Secondo quaderno la livella

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Bollettario

Secondo quaderno La Livella

a cura di Nadia Cavalera



Secondo quaderno Premio Alessandro Tassoni

Bollettario

Secondo quaderno La livella

a cura di Nadia Cavalera


Secondo quaderno Premio Alessandro Tassoni

Bollettario quadrimestrale di scrittura e critica Seconda serie Anno II - n.1-2-3, gennaio/maggio/settembre 2014 Direttore responsabile Nadia Cavalera Segreteria Rosario Sessa Hanno collaborato Luca Bellingeri, Marco Bini, Augusto Carli, Antonino Contiliano, Matteo Cotugno, Gaetano Delli Santi, Francesca Ferrari, Serenella Gatti Linares, Giovanna Gentilini, Alfonso Lentini, Oronzo Liuzzi, Eugenio Lucrezi, Francesco Muzzioli, Marco Palladini, Erika Papagni, Helene Paraskevà, Titos Patrikios, Fausta Squatriti, Luciano Troisio, Simone Zanin. Edizione fuori commercio La rivista è organo dell'Associazione Culturale Le Avanguardie Corso Canalchiaro 26/a 41121 Modena 059211791 Impaginazione e web editing a cura dell’Associazione Pubblicazione 30 giugno 2014 Registrazione Tribunale di Modena n.983 del 7.7.1989 Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n.897 - Novembre 2000


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Nadia Cavalera Introduzione

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» Recita così l’articolo 3 della Costituzione italiana, la più bella che sia stata scritta dopo la seconda guerra mondiale, e che oggi necessiterebbe giusto di qualche lifting migliorativo non certo dei barbari assalti che l’hanno invece letteralmente stravolta. E se la Costituzione è la più bella, tra i principi fondamentali l’articolo 3 è il più fulgido perché in esso i padri costituenti, provati dalla terribile tragedia ma anche da essa sensibilizzati, hanno saputo condensare le massime aspirazioni di un popolo: la dignità e il rispetto della propria individualità, garantite dall’uguaglianza e dalle pari opportunità. Inesistenti all’epoca, caratterizzata da un ordinamento sociale, scarso di diritti e privo delle necessarie tutele per tutti i cittadini. A migliorarlo si è proceduto congiuntamente e speditamente. Almeno all’inizio. Senonché già a partire dagli anni sessanta, dopo il cosiddetto boom economico, si registra, ad opera dei poteri forti o occulti che dir si voglia, un’inversione netta di tendenza. Che persiste deleteriamente fino ad oggi. Dove il quadro sociale è dei più disastrati per un recessione su tutta la linea. La Repubblica italiana, lungi dall’avverare lo spirito guida di quell’articolo, ha compromesso le condizioni della sua attuazione. E la forbice dell’uguaglianza, dopo un breve periodo di speranzoso restringimento, si è allargata enormemente. Pochi i cittadini di serie A, con stipendi, agevolazioni, privilegi assurdi e immorali; moltissimi quelli di serie B, umiliati, mortificati in tutti i modi, defraudati anche dei loro sogni. Così che proprio il bisogno di uguaglianza, nel senso di raggiungimento, pur 1


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nelle mansioni diverse, di un equilibrio economico sociale dignitoso per tutti permane, a distanza di oltre sessanta anni dal riconoscimento ufficiale della sua assoluta necessità, quello più forte in questi giorni. E che noi abbiamo voluto sottolineare col tema dato alla nona edizione del Premio Tassoni: La Livella. Non come metafora della morte, ma simbolo della forte esigenza di un cambiamento di rotta verso una condizione di vita finalmente egualitaria. Hanno risposto al nostro appello molti autori, tra i quali ne abbiamo selezionati 15. Quelli che qui seguono con i loro testi, e insieme a tutti gli altri contributi che hanno caratterizzato l’ultima edizione. In primis la presenza tra noi di Titos Patrikios, honoris causa 2014, per il suo ininterrotto impegno civile, tramite una liricità semplice e complessa insieme. Sempre spiazzante. La serata di Premiazione, che può essere visionata sul canale youtube del Premio, si è avvalsa della presentazione di Ivana D’Imporzano, dell’interpretazione artistica di Barbara Corradini e delle musiche al flauto di Andrea Aldini.

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Titos Patrikios La porta dei Leoni La Porta dei Leoni I leoni erano scomparsi da anni neppure uno se ne trovava in tutta la Grecia o forse uno solo, solitario, braccato da qualche parte s’era nascosto nel Peloponneso senza che minacciasse più nessuno finché Eracle non uccise anche quello. Tuttavia il ricordo dei leoni non smise mai di incutere terrore terrore incuteva la loro immagine su stemmi e scudi, terrore il loro emblema sui monumenti delle battaglie, terrore la loro figura in rilievo sull’architrave pietroso della porta. Terrore sempre incute il nostro greve passato, terrore la narrazione di tutto quel che accadde incisa via via nella scritta sull’architrave della porta che ogni giorno attraversiamo.

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La poesia ti trova, IX La poesia viene a trovarti in bicicletta, in motorino, in auto a volte viene come un’amazzone con la spada sollevata a volte ti segue dal supermercato come una mendicante stracciona ti trascina come una pornostar in abissi immaginari ti richiama all’ordine come una direttrice di riformatorio ti appare nelle viscere del sonno come vergine immacolata ti inganna inviando al suo posto una sua ancella e tu pensi che finalmente l’hai buttata sul tuo letto ti chiama con un megafono per farti gridare slogan di partito ti canzona dando la priorità ai tuoi gravi impegni ti riempie la vuota buca delle lettere di ambizioni ti adesca con sogni di gloria, denaro, immortalità ti convince come amante infedele che è tua soltanto ti oltrepassa per spolverare capi che sono morti viventi ti gonfia le utopie finché non scoppiano come un palloncino si arrabbia con te quando non vedi che lei cerca di dissipare la nebbia ti chiede aiuto quando la braccano i poteri che ha sfidato ti dice che anche quando li lodava, in segreto li insidiava ti sottolinea le banalità, ti capovolge le ovvietà ti sussurra segreti che devi essere tu a svelare ti illumina cose rimaste oscure sino ad allora finché a un certo momento non ti ricompensa per la tua dedizione ti rivela la verità, ti dice chiaramente che lei appartiene a tutti. Proprio lì la poesia trova ognuno di noi.

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Tre poesie per Rena I Le stringevo la mano era calda, non però come appena un po’ prima. Il sorriso che solo io vedevo s’era spento. Mi aveva detto il dottore con cortesia e distacco «La fine si avvicina può restare se vuole» «No, dottore la ringrazio» avevo risposto con quanta più calma potevo e uscii dalla terapia intensiva. Volevo serbare l’immagine della ragazza la cui bellezza mi aveva abbagliato tanti anni prima l’immagine che anche in quel momento vedevo identica ad allora.

II Vita breve di donna passò come un fulmine entro la mia per farla più vita per confermare che sebbene tutte le cose abbiano inizio e fine nelle tenebre trova sempre modi la luce per ritornare e illuminare. 5


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III Come può accadere che non svanisca il tepore della sua mano dalla mia mano come può accadere che rimanga in eterno il nostro ultimo addio come rimane nei bassorilievi del Ceramico? Oggi non si fanno più bassorilievi eppure a me è sufficiente scrivere sulla carta come in antico incidevano sulla pietra Titos dà l’addio a Rena.

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Nadia Cavalera Motivazione dell’Honoris causa 2014 per Titos Patrikios La dura lotta nella resistenza, contro i tedeschi (dal 1943 al 1945), durante la quale ha rischiato l’esecuzione capitale (nel 1944), la partecipazione alla sanguinosa guerra civile di stampo ideologico che è scoppiata subito dopo la seconda guerra mondiale tra i diversi fronti della resistenza stessa (19461949), il confino nelle isole tristemente famose per la facile tortura e sommaria giustizia di Makrònisos e Àghiostratis (tra il 1951 e il 1954), il lungo esilio infine (nel 1967) tra Parigi e Roma, dopo il colpo di stato dei colonnelli (1967-74). Sono queste le dolorose esperienze che hanno temprato la vita di Titos Patrikios e nutrito febbrilmente la sua poesia sin dall’inizio. Risale al 1951 il libro “Ritorno alla poesia”, il primo di una lunga serie. Con la quale il Poeta non mancherà mai di testimoniare il suo impegno contro la barbarie, la repressione liberticida e di schierarsi per la difesa ad oltranza della dignità umana. Una poesia militante la sua che precorre i tempi recuperando la memoria dei fatti inequivocabili, senza i quali non ci può essere alcuna crescita, ma solo la vittoria, a suo dire, della “società liquida” fluida, inconsistente. Improduttiva. Una poesia dunque alla continua ricerca della verità nuda (anche se per scoperchiare la realtà in un solo angolo), lontana da logiche partitiche o vuote disquisizioni salottiere (tant’è che si è sempre battuto contro l’ortodossia del comunismo e soprattutto-molto attuale- contro l’azione paralizzante della burocrazia). La verità nuda di cui parla Patrikios è quella che dovrebbe essere propria di chiunque voglia perseguire giustizia e libertà. Temi questi particolarmente cari al Premio Alessandro Tassoni che, come recita il suo regolamento, si è sempre proposto di premiare autori “impegnati civilmente per la costruzione di un mondo più giusto e democratico”. E con Titos Patrikios siamo mirabilmente dinanzi ad un autore in tal senso paradigmatico .

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Luca Bellingeri Motivazione per la tesi di dottorato Erika Papagni, L’antipetrarchismo nell’opera di Alessandro Tassoni Direttore: Prof. Francesco Guardiani. Discussa: 1 novembre 2013. Cerimonia "Convocation": 9 giugno 2014.

Con la ricerca L’antipetrarchismo nell’opera di Alessandro Tassoni, tesi dottorale, discussa nell’a.a. 2013/2014 presso il Dipartimento di Studi italiani dell’Università degli studi di Toronto, Erika Papagni si sofferma su un aspetto meno noto e meno studiato dell’attività letteraria di Alessandro Tassoni, ricostruendo, attraverso un’attenta analisi dei testi, la polemica antipetrarchista che vide l’autore modenese impegnato negli anni 1609-1613, con una coda polemica che indirettamente proseguirà fin quasi alla sua morte, avvenuta, come è noto, nel 1635. Dopo aver ricostruito la fortuna critica del Tassoni e le molteplici chiavi di lettura con cui nei secoli la sua figura è stata via via interpretata (Tassoni critico eccellentissimo o eroe risorgimentale, pensatore libero dallo spirito irrequieto ma anche intellettualmente in equilibrio instabile), l’autrice affronta l’esame puntuale della disputa letteraria e delle ragioni che la provocarono, inserendola nel più ampio contesto della querelle fra Classici e Moderni. Muovendo dalle Considerazioni sopra le rime del Petrarca, pubblicate da Tassoni a Modena nel 1609 con l’intento di procedere ad una sorta di “desacralizzazione” del Petrarca, evidenziandone non solo i pregi, ma anche “le cose non imitabili”, allo scopo di combattere il petrarchismo ed i suoi sostenitori, la Papagni analizza minuziosamente i testi che, in rapida successione, danno vita ad una feroce polemica fra Tassoni e Giuseppe degli Aromatari (Risposte, Avvertimenti, Dialoghi, La tenda rossa), trasformando progressivamente la disputa letteraria in uno scontro con strascichi addirittura giudiziari, e ne ricostruisce nel dettaglio protagonisti e vere motivazioni. Corredata da un’ampia appendice, nella quale vengono pubblicati stralci di numerose lettere provenienti dall’epistolario tassoniano, la ricerca si segnala per la puntuale analisi testuale delle opere esaminate, nonché per l’ampia bibliografia utilizzata, mostrando una notevole padronanza del tema, sicuro punto di partenza per ulteriori approfondimenti e per future attività di studio e ricerca. 9


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Copia del Testamento del 1612, dove il Tassoni fa un lascito al Capitolo dei Canonici di Modena per la costituzione di un Premio letterario suddiviso in quattro sezioni

Date dei sette testamenti di Alessandro Tassoni: 1. 2 marzo 1609 2. 1612 3. 9 agosto 1613 4. 6 maggio 1620 5. 7 luglio 1630 6. 6 maggio 1632 7. 30 marzo 1635

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Alessandro Tassoni Pensieri 7.11, 1636, 282

Ipotiposi del letterato / tarabuso Il Tarabuso è un uccello di rostro molto lungo, di copiosissima piuma, e di voce tanto terribile, che udita mette spavento. Ma dall’altra parte, di busto è piccolissimo, di poca, o nulla carne, e di natura così debole, e fiacca, che punto, che si rinforzi il vento, egli non può volargli all’incontro. Questo, se ben si considera, è il ritratto del letterato; severo per lunga barba, nella toga, e nel manto pomposo, e grande; allo strepito della voce terribile, e spaventevole, ma debole di forze: di corpo floscio; di membra spolpate, e vizze; e di spirito così fiacco, che dove ritrova incontro fuor che alla seconda del vento giammai non vola.

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La Secchia Rapita CantoIX

[…] 67 La lancia lunga piú d'ogn'altra avea due palmi, e una pantera in su l'elmetto: ma sospeso venía sí che parea ch'andasse a quell'impresa al suo dispetto. Sonâr le trombe, e 'l suon che gli altri fea dentro brillar, fe' in lui contrario effetto: corre, ma sembra a i timidi atti fuore portato dal destrier, non già dal core. 68 Pur si ristrigne ne gli arcioni, e abbassa la lancia in su la resta, e gli occhi serra in arrivando, e i denti strigne, e passa come chi va sol per vergogna in guerra: e a quell'incontro l'inimico lassa, con maraviglia de' due campi in terra. Allor tutta s'udí quella riviera gridar: - Viva il campion de la pantera. 69 Ed ei maravigliando al suon rivolto vide l'emulo suo giacer disteso: onde di sé per allegrezza tolto fermossi a riguardar tutto sospeso. Ma l'abbattuto, a l'infiammato volto mostrando il cor di fiero sdegno acceso, ratto risorse, e con un piè percosse la terra e 'ntorno il pian tutto si scosse: 70 e s'estinsero i lumi, e 'l padiglione sparve fra tuoni e lampi in un baleno, e l'isoletta diventò un barcone colmo di stabbio, di fascine e fieno; né rimasero in esso altre persone di tante, onde pur dianzi era ripieno, 14


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che 'l cavalier vittorioso e un nano ch'avea uno scudo e una lanterna in mano. 71 E lo scudo porgendo al cavaliere - Questo è il premio, dicea, del vincitore tratto da la colonna, e in tuo potere lasciato al dipartir dal mio signore; che per ragion di cortesia ti chere che, come l'hai de l'alto tuo valore, 144 cosí ti piaccia ancor farlo avisato del nome e de la patria onde se' nato. 72 Ringalluzzossi il cavaliero e al nano rispose: - Al tuo signor riferir puoi che la mia stirpe vien dal lito ispano, ed è famosa oltre i confini eoi. Quel Don Chisotto in armi sí sovrano, principe de gli erranti e de gli eroi, generò di straniera inclita madre don Flegetonte il bel, che fu mio padre. 73 Questi in Italia poscia ebbe domíno e si fe' in ogni parte memorando; solo a la gloria sua mancò Turpino che scrivesse di lui come d'Orlando: eroe non l'agguagliò né paladino, e sol cedé al valor di questo brando; e perché cosa occulta non rimagna, digli ch'io sono il conte di Culagna. 74 Ma poi ch'ho soddisfatto al tuo desío e t'ho dato di me notizia intera, resta ch'ancor tu soddisfaccia al mio in dirmi il nome e la sua stirpe vera. Rispose il nano: - Informerotti anch'io di quel che brami, usciam de la riviera ché tanti cavalier che colà vedi bramano anch'essi quel che tu mi chiedi. 75 15


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Giunser del fiume in su la destra sponda dove molti guerrier facean soggiorno; che, subito che 'l nano uscí de l'onda, gli furon tutti a interrogarlo intorno. Egli che lingua avea pronta e faconda, fermando il piede: - A voi, disse, ritorno per sodisfare a la comune voglia: state or a udir, né alcun di me si doglia. 76 Poi che de la città cacciati foro gli Aigoni dal furor de' Ghibellini, e 'l conte di Vallestra capo loro uscí con gli altri anch'ei fuor de' confini, 145 trovò per arte magica un tesoro, e fe' ne' monti al suo castel vicini una grotta incantata, ove gran parte del tempo stassi esercitando l'arte. 77 Quivi un figliol di tenerella etate ch'unico egli ha, detto Melindo, e' tiene; le cui maniere nobili e lodate destan nel vecchio padre amor e spene. Questi, uditi i costumi e la beltate e 'l valor che mostrò su queste arene una donzella in questo proprio loco, arse per lei d'inestinguibil foco; 78 e con prieghi e sospir dal padre ottenne di comparire a far qui di sé mostra; onde su l'isoletta in campo venne armato a mantener la bella giostra. Ma il timoroso vecchio, a cui sovvenne l'età ineguale a la possanza vostra, fece un incanto ch'esser perditore per forza non potea né per valore. 79 Fu l'incanto ch'ei fe' con tal riguardo che non potea cader Melindo a terra, se non venía un guerrier tanto codardo 16


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che non trovasse paragone in terra; e quanto piú l'incontro era gagliardo, tanto meglio il fanciul vincea la guerra; come il ferir del fulmine che spezza con piú furor dov'è maggior durezza. 80 L'aste, il cavallo e l'armi onde guernito era il fanciul, tutte incantate avea: e chi traea la spada era spedito, ché de l'isola a forza uscir dovea. Il cambiar lancia era miglior partito; ma non per questo il cavalier vincea, se non era di forza e di valore piú d'ogn'altro a Melindo inferiore. 81 Qui tacque il nano: e 'n giubilo fu volto de gli abbattuti il mal concetto sdegno. Ma il conte di Culagna increspò il volto, e ritirando il passo e d'ira pregno trasse la spada, e a quel piccin rivolto che di timore alcun non facea segno - Tu menti, disse, menzognier villano, e te lo manterrò con questa in mano. 82 Tu vorresti macchiar la mia vittoria; ma non la macchierai, brutto scrignuto, ché già nota per tutto è la mia gloria, né scusa ha il tuo signor vinto e abbattuto. Non volle il Nano entrar seco in istoria; ma fatto a que' signori umil saluto, al conte che seguiva il suo costume rispose: - Buona notte - e spense il lume.

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Francesco Muzzioli Terza Ondata, antologia a cura di F. Bettini e R. Di Marco, Milano, ABEditore, 2014 .

L’antologia Terza Ondata era uscita nel 1993 per i tipi dell’editore bolognese Synergon. La formula del titolo, ripresa dal dibattito dell’economia, vi era traferita in ambito letterario nel quadro di un rilancio dell’avanguardia. Idea mica tanto peregrina, perché il radicalismo della scrittura in Italia ha avuto due “ondate” di tutto rilievo, quella futurista all’inizio del Novecento e quella del Gruppo 63 negli anni Sessanta e quindi siamo uno dei paesi al mondo a più alto tasso di avanguardia. Certo in quel momento, negli anni Ottanta, il riflusso aveva vinto e tutto sembrava rientrato nell’ordine moderato. La temperie del postmoderno, con il suo presupposto della fine della storia, sembrava ormai aver accantonato la polemica e la battaglia letteraria, per sciogliersi definitivamente nei criteri e nelle logiche di mercato, con un cinismo al massimo condito con un pizzico d’ironia. L’antologia dunque andava controcorrente, provando a dimostrare invece una ricerca sperimentale in corso, inquadrata dalle coordinate teoriche dei due curatori, Filippo Bettini e Roberto Di Marco. Di Marco proveniva dal Gruppo 63 della “Scuola di Palermo”, ma era presto entrato in polemica con quella stagione, proponendo una “scrittura espressiva” legata più direttamente alla prassi politica, una scrittura che doveva diventare “di strada” (o come lui diceva, “scendere dal pero”). Bettini, di una generazione un po’ più giovane, formata nel Sessantotto, era forte di un corredo teorico ben fondato sulle acute analisi di della Volpe e di Benjamin e affinato nel lavoro di gruppo dei “Quaderni di critica”. (Aggiungo che, purtroppo, entrambi sono scomparsi a poca distanza l’uno dall’altro e non hanno potuto vedere la ristampa del loro libro approntata da ABEditore di Milano, per interessamento soprattutto di Gaetano delli Santi). Si tratta di un’antologia “di tendenza”, come non se ne sono più viste; che non voleva soltanto imbarcare scrittori “in estinzione” al modo di un’arca-di-noè; ma che intendeva 19


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rilanciare la posta. Che cosa fosse la ricerca in atto, quali le direzioni e quale il rapporto con le avanguardie precedenti, il perché certi autori e non altri, tutte le scelte erano rigorosamente motivate attraverso un ingente apparato critico: dalle introduzioni dei due curatori, ampie e diffuse sui problemi e le nuove disposizioni dell’avanguardia e inoltre dotate di note aggiuntive e allegati; alle introduzioni alle diverse sezioni e alle premesse a ogni singolo autore, fino alle note di commento ai testi. Una cospicua mole argomentativa, dovuta ad un impegno collettivo, per indicare il progetto di una scrittura che non vuole emozionare solleticando il senso comune, ma vuole spostare, favorendo il ragionamento e l’invenzione, il terreno stesso in cui la letteratura si definisce; una avanguardia, quindi, che sente il bisogno di spiegarsi fino in fondo e che sollecita il lettore a munirsi degli strumenti necessari per sottrarsi al dopaggio della letteraturaspazzatura. Il panorama proposto dall’antologia è molto vasto: comprende più di venti autori, di diverso carattere e di vario stile, ma accomunati dal rifiuto dell’ovvio e da procedimenti di rottura, montaggio, allegorismo. Le sezioni sono cinque: la funzione-dialetto; l’allegoria dei modelli; scrittura come “noesi”; micrologie del quotidiano; la semiosi del grottesco. Un fatto molto interessante è che non ci sia soltanto poesia ma venga compresa anche la narrativa, cosa che sorprende, dato che già in quella stagione la produzione di racconto e di romanzo andava allineandosi a standard editoriali di assai basso livello e di nulla inventiva. È vero che, in seguito, la formula “Terza Ondata” è stata applicata a giovani narratori solo vagamente sperimentali, ma questa è la sorte delle formule, dovuta alla loro trasferibilità, e non da imputarsi ai primi propositori . Perché, nell’uso fattone da Bettini e Di Marco, la Terza Ondata faceva da collante a una avanguardia intransigente e senza compromessi: si può parlare, sì, di un rapporto con il postmoderno (e non ci può mai illudere di essere affatto estranei alla propria epoca), e però questo rapporto era 20


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vissuto con conflittualità interna ed esterna, per nulla nel senso della deriva rinunciataria, semmai in quello di una strenua resistenza. Ad esempio, a proposito del citazionismo, si può notare in molti autori una ripresa del linguaggio letterario e in particolare del lessico poetico del passato: questo, però, non ha un valore semplicemente ludico o di abilità nell’artificio: è un gesto che – rovesciando completamente lo scenario, così, rispetto alle prime avanguardie, quelle contrarie alle accademie e alle biblioteche – denuncia come ormai ad essere compromessa con il potere è la lingua comune delle comunicazioni di massa, depauperata e rincretinita, mentre l’“arcaismo” non ha più alcuno stigma aristocratico, ma (quale scarto semiotico della volgarità mercantile) si presta ad essere scagliato come un aspro corpo contundente contro il presente degrado. L’antologia corrispondeva al culmine di un periodo molto vivace di fermenti e di discussioni. Aperto a metà degli anni Ottanta dal convegno promosso da “Alfabeta” sul Senso della letteratura, ad opera di Leonetti e Porta; e poi proseguito (soprattutto per impulso di Bettini) con le Tesi di Lecce e poi con il Gruppo 93, del quale l’antologia costituì un allargamento e un’alternativa. Proprio il dibattito apertosi sui limiti del postmoderno impedì allora al “movimento della scrittura” di decollare e di avanzare oltre. Tuttavia, il rilevamento rimane importante, direi fondamentale. E oggi la riproposta dell’antologia a distanza di vent’anni è decisamente significativa. Non che non sia accaduto niente nel frattempo; la stessa ricerca – sia pure in modi marginalissimi e quasi invisibili – è continuata e continua, pur se in accresciute difficoltà. E sarà compito delle collane editoriali che l’editore milanese ha in cantiere mettere l’accento su questi sviluppi e, lo speriamo, dar loro spazio e aria per respirare, promuovendo una idea di avanguardia, non più trionfalistica e nemmeno legata alle mirabilie della tecnologica, ma fondata piuttosto sull’idea dello scrittore come infiltrato in una realtà ostile che non lo prevede. Questo si vedrà nel prossimo periodo. Per il momento, prendiamo questa pubblicazione come inaugurazione di un progetto. Perché, intanto, si trattava di 21


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ripartire: e non c’era modo migliore che riprendere da dove eravamo rimasti. Testimoniando di un discorso purtroppo interrotto e ricordando in esso gli intellettuali di punta fuori del coro, come i due curatori (e non c’è modo migliore per ricordare i cari amici perduti che facendoli parlare di nuovo). Non so se i tempi siano migliori o peggiori; penso però che, malgrado tutto, il bisogno di scritture non arrese e di proposte che mettano in esercizio l’agilità mentale è oggi più vivo che mai. Certo bisognerà trovare un nome diverso (infatti “Terza Ondata” funzionava con un riferimento alle due precedenti, quindi nel quadro del Novecento ormai trascorso), ma il nome è la cosa meno importante: già molto sarebbe riaprire la discussione e mostrare alle giovani generazioni che un’altra letteratura è possibile.

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Marco Palladini Gianni Toti, Tutti i versi, Onyx ebook , 2013 http://www.onyxebook.com

Grazie alla sinergia realizzata tra le edizioni Onyx Ebook, la web-review “Le reti di Dedalus” e l’associazione “La Casa Totiana”, si è potuto realizzare un autentico evento di editoria elettronica: la pubblicazione dell’ebook di Gianni Toti “Tutti i versi” che contiene la sua intera opera poetica (edita in vita), che era ormai completamente scomparsa dal mercato librario. Questo ebook della dimensione di un Meridiano a cura e con introduzione critica di Francesco Muzzioli e con un saggio di Silvia Moretti, costituisce un fondamentale contributo per la rilettura e per la riscoperta della straordinaria ricerca poetica totiana, e cade giusto nel novantesimo anniversario della nascita del grande autore e poliartista romano (1924-2007). Unitamente ad Emilio Villa e Edoardo Cacciatore, Toti è uno dei grandi dimenticati ed oscurati protagonisti dell’avanguardia poetica italiana del secondo Novecento. Giornalista-reporter, narratore, critico letterario, saggista, regista cinematografico, artista video-poetronico, teorico dei nuovi media, Toti si è mosso su uno spettro amplissimo di ricerca creativa, e sempre con una fortissima coscienza politico-culturale in senso polemico e antagonista rispetto al tempo che ha vissuto. Un poeta, che era anche un grande intellettuale della sinistra comunista italiana, che ha giocato tutte le sue carte sul rinnovamento dei linguaggi e sulla sperimentazione linguistica condotta fino all’oltranzismo di una produzione neologistica vertiginosa, che lui avrebbe definito ‘totiversale’. Come scrive Muzzioli, Toti nella sua scrittura si prefigge di “mantenere un rapporto con le avanguardie storiche, scegliendo però in esse precisamente quelle che hanno prodotto la maggiore consonanza tra l’utopia politica e l’utopia linguistica. Segnatamente i Futuristi russi, che verranno più volte chiamati in causa negli stessi testi poetici, sia Chlebnikov che Blok e Majakovskij”. Il suo richiamo al “paroletariato” sintetizza una visione materialistica sia in chiave sociopolitica sia nella chiave del produttore di nuove parole che fanno continuamente saltare le convenzioni letterarie ‘date’ 24


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per generare una rete multisemantica irriducibile agli schemi del linguaggiomerce e antipodica rispetto a un’idea di poesia lirica o ‘innamorata’ o realistica. Il suo è stato quasi un viaggio estenuante e meticoloso al termine del linguaggio poetico, ma non per chiudere i giochi, ma per riaprire inediti e futuribili orizzonti di polisenso. Il suo era, infine, il ‘poesimismo’ di un rivoluzionario della e nella poesia.

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Augusto Carli Ammiano Marcellino, Le storie, a cura di Antonio Selem, Utet, 2013

Ammiano Marcellino ha composto le sue "Storie" (RERUM GESTARUM LIBRI TRIGINTA UNUS a partire dal 380 a.C. e verosimilmente fino al 392. In questa mastodontica (ma affascinante)vengono prese in considerazione le vicende dell'Impero Romano dall'ascesa di Nerva (anno 96) alla morte di Valente nella battaglia di Adrianopoli (378 d.C.) Stando alle intenzioni dell'Autore le "Storie" avrebbero dovuto costituire la continuazione ideale delle "Storie" del Sommo Tacito, vergate almeno tre secoli prima. Come già evidenziato, si tratta di un'opera costituita di ben 31 libri, dei quali però i primi tredici andarono perduti. Nondimeno la mole dell'opera è assai considerevole. Estremamente interessante e moderno è la sua concezione storiografica e il suo stile di scrittura, oltre al metodo storiografico che ne sta alla base. Metodo desumibile anche da involontarie asserzioni da parte dell'Autore. Scrive ad esempio: "Qui - in quest'opera" - non vengono espressi tutti i nomi e tutti i particolari. Già da questa dichiarazione si comprende lo stile "critico-astratto" dell'Autore che si allontana volutamente da lungaggini pseudostoriche per illustrare invece il "vero" terreno storico che sta alla base dei fatti e delle vicende riassunte in una "moderna" interpretazione critica. Ammiano Marcellino è stato a lungo misconosciuto non solo dal gran pubblico, bensì anche dagli studiosi delle antichità classiche. Prima di questa versione in lingua italiana ci si doveva accontentare della versione Ottocentesca (1829) di Francesco Ambrosoli (1829) che presenta però alcune grosse lacune e numerose imprecisioni. Con questa edizione si è pertanto in possesso di una più affidabile interpretazione delle vicende storiche di un periodo assai tormentato e poco conosciuto dai moderni. 27


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Marco Bini ORIZZONTI DI GLORIA

Davvero, Generale, lo faccio per la Francia, per i figli per i filari di Borgogna e i saliscendi dell’Alsazia? Non è piuttosto – me lo accordi, lo chiedo con rispetto – quasi una puntata a carte coi colleghi su al comando un lucidare le stellette sul guscio di noce del Suo petto? Non è morire il punto, quello è nostro compito. Ci diciamo tutto bene i primi passi oltre la trincea, tutto bene ancora sommando altri metri ma se una fila di scintille che neanche a San Bartolomeo ci lascia a bocca aperta contro il sole nelle ginocchia si spande una tenebra da togliere il sonno e raccoglierci in grembo come nell’uovo. Lasci dire, Generale, prima che la colpa sia emendata a colpi di fucile che si stenta a odiarli a forza se l’amore sulla bocca gli suona quasi libertà – orgoglio nostro – di sopravvivere senza sembrare vile.

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Antonino Contiliano Il velle della livella 1. 2. 3. 4.

passi e contropassi è sottrarre le distanze è impuri e fraganza danzare con le plebi la musica sociale il reale della rivoluzione il rigoglio dei poveri e la notte nel cuore

5. 6. 7. 8.

l’embrione ribelle gli anni rugosi la secolare tenerezza l’ora dell’uno l’orgoglio dell’eguale la gentilezza che piove sul terrore del “termidoro” e filo a piombo decima il vertice della piramide

9. il decimo della gente più ricca del pianeta 10. il sacco dei sogni a secco di cime universali: 11. amore né dimandare e più rimandare voragine 12. il collettivo che decolla le cime del diseguale 13. la vagina della tri-vella – Capitale, mercato, Stato – 14. incalcolabile ora conta le sbarre del passaggio 15. i gemiti hanno il suono dello stridore sul binari 16. come il vagito della rivincita dei molti, i poveri 17. esplosivi in scena e il deserto per cena, l’ora 18. della giustizia scura e dell’ingiustizia chiara: 19. è il dieci% dei ricchi che fiorisce della carne ferita 20. il pueblo dei grani di sole in sorte era vela di livella 21. il coraggio che delira il padrone con il riso 22. il deserto del dolore di morire che sbocca 23. lingua che schiocca e di botto scoppia in lotta 24. il torto dei pochi ai molti, gli invisibili dell’orto 25. siamo niente e ora rive gauche, amore, vanescente 26. e tumescenza di rami soviet e comunardi unison27. anti tra spami di tempo e atomi di pensiero a colpi 29


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28. onde disarmoniche e tempeste di dune sventagliate 29. qu’est-ce-que l’amour, amore, se non questo riso 30. l’uno-di-due l’infinito zero l’urlo dell’eguale velle

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Matteo Cotugno Uguali E siamo nati uguali ma cresciamo diversi, la società ci divarica ci forza e una forbice ci allontana e chi va in bici chi in Maserati chi va a piedi chi col jet siamo sempre più lontani e le idee ancora più distanti disembricano anche i fratelli nati uguali stessi capelli ma paralleli diversi: il lavoro è più su che giù e si va al nord del nord del nord che si fa il giro e si torna giù, e nel viaggio… ci disconosciamo, e diamo la colpa al governo alla politica a chi comanda …ma anche a chi ce li manda! E torniamo uguali solo nel gridare quel sangue di piazza sotto una pioggia di sfollagente sfumati dai lacrimogeni.

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Gaetano Delli Santi DIALOGO FRA LA LIVELLA E LA TIGNA OVVERO L'ULTIMA RATIO MUNDI

«Non ho per ore e minuti che impiegati e creature non viventi. Il metallo trafittivo -bolla d'aria e lavoroti mette in spalla linguai innominabili ti disperde su la groppa del liquor neurastenico ti lascia ai bordi del brodo dell'amenorrèa cervicale e da me stessa scappo inferraiolando con tacche e chiàppole ogni frívola ciància de la mia orgogliosa tigna. E tu?» «Di questi velami ne fai una sostanza che c'inganna son cristalli dai tagli disfioriti che oggi indòrano solo gli strattoni d'una inflessibile insipienza. Vero è che la felicità non ferma l'ardire dell'esaltazione, non ferma le buffonate ma lascia che persino il costume 32


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de' místici dementi avanzi scontrandosi con la capacità che hanno certi raschiatoi di trasformarsi in strumenti di supplízi». «Ma se il padron dell'uomo dispensa doni rassettati a merda rituale, se nell'eminente gingillo dell'insaziabile balla lo spettro e il non averne abbastanza de le comuni spiagge di festa che fare, cara Livella, dell'esistenza accessòria a cui aspirano il demònio angelicato e il seminato inseminato? Di che pàrlano qui le siepi quando la cruda galantería de la mattinale sobrietà della rugiada si fa gremíta di tènere carezze linfàtiche? quando possessioni e sconfitte scéndono da dubbiosi patiboli e promettono che questi mappamondi son mondi veri ossígeno per ventri e tortorelle che mai si slontanano da quei voli girevoli di fedi e lavorii bavosi senza culto e speranza?» […]

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Francesca Ferrari Le vacche son scappate grasse e furbe Le vacche son scappate grasse e furbe a pascolare lusso in cima ai monti han ruminato all'esasperazione lo stomaco si è fatto mongolfiera la fame mai saziata ora è mostruosa. Allevano vitelli a burro e panna il latte che rimane cade a pioggia fa pozze di poltiglia con il fango e non arriva a valle, meglio crescere tarassaco e radicchi che altre bocche. Il clima non è buono giù in pianura l'inquinamento brucia la natura le vacche magre piangono miseria muggiscono guardando verso l'alto si chiedono perché quei contadini che misero paletti ben piantati intorno per sostegno e protezione per consentire a ognuna un fazzoletto di prato da mangiare, abbiano tolto l'anello di metallo dal serraglio. Le vacche magre andranno al mattatoio se la memoria non risveglierà il senso del dovere a quei villani che per poter mangiare ancora cacio con pere hanno dovuto trasferire i culi un po' più in alto di quei pascoli laddove è rarefatta l'aria, l'erba che non cresce li lascia su poltrone a sonnecchiare o rimirare estatici a dire ai propri figli 'tutto questo sarà tuo'

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Serenella Gatti Linares lo fanno per i soldi i soldi solo per i soldi operazione infinita spero per loro sia finita sono contenta se crolla il loro capitalismo nefasto io non sono per il fasto preferisco gli umili i reietti i marginali i semplici vivificante sale della terra gli orli sdruciti l’acqua scura del bucato le unghie rosicchiate i cortili con giochi di bambini grigi fra le case

noi dobbiamo apparirvi folli noi che scriviamo che di sera ci ritroviamo pensiamo a pagare il mutuo a cambiare le tende a comprare l’aspirapolvere mentre ci stanno rubando anche i sogni mentre l’economia crolla portiamo a spasso i cani per non turbarne la psiche ci occupiamo della spesa delle inferriate alle finestre delle discussioni fra amiche delle riunioni di condominio mentre il sistema crolla e ci stanno rubando anche i sogni

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dalla mia poltrona vedo scorrere il fiume della storia la fioritura dei ciliegi in Giappone in mezzo a un mare amaro la ribellione giovane nel Maghreb le donne islamiche cadute a picco con la barca contro gli scogli col bambino ancora in collo con l’abito pesante in vita e ancora di piÚ in morte tirate giÚ in fondo al mare mentre sognavano di poter volare

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Giovanna Gentilini Il giorno in cui l’uomo decise di fare come Dio intorno al fuoco stanno il padre e la madre lei china il corpo chiuso a guscio per trattenere il dolore lui parla lei ascolta al più piccolo dei fratelli Salem alla più piccola delle sorelle Shaira sarà concesso di salire sull’Arca e affrontare le acque solo per lei solo per lui ci saranno cinquemila euro da dare al Caronte traghettatore che li condurrà oltre le acque del mare verso la terra promessa

così parla il padre / la madre annuisce Salem sarà salvo / Shaila sarà salva oltre le frontiere di sabbia e di acqua salata solo a loro sarà concesso bruciare sulle sabbie del deserto solo a loro sarà concesso essere incarcerato e appeso a testa in giù solo a Shaira sarà concesso portare in grembo il pegno del viaggio pagato alla violenza dei maschi solo a loro sarà concesso tremare di freddo e di paura sul fondo della barca solo a loro sarà concesso vedere i corpi bianchi e gonfi dei compagni annegati solo a loro sarà concesso mendicare all’ingresso dei mercati del pane e dell’oro dove” tu”porti in pegno i tuoi soldi al padrone della barca/ al padrone dell’Arca

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Alfonso Lentini

Erano giorni di mutamento e ogni fibra del cosmo sembrava tentare la fuga, l'universo si dilatava quasi a vista d'occhio. Wxzthjk. Macchine volanti si allontanavano dalla Terra e inseguivano comete, satelliti e pianeti sperduti nello spazio. Andavano via, in oltranza d'avventura, quasi senza un perché. Noi stavamo col naso per aria attratti e atterriti. Quante notti d'agosto zzzzzzzzz a computare stelle cadenti, o con l'occhio incollato a rudimentali telescopi ad esplorare le crespe argentate della Luna; quante notti con l'orecchio teso ad ascoltare i suoni del cosmo, il brusio delle nebulose, il ruggito delle galassie, le grida d'agonia che emettono le stelle mentre stanno per precipitare dentro a un buco nero… Lo vedevano, le cento madri, così furibondo e malato. Piccolo, grasso, occhiuto, torvo nelle sue considerazioni sul mondo. Diceva, lo scarafaggio, che bisognava cambiare in fretta il mondo prima che il mondo potesse cambiare lui. Diceva che non può esistere libertà senza giustizia; che non era più tempo di pace, ma di guerra contro gli sfruttatori; che gli uomini hanno fra i diritti fondamentali il diritto alla loro felicità. Così, all'improvviso, dalle sue labbra digrignate sbocciavano parole la cui origine era sconosciuta a lui stesso. E ancora diceva che la proprietà è un furto, compresa la proprietà privata dell'intelletto, che bisognava rendere tutto collettivo, anche i corpi, anche l'amore. Diceva che bisognava impadronirsi della fantasia e con questa arma abbattere ogni sopruso e contrastare la violenza. Mentre parlava in questo modo le vene del suo collo si tendevano sino allo spasimo e la sua bocca era un mantice di congestioni. Dilatare l'area della coscienza. Stringeva gli occhi e i pugni per lo sforzo: bisogna indurirsi, indurirsi, indurirsi; diceva. Ma non perdere mai la tenerezza! C'è un momento, diceva, in cui il filo si spezza e non puoi più tornare indietro. Anche le cento madri ignoravano la provenienza di quelle parole e ne erano terrorizzate. Ma cosa dici? A quale mala scuola ti insegnano queste sconcezze? Tu frequenti brutte compagnie, falsi amici che ti porteranno alla perdizione. La via dell'aceto pigliasti! In quei giorni ascoltava certa musica di carta vetrata, dura e invadente. Carta vetrata e ferite. I dischi di vinile, lucidi e neri, ruotavano sprigionando dai solchi a spirale suoni ruvidi, cavernosi, allarmanti. Colpi di martello scandivano vibrazioni 38


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metalliche. Schianti di pianoforte. Grida elettriche di chitarra. Urla arraggiate di grancassa. Schiocchi di corde tese. Fischi di contrabbasso. Nervi in fiore. Era musica che giungeva fresca e inattesa da una primavera lontana, indefinita, dove si diceva che stessero per nascere nuove galassie o forse nuove connessioni nei cervelli. Il pidocchio panciuto seguendo quei ritmi selvaggi agitava il cranio su e giÚ, ad occhi chiusi, assorto in rabbie d’arcobaleno. (da Cento madri, Foschi editore, ForlÏ, 2009)

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Oronzo Liuzzi In odissea visione truffatori della luce tiepida del mattino con il bastone tra le mani la giacca blu e la faccia rossa danzano rigidi nella densa e fitta ambiguitĂ . scuotono in frenesia la testa a destra sinistra rintanati nelle assemblee aziendali senza ritegno inseguono territori di profitto. devastazioni. consumi alienanti. predatori aggressivi creano nuove realtĂ visionarie la finzione del vivere la morte invisibile. avverto soffro attendo * una visione insopportabile opprime il mio corpo impietrito dolore senza formula prolungato assolutamente svuotato disturbato e mi interrogo. non devono pensare scandisce il profitto. lavorare e comprare lavorare e comprare. vite torturate da inganni false culture corpi umani manipolati dalla pratica di potere esistenze imprigionate da disagi frustrazioni lavorare e comprare lavorare e comprare e sogno una risurrezione possibile. (da “In odissea visioneâ€?, puntoacapo Editrice, 2012)

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Francesco Muzzioli RAZIONAMENTI DELLA FINE DEL MONDO

1 Cose dell’altro mondo – e infatti era cambiato e molto (era cambiato in peggio) non più coordinate o punti fermi neppure quelli sui quali appoggiare la leva della critica e della opposizione (non più opposizione, quindi, di conseguenza) un mondo esaurito finito (aggirarsi sperduti) irriconoscibile – vi restituirò un paese irriconoscibile aveva detto il mago del porta-a-porta (l’ha detto e l’ha fatto) non solo; dal cortile telematico venivano ormai voci di tre anomalie: c’era un’anomalia e già era difficile da sopportare – poi ne è arrivata una seconda – e allora tre! perché no? tombola! (assuefatti animali normali) 2 se venisse la fine del mondo allora eccoci (noi) siamo noi i più adatti, i più attrezzati (noi peninsulari) – sappiamo riconoscere il significato dei gesti, noi, leggiamo le intenzioni siamo pronti a tutti i compromessi, abituati a tutte le vie traverse, le flessioni (eccoci) gli arrangiatori prìncipi della terra, della terra dei mezzi, dei messi in mezzo (ben addestrati, dunque) sappiamo evitare le rigidità e i moralismi (ben consapevoli, poi, di cosa sia umano) ce la caveremo alla grande quando ci sarà da correre ai ripari nel disordine generale se venisse la fine del mondo (ma non è già venuta?) 3 non se ne può più del sol’uno (ridotti male quando l’unica è darsi in mano al santo di turno) (di qua come di là) meglio tornare ai consoli (che erano due) piuttosto (se proprio non si vuole il collettivo) perché il sol’uno poi è tutto nell’affidarvisi (nel senso che poi fa lui) (fa quel che vuole) (fa disastri in pratica) che te ne accorgi dopo e rimedia se ce la fai (e non si rimedia più, infatti) perché il sol’uno (se ci pensi) non è altro che un’immagine (una teofania) sacra (mentre non vale nulla, invece) – che allora ecco (cosa?) ma vi do’ anche il nome: SINISTRA DI BASE (ma va’, ma chi ti vota?) da costruire insieme poco a poco

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(la scena me la immagino così:) – Vai, che sei libero! – Libero? evviva! posso fare tutto quello voglio! cioè: posso fare tutto quello voglio? – Certo, ma nel rispetto della libertà degli altri. – Certo! e di che cosa sono liberi gli altri? – Soprattutto di essere proprietari privati. – Ah, e dunque anch’io sarò libero di essere proprietario privato. – Naturalmente, per esempio, tu sei proprietario di te stesso. – Quindi come tale sono libero? – Esatto, sei libero di venderti. – Vendermi? ma sì, va bene; e al prezzo che voglio? – No. Al prezzo che voglio io, che sono libero da prima. – Capisco: dunque sono libero di essere schiavo. – Sì, ma adesso lo scegli liberamente, però. 5 non è soltanto una questione di quote: la quota (scala, arrampica, tirati su con fatica) alla fine si raggiunge (ci vorrà tempo, magari) con sforzo ma dai e dai alla fine la quota si tiene – il problema (io dico) non è solo la quota ma anche il suo colore che è il colore di un bel cielo, di un bel fiore (il rosa è il rosa è il rosa è il rosa è il rosa è il rosa) e di un giornale sportivo e (non di tutti ma) della carnagione di alcuni però è (anche) il colore della beata (beota) illusione. La questione strategica del genere che chiede riconoscimento in quanto tale in fondo è tutta qui: alternativa la critica del rosa 6 va bene l’elemosina (si sa è sempre meglio che niente) ma se (e la chiese la chiesa poi) ma se posso avanzare una piccola obiezione (mica tanto piccola però) è pur sempre momentanea se non va alla radice (alla radice del dente, vedi, che ti fa male) e dunque se non si rivolta (ah, ma siamo rivoltosi allora: e come la mettiamo con la violenza?) ma come un calzino, dico, la logica (ma quale logica, qui non ce n’è nessuna: logica è una parola grossa) e non si comincia dal fondo: e mica dico dall’abolizione della proprietà privata (ah, beh) pazienza, ma almeno dal lavoro obbligatorio o lavoro 42


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Eugenio Lucrezi parametricO blues

Valli scoscese, sacche inarrendevoli, patiboli impassibili che accolgono, nell’alveo, a fondo, i morti parametrici. Le vette ardite spaccano le nuvole. Chi arriva in cima è autore del miracolo di lasciare ai terragni la sozzura. Parametro del lordo è la calura. Lassù la trama è fina, è sopraffina: respira a fondo, l’anima è un gelato. Quel carnaio laggiù, nell’elemosina, non è all’altezza. Per noi che arrampichiamo, dare di forza è dare di calcagno. Qui, alla quota mezzana, la poesia fa terzine dei guasti dell’umano, genus tristo, affetto da terzana. Tùrati il naso, se vuoi venirne a capo: a narici serrate, ti puoi imbattere in qualche raro sapiens animato. L’antroposfera è un corpo costellato. Vedi di notte, e ti si torce il viso, più luce in terra che stelle in paradiso. L’umano è disumano e l’animale disanima brucando il vegetale, vivente informazione dello spirito. Ventura corpora, nolite castigare i morituri che a vita si cimentano nella prova infinita degli stenti. 43


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Spirito in cima, anima fioriera, abbi pena di te, che sei la vanga che rimpinza le valli di cadaveri.

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Marco Palladini Non lavorare stanca (autoremix) 1. Lavorare stanca già poetava Cesare Pavese ma non lavorare forse anche di più, anzi non lavorare stronca la psiche più del fisico ché non riempie di senso il mondo tutto questo non fare nulla ovvero questo fare il nulla 2. Nell’occidente capitalistico è forse sempre stato impossibile pensare alla piena occupazione, ma adesso i poteri economici neppure si sognano più di spacciare questa pia illusione, la merce-lavoro si fa cosa rara, quasi fuori corso e quelli che investono denaro se lo giocano in Borsa oscillando tra toro e orso 3. Si sognava il paradiso di un lavoro liberato si è finiti nell’inferno di un lavoro sparito alcuni si aggrappano ancora al purgatorio degli ammortizzatori sociali, ma il welfare state è ormai in scadenza, la crisi appare, in evidenza, irreversibile, ma dov’è un’alternativa possibile? 4. Dove sono finiti i fu-partiti operai? Chi ha mandato al macero i concettosi libri sulla teoria del conflitto tra capitale e lavoro? Si coglie l’abisso epocale che intercorre tra gli scioperati che boicottavano il lavoro e gli scioperanti che oggi disperati invece lo reclamano il lavoro? Anche qualunque? 5. Chi paga il conto di un sistema disfuzionale che creava finti posti di lavoro? Come si può in quest’epoca post-industriale predicare la decrescita o l’abbondanza frugale se poi la diseguaglianza è macroscopica e globale? Chi stabilisce l’agenda del mondo diffamato, infame o affamato? Chi chiacchiera di giustizia e pace e democrazia ma copre soltanto la logica indefettibile 45


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quanto omicida del profitto e dei soldi? Come scriveva Céline “per eliminare la disoccupazione, elimineremo i disoccupati”? (2012)

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Helene Paraskevà La livella L’Uragano gorgogliava e in agguato, Procruste il bandito, aspettava i passanti ignari, nascosto nello stretto di Mégara, fra precipizio, strapiombo e cielo terso. L’Uragano piangeva e sul letto di ferro il brigante misurava tutti. Le ossa ai più corti strappava, dei più lunghi spezzava cranio e piedi. Tutti pareggiati, squarciati, disperati. “Sono uguali i diritti degli umani e non gli umani sul malvagio letto!” Ululava l’Uragano dall’esilio.

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Fausta Squatriti Del troppo e del poco

Venefico fiato ancora vive nel truogolo caldo vive ancora lui vive: a gran voce solfeggia l’innocenza del ruolo. Fa chiasso ha sete ha fame reclama onore esala sentenze ride: della sua stessa aria non sa. Semina a spaglio zizzania di denari. Tra maglie larghe bazzica approvazione assolda insipienza. I blandi carcerieri. Incauti passetti all’indietro moria di quasi tutto. E come occultare dissapore a consumare il poco intento se non si inclina almeno di qualche grado dileggio all’ arroganza spacciata per contento? O meglio sarebbe assaporare rischio di vivanda da sciacalli leccata nella civiltà del crepapelle? E dire che l’attesa è stata lunga. La vivanda del bene si gusta tenendo il bocconcino per dopo. 48


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Se ci sarĂ tempo. Di chi sta male non importa a nessuno. Neppure ai poeti. per le cattive mani in cui versiamo le nostre speranze

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Luciano Troisio LA MIA OCCULTA LIVELLA [Non il Fine ma tutto il Percorso costellato d’iloti caduti, di cavalli orwelliani. Abbasso Croce viva i linguisti strutturalisti, quelli che si strozzavano con sottaceti sovietici funghi fritti nel cemento e majoneza, ciorba di farfalline finale palacinka annegata in vodka]. D’accordo. Ma allor vorrei collocarmi nella zona del Fine spesato dal partito all’Hotel Excelsior delegato insigne dal popolo bue. (Cribbio: la politica ha i suoi costi)! Scopular le pasionarie adolescenti tutte fiori e sospiri adoranti la mia eminente trippa di presidente; m’acconterei di caviale di Manciuria, ciampegn francese (o un vero Cartizze), lascerei rispettosamente gli altri a picconare pilotare macchine movimento-terra arare, trebbiare l’arroz ancora verde, il popolo lodarlo con la manina stanca quando passo in Isotta Fraschini e loro mi applaudono coi moncherini. Nella piscine termali voluttuarie concedermi un attimino agli orendi armadi/funzionarie in buonafede bonario accrescere le loro precarie conoscenze amichevole disponibile (chiamatemi in sede), ma strappar vestaglie solo a giovani maiale portarmi nella suite dei mori ogni miss provinciale (uso incallito, a occuparsi del mio schrimbinzolo con grato appetito).

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Simone Zanin Sono immobile in questa vettura a guardare attraverso i finestrini bloccati da decenni, a trattenere dentro i respiri, mescolando particelle di vita, ultima testimonianza di chi è passato, un tempo. E ora non più. Adesso non è più che acido ribonucleico sospeso a mezz'aria. E polvere, miliardi di cellule epiteliali scolorite, dalle quali è stata tratta ogni vita, alla fine, succhiata, distillata e infine lasciata inaridire nell'angolo dove si è depositato tutto il sudiciume. In quest'atmosfera solida che mi circonda, in questo gelo che concretizza le anime di chi è stato un viaggiatore, un guerriero che ha perso la voce in lontananza, mentre è stato portato a combattere al fronte. Al confine di questo impero che si è disfatto. Anime di chi è partito ogni maggio, tra gli alberi in fiore, spargendo petali sulla collina per chi non sarebbe più tornato. Per se stesso e per i suoi compagni. E adesso non è più atteso da nessuno, perché nessuno più se ne ricorda, perché del suo sacrificio se ne è persa memoria, perché ogni sua azione ha perso importanza. (da Nuova Vandea, ed. Officine Ultranovecento, 2013)

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NOTIZIE BIO-BIBLIOGRAFICHE

Luca Bellingeri, docente all’Università “Sapienza” di Roma di IUS/10 (Diritto amministrativo ), Archivistica, Biblioteconomia e Scienze documentarie, linguistico-filologiche e geografiche, è direttore della Biblioteca Estense Nazionale di Modena. Marco Bini (1984) vive a Vignola (MO). Si è laureato in lettere moderne all’Università di Bologna. Collabora con l’organizzazione di Poesia Festival in provincia di Modena. Appare nell'antologia La generazione entrante (Ladolfi editore, 2011). Nel 2011 è uscito il suo primo libro di poesia, dal titolo Conoscenza del vento (Giuliano Ladolfi editore), con il quale ha vinto diversi premi. Augusto Carli è nato a Ferrara nel 1943. Terminati gli studi liceali ha compiuto gli studi universitari presso l'Università Bocconi di Milano scegliendo l'indirizzo di Lingue e Letterature Germaniche. Successivamente ha compiuto studi specialistici nell'ambito della Germanistica e della Glottologia in varie università tedesche. Ha insegnato in parecchie università italiane e straniere, fra queste Venezia, Trento, Verona, Bari e Colonia. È attualmente Professore Ordinario fuori ruolo presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali di Modena. Ha al suo attivo una ventina di pubblicazioni sotto forma di articioli, saggi e monografie, in varie lingue. Nadia Cavalera Poeta, saggista, è nata nel Salento, a Galatone (Lecce). Laureata in filosofia, si è sempre dedicata all’insegnamento. Dopo 12 anni a Brindisi (dove ha svolto anche un’intensa attività pubblicistica), dal 1988 vive a Modena. È fondatrice del” Superrealismo allegorico”, nome della sua personale speculazione poetica, concretizzatasi anche figurativamente in alcuni mini cataloghi. Nel 1990 ha fondato, con Edoardo Sanguineti, la rivista “Bollettario” e dal 2005 organizza e presiede il Premio Alessandro Tassoni. Ha pubblicato 12 libri di cui gli ultimi: “L’astutica ergocratica”, poemetto etico-politico, con CD (Joker, 2011) e la raccolta di saggi “Corso Canalchiaro 26” (Marsilio, 2010). 52


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Antonino Contiliano Vive a Marsala. Ha pubblicato: “Il flauto del fauno ” (1981), “Il profumo della terra ” (1983), “Gli albedi del sole ” (1988), “Exilul utopiei ” (1990), “L’utopia di Hannah Arendt ” (1991), “La contingenza/Lo stupore del tempo ” (1995), “Kairós desdichado ” (1998), “La Soglia dell’esilio ” (2000), “Terminali e Muquenti / Paradossi ” (2005), “Tempo spaginato / Chi-asmo ” (2007), “Il tempo del poeta ” (2009), “Ero(s)diade / La binaria dell’asiento” ( 2010). Come coautore e “sine nomine” ha pubblicato: “Compagni di strada caminando ” (2003), “Marcha Hacker/Risata cyberfreak ” (2005) e “ ’Elmotell blues ” (2007), “Noi Rebeldìa 2010, We are winning wing” (2012). Matteo Cotugno Nasce nel 1963 a Foggia dove consegue la maturità scientifica. La poesia è una passione fin dall’infanzia ma solo nel 2010 pubblica la sua opera prima” PoesiAnima”, una raccolta di poesie (selezione del Premio Tassoni 2011) e che comprende una silloge a tema museale con la quale ha esordito in mostra nel settembre 2010 a Palazzo dei Musei di Modena. Ha partecipato con alcune sue poesie a tema spirituale ad una personale pittorica sulla figura della Maddalena presso il Maschio Angioino di Napoli. Nel 2012 crea un blog di poesia dedicato ad Alda Merini e cura antologie di poesia in formato ebook con diffusione gratuita, letti da varie migliaia di appassionati. Gaetano delli Santi (Foggia, 1959) Poeta, drammaturgo, romanziere, critico e saggista, pittore e scultore, opera da sempre nel campo della scrittura e delle arti visive secondo le modalità proprie dell’interdisciplinarietà. E’ uno dei maggiori esponenti del movimento Terza Ondata. Il novo movimento della scrittura in Italia. Vive a Milano dove insegna al liceo artistico statale di Brera, tiene conferenze, seminari e laboratori di scrittura e di educazione visiva. Francesca Ferrari è nata a Modena nel 1974. Sviluppa la passione per la scrittura e la poesia fin da bambina. Figlia d’arte, diplomata in grafica, scrive per il collettivo Bibbia d'Asfalto e la sua rivista. Il suo primo lavoro è ‘She’s waiting for a portrait’, poemetto in versi fruibile su 'Calameo', recensito da CarteSensibili, di cui tre brani sono inseriti nell'antologia 'La memoria' in occasione del Premio Alessandro Tassoni 2013, che la vede al suo esordio in pubblico.

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Serenella Gatti Linares, nata a Palermo, ma adottata da Bologna, laureata in Materie Letterarie e in Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo. Ha collaborato alle Riviste: Miopia, Leggere Donna, Voci della Luna, Macabrina, La Suburbana, Il Caffè. E’ inserita in molteplici Antologie (Lieto Ha insegnato Lettere nella scuola statale. Giovanna Gentilini, Artista e poeta espone alla 45° Biennale D’arte di Venezia del 1995 .Nel 2004 pubblica con la casa editrice “ Eidos” di Vittoria Surian il libro d’arte “ Il corpo dis-Umano”.Ha partecipato al Poesia Festival di Terre dei Castelli del 2007 e Al Festival della filosofia di Modena del 2008. Suoi testi sono presenti in antologie e riviste cartacee e online . Nel maggio del 2013 ha pubblicato con” Rosso Pietra” il libro di poesie” mentre rammendi ascolta il lievito”. Alfonso Lentini è nato in Sicilia nel 1951 e vive a Belluno. Laureato in filosofia, si è formato nel clima delle neoavanguardie artistiche e letterarie del secondo Novecento. Fra i suoi libri, Piccolo inventario degli specchi, Un bellunese di Patagonia., Cento madri, Luminosa signora, lettera veneziana d’amore e d’eresia (Ed. Pagliai, 2011). Nelle sue numerose mostre in Italia e all’estero, propone opere basate sulla valorizzazione della parola nella sua dimensione materiale e gestuale. Ha svolto anche esperienze artistiche e di scrittura presso Centri di Salute Mentale. Oronzo Liuzzi, nato a Fasano (BR) nel 1949, vive e lavora a Corato (Ba). E’ laureato in Filosofia Estetica. Artista poliedrico ha pubblicato oltre una ventina di libri tra poesia e narrativa. Durante la quarantennale attività artistica ha esposto in numerosi musei e gallerie a carattere nazionale e internazionale. Ultimi volumi di poesia pubblicati: In odissea visione (2012) e Condivido (2014) per puntoacapo Editrice. Eugenio Lucrezi (1952) è di famiglia salentina. Vive a Napoli, fa il medico, il giornalista e il musicista blues. Ha pubblicato un romanzo e cinque libri di poesia, l’ultimo dei quali è mimetiche, oèdipus, Salerno-Milano 2013. Già redattore di Altri termini, è oggi direttore della rivista di poesia e arti visive Levania. Francesco Muzzioli lavora presso l’Università “Sapienza” di Roma come docente di Critica letteraria. Ha al suo attivo numerosi volumi di teoria e di critica letteraria, monografie, antologie e saggi; ultimi in ordine di tempo “L’analisi del testo letterario” (Empiria) e “Gruppo ’63”. “Istruzioni 54


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per la lettura” (Odradek). In versi ha pubblicato di recente “Il Corto la scorta le escort” (Le impronte degli uccelli e anche audiolibro nel sito “La città e le stelle”) e “Verbigerazioni catamoderne” (Tracce). Ha cercato di smettere, come attesta il libello umoristico “Come smettere di scrivere poesia” (Lithos), ma evidentemente il suo metodo non funziona. Marco Palladini, nato a Roma, è scrittore, poeta, drammaturgo, regista, performer e critico nell’ambito del teatro d’autore e di ricerca. Ultime pubblicazioni di poesia: il cd poetico-musicale Trans Kerouac Road (Zona, 2004); le raccolte in versi Iperfetazioni (Zona, 2009); Il mondo percepito (Le impronte degli uccelli, 2010); Poetry Music Machine (libro+cd, Onyx Editrice, 2012); Attraversando le barricate (Robin Edizioni, 2013). È direttore di “Le reti di Dedalus” (www.retididedalus.it), web-review del Sindacato Nazionale Scrittori. Erika Papagni è Dottore di Ricerca. Nata a Montreal nel 1978. Ha studiato ed insegnato in tre università canadesi: Concordia University (2000-2004, Montreal, Quebec) dove ha conseguito un B.A. in Political Science and Honours in Italian Studies with Distinction con una tesi su Dante diretta da Filippo Salvatore. Si è laureata con la media dei voti più alta (the highest GPA) ed è entrata a far parte della "Golden Key International Honour Society"; McGill University (2005-2007, Montreal, Quebec) dove ha completato un M.A. in Italian Studies con una tesi su Bono Giamboni diretta da Maria Predelli, e la sua tesi di Master ha ottenuto la prestigiosa borsa di studio del "Social Sciences and Research Council of Canada ($17,500)"; e University of Toronto (2007-2013, Toronto, Ontario) dove ha completato il programma di PhD in Italian Studies con una tesi su Alessandro Tassoni diretta da Francesco Guardiani e dove ha ricevuto dagli studenti nell'anno accademico 2010-2011 la valutazione più alta (7.0 su 7.0) nell'insegnamento dell'italiano tra tutti i docenti del Campus St. George. Titos Patrikios è nato ad Atene nel 1928. Durante l’occupazione nazifascista della Grecia ha partecipato alla Resistenza e nel 1944 ha rischiato l’esecuzione. Dal 1951 al 1954 è stato confinato nelle isole di Makrònissos e di Aghios Efstratios. Laureato in Giurisprudenza all’Università di Atene, dal 1959 al 1964 ha studiato Sociologia e Filosofia alla Sorbonne e all’École des Hautes Études di Parigi. Nel 1967, dopo il colpo di Stato dei colonnelli in Grecia, è vissuto in esilio a Parigi e a Roma, lavorando come avvocato, giornalista, sociologo e ricercatore (tra l’altro all’UNESCO, a Parigi, e alla FAO, a Roma). Dal 1976 vive ad Atene. 55


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La sua prima raccolta di versi, Strada sterrata, risale al 1954. Nello stesso anno fu tra i fondatori dell’importante rivista letteraria “Epitheòrisi Technis”. Seguirono le raccolte Tirocinio (1963), Fermata a richiesta (1975), Poesie (1976), Mare promesso (1977), Controversie (1981), Specchi opposti (1988), Deformazioni (1989), Tirocinio, ancora (1991), Il piacere della dilazione (1992), Poesie I, II, III (1998), La resistenza dei fatti (2000), La Porta dei Leoni (2002), Il nuovo tracciato (2007). Titos Patrikios ha pubblicato anche quattro volumi di racconti, La banda dei tredici (1990), Orario continuato (1993), Sulla linea di galleggiamento (1997), Avventure su tre zattere (2006), e numerosi e importanti saggi letterari, sociologici e giuridici. Ha tradotto, tra gli altri, testi di Spinoza, Lukács, Majakovskij, Neruda, Saint-John Perse, Valéry, Stendhal, Balzac. Poesie di Patrikios sono state pubblicate in tutti i Paesi europei e in Messico, Cile, Brasile, Egitto. Due sue raccolte sono state tradotte in Francia (Altérations, Parigi 1991, e Apprentissage, Parigi 1996), una in Germania (Spiegelbilder, Colonia 1993) e un’antologia di suoi versi è uscita negli Stati Uniti (The Lion’s Gate, 2006). La resistenza dei fatti è la prima e piú ampia antologia uscita in Italia. Dei numerosi riconoscimenti ottenuti da Patrikios si ricorda il Grande Premio di Letteratura dello Stato Greco (1994). Nel 2004 il presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi gli ha conferito l’onorificenza di Cavaliere della Repubblica per il suo contributo allo sviluppo dei rapporti culturali tra l’Italia e la Grecia. (da “La resistenza dei fatti”, Crocetti 2009) Helene Paraskevà: «Sono nata ad Atene, Grecia e ho studiato in Grecia, Italia e Regno Unito. Vivo a Roma da più di trent’anni e scrivo poesie, racconti, un romanzo, un libro di testo per il Liceo e articoli. Partecipo anche alla Compagnia delle Poete. Il mio percorso da immigrata ed extracomunitaria “ante litteram” mi spinge a confrontarmi continuamente con la precarietà quotidiana pur trovandomi adesso a far parte dei cittadini dell’Unione Europea.» Fausta Squatriti, artista visiva, poeta e narratrice, docente all'Accademia di Brera, due volte visiting professor alla University at Manoa, Honolulu. E’ del 2.009 la personale al Moscow Museum of Modern Art, e del 2012 la sua partecipazione a Elles, Centre Pompidou, Parigi. Ha pubblicato le sue poesie con Vanni Scheiwiller, per il quale ha diretto, con Gaetano Delli Santi, la rivista Kiliagono tra il '93 e il '95. Altri testi sono usciti con Book, Testuale, 56


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La Vita Felice. Ha pubblicato inoltre il romanzo Crampi, Abramo editore, 2006. Sue poesie sono tradotte in ebraico, e pubblicate su varie riviste. Tradotte in inglese da Heatherly Scott e Jack Arbib, con un saggio di Matteo Brera, sono pubblicate sulla rivista internazionale Incontri, pubblicata ad Amsterdam. Luciano Troisio è nato un millennio fa (1938) nella Venezia Giulia. Ha fatto svogliati studi classici con maestri di vaglia. Accortosi in tempo del madornale errore commesso nel tentare indegnamente la carriera universitaria, si è autodegradato andando in giro per il mondo a fare il Lettore (però Ministeriale). Ha pubblicato con avidi editori, libercoli di cui nessuno si è accorto. Per raggiunti limiti di età e saggezza è stato cacciato in pensione e ora, forsennato flaneur e perdigiorno, vive tra Pontevigodarzere, Bora Bora e Bali. Collabora a molte riviste e a siti vari. Dirige per l’Editrice Cleup la collana Riga Tremante. Simone Zanin (Pordenone, 1977) è narratore e poeta. Ha pubblicato La porta dei miei sogni (poesia, Ed. del Leone, 1995), Studi (poesia, Ed. del Leone, 2007), Ultima notte alla collina di Megiddo con 7 disegni di G.R. Manzoni (prosa poetica, Raffaelli, 2012) e Nuova Vandea con S. Adernò, G. R. Manzoni e M. Baj (prosa poetica, Officine Ultranovecento, 2013), oltre a diversi libri d’artista realizzati a mano in collaborazione con artisti visivi. Vive a Modena.

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PREMIO ALESSANDRO TASSONI poesia, narrativa, teatro, saggistica Nona edizione, Modena, Anno 2014 A cura dell’Associazione Culturale “Le Avanguardie”, diretta da Nadia Cavalera, col patrocinio e collaborazione del Comune di Modena, della Regione Emilia-Romagna, della Biblioteca Estense Universitaria, dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. Adesione di “100Thousand poets for Change”. Norme di Svolgimento Il Premio intitolato all’estroso e prolifico poeta del Seicento Alessandro Tassoni, nume tutelare della città per gli stretti legami storico-letterari ad essa risalenti, si articola in tre momenti (reading; presentazionie di libri; assegnazione dei premi) e avrà luogo il 14 giugno, al Teatro San Carlo di Modena. Reading Il reading coinvolgerà 15 autori e verterà su poesia, narrativa, teatro, saggistica. Tema di quest’anno: “La livella”, da intendersi non tanto quale metafora della morte, ma come insopprimibile bisogno di uguaglianza, principio rincorso da millenni, e oggi disatteso al massimo. La partecipazione è gratuita. Chi vuole partecipare deve mandare per email, in word, alla Segreteria, premioalessandrotassoni@bollettario.it : - Un solo testo inedito o edito (con l’indicazione del titolo del libro da cui è tratto), della lunghezza massima di 30 versi/righe, sul tema “La livella”, entro il 30 maggio Contestualmente va aggiunta una biografia di massimo 5 righe, la dichiarazione di esserne l’unico autore e titolare esclusivo dei diritti, e l’autorizzazione a pubblicarlo nell’ebook del “2° quaderno del Premio Alessandro Tassoni”. Ai selezionati fuori sede regionale è garantita l’ospitalità.Presentazione di libri A cura della Giuria, in fase di assestamento, saranno presentati dei libri (massimo 4)Assegnazione dei premi Nel corso della manifestazione si procederà all’assegnazione del Premio honoris causa ad un personaggio di spicco del panorama nazionale o internazionale Seguirà l’eventuale premiazione di una tesi di laurea sul Tassoni. I neolaureati dovranno far pervenire la copia della tesi di laurea al Fondo Premio Alessandro Tassoni, c/o la Biblioteca Estense Universitaria, largo Sant’ Agostino 337, 41121 Modena. Modena, 11 aprile 2014 Per info: www.premioalessandrotassoni.it – tel. 059211791 – cell. 3393473 58


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INDICE 1 3

7 9 13

Introduzione Nadia Cavalera Titos Patrikios La porta dei leoni La poesia ti cerca Tre poesie per Rena Nadia Cavalera Motivazione del Premio Honoris causa Luca Bellingeri Motivazione del premio per la Tesi Alessandro Tassoni Lipotiposi del tirabuso Secchia rapita, canto IX, strofe 67-82

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Presentazioni Francesco Muzzioli (Terza Ondata) Marco Palladini (Tutti i versi) Augusto Carli (Le storie)

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Autor* Marco Bini Antonino Contiliano Matteo Cotugno Gaetano Delli Santi Francesca Ferrari Serenella Gatti Linares Giovanna Gentilini Alfonso Lentini Oronzo Liuzzi Eugenio Lucrezi Francesco Muzzioli Marco Palladini Helene ParaskevĂ Fausta Squatriti Luciano Troisio Simone Zanin

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Notizie bio-bibliografiche 60


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Materiali 8 10 18 23 26 59 60

Foto di Titos Patrikios, durante la cerimonia Testamento del 1612 di A. Tassoni (stralci) Terza Ondata, copertina Tutti i versi, copertina Le Storie, copertina Bando del Premio Locandina dell’evento

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Luca Bellingeri Marco Bini Augusto Carli Nadia Cavalera Antonino Contiliano Matteo Cotugno Gaetano Delli Santi Francesca Ferrari Serenella Gatti Linares Giovanna Gentilini Alfonso Lentini Oronzo Liuzzi Eugenio Lucrezi Francesco Muzzioli Marco Palladini Helene ParaskevĂ Fausta Squatriti Luciano Troisio Simone Zanin

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