L'arte finita. Danto e le narrazioni del Novecento

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osservazione, dunque ogni predicato, comporta tanto la posizione quanto la negazione dell’osservato, del soggetto della proposizione, pur essendo, in sé, un tutto positivo. Danto stesso ammetterà, nello stesso capitolo nove di Dopo la fine dell’arte, di aver trascurato l’elemento insito nella matrice stilistica (style matrix) che la rende controproducente ai fini dell’argomento da dimostrare. Infatti supporre l’intero spettro delle possibilità logiche come presente all’opera d’arte È come trattare tutte le opere d’arte come contemporanee, o comunque piuttosto fuori dal tempo. Ma sono molto meno persuaso adesso della percorribilità o persino dell’utilità di queste pratiche. Eliot ha scritto: “Nessun poeta, nessun artista di alcuna arte, possiede da solo tutto il suo significato. Il suo senso, il suo apprezzamento, è l’apprezzamento della sua relazione ai poeti e agli artisti morti. Non puoi valutarlo da solo, devi inserirlo, per contrasto e paragone, tra i morti. Intendo questo un principio estetico, non semplicemente critica storica. La necessità con cui si dovrebbe confrontare e alla quale dovrebbe essere coerente, non è unilaterale, quel che succede alla creazione di una nuova opera capita simultaneamente a tutte le opere che l’hanno preceduta”. E io credo che ciò che mi interessi sia la separazione dell’estetico dallo storico in questa maniera. È un gesto che colma la distanza tra bellezza artistica e naturale. Ma nel farlo ci rende ciechi alla bellezza artistica come tale. La percezione artistica si fa via via più storica. E nella mia visione anche la bellezza artistica è storica. Quella era a grandi linee la tesi principale di The Artworld, e ciò che non avevo colto al tempo era il grado in cui essa è incoerente rispetto alle motivazioni della matrice stilistica.56

Occorre mettere un po’ di ordine tra i diversi piani. In The Artworld il procedimento logico di premesse vere o false viene utilizzato per costruire il modello del mondo dell’arte, costituito appunto dalle sue teorie, e verificarne il funzionamento data la capacità di inserimento dei più diversi stili nella griglia dei suoi possibili predicati. A noi, come in una certa misura a Danto, interessa contestare la dipendenza della teoria dalla storia in essa contenuta, a partire dalla presenza di una nuova coscienza dell’ente che dovrebbe essere 56

Danto, After the end of art, op. cit., pagg. 164-165: It is to treat all works of art as contemporaries, or as quite outside time. But I am very much less persuaded today of the viability or even the usefulness of these practices. Eliot wrote, “[No poet, no artist of any art, has his complete meaning alone. His significance, his appreciation, is the appreciation of his relations to the dead poets and artists. You cannot value him alone, you must set him, for contrast and comparison, among the dead]. I mean this as a principle of aesthetics, not merely historical criticism. [The necessity that he shall conform, that he shall cohere, is not one-sided, what happens when a new work is created is something that happens simultaneously to all the works which precede it]”. And I think that what concerns me is the separation of aesthetic from historical in this way. It is a move that closes the distance between artistic and natural beauty. But in doing that it blinds us to artistic beauty as such. Artistic perception is through and through historical. And in my view artistic beauty is historical as well. That was more or less the main thesis of “The Art World, and what I had not seen at the time was the degree to which it is inconsistent with the motivations of the style matrix.

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