LA “GIUSTA DISTANZA”: ALLE ORIGINI DEL PROGETTO MUSEALE di Mauro Varotto
M
orire per risorgere non è solo un principio evangelico, è una legge della natura. E così è stato anche per la geografia patavina: è stata necessaria, se non una morte vera e propria, una dolorosa frattura per dare forza a quello che è oggi il più corale e per certi versi rivoluzionario progetto che abbia coinvolto la disciplina a Padova negli ultimi decenni. La frattura si è generata con la riorganizzazione universitaria imposta dalla Legge 240/2010 (“Legge Gelmini”), che il 31 dicembre 2011 ha di fatto concluso il progetto unitario di Morandini e posto fine all’unico (ed uno tra i più importanti in Italia) “Dipartimento di Geografia” con tale denominazione. I quattordici geografi fisici e umani (troppo pochi secondo le nuove norme per costituire un dipartimento autonomo) si sono distribuiti in tre dipartimenti diversi (DiSSGeA, Geoscienze, Dicea). In tale frangente, il Consiglio di Dipartimento, nella sua ultima seduta, con grande lungimiranza ha espresso la volontà di mantenere unito e vitale il patrimonio ereditato in 150 anni di ricerca e didattica geografica attraverso la costituzione di un museo della
geografia: un patrimonio che risaliva ad una delle prime cattedre in Italia (quella di Giuseppe Dalla Vedova dal 1872 al 1875), fortunatamente conservato come in poche altre sedi, grazie alla continuità di ricerca e insegnamento e alla cura che vi hanno riversato i docenti succedutisi nel tempo. È iniziato allora, nel 2011, un percorso che, con la nomina di un’apposita Commissione in seno al Dipartimento di Scienze Storiche Geografiche e dell’Antichità, doveva muovere i passi necessari alla definizione del progetto museale. Come spesso avviene nei processi di riconoscimento patrimoniale e nel passaggio dagli “ambienti della memoria” ai “luoghi della memoria” quali sono per definizione i musei, era necessario porre la “giusta distanza” da una tradizione e dalle generazioni precedenti per consentire una “riappropriazione” del munus dei padri, per rileggere con sguardo nuovo e funzionalità diverse quegli stessi materiali, strumenti, oggetti sedimentatisi in almeno cinque generazioni di geografi, a volte liberando “tesori personali” gelosamente custoditi, altre volte riscoprendo e ripulendo dalla 49