PAGURO Trophy 1997

Nevio Galeati

P A G

Trophy 1997

U R Edizioni Mistral

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L’Associazione Paguro è governata dal Comitato Direttivo, eletto dall’Assemblea dei Soci, e dal Comitato Tecnico Scientifico.

L’attuale Comitato Direttivo è composto da Giovanni Fucci (Pre­ sidente), Nevio Galeati (Vice Presidente), Claudio Giulianini, Augusto Guerra, Angelo Ori. Il Comitato Tecnico Scientifico è composto da Attilio Rinaldi (Direttore I.C.R.A.M. ­ Ministero Ambiente), Giovanni Gabbianelli (Docente Università di Ravenna), Massimo Ponti (Ricercatore), Aleandro Cingolani (Capitaneria di Porto di Ravenna), Michele Mistri (Docente Università Ferrara), Alessandro Capra (Docente Università di Bologna), Giovanni Montanari (Centro Ricerche Marine Cesenatico), Faustolo Rambelli (Historical Diving Society Italia), Giuseppe Prioli (Biologo Coop. Mare di Cattolica).

The Associazione Paguro is governed by the Steering Committee, elected by the Members’ Meeting and the Scientific Technical Committee. The current Board of Directors consists of Giovanni Fucci (President), Nevio Galeati (Vice President), Claudio Giuliani, Augusto Guerra and Angelo Oro. The Scientific Technical Committee consists of Attilio Rinaldi (Director of I.C.R.A..M. – Ministry of the Environment), Giovanni Gabbianelli (Lecturer, University of Ravenna), Massimo Ponti (Researcher), Aleandro Cingolani (Port of Ravenna Harbourmaster’s Office), Michele Mistri (Lecturer, University of Ferrara), Alessandro Capra (Lecturer, University of Bologna), Giovanni Montanari (Marine Research Centre, Cesenatico), Faustolo Rambelli (Historical Diving Society, Italy) and Giuseppe Prioli (Biologist, Coop. Mare di Cattolica).

Nevio Galeati

Paguro Trophy 1997

Š 1998 Edizioni Mistral Via Cura, 13 • 48100 Ravenna All rights reserved Printed in Italy

Nevio Galeati

P A G

Trophy 1997

U R Edizioni Mistral

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Con il patrocinio di Regione Emilia-Romagna, Provincia di Ravenna, Comune di Ravenna, Camera di Commercio di Ravenna, AutoritĂ Portuale di Ravenna, Azienda Ravennate Energia Ambiente, Compagnia Portuale di Ravenna, MARINARA Porto Turistico Internazionale, Propeller Club Ravenna, Sapir.

Introduzione Quando, nel corso del 1996, un consorzio di pescatori di Marina di Ravenna ed un circolo sportivo storico di Ravenna, il Sub Delphinus, decisero di dar vita alla “Associazione Paguro”, non avrebbero certo immaginato di scatenare un tale interesse nella sempre più ampia cerchia di subacquei sportivi.

Nella prima estate di gestione diretta della zona di tutela biologica (affidata dalla Capitaneria di porto all’Associazione stessa, con un’ordinanza del gennaio 1997), si sono rilasciate oltre tremila

Immersione al Paguro (foto Eros Gaddoni)

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autorizzazioni per immersioni sul relitto della piattaforma metanifera, da molti anni vero e proprio paradiso naturale. D’altra parte la bellezza dell’area aveva avuto già illustri “cantori”, a partire dagli autori dello straordinario volume fotografico realizzato nel 1994, i fotografi subacquei Antonio Bisca, Vittorio Giuliani Ricci, Riccardo Pepoli, Faustolo Rambelli e Gian Paolo Vistoli; certo, il celebre ed ormai introvabile Paguro. Immagini da un relitto edito da Calderini.

In concomitanza con il trentesimo anniversario della sciagura che portò all’inabissamento della piattaforma metanifera dell’AGIP (l’episodio ci viene raccontato nelle pagine successive da Faustolo Rambelli), l’interesse è aumentato, creando una piccola, ma comprensibile irritazione nei veterani della subacquea, non solo ravennati, che tanto amano quel relitto. Ma il “malumore” è ovviamente scomparso di fronte all’entusiasmo che ha animato davvero tutti i soci fondatori dell’Associazione Paguro, impegnati in primo luogo a tutelare e far rispettare quel paradiso.

Così i tuffi si sono moltiplicati, e questo nonostante in realtà non ci si trovi di fronte ad una... passeggiata da neofiti. Si tratta, infatti, di un’immersione di media difficoltà (a volte qualcosa di più): il relitto giace su un fondale di -25 metri, con una punta nel cratere che raggiunge i -33; e tutto questo a 14,5 miglia per 120° dal porto di Marina di Ravenna.

Appena in acqua ci si trova, quindi, completamente “nel blu”, senza alcun punto di riferimento che non sia la catena della boa d’ormeggio, ancorata al relitto. Nei primi cinque, sei metri, le acque presentano poi una notevole quantità di materiale in sospensione ed a volte si ha la sensazione di immergersi in un cappuccino lasciato raffreddare nella tazza. Da quota -9 in poi (la parte superiore della struttura) la visibilità è spesso, non sempre purtroppo, buona e può addirittura raggiungere i 20 metri. D’altra parte è sempre presente una corrente Nord-Sud, che risente notevolmente delle escursioni di marea. Con la buona stagione la temperatura superficiale è in media di 22 gradi, mentre oltre i 18 metri oscilla sui 16 (attenzione però ai “tagli”: più di una volta si sono registrate temperature fra i 10 ed i 12 gradi). Insomma, un’immersione abbastanza faticosa, o quantomeno impegnativa, anche se sempre affascinante. E che sia affascinante lo dimostrano nuovamente, dopo il celebre libro “Paguro”, le foto scattate nell’estate 1997 dai subacquei che hanno partecipato alla prima edizione del concorso “Paguro Trophy”, ed alle quali è dedicato questo volume.

Già, le foto subacquee... Non sono molti i testi che raccontano la storia di questa particolare sezione della fotografia, quell’invenzione “dai risultati meravigliosissimi”, si leggeva sulla Gazzetta privilegiata di Milano il 15 gennaio 1839, che poteva portare “una rivoluzione nell’arte del disegno e in quella dell’incisione, di cui molto soffrirà poiché mediante il processo in questione, la natura verrà riprodotta in un batter d’occhio, senza la cooperazione della mano dell’uomo”.

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La novità della fotografia, secondo le prime valutazioni, stava tutta in quel “batter d’occhio”, anche se in realtà la posa con le apparecchiature di Daguerre durava qualche minuto.

E proprio per questa sua caratteristica la fotografia ha iniziato ad esplorare da “giovanissima” le profondità del mare: aveva appena 54 anni quando, nell’estate del 1893, un professore di scienze docente alla Sorbona di Parigi, Louis Boutan, dopo numerosi mesi di studio e di preparazione, riuscì ad immergere la prima custodia.

All’interno c’era una macchina fotografica a lastre 9 per 19 “Detective”, con un fuoco fisso a tre metri. La custodia era in rame ed aveva tre oblò: uno frontale, per l’obiettivo; gli altri due per il mirino; fra il coperchio, chiuso da alcune viti, e la custodia,

Branco di occhiate e boghe sul Paguro (foto Claudio Giulianini)

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Boutan aveva piazzato una guarnizione di caucciù, che proteggeva dalle infiltrazioni d’acqua fino ad una decina di metri di profondità. Alla custodia era poi collegato con un tubicino un rudimentale pallone di gomma, che veniva calato in acqua insieme alla macchina: la pressione idrostatica spingeva l’aria all’interno della custodia e creava una “pressione di equilibrio”. Mancavano i soggetti e Boutan fotografò se stesso mentre stava attaccato ad un palo, in apnea; e le gambe di alcuni bagnanti con lunghi costumi a strisce. Le foto erano scattate ad 1/10 di secondo.

Negli anni immediatamente successivi l’inglese Ward e gli americani Bristol, Lake e Williamson seguirono le orme di Boutan. Vale la pena ricordare che Charles Williamson costruì una specie di batiscafo che poteva ospitare fino a tre persone. Sembrava una grossa pipa immersa nel mare dove al posto del... tabacco sedeva l’operatore che lavorava al riparo di un grosso vetro. L’estremità della pipa era fuori dall’acqua e terminava all’interno di un battello.

Con questo sistema, rudimentale ma ingegnoso, Williamson nel 1926 girò alle Bahamas alcuni film subacquei rimasti famosi.

Celeberrima la scena in cui in apnea agguanta ed accoltella uno squalo proprio davanti alla cinepresa. Grazie a quelle riprese Williamson conquistò una fama internazionale e girò sott’acqua scene per la prima edizione di “Ventimila leghe sotto i mari”.

Gli stessi fratelli Lumière si sono interessati ai problemi della fotografia subacquea: prepararono lastre speciali, utilizzate per la prima volta dallo stesso Boutan per il bianco e nero, e successivamente con il sistema “autocrome” a colori (nel 1927) da Longley e Martin.

In tutti i saggi (purtroppo pochi) la fotografia subacquea moderna viene fatta risalire alla prima spedizione in acque tropicali di Hans Hass, un giovane biologo austriaco che nel 1939 riportò dall’isola di Curaçao, nei Caraibi, centinaia di fotografie subacquee, fra cui numerose di squali. Il nome di Hass è legato alla realizzazione di alcuni film e ad una serie di libri, ampiamente documentati con foto splendide; ma non si deve dimenticare come abbia collaborato alla costruzione della custodia stagna per la Rolleiflex, chiamata più semplicemente “Rollermarin”. Ma già nel 1936 il toscano Victor Aldo De Sanctis aveva iniziato a documentare il mondo subacqueo...

I nomi, dal dopoguerra in poi, si accavallano e dalla storia si passa all’attualità: Brussard, Cousteau, Rebikoff, Bruno Vailati, Folco Quilici, Alessandro Olschky, Piero Solaini, Raniero Maltini, Maurizio Sarra, Roberto Merlo... l’elenco potrebbe continuare per pagine intere.

Ma questa non è la sede per tracciare davvero una storia della fotografia subacquea. Perché si dovrebbe parlare delle attrezzature, della loro evoluzione, delle nuove tecniche di ripresa. Si è cercato, solamente, di “rinfrescare la memoria” a tutti gli appassionati di subacquea ed in particolare di fotografia subacquea. E come introduzione ad un volume che propone splendide immagi-

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ni dei vincitori di un concorso di fotosub (e non solo), è parso quanto meno opportuno.

A questo punto è tempo di lasciar parlare le immagini.

Nevio Galeati

Affondamento del Paguro (foto gentile concessione Agip SpA)

Bibliografia AUTORI VARI (ANTONIO BISCA, VITTORIO GIULIANI RICCI, RICCARDO PEPOLI, FAUSTOLO RAMBELLI, GIAN PAOLO VISTOLI), Paguro. Immagini da un relitto, Bologna, Calderini, 1994 LOUIS BOUTAN, La photographie sous-marine, Paris, Schleicher Fréres Editeurs, 1900.

ANDREA GHISOTTI, Come eravamo, Aqua, 131, dicembre 1997 ALESSANDRO OLSCHKI, Sub. Enciclopedia del subacqueo, Firenze, Sadea/Sansoni Editori, 1968 J. T. WILLIANSON, Vent’anni sotto i mari, Milano, Corticelli, 1937.

ITALO ZANNIER (a cura di), Alle origini della fotografia in Italia, Ravenna, Longo Editore, 1991

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Paguro, paradiso artificiale La storia del Paguro inizia praticamente con le prime esplorazioni, per la ricerca di idrocarburi, che l’AGIP avviò nell’off-shore ravennate circa 40 anni fa.

E’, infatti, a seguito dell’individuazione di alcuni campi di gas che iniziarono le perforazioni di pozzi per l’estrazione di metano che andarono, con il tempo, sempre più intensificandosi.

L’Italia non possedeva piattaforme di perforazione, per cui le stesse erano noleggiate da armatori esteri, a costi elevatissimi.

Da qui, evidentemente, l’idea di costruire e lavorare con mezzi propri.

Su licenza americana furono quindi fatte costruire dall’AGIP le

Una piattaforma di perforazione dell’Agip (foto Giovanni Fucci)

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piattaforme mobili, self-elevating, Perro Negro e, a Porto Corsini nel 1962-63, la gemella Paguro.

Il Paguro prese subito il mare ed iniziò la propria attività di perforazione. A metà circa del 1965, dai rimorchiatori appoggio, fu posizionato su un sito per la perforazione di un nuovo pozzo, il PC7 (Porto Corsini 7), su un fondale di 25 metri posto a 14,5 miglia per 120° dal porto di Marina di Ravenna.

Proprio quando il 28 settembre la trivella raggiunse il previsto giacimento gas a circa 2900 metri di profondità, accadde la tragedia. I tecnici della perforazione stavano accingendosi ad effettuare i previsti rilievi, che normalmente si eseguono a pozzo perforato, per meglio capire l’entità del giacimento, quando si verificò una eruzione di fluido. Purtroppo, oltre al giacimento oggetto della perforazione, la trivella aveva intaccato anche un secondo giacimento sottostante, non previsto, che conteneva gas ad una pressione altissima.

Vennero immediatamente attivate le valvole di sicurezza di testa pozzo, che funzionarono perfettamente e tennero la pressione di testa. Ma, dopo poco, le pareti del pozzo cedettero e si sprigionò l’eruzione di gas, a quel punto non più controllabile. Il Paguro si trovò immediatamente avvolto da una miscellanea di acqua e gas e, dopo poche ore, anche dalle fiamme che fusero le parti metalliche che si trovavano sopra l’eruzione.

Fu così che la piattaforma si inabissò il 29 settembre nel cratere formato nel fondale dal gas e che continuava a fuoriuscire ad una pressione di circa 600 atmosfere.

Come quasi sempre avviene, anche questa tragedia scoppiò durante la notte e con condizioni meteomarine proibitive; morirono tre persone, mentre le altre furono fortunosamente recuperate dal personale dei mezzi di soccorso, in mezzo alle mille difficoltà, sia operative, dovute alle condizioni ambientali, sia emotive, causa la tragedia che si stava lì consumando. Il gas che continuava a fuoriuscire dal fondale e che mescolato a pulviscolo d’acqua raggiungeva un’altezza di 30 e più metri, continuò a bruciare finché, dopo circa tre mesi, l’AGIP, con la perforazione di un pozzo deviato, ad alcune centinaia di metri di distanza, non riuscì a cementare il PC7.

Da allora, sono passati 32 anni, la situazione del relitto non è mutata granché.

La parte più alta si trova sempre a circa meno 10 metri, buona parte degli alloggi è crollata corrosa dall’ossido e soprattutto dalle correnti galvaniche, ed il cratere formatosi allora nel fondale è sempre presente e raggiunge i meno 33 metri.

Il Paguro, da quell’ormai lontano 1965, iniziò la propria metamorfosi e su quelle strutture, martoriate da quel tragico evento e teatro di morte, è pian piano esplosa una nuova Vita, quella stupenda e magica Vita che Dio ha voluto abitasse i fondali marini e che ci affascina ogni qualvolta ci immergiamo.

Faustolo Rambelli

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Scheda scientifica Nel 1987, la Coop Pescatori Conisub di Marina di Ravenna ha ottenuto una Concessione Demaniale per allevamento di mitili ed attività di sperimentazione e ricerca sul relitto del Paguro. Nel 1991 la stessa Coop ha ottenuto l’autorizzazione per poter installare materiale inerte di tipo acciaioso derivante dalla demolizione della parte sommersa di altre piattaforme off-shore dell’Agip spa.

Nel corso del 1994/95, in seguito alla proposta della Coop Pes­ catori e con il consenso della locale Capitaneria di Porto ed il rilevante contributo della Provincia di Ravenna, l’Associazione Paguro ha avviato la procedura per attivare il riconoscimento dell’area protetta.

Il 21 luglio 1995 un Decreto del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali ha istituito la “zona di tutela biologica” dell’area interessata dal relitto della piattaforma Paguro, vietando in questa zona qualsiasi forma di pesca sia sportiva che professionale.

In decompressione (foto Eros Gaddoni)

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Al momento attuale, pertanto, al nucleo centrale si sono aggiunte altre strutture ed il tutto nel suo insieme costituisce un “artificial reef” di discrete dimensioni, che si presenta come un intricato labirinto in gran parte inaccessibile all’uomo.

Adagiato su un fondale fangoso di circa 25-33 metri, il relitto ha la parte più alta che si spinge fino a 9 metri dalla superficie.

L’area interessata dal Decreto Ministeriale copre, anche se in modo non omogeneo, una superficie di circa un kmquadrato.

L’area è geograficamente collocata a Sud del delta del fiume Po e, conseguentemente, risente dell’apporto discendente di acqua a bassa salinità di provenienza padana.

Le acque superficiali e quelle prossime alla superficie sono pertanto soggette a forti sbalzi di salinità le cui escursioni sono governate dai flussi di portata del Po. Inoltre, l’area presenta in genere alti livelli trofici a seguito delle immissioni di elevati carichi di nutrienti (azoto e fosforo in particolare) di origine antropico/tellurica. Sono quindi frequenti i casi di eutrofizzazione che in questa area si manifestano con estese fioriture microalgali sostenute da Diatomee.

Le concentrazioni dell’ossigeno disciolto sulla verticale sono fortemente condizionate dalla presenza e dalla distribuzione della biomassa microalgale; in presenza di fioriture in atto si hanno valori alti nelle acque superficiali che tendono a superare il valore fisico di saturazione per il contributo derivante dall’attività fotosintetica, in quelle di fondo di possono al contrario avere valori tendenti alla ipossia a seguito della mineralizzazione della sostanza organica sedimentata. La temperatura delle acque risente delle fluttuazioni stagionali e presenta una escursione di tipo sinusoidale con i massimi in luglio/agosto ed i minimi in gennaio/febbraio.

Pur essendo molto al largo, la trasparenza delle acque presenta una notevole variabilità in quanto risente, in termini riduttivi, sia del detrito insito nella plume discendente del Po che della biomassa fitoplancotnica in sospensione.

La visibilità può variare pertanto da poche decine di centimetri, nelle condizioni peggiori, fino ad un massimo di 15-18 metri.

Con queste brevi note si vuole richiamare l’attenzione sulla accentuata dinamica fisica e biologica del sito; nel primo caso molto dipende dalla sua collocazione geografica, dai forti apporti di acque dolci e dagli accentuati moti idrodinamici che ne conseguono, nel secondo tutto va ricondotto agli elevati indici trofici ed alla elevata produttività da essi innescata.

La struttura è stata in gran parte colonizzata sia da organismi sessili che mobili. Nella parte più alta del relitto (da meno 9 metri a meno 12 metri dalla superficie), ove la presenza di biomassa fitoplanctonica è in genere a più alte concentrazioni sia per la maggiore illuminazione che per le più elevate concentrazioni di nutrienti, le superfici metalliche sono interamente ricoperte da organismi filtratori che, a loro volta, costituiscono un importante pabulum alimentare e protettivo per altri invertebrati.

Tra quelli fissi al substrato le popolazioni prevalenti sono costitu14

ite da mitili (Mitilus galloprovincialis) e da ostriche (Ostrea edulis). Comuni anche i Tunicati rappresentati soprattutto dalle specie Ciona intestinalis e Phallusia mamillata.

Tra gli altri organismi sessili più comunemente riscontrabili sul relitto sono da ricordare diverse specie di Poriferi, Briozoi, Policheti e Celenterati appartenenti ai generi Cerianthus e Condylactis. Gli invertebrati mobili sono per lo più rappresentanti da Policheti, da Echinoidei, Oloturidi ed Asteroidi quale Marthasterias glacialis.

Abbondantissimi invece gli Ofiuridi. Nello strato intermedio e profondo del relitto la biomassa tende progressivamente a diminuire (anche in termini qualitativi) anche se ancora relativamente abbondanti sono riscontrabili Tunicati ed Ofiuridi.

Tra i crostacei si segnala l’Astice, che se anche poco abbondante per l’eccessivo prelievo operato da pescatori subacquei abusivi, risulta ubiquitario a tutti i livelli del relitto, la Magnosetta, la Maia verrucosa e la Dromia personata.

Rigogliosa, infine, la fauna bentonica nel fondale fangoso attorno al relitto. Soprattutto per l’assenza di attività legate alla pesca a strascico, resa impossibile per gli ostacoli che il relitto pone a tale pratica, vi sono alte densità del Bivalve Pinna pectinata, molti Celenterati del genere Ceriantus, Asteroidi del genere

Attinia (foto Claudio Giulianini)

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Astropecten ed Ofiuridi adattati ai fondi fangosi quali Ophiura texturata ed Ophiura albida.

I pesci sono rappresentati soprattutto da specie tipiche dei fondali rocciosi difficilmente riscontrabili in altre parti dell’Adriatico nord occidentale per l’assenza di substrati duri.

Abbondanti le corvine, le Occhiate, nei soli mesi invernali e di inizio primavera la Mormora. Comune anche lo Scorfano nero e il Grongo.

La spigola è sempre presente con congregazioni di un certo rilievo nonostante la forte pressione sia da pescatori subacquei che dalla pesca con reti da posta nel recente passato.

I motivi che ci hanno indotto a proporre la costituzione della zona di tutela biologica, derivano da diverse considerazioni che in linea generale possono essere così riassunte: - le caratteristiche biologiche e strutturali del sito sono del tutto particolari (se non uniche, se si considera la sua collocazione geografica) sia per le forme di vita riscontrabili che per la complessa rete trofica instaurata; - l’elevata produttività, conseguente all’alto livello trofico dell’area, ha costituito una nicchia ecologica che oltre ad essere di grande interesse scientifico rappresenta un sito ove molte specie (anche di interesse economico) trovano protezione sia in fase riproduttiva (nursery) che nelle successive fasi del ciclo vitale; - da diverso tempo venivano perpetrati abusi per lo più riconducibili a forme di pesca non professionali estremamente dannose alla salvaguardia ecologica del sito. Ci si riferisce, in particolare, alla pesca subacquea, precedentemente ammessa, alla pesca con reti di posta che, quando abbandonate perché impigliate sul relitto, costituiscono per mesi una trappola mortale per molte specie; - in questo quadro il disposto del Decreto del Ministero prevede il divieto assoluto di qualsiasi tipologia di pesca, compresa quella con canne dalle imbarcazioni; - da oltre un decennio le osservazioni periodiche che vengono effettuate in questo sito sono punto di riferimento ambientale.

I dati rilevati sono pertanto di supporto al piano di monitoraggio svolto dal battello oceanografico della Regione Emilia Romagna, Daphne, per il controllo e lo studio dei fenomeni di eutrofizzazione e dei suoi effetti secondari, nonché varie ricerche specifiche svolte dalle Università di Genova e Palermo. Su tale area sono state elaborate due tesi di studenti della Università di Ravenna e la stessa Coop Pescatori ha realizzato due ricerche per l’allevamento di Cappesante e Ostriche.

Costituisce, pertanto, luogo ideale ove si possono oggi riscontrare spigole, orate, branzini di 5/6 kg (impensabili fino a pochi anni orsono), ma anche luogo ideale per effettuare visite subacquee, fotografia e video.

Nel solo 1997 ben 202 autorizzazioni sono state rilasciate dall’Associazione Paguro per oltre 3.480 subacquei che hanno effettuato l’immersione; di questi, oltre 800 provenivano da altre regioni ed oltre 1.500 non avevano mai effettuato l’immersione nell’area.

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Si è provveduto pertanto alla regolamentazione dell’accesso alla zona di tutela biologica ed alla regolare turnazione per le immersioni, definendone anche il numero massimo ammesso in una certa unità di tempo al fine di non arrecare eccessivo disturbo alla fauna presente in zona. In parallelo è stata garantita la massima accessibilità ai ricercatori, agli studenti di biologia marina, ai subacquei amanti della fotografia o dell’osservazione (seawatching).

Con questa nostra iniziativa abbiamo inteso riportare all’attenzione di tutti, ed al di là di ogni pregiudizio, la grande possibilità che il nostro paese ha di creare numerose aree e reef artificiali di ripopolamento e tutela biologica, utilizzando e recuperando strutture off-shore, con costi irrilevanti per la collettività e sostanziali benefici alla possibilità riproduttiva di numerose specie ittiche.

Attualmente sono soci dell’Associazione Paguro 24 circoli subacquei della regione, 8 privati cittadini, la Coop. di Biologi Mare di Cattolica, Legambiente, l’Endas di Ravenna, la Coop. Pescatori di Marina di Ravenna, una Società di lavori marittimi, due Società armatrici di motobarca per trasporto subacquei.

Giovanni Fucci

Attilio Rinaldi

Astice (foto Faustolo Rambelli)

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Mare torbido, belle foto E’ stato con grande interesse che ho accettato di coordinare la giuria del neonato concorso fotosub “Paguro Trophy” 1997, composta dagli illustri Andrea Giulianini, Enzo Cicognani, Massimo Ponti.

La giuria ha visionato le diapositive presentate dai concorrenti e, convalutazioni complessivamente omogenee, ha stilato la relativa classifica. Devo ammettere che, nonostante la stagione estiva 1997 non abbia regalato ai fotosub acque particolarmente favorevoli per la loro trasparenza e per le mucillagini, i lavori presi in esame si sono dimostrati più che interessanti in tutte le categorie (pesce, macro vita sottomarina, ambiente, biologia).

Desidero, altresì, segnalare la notevole abilità e capacità di alcuni partecipanti che possono validamente figurare in competizioni del livello dei campionati italiani.

L’unica categoria che, a nostro giudizio, non è stata correttamente interpretata dai concorrenti, è la foto biologica, dove vengono messe a nudo mancanze già evidenziate in altre manifestazioni, campionati nazionali compresi.

Visto lo spirito che anima il concorso “Paguro Trophy”, c’è da augurarsi, già per il 1998, una maturazione da parte dei moltissimi sub che si immergono in questo sito, non solo sotto il profilo della tecnica fotografica, quanto della conoscenza e della valorizzazione degli aspetti biologici, per altro ricchissimi, di questa area, anche approfittando della preziosa collaborazione di qualificati accompagnatori, quali sono gli studenti iscritti alla facoltà di Scienze ambientali di Ravenna.

Eros Gaddoni Coordinatore concorso “Paguro Trophy” 1997

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Introduction When a consortium of fishermen from Marina di Ravenna and the historic Ravenna sports club Sub Delphinus decided to set up the “Associazione Paguro” in 1996 they certainly didn’t imagine that they would be triggering off such interest in the ever growing sphere of underwater sportsmen. In the first summer of direct management of the biologically protected zone (entrusted to the Association by the Harbourmaster’s Office with an ordinance dated January 1997) more than three thousand authorizations were issued for divers to visit this wreck of a natural gas rig which has for many years been a natural paradise. Further, the beauty of the area had first been praised by the well known authors of an extraordinary book published in 1994, the underwater photographers Antonio Bisca, Vittorio Giuliano Ricci, Riccardo Pepoli, Faustolo Rambelli and Gian Paolo Vistoli: the celebrated and no longer available “Paguro: Images of a Wreck”, published by Calderini. With the thirtieth anniversary of the disaster which sent the AGIP natural gas rig to the bottom (Faustolo Rambelli recounts the episode in the pages that follow) interest has increased, creating a slight but understandable irritation in scuba veterans, not only from Ravenna, who dearly love this wreck. But of course this “ill humour” disappeared when faced with the enthusiasm that fires all the founder members of the Associazione Paguro, committed first and foremost to safeguarding and promulgating respect for this paradise.

So dives have increased, notwithstanding the fact that it isn’t beginner’s stuff. In fact it’s a dive of medium difficulty (sometimes rather more): the wreck lies at 25 metres, the deepest point of the crater being 33 metres, 14,5 miles from the port of Marina di Ravenna on a course of 120°. So as soon as you hit the water you’re “in the blue” without any point of reference apart from the chain of the mooring buoy anchored to the wreck.

In the first five or six metres there is a considerable quantity of material suspended in the water so you sometimes have the sensation of being immersed in a cup of cold cappuccino. From 9 metres on down (the upper part of the structure) visibility is often good, sometimes even 20 metres, but unfortunately this is not always so. Then there’s always a North-South current, considerably affected by the tidal range. In summer the surface temperature averages 22°C while at 18 metres it is around 16 (but watch out for the “cuts”: more than once temperatures between 10 and 12 have been recorded). So it’s a pretty tiring or at least demanding dive, though always fascinating.

And its fascination has been once more demonstrated, after the celebrated “Paguro” book, by the photos to which the present book is dedicated, taken in the summer of 1997 by divers participating in the first “Paguro Trophy” competition. Yes, underwater photography... There isn’t much to read up on the history of this special sector of photography, that invention “yielding marvellous results” as we read in the Gazzetta privilegiata of Milan on 15 January 1839, which could lead to “a revolution in the arts of drawing and engraving in which many will suffer because the process in question can reproduce nature in the winking of an eye without the co-operation of the hand of man.” Yes, the novelty of photography, according to the first evaluations, held everything in that “winking of an eye” even though Daguerre’s equipment called for a pose of several minutes. It is precisely for this characteristic that photography from its youth began to explore the depths of the sea: the technique was just 54 years old when, in the summer of 1893, Louis Boutan, a science professor at the Sorbonne in Paris, managed after months of study and

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preparation to put the first camera housing. Inside there was a 9 x 19 plate “Detective” camera with a three metre fixed focus. The container was made of copper and had three portholes: one at the front for the lens and the other two for the viewfinder. Between the screwed down cover and the container there was a rubber gasket to make the apparatus waterproof to a depth of about ten metres. A tube ran from the container to a rudimentary rubber ball which was lowered into the water with the machine: hydrostatic pressure acted on the air inside the container and created a “balance pressure”. Lacking subject matter Boutan photographed himself - without breathing apparatus and hanging onto a pole - and the legs of bathers with long striped costumes. The photos were taken at 1/10 of a second.

Soon afterwards the Englishman Ward and the Americans Bristol, Lake and Williamson followed in Boutan’s footsteps. Charles Williamson’s experiment is worth recalling: he built a kind of bathyscaph that could take up to three people. It looked like a huge tobacco pipe immersed in the sea with an operator seated in the pipe-bowl sheltered under a large glass cover. The end of the pipe was out of the water and terminated inside a boat. With this rudimentary but ingenious system Williamson made several famous films in the Bahamas in 1926, including the celebrated scene in which, without breathing apparatus, he catches and knifes a shark right in front of the cinecamera. These films brought Williamson international fame and he filmed underwater scenes for the first version of “Twenty Thousand Leagues Under the Sea”.

The Lumière brothers themselves took an interest in the problems of underwater photography and prepared special plates which were first used in black and white by Boutan and subsequently in colour (1927) with the “autochrome” system by Longley and Martin.

All the literature (unfortunately little) traces modern underwater photography to Hans Hass’s first expedition in tropical waters. In 1939 this young Austrian biologist brought back hundreds of underwater photographs from the Caribbean island of Curaçao, many of them featuring sharks. Hass’s name is chiefly linked to his films and to a series of well documented books with splendid photos, but it should be remembered that he collaborated with Rolleiflex in the construction of the “Rollermarin” underwater case. And the Tuscan Victor Aldo De Sanctis had already been documenting the underwater world since 1936.

From the post-war period on the names accumulate and we pass from history into the present: Brussard, Cousteau, Rebikoff, Bruno Vallati, Folco Quilici, Alessandro Olschki, Piero Solaini, Raniero Maltini, Maurizio Sarra, Roberto Merlo... the list could go on for pages.

But this is not the place for an actual history of underwater photography. Because we would have to deal with equipment and its evolution and new filming techniques. What we have tried to do is simply refresh the memory of all lovers of diving and, in particular, of underwater photography. And as the introduction to a book offering splendid photos taken by the winners of an underwater photography competition (among others) this seems quite appropriate.

At this point, let the images speak for themselves.

Nevio Galeati Bibliography VARIOUS AUTHORS (ANTONIO BISCA, VITTORIO GIULIANI RICCI, RICCARDO PEPOLI, FAUSTOLO RAMBELLI, GIAN PAOLO VISTOLI) Paguro, Immagini da un relitto, Bologna, Calderini 1994.

LOUIS BOUTAN, La photographie sous-marine, Paris, Schleicher Fréres Editeurs, 1900.

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ANDREA GHISOTTI, Come eravamo, Aqua, 131, dicembre 1997 ALESSANDRO OLSCHKI, Sub. Enciclopedia del subacqueo, Firenze, Sadea/Sansoni Editori, 1968 J. T. WILLIANSON, Vent’anni sotto i mari, Milano, Corticelli, 1937.

ITALO ZANNIER (a cura di), Alle origini della fotografia in Italia, Ravenna, Longo Editore, 1991

Paguro, artificial paradise The story of the Paguro began around 40 years ago with AGIP’s first explorations in search of hydrocarbons offshore Ravenna. Several fields were identified and wells were drilled for the extraction of natural gas, an activity that became increasingly intensified over the years. Italy did not possess drilling rigs and had to hire them from abroad at very high costs.

Clearly this situation led to the idea of building and working with one’s own equipment. Under American license AGIP had two mobile self elevating platforms built, the Perro Negro and, at Porto Corsini in 1962-63, its twin the Paguro. The Paguro was launched immediately and put to work.

Around mid 1965 the support tugs placed it on a site where a new well was to be drilled, the PC7 (Porto Corsini 7), at a depth of 25 metres, 14.5 miles from the port of Marina di Ravenna on a course of 120°.

Unfortunately, tragedy struck on 28 September, precisely when the drill reached the predicted gas reservoir at a depth of around 2900 metres.

The drilling technicians were getting ready to take the usual surveys, normally carried out when the well has been perforated in order to gain a better understanding of the size of the reservoir, when there was an eruption of fluid. Unluckily the drill had also cut into a second unforeseen reservoir, beneath the one being perforated, which contained gas at a very high pressure. The well head safety valves were activated immediately, functioned perfectly and held the head pressure. But unfortunately, after a short time, the walls of the well gave way causing an eruption of gas which at that point was uncontrollable. The Paguro was at once surrounded by a mixture of water and gas and, after a few hours, also by flames which melted the metal parts immediately above the eruption.

And so the platform sank on 29 September, into the crater formed on the bottom by the gas which continued to escape at a pressure of around 600 atmospheres.

As almost always happens, this tragedy occurred during the night and in prohibitive sea and weather conditions. Three people died, the others being saved by the rescue teams amid a thousand difficulties caused both by weather conditions and the emotional stress of seeing a tragedy unwind before your eyes. The gas, which continued to escape from the bottom and which, mixed to a fine dust with water, reached a height of more than 30 metres, went on burning for around three months. AGIP drilled a deviation well a few hundred metres away but did not manage to control PC7. 32 years have gone by but the situation of the wreck hasn’t changed much. The upper part is still about 10 metres below the surface, much of the living quarters has collapsed, corroded by oxide and above all by galvanic currents, and the crater formed on the bottom is still present, reaching a depth of 33 metres.

Since that far off day in 1965 the Paguro has undergone a metamorphosis. On these structures, tortured by that tragic event and theatre of death, new Life has gradually evolved: that stupendous, magical Life which God placed in the depths of the sea and which fascinates us whenever we dive.

Faustolo Rambelli

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Scientific Data In 1987 the Coop Pescatori Conisub of Marina di Ravenna obtained a State Concession to breed mussels on this structure and carry out experiments and research. In 1991 the Coop was given authorization to install inert semisteel type material from the demolition of the submerged part of other AGIP SpA offshore platforms.

In 1994-95, following a proposal by the Coop Pescatori and with the consent of the local Harbourmaster’s Office and a contribution from the Province of Ravenna, the procedure to gain recognition of the protected area was set in motion.

On 21.07.1995 the Ministry of Agricultural, Food and Forest Resources passed a special Decree which established the Paguro wreck area as a biologically protected zone and prohibited any kind of sport or professional fishing therein.

At the present moment other structures have been added to the central nucleus, creating a fairly large “artificial reef” which has the appearance of an intricate labyrinth largely inaccessible to man.

Lying on a muddy bottom of about 25-33 metres, the upper part of the wreck comes within 9 metres of the surface.

The area covered by the Ministerial Decree involves, though not in a homogeneous manner, a surface of roughly one square kilometre.

Geographically the area stands south of the Po Delta and, consequently, is affected by the contribution of low salt content water from the Po Valley.

The surface water and that near the surface are therefore subject to great changes in salinity depending on the flow capacity of the Po. Furthermore, as is well known, the area generally presents high trophic levels as a result of the introduction of large quantities of nutrients (especially nitrogen and phosphorous) of anthropic / telluric origin. This condition has led to frequent cases of eutrophication which in this area manifest themselves in extensive microalga growths sustained by Diatoma.

The concentrations of oxygen dissolved in the vertical are highly conditioned by the presence and distribution of the microalga biomass.

Growths under way show high values in the surface waters which tend to exceed physical saturation value due to the contribution deriving from photosynthetic activity; the deeper waters, on the contrary, show values tending to hypoxemia due to the mineralization of sedimented organic matter. The water temperature is affected by seasonal fluctuations and evidences a sinusoidal type range with highs in July / August and lows in January / February. Though far offshore, the transparency of the water is considerably variable inasmuch as it is affected, in reductive terms, both by the detritus brought with the descent of the Po and by the suspended phytoplankton biomass. So visibility may vary between a few centimetres, in the worst conditions, and a maximum of 15-18 metres.

We intend with these brief notes to draw attention to the accentuated physical and biological dynamic of the site. In the first case much depends on its geographical position, on the large quantities of fresh water and on the consequent accentuated hydrodynamic movement; in the second, everything may be traced to the high trophic indices and the high productivity they bring about.

The structure has been largely colonised by both sessile and mobile organisms. On the upper part of the wreck (from 9 to 12 metres below the surface) where the phytoplankton biomass is generally more concentrated due to greater light and a higher concentration of nutrients,

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the metal surfaces are entirely covered by filtering organisms which, in turn, constitute an important food and protective pabulum for other invertebrates.

The most prevalent organisms fixed to the substratum are mussels (Mitilus galloprovincialis) and oysters (Ostrea edulis). The Tunicates are also common, represented chiefly by the species Ciona intestinalis and Phallusia mamillata. Other sessile organisms more commonly found on the wreck include various species of Sponges, Bryozoans, Polychaetes and Coelenterates belonging to the Cerianthus and Condylactis families. Mobile vertebrates are mainly represented by Polychaetes, Echinoids, Holothurioids and Starfish such as Marthasterias glacialis.

Ophiuroids are very numerous. In the intermediate and deep layers of the wreck the biomass tends progressively to decrease (also qualitatively) though Tunicates and Ophiuroids are still relatively abundant.

Crustaceans include the European lobster which though not numerous, due to the activities of illegal underwater fishermen, are found at all levels of the wreck, the Hermit Crab, the Mala verrucosa and the Dromioid.

Finally, the benthonic fauna on the muddy bottom around the wreck flourishes above all due to the absence of trawl fishing which is impracticable because of the obstacles posed by the wreck itself. There are high densities of the bivalve Pinna pectinata, many Coelenterates of the Cerianthus genus, Starfish of the Astropecten genus and Ophiuroids adapted to muddy beds such as Ophiura texturata and Ophiura albida.

Fish are mainly represented by species typical of rocky bottoms which are rare in other parts of the north west Adriatic due to the absence of hard substrata. There is an abundance of black umbra and saddled bream in the winter months and, with the beginning of spring, mormyr.

Black scorpion-fish and conger eel are also common.

Bass are also notably present in spite of a recent past of threats from underwater fishermen and fixed net fishing. The reasons why we proposed the constitution of a biologically protected zone derive from various considerations which may be generally summarized as follows: - the biological and structural features of the site are wholly special (if not unique when we consider the geographical position) both for the forms of life found there and the complex trophic network set up.

- elevated productivity due to the high trophic level of the area has set up an ecological niche which as well as being of great scientific interest is a site where many species (including those of economic interest) find protection both in the reproduction phase (nursery) and in subsequent phases of the life cycle.

- abuse by non-professional fishermen had for some time been extremely damaging to the ecological safeguarding of the site. We refer in particular to underwater fishing, which was formerly permitted, and to fishing with fixed nets which, abandoned when they got caught up in the wreck, remained for months as a mortal trap for many species.

- in this context the provision of the Ministerial Decree involves a complete prohibition of any type of fishing, including by rod from a vessel.

- for more than ten years the periodic observations carried out on this site have been an environmental point of reference.

The data gathered therefore supports the monitoring plan carried out by the Emilia Romagna Region’s oceanographic vessel Daphne to check and study the phenomena of eutrophication and its secondary effects as well as the various specific research activities carried out by the University of Genoa, Palermo. Two dissertations have been written on the area by students from the University of Ravenna and the Coop Pescatori itself has carried out two research programmes for scallop and

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oyster farming. It is therefore the ideal place today to find sea-dace, gilthead and sea-bass weighing 5/6 kilos (unthinkable until very few years ago), but also the ideal place for diving, underwater photography and filming.

In 1997 alone more than 202 authorizations were issued by the Associazione Paguro to more than 3480 divers of whom more than 800 came from other Regions of Italy and more than 1500 of whom had never been diving in the area before. We therefore proceeded to regulating access to the biologically protected zone and organizing a rota for diving, also defining the maximum numbers admitted for a certain period of time so as to avoid excessive disturbance to the fauna.

In parallel with this, maximum accessibility was guaranteed to researchers, marine biology students and lovers of photography and seawatching. We intended our enterprise to draw everyone’s attention, without prejudice, to the great opportunity our country has to create numerous artificial areas and reefs for biological repopulation and protection, using and recycling offshore structures. Costs to the community are negligible and there are substantial benefits with regard to the reproductive possibilities of many species of fish. The current members of the Associazione Paguro consist of 24 diving clubs in the Region, 8 private citizens, the Coop di Biologi Mare of Cattolica, Legambiente, Endas of Ravenna, the Coop Pescatori of Marina di Ravenna, a marine works Company and two Companies who own motor vessels for transporting divers.

Giovanni Fucci Attilio Rinaldi

Turbid sea, fine photos It was with great interest that I accepted the offer to co-ordinate the jury (consisting of the renowned Andrea Giulianini, Enzo Cicognani and Massimo Ponti) for the brand new underwater photography competition “Paguro Trophy 1997”.

The jury examined the competitors’ slides and classified them with evaluations that were, on the whole, homogeneous. I must admit that though the summer of 1997 didn’t give underwater photographers a particularly favourable sea in terms of transparency of the water and as a result of mucilage, the works submitted were more than merely interesting in all categories (fish, underwater macro-life, environment, biology). I also want to point out the considerable ability and talent of certain participants who could validly take part in competitions at a national level.

The only category which, in our opinion, was not interpreted correctly by the participants was biological photography in which discrepancies already noted in other competitions, including national championships, were evidenced.

Given the spirit that animates the “Paguro Trophy” competition we may hope that by 1998 many of the divers who have chosen this site will have matured not only in terms of photographic technique but also in knowledge and appreciation of its wealth of biological aspects, also taking advantage of the inestimable collaboration of qualified guides the students of the Ravenna Faculty of Environmental Science.

Eros Gaddoni Co-ordinator Paguro Trophy 1997

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Regolamento del concorso “Paguro Trophy 1997” 1) Il Concorso è aperto a tutti i fotografi subacquei aderenti e non a qualsiasi Federazione o Associazione.

2) Ogni Autore avrà a disposizione n. 2 rullini/diapo da cui dovrà estrapolare, a sviluppo avvenuto, un Portfoglio di n. 4 diapositive: - n. 1 Foto macro/ravvicinata a soggetto il pesce (limiti del rapporto di ingrandimento dal 2:1 al 1:6); - n. 1 Foto macro/ravvicinata a soggetto la vita sottomarina ad esclusione del pesce (limiti del rapporto di ingrandimento dal 2:1 al 1:6) - n. 1 Foto ambiente (utilizzo esclusivo di ottiche grandangolari) a soggetto l’ambiente sottomarino del Paguro con riprese panoramiche ivi compresi i campi lunghi ed i controluce. Non sono ammesse foto scattate anche parzialmente fuori dall’acqua.

La presenza di una eventuale modella/o potrà essere accettata nelle immagini solamente quale elemento complementare della composizione.

- n. 1 Foto biologica a tema: “La ricerca dello spazio vitale” - gli organismi colonizzanti la struttura del relitto visti nella continua ricerca di uno spazio in cui insediarsi ed accrescersi.

3) Le diapositive presentate dovranno riprodurre esclusivamente immagini e situazioni scattate sotto la superficie dell’acqua nella “Zona Paguro”.

L’accertata violazione di quanto sopra comporta la squalifica del Concorrente.

4) I rullini, forniti dalla Organizzazione, potranno essere ritirati dai Concorrenti esclusivamente presso: - Associazione Paguro, via Molo Dalmazia 47, Marina di Ravenna (Ra) - G.S. Sub Delphinus, p.le Adriatico 5, Marina di Ravenna (Ra) - Paguro Sub Cesenatico, v.le A. Garibaldi 15/E, Cesenatico (Fo) - Pesca Sub, via Roma 100/D, Rimini (Rn) nel periodo compreso fra il 1º giugno 1997 ed il 30 agosto 1997.

All’atto del ritiro verrà compilata la scheda di partecipazione ed ogni Concorrente dovrà versare, a titolo di parziale contributo spese, la somma di lire 30.000 non restituibili.

5) La prima foto di ogni rullino dovrà rappresentare ben chiara l’immagine del Concorrente, tutte le immagini eventualmente scattate prima non saranno valide ai fini del Concorso.

6) Ogni Concorrente dovrà provvedere, a sue spese, allo sviluppo in striscia dei rullini (attenzione a non fare tagliare la coda punzonata dalla Organizzazione - pena l’esclusione dal Concorso) ed alla loro consegna presso la Sede dell’Associazione Paguro - via Molo Dalmazia 47 - 48023 Marina di Ravenna (Ra) oppure presso i centri di ritiro, entro il 12 settembre 1997.

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Non sono ammessi sviluppo intelaiati. In allegato alle strisce, ogni Concorrente dovrà allegare la scheda di iscrizione compilata in ogni sua parte.

7) Verrà stilata, da parte di qualificati esperti, una classifica per ogni Sezione in concorso, una classifica generale ed una speciale per Società che premierà quei Circoli rappresentati dal maggior numero di Concorrenti.

8) Tutte le opere presentate in Concorso rimarranno di proprietà dell’Associazione Paguro (potranno essere richiesti duplicati) che potrà utilizzarle, senza fini di lucro, con l’obbligo della sola citazione dell’Autore.

9) Nel corso delle premiazioni tutte le opere presentate in concorso verranno proiettate. Gli organizzatori si riservano, a Loro spese, di stampare ed esporre al pubblico solamente le opere vincitrici e quelle ritenute più suggestive ed interessanti. Gli autori potranno ritirare gli spezzoni di pellicola rimasti presso la Segreteria della Associazione Paguro entro il 30.10.97.

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I vincitori/The winners PRIMI CLASSIFICATI/FIRST Sezione Biologica/Biology section

Claudio Giulianini Sub Delphinus Ravenna

Sezione Vita sottomarina/Underwater life section

Sezione Pesce/Fish section

Mauro Pazzi

Sezione Ambiente/Environment section

Faustolo Rambelli

SECONDI CLASSIFICATI/SECOND Sezione Biologica/Biology section

Sub Delphinus Ravenna

Faustolo Rambelli Sub Delphinus Ravenna

Sub Delphinus Ravenna

Domenico Pirazzini Sub Nautilus Lugo

Sezione Vita sottomarina/Underwater life section

Domenico Pirazzini

Sezione Pesce/Fish section

Claudio Giulianini

Sezione Ambiente/Environment section

Gianni Guerra

Sub Nautilus Lugo

Sub Delphinus Ravenna

TERZI CLASSIFICATI/THIRD Sezione Biologica/Biology section

Sub Nautilus Lugo

Paolo Bonalanza Centro Sub Universitario

Sezione Vita sottomarina/Underwater life section

Sezione Pesce/Fish section

Claudio Giulianini

Sezione Ambiente/Environment section

Augusto Guerra

Sub Delphinus Ravenna

Lia Losi Sub Nautilus Lugo

Sub Nautilus Lugo

Hanno partecipato anche/The following also took part Roberta Garavini, Raffaele Andreotti, Franca Angelini

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Una colonia di madreporari con i de足足licati polipi espansi ed alcuni brac足ci di ofiura su spugne incrostanti di colore giallo ed arancio. (foto Claudio Giulianini)

Particolare di ofiura (Ophiutrix fragilis-Abildgaard)sopra spugne in足crostanti di colore arancio. Stu足 pen足do soggetto per i fotosub. (foto Mauro Pazzi)

Il grongo (Conger conger-L.), si è tal­mente abituato alla presenza del subacqueo, che si fa accarezzare e prende cibo dalle sue mani. (foto Faustolo Rambelli)

Una parte del relitto ricoperta da ri­go­ gliose for­me di vita che, purtroppo, porta il se­gno, la rete, del non rispetto di alcuni di quest’area protetta. (foto Faustolo Rambelli)

Questa foto 竪 un campionario della vi足ta bentonica formatasi sul relitto.

So足足pra una spugna incrostante si trovano madreporari, attinie ed ofiure. (foto Domenico Pirazzini)

Il cerianto (Cerianthus membranaceus-Spallanzani) è abbastanza frequente sul relitto e lo si può trovare sia sul fondale che sulle strutture. (foto Domenico Pirazzini)

Primo piano di uno scorfanotto (Scorpaena notata-Rafinesque). Sul Paguro si possono incontrare anche lo scorfano nero e lo scorfano rosso. (foto Claudio Giulianini)

In alcuni periodi dell’anno la vita esplode in scene come questo banco di boghe, raramente visibile in altre parti del Mediterraneo. (foto Gianni Guerra)

Foto macro della vita bentonica del Paguro in cui, tra spugne ed ofiure, troneggia una bellissima candida attinia. (foto Paolo Bonalanza)

Particolare dei bracci di una ofiura (Ophiutrix fragilis-Abildgaard) dai contrastanti colori. In alcune zone le ofiure ricoprono tutta la struttura. (foto Claudio Giulianini)

Il muso di un grongo (Conger conger - L.) si affaccia incuriosito dal足la sua tana circondata da ma足dreporari. (foto Lia Losi)

In una rara giornata di acqua limpida un fugace branco di boghe, con occhiate e castagnole in se足condo piano. (foto Augusto Guerra)

Finito di stampare nel mese di gennaio 1998 per Edizioni Mistral da Grafiche Morandi - Fusignano Impianti e fotolito Full Service - Ravenna

Nevio Galeati è nato a Ravenna nel 1952. Si laurea nel 1976 con una tesi sul linguaggio della satira politica da Scalarini agli anni Settanta; è il primo passo del suo percorso nella comunicazione per immagini. Seguono tre pubblicazioni dedicate ai fumetti, l’incarico di direttore responsabile della rivista nazionale “Orient Express”, saggi sul cinema, la fotografia ed ancora i fumetti.

Giornalista a tempo pieno dal 1977, è oggi redattore nella sede di Ravenna de “Il Resto del Carlino”. Appassionato di mare, ha scoperto “il mondo del silenzio” da pochi anni. È vice presidente dell’Associazione Paguro dalla sua costituzione. Dal 1997 è presidente del Circolo Subacqueo Ravennate.

Nevio Galeati was born in Ravenna in 1952. He graduated in 1976 with a thesis on the language of political satire from Scalarini to the 70’s. This was the first step in his journey in communication by means of images. There followed three publications dedicated to comics, a period as director of the national magazine “Orient Express”, essays on the cinema and then again comics.

A full time journalist since 1977, today he is an editor at the Ravenna office of the daily “Il Resto del Carlino”. A lover of the sea, he discovered the “world of silence” only a few years ago. He has been Vice President of the Associazione Paguro since its establishment and President of the Circolo Subacqeo Ravennate since 1997.

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