Esplora misura racconta. Alle origini del primo museo di geografia in Italia

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SALIRE LE SCALE DELLA GEOGRAFIA di Mauro Varotto

– Che cos’è un geografo? – È un sapiente che sa dove si trovano i mari, i fiumi, le città, le montagne e i deserti – Le geografie, disse il geografo, sono i libri più preziosi fra tutti i libri. Non passano mai di moda. È molto raro che una montagna cambi di posto. È molto raro che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne. Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, 1943

S

alire le scale del Museo di Geografia significa prima di tutto interrogarsi sulla propria idea di geografia, fare i conti con alcuni stereotipi o con l’idea diffusa di questa materia sin dai banchi di scuola. Nella percezione comune l’immagine della geografia corrisponde a quella nozionistica incarnata dal geografo de Il Piccolo Principe: un sapiente intento a registrare lunghe liste di montagne, fiumi, mari, città, stati e confini apparentemente immutabili. Una disciplina arida, mnemonica, spesso per questo percepita come noiosa, che si occupa solo di “cose eterne” ovvero elementi il più possibile concepiti come immutabili e fissi. Sulla scorta di Giuseppe Dalla Vedova, uno dei padri della geografia italiana, che invitava ad un uso moderato di liste di termini e cifre da mandare a memoria, anche noi pensiamo che non ci si debba fermare a questa idea compassata della geografia (“se non sai tutte le capitali a memoria non sei un bravo geografo”), quella statistica geografica che rimanda appunto alla Staatsgeographie settecentesca, un sapere “al servizio del Re”.

L’ascensione al Museo è un percorso fisico e metaforico insieme: secondo l’efficace distinzione di Giuseppe Dematteis, salire questa scala significa attraversare il bagaglio di altezze, grandezze e lunghezze della geografia che “implora” per abbracciare la geografia che “esplora”, un sapere alla perenne scoperta di nuove idee di mondo, attento a ciò che anima tra punti solo apparentemente fissi, alle connessioni tra fenomeni fisici e umani, alle relazioni tra elementi che si muovono nello spazio e nel tempo. Si tratta dunque di trasformarsi da geografo del Re a Piccolo Principe, rivolgendo la curiosità e l’attenzione soprattutto a ciò che è vivo, mobile, alla sua comprensione e alla sua cura. Eppure queste scale sono un percorso obbligato, per certi versi faticoso quanto necessario: per raggiungere le vette più alte della geografia non bisogna dimenticare l’importanza dell’esatta collocazione e dimensione dei fenomeni nello spazio; non posso capire il lungo percorso della banana che mangio a colazione se non so dove si trova l’Honduras, così come non posso cogliere la 61


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