MUMBLE: n°35

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come “tua”? “Mi riferisco innanzitutto all’esperienza personale in Sicilia. Lavorare a Telejato, conoscere persone, situazioni e dinamiche come quelle che ho visto laggiù e, infine, entrare nella famiglia Maniaci, produce inevitabilmente l’effetto di farti sentire, da quel momento in poi, un po’ a casa tua, sia a Partinico che nell’intera Sicilia. Di conseguenza le vicende di quella terra iniziano a coinvolgerti e a preoccuparti come se si parlasse di qualcosa che ti riguarda da vicino. Inoltre, come ormai ben sappiamo, i fenomeni mafiosi non sono più una questione meridionale. È assodato che la criminalità organizzata è ben radicata in regioni come l'EmiliaRomagna, la Lombardia, il Nord-Est. La 'ndrangheta e Cosa Nostra hanno scelto Reggio Emilia, Bologna, Modena come piattaforma base per i propri affari economici e finanziari, dal traffico di droga alla prostituzione, dall'edilizia al gioco d'azzardo. La Sicilia dunque è stata per me e per il mio lavoro di tesi un punto di partenza per parlare di giornalismo e mafie. Ho utilizzato la Sicilia come "metafora", direbbe Sciascia; la Sicilia come specchio dell'Italia e dei problemi di un'intera Nazione. Problemi che riguardano anche il Nord, e quindi anche me e tutti i noi. Ma torniamo ora alla tua tesi. Di cosa si occupa?

internet può essere un elemento importante per il rinnovamento radicale nel modo di raccontare la criminalità organizzata. Il web apre nuovi spazi d'inchiesta online e le nuove leve di cronisti possono usare gli strumenti della Rete, che le sono propri per natura anagrafica, per costruire un giornalismo giovane militante approfondito e di qualità, seppur volontario e spesso non retribuito, che riesca a superare i limiti connaturati nel sistema informativo nazionale: dal monopolio editoriale, all'egemonia della cronaca nella trattazione "emergenziale" del problema mafioso, dalla strumentalizzazione politica al precariato/isolamento del cronista di mafia. A dimostrazione di questa tendenza ho portato appunto i due casi sopracitati, per me esemplari: Telejunior e “I Siciliani Giovani”. Agli occhi dell’opinione pubblica la lotta alla mafia può sembrare qualcosa di troppo ambizioso per singole forze di volontà, qualcosa che può essere contrastato solo da istituzioni altrettanto potenti. L’esperienza a Telejato ti ha fatto conoscere molti ragazzi appassionati, preparati, impegnati. Sono i nuovi eroi della nostra società? Combattere la mafia troppo ambizioso? La lotta alla mafia è

diventata un grande contenitore, riempito a seconda delle occasioni con parole altisonanti come legalità, solidarietà, società civile. Tutte parole che a volte rischiano di perdere di senso se non vengono riportate a fatti reali, alle persone e a quello che fanno ogni giorno. Il giornalista di mafia, il cronista di giudiziaria, lo stagista che s’interessa di criminalità e la descrive... combattono la mafia nel modo che gli è proprio, ovvero facendo ciò che sanno fare: scrivere i fati di mafia, restituendo una narrazione che sia accessibile a tutti, senza lasciare mai fuori “i contesti”, i legami di questa con l'economia e la politica. In realtà più che combattere in senso stretto, fanno informazione, semplicemente. Fanno il proprio mestiere con professionalità e competenza, uniscono tasselli, collegano dati, nomi e cognomi, non tralasciano mai l'approfondimento e l'analisi. Questo spesso significa scontrarsi con i grandi interessi di altri, primi fra tutti quelli della criminalità organizzata e delle mafie. Insomma in primis questi giovani giornalisti, di cui parlo, fanno il proprio lavoro nel migliore dei modi e pretendono che al proprio lavoro seguano fatti e risposte. Se in Italia questo diventa troppo ambizioso poi, purtroppo è un'altra storia. E comunque se non si è ambiziosi a vent'anni, quando lo si deve essere?

foto di Sandra Calzolari

Il modo di comunicare le notizie di criminalità organizzata è il filo conduttore della mia tesi. In sintesi ho voluto fare una ricerca su come le nuove tecnologie, il web e la rete, utilizzati dalle nuove generazioni come strumenti culturali, possano essere una risorsa in più per il giornalismo antimafia. Sono fermamente convinta che l’uso consapevole e responsabile di interno13


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