Il facchino della diocesi. Giovanni Gabucci (1888-1948)

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a rinunciare alla cappellania di Sant’Angelo, per eccesso di economia del priore Zazzeri, da quell’epoca fino alla sua morte (15 Marzo 1931), non ostante la poca fede rimproveratami, non mancai di prestare il mio ajuto generalmente gratuito, non ostante fosse noto ai superiori… l’incapacità assoluta dello Zazzeri per la parrocchia, constatata de visu anche nell’ultima visita pastorale. Il giorno stesso della morte del priore Zazzeri, monsignor vicario mi sconsigliò a prendere la reggenza della parrocchia che sarebbe al massimo durata quattro mesi, perché il parroco era già fatto, ma le eterne pratiche burocratiche (o qualcosa di peggio) stancarono anche il Marcelli, che vi rinunciò nello scorso Ottobre, cioè sette mesi dopo la morte dello Zazzeri. Questa lentezza ha disgustato grandemente la popolazione di Sant’Angelo, la quale ha perduto molta della fiducia nei superiori ecclesiastici. Ed ora come colmo di misura si aggiunge una falsa diceria sparsa a mio danno, per la quale sono messo in mala vista anche presso la popolazione di Sant’Angelo, ove con evidente contraddizione, mi si vorrebbe ancora costringere a fare le veci di parroco. Da poco tempo mi è stato confermato anche da secolari il fatto che dei maggiorenti di Curia e da qualche parroco viciniore (non occorre fare nomi perché ben noti all’E.V.), si va dicendo continuamente in città e in campagna che a Sant’Angelo non viene nessuno nemmeno per parroco per causa mia, perché io non vado d’accordo con nessuno! Questa maligna asserzione è priva di fondamento, e lo stanno a provare i fatti. Che se io qualche volta, per non saper essere diplomatico, ho detto la verità con troppa franchezza, poi sono sempre stato il primo a chinarmi ed a rivolere la pace, al contrario di tanti bravi… colleghi, più o meno altolocati, che anche coll’E.V. usano il sistema di Gioab con Amasa19. Che se la continua cordiale avversione di alcuni alla mia povera persona non avesse proibito all’E.V. di provvedermi d’un qualche ufficio più confacente alle mie inclinazioni (per cui ho rinunciato a Roma a diversi posti offertimi alla Vaticana, a San Pietro e a San Giuseppe), io allora non sarei più a dar corpo alle ombre. Che ciò non fa parte della mia fantasia è chiaro; perché, fra gli altri fatti, mentre l’E.V. dopo tornato da Roma mi offerse spontaneamente la nomina di Ordinatore degli archivi della nostra diocesi, di fatto, per imposizione certo di qualcuno, la nomina non avvenne. Si disse che V.E. era contraria (dopo che me l’aveva gentilmente offerta più volte) perché io avrei sparlato ai superiori. Riconosco anch’io di aver detto qualche parola pungente su ciò: ma dopo il pessimo trattamento avuto è chiaro come la colpa non è tutta mia. Da troppo tempo sono legato qui, ed ho dovuto rinunziare ad altri lavori anche redditizi per attendere alla parrocchia, mentre neppure la nota delle spese incontrate per la parrocchia nei mesi di Marzo - Aprile ha avuto alcun riscontro. Nella prossima Quaresima ho promesso di andare a predicare a Talacchio, e non vi posso rinunciare perché anch’io ho diritto di vivere. E per questo diritto di vivere non solo materialmente, ma anche moralmente, ora che non si è più contenti di avvilirmi con lo sfruttamento, ma vi si aggiunge anche la maldicenza e la denigrazione, la calunnia e la menzogna, invoco questa volta il suo personale intervento, che 181


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