Sistemi ambientali e Rete Natura 2000 della Regione Basilicata

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3.4 Pollino e M.Alpi 2015_Layout 1 11/05/15 07.53 Pagina 54

gli animali anche delle loro aree di rifugio. Il numero di animali che soccombe direttamente per il passaggio del fuoco è in genere di bassa entità, in quanto gli adulti tendono ad allontanarsi dall’area. Tuttavia, il fuoco può costituire un rilevante fattore limitante per le successive fasi riproduttive, almeno nella stagione successiva.

25 Effetti negativi della pulizia del sottobosco

54 oggi si rinviene solo nelle aree più inaccessibili. I primi disboscamenti si ebbero in epoca romana, quando il legno di questa conifera, leggero e resinoso, era utilizzato per la costruzione di architravi e di imbarcazioni. Successivamente anche le genti dell’area del Pollino lo utilizzarono per lavori di carpenteria e per la fabbricazione di mobilio leggero. Oggi la specie è in ripresa grazie alla buona vitalità dei semi, ma molto spesso i nuclei di loricato subiscono danni a causa degli incendi dolosi. Negli ultimi anni gli eventi incendiari si sono moltiplicati e sono diventati sempre più distruttivi e incontrollabili perché innescati nel periodo di aridità estiva (generalmente nel mese di luglio) con danni incalcolabili alla flora e alla fauna. Gli incendi rappresentano uno dei pericoli maggiori per l’ambiente naturale, in quanto portano repentinamente alla

totale distruzione del patrimonio vegetale ed animale, investendo spesso aree molto estese, con gravi conseguenze, sia a breve che a lungo termine, sulle componenti biotiche ed abiotiche dell’ecosistema. Essi innescano pericolosi processi che portano anche a cambiamenti climatici locali come la diminuzione delle precipitazioni, la desertificazione, l’erosione del suolo, la perdita di biodiversità e la frammentazione degli habitat. Dopo il verificarsi di un incendio ogni comunità vegetale presenta una certa capacità di ricostituirsi, ristabilendo così le condizioni ambientali iniziali, ma i tempi e i modi della ripresa vegetativa variano da specie a specie. Gli incendi limitano notevolmente anche la disponibilità di risorse trofiche per gli animali che si alimentano di specie erbacee ed arbustive, e inoltre, modificando la struttura della vegetazione, privano

Alcune specie arboree, vulnerabili e meno veloci nella fase di accrescimento giovanile, come querce e abete bianco, si sono trovate gradualmente in regressione a causa del disboscamento che ha interessato fin da tempi remoti quest’area dell’Appennino meridionale. Ancora oggi vengono eseguiti interventi selvicolturali non adeguatamente pianificati e controllati, che alterano la composizione strutturale e floristica delle cenosi boschive e determinano un eccessivo sfruttamento della risorsa con conseguente riduzione della struttura prossimo-naturale. Ad esempio, in alcuni casi l’aumento della quantità di luce all’interno del bosco favorisce le specie più eliofile a scapito del sottobosco naturale di emicriptofite sciafile. Inoltre i mezzi meccanici utilizzati per il prelievo e il trasporto di legname compattano il terreno determinando l’aumento incontrollato di Allium ursinum, che in alcuni punti forma popolamenti monospecifici. La non corretta gestione forestale ha determinato negli ultimi anni anche la scomparsa di alcune specie arboree come Taxus baccata, oggi sporadico nelle faggete del Pollino. Altro elemento di disturbo è la pulizia del sottobosco connessa all’utilizzo per attività ricreative, che in alcune aree determina la totale scomparsa delle piante arbustive e arboree. Nelle aree dove il bosco originario è stato completamente distrutto si sono formate comunità secondarie costituite da carpini (Ostrya carpinifolia, Carpinus orientalis), dall’ontano napoletano (Alnus cordata) e dall’endemica Acer cappadocicum subsp. lobelii, che oggi ricoprono estese superfici dell’Appennino Lucano. Un’altra pratica sevicolturale che negli anni passati ha in-

teressato vaste superfici del Pollino è quella del rimboschimento. In generale gli impianti di riforestazione vengono realizzati con specie alloctone come Pinus nigra e Robinia pseudoacacia, che impediscono il ripristino delle formazioni vegetali naturali, anche a causa dell’ombreggiamento, dell’acidificazione del suolo e della produzione di essudati radicali, contenenti sostanze allelopatiche. Nonostante tutto, ancora oggi il Pollino conserva un patrimonio storico-naturalistico di eccezionale valore e unicità. L’unico modo per poter mantenere questo stato di conservazione è legato al ritorno alle campagne e alla corretta gestione da parte degli enti locali. L’abbandono delle campagne, infatti, non pregiudica solamente gli aspetti naturali, ma anche quelli storico-culturali. Percorrendo le strade che si diramano tra i monti del Pollino si incontrano numerosi casolari di grande bellezza, ormai abbandonati alle intemperie. È facile immaginare com’erano qualche decennio fa, ancora pieni di vita agreste. Sentire le voci gioiose di bambini che rincorrono una vecchia gallina starnazzante, il cui sacrificio servirà a soddisfare le esigenze proteiche di una numerosa famiglia. Un cane pastore osserva la scena immobile, semisdraiato sull’uscio di casa, nel tiepido sole del mattino. Sopra di lui un’antica vite si arrampica sul muro di casa: dalle ampie foglie traspaiono i raggi del sole. Nella vicina stalla, un uomo col volto solcato da lunghi anni di monticazione si accinge a versare un ultimo secchio di latte all’interno del grande paiolo in cui nascerà il prelibato caciocavallo di podolica. Oggi la casa è vuota, gli infissi divelti. Sul pavimento, solo qualche attrezzo arrugginito, un ferro di cavallo e un grosso pentolone nerastro. Le quotidiane soddisfazioni che vi albergavano sono partite per inseguire il sogno della modernità, assoggettata alle bizze di un’economia globalizzata ed incontrollabile. Un grande gelso bianco, inselvatichito sulla corte di casa, sembra attendere con fiducia che tutto ritorni com’era.


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