The mag29 web

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Ăˆ l'estate bellezza! 1


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presenta

LA CASA A PAGINA 20 È STATA ARREDATA DA MEOZZI

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E la chiamano estate And they call it summer Estate è quando non riesco a smettere di meravigliarmi di fronte a un campo di grano dorato, alle distese di girasoli, al verde ridondante della natura, all’aria che diventa calda, all’odore che ha l’asfalto quando piove, ai tramonti, al sole che va giù dietro le colline e ridisegna i confini in modo nitido, talvolta severo, altre volte morbido.

Summer is when I just can’t stop marveling over a field of golden grains, at the expanse of sunflowers, at nature’s green overload, at the air that has turned warm, at the smell of the asphalt when it rains, at the sunsets, at the sun when it goes down behind the hills and perfectly redesigns the borders, at times harshly others softly.

Alla bellezza non ci si abitua, per fortuna, e a me sembra nuova tutte le volte. Estate è quando vedo queste cose, che sono lì da prima che arrivassi io e mi rendo conto che vivere circondati da questa meraviglia è un privilegio di cui godere, come per grazia ricevuta.

One doesn’t get used to beauty, thankfully, and to me it seems new every time. The summer is when I see these things, which have been there before me and I realize that living here surrounded by this marvelousness is a privilege to relish, as an undeserved grace received.

L’idea che le persone vengano da lontano a visitare questa terra, provino meraviglia e ne traggano beneficio, mi rende felice, nel senso più profondo della condivisione. In questa copertina, coloratissima e movimentata (realizzata da Benedetta Baviera, alias Bedirs Malibu) si celebrano l’estate, i Festival, l’Umbria, la Valtiberina Toscana, insieme alle persone che dal loro altrove sono passate di qui per uno spettacolo, per una vacanza, per comprarci la casa dove tornare insieme ai figli. L’attrice Gwyneth Paltrow che va su e giù per l’Altotevere, da Citerna a Lisciano Niccone passando per Città di Castello e, prima di andare via, pubblica nei social l’ultimo tramonto umbro, dai colori bellissimi. Tanto per restare in materia di cinema, Colin Firth, la supermodella e attrice Emily Ratajkowski a Todi; poi ancora Morgan che canta Tenco, Raphael Gualazzi e Francesco Motta che hanno invaso Sansepolcro di note.

E parla toscano anche la foto che inseriamo nel nuovo spazio (The Mag Repost) nel quale ospitiamo lo scatto di Andrea Mambrini realizzato all’alba col sole che scende sopra la dritta di Anghiari e la veste di una luce unica.

The idea that people come from far away to visit this land, that they feel the enchantment and they benefit from it makes me happy, in the deepest sense of sharing. On this very colorful and animated cover (realized by Benedetta Baviera, alias Bedirs Malibu) we celebrate the summer, the Festivals, Umbria, the Tuscan Tiber River Valley, together with the people who have come from various parts to see a show, to spend a holiday, to buy a house where they can return with their kids. The actress, Gwyneth Paltrow who goes up and down the Tiber Valley, from Citerna to Lisciano Niccone and passing through Città di Castello, before leaving, posts on social networks her last Umbrian sunset, with its beautiful colors. Continuing in the theme of cinema, Colin Firth, the supermodel and actress Emily Ratajkowski in Todi; then Morgan who sings Tenco, Raphael Gualazzi and Francesco Motta who invaded Sansepolcro with musical notes. In the background the stories which, in our way, we tell from time to time and that speak about people who succeed, in small or large endeavors, more in general to spread that positive energy that we all need and should never take for granted: From sports, to school from an idea that comes out as a winner to a difficult project that is completed, from passion to work. Interesting surprises as well in the nearby Tuscan region where the summer festivals tell something live and vital: We Story, Kilowatt and their artists. What talent! In the new space (The Mag Repost), the photo that we placed also speaks Tuscan, where we have hosted the shot by Andrea Mambrini taken at dawn with the sun rising right over the straight road into Anghiari (la dritta) and clothes it with a unique light.

E va benissimo così!

And it’s fine like that!

Sullo sfondo le storie che, alla nostra maniera, raccontiamo di volta in volta e parlano di persone che riescono in piccoli e grandi imprese, più in generale a mettere in circolo quelle mai scontate energie buone di cui tutti abbiamo sempre bisogno: dallo sport, alla scuola, da un’idea che si rivela vincente ad un progetto difficile che si realizza, dalla passione al lavoro. Interessanti incursioni anche nella vicina terra toscana dove i festival estivi raccontano qualcosa di vivo e vitale: We Story, Kilowatt e i loro artisti. Che bravi!


20 Our Home

The White House

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Cover story

È l'estate, bellezza!

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Data pubblicazione: Agosto 2017 - rivista bimestrale - N°29 Grafica, fotografia e impaginazione: Moka comunicazione, via Cacciatori del Tevere, 3 - Città di Castello (PG) P. IVA 02967110541 - mokacomunicazione.it Stampa: Litograf Editor S.r.l. - Via C. Marx, 10 06011 Città di Castello (PG) P. IVA 02053130544 Editore e Proprietario: Moka comunicazione Direttore Responsabile: Cristina Crisci Responsabile di Redazione: Marco Polchi Traduzioni: Christy Mills Iscrizione al Tribunale di Perugia: n. 20/12 del 27/11/2012. Questo numero è stato chiuso in redazione il 26 Luglio 2017 alle 12:00 Per maggiori informazioni e tanti altri eventi visita for more information and events go to www.the-mag.org

We.Story

Il festival in 5 tappe

Elena Merendelli

I piccoli segreti delle donne

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YES WE CAN

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Moon in June

Storie di successi quotidiani Morgan canta Tenco

INFO E CONTAT TI pubblicità Simona 389 05 24 099 redazione marcopolchi@th einfo@the-mag.o mag.org rg www.the-mag.o rg

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The Mag Crew

Cristina Crisci

Andrea Luccioli

Stefano Rapiti

Marco Polchi

Andrea Tafini

Marco Bonatti e Marco Montedori

Simona Polenzani

Maria Vittoria Malatesta Pierleoni

Christy Mills

Emanuele Vanni

Massimo Zangarelli

Sara Scarabottini

Lucia Fiorucci

Benedetta "Bedirs Malibu" Baviera

Andrea Mambrini Grazie a

Carlo Stocchi, Mirna Ventanni, Francesco Polchi

Claudia Belli

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Sonia Pulcinelli


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p e r fe z i on i s t i

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s t a mpa

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editoriale - cartotecnica - commerciale - publishing - packaging - commercial line Litograf editor srl. via C.Marx, 10 - 06010 Cerbara di CittĂ di Castello - t/fax 075 851 13 44 info@litografeditor.it - www.litografeditor.it

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LA FOTO SOCIAL CHE CI HA COLPITO DI PIU’ di ANDREA MAMBRINI, SCATTATA ALL’ALBA DEL 15 LUGLIO AD ANGHIARI prima della passeggiata "la via del sole" Instagram: @andrea _ mambrini


Per circondarci di cose belle Vintage, modernariato e altro Un luogo magico dove passato e presente si incontrano. Il calore del legno, i colori delle stoffe e delle porcellane, la trasparenza dei vetri e dei cristalli. Un mix di idee originali, con alcuni elementi retrò e altri realizzati e restaurati su misura per te. Per rendere unica la tua casa.

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Orario mostra: Lun - Sab dalle 16:00 alle 19:30 o su appuntamento foto: Jacopo Gennari


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The White House di Lucia Fiorucci

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Fino a poco tempo fa l’appartamento di Silvia e Riccardo era un autosalone anni ’80. Grazie alla pianta libera del vecchio locale, lo spazio è stato suddiviso nel modo più funzionale e interessante possibile. Sono stati realizzati controsoffitti per diminuire l’altezza degli spazi commerciali; le stanze sono illuminate da ampie finestre, ricavate ex novo e schermate da dei brise soleil automatici in alluminio. Entrambi amano i colori neutri, le linee pulite e la praticità. Hanno le idee chiare e fin da subito sapevano come doveva essere la loro nuova casa. La cucina Modulnova è separata dal soggiorno da una porta Rimadesio in raffinato vetro bronzo a due pannelli e alta fino al soffitto. L’isola, bianchissima, è attrezzata con i fuochi, prese di corrente a scomparsa e organizzata in ampi cassetti con ante capienti. La cappa aspirante è integrata e sintetizza praticità e design. Sulla parete di fondo, invece, è organizzato il piano di lavoro con il lavello in acciaio a due vasche, sotto alla finestra, e l’armadiatura cenere a contrasto. Il frigo in acciaio è evidenziato dall’incasso nel muro, che nasconde una comoda dispensa. Nel soggiorno il camino è incorniciato da una delicata cornice in legno laccato di bianco come la boiserie bassa della parete su misura. Il divano componibile è della stessa tonalità sabbia delle sedie imbottite, intorno al tavolo da pranzo firmato Cantori. Questo riprende il tavolo basso da fumo davanti al divano e la consolle dell’ingresso, tutti con il piano in vetro. Sempre in vetro bronzo è la porta Rimadesio che separa la zona giorno dalla zona notte. Come in ogni stanza, anche in camera da letto passa l’impianto stereo. Qui, la protagonista è la cabina armadio, ordinatissima e comoda grazie ai ripiani e all’illuminazione. In vari punti dell’appartamento, poi, sono stati realizzati degli armadi a muro su misura per sfruttare al meglio lo spazio e tenere tutto in ordine.

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Nel soggiorno il camino è incorniciato in legno laccato di bianco come la boiserie della parete su misura



L’isola bianchissima è attrezzata con i fuochi e organizzata in ampi cassetti con ante molto capienti


L’OCCHIO DEL CURIOSO I due bagni dell’appartamento sono uno più bello dell’altro. Quello in camera da letto ha una doccia extralarge, incorniciata dal mosaico in vetro sui toni del blu scuro. Quello principale invece, ha colori neutri ed è una vera e propria spa. Sdraiati comodamente nella vasca da bagno a due posti, con cuscino annesso, Silvia e Riccardo passano i venerdì sera, con il naso all’insù a guardare il loro cielo stellato di led.

A NOTE TO THE CURIOUS We aren’t sure which bathroom is more beautiful. The one in the bedroom has an extra-large shower and is framed by glass mosaic in shades of dark blue. The main bathroom in neutral colors is a real and true spa. Silvia and Riccardo lie down comfortably in the two-person bathtub with its attached cushions spending their Friday evenings facing the ceiling to gaze at their star-studded LED sky.



The White House by Lucia Fiorucci

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Up until a short time ago, Silvia and Riccardo’s apartment was an 80’s style car showroom. Thanks to the open layout of the old building, the space was divided into the most functional and interesting way possible. The ceilings have all been lowered to diminish the height of the commercial space and the rooms are well-lit by the large windows, made from scratch and shaded by automatic awnings in aluminum. They both love neutral colors, clean lines and practicality. They have clear ideas and from the very start, they knew how their new house should be. The Modulnova kitchen is separated from the living room by a refined bronze glass, double-paneled Rimadesio door that is as high as the ceiling. The very white island is equipped with a stovetop and hidden electrical outlets, and is organized with large drawers and spacious cabinets. The kitchen range hood is fit right into the ceiling, synthesizing the idea of practicality and design. On the back wall the counter space has a steel double basin sink under the window and the ash cabinets which contrast it. The steel fridge becomes highlighted by its encasement in the wall, which also hides a convenient pantry. In the living room, the fireplace is outlined by a white wooden frame like the custom-fit paneling along the lower part of the wall. The sectional sofa is of the same sandy color as the padded chairs around the Cantori dining table. This matches the low coffee table in front of the sofa and the console table at the entrance, all with glass tops. Another bronze glass Rimadesio door separates the living area from the bedrooms. The bedroom, as in all the other rooms, is connected to the central stereo system. Here the most prominent piece is the walk-in closet, very organized and handy, thanks to the shelving and lights. In various areas of the apartment there are custom-fit shelves built-in to the walls to make the most of the space and to keep everything in order.

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Viale UnitĂ d'Italia, 37 - UMBERTIDE ottica2m.it - T. 075 941 14 46

Nuovo punto vendita presso il centro commerciale Fratta

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Macomè? è un vecchio casolare trasformato in pizzeria, con tanto di caminetto interno e tavoli all’aperto. Il menu offre una vasta scelta di pizze, una grande varietà di antipasti e primi fatti in casa. Secondi a base di carne (tagliate di manzo, bistecche fiorentine e chianine). Ampia selezione di vini.

Macomè? is an old country house which has been transformed into a Pizzeria, with lots of fireplaces inside and lots of tables outside. The menu offers a wide range of pizzas, a big variety of homemade starters and pasta, beef steaks for all tastes. Extensive range of wines.

Via Cortonese, 8 - Vocabolo Monini -Città di Castello (PG) Info: 075 852 14 44

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via Carlo Livero - Citta' di Castello TEL: 075 372 10 44 facebook-bistrot.castello

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Elena Merendelli

I PICCOLI SEGRETI DELLE DONNE di Claudia Belli – foto Molotovstudio

Nel cuore di Anghiari c'è un luogo in cui femminilità e arte si incontrano, dando vita a oggetti e opere uniche. È il laboratorio-bottega di Elena Merendelli che anima la piazza del borgno medioevale. Elena si è diplomata in pittura all'Accademia di Firenze e da qualche anno usa anche la terra cotta per dare forma ai sentimenti, spaziando tra ironia e disperazione. Come solo una donna riesce a fare.

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Il laboratorio-bottega sembra incastonato nella piazza del paese: anche tra le tue opere e questo territorio c'è un rapporto particolare? «A volte ho pensato che la mia bottega fosse legata ad Anghiari in maniera indissolubile, come se i vecchi legni che recupero e rimetto in vita fossero dei proseguimenti di cose belle e incomprese, troppo presto abbandonate. Spesso mi sono chiesta cosa in particolare di questi luoghi, avesse potuto generare così tante menti creative, soprattutto pensando al passato. C'è un connubio geniale tra luce, paesaggio, colori che non dà scampo a quelli che hanno un animo sensibile. Il legame con questi luoghi è indiscutibile. Tutti gli animali che dipingo sono un omaggio a questa terra e le mie donne sono la terra. Non c'è un giorno che io non mi lasci sorprendere dalla natura, il mio lavoro è totalmente dedicato a questa».

cia allo spettatore di turno tutta la bellezza di questo pianeta che troppo spesso viene trascurata». Le tue opere a forma di nido cosa significano? «Nella scultura nido, che ormai è diventata il simbolo del mio lavoro, c'è rappresentato tutto. C'è il ciclo della vita, dalla nascita alla morte. C'è il rifugio sicuro e protetto, l'attesa. Mi piace molto sentire le impressioni delle persone a proposito di questa piccola scultura». Ovvero? «È incredibile come a seconda del proprio vissuto, ognuno interpreti e si lasci suggestionare anche solo per necessità. Nessuno ha voglia di leggerci il tragico finale, ma c'è. Credo che ogni creativo, col proprio lavoro, "combatta" quotidianamente con la morte, la esorcizzi, conquistandosi quasi l'immortalità per mezzo del proprio operato. Penso che molte persone dotate di un particolare temperamento possano trovare conforto o riconoscersi in questa donna-nido». Oltre che nei nidi, le tue creature trovano spazio su superfici dal sapore antico: sono altrettanto confortevoli? «Dedico una particolare attenzione alla scelta dei supporti e alla sua preparazione. Non sono riuscita ad abbandonare la tecnica appresa all'accademia, dalle ricette del Cennino Cennini sulle imprimiture e sulle finiture. Tutte queste accortezze rendono prezioso qualsiasi pezzo di legno. Il mio lavoro è un innamoramento continuo. Mi stanco dell'argilla e ritorno al colore, scoprendo soggetti o supporti nuovi».

In effetti, i tuoi soggetti femminili sono spesso immersi in elementi naturali... «Sia che si parli di scultura o di pittura, tutto si ispira e ruota intorno a questo. Le mie donne malinconiche, a volte ironiche, sono anche la madre terra, stanno lì a "spiattellare" in fac-

Per esempio? «Quest'anno ho scoperto i "cassetti". Antichi cassetti di legno adatti a ospitare piccole sculture o a essere dipinti. Restaurare un oggetto di questo tipo ha il suo meticoloso e "nutriente" rituale. È impossibile, mentre ci lavori, non venire intrappolati dentro dal suo trascorso. Ognuno di essi ha una vita da raccontare:

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scritti, carte vecchie incollate, odori. Un oggetto così merita una buona cura e una buona cera. Anche l'odore finale fa parte del gioco. E le mie "donnine" malinconiche si adagiano dentro questi cassetti, come in ripostigli sicuri». Riesci a essere creativa e ad accontentare i tuoi clienti. C'è un equilibrio tra arte e artigianato? «A proposio di arte e artigianato ci sarebbero da dire molte cose. Ognuno ha la propria visione. Non sta a me dire se io sia un'artista o meno. Forse sono una buona artigiana. Qui sta il trucco e vorrei dirlo a tutti quei ragazzi che nella scelta della scuola scartano i licei artistici, perchè senza sbocchi per il lavoro: il segreto sta nell'imparare un mestiere e saperlo reinterpretare». Sulle pareti del tuo laboratorio sono appesi disegni tuoi accanto a poesie femminili, è un per esternare il tuo lato più intimo? «I miei disegni estemporanei che tanto piacciono a chi capita in bottega, credo siano quello che più mi rappresenta, come per chi scrive poesie. Sono una sorta di necessità, un rifugio. Non è stato facile, per me, trasformare la passione in lavoro. Nel disegno viene fuori la vera essenza della vita: trova pace con una matita e un pezzo di carta».

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Elena Merendelli

WOMEN’S LITTLE SECRETS By Claudia Belli photo Molotovstudio In the heart of Anghiari there is a place in which femininity and art meet, giving life to unique objects and works of art. We are speaking of Elena Merendelli’s laboratory-workshop where, with her melancholic “little women” and her animals, she brings life to the square in this medieval village. Elena graduated in painting at the Academy of Fine Arts in Florence and has been using terra cotta for some years to give form to feelings, going from irony to desperation. As only a woman is able to do. The laboratory-workshop seems to be imbedded into the village square: is there a special bond between your works and this land? «At times I have thought that my workshop was tied to Anghiari in an indissoluble way, as if the old wood that I save and restore to life were continuations of beautiful but misunderstood things that had been abandoned too soon. Often, I would ask myself, what it was in particular about this region that could have produced so many creative minds, thinking especially about the past. There is an ingenious bond between light, landscape and colors which leaves no way out for those with a sensitive spirit. The bond with these places is unquestionable. All the animals that I paint are an homage to this land and my women are the land. There isn’t one day that nature does not surprise me, my work is completely dedicated to this». In fact, your women are often immersed in natural elements… «Whether you speak of sculptures or paintings, everything is inspired by and circles around this. My melancholic or at times, ironic women, are also mother earth, they are there to flat out tell to the face of the spectator of the moment about all the beauty of this planet which is too often neglected». What significance do your nest shaped works have? «In the nest sculpture, which by now has become a symbol of my work, everything is represented. There is the cycle of life, from birth to death. There is a refuge, safe and protected, there is waiting. I love to hear people’s impressions when they look at these small sculptures».

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That is? «It is incredible how, according to one’s life experiences, each person interprets and they let themselves be influenced even if just by necessity. No one wants to read the tragic ending, but it is there. I believe that every creative person with their work “fights” against death on a daily basis, you exorcise it almost conquering immortality through your work. I think that many gifted people of a certain temperament can find comfort or recognize themselves in this nest-woman». Besides the nests, your creatures find a place on surfaces of antique flavor: are they as comforting? «I pay special attention to the choice of materials and their preparation. I haven’t been able to let go of the techniques that I learned at the Accademia, of the recipes from Cennino Cennini about base and finishing coats. All of these knowledgeable techniques make each and every piece of wood precious. My work is a continuous series of falling in love. I get tired of clay and then I return to color, discovering new subjects and materials». For example? «This year I discovered “drawers”. Antique wooden drawers suitable for holding small sculptures or to paint. Restoring an object of this sort has its own meticulous and “nourishing” ritual. It is impossible, while working on it, not to become trapped in its memories. Each one has a life to tell: writings, old cards that are stuck to it, scents. An object like this deserves special care and good wax. Even the final smell is part of the game. And my melancholic “women” lay in these drawers, as in safe closets». You are able to be creative as well as keep your clients happy. Is there a balance between art and craftsmanship? «Speaking of art and craftsmanship we could say a lot. Each one of us has his own opinion. It’s not my job to say if I’m an artist or not. Maybe I’m a good artisan.. Here is the secret and I would like to say to all those who, in their choice of schooling don’t take into consideration the artistic high schools because of the lack of job opportunities: the secret is learning a job and being able to reinvent it». On the walls of your laboratory hang your designs with feminine poems next to them; is this a way for you to express your more intimate side? «My improvised designs which are liked by those who come into my workshop, I believe represent me most, like those who write poems. They are a kind of necessity, a refuge. It hasn’t been easy for me to transform my passion into a job. In my designs the true essence of life comes out, you find peace with a pencil and a piece of paper».


Nidi di Riso Il risotto è quasi una pratica zen, niente fretta e pazienza sono il segreto per la cottura perfetta e la giusta cremosità; il piatto di Elena comincia così, su un soffritto di cipolla e una sfumata di vino bianco il riso cuoce lentamente. Poi arriva il momento del gorgonzola col suo gusto forte, bilanciato da dolci petali di pera e dalla consistenza decisa dei pinoli interi. Questo gustosissimo nido è pronto per accogliere la nota rossa di un lampone, un tocco che rende questo piatto, forte e dolce allo stesso tempo, ancora più vicino all'universo femminile.

Nests of Rice Risotto is almost a kind of zen practice, no rushing and patience are the secrets for a perfectly cooked risotto with the right consistency; Elena’s dish starts like this, lightly fried onion and a splash of white wine as the rice cooks slowly. Then it’s time for the gorgonzola with its strong flavor, balanced by sweet petals of pear and a decisive consistency of pine nuts. This delicious nest is ready to accept the red touch of a raspberry, a touch that makes this dish strong and yet sweet at the same time.

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STORIE DI SUCCESSI quotidiani a cura di Cristina crisci, marco polchi, massimo zangarelli e andrea tafini

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STORIE DI successi quotidiani

ALL YOU NEED IS BEATLES SILVIA STAI PORTANDO AVANTI UN PROGETTO MOLTO PARTICOLARE, QUAL È? «A maggio 2012 nacque l’idea di “All you need is paint - The Beatles Art Exhibition”, collettiva d’arte contemporanea dedicata al mito dei Beatles. Il progetto, ideato con Michele Foni, Giornalista e Presidente della Compagnia Artisti di Sansepolcro, si compone di oltre 80 opere di unico formato 60x60 cm, realizzate da artisti italiani e stranieri selezionati, provenienti da ogni parte del mondo. Ormai la mostra è in tour da 5 anni attraverso la partecipazione a prestigiose manifestazioni artistiche e musicali, alcune delle quali in collaborazione con il Fan Club “Beatlesiani d'Italia associati”, grazie alla quale debuttò ufficialmente». ITINERANTE QUINDI... «Sì, proprio così. Alcune delle location in cui è stato presentato il progetto sono il Centro Fiera del Garda di Montichiari, il Teatro Ariston di Sanremo, la Fiera di Milano RHO, lo Stadio Olimpico di Torino, il Porto Antico di Genova; fino al RistoArt Margutta Roma dove attualmente la Mostra è esposta fino ad ottobre 2017». C'È ANCHE DELL'ALTRO VERO? «Insieme alla mostra, viaggia anche la mia installazione scenografica “Liverpool calling”: quattro pannelli in legno da me realizzati che riproducono fedelmente le cabine telefoniche inglesi. Questa installazione è stata autografata dal primo Batterista dei Beatles, Pete Best, e Freda Kelly, la Segretaria dei Beatles». MA COME TI È VENUTA QUESTA IDEA? «Amo i Beatles dal 1994, volevo dare un valore aggiunto alla mia passione, alla musica che amo, attraverso un progetto che potesse unire tutto questo alle mie attitudini artistiche e alle mie esperienze professionali come artista, designer e organizzatrice di eventi. Per me una passione non può rimanere fine a sé stessa, ma deve generare un disegno progettuale creativo ed emozionale». PERCHÈ PROPRIO I BEATLES? «I Fab Four sono stati un autentico fenomeno di comunicazione di massa che a distanza di mezzo secolo continua a far parlar di sé, a più generazioni. La particolarità delle loro canzoni sta nella perfetta combinazione di elementi musicali del Rhythm and Blues, del Rock, della musica popolare britannica, per arrivare, specialmente negli ultimi anni, a nuove sperimentazioni musicali e armonie classiche. La loro musica non ha limiti. È e sarà sempre attuale». LA SODDISFAZIONE PIU' GRANDE FINO A QUESTO PUNTO? «Ad agosto 2016 la Mostra è stata ospitata a Liverpool in occasione del prestigioso evento “International Beatles week”, su invito della Direzione del Cavern Club, luogo memorabile in cui esordirono i Beatles e in cui nel 2006 ebbi la grande occasione di esibirmi dal vivo. Un’esperienza meravigliosa». IL TUO PROSSIMO OBIETTIVO? «Lo dirò solo se si avvererà. Ma di certo, come in questi cinque anni, l’entusiasmo sarà il motore di tutto. Stando sempre con i piedi per terra, quella terra che tanto amo».

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SILVIA CHIALLI


YES we can

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STORIE DI successi quotidiani

DAVID MEACCI UN PICCOLO GENIO AL SERVIZIO DEGLI ALTRI QUALE CONCORSO HAI VINTO E IN QUALE AMBITO? «Sono arrivato tra i primi dieci a livello italiano al concorso “IFOM, lo studente ricercatore” in ambito scientifico. Le scuole partecipanti sceglievano un solo studente in base a vari criteri, come la media scolastica e il numero di attività pomeridiane portate a termine. Successivamente il ragazzo o la ragazza designati dovevano svolgere un test online di quaranta domande in quaranta minuti riguardante chimica, biologia umana, biologia molecolare, genetica, evoluzionismo, biotecnologie e metodo scientifico. A questo punto è stata redatta una classifica in base al risultato del test, alla media scolastica e alle attività portate a conseguimento. I primi dieci ragazzi classificati svolgeranno uno stage di due settimane all'IFOM, un centro di ricerca di oncologia molecolare». COSA HAI PROVATO QUANDO TI HANNO DETTO: DAVID HAI VINTO! «Allora, ero nel corridoio della scuola. Il bidello è venuto a chiamarmi dicendomi che c’era una telefonata per me. La voce dall'altra parte diceva di chiamarsi Gilda e che chiamava dall’IFOM. Dopo alcuni minuti passati a farmi domande riguardo alla mia iscrizione, che a me sono parsi secoli, mi ha comunicato risultato... Sprizzavo letteralmente di gioia! Ho iniziato a saltare per il corridoio... Mi sono sentito veramente realizzato, tutti gli sforzi che avevo impiegato fino a quel momento erano stati ampiamente ripagati». E QUANDO SEI TORNATO IN CLASSE? «Avevo le lacrime agli occhi e i miei compagni, che avevano realizzato cosa era successo, hanno iniziato anche loro ad urlare per la gioia. La sensazione più bella è stato comunicare alla mia professoressa di scienze, Marcella Mancini, la quale mi aveva aiutato nella preparazione per

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il concorso, che avevo raggiunto questo traguardo. Lei era persino più felice di me». HAI SEMPRE AVUTO IL “PALLINO” PER LA SCIENZA? «Quella per la scienza, in particolare per la medicina, è una passione che coltivo sin da molto piccolo (a tre anni dicevo di voler fare da grande il medico la mattina e il pizzaiolo la sera, per dare spazio alle due mie grandi passioni: la medicina e il cibo). Sia mio nonno che mia madre si sono laureati in medicina e vedevo in loro due grandi punti di riferimento. Quando più tardi mi hanno regalato la scatola del piccolo chimico, ho capito che il mio futuro sarebbe stato legato alle materie scientifiche, passavo ore a provare e riprovare esperimenti!». QUINDI LA TUA GRANDE PASSIONE È LA MEDICINA, VERO? «Sì, la scienza medica mi interessa molto perché è sempre in evoluzione, come del resto i patogeni e le malattie contro cui combatte, ma soprattutto perché permette di aiutare le persone. Il mio obiettivo è infatti questo, tentare in qualche modo di essere utile agli altri nel modo migliore che conosca, e credo che la scelta più indicata nel mio caso sia la medicina». LE TUE PROSPETTIVE FUTURE? «I miei prossimi obiettivi sono: concludere il quinto anno di liceo scientifico e la maturità, quella mette sempre un po’ di paura, passare il test di medicina e magari riuscire ad entrare alla Cattolica di Roma! Il mio sogno sarebbe quello di diventare chirurgo d’urgenza o medico internista. Molti rimangono sorpresi quando glielo dico perché sono due rami completamente opposti, però, che ci posso fare io?! Sinceramente non mi dispiacerebbe nemmeno un posto da ricercatore da qualche parte. Vedremo quello che ha in serbo il futuro, l’unica cosa che so è che darò sempre tutto e mi impegnerò al massimo per realizzare i miei sogni».


YES we can

LORENZO PABLO MAZZANTI UNA META DA SERIE A! A soli 18 anni, dopo 10 di militanza in questo sport, ha vinto con la prima squadra del Perugia Rugby il campionato nazionale di serie B conquistando l'accesso alla serie A per la prossima stagione. Si chiama Lorenzo Pablo Mazzanti e deve averne provata proprio tanta di emozione per questo traguardo! È COSÌ? «Ogni vittoria porta con sé tantissime emozioni, anche se questa è stata speciale per diversi motivi». QUALI? «La finale dei play off è stata giocata in casa davanti a migliaia persone, che ci hanno sostenuto con un tifo calorosissimo dal primo all'ultimo secondo, contro una squadra molto forte. In più era presente tutta la mia famiglia. Questa vittoria è stata stupenda, bella e accresciuta ulteriormente dall'insieme di tutti questi fattori, non me lo sarei mai aspettato di vincere la serie B a 18 anni. Al termine della partita sono esploso di gioia, ero incredulo e felicissimo».

LA PASSIONE PER QUESTO SPORT NASCE QUANDO? «Ho iniziato a giocare a rugby quando avevo 8 anni. Amo questo sport perché come nessun altro mi trasmette il senso del rispetto, educazione e altruismo. Nel rugby devi giocare prima per i tuoi compagni di squadra, poi per te stesso. LA COSA PIÙ BELLA DEL RUGBY? «Per tutta la partita giochi contro ad un'altra squadra, poi appena finita, cessano le tensioni e la rivalità, ci si unisce con gli avversarsi nel terzo tempo dove si mangia e si scherza insieme». A 18 ANNI, LA SERIE A, ORA QUALI OBIETTIVI TI PREFIGGI DI CENTRARE? «A settembre inizierò l'università giocando allo stesso tempo in serie A. Per quanto riguarda lo sport cercherò di migliorare, giocare bene e mettermi a disposizione della squadra, ma sugli obbiettivi non mi sbilancio, sicuramente puntiamo alla salvezza, anche se io sono un ragazzo a cui piace sognare, di solito immagino ed aspiro sempre a obbiettivi più grandi di quelli possibili! Per quanto riguarda invece l’università però non voglio essere da meno: vorrei restare in pari con gli esami, studiare costantemente e raggiungere buoni voti. Per tutto il resto spero che avrò una vita bella così come è stata finora».

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STORIE DI successi quotidiani

UN SALTO IN ACCADEMIA! Niccolò Mandrelli, neodiciottenne di Città di Castello, studente del liceo scientifico, è un talentuoso ballerino che da poco tempo è stato selezionato e promosso alla frequenza dell’Accademia Nazionale di Danza a Roma, unico titolo statale riconosciuto a livello europeo in una delle realtà culturali in assoluto più prestigiose a livello continentale. COME TI SENTI? «Bene! L’aver superato la selezione per l’ammissione all’Accademia Nazionale di Danza di Roma costituisce senza dubbio il primo step importante nella prospettiva di un futuro di rilevo in questo settore; riuscire a far parte dal prossimo autunno di questa istituzione, la più autorevole in Italia, mi consente di iniziare un percorso che spero possa portarmi a realizzare il mio sogno di danzatore professionista». COS’HAI PROVATO QUANDO TI È STATO COMUNICATO CHE ERI STATO SELEZIONATO? «Non mi aspettavo una soddisfazione così grande, ci ho messo anche un po’ per metabolizzare un’emozione tanto forte, poi però mi sono reso conto di quello che avevo fatto, ci ho creduto ed è stato bellissimo per me ma anche per i miei genitori che hanno sempre sostenuto questa mia passione e pure per la maestra Alessandra Carmignani che fin dall’inizio è stata convinta delle mie potenzialità. Ritengo inoltre che il mio esempio possa spronare tanti ragazzi a intraprendere un’attività che ancora certi pregiudizi vorrebbero limitare al genere femminile». DA QUANTO TEMPO DANZI? E PERCHÉ PROPRIO QUESTA DISCIPLINA? «Studio da quattro anni e, in un tempo in genere considerato ancora inadeguato, sono riuscito laddove entrano ragazzi con più anni di studio alle spalle…. la danza mi ha sempre affascinato innanzitutto per quello che sta nel backstage e che il pubblico non vede: il rigore, la disciplina,la precisione in ogni singolo movimento, in definitiva tutto il grande lavoro che c’è dietro. Poi... certo l’emozione unica del palcoscenico, l’esibizione davanti al pubblico e l’applauso che ti ripaga di tutte le fatiche di un anno intero». IL TUO PROSSIMO OBIETTIVO DA CENTRARE? «Sicuramente il diploma in Accademia e acquisire esperienze per tentare la carriera da ballerino, poi in un futuro meno immediato conto di poter insegnare danza».

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foto: Tiziano Minciotti


YES we can

NICOLO' MANDRELLI 57


STORIE DI successi quotidiani

michele pasqui martino BECCARI

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YES we can COPPIA VINCENTE DELLA CANOA MICHELE E MARTINO, QUALE TITOLO AVETE VINTO? Michele Pasqui e Martino Beccari: «Nella canoa canadese biposto abbiamo vinto, nella stagione 2016, due campionati italiani - specialità discesa classica - nella categoria Under 23 e Junior. Proprio come l'anno scorso, nel 2017, abbiamo di nuovo vinto il titolo italiano nella categoria Under 23, specialità discesa classica, sulle acque del fiume Stura vicino Cuneo. Nel 2016, abbiamo anche partecipato al Campionato Europeo Junior a Murau, in Austria: ci siamo classificati quarti nella discesa classica, sfiorando il podio per soli 2.81secondi, e noni nella discesa sprint». COSA HAI PROVATO AL TRAGUARDO? Michele: «Non è semplice trascrivere l'emozione in poche righe, però una cosa è certa: avere la consapevolezza che il duro lavoro svolto insieme a Martino, al presidente del Canoa Club e soprattutto all'allenatore ha dato i suoi frutti, ha provocato l'emozione più forte. Un'ulteriore soddisfazione è stata la convocazione all'Europeo, obbiettivo per cui avevamo lavorato tantissimo». Martino: «Tutta l'adrenalina accumulata durante la gara si è trasformata in gioia e felicità, insieme a un grande orgoglio nel vedere il tempo passato ad allenarci trasformarsi in un risultato concreto e così positivo. Poi come detto da Michele, la gratificazione maggiore è stata la convocazione all'Europeo, per cui ci eravamo preparati duramente». DA QUANTO PRATICHI CANOA? E PERCHÉ QUESTA DISCIPLINA? Martino: «La prima volta che mi avvicinai avevo appena finito le elementari, quindi sono circa otto anni che pratico questo sport, anche se con qualche interruzione. Fu un mio cugino, che già praticava canoa, a convincermi ad iniziare...». Michele: «Ricordo il primo giorno che sono salito sulla canoa come se fosse ieri. Esattamente 5 anni fa, era l'estate della mia terza media; pochi giorni dopo gli esami il ragazzo di mia sorella mi fece avvicinare a questo sport. Mi innamorai subito anche perché fin da bambino ho avuto la passione per l'acqua e la natura. Per me non c'era sport più adatto!». NEL TUO FUTURO COSA VEDI? Michele: «Ormai giunto al termine del 5° superiore mi trovo a dover affrontare un mondo nuovo, in cui qualsiasi scelta farò sarà quella che segnerà i miei prossimi anni, se non la mia vita. Purtroppo sono costretto ad abbandonare l'attività da atleta semi-professionista, mi resta molto difficile conciliare lo studio e un futuro lavoro con questo sport. Mi dispiace molto ma allo stesso tempo rimango fiero degli obiettivi raggiunti». Martino: «Come Michele ho appena finito il Liceo e mi accingo a iniziare gli studi universitari. E come lui sarò costretto ad abbandonare questo sport che, nonostante sia stato fonte di numerosissime soddisfazioni, si rivela difficilmente conciliabile con gli studi. Peccato non esserci qualificati a giugno per i Campionati del Mondo. Avremmo chiuso davvero in bellezza un'esperienza stupenda!».

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STORIE DI successi quotidiani

TIFERNATI IN B! Una piccola ma rilevante parte del campionato di serie B 2017/2018 parlerà con accento tifernate: Federico Giunti, Davide Ciampelli ed Elio Calderini, tutti e tre di Città di Castello sia come nascita che come crescita calcistica, affronteranno per la prima volta in carriera il campionato cadetto. Il dopo Bucchi a Perugia riparte a trazione tifernate, con Federico Giunti e Davide Ciampelli rispettivamente allenatore e vice allenatore. La carriera calcistica di Giunti non ha bisogno di molte presentazioni; capitano del Perugia che risalì in serie A nel 1996 (arrivò al Grifo nel 1991) ha poi vestito le maglie di Parma, Milan (dove vinse uno scudetto nel 1999), Brescia, Besikstas, Bologna e Chievo. Il suo percorso da allenatore inizia nel 2010 a Foligno per poi proseguire su altri campi dell’Umbria come Castel Rigone e Gualdo Casacastalda; la dirigenza del Perugia lo ha scelto dopo l’ultimo campionato di Lega Pro alla guida della Maceratese. Ad affiancare in panchina l’ex centrocampista del grifone sarà Davide Ciampelli, al suo debutto nello staff tecnico di una prima squadra dopo aver svolto il suo percorso professionale in tutte le categorie dei settori giovanili, dai primi calci fino alla primavera. Il tecnico tifernate ha iniziato la sua carriera da allenatore molto presto, a ventuno anni nel 2003, dopo aver abbandonato il calcio giocato per una serie di gravi infortuni. Ciampelli si è subito messo in luce nei settori giovanili di San Secondo, Città di Castello e Bastia: dal 2009 al 2012 ha vinto quattro campionati consecutivi (tre con i giovanissimi tifernati, uno con gli allievi del Bastia). Nel 2012/2013 arriva al Perugia, dove conquista subito il campionato con gli allievi nazionali di Lega Pro. Dopo risultati molto brillanti con gli allievi nazionali di serie A e B, confrontandosi con realtà di altissimo livello (nel 2015 con i suoi baby grifoni elimina la Juventus e arrivano al quarto posto nazionale), Nell’ultima stagione ha guidato la primavera del Perugia con cui ha superato la prima fase del torneo di Viareggio dopo 15 anni dall’ultima qualificazione alla fase ad eliminazione diretta. Dalla panchina al terreno di gioco, il terzo debutto di un tifernate in serie B è quello del centrocampista Elio Calderini, classe 1988, andato a vestire la storica maglia rossonera di un Foggia tornato in B dopo diverse stagioni. Passato dal settore giovanile biancorosso al Frosinone, Calderini ha costruito il suo percorso calcistico in Lega Pro con numerose squadre, giocando da protagonista in piazze di rilievo come Foligno, Catania, Cosenza. Il tifernate è un esterno offensivo molto tecnico, nell’ultima stagione con i laziali del Fondi ha segnato 8 reti.

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EQUITAZIONE, LANCIO DEL DISCO E CALCIO: QUANTI RICONOSCIMENTI PER CITTA' DI CASTELLO!

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GAIA, L'AMAZZONE BIANCOROSSA Metà della sua vita l’ha passata a cavallo ed ora a 13 anni, la tifernate Gaia Benedetti è vicecampionessa italiana per la categoria Esordienti nella Combinata ad ostacoli di un metro e dieci. La medaglia d’argento è arrivata a Cervia nel corso dei campionati italiani Pony 2017. In sella a Paco, il suo cavallo - 15 anni ma in formissima – è riuscita ad imporsi su una selezione di concorrenti in rappresentanza di tutte le federazioni nazionali. Quella di Gaia - che gareggia per i colori del Centro ippico Fattoria Caldese - è la federazione umbra GIOVANNI, DISCOBOLO D'ARGENTO Gaia però non è l’unica negli ultimi tempi ad essersi distinta: Città di Castello in queste ore può annoverare tra i suoi concittadini un altro vicecampione italiano, Giovanni Faloci, attualmente in forza alle Fiamme Gialle, che ha conquistato il titolo ai Campionati italiani di Atletica leggera di Trieste, per il lancio del disco con la misura di ad 59,16 metri, dietro ad Hannes Kirchler, del gruppo sportivo dei Carabinieri che ha vinto con la misura di 60,50 metri. FRANCESCO, ARBITRO AL TOP Le soddisfazioni non finiscono qui perché Francesco Peroni è stato nominato dal Comitato Nazionale dell’Associazione Italiana Arbitri, vice Commissario della CAN 5, la commissione tecnica che si occupa delle designazioni arbitrali del futsal di serie A e B. Francesco, 36 anni ad agosto, viene da una carriera straordinaria come arbitro di calcio a 5: 10 anni a livello nazionale, oltre 50 gare in serie A condite da 3 semifinali scudetto, 2 finali scudetto, 1 final eight di Coppa Italia, 1 di Supercoppa Italiana ed una di Winter Cup, oltre alla finale del Campionato del Mondo under 17 in ambito internazionale.


Attori, artisti, concerti e Festival

ilLUSTRAZIONE DI Benedetta "Bedirs Malibu" Baviera

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Non era la prima volta e, probabilmente, non sarà neanche l’ultima. L’attrice Gwyneth Paltrow ha trascorso tra giugno e luglio alcuni giorni in una località tenuta top secret dell’Altotevere. In realtà molti elementi conducono dritti dritti al bellissimo Castello di Reschio, residenza sulla zona di Lisciano Niccone, un vero e proprio paradiso immerso nella natura, già in un’altra occasione frequentato dalla bella attrice. Di sicuro si sa che Gwyneth nella sua mini vacanza in Alta Umbria non si è fatta mancare un tour tra i borghi del comprensorio: il 27 giugno a Citerna dove ha preso un caffè al bar della piazza del Comune ed è stata immortalata al banco. Qualche giorno dopo Gwyneth è passata in incognita anche a Città di Castello, di sabato

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mattina, una passeggiata tra le bancarelle del mercato. L’attrice, già premio Oscar, ha fatto un giro al mercato settimanale che si svolge nel centro storico ed ha acquistato prodotti tipici della gastronomia locale (pro-

prio la cucina è una delle sue passioni). T-shirt bianca a righe blu, capelli sciolti sulle spalle l’attrice si aggirava tra i banchi della galleria del mercato coperto


di corso Cavour dove si è fatta immortalare in uno scatto all'Alimentari Denise insieme ad Alessandra Guerrucci. Prima di arrivare a Città di Castello da Lisciano Niccone si è fatta sistemare i capelli dal parrucchiere Adriano Gildoni. La Paltrow, secondo alcuni ben informati, avrebbe soggiornato in Altotevere con i figli Apple, Moses e l'ex marito Chris Martin, frontman dei Coldplay (band tra l’altro impegnata nel tour in Italia proprio in quei giorni).

Con il parrucchiere Adriano Gildoni

A Città di Castello, con Alessandra Guerrucci dell'alimentari DENISE

Una vacanza tranquilla in famiglia trascorsa insieme ad altre persone con bambini, tutti amici della coppia, in una zona volutamente tenuta top secret dell’Alta Umbria. E nelle foto che in questa vacanza italiana Gwyneth ha postato nei suo profili social si raccontano giornate al lago insieme ai bambini, alla scoperta della natura o all’insegna dei prodotti locali. Per salutare l’Umbria la Paltrow ha postato una foto su Instagram ‘Last sunset in Umbria’ dove tiene in mano una bottiglia di vino e indossa un lungo abito nero. Lasciato l’Altotevere alle spalle l’attrice ha raggiunto Milano per le due tappe dei Coldplay a San Siro dov’è andata insieme ai figli, quindi è volata in America. Alla prossima estate Gwyneth!

Nel bar al centro di Citerna

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QUELLI CHE… UNA CASA IN UMBRIA ANCHE SI COLIN FIRTH, ED SHEERAN E JUDE LAW Una villa in Umbria? Perchè no! Tutti pazzi per le colline del cuore verde d’Italia che piacciono tantissimo alle star del cinema. Colin Firth, preoccupato degli effetti della Brexit, sarebbe persino pronto a chiedere la cittadinanza italiana. Almeno secondo quanto ha rivelato quest’estate il Daily Mail: l’attore, già Premio Oscar, ha presentato la domanda di cittadinanza all’ambasciata italiana di Londra «come ripicca per la decisione della Gran Bretagna di lasciare l’U-

nione Europea». Colin è già molto legato all’Italia, grazie alla moglie, la produttrice cinematografica Livia Giuggioli, sposata nel 1997 e con la quale ha avuto due figli. Per lei ha imparato l’italiano e la coppia possiede una villa a Città della Pieve, in Umbria, dove tra l’altro trascorrono molti giorni. Sono in tanti quelli che sono pronti a scommettere che se Colin otterrà la cittadinanza italiana magari diventerà un vero e proprio umbro! Ma se Colin Firth sarebbe pronto alla cittadinanza, anche Jude Law dice di essere innamorato dell'Umbria: «Ci tra-

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scorrerei le vacanze», ha rivelato l'attore britannico durante un'intervista a Mondofox. «Se potessi scegliere mi trasferirei a Roma per lavoro e in Umbria per le vacanze». Durante la presentazione del film ‘King Arthur – Il potere della spada’, diretto da Guy Ritchie in cui interpreta Vortigern, Jude Law non nasconde l'amore per l’Umbria. Un paio di anni fa aveva trascorso qualche giorno a Montefalco, tra le cantine che producono il Sagrantino: «Credo che voi italiani abbiate una grande passione per la vita e questa è una qualità che mi piace. Ogni volta che vado in Italia mi sento a casa. Inoltre sono un grande fan del Brunello.

Tutti i miei lavori in Italia sono state esperienze incredibilmente positive», ha aggiunto Jude Law durante l'intervista. Non è l’unico a pensarla così. Nella schiera degli innamorati dell’Umbria c’è anche Ed Sheeran, 26 anni, rockstar mondiale, che in primavera ha comprato una tenuta nel cuore verde dell’Italia perché «io non sono il tipo da villa a Hollywood», ammette. Precisamente si tratta di una villa molto grande (si parla di oltre 20 stanze) e bellissima, nella zona del Lago Trasimeno, a Paciano. «Un luogo ideale - ha confessato - per crescere i miei figli quando li avrò».


Non solo terra di vacanze e relax, o rifugio da occhi indiscreti. All'inizio di quest'estate, tra maggio e giugno, l'Umbria è diventata anche set cinematografico dalle sfumature hollywoodiane. È il caso del film “Welcome home”, thriller firmato dal regista George Ratliff, di cui diverse scene sono state girate a Todi e dintorni: prima in campagna, nella zona della Cantina Peppucci, e poi in centro storico. Protagonisti? L'attore Aaron Paul, famoso per aver interpretato la parte di Jesse Pinkman nella seguitissima serie tv Breaking Bad e la splendida Emily Ratajkowski: super modella, attrice e star di Instagram dove conta 14 milioni di follower. Nella pellicola, i due interpretano una coppia in vacanza in Italia per cercare di recuperare il proprio rapporto che però finisce nel mirino del tetro padrone di casa. A impreziosire ancor di più il set ci ha pensato la presenza di Riccardo Scamarcio, anche lui nel film di Ratliff. Un vero tris d'assi che ha scatenato la curiosità di fan tuderti e non, appostatisi per una foto o un autografo davanti all'Hotel Bramante, dove alloggiavano gli attori e la modella. Che, almeno vedendo le immagini spuntate nel web e raccogliendo i commenti social e da Todi, hanno risposto con grande disponibilità, mescolandosi a più riprese tra la gente, le viuzze, i palazzi del centro e gli inconfondibili paesaggi umbri. Ma dicevamo di Instagram. Proprio tramite il social network fotografico, sia Emily che Aaron hanno fatto sapere di trovarsi nel cuore verde d'Italia, dopo che nei primi giorni la loro presenza a Todi era rimasta top secret. Poi ecco foto e video. Emily ha condiviso immagini di scorci umbri e selfie a dir poco mozzafiato. Aaron, ol-

COME HOOLYWOOD: EMILY RATAJKOWSKI E AARON PAUL (CON SCAMARCIO) A TODI

Emily Ratajkowski durante il soggiorno umbro tre a raccontare il suo soggiorno tuderte con divertenti Instagram stories, ha pubblicato un post molto coinvolgente in cui richiedeva aiuto per una cagnolina investita da un'auto e trovata poco distante da dove stava girando Welcome home. L'attore, come si legge nel post, si è offerto di pagare le spese mediche e tutto il necessario a chi volesse adottarla. Un gesto sincero che non è passato inosservato. Come il soggiorno di Emily e Aaron... Welcome in Umbria! Servizio a cura di Cristina Crisci e Marco Polchi

Le tre star sul set

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We.Story

Storie da raccontare

IL FESTIVAL IN CINQUE TAPPE L'esperienza del racconto a voce è tra le modalità in cui una storia può essere tramandata; quella che più di ogni altra arricchisce chi la apprende. Sia che si parli di esperienze personali sia che si parli di vicende esterne al vissuto del narratore, queste storie si arricchiscono di un carico emotivo che la semplice lettura non potrebbe restituire. Per questo motivo We Story - rassegna organizzata dall'associazione Effetto K in collaborazione con il Comune di Sansepolcro dal 22 giugno al 2 luglio - è innanzitutto un festival fatto di persone, che in quanto tali sono un bagaglio pressoché infinito di storie da cui poter attingere. di Stefano Rapiti

PRIMA TAPPA BOB CORN

Ecco perché il terremoto in Emilia, per molti riconducibile alle immagini di fatiscenti edifici storici mandate in loop dai telegiornali, solo nel racconto del cantautore Tiziano Sgarbi - in arte Bob Corn - che quei tragici eventi li ha vissuti in prima persona, veste gli autentici panni della tragedia umana. Senza bisogno di indugiare sulla conta delle vittime o dei danni, ma semplicemente raccontando di una quotidianità spezzata, quella di un artista abituato a comporre musica sul proprio letto, il letto di una casa diventata, come molte altre, inagibile. Bob Corn lascia che a parlare sia soprattutto la sua musica ed è bello vedere come anche

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le sue canzoni siano nient'altro spaccati di vita fissati nel tempo attraverso una melodia, un accordo, un ritornello che le scolpisca nella nostra memoria. E anche quando le canzoni non sono le sue, ma sono prese in prestito ad altri autori servono a raccontare un altro tipo di storia, magari quella di un amicizia. Ad esempio con il giovane cantauore modenese Nicola Setti, la cui bellissima «Seppia» fu un autentico colpo di fulmine al quale Corn non si è saputo sottrarre facendola sua per i concerti a venire. A tal proposito, il suo monito a presenziare ai piccoli concerti, di quegli autori un pò sconosciuti magari alle prime esperienze è l'invito più bello che un artista possa fare. È l'invito ad essere sempre affamati di novità, di scoperte.


SECONDA TAPPA HUMAN LIBRARY

We Story però è anche racconto che sa farsi corale, attraversando l'ultimo secolo e assumendo come unico filo conduttore la nascita e la diffusione delle sostanze stupefacenti. Perché niente, più della droga, ha influenzato e condizionato la nostra società divenendone autentico fenomeno culturale e di costume. Ma la storia delle sostanze stupefacenti è la foce da cui sgorgano le infinite storie di dolore e dipendenza delle quali, in parte, possiamo fare esperienza nel racconto della cosiddetta Human Library: individui che decidono di aprirsi, di raccontarsi e in un certo modo confrontarsi con chi è disposto ad ascoltarli. Si tratta di storie spesso dolorose, ma il cui ascolto è necessario per emanciparsi da qualsiasi forma di pregiudizio. Perché se è vero che certe scelte di vita possono dividere, nel dolore e nella sofferenza dettata dai propri errori ci ritroviamo infine tutti uguali.

ph:Erica Andreini

ph:Erica Andreini

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TERZA TAPPA LAROCCA CANTA CAMPANA

We.Story

C'è una frase detta dal giovane Francesco Motta, tra un tentativo di accordo e un mozzicone di sigaretta spento, che nella sua semplicità è forse la miglior summa di questo festival delle storie. «Dopo tanti anni a suonare mi sono accorto che in una canzone il testo è tutto». Noi riformuleremmo così: «Mi sono accorto che se hai una buona storia, allora hai una buona canzone», qualcuno lo ha capito ancor prima di Motta e ha affidato i suoi testi a un poeta maledetto, un «certo» Dino Campana. Stiamo parlando di Massimiliano Larocca che ha trasposto in musica i celebri Canti Orfici del visionario poeta toscano.

ph:Erica Andreini

QUARTA TAPPA BUGO

Se nella prima settimana l'estate torrida ha permesso le esibizioni all'aperto nel cortile della ex scuola Luca Pacioli, il maltempo ha «regalato» la splendida cornice dell'auditorium Santa Chiara per l'esibizione di Cristian “Bugo” Bugatti che si è raccontato con i suoi “6 pezzi facili” (un format studiato dall'associazione Effetto K che ha permesso a molti artisti nel corso degli ultimi anni di raccontare la propria vita per mezzo delle canzoni di altri autori). C'è un interessante ribaltamento di ruoli: il musicista ripercorre le tappe della sua vita non per mezzo delle sue canzoni, bensì riportando alla memoria gli ascolti che hanno formato i suoi gusti, influenzando certe scelte o esaltando determinati stati d'animo. Il musicista quindi si racconta ma lo fa da «ascoltatore», o per meglio dire «fruitore» della musica ancor prima che esecutore. E qui sta la bellezza dei “6 pezzi facili. Perché nell'atto dell'ascolto l'artista è indiscutibilmente se stesso, abbandonato alle proprie emozioni. Nel comporre musica entra invece in scena l'aspettativa del pubblico, le esigenze di mercato, il discografico. Bugo ne sa qualcosa e non ha nascosto un certo livore nei confronti dei suoi stessi fan, di chi lo ha criticato perché dopo il primo disco non sarebbe stato più lo stesso. Se da un lato le sue canzoni sembrano voler urlare un certo malessere per questa condizione di costrizione (vedi «Io mi rompo i coglioni») dall'altro ne finiscono inevitabilmente per essere influenzate. Invece nell'immaginarselo solo nella sua camera a strimpellare qualcosa, magari con le cuffie alle orecchie, ci viene restituito qualcosa di assai più autentico e «romantico».

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ph:Valeria Pierini

ph:Valeria Pierini


QUINTA TAPPA MAX CASACCI

I 6 pezzi facili vogliono ricreare quest'atmosfera da cameretta, l'autenticità dell'ascolto come mezzo per raccontarsi. Perché We Story più che alle canzoni è interessato alle persone, non ci stancheremo mai di dirlo. E così è stato anche nella lunga chiacchierata con Max Casacci, da tutti conosciuto in quanto leader e fondatore dei Subsonica ma che al pubblico di We Story si è voluto raccontare soprattutto nella sua veste di produttore e autore di interessanti progetti musicali paralleli. Uno fra tutti, quello in collaborazione con Mana e Emanuele Cisi, che ha dato vita proprio l'anno scorso all'album «The City» in cui si sono divertiti a girare Torino registrando i suoni della città, campionarli e quindi utilizzarli come strumenti per accompagnare melodie dal sapore jazz. Il risultato è sorprendente ed è anche una dichiarazione d'amore per la propria città, i cui suoni richiamano alla memoria specifici ricordi e con essi incredibili «storie».

ph:Erica Andreini

Lo staff di We.Story

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We.Story

IO TRA DI VOI LA FOTOGRAFIA DI VALERIA PIERINI “IO TRA DI VOI” è la mostra fotografica di Valeria Pierini che ha affiancato il festival We.Story. È un censimento per immagini e parole dei musicisti che vivono in Umbria, senza distinzione tra amatori, professionisti, età e genere praticato. L'idea che ha mosso il progetto, work in progress dal 2012, è che la musica non si vede né si tocca, tuttavia occupa spazio (strumenti, dischi, libri e gli oggetti che servono per crearla...). Nasce pertanto l'idea di entrare nei luoghi domestici dei musicisti, nei loro spazi privati in cui alla musica viene riservata attenzione; fotografare gli spazi che ognuno le dedica, nella loro realtà fisica ed eterogenea, fa sì che gli oggetti parlino per il loro proprietario. L'unico apporto personale e anagrafico riguardo ai musicisti è il testo scritto a piacimento dove dicono cosa rappresenta per loro la musica, accompagnato dal nome di battesimo, la città di nascita e l'età. Chiunque voglia partecipare può contattare Valeria Pierini tramite il suo sito, www.valeriapierini.it Valeria Pierini è una fotografa umbra laureata in comunicazione di massa. La sua ricerca artistica si muove traendo ispirazione dalla letteratura e dalla filosofia analizzando temi forti quali il sogno, il doppio, la ricerca interiore e la memoria. Parte del suo lavoro prevede spesso la partecipazione delle persone come punto di partenza e canovaccio per la realizzazione delle sue foto ('Io Tra di Voi', The Dreamers', 'Topografia di una storia' e l'ultimo 'Who am I', progetto speciale in collaborazione con il festival di teatro 'Strabismi' di Foligno). Ha esposto in numerose collettive e personali in Italia e all’estero, tiene workshop in associazioni e scuole e i suoi lavori sono stati selezionati in molti concorsi e festival nonché ampiamente pubblicati. 'Tabula rasa' è il suo primo libro, uscito nel 2016. Dal 2016 è inoltre impegnata nella realizzazione di 'Topografia di una storia', progetto site specific dedicato alla città di Foligno.

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FRANCESCO MOTTA «QUELLO CHE CONTA È ANDARE A TEMPO» di Sonia Pulcinelli - foto Erica Andreini

Chitarra, parole, canzoni e qualche sigaretta: il cantautore si è raccontato in «Sei pezzi facili» «Sei pezzi facili che, in realtà, non sono facili per niente!», esordisce Francesco Motta sul palco dell'Ex Scuola Luca Pacioli a Sansepolcro, pronto per iniziare la cover de “L’isola che non c’è” di Edoardo Bennato. Un pezzo fondamentale per la sua carriera artistica e che, inoltre, è stato quello che lo ha fatto innamorare delle note, delle melodie e dei testi. Sotto il ciuffo scuro

e arricciato, tra una sigaretta e l'altra («Dà fastidio se fumo?») si nasconde l’esile figura del polistrumentista pisano che ha deciso di vivere la vita in nome di una sola amante: la musica. «Ho avuto la fortuna di avere un pianoforte in casa», dice Motta parlando di come sia nata questa grande passione che lo ha portato, nel 2006, a fondare il suo primo gruppo, i Criminal Jokers.

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We.Story

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«L’isola che non c’è, per me non è più quella di quando ero bambino»

Ma la musica, così come la vita, si evolve nel tempo e inevitabilmente cambia acquistando nuovo senso e valore. È proprio questo il senso della serata: raccontare una storia per coglierne una morale nuova, non ancora trovata. «L’isola che non c’è, per me non è più quella di quando ero bambino», spiega Motta dialogando con Michele Corgnoli, organizzatore dell’evento. I testi cambiano e si riempiono di storpiature e nuove sfumature, alcune parole si perdono nell’onda di una voce che non ricorda più tutti i versi. Perché ogni cosa nasconde un senso che si esprime in tante sfaccettature, quanti sono i modi in cui esso può essere colto; ci si deve solo sforzare di accettare la natura camaleontica di tutto ciò che accade. Così, accanto a pezzi di Battisti, Violent Femmes, Lou Reed e Riccardo Sinigallia che Motta interpreta durante la serata, anche il silenzio ha un suo testo, da cui affiora un senso. «Proviamo a stare in silenzio per qualche secondo, sentirete che c’è sempre un testo». Con questo piccolo esperimento, Motta dimostra al suo pubblico che nonostante l’assenza della voce è possibile cogliere il suono di ciò che ci circonda: la voce stridula della zanzara che vola, un'auto, voci dalla strada; l’eco di quel silenzio, che poi silenzio non è, si ripete in loop come in una consolle. È musica quotidiana. E allora il testo viene fuori da solo e ognuno di noi è capace di coglierlo. Perché per Motta sono le pause che conferiscono ad ogni parola, o nota, il proprio carico di pathos da scaricare, tutto in una volta, a chi sta ascoltando. E il tempo, in cui questo momentaneo mutismo si protrae in una canzone, è di fondamentale importanza. La pausa è la virgola, il punto che serve a dare il ritmo a ciò che stiamo leggendo o ascoltando e, senza del quale, la nostra percezione risulterebbe falsata. Non conta perciò suonare su un palco con una chitarra scordata, ciò che realmente importa è andare a tempo per poter trasmettere lo stesso messaggio che aveva la canzone nel momento in cui essa è stata scritta. Lo strumento con cui suonare può non essere il migliore, non avere il suono più forte degli altri, e regalare lo stesso al suo pubblico emozioni uniche. «Bisogna saper andare a tempo nella musica e nella vita, anche se la mia musica, spesso, nasce quando non vado a tempo con la vita».

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Kilowatt Festival

LA SPERANZA DELLA SCENA CONTEMPORANEA Artisti nazionali e internazionali, 54 spettacoli, 4500 biglietti venduti, una crescita costaNte CosĂŹ la manifestazione si conferma tra gli eventi piĂš rilevanti dell'estate

foto a pag. 94/95: Elisa nocentini

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RAPHAEL GUALAZZI in concerto in piazza torre di berta


Kilowatt

Punto di riferimento La quindicesima edizione di Kilowatt Festival, dal titolo e tema Il principio speranza, si è conclusa lo scorso 22 luglio, dopo aver presentato un ricchissimo programma di teatro, danza, musica, circo contemporaneo, incontri e

mostre, che hanno fatto ancora una volta di Sansepolcro, ente capofila del progetto europeo Be SpectACTive, un punto di riferimento nel panorama teatrale nazionale dal forte respiro internazionale.

ascanio celestini durante lo spettacolo "che fine hanno fatto gli indiani pueblo?"

Gli artisti Kilowatt, diretto dal regista e drammaturgo Luca Ricci, realizzato in collaborazione con il Comune di Sansepolcro con il sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Regione Toscana e di numerosi sponsor locali, ha portato in Valtiberina alcuni dei più significativi artisti della scena nazio-

nale e internazionale per un cartellone di 54 spettacoli: Ermanna Montanari (madrina del Festival), Raphael Gualazzi, Ascanio Celestini, Daniele Bartolini, Simone Amendola, Andrea Cosentino, Bobo Rondelli, Fekat Circus, Chiara Bersani e Marco D’Agostin... Solo per citarne alcuni.

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Kilowatt

i cittadini di sansepolcro per ermanna montanari "lettura pubblica miniature campianesi"

foto: luca del pia

I numeri In questa edizione sono stati acquistati oltre 4500 biglietti, ai quali si aggiungono più di 10.000 unità calcolate fra accessi gratuiti agli eventi offerti dal festival alla cittadinanza e ingressi omaggio per i numerosi operatori e critici provenienti da tutto il territorio nazionale. Il festival, segnalato su numerose testate nazionali quali, fra gli altri, Sipario, Hystrio, Frecciarossa, L'Espresso, Panorama, Corriere della Sera,

"la casa del panda" a santa chiara

Una crescita costante «Un successo straordinario, che attesta come il nostro progetto sia in costante crescita – ha dichiara il direttore Luca Ricci, che continua – Posso tranquillamente affermare, dati alla mano, che questa è stata l'edizione di maggior successo dalla fondazione del festival. Un successo per il quale devo ringraziare tutti i nostri partner istituzionali, a partire dal Comune di Sansepolcro e dal Sindaco Mauro Cornioli

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Il Sole24ore, Repubblica, Grazia, IoDonna, Danza&Danza, Icon, è stato seguito nel suo svolgersi da oltre 53 critici professionisti provenienti da tutta Italia, senza contare la grande attenzione della stampa regionale e locale. La stessa attenzione che ha consentito al Festival, negli anni, di avere prestigiosi riconoscimenti, primo fra tutti il Premio Ubu 2010.

foto: luca del pia

"new horizon" di francesco marilungo

per l'attenta sensibilità che hanno dimostrato nel sostenere e fiancheggiare il nostro progetto, e poi Regione, Ministero, Unione Europea, i partner privati a partire da Aboca, senza i quali il festival non avrebbe la forza che oggi possiede». Una forza già proiettata alla prossima edizione. See you in 2018, Kilowatt!


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MORGAN

«La resa di Tenco? Un’opera d’arte» Servizio di Andrea Luccioli

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A “Moon in June” il tributo di Morgan al grande cantautore Voli altissimi e qualche scivolone L’ex Bluvertigo e un’esibizione a metà Il racconto di un genio musicale incompiuto sulle rive del Trasimeno­ La luna di giugno è una carezza che avvolge l’Isola Maggiore e tutti quelli che, per “Moon in June”, si sono ritrovati ad ascoltare quel genio oscuro di Marco Castoldi, in arte Morgan. Uno che si è preso la briga di portare in scena un omaggio all’indimenticabile Luigi Tenco. Mica niente. E come è andata? Benissimo e malissimo. Benissimo perché Morgan è un artista eccezionale. Musicista molto preparato e buon esecutore (quando vuole). Uno di quelli che ti lascia addosso quella sensazione netta di avere a che

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fare con uno di un’altra categoria anche quando non si impegna. E qui viene il malissimo. Sì, perché Morgan poteva fare meglio. L’omaggio a Tenco è durato lo spazio di una manciata di canzoni e alcuni racconti - interessantissimi, a dirla tutta - ma per il resto si è ascoltato veramente di tutto. Troppo di tutto. Da Bowie ai Queen fino a Sergio Endrigo. Quindi? Chi si aspettava un concentro esclusivamente tarato sulla figura di Tenco, come suggeriva il titolo, è rimasto deluso. Gli altri, come il sottoscritto, hanno goduto della maestria del maestro e stop. Il signor Castoldi si è presentato con un bicchiere di vino in mano, poco prima del tramonto, e si è seduto al pianoforte. “Mi sono innamorato di te” è un incipit delizioso e serve a Morgan per introdurre la figura di Tenco. Il discorso è di quelli importanti. «La disillusione è dei vecchi e dei giovani. Tenco, quando scriveva musica, era in quell’età in cui si affronta l'esistenza con energia. Ma lui, invece, decise di arrendersi. E questa resa l’ha trasformata in opera d’arte – dice – Ebbe la tragica consapevolezza di stare nel posto sbagliato e di essere una persona sbagliata». Castoldi racconta ancora: «Dall'esterno, però, tutto appariva diverso. Il pubblico vedeva solo bellezza e compiutezza. Ma non era così. Pensando a Luigi mi sono chiesto: uno che è dominato dalla resa, come può adempiere agli impegni quotidiani? Questa è la contraddizione che brucia in Tenco ed è così che dopo una fatica immensa a sopportare questa condizione, arrivò il crollo. Arrivò a pensare che l'unica soluzione è il cappio al collo, che per quanto possa essere poesia è comunque un cappio». Tenco era un disadattato, sentenza Morgan prima di intonare “Vedrai, Vedrai”. Castoldi è un fiume in piena, o meglio, un lago ingrossato: «Le canzoni di protesta non ci sono più. Così come non c’è più la canzone sociale. Oggi parliamo di social, ma la socialità non si può fare ognuno a casa sua. Non andiamo più in piazza, non protestiamo più e tiriamola fuori questa canzone di protesta!». E subito dopo attacca la “La ballata della moda”. Poi si alza il vento, volano i fogli sopra il pianoforte e Morgan si alza e li va a raccogliere imprecando: «Il vento mi piace, ma ora mi ha stancato. Il vento non esiste da solo, ha bisogno delle cose per esistere. Capito vento? Non ti credere chissà chi!», inveisce. E poi parte il primo pezzo “extra”, quella “Wild is the wind” di David Bowie che ci sta a pennello. Selvaggio è il vento e selvaggio è Morgan che riprende il suo discorso su Tenco con il pubblico. «Tenco fu

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un ragazzo scomparso anzitempo. Lui non era triste, è triste quello che ha fatto. Una creatura come lui fa le cose più intensamente degli altri e, semplicemente non ha voluto evitare questa sua fine, forse necessaria». Poi è la volta de “Il mio regno”, altro gioiello di Tenco. Dopo il vento arrivano le cicale e Morgan se la prende anche con loro. Dal cilindro tira fuori una fiaba di Leonardo Da Vinci. «Il cedro, insuperbito per la sua altezza, guardava dall’alto verso il basso gli altri alberi. Poi arrivò un vento fortissimo e lo sradicò – racconta Morgan – E nel frattempo il grillo ride, così come la cicala». Si rimette al piano e attacca “Cicale, cicale, cicale”. Poi ci ripensa e lancia un’altra invettiva: «Non far fare programmi televisivi a me, ma farli fare a Mika, è un po’ come dire a Piero Angela che al suo posto c’è Heather Parisi». Se la prende con il suo bicchiere a corto di moscato e attacca “Per fare un albero”, lasciando qualche perplessità tra il pubblico. Torna in cattedra e si esibisce in un mash-up davvero bello tra la sua “Altrove” e “Bohemian Rhapsody”. Si riaffaccia Tenco con “Ciao amore, ciao” e poi la struggente “Quando”. Si chiude con “Il mio mondo” di Umberto Bindi. Intorno, nel frattempo, si è fatto buio da un pezzo, la gente se ne va, il lago ringrazia.


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Solidarietà senza confini di Marco Montedori – foto Marco Bonatti

INCONTRI, DIBATTITI, EVENTI E MUSICA: COM'È ANDATO IL FESTIVAL ORGANIZZATO DA ALTOTEVERE SENZA FRONTIERE

SETTIMA EDIZIONE Ha tagliato il traguardo della settima edizione il Festival della Solidarietà organizzato dai giovani dell’associazione Altotevere senza frontiere Onlus. Tre giornate intense di pace, musica e solidarietà – dal 14 al 16 luglio - all’insegna delle tematiche sociali e del volontariato, con un programma rivolto a varie fasce di pubblico, che hanno consentito all’evento di consolidarsi nel panorama regionale e non solo.

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VOLONTARI Volontari da ogni parte d’Italia e da diversi Paesi del mondo (fra i quali un rappresentante della organizzazione egiziana “Have a dream”) hanno preso parte alla realizzazione della manifestazione al parco Alexander Langer – Ansa del Tevere di Città di Castello con un grande riscontro di pubblico. E con un importante obiettivo: il ricavato sarà infatti destinato a progetti di beneficienza in favore delle famiglie bisognose del nostro territorio e per


la casa famiglia per bambini di Leskoc in Kosovo, dove un gruppo di oltre 20 volontari sarà presente dalla fine di luglio. ABITARE I CONFINI Filo conduttore degli incontri e delle esposizioni è stato il tema “Abitare i confini”: “La sfida è quella di ripensarli come uno ‘spazio di condivisione’, in cui è possibile sostare e incontrarsi. Abitare il confine è avere il coraggio di mettersi in discussione, di aprirsi alla diversità, di conoscersi e dialogare in una situazione alla pari, dove ogni unicità diventa ricchezza”. LE CONFERENZE L’impegno e il coraggio di Leonardo Cenci (il maratoneta perugino fondatore dell’associazione “Avanti tutta onlus”) sono stati al centro della prima conferenza, dal titolo “Avanti tutta! Quando il limite diventa orizzonte”. Una riflessione di ampio respiro è stata quella condotta da Tonio Dell’Olio, rappresentante dell’associazione “Libera” Internazionale e presidente della Pro Civitate Christiana di Assisi, nella seconda conferenza “Confine. Lo spazio dell’incontro”. MOSTRE E ASSOCIAZIONI La manifestazione si è aperta con l’inaugurazione della mostra fotografica “Non più muri” alla presenza dell’autore, Ruggero Da Ros, che ha illustrato il suo reportage sulla barriera che divide Israele e Palestina, costruita nel 2004. Grande spazio è stato riservato agli stand delle associazioni di volontariato: Medici senza frontiere, Caritas, Amnesty international, Croce Rossa italiana, Zuki, Laafi Bala, Oratorio San Giovanni Bosco. Gradita conferma sono state le installazioni artistiche di fumetto con l’esposizione delle tavole illustrate del libro “Di qui non si passa!” (Topipittori editore).Pepita Onlus, Barabas Clown e Officina della Arti hanno curato animazione e laboratori per bambini.

LA MUSICA Ad aprire le tre grandi serate musicali sono stati i Meganoidi, la storica band ska-punk genovese; seconda serata con un concerto speciale a 20 anni dalla scomparsa di Ivan Graziani: sul palco del parco Langer “Pigro in tour”, il tributo ufficiale all’indimenticabile cantautore guidato dal figlio Tommy Graziani e da alcuni storici musicisti; chiusura con il Tributo a Lucio Dalla formato da un gruppo di giovani e talentuosi musicisti altotiberini. Ad animare le serate sono stati anche la performance di live painting del giovane fumettista tifernate Alessandro Bacchetta con il coinvolgimento del pubblico, live acustici e spettacoli di giocoleria.

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presenta

Spaghetto alla chitarra Mancini con pesto di basilico pinoli e plancton

Filetto di baccalĂ con pil-pil di plancton

Riso carnaroli al plancton con crudo di gambero rosso di Mazara

Insalata di polpo e mango con vinaigrette agli agrumi e polvere di plancton

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DANCITY REPORT DA FOLIGNO

ELETTRONICA AL CENTRO DEL MONDO È da poco terminata con successo Welcome to Dancity, l’undicesima edizione della rassegna internazionale di cultura e musica elettronica, che si è svolta a Foligno

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foto: Carolina Paoletti

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Tre giorni, da venerdì 30 giugno a domenica 2 luglio, con più di 45 esibizioni tra concerti, live & DJ set, performance, installazioni, lecture, workshop e mostre, che si sono svolti tra Largo Frezzi, l’Auditorium San Domenico, il Chiostro, Palazzo Candiotti, il club d’avanguardia Serendipity e la splendida Cantina Arnaldo Caprai di Montefalco. Circa 7000 presenze registrate nelle tre giornate provenienti da tutta Italia e dall’estero, con un’affluenza stabile rispetto al passato, ma con un pubblico sicuramente più attento alle interessanti proposte artistiche, compresi giornalisti del settore e addetti ai lavori. Uno degli intenti degli organizzatori del Festival è stato quello di aprire Dancity alla città, offrendo una ricca programmazione tra performance a pagamento ed eventi a ingresso gratuito, come quelli svolti presso Largo Frezzi, le lecture con artisti internazionali all’Auditorium S. Domenico, la maggior parte degli appuntamenti dell’Art Session, tra cui l’Open Call, e i workshop rivolti ai bambini, curati in parte dal sound designer di Città di Castello Michele Mandrelli. DANCITY INIZIA CON LA PIOGGIA... Nonostante la pioggia la giornata di venerdì 30 giugno si è aperta con i set pomeridiani spostati al primo piano dell’Auditorium, in cui ha preso forma anche l’atteso live di Yussef Kamaal, variato dalla domenica al venerdì per motivi non dovuti agli organizzatori del Festival. Concerto di punta è stato quello di Manuel Göttsching, fondatore della band psichedelica Ash Ra Temple, che si è esibito a Dancity in prima data assoluta in Italia, dopo essere stato protagonista nel pomeriggio della lecture condotta dal giornalista Damir Ivic e realizzata in collaborazione con Soundwall e Molinari. La parte notturna si è svolta presso il club Serendipity, con due stage tra Play Room e Rec Room senza la parte esterna, sempre per motivi di maltempo. Tra i DJ set quello di Blawan, uno dei più importanti produttori techno a livello mondiale, Mike Servito, resident del Bunker New York, e Optimo. Hanno stupito e coinvolto il pubblico le suggestioni mistiche e hyper-sessuali dell’artista canadese Bernardino Femminielli, le cui accattivanti performance tra look stravaganti e provocazioni hanno unito insieme musica, poesia e video. ... POI TORNA IL SOLE Tornato il sole, la giornata di sabato 1 luglio si è svolta interamente nel centro storico della città presso Largo Frezzi e il Complesso dell’Auditorium S. Domenico. La parte pomeridiana ha visto il susseguirsi dei live di Tolouse Low Trax, il progetto di Detlef Weinrich

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che esplora l’eleganza afro-barocca unendola a sound ipnotici intrisi di scenari offuscati, Khidja, con le loro sonorità latine miste a prog, funk e jazz, e Nadav Spiegel aka Autarkic, produttore e songwriter di base a Tel Aviv che unisce sampler, synth, drum machine e voce. Tra le varie performance che hanno illuminato il sabato sera quella di A Certain Ratio, pioneri del punk funk, i quali si sono esibiti per l’unica data italiana del tour estivo con il loro inconfondibile sound, e quella degli Mark Ernestus’ Ndagga Rhythm Force, il progetto dello storico fondatore di Hardwax Mark Ernestus insieme ad otto musicisti senegalesi, che tra ritmi africani e dub ha spopolato facendo esplodere il pubblico presente al Chiostro. A loro è seguito il sorprendente live AtomTM GND ∞, una delle vesti di Uwe Schmidt, il quale ha anche partecipato nel pomeriggio alla seconda lecture organizzata insieme a Soundwall e Molinari. DOMENICA TRA VIGNA E CHIOSTRO Il giorno conclusivo del Festival, domenica 2 luglio, ha avuto luogo nella parte pomeridiana in una location

esclusiva, la Cantina Arnoldo Caprai di Montefalco. A partire dalle ore 13:30 si è svolto il brunch durante il quale si sono potute degustare le eccellenze enoganostromiche del territorio accompagnati dai DJ set del resident Dancity Franco B e del collettivo marchigiano Harmonized Soundsystem. Ci si è poi spostati tra le vigne della splendida Cantina, con un panorama mozzafiato e l’intensa nonché bellissima performance di Tommaso Cappellato, a cui è seguita quella altrettanto coinvolgente di Maurice Louca, annunciato il venerdì dopo la variazione di Yussef Kamaal. Un pomeriggio unico e suggestivo che ha fatto da cappello alla parte serale, interamente presentata dalla Red Bull Music Academy, tra le mura del Chiostro. Tra le performance più attese quella di Señor Coconut, il progetto latin-electronic di Uwe Schmidt che, dopo diversi anni di pausa, è tornato al Festival con la sua formazione originale per il loro primo show dell’anno. Il DJ set conclusivo, che ha lasciato tutti a bocca aperta, è stato ad opera di Hunee, il pupillo di Rush Hour, il quale ha spaziato tra i generi mantenendo il dancefloor e facendo respirare un’atmosfera unica.

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Festival delle Nazioni - edizione 2017

50 ANNI C O N

L A

G E R M A N I A

Il Festival delle Nazioni di Città di Castello festeggia la sua cinquantesima edizione: dal 29 agosto al 9 settembre. La Germania sarà al centro dei tantissimi progetti musicali e non solo che animeranno i luoghi artistici di Città di Castello e dell’Alta Valle del Tevere. Diciannove sono gli eventi nel cartellone principale – contro i 16 della scorsa edizione – e numerose attività collaterali. Tra gli interpreti che hanno confermato la loro presenza: Ute Lemper, Quartetto Prometeo, Athenäum Quartet, Beppe Servillo e Ensemble Berlin, Michael Nyman, Alexander Lonquich, Enrico Bronzi, Cristiana Morganti e Leonid Grin.

INAUGURAZIONE Ad inaugurare la 50ma edizione sarà la Jugendorchester der Bayerischen Philharmonie con Henri Bonamy nella doppia veste di direttore e solista al pianoforte. (29 agosto, ore 21, Città di Castello, Chiesa di San Domenico).

IL RITORNO A quattro anni dalla sua ultima apparizione a Città di Castello, quando presentò al Festival la sonorizzazione della Battleship Potemkin, Michael Nyman e la sua band torneranno protagonisti con la prima italiana del progetto War Work: 8 songs with film, di cui il compositore inglese è autore, direttore e interprete. (6 settembre, ore 21, Città di Castello, Chiesa di San Domenico).

SCIARRINO Per festeggiare il settantesimo compleanno di Salvatore Sciarrino, il Festival tornerà nelle sale degli Ex Seccatoi del tabacco con il Quartetto Prometeo (1 settembre, ore 21, Città di Castello, Collezione Burri – Ex Seccatoi del tabacco). Salvatore Sciarrino

KABARETT E UTE LEMPER Concerto di musiche del Kabarett, con la voce carismatica e elegante di Ute Lemper, affiancata dal pianista Vana Gierig e dal bandoneonista Victor Villena nel concerto Berlin Kabarett Songs (31 agosto, ore 21, Città di Castello, Chiesa di San Domenico).

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PEPPE SERVILLO La musica di Richard Strauss tornerà come ‘colonna sonora’ dello spettacolo Il borghese gentiluomo, riduzione della famosa commedia di Molière ad opera di Peppe Servillo, che sarà anche voce narrante dello spettacolo. (5 settembre, ore 21, Città di Castello, Chiesa di San Domenico). Peppe Servillo


IL VIRTUOSO Per i grandi virtuosi del pianoforte protagonista uno tra i più importanti interpreti tedeschi, Alexander Lonquich, recentemente insignito del Premio Abbiati 2017 come solista. Il suo recital sarà interamente dedicato a Schumann (7 settembre, ore 21, Città di Castello, Chiesa di San Domenico).

Alexander Lonquich

LA DANZA Spazio anche alla danza con Moving with Pina di e con Cristiana Morganti, una conferenza danzata sulla poetica, la tecnica e la creatività della Bausch. (8 settembre, ore 21, Città di Castello, Teatro degli Illuminati). GIOVANI ARTISTI Novità della cinquantesima edizione del Festival sarà il Concorso nazionale «Alberto Burri» per gruppi giovanili di musica da camera. Il concerto finale di questa prima edizione, aperto al pubblico, sarà una vetrina per valorizzare e promuovere i giovani talenti cameristici di oggi (3 settembre, ore 18, Morra, Oratorio di San Crescentino). Cristiana Morganti

Oratorio di San Crescentino

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Specialità Ciaccia sul panaro Ricche colazioni e merende Carne alla brace Sfiziosi antipasti Carne alla griglia Dolci fatti in casa

Umbrian Speciality “Ciaccia sul panaro” (a typical bread, filled with different ingredients such as ham, salami, grilled vegetables or cheese). Rich breakfast and snacks Staters Grilled meat Homemade cakes

BAR SASSO Loc. Sasso, 11 a 5 km da Città di Castello Tel: +39 075 855 23 16

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BURRI E NUVOLO PROTAGONISTI

ALLA FIERA D’ARTE DI BASILEA

L’ASCESA DI NUVOLO, GRANDI CONFERME PER BURRI IL BILANCIO DELLA FIERA D'ARTE CONTEMPORANEA PIÙ IMPORTANTE AL MONDO, A BASILEA, PARLA TIFERNATE Protagonisti della fiera due artisti contemporanei di Città di Castello: l’acclamatissimo e sempre più lanciato Alberto Burri e ‘l’astro nascente Nuvolo’, che fu amico e collaboratore dello stesso Burri e verso il quale c’è una nuova attenzione dell’arte. «Art Basel» si è svolta a Basilea nella seconda settimana di giugno

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(è così ogni anno da 48 edizioni): 27 mila 500 metri quadrati di spazio espositivo, 291 gallerie tra le più importanti al mondo con una proposta di opere di circa 4 mila artisti. L’appuntamento centrale erano le preview riservate ai più importanti collezionisti del mondo, musei e fondazioni internazionali. A loro viene riservata la prima scelta delle opere esposte. In questa edizione c’era, dopo aver partecipato all’Art Basel Miami, per la prima volta anche la Galleria Di Donna di New York che ad ottobre presenterà la retrospettiva dedicata a Nuvolo (Giorgio Ascani), un esordio sul suolo statunitense.

La loro presenza ad Art Basel è stato anche il pretesto per fare il punto della situazione organizzativa con l'Archivio Nuvolo di Città di Castello, rappresentato dal figlio di Nuvolo, Paolo Ascani e da Sandro Renghi con il curatore Germano Celant e lo staff della Galleria


Di Donna. Nuovi dettagli sull’evento: la mostra su Nuvolo a New York aprirà il 26 ottobre (e fino a gennaio 2018) e rappresenterà il punto di partenza di un nuovo lancio artistico del maestro tifernate a livello internazionale. Le opere di Nuvolo presentate in mostra si concentreranno sul periodo 1950-1965 e saranno introdotte da alcune opere di artisti come Alberto Burri, Piero Manzoni, Lucio Fontana, Cy Twombly così da rappresentare un periodo storico molto fiorente per l'arte contemporanea italiana. Se Nuvolo probabilmente sarà la riscoperta per il futuro, una ulteriore certezza è arrivata anche da Art Basel sull'internazionalità delle opere di Burri. Molte le gallerie internazionali, infatti, che hanno proposto capolavori di Alberto Burri tra cui 4 newyorkesi tra le più importanti al mondo e due italiane. Un poderoso Sacco, una Combustione su legno e una su plastica oltre a due stupendi Cretti bianchi hanno colpito l'interesse dei più importanti collezionisti del mondo. «E’ una fiera dove i più importanti operatori si ritrovano per capire le tendenze e offrire il meglio ai propri collezionisti che sono sempre di più alla ricerca di investimenti in arte», dice Renghi di ritorno da Basilea.

Alcuni scatti da Basilea

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Caserma Archeologica

L’Associazione CasermArcheologica si è costituita formalmente il primo aprile 2016 a Sansepolcro, con lo scopo di incanalare le numerose energie che in questi anni hanno lavorato insieme per far rinascere gli spazi della Ex Caserma dei Carabinieri in Via Aggiunti, rivestendoli di una nuova identità. La perdita di uno spazio di riferimento per la città ha infatti spinto professionisti, giovani, Istituzioni ed Enti privati a collaborare insieme al fine di trovare valide soluzioni, concretizzatesi con la vittoria del bando Culturability – rigenerare spazi da condividere. Per sviluppare il progetto, l’Associazione ha potuto avvalersi di un budget di 50.000 €, a cui ne sono stati aggiunti altri 30.000, provenienti dal bilancio interno e dal sostegno di partner locali.

CASERMA

ARCHEOLOGICA una possibile utopia Di Maria Vittoria Malatesta Pierleoni Foto Elisa Nocentini

Da sempre emblema di rigenerazione e vitalità, l’immagine di una fenice è stata rinvenuta in una parete di Palazzo Muglioni, attuale sede della CasermArcheologica ed è, a ragione, diventata il simbolo perfetto della recente mostra di riapertura dello storico edificio. Agibile è infatti l’evento espositivo che ha inaugurato lo scorso 9 luglio alla presenza di autorità, artisti e cittadinanza. Il titolo della mostra prende le mosse dalla dichiarazione d’inagibilità che nell’ottobre 2015 ha colpito lo stabile, utilizzato già dal 2013 dall’Associazione CasermArcheologica come sede per numerose attività culturali.

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TITOLO parla la lingua universale del tempo che passa, ma che passa bene, senza effetti chirurgici devastanti o iniezioni di botox che tolgono ogni spiraglio di naturalezza. Un particolare più unico che raro, che lei stessa ha voluto ribadire nel corso di alcune interviste apparse sulla stampa: «Risp

Caserma Archeologica

L’obiettivo è stato, ed è, quello di ripensare e ricostruire l’identità di un luogo dismesso e abbandonato, al fine di trasformarlo nel primo spazio espositivo e laboratoriale in Valtiberina dedicato ai linguaggi contemporanei delle arti visive, digitali e applicate attraverso un percorso di co-creazione condiviso tra i ragazzi e i giovani professionisti culturali del territorio e aperto alla cittadinanza. Il “non-luogo” della CasermArcheologica rappresenta così la sede ideale dove si incontrano la ricerca artistica e la fruizione del pubblico. Incontri, laboratori, seminari intorno ai linguaggi delle arti, strumenti di progettazione, gestione, pianificazione e cultura dell’innovazione saranno a disposizione dei coworkers che potranno avere spazi per lavorare e occasioni di scambio con altri professionisti, a prezzi accessibili a partire da settembre. Le attività formative saranno rivolte a partecipanti di tutte le età, con particolare attenzione alle scuole, tenuti dagli artisti in residenza, esperti, docenti, studiosi (www.casermarcheologica.it).

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Le100 icone di Steve Peshawar, Pakistan, 1984

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McCurry


Dall’India alla Birmania, dal Giappone all’Africa, fino al Brasile: con le sue fotografie Steve McCurry racconta le etnie più lontane Ora, e fino a novembre, 100 scatti del fotografo statunitense (uno dei più grandi della scena contemporanea, punto di riferimento per un larghissimo pubblico grazie a un’attività ormai quarantennale) sono esposti al Museo Civico di Sansepolcro nella mostra “Steve McCurry Icons”, curata da Biba Giacchetti. Un insieme - forse il meglio - della sua vasta produzione, nel quale viene proposto ai visitatori un viaggio simbolico nel complesso universo di esperienze e di emozioni che caratterizza le sue immagini. Le foto di McCurry, infatti, consentono di attraversare le frontiere e di conoscere da vicino un mondo destinato a grandi cambiamenti. La mostra inizia infatti con una serie di ritratti - straordinario quello di Sharbat Gula, la ragazza fotografata nel 1984 nel campo profughi di Peshawar in Pakistan diventata un’icona assoluta della fotografia mondiale - e si sviluppa tra immagini di guerra e poesia, sofferenza e gioia, stupore e ironia. Da sottolineare alcuni scatti, gli unici in bianco e nero, realizzati tra il 1979 e il 1980 nel suo primo reportage in Afghanistan, dove era entrato insieme ai mujaheddin che combattevano contro l’invasione sovietica.

Rio de Janeiro, Brasile, 2009

Mazar-i-Sharif, Afghanistan, 1991

Rangoon, Birmania, 1995 Nel corso della mostra, poi, sarà disponibile una audioguida gratuita per tutti i visitatori, in cui Steve McCurry racconta in prima persona molte delle foto esposte. Inoltre, un primo video proiettato in mostra accompagna le foto del primo reportage in Afghanistan; in un secondo video, McCurry racconta la sua lunga carriera e soprattutto il suo modo di intendere la fotografia. Un ultimo filmato, prodotto da National Geographic è dedicato alla lunga ricerca che ha portato Steve McCurry a ritrovare la “ragazza afghana”, 17 anni dopo il famoso scatto. A tale proposito è recente, del novembre 2016, la notizia che, dopo essere stata arrestata dalla polizia pakistana, Sharbat Gula è finalmente tornata nel suo paese.

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HO SCRITTO UN LIBRO

CREPAPELLE L’ULTIMO LIBRO DI PAOLA RONDINI di Cristina Crisci

Crepapelle potrebbe essere la storia di un ragazzo che al tempo della seconda guerra mondiale vive il suo più grande amore. Ma Crepapelle è anche la firma in un biglietto anonimo che finisce nelle mani di un chirurgo. Un biglietto, che diventa sigillo di quel mestiere da bisturi per la gioventù dove non c’è più. Paola Rondini nel suo ultimo romanzo (Crepapelle, uscito per Intrecci edizioni, pagine 176) racconta due storie che corrono in una linea temporale parallela, ma non coincidente, quindi destinate per definizione a non incontrarsi mai. Invece qui si ridisegna ancora la geometria della vita e degli incontri in una maniera che Paola fa sua ogni volta, (era successo anche nel precedente Salto della Rana). È la vicenda di Greta alle prese coi 50 anni e l’idea di un intervento estetico al viso, e del dottore che la dovrebbe operare: un luminare, il mago del bisturi, colui che taglia e cuce il tempo che passa. Ma all’improvviso il medico entra in crisi col suo lavoro e apre attorno a lui un vortice di perdizione (o

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redenzione?) che porta con sé anche i 50 anni di Greta, adesso orfana della speranza di riavere la beltà perduta. Sullo sfondo la storia struggente di Crepapelle, adorabile giovane che scambia amore e amicizia, amicizia e amore, fino al dolore sui terreni della seconda guerra mondiale a Lama. Il piccolo paese d e l l’A l t o t e v e r e è alle prese con la guerra, c’è l’invasione dei tedeschi, c’è la storia di Giselda e Edoardo della quale solo alla fine del libro si percepisce la portata. Crepapelle, dicevamo, è forse un gioco di parole, un intreccio di desideri che restano lì, sospesi a mezz’aria, sul piano di esistenze che si consumano, bruciano, si esaltano a vicenda fino a compiere ciascuno il proprio destino. No fear to die, «niente paura di morire, perchè la morte non esiste, ci sono dei multistrati di noi stessi, le dimensioni si sovrappongono, tutto è infinito….». Mentre caos, stelle danzanti, molecole, sensazioni epidermiche, ruotano attorno a qualcosa di primordiale, che tutto muove. Da sempre.


HO SCRITTO UN LIBRO

BOCCADARIDE UN EROE DELLA SOLITUDINE NEL PRIMO ROMANZO DI MARCO MILLI di Sara Scarabottini

A Marco Milli piacciono le persone: sono loro la molla della sua scrittura. Può sembrare un assunto troppo perentorio per una recensione. Ipoteca indebitamente il suo futuro letterario ma strappare vite e facce all’oblio o all’indistinto, giunto alla quarta pubblicazione e al primo romanzo, emerge come il filo rosso del suo appassionato raccontare. Dopo aver disegnato i tratti, come sul carboncino che lo ritrae in copertina, del partigiano libertario Samuele Panichi, aver restituito fisionomia umana a chi, come il Galletto di Serramaggio, era divenuto una caricatura, Marco Milli in “Boccadaride”, per la casa editrice Sensibili alle Foglie, fa giustizia di un’esistenza anonima senza sottrarla all’anonimato. “Boccadaride” parla di una persona di cui l’autore non pronuncerà neanche una volta il nome. Potremmo essere indotti a pensare che si tratti di uno degli espedienti letterari che Marco Milli usa con sapienza (ad esempio, la cornice impalpabile che avvolge la trama) ma in realtà non gridarne l’identità è stato l’unico modo per parlare della parabola del suo protagonista, senza farne un’attrazione da gossip di provincia. Di materia per far parlare la gente su “Boccadaride” ce ne è molta: agnizioni da commedia plautina ma in salsa drammatica, panorami mozzafiato sulla collina appenninica, sradicamenti repentini e senza

riscatto, morti precoci e una tardiva scoperta dell’omosessualità fanno del nostro ormai familiare sconosciuto l’amico un po’ sfortunato che fin dalle prime pagine vorremmo aiutare e che seguiamo incapaci di cambiare il suo destino tragico. Sarebbe un peccato anticipare i dettagli una storia che cavalca tra l’Umbria e Roma come un romanzo di formazione fino alla maturità, per poi diventare il diario intimo e straordinariamente coinvolgente di un lungo addio alla vita. “Boccadaride” chiamiamolo così - non è un buontempone: incline ad una certa malinconia, convive con molti irrisolti, verso la madre, verso il padre, verso il suo stesso orientamento sessuale e sembra spesso indifferente ad ognuno di questi nodi che, sciogliendosi, potrebbero invece regalargli quel po’ di felicità a cui tutti aspiriamo. Marco Milli nel tratteggiare questo affresco biografico non cede alla tentazione di scioglierli per lui, nonostante il processo di identificazione sia, nella scrittura, forte e riuscito. Dopo l’eroe partigiano, dopo l’eroe della malagiustizia, ecco “Boccadaride” l’ultimo eroe uscito dalla penna di Marco Milli: eroe di una solitudine irriducibile e così autentica da sembrare uguale a quella che almeno una volta ognuno di noi - senza confessarselo o cercando di scapparne il più lontano possibile - ha provato.

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rubriche

Cinema

Luca Benni & Matteo Cesarini Cinema Metropolis Umbertide

Indimenticabile George A. Romero Ritrovarsi a scrivere un ricordo, un omaggio o un profilo sull’ennesimo artista defunto è un’impresa ardua; del resto, tutto quello che c’è da sapere su George A. Romero o potete trovare in rete, in uno qualsiasi dei coccodrilli pubblicati nelle ultime ore. Tutti giusti, tutti veri: Romero papà degli zombie, Romero precursore dell’horror moderno, Romero regista politico e sociale. Il punto allora non è tanto quello di trovare una chiave di lettura inedita e sconvolgente oggi, a quasi mezzo secolo di distanza da La notte dei morti viventi, quanto semmai preservare la memoria di questo cinema e far sì che – davvero – non muoia. Altro che zombie: l’opera di Romero deve rimanere viva ed eterna, e questo adesso deve essere compito innanzitutto tuo, caro Lettore. Specialmente Tu, che magari sei uno spettatore più giovane e con meno visioni alle spalle, e che per ragioni anagrafiche hai visto in sala o in dvd L’alba dei morti viventi del 2004 ma non Zombi del 1978. Tu che forse hai giocato a tutti i Resident Evil, e hai visto tutte le stagioni di The Walking Dead ma non Il giorno degli zombi del 1985, forse perché non ne hai mai sentito parlare, forse perché – a naso – ti è sembrato vecchio, quindi noioso.

sappi che il merito è di George Romero. Parallelamente al percorso di una società che stava cambiando a passo da gigante, il cinema horror ha cominciato a spostare il proprio baricentro su un disagio molto più vicino alla realtà di tutti i giorni. Insidiandosi dentro le nostre case e non più nei castelli diroccati della Transilvania; dentro le nostre famiglie, dentro la nostra vita quotidiana, mettendo in risalto tutto quello che fino a quel momento si preferiva nascondere sotto il tappeto. Si parla molto spesso di come, a partire dalla fine degli anni Sessanta, l’horror sia diventato uno strumento per veicolare un messaggio, ma nel caso di Romero questo non è del tutto esatto. Sarebbe più corretto dire i suoi film stessi erano (anzi, sono) il messaggio. La potenza evocativa delle sue immagini è un pugno in faccia, uno schiaffo alla morale. Qualcosa di inequivocabile, impossibile da fraintendere, tanto nel 1968 (La notte dei morti viventi) quanto nel 2005 (La terra dei morti viventi), capace quindi di parlare del Vietnam e delle macerie post 11 Settembre, del razzismo e del fallimento degli steccati (fisici, ideologici..). E come diceva sempre George: stay scared.

Però adesso non ci sono più scuse per rimandare, adesso tocca a Te. Ecco, se oggi possiamo parlare di un certo cinema dell’orrore alla PS: la versione estesa dell'articolo è disponibile nel sito di stregua di qualsiasi altro genere, senza distinzioni tra serie A, B, o Z, Sentieri Selvaggi (www.sentieriselvaggi.it)

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rubriche

Giardinaggio

Ilo Mariottini

Il nome “settembrini” deriva dal periodo di fioritura di questa pianta; il termine “aster”, invece, deriva dal greco e significa stella, in riferimento alla forma dei fiori. La pianta è originaria dell’Europa centrale, dell’America del Nord, e dell’Africa del Sud. I settembrini sono una pianta erbacea simile alle margherite; hanno uno sviluppo tappezzante e quindi tendo a estendersi molto; hanno un fusto sottile e ramificato con un’altezza di circa 80 cm, ma ci sono varietà che possono raggiungere 1,50 m; le foglie sono alterne, di colore verde scuro e non vengono mantenute in inverno; i fiori sono capolini di differenti colorazioni, i fiori più esterni possono essere rosa, viola, lilla, bianchi, celesti, blu, i fiori del disco centrale possono essere gialli oppure marroni. I settembrini possono essere coltivati in giardino o in vaso; vanno collocati in un luogo luminoso e soleggiato, oppure in semiombra; è bene evitare la scarsa illuminazione che farebbe sviluppare fiori piccoli e deboli. Sopportano bene il caldo e resistono al freddo, quindi queste piante possono essere tenute all’esterno in qualsiasi periodo dell’anno; vanno, però, tenuti al riparo dal vento e aiutati con dei sostegni in caso di fusti alti. Vanno messi a dimora in primavera, non più tardi di maggio. Si

scava una buca abbastanza profonda, in modo che contenga comodamente le radici; si estrae la pianta dal suo contenitore, facendo attenzione a non danneggiarla, si pulisce dalla terra in eccesso e si inserisce nella buca; poi si ricopre con la terra, si comprime e infine si annaffia abbondantemente. Il rinvaso va effettuato in primavera, utilizzando un vaso leggermente più grande del precedente. I settembrini non hanno bisogno di una eccessiva concimazione; si consiglia di somministrare un concime specifico per piante da fiori che va diluito nell’acqua delle annaffiature; il trattamento va ripetuto ogni 20 – 25 giorni; oppure si può utilizzare un concime a lenta cessione da spargere nei pressi della pianta ogni tre – quattro mesi. Per quanto riguarda la potatura, si consiglia di eliminare i fiori secchi o danneggiati. Periodicamente durante l’estate va effettuata la cimatura dei getti, lasciandone circa una decina per ogni pianta; in questo modo la fioritura verrà prolungata e si otterranno fiori più grandi. Come accennato, questa pianta fiorisce da metà agosto fino a alla fine di settembre o all’inizio di ottobre. Vederla splendere sarà il modo migliore di avvicinarsi all'autunno...

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rubriche

La musica di L.M. Banksy

Luca Marconi

Il nome "esplicito" della band è frutto dalla mente di Greg Gonzalez che, dal natio Texas, ha deciso di spostarsi a New York per dare voce ai suoi tormenti sentimentali. La creatura mosse i primi passi nel 2008 ed è poi progressivamente cresciuta con una manciata di fortunati singoli fino a diventare "carne e sostanza" nell’album omonimo dove trova il giusto spazio in 10 tracce la magnetica capacità narrativa della voce androgina di Gonzalez. Canzoni dolci e testi semplici dove i turbamenti del cantante sono narrati con raffinatezza, brani che arrivano diretti al cuore degli ascoltatori. Un immaginario potente ed evocativo quello dei Cigarettes After Sex, fatto con la materia di un certo dream pop alla Cocteau Twins e Mazzy Star, ricco di spirito sanguigno e personalità come quella di Sun Kil Moon e degli echi dei suoi Red

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House Painters, attualizzato nelle moderne sonorità oniriche di gruppi già lanciatissimi come Daughter e Beach House. Anche per chi non fuma o ha smesso, l'ascolto di questo album è altamente consigliato. La Petite Mort, il fumo di una sigaretta, un piacere dopo il piacere, un momento di personale appagamento prima di perdersi di nuovo nel flusso incessante dei propri pensieri. Non nuoce alla salute. Buon ascolto TRACKLIST 01. K - (05:20) 02. Each Time You Fall In Love (04:50) 03. Sunsetz - (03:35) 04. Apocalypse - (04:50) 05. Flash (04:34) 06. Sweet - (04:52) 07. Opera House - (06:05) 08. Truly - (04:04) 09. John Wayne - (04:18) 10. Young & Dumb - (04:33)


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Si, viaggiare!

Roberto Barbafina

SAN FRANCISCO Il soprannome "The Golden City" nasce a metà dell'800, quando parte la corsa all'oro in California; la piccola cittadina di un migliaio di abitanti decuplica la sua popolazione diventando il centro più importante del nord californiano. Di quell'epoca restano alcune tracce indelebili, a partire dalle emblematiche cable cars. Ancora tre linee originali di tram rimangono in servizio, sferragliando nelle ripide strade di San Francisco, in particolare nei quartieri più turistici di Fisherman's Wharf, verso la centralissima Union Square. Oggi come ieri, tra le altre cose, è la porta degli Stati Uniti verso l'oriente, con importanti comunità asiatiche e forse la più grande Chinatown statunitense. L'ingresso nel quartiere è la famosa Porta del Drago, ma se si vuole uscire dal classico itinerario turistico ci si può inoltrare verso Stockton Street dove ancora resiste un'atmosfera genuina e meno commerciale. Altra icona della città è il Golden Gate Bridge, il ponte dal classico colore arancione per renderlo più visibile nelle giornate di nebbia estiva, che sovrasta lo stretto mettendo in comunicazione l'Oceano Pacifico alla Baia di San Francisco. Ma "Frisco" è molto altro ancora: il centro cuturale degli Stati Uniti secondo solo a New York; si può visitare il San Francisco Museum of Modern Art, interamente dedicato all'arte moderna con una collezione di oltre trentamila opere tra pitture, sculture, fotografia, architettura e design. Ma per capire cosa rappresenti San Francisco nel panorama culturale americano, bisogna ricordarsi dei movimenti nati in città. Beat Generation negli anni '50, Summer of Love, Hippies e le battaglie contro l'intervento in Vietnam scaturirono dalla baia - in particolare dall'Università di Berkeley e Stanford alla fine degli anni'60 - influenzando la cultura occidentale nei decenni successivi. Tutto questo ha reso San Francisco una calamita per artisti e sperimentatori, una delle città nel nord America con la più alta concentrazione di luoghi dedicati all'arte. MANTOVA Uno dei principali centri del Rinascimento italiano, dove l'eredità artistica lasciata dalla famiglia Gonzaga si può apprezzare in ogni angolo della città. Dello storico sistema difensivo con

i quattro laghi che fungevano da bastioni, oggi ne restano tre ma riescono a dare un'idea di quello che poteva essere Mantova nel suo periodo d'oro a cavallo tra XV° e XVI° sec., quando la famiglia Gonzaga aruolò gli artisti più importanti dell'epoca: Leon Battista Alberti, Mantegna, Giulio Romano e tanti altri. Passeggiando in città non passerà certo inosservato il Palazzo Ducale. Altro punto di riferimento in città è Palazzo Te, originariamente residenza per l'amante di Federico II Gonzaga, è una delle massime espressioni creative dell'architetto Giulio Romano. Oggi è diventata una sede museale dove, oltre ad ammirare le opere stabilmente presenti si susseguono mostre ed esposizioni di importante livello. Durante una passeggiata in centro, è d'obbliogo una sosta in uno dei ristorantini dove è possibile assaggiare le specialità della cucina mantovana, in cui si sono mescolate le influenze emiliane e lombarde per creare una realtà culinaria di assoluto interesse. PORTO Già il nome ne identifica la posizione, il mare è stato il filo che ha unito la città con il mondo fin dall'età delle scoperte geografiche a cavallo tra XV° e XVI° secolo. Dalle sue banchine nei secoli scorsi sono partite verso l'Inghilterra le botti di vino liquoroso prodotto nelle campagne circostanti che ha preso il nome della città: Vinho do Porto. Da allora Porto è diventata altro rispetto ad una semplice città portuale; è considerata "A capital do norte", in perenne sfida con Lisbona. Oggi è una vivace città di oltre un milione emezzo di abitanti dove è possibile scoprire delle interessanti testimonianze culturali, come il museo Soares dos Reis, dove sono raccolte ed esposte opere dei movimenti artistici lusitani dal XVI° al XX° sec. Per gli amanti dell'arte contemporanea assolutamente da non perdere la Fondazione Serralves, con il bel museo dove approfondire le interazioni tra arte contemporanea ed ambiente ed una passeggiata nel parco di diciotto ettari dove son inserite opere di artisti del '900. Per finire non può mancare un assaggio di un classico della cucina portoghese: il baccalà nella sua versione locale con patate, uova, cipolla e olive! info: roberto.barbafina@libero.it

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Anche dopo Waterloo Maria Luisa rimase fedele all’Austria e così, nel nuovo assetto d’Europa che scaturì dal Congresso di Vienna, venne ricompensata con il titolo di duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla. Nel piccolo Stato emiliano, Maria Luisa divenne Maria Luigia e si fece amare come sovrana illuminata e riformatrice. Bella e colta, anche dopo la sua morte - avvenuta nel 1847 - rimase nell'immaginario popolare come una figura ideale, circondata da un'aura di magnificenza e fascino tanto che ancora oggi sulla sua tomba - nella Cripta dei Cappuccini a Vienna - i Parmigiani in visita depongono mazzi di violette, amati dalla duchessa e uno dei simboli della città. Se, una volta caduto in disgrazia, Maria Luigia “ripudiò” l’ingombrante consorte Napoleone, da duchessa non poté fare a meno di adottare, per il suo nuovo Stato, quel sistema monetario decimale che proprio Bonaparte aveva imposto in Italia. Tutte coniate nella zecca di Milano, le monete di Maria Luigia si distinguono per la loro elegante raffinatezza favorite dalla grazia e dai delicati lineamenti della giovane du-

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chessa ritratta su tutti i nominali in oro e in argento. E se sui 5 e 10 soldi (25 e 50 centesimi di lira) al rovescio campeggia un modernissimo monogramma ML coronato, sui pezzi da una, due e cinque lire è inciso invece lo stemma del Ducato. Stessi soggetti per le monete d’oro, le più preziose della serie parmense del XIX secolo, coniate con valori da 20 e 40 lire. Una curiosità, che ben riflette la personalità della bella Maria Luigia e il suo amore per la gente: le monete d’oro da 20 lire e d’argento da 5 lire del 1832 furono coniate per essere donate alle famiglie colpite da una tremenda epidemia di colera; il metallo prezioso con cui furono prodotte proveniva dalla fusione di una toilette in oro e argento appartenente alla duchessa, alla quale era stata donata proprio da Napoleone in occasione della nascita del figlio, nel 1811.


Per circa 15 € potete ad esempio portarvi a casa Novità Editoriali di Daniela Comani edito da Corraini Editore, un'interesante raccolta di copertine appartenenti a classici letterari ai quali la nostra autrice ha praticato il cambio di sesso. È così che "Il barone rampante" diventa magicamente "La baronessa rampante" e "Lo straniero" si trasforma in "La straniera" o perchè no, i "Sei personaggi in cerca di autore" di Pirandello, di colpo cercano un'autrice. Divertente, scherzoso e allo stesso tempo incredibilmente potente pur rimanendo alla portata di chiunque.

Per gli amanti della montagna, con una spesa di 35 €, si può acquistare il libro PEAK, Rorhof editore, della personalità che più di ogni altra si è prodigato nella produzione di libri d'artista: Nicolò Degiorgis. Inizialmente pubblicato nel 2014, PEAK documenta le Dolomiti, conosciute anche come le montagne pallide.

Il libro medita sul dualismo tra apice e nadir e la costante alternanza di entrambi. Piegando le stampe a doppia faccia, il volume diventa una giustapposizione di due picchi distinti, ciascuno che si unisce al successivo e formare un ciclo, da notte a giorno, dall'estate all'inverno in entrambi i sensi.

Per soli 78 € invece possiamo inserire nella nostra libreria d'autore Lettere a Luisa di Claudio Parmiggiani, edito Magonza. Un libro a mio avviso che diventa necessario per chiunque voglia conoscere a fondo la poetica dell'artista ed approfondire il legame che unisce due personaggi della cultura italiana come Luisa Laureati Briganti e l'autore. Ampio epistolario durato dieci anni, si presenta a noi in forma monolaterale (Possiamo leggere solo le lettere inviate da Parmiggiani, le risposte o le domande di Luisa sono solo intuibili e rappresentate da una pagina bianca) nel quale l'artista, con un linguaggio fra la prosa e la poesia, ci racconta dubbi, perplessità e stati d'animo legati indissolubilmente alla contemporaneità artistica.


VALENTINA LODOVINI E LUCIA ROSSI INSIEME NEL CAST DI UN FILM Valentina Lodovini e Lucia Rossi, attrici originarie della Valtiberina, in questi giorni d’estate stanno lavorando insieme nel cast di un film - per la regia di Marco Risi - le cui riprese sono in svolgimento a L’Aquila. Entrambe le attrici hanno postato foto nei loro profili social che le ritraggono insieme, con abiti molto molto invernali, come l’ambientazione del film richiede.

RIFLETTORI ACCESI SU BURRI Presenze televisive ai Musei Burri di Città di Castello dove in queste settimane estive si sono aggirate le troupe di diverse trasmissioni di emittenti nazionali. Riflettori accesi da Canale 5 e Sky Arte Hd. Una troupe proprio di Sky Arte, guidata dal regista Matteo Moneta, ha soggiornato una settimana a Città di Castello per realizzare uno speciale che verrà messo in onda nella programmazione autunnale. Le riprese hanno coinvolto anche angoli del centro storico e la storica casa di Alberto Burri.

IL FORGIATORE ALESSANDRO DI BARI VINCE UN NUOVO PREMIO Nuovo prestigioso riconoscimento per il forgiatore e fabbro Alessandro Di Bari che alla trentesima edizione della «Mostra dell’artigianato artistico e tradizionale città di Feltre», ha vinto il terzo premio Carlo Rizzarda. L’opera «La maschera e l’osservatore» in ferro battuto ha colpito la giuria, che ha motivato il premio così: «Con originale estro creativo ed efficace stilizzazione l’autore ha dato vita a una beffarda e surreale maschera in ferro forgiato che evoca teatralmente meccanismi androidi e video tecnologie di controllo, anche attraverso il voluto inserimento di elementi di raccordo non forgiati, ma al tempo stesso richiama sarcastiche creazioni pittoriche di George Grosz e Otto Dix e, in collezione Rizzarda, ha una vaga attinenza con la Maschera tragica in maiolica, tipicamente Déco, di Enrico Mazzolani».


A SETTEMBRE LA MOSTRA DEL LIBRO ANTICO Toccherà quota 17 edizioni la Mostra Mercato Internazionale del Libro Antico e della Stampa Antica che si svolgerà dal primo al 3 settembre al Loggiato Gildoni di Palazzo Bufalini. Sono oltre 40 gli operatori italiani ed esteri che saranno presenti in forma diretta tra librerie antiquarie e venditori di stampe de-

I NOMADI SONO SEMPRE I NOMADI! Dopo oltre mezzo secolo di attività, i Nomadi con la loro «Storia Continua» vanno avanti con successo. Oltre mille 500 persone il 6 luglio hanno cantato insieme a loro al parco di Palazzo Vitelli a Sant'Egidio nel concerto del loro tour. La band, capitanata dallo storico fondatore Beppe Carletti, ha animato la serata

corative e cartografiche che proporranno rarità originali come manoscritti,incunaboli, cinquecentine nonché libri rari e di pregio di varie epoche. Tra le tante attività collaterali previste per questa edizione, la Rivista più prestigiosa di settore, Charta, ha deciso di festeggiare il traguardo dei 25 anni di attività proprio a Città di Castello.

fino ad oltre la mezzanotte. Prima che lo spettacolo iniziasse, i Nomadi sono stati accolti nella rinascimentale sala dei Fasti di Palazzo Vitelli a Sant'Egidio, dal presidente della Cassa di Risparmio di Città di Castello, Italo Cesarotti e dai rappresentanti istituzionali. Ad aprire il concerto dei «Nomadi» è stato Ed Menichella, cantautore toscano.


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