47 gennaio - marzo 2017

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To maso Mo ntanari... E L A MUSI C A

di questo mondo. In Caravaggio non era tanto l’intenzione voluta di rappresentare il ‘fare musica’ ma semplicemente potremmo dire che la musica permeava talmente il mondo in cui si trovava a dipingere, che volendo rappresentare la realtà, anche questo faceva parte della realtà. Credo che così vada vista. E questo apre a noi interrogativi sul presente, su come siamo noi. Una sorta di riflessione su noi stessi. In occasione della nostra prima intervista, era il 2008 e verteva sulla mostra Bernini pittore da lei curata a Roma a Palazzo Barberini, mi aveva colpito, leggendo il suo saggio nel catalogo, che Bernini si fosse dedicato anche all’insegnamento della recitazione, ritenendo che proprio recitando i giovani pittori avrebbero potuto “imparare a muovere gli animi dipingendo.” Anche in questo caso un interscambio tra le arti. In che modo Bernini ebbe a che fare con la musica del suo tempo? Bernini anziano era stato regista e impresario di grandi drammi per musica composti su libretto di Rospigliosi. Anche in questo caso possiamo constatare una profonda unità, direi un’unità di tipo professionale. Caravaggio aveva verso la musica un interesse da testimone del un mondo in cui era immerso, sappiamo pochissimo della sua cultura musicale. Ad esempio, nei quadri commissionati dal cardinal Del Monte ci

Tomaso Montanari sul set di “La vera natura di Caravaggio”. A destra “il suonatore di liuto”

chiediamo fin dove arrivi il cardinale, e dove arrivi lui. Nel caso di Bernini invece c’è un interesse professionale. Bernini è un grande regista, è il direttore di una scuola di recitazione, è il responsabile della messinscena di commedie che hanno intermezzi musicali nella fase giovanile, l’epoca barberiniana, e nella fase più tarda veri e propri drammi per musica. Il rapporto con i compositori doveva essere piuttosto stretto, anche se sappiamo molto poco a riguardo. Probabilmente ci devono essere stati dei contatti con Alessandro Scarlatti, ma non abbiamo delle evidenze. Comunque sicuramente sono due situazioni storiche diverse: per Caravaggio la testimonianza di un ambiente in cui la musica era fondamentale nella vita quotidiana e nel caso invece di Bernini un impegno di tipo diretto e professionale. E la musica nella vita di uno storico dell’arte come lei oltre che per motivi professionali è entrata anche per altri percorsi, immagino… Ma certo, ovviamente, la cultura musicale di ognuno di noi è la musica che ascoltiamo, fa parte della nostra individualità. In certi casi è in rapporto con la nostra attività, con i nostri studi, in altri per nulla. Sono un ascoltatore abbastanza onnivoro, dalla musica antica, alla medioevale, rinascimentale, barocca e poi la grande musica dell’età moderna e dell’Ottocento. Naturalmente ascolto anche la musica leggera italiana, essendo nato nel 1971. Un gusto musicale che viene dopo e che è un’altra musica. Ha preferenze nell’ambito della musica classica? Preferisce il repertorio sinfonico o quello operistico?

Direi più sinfonico e concertistico, da sempre una grande passione per Bach e per alcuni musicisti del ‘600. Monteverdi naturalmente è davvero vicino a quello che sento io. Per l’opera Mozart più di quanto non ami l’Ottocento italiano. Ma è un fatto puramente personale. Nel guardare i suoi cicli televisivi su Bernini e su Caravaggio ho riflettuto ancora una volta sul rapporto tra musica e immagine. Nelle recenti trasmissioni su Caravaggio ho notato che la musica d’epoca è presente solo quando deve esemplificare una precisa iconografia legata ad una partitura dipinta. Per il resto il linguaggio musicale è contemporaneo e spesso sottolinea con una certa suspense lo scorrere dell’occhio sull’opera pittorica. Per Bernini fu fatta una scelta eclettica, attingendo a musiche di diverse epoche. Per Caravaggio abbiamo preferito adottare un commento musicale composto ad hoc. Il compositore, Giorgio Giampà, ha commentato le immagini secondo la sua sensibilità con un risultato che mi sembra bello perché coerente ed unitario. È stato comunque un lavoro di équipe e siamo sempre alla ricerca del miglior risultato possibile. Vediamo nella prossima serie… Tornando al rapporto tra arte e musica colta, trova che anche nell’arte come nella musica il linguaggio contemporaneo sia poco diretto, rischiando di arrivare solo a pochi eletti? In questo senso arte figurativa e musica hanno avuto un percorso analogo?

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