La città era lì: il solenne Municipio, le banche e il commercio, con il porto pieno di battelli a vapore e marinai di ogni razza, un luogo che assorbiva la vita senza fermarsi mai. Ole si guardava attorno, osservava ogni cosa. Aveva conosciuto realtà più contenute, cittadine agricole e piccoli mercati di paese dove la gente era abituata a incontrarsi, a conoscersi scambiando poche parole o qualche breve sorriso. Questa dimensione urbana non lo spaventava, la credeva indispensabile per approfondire la sua conoscenza, un luogo più dinamico, una realtà più ricca dove poter realizzare le sue idee, i suoi progetti, i suoi disegni rubati al sonno delle notti. La luce calante del tramonto gli ricordò che doveva affrettarsi a trovare una sistemazione per la notte. Dopo avere camminato in varie direzioni, fu incuriosito da un’insegna metallica nera che ciondolava, cigolando, sulla strada. Una lastra metallica in grigio ferro che raffigurava il disegno di un boccale di birra sullo sfondo di una bandiera che non era sicuramente americana. Colpito da quell’immagine aveva deciso di fermarsi nella locanda per riordinare un po’ le idee e ottenere qualche informazione. Il locale, scoprì dopo, era famoso nella zona per la qualità delle sue birre. Lo gestiva il signor Kaspar, un esule tedesco di grossa corporatura, con una barba folta e scura e una voce dal tono basso, un po’ rauca, ma gentile. Anche Milwaukee, come altri luoghi di quel territorio, negli ultimi due decenni, si era popolata di immigrati arrivati dal nord Europa. Persone con destini, mestieri o razze diverse, che avevano finito per stabilirsi definitivamente in città. La birra era nata lì, grazie al lavoro e alle antiche tradizioni che il signor Kaspar aveva portato con sé. Era stato uno dei primi a fermarsi in città. Aveva aperto la 13