci di fondo, ci sono i montagnari (che vanno a fare sci alpinismo). Poi dipende dal periodo. 1000 su 3500 iscritti è tanto. [Intervista presidente LC] In particolare a Lecco non sembra presente il fenomeno del mancato ricambio generazionale tra gli accompagnatori e questo grazie al fatto che la sezione organizza il terzo corso per i giovani: Noi abbiamo creato questo terzo corso per i giovani che è fondamentale. Tra i giovani che frequentano il terzo corso, che saranno magari una decina, almeno 5 o 6 si fermano a fare gli accompagnatori. Quindi ormai abbiamo una media di accompagnatori sui 25-28 anni che… non c’ è in altre associazioni… qui i giovani si fermano. Tanti giovani vengono anche da altre sezioni, come dal CAI di Calolzio, … perché loro non hanno la forza economica di fare 3 uscite, perché vuol dire fare 3 pullman, tre escursioni…[Intervista presidente LC] L’attenzione della Sezione nei confronti dei giovani è molto elevata e il problema della difficoltà nel ricambio generale è stata prevenuta tramite lo sforzo di creare iniziative di giovani per i giovani: Per tenere i giovani si devono fare le iniziative anche per loro. Io ho cominciato ad organizzare il trekking ad alta quota per questo motivo, per portare un gruppo di giovani accompagnatori e farli stare insieme, ora si fanno anche le ferie insieme! [Focus Group LC] Viene proprio rintracciata nell’età elevata degli accompagnatori dello sci di fondo la ragione per cui questo sia uno dei gruppi con l’età media più elevata, tra quelli della sezione: Io sono convinto che l’accompagnatore debba essere giovane, perché i ragazzi si identificano di più. Il limite dello sci di fondo è che c’ è un gruppo che sta a capo dello sci di fondo che si deve svecchiare… Non posso pensare che il ragazzo di 20 anni vada al GEO…; se il giro dei ragazzi si trova con un gruppo più giovane probabilmente si sente più a suo agio…[Presidente LC durante il Focus Group] Il CAI di Lecco organizza anche escursioni con altre sezioni, come ad esempio con un gruppo di montagna che non fa parte del CAI che si chiama i G.A.M.B, di Bulciago.

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[Sondrio] Per quanto riguarda gli iscritti, anche la sezione di Sondrio non denota alcun problema di ricambio generazionale e/o di invecchiamento dei soci. Come nel caso di Milano e a differenza di Lecco, invece, anche a Sondrio c’è un problema di ricambio degli accompagnatori e dei “soci” attivi, ovvero di quei soci disponibili a dedicare il proprio tempo all’organizzazione delle attività della sezione: Tra gli iscritti non abbiamo problemi di ricambio generazionale. Tra gli accompagnatori, si. Coinvolgere persone nella didattica all’ interno del CAI è più difficile. [Focus Group SO] Durante il focus group questa difficoltà nel coinvolgimento dei soci in mansioni più organizzative, di gestione e di responsabilità è stato attribuito al fatto che a Sondrio si senta meno la necessità di aggregarsi per fare attività alpinistica. Le montagne sono a due passi e le persone preferiscono aggregarsi in gruppi spontanei, tra amici che già si conoscono. Una situazione ben diversa da quella della città, che proprio perché la montagna va raggiunta, rende necessario l’aggregazione: Una delle differenze tradizionali tra il CAI di pianura e il CAI di montagna è proprio il riconoscere nell’associazione una funzione di utilità. Nel CAI di pianura uno si iscrive per dare una mano. Noi qui ci troviamo in zona di montagna, non abbiamo così bisogno di aggregarci per andare in montagna. Prendendo Milano, solo per lo spostamento, la gente si unisce, forma il pullman. Mentre qui ci si unisce tra umici. La città porta all’aggregazione anche per i trasferimenti stessi, noi abbiamo la montagna a due passi e la gente si auto organizza. Esistono anche tantissimi gruppi spontanei, comunque soci, ma che si auto organizzano le gite. [Focus Group SO] Secondo i titolati intervistati al CAI, nella maggior parte dei casi ci si associa per l’assicurazione e per gli altri incentivi “selettivi”, come ad esempio la possibilità di avere sconti, nei rifugi o nei negozi. A Sondrio, tra l’altro, data la vicinanza del confine Svizzero, la copertura assicurativa del CAI diventa molto più importante che in altre zone della Lombardia (dove per esempio le spese del soccorso con elicottero sono gratis per tutti). Noi abbiamo la Svizzera, che è diversa. Quella del soccorso alpino riguarda per noi il territorio elvetico. Quando succede l’ intervento in Svizzera le quote sono diverse. Gli iscritti al CAI hanno anche uno sconto, molti si iscrivono anche per tradizione. Alle volte iscrivono i figli alla nascita. [Focus Group SO] Tra le giovani generazioni esisterebbe inoltre una minore predisposizione all’assunzione di responsabilità, proprio attribuibile al dilagare dell’individualismo e anche una minore disponibilità di tempo. Da qualche anno, tuttavia, qualcosa sembra stia cambiando; anche all’interno del CAI di Sondrio si è infatti creato un gruppo giovani abbastanza consistente: Il problema è un problema di assunzione di responsabilità e anche il tempo, è difficile che i giovani abbiano il tempo.

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Oggi abbiamo però un gruppo giovani all’ interno del CAI (18-25 anni), sono soci giovani e si spera tra questi si possa trovare qualcuno motivate a diventare accompagnatori. [Focus Group SO] 5.4 Le escursioni

[Milano] Il cambiamento nelle caratteristiche motivazionali dei soci ha alcune conseguenze anche sull’organizzazione delle escursioni. I problemi più rilevanti che comporta l’organizzazione e la conduzione di una gita sono, secondo gli intervistati, il mantenimento della disciplina nel gruppo. Soprattutto l’avere la responsabilità di gruppi disomogenei, come sono oggi quelli che si formano durante le gite CAI, sembra aumentare la preoccupazione di istruttori e accompagnatori: Da parte nostra, la difficoltà più grande è mantenere la disciplina nel gruppo. Riuscire ad avere autorevolezza senza essere autoritari… alla fine noi non abbiamo alcun strumento coercitivo. È difficile definire il momento in cui cessa la responsabilità. La questione è che un gruppo che non è omogeneo si distribuisce magari su un chilometro… che bisogna essere in grado di controllare…[Focus Group MI] Oltre al problema della responsabilità e della sicurezza, un’altra criticità segnalata dagli accompagnatori CAI è quando si iscrive alla gita una persona che ha sottovalutato la difficoltà. Fatti, questi, che stanno aumentando, sebbene tutte le gite siano pubblicizzate nelle “locandine” in cui devono essere indicati certi paramenti: la lunghezza del percorso, calcolato secondo le capacità di un alpinista medio, la pendenza, la difficoltà calcolata dai parametri CAI. Il fatto che alle gite si iscrivano persone che tendono a sottovalutare la situazione o a sopravvalutare le proprie capacità fa in modo che nell’organizzazione delle gite tendano ad essere evitate quelle più impegnative. Di conseguenza la meta viene molto ben calibrata e certe cime “storiche” vengono abbandonate per le gite CAI: La meta per noi è una cosa molto importante… perché ci sono delle cime con caratteristiche storiche… ma non sempre possiamo inserire mete troppo impegnative, perché oggi le persone non vengono… L’appassionato di montagna… va da altre parti. Noi dobbiamo dare a tutti la stessa opportunità di andare in montagna. [Focus Group MI] Alle volte, per venire incontro alle diverse domande, si cerca di diversificare il percorso: Alle volte facciamo delle diversificazioni… ci sono escursioni singole in cui si fanno due percorsi diversi, un sentiero più facile e uno più difficile. [Focus Group MI] La cima, tuttavia, rimane una delle principali attrattive di una gita, anche per ragioni di passaggio. Importante è poi il ruolo che giocano i rifugi, anche per la possibilità che danno di poter differenziare il gruppo, calibrando le difficoltà: Ci sono i rifugi storici… poi i rifugi servono anche per la differenziazione del gruppo. Nel rifugio le persone si possono fermare per riposarsi. Il rifugio è un punto di forza che diventa particolarmente impor-

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tante quando facciamo le 2-3 giorni di trekking, come il pullman… che magari non ci permette di arrivare in certi posti, ma fa gruppo, aggrega. [Focus Group MI] Malgrado questi cambiamenti, le gite del CAI Milano continuano a riscuotere un certo successo e questo sebbene la concorrenza di altri club come Trekking Italia e Montagna Incantata (che per altro ha chiuso la propria attività recentemente). Direi che i programmi degli altri club sono abbastanza simili… Ma in realtà… noi abbiamo sempre persone in lista d’attesa… molto spesso chi viene al CAI frequenta anche altre associazioni. [Focus Group MI] A caratterizzare il CAI rispetto agli altri Club è, secondo gli intervistati, una diversa concezione di montagna e di vivere la montagna. Rispetto gli altri club il CAI mantiene la caratteristica di essere una associazione di soci per i soci. [Lecco] Nella sezione di Lecco le gite e i corsi vengono organizzati dai diversi gruppi e coinvolgono quindi soci in qualche modo omogenei per interessi ed età. Oltre alle gite di fondo, quelle organizzate dal gruppo GEO o dal gruppo dello sci alpinismo, a Lecco è presente anche il gruppo “gite sociali”, che organizza delle uscite cui possono partecipare tutti, nel massimo della sicurezza, abbinando cultura di montagna con camminata. Le gite sociali non sono molto frequenti, si parla di circa 15 gite all’anno, un numero piuttosto esiguo se si tiene conto che ad esempio il gruppo GEO, che è quello più fidelizzato, organizza gite circa 50 volte all’anno. Il frequentatore della gita sociale è generalmente una persone che vuole andare in montagna soprattutto per conoscere i luoghi, senza il desiderio di fare particolari sforzi. In queste gite l’età è molto variabile e va dai ragazzi di 20 anni alle persone di più di 80 anni. I principali problemi che si affrontano in questo tipo di gita riguardano la diversità delle persone e la difficoltà di gestire, ad esempio, chi corre e chi va più piano. In generale però a Lecco non ci sono problemi di sopravvalutazione o sottovalutazione come quelli evidenziati dagli accompagnatori di Milano. In quasi tutti i gruppi le gite, tuttavia, vengono sempre organizzate prevedendo una alternativa. Anche in questo caso, la disomogeneità dei gruppi è meno evidente nello sci di fondo e alpinistico, dove la tecnica è comunque un filtro. Per quanto riguarda la tipologia di gite di cui fanno richiesta i soci, non si sono osservati grandi cambiamenti rispetto al passato. A questo riguardo qualcuno sottolinea come alcuni soci richiedano alle volte di organizzare escursioni con un maggiore livello di difficoltà, ma l’accogliere queste richieste ridurrebbe il numero di persone che partecipano alle gite: Rispetto alle richieste… non mi sembra che siano molto cambiate…. Forse c’ è la ricerca di cose più impegnative, ma se fai cose troppo impegnative riduci il numero. [Focus Group LC] Da un partecipante al focus group viene inoltre evidenziato come, rispetto al passato, chi fa escursioni tenda ad avere più aspettative sul capo gita:

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… si affidano di più sul capo gita… oggi troviamo escursionisti che sono alle prime esperienze. L’escursionista una volta aveva già le sue esperienze. [Intervista presidente LC] L’organizzazione della gita deve poter tener conto di diverse esigenze, cercando il più possibile di soddisfare domande che possono anche essere diverse, per questo: La meta è la cosa fondamentale… C’ è una scelta che può essere determinata dall’appetibilità dell’ itinerario… se la fai troppo prestigiosa hai poca gente e hai problema di sicurezza… Se la fai troppo di massa, hai problemi con il pullman. [Focus Group LC] Dalle interviste emerge inoltre come la crisi economica imponga di porre particolare attenzione al costo economico delle diverse gite. Una attenzione che, tuttavia, non deve ridurre la qualità della proposta: Quello che conta è “più siamo meno spendiamo”, ma dopo devi dare un servizio perfetto. È quello il punto base. Se tu fai una gita e l’articolazione è perfetta, la gente lo dice, e la prossima volta hai 10 persone in più. [Focus Group LC] Proprio per le difficoltà economiche, inoltre, rispetto al passato si tendono a preferire nell’offerta escursioni in luoghi “vicini”. Inoltre, si sottolinea come i soci CAI non vogliano solo camminare, ma anche conoscere i luoghi, approfondendone le caratteristiche: Poi l’utenza non vuole solo camminare, c’ è una richiesta di cultura, la montagna è cultura. Se io vado a far fondo devo sapere tante cose del fondo. Bisogna cercare i posti giusti… Devi avere un bel posto, dare le informazioni, e poi contattarli tutti… Noi teniamo anche i prezzi bassi.. [Focus Group LC] Soprattutto per i soci del gruppo “Età d’Oro” molta importanza per la gita la assume il rifugio. Per i soci di questo gruppo si cerca inoltre di proporre delle gite che siano articolate in due percorsi, uno più lungo e l’altro più breve: Il rifugio è per noi molto importante. Per quanto ci riguarda, visto che ci sono le persone che non hanno più la forza e l’ impegno di andare chissà dove… allora la gita viene divisa in due. Si parte tutti insieme, poi un gruppo si ferma al rifugio e l’altro continua… Certo che il rifugio costa, dai 40 ai 60 euro la mezza pensione, e oggigiorno... [Focus Group LC membro gruppo GEO]. A spingere le persone ad associarsi a CAI e a scegliere questa associazione per passare le proprie domeniche sono, secondo il Presidente del CAI di Lecco quattro fattori: Perché vede un ambiente che non ha mai visto, vede paesaggi nuovi. Perché ha un costo relativamente ridotto. Perché va in pullman e non muove la macchina. Perché va con qualcuno che lo “guida” e secondo me questo è importante [Intervista presidente LC] D’altronde i componenti del focus group tendono a condividere che il CAI è riuscito negli anni a

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costruirsi una certa reputazione basata su un offerta qualificata e un rapporto di fiducia con i propri associati, posto anche che tutti coloro che lavorano per il CAI lo fanno a titolo volontario: La cosa che attrae di più è: non so dove vado ma sono guidato dal CAI, c’ è una fiducia nell’associazione. Per noi il punto focale è la montagna… da noi nessuno corre il rischio di essere portato in montagna per poi trovarti a comprare le pentole… Non c’ è la montagna per farti pagare e fare business… centrale c’ è la volontà di far conoscere la montagna, noi siamo tutti volontari. [Focus Group LC] [Sondrio] Anche tra i partecipanti al focus group di Sondrio emerge come le domande di chi va in montagna oggi si sono fortemente modificate. In particolare viene evidenziato come negli anni si sia osservato un aumento degli escursionisti e una riduzione degli alpinisti. Questo cambiamento ha portato anche ad una modificazione nelle proposte di gite proposte dal CAI, ma anche all’emergere di alcuni problemi, come ad esempio quelli relativi alla gestione dei rifugi di alta montagna, che hanno progressivamente visto ridursi il numero di presenze. La riduzione del numero di alpinisti è, secondo gli intervistati, attribuibile da un lato al cambiamento delle condizioni ambientali che rendono oggettivamente di difficile praticabilità alcuni percorsi, dall’altro dal venire meno dell’idea di “scoperta” e di “conquista” che spesso era alla base dell’alpinismo: Sicuramente è cambiato l’ambiente, alcune vie alpinistiche di alcuni anni fa presentano oggi delle difficoltà dovute al cambiamento ambientale…inoltre quando è nato il CAI la maggior parte delle cime qui non erano state nemmeno esplorate. Si è passati da una fase di conquista ad una fase di conoscenza. [Focus Group SO] Cambiamenti, questi che hanno portato ad un cambiamento anche in questo caso dell’offerta del CAI. L’aumento degli escursionisti di media e bassa montagna ha infatti imposto che le gite vengano maggiormente calibrate sulle capacità fisiche degli associati. Quelle primaverili sono più facili, di tipo E, la gente è poco allenata. Poi mettiamo dentro anche le ferrate. [Focus Group SO] La sezione tuttavia non organizza scampagnate o gite per escursionisti occasionali. Le gite sono organizzate, presentate sui dépliant stampati dalla sezione, mettendo ben in evidenza i diversi gradi di difficoltà. Tra i titolati CAI intervistati sembra inoltre, più che nelle altre sezioni analizzate, prevalere un orientamento molto più attento alla montagna che all’aspetto di socializzazione che le gite favoriscono: La gita tradizionale non c’ è più…Questo tipo di gita era generalmente scelta da gruppi di persone che volevano fare una scampagnata… tipo le gite che organizza il CAI Milano… da noi questa tipologia di gite non c’ è più… la nostra attività è organizzata per tipologia di utenza… Normalmente, come raccontano gli intervistati, il gruppo che frequenta le gite offerte dalla sezione tende, nel 90% dei casi, a conoscersi già. Il programma viene redatto dal gruppo che organizza le gite che durante le escursioni rileva le opinioni dei soci di cui poi il gruppo tiene conto. Il proselitismo

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passa quindi attraverso le reti strette che i gruppi riescono ad aggregare tramite relazioni dirette e amicali. Ancor più che nella sezione di Lecco, a Sondrio sembra emergere la centralità della competenza tecnica, che viene ritenuta fondamentale, per motivi di sicurezza, anche per attività considerate più semplici, come ad esempio le ciaspolate: Le ciaspole sono nate nei paesi nordici per spostamenti, quindi escursioni abbastanza brevi. Mentre in questo periodo da noi sono cresciuti a dismisura, fondamentalmente per un fenomeno di moda. Abbiamo molta più gente d’ inverno con le ciaspole che d’estate a camminare. Mi sono trovato a mille metri a tornar giù con le ciaspole… già è pericoloso lo sci alpinismo, ma con le ciaspole è una trappola... [Focus Group SO] 5.5 L’escursionismo e i giovani

[Milano] Sebbene la quota dei iscritti sotto i 35 anni che si associano alla sezione del CAI di Milano sia in aumento, a differenza di quanto avviene nelle sezioni di Lecco e di Sondrio, la sezione milanese non possiede alcun programma specifico per i soci più giovani. La sezione non organizza inoltre alcuna attività con le scuole della città, attività che vengono ritenute più semplici da attivare nelle cittadine di provincia. In generale nelle diverse attività proposte dalla sezione sembra prevalere una forte monotematicità su argomenti specifici e principalmente tecnici, cosa che, secondo gli intervistati, molto spesso sembra spingere i giovani che frequentano i corsi ad aggregarsi tra di loro subito dopo aver acquisito la tecnica, smettendo quindi di frequentare il CAI. Dagli intervistati a questo riguardo viene sottolineato come gli aspetti più legati alla diffusione della cultura della montagna e alla conservazione dell’ambiente che erano una tempo elementi centrali nell’attività delle sezioni, si siano via via perduti facendo venir meno anche le motivazioni ideali che garantivano anche una certa stabilità e partecipazione da parte dei soci: Secondo me c’ è un po’ un limite … tendenzialmente parliamo troppo di sci di fondo e basta… Nei nostri ragionamenti si parla inoltre troppo spesso di questioni organizzative … mentre dovremmo forse capire meglio quale è la nostra posizione sull’ambiente per far trovare anche ai giovani la loro posizione. [Focus Group MI] Se ai vertici del CAI nazionale, anche attraverso la TAM (Commissione Centrale per la Tutela dell’Ambiente Montano), l’escursionismo e la montagna sono mezzi per una educazione ambientale, dalla discussione durante il focus group si evidenzia una certa frattura tra i vertici e la base. Ai vertici sicuramente si prendono delle posizioni… che possono essere simili a quelli di Legambiente, ma alla base non ci sono sempre le stesse sensibilità… magari si va in giro e non si buttano le cartacce… ma non c’ è la stessa attenzione e sensibilità come alla base. [Focus Group MI] [Lecco] A differenza di quanto accade a Milano, come già evidenziato, a Lecco c’è una estrema attenzione verso i più giovani, testimoniata dalle molte iniziative di collaborazione rinnovate annualmente con le scuole del territorio e dai corsi che la sezione ha attivato e che coinvolgono i bambini da

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6 anni in su. Come viene sottolineato durante il focus group, l’obiettivo del CAI per quanto riguarda le giovani generazioni non è tanto quello “agonistico”, ma quello di passare alle giovani generazioni l’amore e la cultura della montagna: A noi non interessa, soprattutto con i bambini, affrontare difficoltà particolari… per noi avvicinarli all’alpinismo vuol dire farli camminare in mezzo alla natura, mandarli insieme a bambini della stessa età. Noi abbiamo dei ragazzi a partire dai 6 anni…[Focus Group LC] La montagna emerge quindi al centro di un progetto educativo più ampio che prima di tutto porta i bambini a “fare gruppo”. La dimensione di gruppo, infatti, a detta degli intervistati, rende più facile superare la fatica, far raggiungere ai bambini la “cima”, che poi vuol dire educarli che per raggiungere degli obiettivi bisogna fare fatica: Noi da genitori possiamo testimoniare che quando il nostro figlio veniva con noi faceva sempre fatica. Quando aveva 14 anni abbiamo trovato una guida ed è stato molto più facile e di fatto si è appassionato, e ancora a 40 anni va in montagna. Ma quando era piccolo noi non riuscivamo a dargli la vera motivazione. È stato una guida alpina che ha davvero coltivato la sua passione. [Focus Group LC] Sono spesso figli di non lecchesi a mandare i figli al CAI. Il 60% dei bambini che frequentano il nostro corso di base, non sono lecchesi… Abitano qui, ma non sono lecchesi. [Focus Group LC] Per quanto riguarda i bambini, viene sottolineato come i genitori si fidino dell’associazione, cosa che spiega anche l’alto tasso di fedeltà registrato tra gli iscritti di questa sezione: Se il genitore vede che il gruppo fa un lavoro di preparazione e coglie questo insegnamento e sa che nel gruppo ci sono persone preparate… affida il figlio con tranquillità. [Focus Group LC] Secondo gli intervistati il tasso di “fedeltà” al CAI, anche da parte dei più giovani, non ha eguali sul territorio e questo sebbene esistano altre associazioni che si occupano di montagna e promuovono corsi di alpinismo: In altre associazioni lecchesi non riescono a far partire corsi di alpinismo giovanile perché non hanno la stessa credibilità che il CAI si è guadagnato negli anni. Il CAI a Lecco, che tra due anni fa 150 anni di attività continuativa, è la prima realtà come alpinismo giovanile… [Focus Group LC] [Sondrio] Così come a Lecco, anche la sezione di Sondrio rivolge molta attenzione ai soci giovani ( da 0 ai 17 anni) che rappresentano circa il 10% degli iscritti (159). Un risultato, questo, che gli intervistati attribuiscono all’attività di alpinismo giovanile e all’importanza che anche in questa provincia ricopre tradizionalmente la montagna. Anche qui molti dei giovani che si iscrivono al CAI sono spesso figli di persone che amano e frequentano la montagna. Sulla quota giovani della sezione pesa positivamente anche l’attività del gruppo giovani, un anello importante di collegamento tra l’alpinismo giovanile e quello praticato dalle persone più adulte.

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A Sondrio esistono infatti: due categorie di giovani che frequentano la sezione: quelli che frequentano corsi, che sono seguiti da istruttori titolati e che vengono dall’esterno della sezione; il gruppo giovani, che è organizzato autonomamente. Sono giovani che vanno dai 18 in su, sono soci, e promuovono le cose di loro interesse che non sono della tradizione del CAI. [Focus Group SO] Il gruppo giovani è un gruppo che si è autorganizzato all’interno della sezione e che negli anni è stato capace di rinnovare profondamente l’offerta tradizionale del CAI con attività meno convenzionali ma di forte attrattività come lo Street Climbing e i concerti ad alta quota organizzati presso il rifugio Marinelli. 5.6. Conclusioni

Nel disegno complessivo del progetto VETTA, l’approfondimento sulle sezioni del CAI aveva l’obiettivo di esaminare i cambiamenti osservabili all’interno di un segmento particolare di escursionisti, ovvero coloro che vanno in montagna tramite un’associazione. Il radicamento territoriale del CAI, nonché la sua esperienza nell’organizzazione delle attività escursionistiche, fa di questa associazione un interessante studio di caso attraverso cui cercare di comprendere come l’associazionismo di settore si sia modificato nel tempo, nonché quali cambiamenti siano osservabili nei caratteri degli iscritti e nelle domande che essi pongono all’associazione. Dall’analisi svolta è emerso come i punti di forza del CAI consistano nella sua diffusione territoriale capillare (presente in tutte le regioni d’Italia con ben 496 sezioni) e nella sua notorietà. Il CAI è infatti una organizzazione molto conosciuta e riconosciuta tra la cittadinanza (del CAI si ha «fiducia»). Secondo gli intervistati, i principali punti di debolezza consisterebbero invece nella perdita d’identità registrata negli ultimi decenni, nonché nei problemi connessi all’invecchiamento dell’associazione come ad esempio la difficoltà di ricambio generazionale tra i titolati. Sebbene ci siano queste criticità, i dati sia a livello nazionale che a livello regionale (lombardo) denotano negli ultimissimi anni, a partire del 2005, una certa ripresa del numero degli iscritti. Come affermano alcuni intervistati, tale crescita sarebbe interpretabile come una conseguenza dell’acuirsi della crisi economica. La diminuzione delle capacità di spesa da parte degli individui sembrerebbe infatti incentivare all’aggregazione (tendenza evidente anche in altri settori dell’associazionismo). L’analisi, e il raffronto tra le tre esperienze, ha evidenziato inoltre come in alcuni contesti, più che in altri, le sezioni siano riuscite a lavorare meglio sulle criticità e sulle nuove possibilità offerte dai cambiamenti dal contesto territoriale in cui si trovano ad operare; particolarmente fruttuose si sono dimostrate la sinergie che alcune sezioni locali sono riuscite ad avviare con le scuole e le altre associazioni del territorio (in particolare nella sezione di Lecco). In alcuni sezioni (come a Lecco ed a Sondrio) le caratteristiche del contesto rendono chiaramente più facile l’azione dell’organizzazione, che infatti riesce a mantenere e, in alcuni casi, a rafforzare il suo ruolo sul territorio, mettendo a disposizione le numerose competenze interne e le sensibilità dei volontari. In altre (a Milano), l’intermittenza nella partecipazione dei soci (in particolare coloro che si sono avvicinati all’associazione negli ultimi anni) sembra invece rendere più difficile la gestione dell’attività della sezione, soprattutto per la difficoltà di portare avanti il lavoro organizzativo potendo

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contare solamente su un numero molto circoscritto di “soci attivi”. Se a spiegare la tenuta nelle iscrizioni sono certamente l’autorevolezza e la fiducia/sicurezza che il CAI garantisce, ancora molto sottoutilizzate sembrano le potenzialità delle nuove tecnologie dell’informazione, potenzialità che, se ben sfruttate, potrebbero contribuire non solo a richiamare nuovi soci, ma anche a sollevare da alcuni carichi organizzativi e gestionali i volontari attivi su cui ricade il lavoro e la responsabilità della sezione. Nelle testimonianze degli intervistati sono emersi inoltre alcuni interessanti spunti di riflessione che potrebbero suggerire alcune linee strategiche su cui sarebbe utile proseguire l’attività delle diverse sezioni: da un lato l’opportunità di “fare rete” con altri attori del territorio, dall’altro la necessità di stimolare l’attività dei giovani affidando a loro direttamente la sperimentazione di nuove iniziative (come nel caso della sezione di Sondrio). Riferimenti bibliografici

Albanesi C. (2004) I focus group, Roma, Carocci editore. Club Alpino Italiano (2012), Annuario 2012, CAI -sezione valtellinese. Sondrio (2011) Annuario, Club Alpino Italiano (2007) Rapporto sull’attività dell’anno 2009, CAI - Sede centrale Club Alpino Italiano (2009) Rapporto sull’attività dell’anno 2008, CAI - Sede centrale. Club Alpino Italiano (2010) Rapporto sull’attività dell’anno 2000, CAI - Sede centrale. Club Alpino Italiano (2011) Rapporto sull’attività dell’anno 2010, CAI - Sede centrale. Corrao S. (2005,) Il focus group, Milano, FrancoAngeli.

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Capitolo 6 6.1 Progetto Mas - montagna amica della salute - i senior in montagna di Renata Viviani1

Renata Viviani , Presidente Club Alpino Italiano Regione Lombardia

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Il progetto Interreg VETTA: per avvicinare bambini ragazzi e seniores alla montagna.

Le attività e i progetti che si sviluppano nel Club Alpino Italiano hanno nell’articolo 1 dello Statuto riguardante le finalità dell’associazione, il principale punto di riferimento: “…l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne e la difesa del loro ambiente naturale”. Nel corso dei 150 di vita del CAI si è compiuta una profonda evoluzione culturale nella percezione del mondo della montagna che ora sollecita a rimodulare l’articolo 1, come auspicato dall’illustre past president Annibale Salsa, contemplando all’interno degli scopi, anche l’attenzione alla relazione tra l’Uomo e la Montagna. Questa introduzione mi serve per spiegare la scelta fatta dal CAI Lombardia, di individuare i due segmenti anagraficamente estremi - bambini/ragazzi e soci seniores - dei frequentatori della montagna quali beneficiari/soggetti del progetto strategico Interreg V.E.T.T.A. “Valorizzazione delle esperienze e dei prodotti Turistici Transfrontalieri delle medie e Alte quote” . Il Progetto VETTA è molto articolato e vede come capofila la Regione Piemonte e il Canton Ticino con partner di Progetto Regione Lombardia, il Cantone Grigioni, la Provincia Autonoma di Bolzano il Club Alpino Italiano Regione Lombardia, Club Alpino Italiano Sezione Novara, Club Alpino Italiano Sezione Villadossola, IREALP – Istituto di Ricerca per l’Ecologia e l’Economia oltre alla partecipazione di Ticino Turismo, l’ATSE -Associazione Ticinese Sentieri Escursionistici e il Polo di Poschiavo, Centro di competenza per la formazione continua e l’accompagnamento di progetti di sviluppo riconosciuto a livello cantonale e federale. Come si vede, il partenariato consente di abbracciare l’arco alpino quasi nella sua totalità, permettendo di aprire interessantissimi canali di collaborazione che potranno andare oltre il progetto in questione. Il progetto del CAI Lombardia si inserisce in questo ampio contesto e muove dalla convinzione che frequentare la montagna è ben più di un esercizio ginnico - sportivo, di una prestazione fisica e può rappresentare un’importante opportunità ludica, formativa e relazionale, opportunità che possono essere felicemente colte dai target individuati. Come riuscire ad avvicinare queste fasce di popolazione alla montagna? Come fare per essere propositivi ed attrattivi, direi anche competitivi con le numerosissime e più comodamente fruibili proposte che la società del consumo avanza? Come riuscire a disseminare i valori positivi che la montagna suscita in noi appassionati, soprattutto rivolgendosi alle nuove generazioni? L’aiuto necessario ad affrontare questa sfida ci viene dall’articolato mondo del CAI che, quando si tratta di promuovere la montagna, non si sottrae all’impegno. Il progetto rivolto ai bambini e agli adolescenti La commissione lombarda di Alpinismo Giovanile ha sviluppato negli anni una qualificata ed approfondita esperienza, che poggia le basi sull’importante progetto educativo che è patrimonio di tutto l’Alpinismo Giovanile (vedi: www.ag-lom.it). Grazie a questo patrimonio di esperienza che integra la base teorica ad una forte connotazione operativa, con la regia della commissione regionale di alpinismo giovanile, unitamente alla collaborazione dei gruppi di alpinismo giovanile di alcune sezioni coinvolte, è stato possibile progettare e dar corso alla realizzazione di un progetto pilota finalizzato all’avvicinamento di bambini e adolescenti alla montagna. La prima fase è stata dedicata all’ approfondimento necessario per consentire agli adulti coinvolti

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di comprendere meglio il mondo dei più giovani, i suoi bisogni e la strada per accedervi. La complessità dei temi in campo ha richiesto un approccio serio e non improvvisato. E’ stata pertanto realizzata un’attività formativa con un primo modulo, gestito da uno psicologo, rivolto agli accompagnatori di alpinismo giovanile che nel corso di numerosi incontri con essi ha trattato e ad approfondito, con modalità interattive, le tematiche legate alle dinamiche di gruppo, sia riguardanti gli adulti che i ragazzi, allo sviluppo psicologico degli adolescenti ed al beneficio psicologico generato dal rapporto con l’ambiente naturale e dalle attività svolte in montagna. Le attività sul campo si realizzano e sono mediate attraverso le relazioni umane, imprescindibili e strumento primo attraverso il quale si trasmettono conoscenza e significati. La seconda fase del progetto giovani si è realizzata direttamente in montagna, grazie alla collaborazione di un’ équipe di esperti (psicologo, esperto ambientale, geologo ed architetto) che hanno affrontato la preparazione e la realizzazione delle uscite con un metodo interdisciplinare, integrandolo con gli obiettivi propri dell’alpinismo giovanile del CAI. Gli esperti sono stati impegnati con gli accompagnatori di Alpinismo Giovanile nel proporre un “valore aggiunto” alle uscite ed alle attività istituzionali svolte in montagna, indicando un allargamento di prospettiva che ha consentito ai gruppi di bambini e di ragazzi coinvolti nel progetto di cogliere appieno, oltre all’innegabile e ricercato contenuto ludico, gli elementi a valenza ambientale, antropologica, storica e naturalistica connessi all’ambiente montano. E’ stata dedicata una particolare attenzione alla proposta di uno “sguardo speciale” indirizzato a sé stessi, alla relazione con gli altri e a quella del singolo e del gruppo rivolta all’ambiente. Valorizzare l’esperienza personale e di gruppo in montagna, con la sua eco emotiva e cognitiva, fatta di esperienze sensoriali ancestrali, quali il grandioso, il verticale, il vuoto, il vasto, l’impervio, il buio ed il temporalmente rallentato può diventare un fattore di attrazione difficilmente riscontrabile nelle proposte della vita quotidiana, dominata dal virtuale, dall’addomesticato e dal vorticoso. Le uscite in ambiente montano si sono svolte svolgere nell’ambito dei tutto il territorio interessato dal progetto VETTA (province di Varese, Como, Lecco, Sondrio- con il giro del Bernina-, in Piemonte, Cantoni Grigioni e Ticino, provincia autonoma di Bolzano) ed hanno coinvolti i gruppi di Alpinismo Giovanile appartenenti a tutta la Regione Lombardia. Le esperienze ed il materiale generato, sono stati raccolti attraverso schede sinottiche elaborate per la realizzazione di pubblicazioni e materiale video per consentirne la valorizzazione, la diffusione e la riproducibilità presso altre agenzie educative rivolte ai più giovani, con lo scopo di avvicinare ed avvincere giovani e giovanissimi alla montagna, straordinario laboratorio di vita. E’ stato inoltre girato e prodotto un breve film “Un mondo…TROVATO!” , realizzato con il materiale delle uscite sul territorio, che racconta la storia di un ragazzino che si appassiona alla montagna e la frequenta con un gruppo di amici. Il film è destinato alle scuole e alle situazioni aggregative non necessariamente appartenenti al CAI e si prefigge di suscitare interesse per la montagna anche in chi non l’ha mai considerata come opportunità. Il progetto rivolto ai seniores Il progetto rivolto agli escursionisti anziani, che nel CAI sono denominati seniores, muove dall’analisi dei nuovi tesseramenti al sodalizio: in Lombardia essi annoverano elevati picchi di prime iscrizioni successive al pensionamento. Abbiamo presenti nelle sezioni gruppi molto numerosi di soci seniores, formati sia da soci storici

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che da soci di nuova iscrizione. Questi gruppi di soci più anziani sono contraddistinti da maggior disponibilità di tempo, messa sovente e generosamente a disposizione delle sezioni in svariate attività istituzionali, e da un’assidua attività escursionistica nei giorni feriali. Non di rado è presente un’elevata e varia professionalità che permette a questi gruppi sezionali di esprimersi con competenza a vari livelli. I gruppi seniores lombardi sono molto organizzati ed efficienti, hanno una storia anche ventennale e sono collegati in rete tra di loro attraverso il sito internet www.caiseniores.lombardia.it che funge da veicolo di comunicazione e scambio. Vederli così operativi e dinamici porta a pensare che, a priori, andare in montagna anche in età più avanzata, sia un toccasana. Si osserva però che l’aumento dell’età può essere portatore di patologie correlate e quindi è utile approfondire il tema per potersi esprimere nel merito a proposito. La letteratura di medicina di montagna sull’argomento è piuttosto limitata e quindi si è valutato di sviluppare, all’interno del progetto VETTA, una ricerca specifica, finalizzata ad approfondire la relazione tra la frequenza della montagna ed l’età più avanzata. La ricerca ha preso avvio e si è articolata utilizzando due filoni metodologici: il primo, quantitativo, ha avuto l’obiettivo di tracciare una “descrizione tipo” dell’escursionista anziano, evidenziandone le caratteristiche peculiari. Per la realizzazione di questo “profilo” vi è stata la necessità di disporre di grandi numeri sui quali esercitare un’osservazione e una rilevazione di dati scientifica. Il progetto ha preso il via grazie all’entusiasmo ed alla disponibilità della commissione seniores lombarda e dei gruppi seniores sezionali aderenti. Essi hanno realizzando delle escursioni in montagna, con caratteristiche rispondenti a criteri di difficoltà ed altimetria individuati e si sono sottoposti ad un questionario strutturato, ante e post uscita, contenente items relativi alle abitudini di vita, alle condizioni di salute, alle terapie in corso, agli aspetti psicologici… Le rilevazioni sono state seguite da medici e psicologi che hanno accompagnato le uscite, anche con la funzione di cogliere le problematiche osservabili e riferite dai partecipanti. La complessità logistica dello studio, della rilevazione, della computazione dei dati e della loro raccolta è stata superata grazie alla notevole capacità auto organizzativa e professionale dei soci seniores. I risultati dei questionari hanno fornito una messe di dati che ha permesso di descrivere compiutamente le caratteristiche dell’escursionista più anziano e, unitamente alle osservazioni raccolte, di individuare gli argomenti principe che meriteranno approfondimento. Il secondo filone della ricerca, di tipo qualitativo e specialistico ed è andato a condurre uno studio comparativo tra un gruppo sperimentale costituito soggetti sani che frequentano la montagna, non affetti quindi da patologie e che non assumono farmaci, e un gruppo di controllo formato da soggetti sani, con caratteristiche sovrapponibili al primo gruppo ma sedentari. Il progetto complessivo che ha coinvolto i soci seniores è stato denominato MAS, Montagna Amica della Salute e si è sviluppato grazie ad un accordo di collaborazione con il Dipartimento di Medicina dell’Università dell’Insubria di Varese. Va detto che alcuni dei professionisti che collaborano al progetto sono volontari CAI: medici ed esperti appartenenti a professionalità tecnico/scientifiche di alto livello. I risultati delle ricerche e gli approfondimenti seguenti stanno fornendo strumenti di analisi utili alla valutazione del beneficio e delle criticità riguardanti la frequenza della montagna in età avanzata, consentendo di partecipare al dibattito scientifico sul tema, affinché si possa valutare in che modo la montagna è davvero amica della salute e quindi contribuire alla promozione della sua frequenza, anche quando non si è più giovani e la si può apprezzare, forse maggiormente, nella sua condizione di minor affollamento.

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Capitolo 7 7.1 Montagna e salute - montagna è salute: il profilo medico-sanitario degli escursionisti seniores nel progetto VETTA

di Marco Cosentino1, Simona Lombardo2, Franca Marino3, Carlo Plaino4

Marco Cosentino è Professore di Farmacologia nell’Università degli Studi dell’Insubria, Direttore del Centro di Farmacologia Medica e della Scuola di Specializzazione in Farmacologia Medica e docente di Farmacologia in diversi corsi di Laurea di area medica, tra cui il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e il Corso di Laurea in Scienze Motorie 2 Dott.ssa Simona Lombardo Dottore in Farmacia (Università degli Studi di Milano) specializzata in Farmacologia e Dottore di ricerca in Farmacologia Clinica e Sperimentale Università dell’Insurbia. Collabora con il Centro di Ricerca in Farmacologia Medica dell’Università degli Studi dell’Insurbia. 3 Franca Marino è Ricercatore di ruolo in Famacologia nell’Università degli Studi dell’Insubria, Coordinatrice del Corso di Dottorato di Ricerca in Farmacologia Clinica e Sperimentale e docente di Farmacologia in diversi corsi di Laurea di area medica, tra cui il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia. 4 Carlo Plaino è psicologo clinico specializzato in psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale. 1

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Il Progetto VETTA per gli escursionisti seniores L’ambiente montano è particolarmente indicato per svolgere un’attività fisica adeguata agli obiettivi di mantenimento delle migliori condizioni di salute, soprattutto in età avanzata. Con l’aumento dell’aspettativa di vita e conseguentemente del numero di persone anziane, anzi, è in costante aumento il numero di coloro che anche in là con gli anni si dedicano ad attività in montagna. E’ tuttavia di importanza fondamentale che l’approccio alla montagna sia corretto e prenda in considerazione un’adeguata programmazione e gestione delle eventuali condizioni patologiche preesistenti nonché delle terapie farmacologiche ad esse correlate. La ricerca medica sta rivolgendo un’attenzione crescente ai diversi aspetti della salute e del benessere in ambiente montano per vari motivi. Da un lato, la montagna richiede un certo grado di forma fisica e dal momento che questa declina con l’età il rischio di infortuni in ambiente montano aumenta nell’anziano.5 D’altra parte, la montagna rappresenta un ambiente ideale per svolgere un efficace e piacevole esercizio fisico specie per le persone anziane ed è quindi estremamente importante definire le premesse migliori per la sua realizzazione. E’ importante ricordare che ben poche sono le condizioni patologiche per le quali è controindicata un’attività fisica quanto meno moderata in ambiente montano (tra queste ricordiamo le malattie infiammatorie croniche e le vasculopatie cerebrali, che peraltro controindicano soprattutto la permanenza in alta quota). Informazione e preparazione corrette contribuiscono in maniera determinante ad avvicinare alla montagna persone con malattie e condizioni che, pur potendo beneficiare grandemente di un adeguato programma escursionistico (ad esempio, cardiovasculopatie, diabete mellito), tendono a ridurre al minimo l’attività all’aperto a causa di timori in gran parte infondati. Il profilo degli escursionisti seniores La “fotografia” degli escursionisti seniores è stata scattata mediante la somministrazione di un questionario compilato su base volontaria da parte dei partecipanti alle diverse escursioni organizzate dal CAI Lombardia nel corso della stagione 2010-2011. Il questionario si articolava in diverse sezioni, tra le quali - oltre ad una per la raccolta delle essenziali informazioni anagrafiche e personali - quelle dedicate alle abitudini alimentari, all’esercizio fisico, alle condizioni di salute, alle abitudini personali ecc. In questo capitolo verranno presentati e discussi i risultati riguardanti il profilo medico-sanitario e di salute, mentre il capitolo xxx di questo stesso volume è dedicato ai risultati riguardanti l’atteggiamento psicologico e i benefici delle escursioni in montagna per il benessere psicologico.6 I risultati si riferiscono a 601 escursionisti (200 dei quali di sesso femminile, corrispondenti al 37% circa), di età compresa tra i 50 e gli 86 anni e distribuiti prevalentemente (50%) nell’intervallo di età 62-70. Di essi, solo 5 risultavano sottopeso (con un indice di massa corporea [body mass index, BMI] ≤18,5), mentre il 32,4% era in sovrappeso (BMI ≥25 e <30) e oltre il 5% poteva definirsi francamente obeso (BMI ≥30). Il dato, seppure non positivo in assoluto, è pur sempre migliore di quello riportato dall’ISTAT per l’anno 2005 riferito alla generalità della popolazione italiana,7 che (nelle fasce di età corrispondenti) risultava sovrappeso nel 37,5-46,1% dei casi e francamente obesa nel 10,4-14,8%. Complessivamente, una o più patologie sono state dichiarate da 323 persone (quasi il 54% del totale, in misura simile nelle femmine e nei maschi). Tra le malattie più comunemente segnalate (da

Burtscher M. Endurance performance of the elderly mountaineer: requirements, limitations, testing, and training. Wien Klin Wochenschr 2004, 116: 703-714. 6 Carlo Plaino: “Lo spirito del Senior C.A.I.: Atteggiamenti e benefici nelle escursioni in montagna. 7 ISTAT: Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari - Anno 2005. 5

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almeno 10 persone), si ritrovavano quelle a carico del sistema circolatorio, del sistema endocrino e del metabolismo, del sistema genito-urinario, dell’apparato muscolo-scheletrico, del sistema digerente e del sistema respiratorio. Le malattie del sistema circolatorio sono state indicate da 151 persone (il 46,7% del totale, con una certa prevalenza dei maschi rispetto alle femmine [49,8% vs 40,6%]). Tra queste, le più comuni erano l’ipertensione essenziale (109 persone, corrispondenti al 72,2% di chi aveva dichiarato malattie circolatorie), le cardiopatie ischemiche (11, 7,3%) e le aritmie cardiache (11, 7,3%). Per la maggior parte delle persone con malattie cardiovascolari, una regolare e adeguata attività fisica può fornire significativi benefici. La montagna risulta controindicata per le persone con cardiopatie sintomatiche o con ipertenzione polmonare, a causa del notevole lavoro aggiuntivo richiesto al sistema circolatorio e al sistema respiratorio dalle condizioni legate alle basse temperature e alla riduzione della pressione barometrica. Tab. x.1 – Prevalenza di patologie (classificazione ICD-10)8

Le malattie del sistema endocrino e metabolico venivano al secondo posto con 58 persone (18,0%). Tra di esse le dislipidemie (ipercolesterolemie e ipertrigliceridemie) erano le più frequenti (32 persone, 55,2% di tutte le malatite di questa categoria, con una netta prevalenza nei maschi rispetto alle femmine [38,1% vs 66,7%]), seguite dal diabete mellito (14, 24,1%) e dai disturbi della tiroide (12, 20,7%). L’attività fisica è parte integrante delle modificazioni comportamentali raccomandabili alle persone con displipidemia, specie se accompagnate da altre condizioni che comportino un elevato rischio cardiovascolare (ad es., sovrappeso, ipertensione, fumo di sigaretta). Nel diabete mellito, l’at-

Ministero della Sanita: Dipartimento per l’ordinamento sanitario, la ricerca e l’organizzazione, Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati, 10ª revisione.

8

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tività fisica riduce il fabbisogno di insulina: si tratta di un effetto senza dubbio benefico ma del quale va tenuto conto, per evitare il rischio di ipoglicemia. E’ raccomandabile un monitoraggio attento della glicemia durante le escursioni in montagna, specie se impegnative. Va in ogni caso sottolineato come l’ambiente montano sia particolarmente adeguato per migliorare le condizioni metaboliche delle persone con diabete mellito.9 Le malattie del sistema genito-urinario riguardavano 27 persone (8,4%), tutti maschi e prevalentemente affetti da ipertrofia e/o infiammazione della prostata. Le malattie del sistema muscolo-scheletrico venivano indicate da 21 persone (6,5%) e tra queste spiccavano i disturbi osteoporotici (12, 57%), che beneficiano di una regolare attività fisica. Tra le malattie del sistema digerente (indicate da 18 persone, 5,6%) le più frequenti erano esofagiti e gastriti (13, 72%) mentre venivano riportati due soli casi di colite e uno di diverticolite. Infine, tra le malattie del sistema respiratorio (13 persone, 4,0%) le più comuni erano le bronchiti acute e croniche, le broncopneumopatie croniche ostruttive e l’asma (9, 69%). Val la pena sottolineare, a completamento del profilo clinico di questa popolazione, che su 601 partecipanti all’indagine: • soltanto 25 (4,2%) dichiaravano di essere fumatori; • poco più del 64% controllava regolarmente la pressione arteriosa e meno del 41% effettuava controlli periodici del sistema cardiovascolare; • 17 (2,8%) erano portatori di by-pass cardiaci; • 16 (2,7%) avevano protesi ossee; • 70 (11,6%) avevano subito traumi durante l’attività in montagna. I partecipanti che dichiaravano l’assunzione di farmaci erano in tutto 422 (oltre il 70% del totale), corrispondenti al 73% del maschi e al 61% delle femmine (Tabella x.2). I farmaci più frequentemente utilizzati erano quelli per il sistema cardiovascolare, quelli classificati “per il sangue e organi emopoietici”, per l’apparato gastrointestinale e il metabolismo, per il sistema genito-urinario, per il sistema muscolo-scheletrico e i preparati ormonali per uso sistemico. Il profilo di impiego dei farmaci era come prevedibile in accordo con la natura delle malattie riportate (al primo posto quelle sistema circolatorio, quindi patologie metaboliche quali in diabete mellito, del sistema genito-urinario, dell’apparato muscolo-scheletrico, del sistema digerente e del sistema respiratorio). Tab. x.2 – Farmaci assunti (classificazione ATC)10 n

%

C – Sistema cardiovascolare

241

57,1

B – Sangue e organi emopoietici

51

12,1

A – App. gastrointestinale e metabolismo

33

7,8

G – Sist. genito-urinario e ormoni sessuali

19

4,5

M – Sistema muscolo-scheletrico

19

4,5

H – Prep. ormonali sist. (escl. orm. sessuali e insuline)

17

4,0

N – Sistema nervoso

9

2,1

L – Ff. antineoplasitci e immunomodulatori

3

0,7

ATC

3 0,7 S – Organi di senso Mountain for Active Diabetics - www.diabetic.friendsinhighplaces.org e in Italia A.D.I.Q. - Alpinisti Diabetici in Quota 2 0,5 P – Ff.- http://www.adiq.org/ antiparassitari 10 WHO Collaborating Centre for Drug Statistics Methodology: ATC/DDD Index 2013 - http://www.whocc.no/ 2 0,5 R – Sistema respiratorio atc_ddd_index/ 9

D – Dermatologici J – Antimicrobici generali per uso sistemico Farmaci per l’osteoporosi Farmaci per la prostata

118

1

0,2

1

0,2

2

0,5

4

0,9


G – Sist. genito-urinario e ormoni sessuali

19

4,5

M – Sistema muscolo-scheletrico

19

4,5

H – Prep. ormonali sist. (escl. orm. sessuali e insuline)

17

4,0

N – Sistema nervoso

9

2,1

L – Ff. antineoplasitci e immunomodulatori

3

0,7

S – Organi di senso

3

0,7

P – Ff. antiparassitari

2

0,5

R – Sistema respiratorio

2

0,5

D – Dermatologici

1

0,2

J – Antimicrobici generali per uso sistemico

1

0,2

Farmaci per l’osteoporosi

2

0,5

Farmaci per la prostata

4

0,9

Farmaci per la tachicardia

1

0,2

Altro

14

3,3

Totale

422

100,0

Tra i farmaci per il sistema cardiovascolare (impiegati da 241 persone, il 57,1% del totale di coloro che facevano uso di farmaci), quelli più comunemente utilizzati sono varie categorie di antiipertensivi (ACE inibitori, 64 persone, 26,6% del totale di chi utilizza farmaci cardiovascolari; betabloccanti, 39 persone, 16,2%; calcioantagonisti, 19 persone, 7,9%; antiipertensivi vari, 50 persone, 20,7%), oltre ai farmaci per le dislipidemie (56 persone, 23,2%) e ai diuretici (7, 2,9%). Non esiste alcuna controindicazione all’escursionismo in montagna nel caso in cui si utilizzi questo tipo di farmaci. Va tuttavia considerato che soprattutto gli antiipertensivi sono tra i farnaci che con più facilità possono dare effetti indesiderati specie in alta quota a causa dei loro effetti di vasodilatazione (rischio di ipotensione ortostatica, collaso). I diuretici inoltre, favorendo la perdita di liquidi, espongono a un aumento del rischio di disidratazione. In generale, è ragionevole aspettarsi che durante un’escursione in montagna si riduca la necessità di assumere antiipertensivi. E’ inoltre prevedibile che una regolare attività escursionistica (come del resto una regolare attività fisica) riduca sensibilmente la necessità di utilizzare farmaci per controllare la pressione arteriosa, sebbene manchino studi scientifici in tal senso. I farmaci cosiddetti “per il sangue e gli organi emopoietici” (utilizzati da 51 persone, 12,1% del totale) erano in realtà rappresentati esclusivamente da anticoagulanti (warfarin, acenocumarolo) e antiaggreganti (prima di tutto aspirina). A proposito di questi ultimi, il rischio di emorragie in alta quota associato al loro impiego ha portato a controindicarli nell’alpinismo. Non esistono in ogni caso evidenze di rischi per il normale escursionismo. I farmaci per l’apparato gastrointestinale e il metabolismo (33 persone, 7,8%) erano soprattutto antiacidi e antiulcera, mentre tra gli antidiabetici in un solo caso veniva riportato l’uso di insulina. Questo dato, insieme al ridotto numero di casi di diabete mellito riportato nella totalità di questa popolazione (14, 2,3% del totale) sembra suggerire che, nonostante i ben noti benefici dell’attività fisica per questa patologia (già discussi in precedenza), vi sia ancora un diffuso timore riguardo alla possibilità, specie in età avanzata, di avvicinarsi all’escursionismo in montagna. E’ evidente la necessità di una adeguata attività di informazione e anche di formazione, non soltanto per i pazienti ma anche (e forse soprattutto) per i medici e gli operatori sanitari in generale. Tra i farmaci per il sistema genito-urinario (19 persone, 4,5%) vi erano soprattutto sostanze antia-

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drenergiche utilizzate nell’ipertrofia prostatica. Si tratta di farmaci con effetti simili agli antiipertensivi della medesima categoria farmacologica, e gli utilizzatori andrebbero preavvertiti dei medesimi possibili effetti (ipotensione). I farmaci per il sistema muscolo-scheletrico (19 persone, 4,5%) erano rappresentati in maggioranza da farmaci per l’osteoporosi, di cui già si è detto. Infine, i preparati ormonali per uso sistemico (17 persone, 4,0%) erano in primo luogo ormoni tiroidei. A tal proposito va considerato come una discreta quantità di attività fisica sia sempre raccomandata nella terapia integrata degli stati di insufficienza della funzione della tiroide. La montagna è salute: l’escursionismo come prevenzione e terapia Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’attività fisica, definita come qualsiasi movimento corporeo prodotto dai muscoli scheletrici che richiede impiego di energia. L’inattività fisica (mancanza di attività fisica) è stata identificata come il quarto fattore di rischio per la mortalità globale (globalmente, il 6% di morti).11 In particolare, regolari e corretti livelli di attività fisica consentono nell’adulto di: • ridurre il rischio di ipertensione, coronaropatie, ictus, diabete, tumore del colon e della mammella, depressione e rischio di cadute; • migliorare la salute ossea e scheletrica e la funzionalità complessiva dell’organismo; • mantenere un adeguato equilibrio energetico e un buon controllo del peso. L’attività fisica è associata a molteplici benefici per la salute e il benessere, quali ad esempio: un rischio ridotto di tumori di qualsiasi genere e in particolare al colon, alla mammella, al polmone e all’apparato riproduttivo. Si stima ad esempio che l’inattività fisica sia la principale causa di circa il 21–25% dei tumori del colon e della mammella, del 27% dei casi di diabete e del 30% delle cardiopatie ischemiche.12 L’OMS sottolinea come l’espressione “attività fisica” non vada confusa con “esercizio”. Quest’ultimo costituisce una sottocategoria dell’attività fisica che è pianificato, strutturato, ripetitivo e finalizzato nel senso che l’obiettivo è il miglioramento o comunque il mantenimento della forma fisica. L’attività fisica comprende l’esercizio, nonché le altre attività che coinvolgono il movimento corporeo e sono effettuate come parte del gioco, del lavoro, degli spostamenti, delle faccende domestiche e delle attività ricreative. Incrementare l’attività fisica non rappresenta dunque soltanto un problema individuale, bensì un obiettivo e una priorità della società. E’ di conseguenza necessario un approccio indirizzato alla popolazione, multisettoriale, multidisciplinare, prima di tutto indirizzato a livello culturale e formativo. Vi è ampio consenso sul fatto che non vi sia bisogno di attività particolarmente vigorose e che i benefici per la salute possano derivare da un’attività fisica moderata.13 L’attività fisica costituisce una potente terapia che coinvolge in maniera volontaria e consapevole il sistema nervoso e l’organismo nel suo complesso in modo integrato (in contrapposizione alle terapie farmacologiche, che presuppongono assenza di partecipazione e coinvolgimento e hanno usualmente bersagli molto più limitati). L’attività fisica regolare ha effetti estremamente importanti sul sistema nervoso centrale, migliorando significativamente la perfusione della corteccia prefrontale e parientale e incrementando le funzioni esecutive.14 E’ stato documentato che una regolare attività fisica, consihttp://www.who.int/topics/physical_activity/en/ Shephard RJ, Shek PN. Associations between physical activity and susceptibility to cancer: possible mechanisms. Sports Med 1998, 26: 293-315. 13 Shephard RJ. How much physical activity is needed for good health? Int J Sports Med 1999, 20: 23-27. 14 Colcombe SJ, et al. Cardiovascular fitness, cortical plasticity, and aging. Proc Natl Acad Sci USA 2004, 101: 3316–3321. 11

12

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stente nel camminare per almeno un’ora al giorno per 5-7 giorni a settimana, in adulti precedentemente sedentari aumenta il volume dell’ippocampo (una parte del cervello che svolge un ruolo fondamentale nella memoria a lungo termine e nell’orientamento spaziale).15 Questa osservazione è in accordo con gli studi che mostrano come individui attivi e in buona forma fisica abbiano un ippocampo di volume maggiore rispetto a persone sedentarie della stessa età.16 E’ ben noto, d’altra parte, che l’attività fisica regolare è un efficace antidepressivo e protegge dalle patologie cardiovascolare, dal diabete e dalla demenza.17 E’ interessante notare come l’effetto di aumento di volume dell’ippocampo sia analogo a quello che si ottiene con un’attività intensiva di studio e apprendimento.18 L’attività escursionistica in montagna, potendo essere tra l’altro calibrata sulle esigenze e le possibilità individuali grazie alla vasta scelta di ambienti, itinerari e condizioni climatiche e stagionali, presenta potenzialità senza eguali. E’ di conseguenza quantomeno sorprendente constatare come siano ancora decisamente pochi gli studi che abbiano esaminato le condizioni di salute psico-fisica degli escursionisti e gli effetti della montagna sugli stati di salute e slle diverse condizioni patologiche. Tra questi, un recente studio in Giappone ha preso in considerazione 176 escursionisti che svolgevano la loro attività a medie quote, rilevando come oltre il 70% di essi avesse più di 50 anni e il 75% degli escursionisti sopra i 70 anni presentasse problemi medici. Di particolare interesse, la pressione arteriosa sistolica e diastolica aumentava con l’età prima dell’inizio dell’escursione ma tale differenza non era più rilevabile in quota.19 In un altro studio si sono considerati i fattori di rischio legati alle condizioni di salute in relazione alla possibilità di morte cardiaca improvvisa in montagna, rilevando che gli scalatori morti improvvisamenti avevano con maggiore frequenza storia di precedente infarto miocardico, malattie coronariche, diabete, ipercolesterolemia e frequentavano la montagna con minore regolarità, mentre per gli sciatori si aveva con maggiore frequenza storia di infarto del miocardio, ipertensione, coronaropatie e ancora una volta minore regolarità negli allenamenti.20 La montagna può d’altra parte rappresentare un vero e proprio presidio terapeutico. Ad esempio, qualche tempo fa uno studio esaminò gli effetti di un programma di escursioni di circa 4 km l’una in ambiente montano su un gruppo di 12 persone con malattia di Parkinson, concludendo come le escursioni migliorassero le prestazioni motorie fino a tre mesi di distanza dall’escursione medesima, oltre a migliorare la sicurezza e l’autostima individuale.21 Non va infine sottovalutato il ruolo dell’escursionismo in montagna anche come fattore motivazionale e di aggregazione sociale. Anche questi aspetti sono di estremo rileivo specialmente in età avanzata. Una adeguata percezione della propria collocazione in una comunità, all’interno di una rete di relazioni sociali positive e in grado di fornire reciproco supporto e di fornire solidi obiettivi e signi-

Erickson KI, et al. Exercise training increases size of hippocampus and improves memory. Proc Natl Acad Sci USA 2011, 108: 3017–3022. 16 Erickson KI, et al. Aerobic fitness is associated with hippocampal volume in elderly humans. Hippocampus 2009, 19: 1030–1039. 17 Si vedano ad esempio: Babyak M, et al. Exercise treatment for major depression: Maintenance of therapeutic benefit at 10 months. Psychosom Med 2000, 62: 633–638 oppure Rovio S, et al. Leisure-time physical activity at midlife and the risk of dementia and Alzheimer’s disease. Lancet Neurol 2005, 4: 705–711. 18 Draganski B, et al. Temporal and spatial dynamics of brain structure changes during extensive learning. J Neurosci 2006, 26: 6314–6317. 19 Saito S, Tobe K, Harada N, Aso C, Nishihara F, Shimada H. Physical condition among middle altitude trekkers in an aging society. Am J Emerg Med 2002, 20: 291-294. 20 Burtscher M. Risk of cardiovascular events during mountain activities. Adv Exp Med Biol 2007, 618: 1-11. 21 Sunvisson H, Lökk J, Ericson K, Winblad B, Ekman SL. Changes in motor performance in persons with Parkinson’s disease after exercise in a mountain area. J Neurosci Nurs 1997, 29: 255-260. 22 Boyle PA, Buchman AS, Barnes LL, Bennett DA Effect of a purpose in life on risk of incident Alzheimer disease and mild cognitive impairment in community-dwelling older persons. Arch Gen Psychiatry 2010, 67: 304–310. 15

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ficati è in grado di progeteggere efficacemente contro gli effetti deleteri dello stress cronico sui diversi prgani e apparati e contro la demenza.22 In altri paesi esistono da tempo esperienze di associazioni e organizzazioni che promuovono in maniera sistematica tutti questi aspetti insieme alla promozione di un’attività fisica regolare e adeguata, con eccellenti risultati per quanto riguarda la salute e il benessere psicofisico in età avanzata.23 E’ ragionevole ritenere che l’escursionismo in montagna possegga tutte le caratteristiche necessarie per supportare programmi orientati alla promozione della salute psicofisica e alla prevenzione: l’argomento merita la massima attenzione sia dal punto di vista della ricerca medica applicata che della progettazione strategica di programmi innovativi per i movimenti e le associazioni che si occupano dell’argomento. Anche in questo senso, con la realizzazione del Progetto V.E.T.T.A. il CAI Lombardia si è posto in un ambito estremamente innovativo e con grandi potenzialità di sviluppo e di ricaduta sociale. 7.2 “Lo spirito del Senior C.A.I.: Atteggiamenti e benefici nelle escursioni in montagna.*

Premessa Il C.A.I. Lombardia, a partire dall’anno 2010, con il progetto V.E.T.T.A. (Valorizzazione delle Esperienze e dei Prodotti Turistici Transfrontalieri delle Medie ed Alte Quote) ha programmato un progetto pilota per l’avvicinamento dei giovani e degli anziani alla montagna per facilitare e sviluppare la valorizzazione dei prodotti turistici transfrontalieri connessi all’escursionismo. Nello specifico, per quanto riguarda le azioni intraprese a favore delle sezioni dei senior, due risultavano essere gli obiettivi principali: 1) raccogliere dati sul profilo dei seniores che frequentano la montagna, 2) verificare gli effetti della “Montagnaterapia” su un gruppo ristretto di soci. In questa sezione approfondiremo, attraverso l’analisi dei risultati ottenuti, alcuni aspetti inerenti all’obiettivo 1 ovvero agli elementi salienti sul profilo seniores che frequentano la montagna; ci soffermeremo in particolare su due caratteristiche rilevanti ovvero l’atteggiamento che motiva la frequentazione della montagna e la possibilità dell’ambiente montano di fungere da ansiolitico per gli escursionisti e quindi di diventare uno strumento di benessere che contribuisce attivamente alla salute intesa come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità” (OMS, 1948). La salute è quindi un concetto positivo che valorizza le risorse personali e sociali, come pure le capacità fisiche di un individuo. La salute si raggiunge allorché si sviluppino e mobilitino al meglio le proprie risorse, in modo da soddisfare prerogative sia personali (fisiche e mentali), sia esterne (sociali e materiali). Salute e malattia non sono pertanto condizioni che si escludono a vicenda, bensì punti terminali di una comune continuità. Il campione intervistato è composto da 601 soggetti che hanno risposto al questionario predisposto durante le escursioni in montagna realizzate durante l’anno 2011. Con un’età minima di 50 anni ed una massima di 86, sono state intervistate 220 donne e 373 uomini. La sezione di interesse, che sarà approfondita nel corso di questo capitolo, riguarda gli atteggiamenti con i quali i soggetti affrontano l’escursione e l’eventuale effetto terapeutico che la stessa può produrre nella percezione del proprio benessere.

Fried LP, et al. A social model for health promotion for an aging population: Initial evidence on the Experience Corps model. J Urban Health 2004, 81: 64–78. * Il presente punto è stato curato da Carlo Plaino.

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Gli atteggiamenti e gli interessi personali Assumendo come “atteggiamento” una disposizione relativamente costante dell’individuo a rispondere con determinate modalità affettive, cognitive e comportamentali alle situazioni esterne ed alle contingenze (Galimberti, 1992) si è proceduto alla rilevazione, attraverso una scala likert che permettesse di esprimere il diverso grado di accordo/disaccordo, delle tematiche prevalenti che motivano all’escursione in montagna. Le tematiche sono di seguito elencate: Perché decide di andare in montagna? • Per il piacere di camminare • Per il gusto della natura e del paesaggio • Per stare in compagnia • Per conseguire e mantenere una forma fisica • Per rilassarmi mentalmente • Per mettermi alla prova • Per rigenerare me stesso Che tipo di attività preferisce svolgere in montagna? • Passeggiata • Escursionismo • Sentieri attrezzati, ferrate, vie alpinistiche La sua attività in montagna si realizza prevalentemente… • In gruppo organizzato • In gruppo di amici • In coppia • Da solo Durante l’escursione in montagna è molto concentrato… • Sulla sicurezza ed incolumità personale • Sull’avventura e sul rischio • Sulla meta da raggiungere

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• Sulle relazioni fra i compagni di escursione • Sul paesaggio e contesto ambientale Quando vado in montagna… • Mi rilasso • Mi rigenero • Mi metto alla prova • Mi diverto • Mi sento in compagnia Dall’analisi dei dati e delle risposte fornite sono emersi, attraverso l’analisi fattoriale, 4 profili principali dei senior rilevabili dalle diverse modalità con le quali ci si approccia all’ambiente montano e ci si relaziona ad i compagni di escursione. L’analisi fattoriale ha permesso di incrociare e mettere in correlazione le diverse risposte fornite permettendoci di isolare le macro-tipologie di motivazione personale che spingono ogni soggetto a far parte del C.A.I. ed a partecipare, con regolare costanza, alle iniziative escursionistiche della propria sezione. Un primo profilo è caratterizzato dai temi legati alla “Rigenerazione personale e valorizzazione ambientale” ed è composto da tutti quei soggetti che: Vanno in montagna per: • Il piacere di camminare • Il gusto della natura e del paesaggio • Rilassarmi mentalmente Preferiscono come attività da svolgere in montagna: • Escursionismo Durante l’escursione sono molto concentrati: • Sul paesaggio e contesto ambientale Quando vanno in montagna: • Mi rilasso • Mi rigenero Un secondo profilo è caratterizzato dai temi legati alla “Socialità e spirito di gruppo” ed è composto da tutti quei soggetti che: Vanno in montagna per: • Per stare in compagnia • Il gusto della natura e del paesaggio • Rilassarmi mentalmente Preferiscono andare in montagna: • In gruppo organizzato

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• In gruppo di amici Durante l’escursione sono molto concentrati: • Sulle relazioni fra i compagni di escursione Quando vanno in montagna: • Mi diverto • Mi sento in compagnia Un terzo profilo è caratterizzato dai temi legati alla “Esercizio fisico e fitness personale” ed è composto da tutti quei soggetti che: Vanno in montagna per: • Conseguire e mantenere una forma fisica • Mettermi alla prova • Per rigenerare me stesso Durante l’escursione sono molto concentrati: • Sulla sicurezza ed incolumità personale • Sulla meta da raggiungere Quando vanno in montagna: • Mi metto alla prova Ed infine il quarto profilo è caratterizzato dai temi legati alla “Ricerca di emozioni e di avventura” ed è composto da tutti quei soggetti che: L’attività preferita da svolgere in montagna • Sentieri attrezzati, ferrate, vie alpinistiche Preferiscono andare in montagna: • Da solo • In coppia Durante l’escursione sono molto concentrati: • Sull’avventura e sul rischio La varietà delle motivazioni alla montagna appare quindi da questi risultati eterogenea e varia poiché spazia dalla ricerca di socialità a quella di emozioni forti, dalla valorizzazione ed apprezzamento del paesaggio montano alla necessità di svolgere attività fisica; tutti fattori che contribuiscono in maniera significativa al benessere soggettivo e percepito dal senior. Ansia e sensazioni fisiche

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Elemento aggiuntivo, indagato nella sezione VI del questionario, che conferma quanto il benessere soggettivo percepito sia maggiore al completamento di un’escursione è apparsa la rilevazione effettuata con modalità pre/post con l’utilizzo del misuratore STAI-Y (State-Trait Anxiety Inventory). Ricordiamo che per ansia di stato intendiamo una manifestazione caratterizzata da un’interruzione del continuum emozionale e che provoca una rottura nell’equilibrio emotivo della persona. Può esprimersi per mezzo di una sensazione soggettiva di tensione, preoccupazione, inquietudine, nervosismo, reattività. Risulta associata ad una attivazione del sistema nervoso autonomo il quale provoca una serie di attivazioni fisiologiche. Elevati livelli di ansia di stato risultano particolarmente spiacevoli, disturbanti e addirittura dolorosi, al punto di indurre l’individuo a mettere in atto dei meccanismi comportamentali di adattamento finalizzati a porre fine a queste sensazioni. L’ipotesi iniziale del disegno di ricerca sperimentale prende piede da un principio abbastanza logico che abbiamo ritenuto importante validare con i dati: se andare in Montagna fa bene > si vivranno sensazioni fisiche positive > che abbasseranno il livello di ansia (percepita dal soggetto) > ed aumenteranno il livello di benessere individuale percepito.

Per confermare questa ipotesi prima di iniziare l’escursione è stata somministrata la scala sull’ansia di stato e, alla fine dell’escursione stessa, è stata nuovamente somministrata; si sono quindi confrontati i punteggi ottenuti dai 402 soggetti ammissibili, poiché completati tutti gli item del questionario, e si è proceduto all’analisi delle differenze fra ciò che veniva percepito dai soggetti prima e dopo l’escursione. I risultati hanno verificato e validato l’ipotesi che la montagna eserciti un potere “ansiolitico” sugli escursionisti: mentre la media rilevata nei soggetti prima dell’escursione era pari a 28,78 (con deviazione standard pari a 6,56), alla conclusione dell’escursione lo stesso indicatore era pari a 26,29 (con deviazione standard pari a 5,2) ovvero con una differenza media di -2,49 statisticamente significativa. Appare quindi rilevante la capacità dell’ambiente montano di riuscire ad abbassare, mediamene e significativamente, la percezione di eventuali disagi sia fisici che psichici riconducibili al quadro clinico dell’ansia. Questi risultati appaiono in linea con le evidenze relative agli effetti potenzialmente benefici a livello psicologico di una regolare attività fisica: • Riduzione dello stato di ansia

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• Miglioramento degli stati depressivi • Miglioramento dell’umore e della stima di se stessi • Riduzione dello stress

In generale possiamo affermare che un’attività fisica, opportunamente programmata, risulta quindi importante per permettere ad ogni individuo una migliore qualità ed aspettativa di vita. Gli elementi psicologici collegati al benessere dell’escursione sono collegabili ad un fattore specifico definibile come “autoefficacia” (Bandura, 1973) ovvero la capacità di un individuo di porsi un obiettivo e sentirsi capace di raggiungerlo. I senior che frequentano un’escursione sperimentano questa sensazione di raggiungimento di un obiettivo che influenza, attraverso un determinismo triadico reciproco, anche l’autostima e l’autorealizzazione rendendo quindi l’esperienza molto potenziante dal punto di vista soggettivo. Fare esperienze gratificanti per sé aumenta la stima che abbiamo di noi stessi e quindi la risposta ad uno dei bisogni fondamentali dell’individuo (Maslow, 1954). Conclusioni Come si è potuto osservare dai dati sopra esposti sembra proprio che la montagna faccia bene non solo al fisico ma anche allo “spirito”. I fruitori della montagna sono motivati da quattro atteggiamenti fondamentali che orientano le loro azioni e le modalità con cui si relazionano all’ambiente montano. I soci animati dalla “Rigenerazione personale e valorizzazione ambientale” godono dell’ambiente montano e dei suoi paesaggi, rilassandosi nel trekking e provando un gran piacere nel semplice “camminare”, rilassandosi quando si recano in montagna. I senior animati da “Socialità e spirito di gruppo” preferiscono l’uscita in compagnia, valorizzando i legami sociali ed i rapporti interpersonali come valore aggiunto all’escursione stessa, per divertirsi in gruppo. Coloro che sono invece spinti da valori legati all’“Esercizio fisico e fitness personale” desiderano maggiormente mantenere la forma fisica dando importanza alla sicurezza ed all’incolumità personale nonché alla meta da raggiungere come obiettivo dell’esercizio fisico.

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Infine i senior motivati dalla “Ricerca di emozioni e di avventura” sono più propensi a vivere la montagna con modalità solitarie e tecniche, utilizzando ferrate ad esempio, con preparazione tecnica elevata mantenendo il focus del trekking sul tema dell’avventura. A prescindere dagli atteggiamenti rilevati si è comunque potuto constatare, attraverso i dati, che tutti beneficiano indistintamente e significativamente di una riduzione del livello di ansia e di sensazioni fisiche ad essa correlate alla fine dell’escursione; possiamo quindi attribuire al trekking una capacità “ansiolitica” per coloro che lo praticano a prescindere dalle motivazioni che spingono verso la montagna. Andare in montagna “fa proprio bene!”

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FREEBOOK AMBIENTE Biblioteca gratuita on line di

Il volume è il frutto di una ricerca svolta dal Centro Studi per il Turismo e l’Interpretazione del Territorio (CeSTIT) dell’Università di Bergamo per conto di Ersaf-Regione Lombardia, nell’ambito del Progetto Vetta, e rappresenta uno degli studi più completi sul rapporto della popolazione del Nord Italia con la montagna. Dopo un’analisi su come l’escursionismo alpino è stato affrontato dalla letteratura scientifica, il volume riporta i risultati di un’indagine sul rapporto della popolazione con la montagna. Si concentra poi sul mondo giovanile, grazie a un’analisi effettuata presso un campione di studenti delle scuole superiori delle province di Sondrio, Lecco e Milano. La ricerca dell’Università di Bergamo si conclude con un’analisi qualitativa svolta nelle stesse province sulle sezioni CAI, al fine di mettere a fuoco il ruolo oggi svolto dall’associazionismo alpino più rappresentativo nel favorire il rapporto con la montagna, in particolare in ambito giovanile. Il capitolo iniziale interpreta i risultati delle indagini citate in chiave di frequentazione turistica della montagna, ponendo l’accento sulle implicazioni che questa evoluzione del comportamento e delle aspettative dei turisti e degli escursionisti pone all’offerta turistica delle località alpine. Il volume accoglie inoltre i contributi di una ricerca effettuata da medici delle sezioni lombarde del Club Alpino Italiano sul rapporto tra montagna e salute e i risultati di un progetto realizzato dalle sezioni lombarde del CAI per avvicinare i giovani alla montagna. Andrea Macchiavelli è docente di Economia del Turismo al corso di laurea specialistica dell’Università di Bergamo ed è responsabile del Dipartimento Turismo di Gruppo Clas, società di consulenza milanese. Docente presso vari master e corsi di specializzazione, ha pubblicato libri e articoli scientifici su riviste italiane e straniere. Ha sviluppato approfondimenti in particolare nel campo del turismo montano. È coordinatore del CeSTIT (Centro Studi per il Turismo e l’Interpretazione del Territorio) dell’Università di Bergamo. È membro del Comitato scientifico di “Turistica, trimestrale di economia e management del turismo” ed è membro attivo dell’AIEST (Association Internationale d’Experts Scientifiques du Tourisme). ISBN 978-88-6627-153-6

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