un tunnel chiamato giustizia
sempre. Potrò avvertire emozioni di intensità maggiore o minore a seconda dell’importanza della posta in gioco, ma non mi sottraggo a questa tensione neppure nei casi più banali. Sono attimi, di una rapidità che... non finisce mai! Sto lì, con l’orecchio attento a cogliere i primi «numeri» che il Presidente sta per pronunciare, numeri dai quali posso cominciare a prevedere il resto, anticipando, ancora di un solo attimo, le parole che saranno più comprensibili per i profani. Se esce il numero 479 del codice di procedura penale, significa che sta per essere pronunciata una assoluzione; se si sentono gli articoli 483, 488, si tratta di condanne. E il Presidente Poli cita proprio gli articoli 483 e 488: Dante Forni e Paolo Klun sono condannati a cinque anni di reclusione ed un milione di multa, ciascuno; Rossetti e Ventura assolti; gli altri rinviati alla fase istruttoria in corso. Non se l’aspettava nessuno, francamente nemmeno io; al peggio, mi ero prefigurato una pena assai inferiore. Qualche giornalista ha già fatto un calcolo: quarantacinque minuti per questa sentenza, significa che ne sono stati dedicati cinque a testa per ciascuno dei nove imputati. Il commento, a caldo, è unanime: il Tribunale aveva già deciso quella sentenza, quando si è ritirato in camera di consiglio! Non oso fare commenti, io. Sono veramente abbattuto. Sento che questa sentenza è ingiusta, sento che questa condanna Forni non la meritava. Cerco di dirgli qualche parola di consolazione, lo assicuro che farò ancora tutto il possibile per tirarlo fuori da questo inghippo. La routine del mestiere mi aiuta, ma serve soltanto a nascondere la mia confusione. A chi mi chiede cosa penso di questa condanna, dico d’istinto la verità: non me l’aspettavo, quindi non mi resta che vedere come sarà poi motivata. Mi allontano in fretta. Malgrado la mia lunga esperienza sono veramente sconcertato: è come se una nuova dimensione della giustizia (ma quale giustizia?) mi si sia improvvisamente rivelata. Non sono un ingenuo, ho assistito a più di una sentenza palesemente errata. Ma qui era il concetto stesso di diritto e, appunto, di giustizia che vedevo sconvolto, quello che cercavo, all’università, di instillare negli studenti. Devo ammettere con me stesso che ad una situazione del genere non ero assolutamente preparato. Mi sono chiare due sole cose: non verrò meno all’impegno di difendere questo Forni
43